24.6.12

italia-inghilterra euro 2012 attraverso il cinema e i ricordi personali sul calcio


  da  http://annamaria-liberipensieri.blogspot.it/2012/06/goal.html 

Molti mi diranno che sono contraddittorio   perchè   :<<  prima definisci  il calcio come il nuovo oppio dei popoli  .,  lo definisci il nuovo  Panem et circenses  e  poi  ne  parli  bene  e  racconti  o riporti  delle storie  come   questa qui  >>. Vero ma è il prezzo da  pagare per chi ha  scelto  e  và in direzione ostinata  e contraria . Inoltre fra me   e il calcio    fra me  è  il calcio  c'è  un rapporto d' Amore  e d'odio  . D'amore   mi affascino le storie  e  le  gesta  dei  giocatori  ,  sono cresciuto  con il calcio   sia televisivo   come  i  video che trovate sotto    sia  con  le varie  serie  del famoso  cartone  


 sia  alle  partite improvvisate  , in oratorio  ,  in zone abbandonate  ,  in piazza  , in carrera ( strade  )  , nel corridoio di casa  .,  che  finivano  come fantozzi  



smiley
3)  gli sfotto  e le  burle  , ovviamente senza  esagerare troppo ed  evitando il più  possibile che degenirono insulti personali  ( esperienza personale   da  juventino eretico  , ma questa  è  un altra storia  se  volete  saperla   continuate  a seguire il blog magari prima o poi  la  racconterò  o  chiedetemela  pure  all'email del  blog  l'ho messa apposta   ,  come  m'era  successo  con la  vecchissima   chat   degli   interisti   il muro dei tifosi   http://www.inter.it  )  .  D'ODIO il fanatismo  di certi tifosi , il paraocchi ( sei juventino fuori  di qui   come mi è successo  nella famosa  chat  di cui parlavo prima  )  , il calcio  diventato solo gossip e show must go off o show business  , quello parlato , usato dalla politica per  distrarti  o  far passare le magagne in secondo piano   e che influenza  anche il linguaggio  tipo : << scendere in campo , in zona cesarini , ecc >> , che fa pressioni  alla magistratura  d'insabbiare  vedere  la fine di calciopoli  che  ha  pagato solo uno   per  tutti   , o il calcio scommesse ,il doping , ecc  vedete  il mio precedente post  :  morti di serie a ( Morosini ) e di serie b ( Petrini ). Per  chi volesse  leggersi tutti gli articoli \ post  che  ho scritto sul calcio  andate qui
Ora  dopo   quiesta premessa   veniamo al post  vero e proprio  .
Stasera   fra  neppure  3  poore   ci saranno  i  quarti degli europei  e ritornano le  sfide  mitiche  chje  hanno  anche influenzato il cinema articolo  da  http://sport.sky.it/sport/calcio_estero/2012/06/24/

Frittatona di cipolle, birra gelata e rutto libero: così Ugo Fantozzi si appresta a seguire Inghilterra-Italia

Il prepartita del ragionier Fantozzi, con frittatona di cipolle e birra gelata, è celebre quanto il racconto di quella partita tra Inghilterra e Italia, che lui si perse per vedere "La corazzata Potemkin": un 21-0 che speriamo sia di buon auspicio.. 

Tutto è pronto, ci siamo. Prepartita con frittatona di cipolla, birra gelata e rutto libero. 
Poi, all’improvviso, una telefonata. 
L’urlo di disperazione del ragionier Fantozzi che si appresta a godersi Inghilterra-Italia e viene invece convocato al “cinema” dal megadirettore (per vedere un film cecoslovacco ma, per fortuna, con sottotitoli in tedesco) è storia del cinema e incubo di ogni tifoso italiano che si rispetti. 
Sì, perché Inghilterra-Italia è il gol di Capello a Wembley, il tuffo di Bettega e la doppietta di Montella. Ma per noi italiani è anche il dramma di un uomo costretto a perdersi una partita che, parole del telecronista, “fa impallidire anche il ricordo di quella dei leggendari tempi supplementari di Italia-Germania in Messico”.
Il viaggio in macchina con la radiolina incollata all’orecchio, mentre tutto il resto dell’Italia è comodamente seduto in poltrona, la telecronaca incalzante ("La palla è ora a Tardelli, scatto di Tardelli. A Savoldi, tiro, nuca di McKinley, tibia di Savoldi, naso di Antognoni. Nuca del portiere inglese, naso di McKinley, tibia di Benetti, nuca, naso..."), l’auto abbandonata in mezzo alla strada e la finestra rotta con un pugno per sapere “chi ha fatto palo”. 
Per finire con il mitico 21-0 che gli Azzurri inflissero agli inglesi quella notte, secondo le voci che, al cinema, “nel buio della sala correvano incontrollate e pazzesche: si diceva che aveva segnato anche Zoff di testa, su calcio d’angolo”.
Inutile dire che stasera ci accontenteremmo anche di un risultato più modesto, senza alcuna impresa da parte di Buffon...


