Nostra patria è il mondo intero e nostra legge è la libertà
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8.12.24
Giulia Cecchettin, la sorella Elena contesta la sentenza su Turetta ma i familiari non erano contro l'ergastolo ?
Manuale di autodifesa I consigli dell’esperto anti aggressione Antonio Bianco puntata XII . quando la LEGITTIMA DIFESA, QUANDO È POSSIBILE E QUANDO NO . e se vi aggerediscono in due
Il dibattito sulla legittima difesa è acceso più che mai, e talvolta anche strumentalizzato da politici che scelgono di cavalcare la questione perché consapevoli della sensibilità e dell'attenzione della cittadinanza. Quello che dovete avere ben chiaro è che è un vostro diri!o difendervi, senza naturalmente sfociare in condo!e di violenza fuori controllo o che ricordino il Far West. Tenete bene a mente che la vostra reazione deve essere necessaria per salvaguardare il bene che si trova in una condizione di pericolo. Avete due possibilità, insomma: reagire o subire l'offesa. L'inevitabilità o meno della reazione verrà valutata in base al caso concreto: il mezzo difensivo, quello offensivo, la forza fisica di entrambi, la modalità d'aggressione, l'età di entrambi e le circostanze di tempo e di luogo.
“IL FEMMINICIDIO NON PUÒ ESSERE GIUSTIFICATO DA FATTORI GENETICI di Marlisa d'amico
Durante il processo per l’omicidio di Viktorija Vovkotrub uccisa a Brescia nel 2020 la difesa di Beriša Kadrus, kosovaro di 62 anni, ex compagno di Viktorija, avevaparlato di ‘gene guerriero’.
Si tratta di un’idea basata su teorie non del tutto accettate dalla comunità scientifica. Queste teorie mirano a dimostrare che alcune persone potrebbero essere più inclini alla violenza a causa di un fattore biologico, come un gene specifico. Spesso questa teoria viene usata per cercare di giusti!care comportamenti violenti.
Tuttavia la maggior parte degli esperti ritiene che il comportamento umano dipenda da una combinazione di fattori genetici ambientali, psicologici esociali, e non solo da un singolo gene. Nel caso di Viktorija Vovkotrub, la difesa di Kadrus Berisa ha usato questa teoria, ma ciò ha suscitato molte polemiche, poiché potrebbe far sembrare che la violenza fosse inevitabile a causa di una predisposizione biologica. Secondo il diritto, però, un crimine come il femminicidio non può essere giusti!cato da una causa genetica o biologica. Pertanto, a nulla dovrebbe valere invocare il‘gene guerriero’per escludere l’applicazione della pena a carico dell’uomo violento”.
7.12.24
«I miei 90 anni senza lavatrice» A Sadali nonna Cecilia fa ancora il bucato nell’acqua del fiume ., Non morì ad Auschwitz»: Trudy ritrovata negli Usa da una preside di Roma
Di buon mattino per le vie di Sadali ci si può imbattere in una scena normale cinquanta e più anni fa ma che nel 2024, per molti, è fuori dal tempo: una figura femminile longilinea che sul capo porta con innato equilibrio e eleganza una bacinella contenente i panni da lavare al lavatoio. Si tratta di Cecilia Deplanu, novantenne, che sull'utilità della lavatrice non ha dubbi: «Giusto per le emergenze, come quando trent'anni fa fui ricoverata per un intervento chirurgico, oppure dare una rinfrescata al bucato perché, per come la vedo io, se in lavatrice si mettono i panni puliti vengono puliti, se invece si vuole dare una lavata come si deve a quelli sporchi, resteranno sporchi».
La famiglia
La novantenne è nata e ha vissuto stabilmente la sua vita a Sadali. Primogenita di undici figli del cantoniere Salvatore Deplanu che nel 1952, come si usava dire, «le prestò quattro anni» per andare in sposa, ancora 17enne, ad Armando Carta, classe 1927. Cecilia ed Armando hanno avuto quattro figli maschi. «I miei ragazzi, sin da piccoli - racconta la novantenne - sono stati abituati ad aiutarci in casa e nei campi. Il maggiore, Antonio, badava ai più piccoli. Tutti venivano con noi a lavorare la campagna o fare legna. Li abbiamo cresciuti come i nostri genitori fecero con noi. A undici anni, mia mamma mi mandava al fiume, che scorreva poco distante dalla nostra casa, a lavare i ciripà dei miei fratellini. Ricordo quando abitavamo nella cantoniera, tra Sadali e Seulo, che è stata abbattuta molti anni fa, ci spostavamo a piedi fino all'orto nei pressi di Villanova Tulo».
