7.12.21

ormai dovrebbe essere chiara la differenza tra i no vax negazionisti e no vax per paura

 Caro  redbepeulisse
Anche   tu, dopo aver ospitato sul  tuo  blog  siti  i complottisti dell’11 settembre e   se  non ricordo  male  anche  i fan \  sostenitori  della cura Di Bella, oggi ti faccia bello perorando l’esclusione dalle tv dei no vax, ci sta perché i tempi cambiano, ed  le prese  di posizioni pure e ricredersi è lecito  anche  se  tu    come  dici   nel post   : <<  Un bel tacer non fu mai scritto.  le lacrime di coccodrillo  dei  no vax e  no green pass  ed  il  voltagabbana    dei  giornalisti    loro sostenitori >>  sembri   non   volerlo ammettere  e  rifiuti il  dialogo  come  ha  dichiarato    in un post  precedente 
Però, ecco, ti pregherei di usare con cautela il termine tanto di moda. Cosa intendi per no vax? Oggi vengono assimilati con lo stesso epiteto chi pensa che i vaccini siano acqua di fogna e chi, semplicemente, dubita che sia opportuno somministrarli ai bambini, sulla base dei dati scientifici attuali. Oppure chi pensa al complotto mondiale e chi, semplicemente, dubita che escludere dal lavoro chi è senza green pass sia il modo migliore per difendere insieme salute e diritti costituzionali”. E ancora ha scritto: “C’è un po’ di differenza tra le due cose, non ti pare? Tanto è vero che chi ti ha intervistato l’altro giorno su Repubblica ti ha subito chiesto: ‘E allora Cacciari?’. Cacciari non è un no vax, hai giustamente risposto. Infatti. Ma ormai anche lui, come tutti gli altri appena solleva il sopracciglio per obiettare alcunché alla verità ‘somministrata dall’alto’ viene subito bollato con il marchio d’infamia. Sembra di essere tornati agli anni 60\80 che tu conoscevi
essendo appassionato di storia contemporanea ed avendoli vissuti indirettamente visto che   : sei mio  coetaneo  cioè    metà  \  fine  anni  70 tuo padre e tuo zio , da quel che hai raccontato da qualche parte sul tuo blog , erano  ed  hanno militato  nella sinistra extraparlamentare in cui se non leggevi Lotta Continua o il manifesto eri considerato fascista .
Ecco: oggi sembra in vigore lo stesso conformismo e se non sei perfettamente allineato sul dogma scientifico dei sacerdoti sommi Burioni & Bassetti sei un no vax. Hai dubbi sul dogma del green pass? Sei un no vax. Hai dubbi sui vaccini ai bambini? Sei un no vax. Ti fai domande sugli eccessi di allarmismi? Sei un no vax. Parli di terapie domiciliari? Sei un no vax. Dunque un soggetto pericoloso  a  evitare  come a peste  . Un terrapiattista. Un negazionista. Un soggetto da far tacere. No vax carogna ritorna nella fogna. Conoscendoti   anche  se  non di persona so che sei davvero, come dici, contrario a ogni censura. E allora ti prego, fai attenzione all’opera di demonizzazione in atto. Per quanto mi riguarda, per dire, sono stato ripetutamente bollato come portavoce dei no vax da persone che probabilmente non hanno nemmeno letto  fino  in fondo  i miei  scritti  infatti non ho mai   condiviso  post  di  medici stregoni o confronti Montesano/scienziati (e nemmeno Montesano). Ma abbiamo  per esempio, da un anno questa parte, fior di medici preparati che applicano metodi seri per le cure domiciliari.
Infine e  concludo .  “È possibile oggi essere bollati come no vax perché si citano gli studi di scienziati come Giuseppe Remuzzi dell’Istituto Mario Negri? O perché, da tempi non sospetti, si dice che il vaccino ‘è il pilastro della lotta al Covid ma non basta: bisogna costruirci l’edificio attorno’ (come dice oggi pure Guido Rasi)? O perché si ricordano le perplessità del professor Vaia o di Andrea Crisanti o di Maria Rita Gismondo (tutti vaccinisti convinti ma non con i paraocchi) sulla punturina ai bambini? Te lo dico perché immagino tu conosca benissimo il rischio che stiamo correndo: è quello di liquidare come no vax tutto ciò che disturba la ‘somministrazione’ del pensiero unico per escluderlo dal dibattito e dalle tv. Dare manforte a quest’ operazione non è all’altezza della tua storia professionale. E, soprattutto, non serve a migliorare né il  dibattito   né il Paese”.