FRITTATONA DI CIPOLLE E BIRRA GELATA:







SCUSI, CHI HA FATTO PALO?


oppure  il video integrale  


povera italia dai fascisti \ nazisti ai razzisti\xenofobi

vedendo   questo  cortometraggio d'Ettore  scola  






in cui  descrive  di come  l'Italia  sia passata  Dai nazisti ai razzisti. '"43/'97", un corto inedito di Ettore Scola regalato a l'Unità che fa da "testimonial" al festival itinerante "Libero cinema in libera terra". Pochi folgoranti minuti in cui l'autore di "Una giornata particolare" ci dice di come il cinema possa mettere in salvo da ogni razzismo, violenza e sopraffazione. Con citazioni da  vari  film ovvero  capolavori  italiani.
canticchio  chiedo scusa , a chi mi segue  fin dal mio esordio  in rete  nel  lontano  2004 ,   se mi ripeto  , ma  certe  cose la gente  ottusa non le capisce  e  (  ma  chi se ne frega io continuò ad andare avanti e a non curarmi di loro  )  mi giudica  comunista  ,  questa canzone più attuale  che mai  , perchè mi sembra  giusto ed  opportuno passare  dal piangere  e piangersi ( vedere  sotto   il video di Battiato povera patria  a cercare una  nuova patria   , vedere il video   della  Guzzanti da  0.55  in poi  ) senza  però scordarci il passato  ( vedere  il secondo video della guzzanti  ) 










e  mi  rattristo  di  come siamo caduti in basso  hanno ragione  sia  De gregori e  Battiato  con queste due  canzoni ormai entrate nel  nostro Dna   panorama  culturale musicale italiano 











 ma allora tutti sottovalutammo e consideravamo i primi rigurgiti come nostalgici del fascismo e del nazismo e credevamo fossero solo 4 gatti

sia  Guido Crainz (  foto  a  sinistra e qui la  sua  bibliografia )    l'autore  de Il paese mancato  Dal miracolo onomico agli anni ottanta (  copertina   sotto  a  destra  )  . Il libro  è la storia dell’Italia dagli anni Sessanta ai primi anni Ottanta, la storia – sapientemente descritta e raccontata – di un Paese che avrebbe potuto essere altro da quello che è diventato e che è tuttora, un Paese mancato appunto, e che in quel lasso di tempo ha attraversato una delle congiunture sociali e politiche più eccezionali e irrepetibili che possa venire a determinarsi nel percorso di vita di uno Stato e una nazione.  Sempre secondo la  sezione  recensioni  de  il sito http://www.brigaterosse.org   ( sito non più aggiornato  dal  2007 che  a  causa  della mentalità bacata  di  digos  e  polizia  postale  ,  ma  anche  della cultura  di  stato  vedere   il post  di Matteo tassinari     che racconta  come   uno spirito libero come de  andrè  venne  scambiato  come fiancheggiatore  delle  Br  , la stessa cosa  è successa  a  questo sito reo solo di pubblicare   come  documentazione storica i comunicati delle  Br  ) 

Tra gli anni Sessanta e gli anni Ottanta non c’è stato nessun aspetto del nostro vivere civile che non sia stato attraversato da sommovimenti profondi, capaci di alterare nelle fondamenta modi di viveri sedimentati e condivisi. Quello che in questa sede interessa, però, è un altro aspetto fondamentale del libro: la capacità, cioè, di descrivere e spiegare con assoluta efficacia le premesse di una stagione di rivolta, i motivi per cui “improvvisamente” una parte della società italiana decide di provare a cambiare la struttura profonda del paese, le regole del vivere comune, i codici di comportamento, i modi di pensare e concepire i rapporti sociali, sia del pubblico che del privato. Per fare questo, Il Paese mancato ci spiega l’Italia degli anni Sessanta al di là e oltre la facile formula del “miracolo economico” che pure si verificò davvero, ma che da solo non basta a descrivere una società complessa e contraddittoria e sull’orlo di una rivolta generazionale. L’Italia dell’esperimento riformista e della congiuntura, della crisi delle due Chiese, quella cattolica e quella comunista, delle tragedie di Avola e delle morti bianche. Fino allo scoppio del biennio ’68- ’69, l’autunno caldo, gli anni furibondi della strategia della tensione e dell’eversione.