La vita
Nonna Cecilia prosegue lucidissima sul filo della memoria di un'infanzia vissuta in una civiltà che ormai non esiste più: «Ricordo i giorni della trebbiatura nelle calde giornate di luglio, la nostra vita era così, semplice e scandita dal lavoro. Non avevamo tutto ma l'indispensabile non ci mancava. Facendo il paragone con i tempi attuali, ho l'impressione fossimo più felici noi. Adesso hanno tutto eppure non è mai abbastanza, le persone sembrano sempre insoddisfatte, scontente. Non cambierei la mia vita, trascorsa al fianco di mio marito che mi ha lasciato all'inizio di quest'anno dopo 72 anni di matrimonio. Con Armando ci siamo sempre rispettati e voluti bene, i nostri figli ci hanno dato grandi soddisfazioni. Il maggiore laureato in veterinaria ha fatto tutto da solo, il diploma alle scuole superiori di Nuoro e la laurea a Sassari. Con suo padre andammo il giorno della discussione della tesi a Sassari, ricordo ancora l'emozione quando i professori vennero a congratularsi con noi genitori. Così gli altri figli e i nipoti, mai un dispiacere. Auguro a tutti una vita, se non migliore, felice come la mia».
Nonna Cecilia, negli ultimi giorni le temperature sono calate sensibilmente, non sarebbe meglio ricorrere alla lavatrice?
«No, l'acqua del lavatoio non è mai particolarmente fredda, e poi, non so, sarà una fissazione la mia, ma venire qui a fare il bucato mi fa sentire bene, alcuni giorni al lavatoio vengono anche alcune ragazze».
Quanti anni hanno?
«Credo una ventina meno di me».
Dopo aver fatto il bucato riportarlo a casa sulla testa appesantito dall'acqua è ancora più faticoso?
«Per questo, lavo prima le cose più ingombranti e difficili da strizzare a mano che stendo a sgocciolare mentre finisco di lavare il resto del bucato, questo proprio per evitare che l'acqua appesantisca eccessivamente il carico che devo portare».
Quando ha imparato a portare sulla testa i carichi così pesanti?
«Da bambina, mia nonna e mia mamma mi insegnarono come fare, con “su tidili” un grembiule ripieganto circolarmente da frapporre tra la testa e il peso da portare, è stato semplice fin da subito. Il lavatoio è stato un grande vantaggio per le donne, prima andavamo al fiume».
Per anni Gertrude è stata una dei troppi bambini la cui esistenza si era spezzata nel campo di concentramento di Auschwitz. Una rapida apparizione nella storia la sua, scoperta per altro casualmente, al fianco del padre Isidor Stricks, un cittadino polacco ebreo catturato vicino a Roma e deportato nei campi di sterminio.
Per una facile associazione, e dal momento che non sempre i bambini venivano registrati sui treni della morte, la convinzione che anche lei avesse finito i suoi giorni in un lager.«Ma Trudy lì non e mai arrivata, si è salvata ed è ancora viva: oggi ha 86 anni, si trova in America, è sposata e ha tre figli. Ha un sorriso bellissimo e una forza senza pari»: la descrive così Maria Grazia Lancellotti, oggi preside del liceo classico e linguistico della Capitale Orazio che, nell’ambito del progetto «Il civico giusto» (diretto da Paolo Masini), che si pone l’obiettivo di scoprire storie di solidarietà e di coraggio nell’Italia fascista al tempo delle leggi razziali, si è imbattuta in un dettaglio che ha catturato la sua attenzione, tanto da portarla alla ricerca della verità.
«Mi stavo documentando sulla fuga di Sandro Pertini e Giuseppe Saragat dal carcere romano di Regina Coeli quando nei racconti Marcella Ficca, la moglie di Alfredo Monaco, il medico che quella fuga ideò, comparvero Trudy e suo padre - racconta Lancellotti -. Mi disse che quest’uomo che teneva stretta a sé una bambina di 5-6 anni, prima di essere caricato sul camion diretto a Fossoli, le rivolse uno sguardo terrorizzato, come di chi non sapeva cosa lo aspettasse, trovò gli occhi di una donna, le fece un cenno, si fidò e le affidò quello che aveva di più caro pur di salvarlo». Così Marcella ospita la piccola in casa sua per qualche mese, fino a quando la mamma, Fanny, non la rintraccia e la riprende con sé.
Da qui iniziano peripezie, fughe e lunghe settimane nascoste in due distinti conventi di Roma, fino alla fine della guerra. Poi la salvezza arriva quando a luglio del 1944 salgono a bordo Herry Gibbons, nave che salpa da Napoli con mille profughi e raggiunge Oswego, negli Stati Uniti.