                                                                         ******


Caro ******

“1. Non ho fatto un proclama, tipo ‘Da oggi non ospiterò più i no vax . Da  quando è stata annunciato il via libera ai vaccini, un anno fa  e  da  ulteriori  studi  che  ne  dimostrano    che  sono    anche  se   momentanea   efficacia visto che  anche   chi si vaccina   è a rischio ,  che  (  anche  se   ogni tanto  ci  casco )    che  non  condivido    e  i più  duri  e  puri no  vax   non  lo mettono  sulla  mia   ( posso  chiamarla  nostra   per chè  chiunque  è nei  miei  contatti o  i segue  può  postare  anche  se   poi   per  evitare   insulti  e  offese    decido   s e dare  l'ok  o meno  , ma   non  ho  mai      censurato niente  perchè  generalmente  pubblico tutto   ) in bacheca  , ma   me  li inviano  su messanger  .  e  diminuiscono i commenti   degli oppositori    ai vaccini . Non è  riferito  a  chi  cambia idea   perchè  è normale    \  succede  ma    chi lo  fa    per  opportunismo  vedi  i  media   della  destra  ,  o  chi  lo   fa   strombazzandolo   ai quattro venti  e   vantandosene  .  2. Mi si obietta, anche  d'altri  utenti , che spesso  ho  etichettato come no vax anche altre categorie, che non vanno demonizzate ma ascoltate. Ed  è quello  che  ho provato a   fare  . Infatti  ho sbagliato perchè chu si batte contro il green pass perché attua una discriminazione e impone una certificazione in assenza di obbligo vaccinale non è certo per questo un no vax: io stesso vedo e ho più volte indicato  anche    se  l'accetto co riserva perchè  anche se  discriminarlo  è  l'unico mezzo oltre  all'obbligo  vaccinale    che  abbiamo  contro il covid   Infatti    questo elemento critico (che a mio avviso si supera solo con l’obbligo,   e  da  libertario  mi  duole  dirlo  ).  3. Non considero   anche se  a  volte    non riesco  a   farne  a  meno per  i  loro discorsi  ascientifici      certo le persone che non si vaccinano per paura dei no vax, e per estensione neanche quelli che aspettano il più possibile nella speranza che il problema si risolva da sé con la fine della pandemia o    si trovi  una  cura  più  efficace  dei   vaccini  . Rischiano, ma non teorizzano almeno  la  maggior  parte  . 4. Se  alcuni  critici e esegeti vari avessero seguito e  non  si rimuovessero    a prescindere   in questo lungo periodo sospeso della lotta contro la pandemia meglio   la   nostra  appendice  web  e  la  bacheca  avrebbero trovato tutte quelle voci, da Remuzzi a Zangrillo, da Crisanti al compianto De Donna, che volta a volta hanno indicato criticità o dubbi o diverso parere su aspetti importanti della lotta al Covid. 5. Quel che mi pareva ovvio, e che penso fosse pacifico per la gran parte di voi, è che i no vax sono solo… i no vax, cioè coloro che si battono attivamente contro il vaccino, affastellando teorie cospirazioniste e pseudo rapporti scientifici, terapie alternative di nulla consistenza scientifica e dati falsificati su contagi, ospedalizzazioni o decessi. Dare loro voce non è in nulla esercizio di pluralismo o democrazia, e chi lo fa – per audience – lo giustifica dicendo che così quei personaggi si screditano da soli .Concludo   con una  mia  tesi opinabile, visto che chi è incerto o impaurito cerca opinioni e figure cui aggrapparsi. Ma non sono a mia volta un arbitro delle scelte altrui: il mio perimetro di responsabilità è   della  mia coscienza  razionale  . E   ciò impone – ad esempio – quando si ascoltano persone anche note affermare che quelle immagini delle bare di Bergamo erano fiction, di non dar loro la possibilità di contrapporsi alla realtà ovvero  di  continuare  a negarlo  e  specularci   e  faci sopra  complotti inutili  . 

 Spero  d'aver  chiarito  i  tuoi dubbi     cordialmente  la  saluto



   


ecco perchè non si fa una seria lotta all'evasione fiscale , ma si finge di farla .Comuni sciolti per mafia, dove comandano i clan si spende di più in opere edilizie e gestione dei rifiuti. Ma si incassano meno tasse

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da i FQ di Mario Portanova | 7 DICEMBRE 2021

Comuni sciolti per mafia, dove comandano i clan si spende di più in opere edilizie e gestione dei rifiuti. Ma si incassano meno tasse


Due economisti hanno stimato l'impatto del condizionamento criminale sui bilanci degli enti locali. E hanno scoperto che le risorse vengono dirottate, con un aumento medio del 14%, verso i settori di interesse strategico per i clan. Mentre il gettito della tassa sui rifiuti tende a crollare

Teniamo puntigliosamente il conto dei Comuni italiani sciolti per mafia – in questo momento sono più di 200, fra gli ultimi San Giuseppe Jato, nella foto – ma poco o nulla sappiamo di cosa succede davvero alle casse di un municipio in cui la criminalità organizzata è in grado di condizionare le scelte politiche e amministrative. Una ricerca appena pubblicata dà qualche risposta: dove governano i mafiosi, la spesa pubblica per la raccolta dei rifiuti e per le opere edilizie è maggiore del 14% rispetto ai comuni non infiltrati. Una cifra considerevole, visto che si tratta di voci di budget in genere già molto pesanti. Parallelamente, la ricerca registra un crollo del 20% nella riscossione della tassa dei rifiuti rispetto al gettito atteso.
“I risultati complessivi sembrano dimostrare che i gruppi criminali prendono il controllo degli enti locali per dirottare le risorse pubbliche verso settori dove hanno interessi strategici”, scrivono gli economisti Marco Di Cataldo dell’Università Ca’ Foscari Venezia e Nicola Mastrorocco del Trinity College di Dublino nel loro studio appena pubblicato su The Journal of Law, Economics & Organization.
Non è che la spesa pubblica di questi Comuni esploda in favori e sprechi, come ci si potrebbe aspettare. Semplicemente, il bilancio viene modificato secondo le convenienze dei clan. “L’impatto sulle scelte di investimento non porta necessariamente a un aumento della spesa, ma a una sua ridefinizione, più difficile da identificare”, commenta De Cataldo. “Vediamo l’aumento di impegni di spesa per opere pubbliche di edilizia e gestione dei rifiuti, a discapito generalmente di servizi come trasporto pubblico e illuminazione pubblica”. Mentre tendono a restare stabili gli stanziamenti in servizi sociali, istruzione, polizia locale, amministrazione.I settori individuati non costituiscono una sorpresa, dato lo storico attivismo delle imprese mafiose nel ciclo dei rifiuti e nel mattone, ma è la prima volta che una ricerca accademica quantifica l’impatto economico del condizionamento mafioso su un ente pubblico. Per farlo, i ricercatori hanno preso a campione tutti i 1738 Comuni di Calabria, Campania, Sicilia, Basilicata e Puglia e hanno confrontato i dati di bilancio fra quelli sciolti per mafia secondo la legge 164 del 1991 e quelli che non hanno mai subito il provvedimento.
Esaminando le sentenze di scioglimento, i ricercatori hanno individuato diverse modalità con cui il crimine organizzato si infiltra nelle amministrazioni comunali. In modo diretto, come nel caso di Nardodipace (Vibo valentia) dove il figlio del boss è stato vicesindaco, o più indiretto come nel caso di Cinisi (Palermo) o Gricignano di Aversa (Caserta) che hanno visto accordi pre-elettorali con i clan. Ricorrente anche la compravendita di voti, che emerge dalla sentenza che ha sciolto Seminara (Reggio Calabria).Meno frequente la conquista di un municipio con minacce e intimidazioni. È accaduto pr esempio ad Africo (Reggio Calabria). Ma nella maggior parte dei casi la mafia conquista i nostri comuni soprattutto facendo accordi con la politica. Alla pari.