È a questo punto, in questo momento, che Il paese mancato diventa un libro necessario, anche nell’ambito di

23.6.12

Il segreto delle foto dei panini di McDonaldundefined


Il segreto delle foto dei panini di McDonaldundefined

Un vero panino da fast food a confronto con la sua foto pubblicitaria
Come mai il cibo di Mc Donald's nella pubblicità ha un aspetto così diverso rispetto a quello del punto vendita? Questa è solo una delle tante domande che arrivano ogni giorno sulla sezione dedicata del sito canadese, che ha lanciato questa curiosa iniziativa ai suoi clienti: "Hai sempre desiderato avere informazioni sul nostro cibo? È la tua occasione!".  A rispondere alla questione posta da Isabel M. è Hope Bagozzi, direttore marketing di Mc Donald's Canada, che per mostrare in totale trasparenza la qualità dei proprio panini si è recata direttamente presso gli studi che curano la campagna pubblicitaria per documentare il back stage dello spot. Scopriamo così che il Big Mac dell'immagine non è riprodotto con photoshop, ma è reale ed è il risultato di un accurato lavoro di composizione effettuato da un food-stylist (una professione sconosciuta ai più), da un fotografo e un imaging specialist.
L'addetto all'immagine del panino non fa altro che cucinare con cura e precisione i vari alimenti che lo compongono e assemblarne le parti; gli ingredienti  - assicurano - sono gli stessi utilizzati nei negozi: pane, cipolla, senape, kecthup, cetrioli, formaggio fuso e carne di bovino. La differenza sta solo nella posizione in cui si trovano gli alimenti. Se nell'hamburger acquistato nel punto vendita gli ingredienti si trovano tutti al centro per un'ovvia questione di praticità, in quello della pubblicità sono posizionati volutamente all'esterno, quasi in bilico. Stesso discorso vale per la consistenza e l'estetica: il panino del negozio è fatto in circa un minuto, quello dello spot richiede ore di lavoro e così tanta meticolosità che il ketchup viene aggiunto alla fine con una siringa e il formaggio fuso al momento con uno speciale coltello piatto riscaldato.
Poi, certo, l'immagine viene leggermente ritoccata a computer e vengono tolte le imprecisioni e i difetti naturali del cibo, ma quello del foto-ritocco è un passaggio obbligato per qualsiasi prodotto pubblicitario. Anzi, a vedere le immagini dei due hamburger a confronto, quello patinato dello spot è forse meno appetibile. Troppo perfetto.

napolitano predica bene ma razzola male Trattativa Stato-mafia, 20 anni fa per Napolitano il Colle si poteva attaccare

ritorno ancora vedere qui il post precedente    sulle la  smentita  ( anzi pseudo  smentita  ) di Napolitano sulle trattive  tra stato & mafia . Visto  che  non


preferisce scendere  a compromessi  o trattare  come dicono molti con essa

Trattativa Stato-mafia, 20 anni fa per 

da  http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/06/23/

Napolitano il Colle si poteva attaccare

Il presidente della Repubblica attacca i giornali che parlano di sue pressioni nelle indagini sul patto segreto tra istituzioni e Cosa nostra: il Capo dello Stato non va attaccato, è la linea del Quirinale. Ma nel 1991 era lui a scrivere sull'Unità un duro articolo contro il suo predecessore Francesco Cossiga

Bei tempi quando al Quirinale c’era Francesco Cossiga. Politici e giornalisti potevano dire di tutto sul Presidente, e quando qualcuno provava a fare il corazziere di complemento veniva travolto da autorevoli padri della Patria, schierati come un sol uomo in difesa della libertà di opinione e di stampa. Il Fatto Quotidiano non c’era ancora, purtroppo. C’era invece Giuliano Amato, vicesegretario socialista, braccio destro di Bettino Craxi. A lui nemmeno allora andava giù che si criticasse il Colle. Disse un giorno: “Il capo dello Stato è oggetto di un’autentica campagna che, a ondate successive, persegue l’esplicito scopo di destabilizzare le istituzioni”.