«Da qui si perdono le tracce della piccola Trudy, la mamma si sposa e cambia cognome. La stessa cosa fa lei anni dopo - riprende il filo dei ricordi Lancellotti -. Ma a questo punto volevo arrivare alla verità su di lei per cui ho scritto a un museo della città: Trudy in America doveva essere arrivata viva e qualcuno doveva sapere qualcosa di lei. Poco dopo mi ha risposto direttamente suo figlio Brian e mi ha raccontato la vita di sua mamma Gertrude».
Il caso poi ha voluto che lo stesso Brian avesse già in programma un viaggio in Italia per la scorsa estate. Con l’occasione è andato anche a Roma, dove ha potuto conoscere e abbracciare i figli di Alfredo e Marcella Monaco. «Purtroppo loro sono morti senza sapere se quella bambina ebrea che avevano salvato alla fine ce l’avesse fatta, ma l’aver scoperto il loro grande gesto d’amore ha fatto in modo che venissero avviate le pratiche allo Yad Vashem per far insignirli del titolo di “Giusti fra le Nazioni”». Non è stato facile per la preside Lancellotti. «Ci sono stati momenti in cui mi sono sentita in soggezione, sono entrata a gamba tesa nella vita di tante persone e ho riallacciato un filo che negli anni si era lacerato - conclude -. Ma questo è anche il bello del nostro progetto che portiamo nelle scuole, perché la storia si possa vivere con empatia. E comunque le vicende di Trudy non finiscono qui, perché voglio farne un libro».
6.12.24
Moshe Yaalon ex ministro israeliano ha detto che in Israele c'è un genocidio . Ci si inizia a rendere conto dei crimini che si stanno commettendo. Solo in Italia e in Usa qualcuno continua a dire che la parola "genocidio" sarebbe una bestemmia.
Le risposte d'israele e dei suoi seguaci coerenti e banderuole alle critiche ed alle accuse per la sua condotta dopo il 7 ottobre non ha , almeno dovrebbe avere , significato d'antisemitismo e d'odio verso israele in quanto un suo stesso ex ministro della Difesa ha accusato Israele più precisamente il governo di «pulizia etnica»
leggo su https://www.ilpost.it del 4\12\2024 che
Moshe Yaalon ha detto che il governo di Benjamin Netanyahu sta «di fatto ripulendo i territori dagli arabi» In varie interviste nel fine settimana l’ex ministro della Difesa israeliano Moshe Yaalon ha accusato il governo di Benjamin Netanyahu di portare avanti una «pulizia etnica» nei confronti della popolazione palestinese.In una prima
intervista sabato Yaalon ha detto che ciò che stanno facendo il governo e l’esercito israeliano è «occupare, annettere e fare pulizia etnica», facendo espressamente riferimento alla zona settentrionale della Striscia. Ha anche sostenuto che Israele stia andando nella direzione di costruzione di insediamenti stabili a Gaza, come vorrebbero gli esponenti più radicali della maggioranza di governo, di estrema destra.Quando poi l’intervistatore gli ha chiesto di chiarire se ritenesse che Israele fosse «sulla strada di compiere una pulizia etnica», Yaalon ha risposto:
Perché “sulla strada”? Cosa sta succedendo là? Beit Lahia [cittadina palestinese, ndr] non c’è più. Beit Hanoun non c’è più. Ora stanno operando a Jabalia. Stanno di fatto ripulendo il territorio dagli arabi.
Yaalon è stato prima capo dell’esercito, poi ministro della Difesa del governo di Netanyahu nel 2014, in un altro periodo di forte conflitto a Gaza. Le sue relazioni con l’attuale primo ministro si sono però interrotte nel 2016 e da allora è diventato molto critico nei confronti dei suoi governi In un’intervista successiva, domenica, Yaalon ha detto di temere che il governo stia esponendo i soldati israeliani al pericolo di azioni giudiziarie da parte della Corte penale internazionale (ICC), il principale tribunale internazionale per crimini di guerra e contro l’umanità: «Parlo a nome dei comandanti dell’esercito che stanno operando nel nord della Striscia. Mi hanno contattato per esprimermi preoccupazione per quello che sta avvenendo laggiù». Yaalon sostiene che l’esercito non sia responsabile di quanto sta succedendo, ma teme che gli ufficiali, seguendo le indicazioni del governo, «alla fine si ritrovino ad aver commesso crimini di guerra». Dieci giorni fa l’ICC ha emesso un mandato d’arresto contro Netanyahu, e contro l’ex ministro della Difesa Yoav Gallant, licenziato lo scorso mese da Netanyahu. La decisione dell’ICC è stata fortemente criticata da tutti i partiti politici israeliani e in generale le critiche degli esponenti politici al modo di condurre la guerra sono molto rare, cosa che rende quelle di Yaalon ancora più notevoli. Netanyahu e vari esponenti del governo hanno respinto le accuse di Yaalon, sostenendo che «colpiscono Israele e aiutano i suoi nemici».