6.12.21

Lei è Samia.

GLI INVISIBILI  (   https://storiedeglialtri.it/serie/immigrati/ 
Erano fieri della loro vita, della loro famiglia, dell’educazione ricevuta e della posizione nella società. Hanno perso tutto, sono diventati rifugiati ,  quando   riescono  ad  arrivare  vivi.  


Lei è Samia. Nasce a Mogadiscio, in Somalia, nel 1991. È la più piccola di 6 fratelli. Il padre è fruttivendolo. Il suo paese è in guerra. Samia è una bambina gracile, ma ha due gambe agili. Corre, si allena. Sogna. Ha 10 anni. Partecipa a una gara tra ragazzi più grandi. Il papà le regala una fascia di spugna. Vai, corri, figlia mia. Senza paura. Samia corre, e arriva prima. È il 2008. Samia si sente pronta,
si iscrive ai campionati africani di atletica leggera. Fa i 100 metri, arriva ultima, ma viene convocata per
le olimpiadi di Pechino. Potrà rappresentare il suo paese. È un grande onore. Mancano sei mesi alle gare, Samia dovrà lavorare sodo, sputare sangue. Sa che non ha molte possibilità, ma ci prova. Si allena tutti i giorni, da sola. Corre senza velo. Ma è pericoloso. Esce di casa, la fermano ai posti di blocco. La minacciano. Se non la smetti, ti scanniamo. Samia non si ferma, si allena di notte, di nascosto. È il 19 agosto. Olimpiadi di Pechino. Samia è ai blocchi di partenza dei 200 metri. Guarda le altre. Sono allenate, muscolose, indossano tute sgargianti. Lei è magrissima, porta una maglietta bianca e dei fuseaux neri sotto il ginocchio. Sulla testa, la fascia che le aveva regalato il suo papà. Le scarpe gliele hanno date le atlete del Sudan. Samia è un fascio di nervi. Aspetta il segnale, via! Fa uno sforzo enorme, tira più che può, le altre le sfrecciano a fianco, tagliano il traguardo, lei sta ancora facendo la curva. È ultima. Il pubblico la applaude. Samia piange. È felice. Torna a Mogadiscio. Nessuno ha seguito la sua gara. Non importa, si rifarà alle olimpiadi di Londra. Mancano 4 anni. Deve solo trovare un allenatore. Può farcela. Intanto riceve nuove minacce. Deve nascondersi, lì non può più stare. Si mette in viaggio. Nairobi, Etiopia, Sudan, Libia. È il 2012. Samia ha 21 anni. Si imbarca su un gommone. La sorella è a Londra, la aspetta. Il suo gommone va in avaria. Affonda. Samia si getta in mare. Allunga una mano fuori dall’acqua. Non la afferra nessuno. Samia Yusuf Omar annega a largo di Lampedusa.

ecco perchè le mafie esistono Condannato e acclamato, la curva si schiera con Miccoli in carcere per estorsione


a  leggere   simili  notizie  ,  capisco  perchè le  mafie  continuano  ad  esistere  

repubblica  05 DICEMBRE 2021

Condannato e acclamato, la curva si schiera con Miccoli in carcere per estorsione
                                                       di Valerio Tripi
Gli ultras della curva nord dedicano striscioni e cori all'ex bomber oggi in cella. La Cassazione ha confermato per lui la pena a tre anni e mezzo. Al telefono con il boss Lauricella disse: "Quel fango di Falcone"


Striscioni, cori, applausi. A dispetto della condanna definitiva a tre anni e mezzo per estorsione aggravata dal metodo mafioso, la curva nord del Barbera ha deciso di schierarsi con il suo ex capitano, Fabrizio Miccoli. Nel corso della partita con il Monopoli, gli ultras hanno inneggiato all’ex capitano e bomber rosanero, cui hanno dedicato anche uno striscione: “Sempre con te, nativi di Palermo col sangue rosanero”.
Già in passato, la curva si era schierata con Miccoli, accogliendolo fra gli applausi quando era sceso in campo fra le vecchie glorie per la festa di rifondazione del club. Una presenza che ha diviso i tifosi e provocato non poche polemiche, nonostante i tentativi dell presidente Mirri di gettare acqua sul fuoco. "L’ho invitato solo a una partita di calcio, altre valutazioni non spettano a me, ma alla magistratura" aveva detto a Repubblica. Quella sera il sindaco Leoluca Orlando ha volutamente disertato la manifestazione, mentre durissima è stata la presa di posizione della professoressa Maria Falcone, sorella del giudice ucciso nella strage di Capaci che Miccoli intercettato ha definito “fango”.
“Mi rattrista leggere le dichiarazioni del presidente del Palermo Dario Mirri. Sostenere che lo sport, il pallone, non c'entri nulla con certi temi è un errore, soprattutto se viene da un palermitano che dovrebbe sapere cosa la mafia e la mentalità mafiosa abbiano rappresentato e rappresentino per questa città e quanto certe scelte nella nostra terra possano essere lette come segnali” aveva detto all’epoca Maria Falcone. “Mirri dice che lui si occupa di pallone e che lascia i giudizi alla magistratura. Voglio ricordargli che la magistratura si è occupata di Miccoli, che è stato infatti condannato per i reati commessi. Ma oltre al profilo penale, che certamente spetta ai giudici valutare, esistono questioni come la morale che dovrebbero riguardare tutti i cittadini, imprenditori compresi”.