DUE GIORNI FA Napolitano ha rispolverato la formula utilizzata 21 anni fa dall’amico socialista: “Si è alimentata una campagna di insinuazioni e sospetti nei confronti del presidente”. E ancora ieri sera l’Ansa ci segnalava che “i collaboratori del presidente si interrogano su chi possa esserci dietro, sulla regia dell’operazione”. Stesse parole, contesti simili. Nella primavera del 1991 la Prima Repubblica agonizzava sotto i colpi dell’antipolitica (Lega Nord, referendum elettorali di Mariotto Segni), i partiti strologavano di riforme istituzionali in senso presidenziale e l’inquilino del Quirinale era nervoso. E se oggi Napolitano parla di “insinuazioni”, Cossiga, che era più scoppiettante, parlava di “miserabili insinuazioni”. Sarà forse per quell’aggettivo di troppo, e perché l’insulto era rivolto a lui, che Eugenio Scalfari parlò di “attentato alla libertà di stampa”. Ma erano altri tempi. Amato, ancora craxiano, era in minoranza. Le sue accuse contro le strategie destabilizzanti facevano inorridire i difensori della democrazia. Così il cronista politico de l’Unità Pasquale Cascella (oggi portavoce di Napolitano) intervistò il presidente dei senatori Dc, Nicola Mancino, e gli alzò la palla con maestria: “Qui girano sospetti di un complotto…”. E Mancino, che allora al Quirinale non si poteva neppure avvicinare, perché Cossiga quando invitava i maggiorenti Dc lo lasciava fuori, schiacciò la palla come compete a un vero democratico : “Allora, Amato farebbe bene a fare nomi e cognomi dei complottatori. Per quanto ci riguarda l’idea di una nostra compartecipazione al complotto è semplicemente ridicola”. L’intervista uscì sul giornale fondato daAntonio Gramsci il 2 maggio 1991. E quel giorno lo scontro diventò incandescente.

A fianco di Mancino, e contro Amato, scese in campo, ebbene sì, Giorgio Napolitano, firmando un duro articolo destinato alla prima pagina de l’Unità. La sua linea su Cossiga ipotizzava tre strade: l’impeachment, le dimissioni volontarie, o la decisione del presidente della Repubblica di “astenersi da interventi impropri”. L’altezza del Colle non lo intimoriva certo. E per l’amico socialista furono sonori schiaffoni. Scrisse il futuro sacerdote dell’intoccabilità del Colle (se occupato da lui): “C’è da chiedersi a chi possa giovare il sempre più ostentato schierarsi del Psi come ‘partito del presidente’, contro tutti i supposti protagonisti e complici di un presunto complotto contro il capo dello Stato”.

E ANCORA: Cossiga, “è purtroppo attivamente coinvolto in una spirale di quotidiane polemiche, di difese e di attacchi di carattere personale e politico, fino alla sconcertante e francamente inquietante distribuzione di etichette e di voti a giornali”. Poi il colpo finale al povero braccio destro di Craxi: “Perché Amato non confuta nel merito le tesi di chiunque tra noi, come sarebbe legittimo, anziché emettere indistinte denunce, riferendosi a una campagna contro il capo dello Stato che sarebbe stata promossa non si sa bene da chi e per quali calcoli, e di cui sarebbe partecipe il Pds? Non ci si risponda con la facile formula del ‘partito trasversale’”. E infatti Amato non evocò il partito trasversale, ma si limitò a evocare, con 21 anni di anticipo, l’asse Napolitano-Mancino: “Ho parlato di campagna, non di complotto. Spiace dover constatare che prima Mancino, poi Napolitano ritengano che si tratti della stessa cosa”. Proprio come oggi. Campagna, complotto, notizie, tutto uguale, tutto sbagliato, tutto vietato. Che nostalgia dei tempi di Cossiga, quando la libertà dei giornalisti era difesa da Napolitano.

accuse a napolitano sulla trattiva con la mafia per spianare la strada al decreto salva ruby e nuovo bavaglio intercettazioni ?

è vero che Napolitano non sarà uno stinco di santo e che ha molti scheletri nell'armadio  come quello  di aver  fatto  approvare con la  sua  astensione  , insieme ad altri 3  ,  in cambio  di  rai3  al Pci  , il decreto  d'urgenza fatto dal Caf /  Craxi , Andreotti , Forlani )   salva frequenza  mediaset   negli anni '80   ed  in particolare   queste  ultime  accuse  vere o presunte  che  siano ,  sulla  trattica  tra mafia e stato  . Su cui  la smentita  è  una  smentita    che  non convince (  e non smentisce  ma lascia solo dubbi  )   , perchè chi smentisce solo dicendo che sono   cose  prive di fondamento e  di logica  , ma non argomentano punto per punto , e come se si nascondesse o confermasse indirettamente le accuse ) . Ora  è vero che  in un paese  dove  un alta carica    come questa è solo sospettato  dovrebbe dimettersi e non aspettare   che lo  gli venga chiesto 