il treno dei bambini film di cristina comencini tratto dall'omonimo romanzo di viola ardone . una storia di solidarietà del nord verso il sud , dei comunisti
5.12.24
La predica-camomilla allontana i fedeli
Spett Redbeppe
cosa pensa dell'invito di papa Francesco, rivolto ai preti, a tenere prediche più brevi? Confesso che, quando mi reco a messa, mi annoio a morte quando il sermone si fa lungo e sarei tentato di alzarmi e andare via, se solo non avvertissi questa mia eventuale scelta come una grave mancanza di rispetto sia nei confronti del sacerdote, sia nei confronti del Signore. Lei cosa ne pensa?
Caro ****
finalmente qualcosa di sensato: le prediche devono essere concise, stringate ed efficaci, poiché il loro scopo non è oalmeno non dovrebbe essere né punitivo né espiatorio, bensì esse devono indurre il fedele a compiere delle riflessioni, devono offrire quindi uno spunto e non costituire una sorta di lavata di capo fatta al buon cristiano che ancora si reca a messa, in questa società dove le chiese sono sempre più vuote, probabilmente pure a causa di certi predicozzi insostenibili. Di certo il pippone propostoci dai sacerdoti non ci incoraggia a mettere piede all'interno della casa del Signore.
Siamo onesti. Forse risulterò blasfemo e miscredente nel pronunciare questo pensiero, ma sarebbe opportuno essere sinceri ed ammettere che le prediche sono spesso più soporifere di una camomilla con melatonina e valeriana, anzi ancora più di un sonnifero potente. E ne siamo terrorizzati. Papa Francesco, uomo saggio e al passo con i tempi, talvolta fin troppo secondo alcuni , propone di ridurne la durata: dai canonici trenta minuti a dieci minuti, condensando in questo breve lasso di tempo il messaggio che il sacerdote ha da offrire a chi ascolta. Sia chiaro: fosse per me, basterebbe un tweet e poi tutti a casa, ma vada per i dieci minuti, tanto non corro il rischio di subire prediche, dal momento che non entro in chiesa se non di rado . In fondo, a cosa servono i giri di parole? Basta andare dritti dritti al punto, altrimenti si scade nel vizio e nel peccato da parte del sacerdote, come ha sottolineato il pontefice, di predicare non il verbo di Dio ma se stesso, usando l'altare alla stregua di un palcoscenico.
Gregor Formanek Partecipò ad almeno 3.322 omicidi in un campo di concentramento. Ha 100 anni, ma ora rischia il processo. farlo o non farlo ?
ho letto di recente su msn..it questa notizia
Nel senso della pietas penso che procedere giudiziariamente sia un accanimento in quanto avrebbero dovuto processarlo quando ancora gli sarebbe importato qualcosa di trascorrere il resto della sua vita in carcere.processarlo a 100 anni mi sembra assurdo. Inoltre la sua coscienza lo avrà perseguitato per tutto questo tempo.Quelli privi di una coscienza obbedivano a quel tipo di ordini, non era un soldato ma un aguzzino e merita almeno il processo.sarà stato anche un bastardo assassino a 20 anni....80 anni fa...80 anni in cui sarà stato perseguitato dai fantasmi delle atrocità commesse. Trovo assurdo accanirsi, particolarmente se oggi la progenie delle vittime è il nuovo carnefice
qui mi sento come gli gli ignavi nella Divina Commedia di Dante Alighieri cioè il nome che Dante attribuisce ai peccatori che il Sommo Vate incontra nell’Antinferno. Li trovate ampiamente descritti nel Canto III dell’ Inferno, dal verso 22 al 69.
4.12.24
altro che servizio pubblico è la7 che ha trasmesso il bellissimo film Jean-Jacques Annaud Notre Dame in fiamme .