10 consigli per uscire indenne dal periodo delle feste

 Arriva il periodo più intenso dell’anno, ricco di incontri, regali, momenti in famiglia. Eppure, lo sappiamo, spesso il Natale ci può causare stress per i preparativi e per riuscire a fare tutto in tempo.
No, non dobbiamo essere per forza felici e non siamo sbagliati se la voglia di festeggiare non c’è o non è sempre a mille. Il periodo delle feste può diventare molto stressante a causa delle scadenze lavorative, dei ritmi diversi in famiglia con la chiusura delle scuole, ma anche gli incontri con i parenti, le lunghe cene a tavola e i flussi di chiacchiere e di problemi che si tende a condividere proprio in quelle occasioni. Per questo abbiamo pensato  come   ogni anno  di  fare  una  guida  di sopravvivenza    e  i riprendere  e  di rielaborare   pe r mancanza  di tempo  e   pe r evitare  di ripetermi come ogni anno   i   dieci consigli per uscire indenni dalle feste senza stressarsi   e deprimersi   troppo   riportati   dal  portale     https://www.alfemminile.com/psicologia/   qui  la  versione  originale

1. La perfezione assoluta  non esiste

La perfezione non esiste è la verità delle verità, ma è in questo periodo dell’anno, più che mai, tendiamo ad essere più cattivi con noi stessi. Scattano i paragoni con gli altri, per quello che hanno, per quello che fanno, per come lo fanno. Concentriamoci  invece  su noi stessi e sul nostro benessere, perché in fondo, la perfezione non esiste. Anche quella che sembra ostentata con vigore.

2. È normale provare malinconia

La fine dell’anno coincide con i bilanci emotivi, psicologici ed economici. È inevitabile essere malinconici per l’anno passato, per tutto quello che siamo riusciti a fare e per quello che invece vorremmo tanto ottenere: che sia anche un riconoscimento a lavoro, una stabilità emotiva, ma anche, banalamente, quel viaggio o altro   che sogni di fare da tempo. Non colpevolizzarti: essere malinconici è normale. Respira, datti tempo e sii più clemente con te stessa.

3. Non puoi controllare tutto

Soprattutto se siete una maniaca del controllo:  ti capisco  ma   non possiamo   controllare tutto. Ci sarà sempre qualcosa di inaspettato e proprio per questo non dobbiamo stressarci o sentirci non in grado di portare a termine i nostri obbiettivi . Siamo umani, non super  eroi  , abbiamo pregi e difetti e, soprattutto, abbiamo dei limiti emotivi, ma anche fisici. Puoi fare il meglio che riesci e se non porti a termine un compito, non è un dramma. Pian piano si fa tutto o  almeno le  cose più  importanti .

4. Non sei obbligato a farti andare bene tutto e tutti

Le lunghe tavolate con i parenti, le chiacchiere leggere, ma anche quelle più personali e scomode: non sei obbligato a farti andare bene tutto e tutti. Non sei obbligato a dover giustificare la tua vita e le tue scelteSorridi e lascia correre, come dicevano gli antichi: Panta Rei ! ecco  alcuni consigli   : 

5. Concediti del tempo per la cura della mente e del corpo

Indispensabile perdersi del tempo tutto per sé. Anche se è complicato, anche se a volte ci si sente sopraffatte dalla vita stessa: fermati. Impara ad aspettarti, ad ascoltarti. Concediti un bagno caldo in solitaria, leggi un libro che vorresti leggere da tanto, vai in palestra o fai una bella camminata godendoti il paesaggio invernale. Prenditi cura di te.

6. Non farti schiacciare dal peso delle aspettative

Tutti si aspettano qualcosa degli altri, ma il problema è sempre alla base: di chi pensa di poter avere delle aspettative sul prossimo. Le scelte degli altri non dipendono da noi, che ci piaccia o no.

7. I social non sono la realtà, ma mostrano una piccola parte di essa

Vedere quello che gli altri riescono a fare a Natale, dal cenone alle decorazioni, dai viaggi ai weekend super organizzati: non ci fa bene. Il paragone in questi casi è solo nocivo al nostro benessere e ci procura solo uno stress futile: perché non possiamo cambiare certe cose della nostra vita, non tutto perlomeno. Instagram mostra solo un piccola parte della vita e non è la realtà, ma solo una sua prospettiva. Pensateci e vivrete con meno ansia anche l’uso del mezzo.

8. Usa la tristezza come un’opportunità

La tristezza natalizia esiste e tutti, prima o poi, potremmo provarla. È un momento passeggero, sicuramente rappresenta il cambiamento di un anno con l’altro, la fine con un inizio. Sfruttare questa tristezza è possibile. Può diventare il nostro incentivo per fare di più, per daci la spinta giusta per fare anche quello di cui abbiamo paura. Non sempre un sentimento negativo lo è totalmente. A volte è solo un’opportunità da cogliere.