Micromega intervista il fratello del magistrato assassinato dalla mafia: "È sconvolgente che al Quirinale si dia ascolto a chi come Mancino cerca di frenare quei magistrati coraggio che indagano sulla trattativa tra Stato e mafia. Parlare addirittura di avocazione o di accorpamento delle indagini significa una cosa sola: si vuole fermare il lavoro della Procura di Palermo. Che questo avvenga dalla più alta carica dello Stato è una cosa estremamente grave e non può che portare a una sola conseguenza: l'ipotesi di impeachment per il Presidente della Repubblica. Fino a quando non sarà cancellato il peccato originale di una Seconda Repubblica fondata sulle stragi del '92 e '93 l'Italia non potrà mai dirsi un paese democratico e civile"






Ma  mi  sembra il caso che queste accuse  vere  o presunte  ci  penserà  la magistratura  ad appurarlo    capitano a fagiolo e contemporaneamente  ( forse cercano pressioni  e  compagnia \ inciuci )         altrimenti  non riescono a  farlo   alla richiesta  del centro  destra  di leggi.u anti intercettazioni e  modificadi quella  sulla corruzione    per  salvare  il presidente   dal  troiumine  sex  ruby  
.Infatti   qui lo si vuole deligittimare proprio come si fece con l'altro presidente  della  repubblica  Osar Luigi Scalfaro  (   ambiguo secondo alcuni   di spessore  secondo altri   )   le  cui  accuse rivoltegli non riguardavano interferenze nelle indagini, bensì   accuse di corruzione  cioè aver  preso soldi  da servizi  segreti   cioè da parte del SISDE  



Ma  A differenza  dell'altro sepolcro imbiancato  seppe  con il discorso  sopra  riportato  difendersi  e  far  diventare sul nascere  la campagna di fango  mediatico  . Ora  secondo il mio amico   Daniel Mapex  : <<  (....)  Non importa che le intercettazioni abbiano o meno rilevanza penale, conta il dato politico, ossia che è scarsamente credibile. Per questo negli USA sarebbe già all'impeachment (...)  >> Su  cui non concordo completamente  perchè si   è vero meriterebbe l'impeachement  o si dovrebbe  dimettere perchè  è  un fatto grave  che un' alta  carica  riceva  accuse  gravissime e pesanti    , ma mi sembra strano la tempistica con cui sono uscite queste notizie , proprio in contemporanea con : 1) la richiesta da parte del centro destra e l'accettazione del ministro di giustizia di una severa legge sulle intercettazioni ., 2) di cambiare la legge sulla corruzione proprio isulla precrezione e sull'attribuzione del reato

22.6.12

Il poeta "terrorista", quante ne dobbiamo sentire ancora?


Così i Servizi segreti, schedarono il cantautore:


Il De André Fabrizio?
"Terrorista, anarchico e cantautore"



di Matteo Tassinari
Viene da sorridere... Uno canta (e in che modo poi) la pace, la conclusione di ogni guerra per tutta la sua vita, i soprusi dei più deboli e dove va a finire? Sul taccuino "nero" dei Servizi segreti antiterrorismo italiani. Mi pare logico, secondo le regole poche, ma ferree (come le idee) degli apparati statali dediti alla sicurezza dell'Ordine (e disordine) targati anni '70. Verrebbe da ridere, se non fosse che è tutto vero. (a chi interessa il prosieguo è al http://mattax-mattax.blogspot.it/).

20.6.12

...senza titolo....







Stella d'oro,

stella fragile,

stella di quiete,
sorridi, una notte,
conforta i cuori sdruciti,
abbandonali
in una culla d'arpe.


Morte a perdere di daniela tuscano


E' Calabria e sembra Africa. Ma senza alcuna cartolina. Dev'essere così l'inferno: una landa senza futuro e priva di passato, una distesa di nulla. Un cane randagio, scalcagnato, avanza nel sole. Le gambe rachitiche nell'irrespirabile aria ciottolosa.
Non sa nemmeno perché finisca dentro quel bidone di catrame. Forse inseguiva qualcosa: una farfalla, un segno alato che interrompesse, con qualche indecifrabile poesia, la monotonia di quella linearità atroce. Resta intrappolato. Nemmeno si dibatte, nel vischio nero: sa solo supplicare, con quel guaito prolungato. Che non si capisce se sia dolore o abitudine. I nessuno come lui si odono solo nel lamento.
Ma, stavolta, non si può ignorare. Piange e sembra che, con lui, pianga il mondo. Accorrono, gli umani. Chiamano un veterinario. Ma questi, constatata la sua non appartenenza, lo abbandona al suo destino. Il cane è privo di padrone. Non esiste.
Flette il capo, sotto il sole. E' lentamente crocifisso. Paga lo scotto d'una libertà incomprensibile. Prigioniero, più che del bitume, dell'indifferenza. E' solo come un cane: un numero in meno. Non occorre nemmeno disfarsi della carcassa: già si trova in uno scarico. Muore per una ricerca di felicità. A lui è stato concesso solo un allucinato presente.