con questo è tutto
3.12.24
Diario di bordo n 90 anno II . il diritto di essere brutti e piacersi lo stesso., se tutti hanno un costo nessuno ha un valore ., Giulia Lamarca: «Ogni disabilità ha un margine di indipendenza»
<<Quello che etichettiamo come brutto non è naturale, è il risultato di gerarchie" le stesse che governano il potere e autorizzano le sopraffazioni, scrive nel suo saggio ‘bruttezza’ edito dai tipi di Fandango. Ma essere brutti o sentirsi brutti (non è la stessa cosa) determina due effetti: un senso di inferiorità e un dolore dovuto all'inadeguatezza e alla sensazione di non appartenenza. La bruttezza insomma è una croce pesante e la strada dell'accettazione delle differenze estetiche è ancora lunga e tortuosa. Basta guardare un concorso di bellezza internazionale: le caratteristiche etniche sono livellate e sfumate per conformarsi agli standard occidentali. Ed essere brutti non implica necessariamente non piacersi (vale anche al contrario, essere belli non è garanzia di benessere). <<Solo una madre può amare una bambina brutta>> scrive sempre Hilal, << ma vi posso assicurare che in alcune famiglie i brutti godono di trattamento di serie b lottano più degli altri per essere riconosciuti e amati talora senza mai riuscirci. E se la bellezza è una scorciatoia per il successo (le persone belle hanno stipendi più alti e attraggono partner più ricchi). La bruttezza autorizza il resto del mondo a odiarti e a insultarti, basta fare un giro sui social network per rendersene conto. >>
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Nessuno si salva da solo e nessuno è libero finché qualcuno è schiavo. Ufficialmente la tratta degli schiavi non esiste più dal 23 febbraio 1807 quando fu cancellata a larga maggioranza (100 voti contro 36) dal Parlamento inglese, cuore della super potenza coloniale dell’epoca. Sappiamo poi che alla fine del XIX secolo un po' tutti i Paesi del mondo hanno messo al bando l’asservimento degli esseri umani. In realtà basta confrontare la pratica con la teoria per accorgersi che non è così. «La schiavitù è una pianta infestante che cresce su ogni terreno», scriveva a metà Settecento Edmund Burke.*
Quanto sia attuale la riflessione del filosofo britannico lo dimostrano proprio la tratta di esseri umani, e in particolare il racket della prostituzione coatta. Nessun angolo del globo ne è immune: Paesi d’origine, di transito e di destinazione. La schiavitù è stata abolita per legge ma non nei fatti. Ha cambiato pelle ma i più deboli sono sempre a rischio assoggettamento. Tante persone povere sono costrette a lavorare sottopagate o senza essere pagate affatto. Le vittime della tratta sono asservite ai mercanti di esseri umani che le degradano a bancomat nelle strade del mercimonio. Intanto i nuovi schiavi del web disseminano di sofferenza la servitù occulta nel mondo della rete. Cambiano le epoche ma resta l’indole dell’uomo di volere sfruttare e approfittarsi dei più fragili per sottometterli. Il Papa testimonia l’urgenza di lavorare affinché nessuno renda schiavo un altro. La schiavitù non è una realtà del passato, e nella “Giornata internazionale per l'abolizione della schiavitù” in calendario domani l’Onu si appella alla coscienza individuale e collettiva.
Sono trascorsi 75 anni da quando le Nazioni Unite hanno approvato la Convenzione sulla soppressione del traffico di persone e lo sfruttamento della prostituzione. Da allora resta ancora lontano l’obiettivo di una società rinnovata e orientata alla libertà, alla giustizia e alla pace. Anzi, le forme di disuguaglianza e discriminazione si sono moltiplicate di pari passo con la globalizzazione dell’indifferenza. Vanno
| Uno dei quattro schiavi incatenati raffigurati nella parte inferiore del Monumento dei Quattro mori del XVII secolo a Livorno. |
Le forme di schiavitù contemporanee sono il traffico di esseri umani, lo sfruttamento sessuale, il lavoro minorile, i matrimoni forzati e l’uso di bambini nei conflitti armati. Solo una mobilitazione comunitaria può sradicare un fenomeno così diffuso. C’è bisogno della piena partecipazione di terzo settore, sindacati, società civile e istituzioni che promuovono i diritti umani. «Gli schiavi di oggi cambiano di geografia, modalità e colore, ma la schiavitù si adatta ogni volta di più – afferma Francesco –. Ci sono sempre più schiavi. Tante forme di schiavitù sono dissimulate, non si conoscono, sono nascoste. Nelle megalopoli come Roma, Londra, Parigi, ovunque, ci sono nuove schiavitù». Servono opportunità di educazione e di lavoro. Nessuno può lavarsi le mani se non vuole essere, in alcun modo, complice di un crimine così efferato contro l’umanità», ribadisce il Pontefice. Le vittime della prostituzione coatta sono le moderne schiave, e finché non saranno liberate non potrà essere dichiarata l’effettiva abolizione della schiavitù.
Ho un sogno che mi accompagna di notte lungo le strade della prostituzione, ed è quello di vedere effettivamente abolita la schiavitù. Sui marciapiedi delle nostre città sembra scolpita una condanna antropologica: quella di trasformare la sopraffazione in una modalità di relazione sociale. Le “donne crocifisse” rispecchiano tragicamente l’umana deriva dell’acquisto, dello sfruttamento, dell’appropriazione indebita di altri esseri umani. È come se l’uomo non sapesse evolvere verso una fattuale, intangibile parità di dignità. C’è sempre bisogno psicologicamente, strutturalmente, di qualcuno da sottomettere.