9. Organizzati con liste di obiettivi raggiungibili

Ok, tante cose da fare? No problem! Prima di tutto ricordati che sei umana e che non puoi fare tutto. Poi per aiutarti potresti creare delle micro-liste di obiettivi raggiungibili! Sì, hai letto bene. Non mega liste di cinquanta voci di cose da fare impossibili per una persona. Prendi il toro per le corna: vai per priorità e per urgenze. Il resto, si vedrà. Non sei un robot e non sentirti in colpa se non ce la farai. Ripetilo con noi: sei umana.

10. Fai qualcosa per gli altri

Questo può aiutarti anche a sentirti meglio con l’umore, e a noi esseri umani, che si dica o meno, ci piace essere utili e ci piace dare una mano a chi ne ha bisogno. Sono tante le iniziative per i bisognosi, per le case di cura, gli ospedali e mille altre associazioni: fai qualcosa di bello per te e per gli altri e vedrai, riuscirai a passare questo periodo pieno di cose da fare con un sorriso più luminoso e sincero di sempre

Ostuni, l'albero di Natale di 12 metri è fatto all'uncinetto: l'impresa di 50 nonne

Chi lo dice  che  gli alberelli  di natale  debbano essere  solo  quelli  classici  sintetici o naturali  ? 

Ostuni  . 
Un lavoro di comunità nel quale ogni mattonella, ogni colore, ogni trama racconta una storia. Come quella di Nina, settantottenne che ha lavorato come magliaia e ha ripreso in mano ferri e gomitolo per rinascere. 

Filomena, settantenne con la passione per l’uncinetto, che ispirato il progetto. Maria, ex bracciante agricola che a 67 anni si è avvicinata per la prima volta al lavoro a maglia. Con una cinquantina di signore, ma anche giovani, nel centro per anziani Il filo d’Arianna di Ostuni, gestito dall’associazione Le radici del Sud, hanno dato vita a un’impresa: realizzare un albero di Natale all’uncinetto alto 12 metri, nel giro di due mesi. Probabilmente un record almeno italiano. Così da ottobre hanno lavorato incessantemente per riuscirci. “Per forza”, aveva sottolineato Maria. E ora quell’albero è lì, in piazza Italia, dove tutti possono ammirarlo in tutta la sua bellezza, con le sue quattromila mattonelle dai mille colori.

 Oltre ai cittadini di Ostuni, al progetto hanno contribuito donne anche da Vieste, Foggia, Lecce, Bari. “Questo è l’albero della Puglia, non è solo nostro”, dice Michele Conenna, giovane curatore artistico dell’associazione Le radici del Sud e ideatore del progetto. “Ci ricorda anche che gli anziani non devono essere lasciati soli, né a Natale né mai. Sono il nostro tesoro”

Venezia, addio al Cristo biondo accanto alla sezione comunista più famosa d'Italia



Gli iscritti dello storico circolo "Sette martiri" hanno votato per cambiare il ritratto con un altro che invece rappresenta un Gesù più ebreo, più palestinese, con una mantella rossa, opera del pittore Carlo Fusca

                                           di Matteo Pucciarelli


Era e probabilmente resterà la sezione comunista più fotografata d'Italia: la 'Sette martiri', in onore di sette partigiani fucilati dai nazifascisti, Calle Nuova, Venezia, poco distante dalla Biennale. Prima circolo del Pci a partire dal 1973, oggi di Rifondazione. La particolarità era - e anche in questo caso, resta - l'edicola con il Gesù Cristo all'ingresso, un'accoppiata suggestiva per i turisti di tutto il mondo che visitavano una zona popolare della città, un quartiere "simbolo di autentica storia popolare, di sincretismo, convivenza, rispetto", racconta il segretario nazionale del Prc Maurizio Acerbo. Solo che il Cristo biondo non c'è più: gli iscritti hanno votato per cambiarne il ritratto con un altro che invece rappresenta un Gesù più ebreo, più palestinese, con una mantella rossa. Un nuovo dipinto ad opera di Carlo Fusca, pittore e professore all'Accademia delle Belle arti.

Il Cristo biondo, oggi spostato alla sede degli scout poco lontana 
La nuova immagine è stata benedetta martedì scorso da padre Silvio Ballarin e alla fine, nonostante qualche iniziale dubbio nel quartiere, pare che il cambiamento stia riscuotendo apprezzamenti. La variazione è nata un po' per caso. La sezione stava restaurando l’edicoletta in legno che teneva il vecchio dipinto, Fusca passando di lì si è proposto per una rivisitazione, arrivata con una tela a olio. I compagni del circolo hanno discusso, non tutti erano convinti, ma alla fine è passato il sì. Magari anche grazie a quel rosso in più indicante la Passione, e nel caso dei 40 iscritti al circolo va bene anche intesa con la 'p' minuscola.

L'interno della sezione in una foto di Jan Banning 

5.12.21

Un bel tacer non fu mai scritto. le lacrime di coccodrillo dei no vax e no green pass ed il voltagabbana dei giornalisti loro sostenitori

 va bene   cambiare   idea , pentirsi  , ma    <<  C’è un’epidemia di pentimenti. Si pentono i No Vax che dopo avere sputato sul sistema sanitario salvano la pelle grazie al suddetto, invocano il vaccino e si assicurano così un nuovo invito nello stesso talkshow nel quale avevano detto, la settimana prima, che il vaccino è strumento di Satana. >>


 Ora   lo stesso      discorso  fatto       da  Michele serra  nell'amaca  del  5\12\2021    