Cane nel catrame, i veterinari di Reggio Calabria lo lasciano morire


Leggendo  su nocensura  ma  che razza di   questa  storia  mi  chiedo con una domanda ovvia e da una risposta  ovvia  e scontata    veterinari sono questi  ?   .  Io  ho scritto  tutto la mia indignazione  , come suggerito dallo staff  del sito in questione  . Però , però per  non abbassarmi  a volgarità  gratuite ed insulti personali   e generalizzati  (  perchè  ci sono  anche dei veterinari  che fanno  il  loro dovere   egregiamente  e sanno distinguere  al regola dall'eccezione  e  non hanno , come questi il cuore  di ghiaccio e   di burocrati  )













"Cane nel catrame, i veterinari di Reggio Calabria lo lasciano morire" Che un veterinario si comporti in quel modo, non è ammissibile. Non ci sono giustificazioni. Invitiamo tutti gli amici degli animali a scrivere una email al Sindaco di Reggio Calabria, al Presidente della Regione e all'Ufficio Relazioni Pubbliche dell'ASL di Reggio Calabria, con preghiera di inoltro alla Direzione Sanitaria. (sul sito non è indicato l'indirizzo email della sezione Veterinaria)
PER RENDERE VELOCE L'INVIO, ABBIAMO PREPARATO UN BREVE TESTO, DA FIRMARE CON NOME, COGNOME E CITTA'.
Questi gli indirizzi a cui spedire:
IL TESTO:


Alla cortese attenzione di:
- Sindaco di Reggio Calabria, Demetrio Arena
- Ufficio Relazioni Pubbliche ASL Reggio Calabria, con preghiera di inoltro alla Direzione Sanitaria.
- Presidente della Regione Calabria, Giuseppe Scopelliti
Con la presente, vi invitiamo caldamente ad assumere severi provvedimenti punitivi nei confronti del Veterinario che, stando a quanto riportato da numerosi testimoni, dopo esser intervenuto su chiamata dei cittadini per soccorrere un cane finito inavvertitamente in un bidone di catrame, lo ha abbandonato senza soccorrerlo dopo essersi reso conto che si trattava di un randagio sprovvisto di microchip. Tale comportamento, crudele e assolutamente irrispettoso della vita di un animale è ancora più grave perché compiuto da un veterinario e non può essere tollerato.
Vi prego altresì di riferire pubblicamente sui provvedimenti che intendete assumere: non ci dimenticheremo di questa storia e pretendiamo GIUSTIZIA, un soggetto come quello NON PUO' fare il veterinario.

Distinti saluti

NOME COGNOME CITTA'.
-----------------------------------------------
SUL SITO WEB DELL'ASL DI REGGIO CALABRIA - SERVIZIO VETERINARIA - NON è PRESENTE NESSUN INDIRIZZO EMAIL A CUI SCRIVERE, PER QUESTO MOTIVO SUGGERIAMO DI SCRIVERE ALL'URP. (UFFICIO RELAZIONI PUBBLICHE)


SE QUALCUNO PERO' VUOLE FARSI SENTIRE TELEFONICAMENTE, I RECAPITI SONO QUESTI:
Via Troncovito Gallico Superiore - Reggio Calabria
Direttore: Dr. Mario Marroni
Tel. 0965/347187
Dirigente Veterinario: Dr. Filippo Crucitti
Tel. 0965/347182
Dirigente Veterinario Referente Anagrafe Bovina:
Dr. Francesco Laganà
Tel. 0965/347183
Ispettore:
Sig. Francesco Riso
Tel. 0965/347178
Segreteria: Tel. 0965/347184/5 Tel/fax 0965/347186