Ci sono altre odiose forme di asservimento che hanno sempre come bersaglio le persone più fragili e indifese, ma la tratta del mercimonio coatto ha questa peculiarità: si distrugge la libertà di un individuo per farne uno strumento dei propri istinti più primordiali, eticamente riprovevoli, socialmente distruttivi. Il costo personale e collettivo della tratta grava come un macigno sulla nostra civiltà cosiddetta post-moderna, ma sempre agganciata alla zavorra di condotte violentemente primitive. Mai più persone in vendita! Se tutti hanno un costo, nessuno ha valore.
* infatti la lotta contro lo schiavismo continuò fino al secolo scorso . come testimonia
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«È molto difficile sradicare la narrazione dell’eroe-salvatore e del disabile-salvato dalla solitudine». Il raccontare la disabilità sta cambiando dal basso grazie soprattutto al mondo aperto dei social media, che ha dato voce a chi prima faticava ad avere spazi nei media tradizionali.
I progetto di vita previsto dalla riforma sulla disabilità lavora anche sull’indipendenza, un altro pregiudizio che va smontato pezzo per pezzo, ma che necessità di interventi importanti sul fronte dell’accessibilità. «Ogni disabilità ha un margine di indipendenza. Certo, c’è differenza tra un tetraplegico e un paraplegico, come lo sono io, ma ognuno ha la possibilità di essere indipendente su qualcosa, anche poco, ma è possibile. Purtroppo la situazione delle barriere architettoniche, almeno in Italia, resta un problema di complessa risoluzione. Ci saranno sempre scale che non posso salire. Ma è importane che le case di nuova costruzione siano accessibili, perché al momento, per un disabile, trovare un’abitazione adattata alle proprie esigenze è un’impresa quasi impossibile. Lottiamo ancora con camere troppo piccole e bagni impraticabili con carrozzine. Così come abbiamo problemi nell’uso dei mezzi pubblici anche nelle grandi città».
Altro tasto dolente è quello dell’indipendenza economica: in Italia solo il 32,5% delle persone con disabilità ha un’occupazione. «La differenza in questo senso possono farla le aziende private, coadiuvate dallo Stato. Molte imprese oggi preferiscono ancora pagare le sanzioni piuttosto che inserire nel loro organico persone con disabilità, non comprendendo che così si perde un’occasione. Avere una disabilità non vuol dire non saper fare niente e attraverso una formazione culturale adeguata nei posti di lavoro si può inserire una maggiore ricchezza di talenti assumendo persone che portano istanze, esperienze e competenze diverse».
Giulia Lamarca, nonostante la visibilità ottenuta sui social e sui media, vive ancora sulla propria pelle scelte discriminatorie: «In Italia la moda resta uno dei settore più discriminatori. Io, ad esempio, ho lavorato per pochissimi brand e non ho mai ricevuto inviti alle fashion week italiane, mentre a quelle estere sì. In passerella abbiamo visto modelle sfilare con protesi agli arti, ma vedere una modella in carrozzina è ancora una rarità, perché non è ancora stato abbattuto lo stereotipo della donna in piedi».
Dalla scuola ai servizi, dal lavoro alla genitorialità, dai media ai viaggi la complessità della vita di una persona disabile pesa inevitabilmente anche sulla famiglia: «Io, con la mia storia, non ho avuto le stesse opportunità di una persona che sta in piedi e cammina. È difficile da dire e da vivere, psicologicamente questo pensiero ti può distruggere. Io ho lottato più degli altri, sia per il lavoro – prima come psicoterapeuta, poi come content creator – sia sul fronte della vita personale. È un dato di fatto: di volta in volta non c’erano le persone giuste oppure le risorse oppure i servizi e io non ho avuto le stesse occasioni di un normodotato. E questa lotta non è cambiata nemmeno dopo che la mia figura è diventata pubblica. Mi spaventa, quindi, che la mia disabilità ricada su Andrea, sui miei figli, persino sui miei genitori. Che loro abbiano meno possibilità a causa della mia disabilità. Dobbiamo iniziare a riflettere sul mondo in cui vogliamo vivere per poterlo costruire».