Un bel tacer non fu mai scritto                                                                                                     C’è un’epidemia di pentimenti. Si pentono i No Vax che dopo avere sputato sul sistema sanitario salvano la pelle grazie al suddetto, invocano il vaccino e si assicurano così un nuovo invito nello stesso talkshow nel quale avevano detto, la settimana prima, che il vaccino è strumento di Satana. Si pentono e si prosternano in scuse le aziende processate sui social per una policy non abbastanza prona ai tempi o per una pubblicità sbagliata (ultimo in ordine d’apparizione il Consorzio parmigiano reggiano), terrorizzate all’idea di essere boicottate e perdere fatturato, che è perfino più grave che perdere la faccia.Si pentono e si scusano autori di opinioni social scritte con le zanne, per trasformarli in agnelli belanti basta un quarto d’ora di traffico ostile online. Si pentono, appena la polizia postale suona al campanello, i killer da tastiera, i linciatori social, meravigliati e contriti, non sapevano, non volevano, non si aspettavano che augurare il cancro, lo stupro, la morte a qualcuno potesse essere un problema.Non che si debba essere fieri dei propri errori, ma insomma, calare le braghe così platealmente non è per niente elegante, e soprattutto non rimedia affatto alla propria boria, e anzi alla boria aggiunge un lecito sospetto di viltà. Il pentimento, nella maggior parte dei casi, sottolinea platealmente la debolezza della propria precedente posizione. Ci sarebbe una terza via, la più dignitosa, per far capire che ci si rende conto di avere sbagliato, e sarebbe il silenzio. Tacere e sparire per un po’. Ritirarsi in quella impagabile comfort zone che è la solitudine. Ma tacere e sparire, nell’Impero del Bla Bla, evidentemente è la più insopportabile delle punizioni.

 Tale  situazione    dovrebbe  vale     anche per certi  giornaloni  di centro  destra     che     prima   erano "negazionisti "    e  no vax  e  no green pass    adesso  si  sono opportunamente    convertiti   come dice      il fatto  quotidiano del  5\12\2021  e  come si  può  notare  ( vedere  foto  sotto  a  sinistra      analizzando i  titoli   delle prima pagine    prima    e  adesso  ) 

 da  l' Fq  del 5\12\2021

Un anno fa, con quasi 25 mila contagi e oltre 800 morti al giorno, erano i giornali della “libertà”, della guerra alla “dittatura sanitaria”, del guai a “toglierci il Natale”. Si permettevano addirittura di mettere in dubbio l’efficacia dei vaccini che sarebbero arrivati di lì a poco. Oggi, un anno e un governo dopo – sarà l’effetto dei “Migliori” contro il “peggiore” Giuseppe Conte – è tutto cambiato: Libero e Il Giornale, improvvisamente, sono diventati i giornali più vaccinisti e rigoristi d’italia. Le chiusure per Natale sono “più che giuste” e, se potessero, i giornalisti dei due quotidiani andrebbero a cercare i no vaxa uno a uno, casa per casa, coi forconi. Filippo Facci, che 12 mesi fa invitava a disobbedire alle chiusure di Conte, oggi dice addirittura che i no vax “vanno arrestati tutti”. Tutto questo crea un cortocircuito nel centrodestra: Alessandro Sallusti, direttore di Libero, se la prende ogni giorno con Matteo Salvini e Giorgia Meloni che, secondo lui, lisciano il pelo ai no vax (“Sono paraculi”), mentre si è aperta una guerra tra Vittorio Feltri e il direttore de La Verità Maurizio Belpietro proprio sulla bontà di Green pass e vaccini (“fai cattivo giornalismo”, “sei pazzo da legare: ti ho assunto io e porta rispetto”). Per non parlare dei leader del centrodestra che adesso non hanno nemmeno più giornali di riferimento sulle misure anti-pandemia in Italia.MA RIAVVOLGIAMO il nastro. Primi di dicembre 2020, nel pieno della seconda ondata. Contagi alle stelle, morti verso quota mille, ospedali di nuovo pieni.Il governo Conte, dopo aver introdotto il meccanismo dell’italia a colori (giallo, arancione, rosso), pensava a nuove restrizioni in vista delle feste natalizie. Le prime pagine di Libero e Il Giornale di quei giorni parlano da sole: “Italiani chiusi, clandestini a spasso. Siamo discriminati” (Libero, 01.12), “Natale senza i tuoi. Festa rubata: il moralismo burocratico” (Il Giornale. 04.12). Poi le restrizioni effettivamente arrivarono con un nuovo Dpcm – zona rossa nei giorni di festa, cenone solo coi parenti stretti – e nelle due redazioni sembrava essere arrivata l’apocalisse: “Difendiamo il Natale da chi vuole cancellarlo” (Il Giornale, 15.12), “Il governo è impazzito, la gente fugge disperata. Nuovi divieti incomprensibili e inutili” (Libero, 19.12), “Il nemico degli italiani (foto di Conte, ndr). Paese in rivolta per i soprusi del premier” (Libero, 20.12). Augusto Minzolini, firma di punta del quotidiano di casa Berlusconi, il 6 dicembre firmava un editoriale dal titolo emblematico: “La guerra di Natale. Conte in guerra contro il Paese”. Svolgimento: “Lo spiegamento è da guerra moderna: 70 mila uomini, droni, controlli a tappeto. C’è da chiedersi se siamo in Italia o in Iraq. (…) Siamo diventati uno Stato di polizia per fronteggiare il Covid-19”. Vittorio Feltri, allora direttore di Libero, spiegava che gli italiani erano “più perseguitati dal governo che dal coronavirus” (19.12). Facci, firma di punta del quotidiano filo-salviniano, il 10 dicembre si ergeva a nuovo Gandhi nostrano e firmava un articolo dichiarando che non avrebbe rispettato i divieti: “Quando disobbedire è un dovere”. E su twitter aggiungeva: “Siete davvero rinscemiti tutti, a tal punto sudditi? Riprendetevi la vostra vita, se ne avete una”. Il 10 dicembre Libero, in prima pagina, metteva in dubbio anche i vaccini: “Il vaccino della discordia. Molti lo vogliono, moltissimi lo rifiutano. Cresce il fronte degli scettici, secondo cui si rischia la sterilità” (10.12).UN ANNO DOPO è tutto cambiato. Ora il governo giallorosa non c’è più e nel frattempo è arrivato Mario Draghi. Chiusure, imposizioni, Green pass e Super green pass adesso profumano di rose. Per Sallusti, diventato direttore di Libero ,i no vax sono “come i terrapiattisti”, per Feltri (spodestato da Sallusti) il Super green pass per il Natale non basta: “Draghi, adesso serve l’obbligo”. E ancora: “Io amo i vaccini, sono meglio dello spritz”. Minzolini, neo direttore del quotidiano di casa Berlusconi, non grida più allo “Stato di polizia”. Anzi: “No vax all’angolo per salvare il Natale” titolava Il Giornale il 23 novembre. Anche Libero, ormai diventato il quotidiano più draghiano di Draghi, non sta più nella pelle. “La destra è sì vax” (15.11). E ancora: “Buon Natale solo ai sì vax” (25.11). Sentite Facci: “I no vax sono socialmente pericolosi, che è uno dei presupposti per l’arresto e, nel caso, per la cura nell’infermeria del carcere. (...) Non sono solo stupidi: sono nocivi. E sono irredimibili: l’obbligo vaccinale dovrebbe accompagnarsi (facoltativa) all’assistenza psichiatrica”. Come passa il tempo.Come passa il tempo Minzo, Sallusti, Feltri&c. ieri strillavano contro la “dittatura”, oggi vogliono arrestare i Novax