Dopo  questa  breve  elucubrazione  eccola  storia  

Un cane è finito inavvertitamente in un bidone di catrame: i cittadini allertano le autorità, il veterinario - dopo un lungo periodo di attesa - si presenta sul posto: vede che il cane è un randagio, che non ha il microchip: volta le spalle e se ne va, lasciandolo morire agonizzante. Salvarlo sarebbe stato facile, e sapere che a FREGARSENE è stato un VETERINARIO, coloro che dovrebbero PER PRIMI volere bene ai cani, fa ancora più arrabbiare.
CI AUGURIAMO CHE SIA IDENTIFICATO E PUNITO SEVERAMENTE, deve essere rimosso tempestivamente dall'incarico di veterinario, un soggetto senza cuore come questo non può fare quella professione!
Questa mattina abbiamo pubblicato un articolo e un'immagine su Facebook dedicata agli amici a 4 zampe, per sensibilizzare sul non lasciarli in auto, sotto il sol leone, visto che ogni anno accadono vicende di questo tipo... 

Staff nocensura.com


Di seguito l'articolo sul fattaccio:
Una scioccante storia proviene da Reggio Calabria e riguarda, nuovamente, un caso di crudeltà contro gli animali. Un povero cane è rimasto suo malgrado intrappolato in un bidone di catrame, ma gli addetti veterinari interpellati dai passanti si sono rifiutati di intervenire, lasciando l’animale alla morte. Dura la reazione dell’ex Ministro Michela Vittoria Brambilla: «Chi ha sbagliato paghi».
Il tutto è avvenuto a Sambatello, una frazione di Reggio Calabria, dove un randagio – forse nel tentativo di superare un recinto – è caduto in un bidone per la raccolta del catrame. Rimasto bloccato e impossibilitato a muoversi, i primi soccorsi sono arrivati dai passanti, i quali hanno prontamente chiamato i veterinari dell’Asp. L’incaricato sopraggiunto sul luogo però, certificando l’assenza di microchip impiantato sottopelle, ha deciso di lasciarlo morire perché non regolarmente registrato. Poco importa della dignità di un essere vivente e chissà che l’esemplare non fosse tatuato sulla zampa inferiore, ovviamente invisibile perché sprofondata nel bidone.
Basite tutte le associazioni per la difesa degli animali, come ENPA, LAV, Lega del Cane, Leidaa, Oipa, Chiliamacisegua, rappresentate nella Federazione Italiana Associazioni Diritti Animali e Ambiente. In una nota si esprime sgomento e la richiesta di provvedimenti per chi si è reso responsabile di questo comportamento disumano: 
«Colpisce la sostanziale indifferenza con cui le autorità preposte dalla legge a intervenire quando i cittadini segnalano la presenza di un animale in difficoltà, hanno lasciato morire questo povero cane. La bestiola è rimasta infatti per ore a guaire e lamentarsi, ma nessuno di coloro che avrebbero dovuto almeno provare a trarlo in salvo ha fatto qualcosa per toglierla da quella trappola. E dopo ore ed ore di atroce agonia l’animale è morto. Dov’erano le istituzioni? E i cittadini? Se è mancato il senso del dovere, che fine ha fatto il buon cuore? Fatti simili non sono accettabili e denotano la più totale mancanza di civiltà e di sensibilità.»
E pensare che, per quanto non semplicissima, l’operazione di salvataggio avrebbe potuto portare al completo recupero del cane. Ma, a quanto pare, i soliti cavilli burocratici e la completa mancanza di buon senso hanno avuto la meglio.

19.6.12

Il nuovo che avanza. il neodeputato Adinolfi del PD: "Fornero ok! Ora legalizziamo il poker live"


perchè npn si trasferisce  negli Usa . ?









Dopo aver piantato un polverone pur di entrare in un parlamento ormai delegittimato e per i soli pochi mesi che mancano al suo sciogliemento, chiedendo a gran voce le dimissioni del deputato Tidei (eletto sindaco di Civitavecchia), ecco le ricette che il neodeputato Mario Adinolfi vuole portare avanti in questo breve scorcio di legislatura:  "Sosterrò Elsa Fornero e chiederò la legalizzazione del poker live".
Insomma, non era forse meglio che restava ai tavoli di poker (il neoparlamentare del PD è un noto giocatore di tornei di poker), piuttosto che finire ai tavoli della politica?