1.12.24
Nella nuova Notre-Dame la luce spegne lo spirito ., la storia di Mino Cargiver che in sedia a rotelle aiuta gli anziani ., la Rivoluzione educativa in Trentino Alto Adige .,
Le linee guida si traducono in una serie di regole pratiche che i docenti sono invitati a seguire. Tra queste, spicca la decisione di limitare a due le verifiche nello stesso giorno, una misura che mira a ridurre la pressione sugli studenti. Inoltre, è stato stabilito un divieto all'assegnazione di compiti a sorpresa al di fuori dell’orario scolastico, una pratica che spesso genera ansia e stress tra gli alunni. Queste modifiche rappresentano un passo importante verso un’educazione più equilibrata, in cui il tempo libero e il riposo vengono valorizzati.
e forse con l'aggiunta dell' integrazione fra la storia e cultura nazionale con la storia e la cultura delle regioni avremo non solo una riduzione dell'analfabetismo giovanile e la riduzione dell'abbandono scolastico
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Notre Dame a Parigi riapre dopo 5 anni: ecco i punti salienti della ricostruzione (msn.com)
Tra poco riapre dopo quasi 5 anni d restauro la cattedrale di Notre Dame di Parigi . E già iniziano le polemiche sul restauro . Mah secondo il mio parere da profano ( non sono un laureato in storia dell'arte e non ho fatto nè il liceo artistico nè l'accademia ) vedendo le immagini mi sembra un ottimo e sublime restauro . Non concordo con chi dice << Nella nuova Notre-Dame la luce spegne lo spirito. [...] Ora Notre-Dame è rinata, dopo l'incendio del 15 e 16 aprile del 2019. C'è chi parla di «circa 700» e chi di «846 milioni di euro»: tanto è costato il recupero di questo bene inalienabile della Storia e della Cultura. Inalienabile ma anche, par di capire dalle prime immagini disponibili, ristrutturabile, come uno stadio o un negozio. Ieri il presidente Macron lo ha visitato, a bocca aperta, in anteprima, in attesa della consacrazione del nuovo altare in programma per il 7 dicembre. «È sublime», ha detto, e poi: «è stata riparata, reinventata, ricostruita». Ha ragione. Chapeau, naturalmente,alle migliaia di persone che vi hanno lavorato, con le mani e con i bonifici, ma Macron ha ragione anche in negativo: nella nuova Notre-Dame c'è qualcosa di eccessivo, di ridondante, di troppo. È la luce. La luce che appiattisce lo spirito, il mistero, l'introspezione. La luce che non sa più di chiesa, ma di museo, di esposizione, di catalogo della bellezza. La nuova Notre-Dame non potrebbe più essere la casa di Quasimodo, il deforme figlio del Diavolo e di una strega, il trovatello adottato (e poi angariato) dall'arcidiacono Frollo. Nell'ipermoderno restyling manca il buio medievale che fu il ghostwriter di Victor Hugo. >> ( da https://www.ilgiornale.it/news/cronaca-internazionale/nella-nuova-notre-dame-luce-spegne-spirito-2405553.html ) Ora se uno ha studiato la storia dell'arte , almeno le basi , dovrebbe ricordare che nello stile gotico è la luce ed la penombra sono la fonte del mistero e della spiritualità ed dell'introspezione che ciascuno di noi credente o meno cerca . Quindi questo restauro non l'ha snaturata . Anzi il contrario . Non ha tolto nulla dell'originale e del fascino che ogni uno di noi ha provato ( sottoscritto compreso ) alla sua vista prima del famigerato incendio del 2019 . . Infatti come dice sergio scoppolini al commento su msn.it dell'articolo citato de il giornale
Forse sarebbe meglio leggere d meno Hugo e studiare un po' più il Gòtico. La cattedrale gotica è nella logica dei costruttori il Paradiso stesso. E' i luogo della Luce divina. Per capire il gotico bisogna studiare il platonismo della scuola di Chartres, la metafisica della luce di Roberto Grossatesta, il lavoro dell'Abate Sugerio a Saint Denis. La luce è il Gotico stesso. Certo l'oscurità e lo sporco dei secoli fanno molto "pittoresco", ovviamente piaceva ai romantici come Hugo, ma sono l'opposto stesso del Gotico, Chi, con un po' di intelligenza si chieda cosa siano i strani segni sul piazzale antistante a Notre Dame potrebbe scoprire che segnano le fondamenta delle casupole che un tempo occupavano il luogo, potrebbe, con un po' di fantasia. immaginare l'impressione che una persona del XIV secolo poteva avere uscendo da quel dedalo di viuzze sudice ed oscure fino a vedere il maestoso bianco immacolato della gigantesca facciata della Cattedrale. Dalla terra al Cielo, dal fragile mondo dell'uomo al Paradiso stesso. Ed entrati, ecco l'eterea verticalità, l'armonia assoluta delle proporzioni, la luce sfolgorante delle vetrate. Il Dio "totalmente altro" dei mistici medioevali che svelava il suo volto.Le grandi vetrate policrome del Gotico non sono solo l'abile gioco di brillanti artigiani, sono il tentativo di rappresentare con la policromia del "Lumen Divino" la maestà stessa di Dio e la gloria del Regno.Questo di Notre Dame è un restauro "glorioso", cancella secoli di sporcizia e ci rende lo splendore che videro i suoi costruttori. Quella che io chiamo "estetica della sozzura", e che i soliti critici di ogni restauro chiamano "spiritualità", "atmosfera", mistero, è purtroppo per loro, solo esibizione d'ignoranza e volgare gusto d'effetti drammatici.