l bosco al posto della lavagna. Le lezioni sotto il cielo senza campanella. Il Covid rilancia la scuola all’aperto. E la natura si allea con la didattica. il caso della 1 a scuola elementare di Prima A della scuola Ada Negri di Pegli, Liguria



dal  Venerdì   di repubblica  del 3 dicembre 2021

Il bosco al posto della lavagna. Le lezioni sotto il cielo senza campanella. Il Covid rilancia la scuola all’aperto. E la natura si allea con la didattica. siamo andati a Pegli, Liguria. In prima “A”

La lezione all'aperto dei bambini della Prima A
della scuola Ada Negri di Pegli (Genova). 
Fotografia di Fabio Bussalino 
Pedule, zaino, borraccia, barattolo con pinzette per insetti, astuccio di stoffa con matita, temperino, gomma e un rametto ("È utilissimo" giurano i bambini, va' a capire perché), posate pieghevoli da
campeggio, salviette e sacchetto per i bisognini, contenitore per la merenda: Adele, Davide, Leonardo, Nicole, Lorenzo, Federico e tutti gli altri 15 alunni della prima A della primaria statale Ada Negri di Pegli, nel Ponente genovese, in Liguria, vanno a scuola così. Hanno due aule in cui svolgono le lezioni: una è a Pegli vetta, su una fascia erbosa, protetta da pini marittimi e mimose, sospesa sul mare; l'altra è una spiaggia, dove il circolo dei pescatori presta alla scuola la casupola della propria sede, quando piove. Ogni mattina, i maestri Chiara Milazzo e Alessandro De Lucia mettono i bimbi in fila per due, in direzione ostinata e contraria: mentre tutti gli altri alunni entrano a scuola, nella cinquecentesca Villa Rosa, loro escono. E noi con loro. Per raggiungere l'aula affrontano 25 minuti sulle creuse, i viottoli che in Liguria s'inerpicano tra il mare e la montagna, stretti da due muretti di pietre umide e capelvenere e in cima hanno i "cocci aguzzi di bottiglia", che ha raccontato Eugenio Montale.
                                                             bambini a  lezione  



Si chiama Fuori classe ed è il progetto di insegnamento all'aperto che Chiara Milazzo è riuscita a realizzare nella scuola pubblica grazie alla dirigente Marina Orselli e a Iris Alemano, che l'ha preceduta, con il sostegno della comunità territoriale, dal municipio alle associazioni: 35 ore sulle 40 settimanali di lezione si svolgono all'esterno. "Tutto è nato dalla volontà di alcuni docenti di cercare nuovi modi di fare scuola" spiega Milazzo, "applicando sperimentazioni già attive in Europa. Si impara attraverso tutto il corpo e la natura è l'alleata fondamentale, accoglie l'emotività e la sensibilità del bambino perché insegna l'attesa, la cura, la resilienza".
La rete nazionale Da Jean Jacques Rousseau a Rudolf Steiner, da Robert Baden-Powell a John Dewey, da Gianni Rodari alle neuroscienze, la strada dell'outdoor learning è lunga e consolidata, ma le applicazioni in Italia sono recenti e la pandemia ha assestato una netta accelerazione: solitamente le attività si svolgono nei parchi annessi agli istituti scolastici. La Ada Negri fa parte della Rete nazionale di scuole all'aperto, un network di una sessantina di istituti, costituito in Italia cinque anni fa, ha per capofila l'istituto comprensivo 12 di Bologna, ed è membro dell'Istituto nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca educativa (Indire). Il progetto di Pegli (e uno simile è stato attivato nel vicino istituto comprensivo di Voltri) è differente per diversi aspetti: le aule sono stabilmente sotto il cielo e anche la mensa arriva direttamente sui prati. Di questa sperimentazione, infatti, si stanno occupando due università, Bologna e Genova, dove è appena stata assegnata una tesi di laurea.


   Gli insegnanti della prima A:   da sinistra Michele Tassistro, Alessandro De Lucia e Chiara Milazzo.