Quindi concludendo , parlo da profano , s'evitato di ridurre un pezzo di storia quasi millenario a un guscio vuoto ad uso e consumo del turismo di massa - mordi e fuggi armato di Iphone , smartphone , ecc , con suoi miliardi di selfie
30.11.24
Ecco la storia di Lourdes, che non ha abortito e nessuno ha potuto ascoltare
premetto che io sono contro l'aborto però rispetto ed ascolto le storie di vìchi ha scelto la vita cioè di non farlo .Quindi cari rapressentanti non sempre chi ha scelto di non abortire lo fa perchè è fanatico . Se proprio volevate contestare , scelta leggittima , potevate farlo con rispetto , magari prima ascoltando e poi contestando . Ma soprattutto lasciate liberi gli altri di ascoltare .
fonte avvenire
Il convegno «Ascoltare la vita», in programma martedì sera nell’aula 200 dell’Università Statale di Milano, aveva per sottotitolo «Storie di libere scelte». Queste storie, però, nessuno dei presenti le ha potute sentire, perché un gruppo di ragazzi ha deciso che non avevano diritto di essere raccontate. Con una contestazione iniziata nel momento esatto in cui era stata invitata a parlare Soemia Sibillo, direttrice del Centro di aiuto alla vita
della Mangiagalli, alcuni studenti del collettivo «Cambiare rotta» hanno fatto irruzione nell’aula, a suon di tamburelli, grida e bestemmie. Diversi loro amici si trovavano seduti tra i banchi e avevano assistito al primo intervento in scaletta, quello di Costanza Raimondi, assegnista di ricerca in bioetica alla Cattolica di Milano. Primo e unico dell’intero convegno, perché non c’è stato modo alcuno di proseguire.«Mi avevano appena passato la parola – commenta Soemia Sibillo –, quando si sente picchiare forte alla porta dell’aula. Alcuni giovani sono entrati gridando slogan e bestemmie, con il chiaro intento di boicottare l’incontro, che era stato organizzato da loro coetanei della lista “Obiettivo Studenti”. Il più esagitato a un certo punto ha preso una bottiglietta dal tavolo dei relatori e l’ha rovesciata in testa a uno degli organizzatori. L’acqua è andata a finire anche sui cavi dell’impianto audio video, si sono spente le luci e il proiettore ha smesso di funzionare. Io avrei dovuto far vedere ai presenti la testimonianza di una mamma che ha accettato di portare avanti la gravidanza nonostante avessero diagnosticato al suo bambino una grave malformazione cardiaca, suggerendole l’aborto terapeutico. Ma non è stato possibile».Nel video mai proiettato in aula, una giovane di nome Lourdes racconta la sua storia. Il giorno dell’ecografia morfologica, assieme al suo futuro marito Henry scopre che il piccolo che aspettano ha il cuore sinistro ipoplasico. I medici prospettano loro l’interruzione della gravidanza e descrivono le tre operazioni, una più rischiosa dell’altra, a cui si sarebbe dovuto sottoporre il bimbo se fosse riuscito a nascere, per sperare di sopravvivere.
«Quando sono arrivati da noi, la futura mamma era in lacrime, ma è stata l’unica volta che l’ho vista piangere – racconta la direttrice del Cav Mangiagalli –. Fatta la scelta di tenere il bambino, Lourdes ha dimostrato a tutti un coraggio e una forza incredibili, che non sono venuti meno nemmeno nei lunghi mesi in cui il suo bimbo è stato ricoverato in terapia intensiva al Niguarda, dove è nato e ha subito numerosi interventi a cuore aperto».Il Cav ha sostenuto la giovane coppia, che viveva in una stanza condivisa con altre persone, procurando un alloggio dove affrontare con maggior serenità questa gravidanza. Subito dopo il parto, i neo genitori sono stati accolti in un altro appartamento, in zona Niguarda, per facilitarli nel loro andare e venire dall’ospedale dove Liev Logan ha lottato per vivere, vincendo la sua battaglia perché ora sta bene.«Sarebbe stato impossibile affrontare tutto ciò da soli», afferma Lourdes nell’intervista video. «I nostri genitori sono lontani, in Perù. Qui è il Cav Mangiagalli la nostra famiglia».
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