"Quando ieri mia mamma mi ha detto che a cena c'era la minestra, l'ho guardata con sguardo torvo" dice Nicole. La maestra riprende il filo del racconto che stanno leggendo, partendo dalle parole nuove, spiegate il giorno prima, e Nicole dimostra, con rara pertinenza, quanto torvi si possa essere, anche a sei anni. I bambini sono appena arrivati in "classe", che si chiama "Agorà", come certifica il cartello di legno appeso all'albero che protegge il cerchio di sassi e tronchi, su cui si siedono i bambini. La maestra Chiara, seduta tra loro, inizia a leggere: Emiliano, mentre ascolta, impila pietre a formare torri; Leonardo scava con un rametto un buco davanti al suo posto. E poi c'è chi accarezza gli aghi di pino, chi riempie un barattolo di coleotteri e grilli. Chi sbocconcella il grissino della merenda appena finita, chi non perde una parola.
Lentamente i bimbi le si fanno vicino: prima due, poi cinque, poi dieci. La testa nel libro che la maestra tiene sulle ginocchia, alle loro spalle il mare: qualcuno prova a sillabare con la bocca, altri indicano le figure. "Lavoriamo intensamente su dieci-quindici minuti di attenzione che i bambini hanno, poi ci rilassiamo, per poi tornare a concentrarci", continua Chiara. Finito il capitolo si vota per alzata di mano: vince il gioco libero e poi, solo dopo, un'altra lezione. A Davide, però, serve la toilette. Dallo zaino esce il kit: sacchetto, salviette e, per mano alla maestra, entra in una piccola selva di bambù. "I bisogni si fanno protetti dalla boscaglia, nel sacchetto e poi portiamo tutto a valle", dice un'altra maestra, Michela Tassistro. Le regole, qui, sono facilmente comprensibili, fatte apposta per vivere bene in comunità e godere della libertà all'aria aperta. E come sembrano lontani, a solo qualche chilometro di distanza, la città e il porto.


                                  lezione di matematica  con la maestra  chiara 

E spunta una iurta
Sugli alberi sono appesi alcuni cartelli: "Qui si può"; "Appendersi"; "Urlare"; "Scavare". Una batteria della Seconda guerra mondiale garantisce un piccolo riparo per i banchi: sono tavolette di compensato che i bimbi usano come supporto, fermando i fogli con una molletta di legno. E quando piove? Il maestro De Lucia ha calcolato che il ciclo scolastico della primaria vale, per un bambino, 8 mila ore al chiuso. "Non esiste il tempo brutto, ma quello pericoloso: quando piove, i bimbi si mettono gli stivali, le cerate e si parte ugualmente. Quando c'è allerta meteo abbiamo un'aula, a villa Rosa". Il consiglio d'istituto, poi, ha appena approvato l'acquisto di una iurta, la grande tenda che in Asia è utilizzata come abitazione, da montare nella fascia per i giorni più freddi o troppo piovosi. "La porta sarà sempre aperta, liberi di stare fuori, liberi di stare dentro. Qui non programmiamo, progettiamo: perché i programmi si ingrippano, i progetti si evolvono", sintetizza Milazzo, mentre estrae dallo zaino una matassa di corda da roccia e comincia a legarla a due alberi di mimosa e tesse un reticolo. "Il nostro tempo è il tempo della lumaca, perché per imparare ci vuole tempo", aggiunge mentre stringe un nodo.


                                                momento del  pranzo 

I bambini si avvicinano e iniziano a scalare la struttura di corde. "Solitamente il termine rischio viene associato al concetto di pericolo, racchiude però aspetti emotivi, cognitivi e sociali: accettare un rischio significa valutarlo, valutarsi e decidere se le precauzioni previste sono adeguate o se occorre mettere in atto altre misure. Il rischio si gestisce con l'esperienza", ragiona Milazzo sistemandosi i moschettoni in cintura. Le maestre Chiara e Michela posizionano un sasso, come se fosse uno sgabello, davanti a loro e gli alunni uno per volta, ci si siedono sopra. Comincia così la lezione di matematica: le insegnanti usano le dite per indicare i numeri. Il premio per chi si impegna è un batti il cinque, un abbraccio stretto, un bacio sui capelli arruffati. "L'obiettivo della prima elementare è arrivare a contare fino a 20" dice De Lucia. "Questi bambini lo fanno fino a 22, perché ogni mattina hanno imparato a contarsi, prima di partire".

Il furgone-mensa

Dalla città, arriva il suono delle campane, è mezzogiorno. Ciascuno estrae dallo zaino le posate pieghevoli, poi si mette in fila per lavarsi le mani. Lì vicino, c'è un'area pubblica per picnic, con i tavoli di legno: giunge strombazzando il furgone che consegna i pasti. Ha accettato di aggiungere una tappa, nel giro di distribuzione, apposta per la classe sul prato: "Siamo riusciti ad avere la mensa a domicilio" sorridono Chiara ed Alessandro. "Così i bimbi hanno il pranzo caldo e sono rispettate anche le diete speciali". I ragazzini chiacchierano tranquilli, pranzano gestendo posate, bicchieri, bottiglie e tovaglioli. I maestri spiegano che l'ultimo rapporto della Commissione internazionale sull'educazione per il XXI secolo all'Unesco ha evidenziato che, nel corso della vita, si debbano costruire quattro pilastri: imparare a conoscere, imparare a fare, imparare a vivere insieme e imparare ad essere. E qui, in prima A, il cantiere sembra già straordinariamente avanti.

Mentre  finisco  d copiare  le  ultime righe  di questo interessante  articolo eccone un altro     sullo stesso tema   e   sempre  dalal stessa  fonte  .  purtroppo  l'ho trovato solo cosi