18.6.12

progettare ed imparare a costruire una casa ecologica ed economica in sardegna

catturata dal tgr sardegna del 16\6\2012

In sardegna in tempo di crisi e di perdita di lavoro un gruppo di giovani ha creato anzi stà creando perchè il progetto è in work progress e d aperto a tutti gli interventi e alle condivisione delle idee un progetto di costruzioni ecologica . Ecco in sintesi di cosa  si tratta  . Articolo  presa da http://www.stilenaturale.com/
Progetto Barega: Bio Architettura per un Gruppo d’Azione  Un laboratorio aperto (all’aperto!) per abitare e costruire sostenibile ed economico in Sardegna, tutto fatto a chilometro zeroBarega è una località nel sud-ovest della Sardegna ed è stato scelto da un gruppo di giovani come nome per un progetto di condivisione dei saperi sull’abitare sostenibile. 
«Barega è diventato l’acronimo di “Bio Architettura Rete Economica Gruppo d’Azione” ed è un progetto - raccontano Giampietro Tronci ed Emiliano Pinna, due dei promotori - nato per diffondere una nuova consapevolezza e nuove opportunità legate al tema dell'abitare, in uno dei territori economicamente e socialmente più problematici dell’Isola, come il Sulcis-Iglesiente».


   Un momento del lavoro nel laboratorio all'aria aperta


IL tutto nasce dall’idea di Giampietro di costruire una casa ecologica ed economica nel suo terreno di Barega. Attorno a questo progetto si è formato un gruppo di persone, poi costituitosi in associazione che nei mesi ne ha concepito uno ancora più ambizioso: «vogliamo trasformare la realizzazione di un edificio eco-compatibile in occasione di condivisione, formazione, aggregazione e convivialità, che sia dal punto di vista ideale che temporale vada oltre la semplice realizzazione stessa del manufatto».





Una parte del prototipo abitativo del Bio Architettura Rete Economica Gruppo d’Azione

Fino a settembre, si svolgeranno vari seminari formativi che accompagneranno le fasi del cantiere della casa, o meglio del “prototipo abitativo”, come precisano Giampietro ed Emiliano, che rappresenterà l’opportunità per diffondere e sperimentare tecniche di costruzione con materiali reperibili a chilometro zero. E sarà un modo per far festa, dal momento che insieme ai workshop si terranno degli eventi collaterali come concerti, mostre d’arte e mercatini di acquisto e baratto. «Il progetto ha attirato l’interesse di importanti attori del settore come l’Associazione Nazionale Architettura Bioecologica, l’Associazione Nazionale Città della Terra Cruda, diversi ordini professionali, imprese di costruzioni e produttori di materiali per la bioedilizia e siamo convinti che i saperi coinvolti nel progetto possano essere capitalizzati e condivisi, fino a creare un format operativo replicabile in qualsiasi luogo».
Il progetto è aperto a tutti e muta continuamente in funzione di nuove idee e spunti:chiunque si riconosca nella filosofia può partecipare, magari semplicemente come allievo dei workshop oppure più attivamente aiutando nell’organizzazione degli eventi o arrivando addirittura a prendere parte alla progettazione delle soluzioni tecniche. «L’obiettivo ultimo dell’associazione - continuano Emiliano e Giampietro - è fare in modo che nel territorio sia i singoli che le piccole imprese artigiane imparino nuovi modi di edificare e riscoprano vecchie tecniche di cui si è persa memoria, unendo il “saper fare” e le risorse locali. Per costruire spendendo molto meno per i materiali, favorendo l’economia locale, risparmiando energia, rispettando l’ambiente e con risultati eccellenti per quanto riguarda il comfort abitativo e la qualità di vita».

Info: 

La discesa


Centoquaranta giorni estremi. Di vita, di resistenza, di ferraglia. Centoquaranta giorni dall'alto, di fronte a un panorama di gomitoli bigi, in un'altezza che non sfiorava il cielo. La bandiera è stata arrotolata e Stanislao ha toccato nuovamente terra. La sua battaglia si è conclusa. Forse. 

A lato: il sindaco Pisapia in compagnia dei lavoratori Treninotte durante le feste pasquali 2012
.
Stanislao era l'ultimo dei dipendenti della Wagon Lits, i treni-notte soppressi lo scorso dicembre. Da allora era salito sul traliccio assieme ad altri compagni. Da lassù, guardava scorrere i serpenti grigi e la sua vita filante. Li sentiva fischiare e la mente correva dalle sabbie infuocate ad ali di gabbiano, ad albe irrorate di sole, a ottocenteschi tramonti. L'Orient Express, chissà.
Lui non si fermava mai. Per questo, il 10 giugno, quando li hanno reintegrati tutti, Stanislao era rimasto in alto. "Perché ancora trenta lavoratori rischiano il posto", spiegava. Fin quando il caldo non l'ha vinto. Non la solitudine, perché uno come Stanislao non ha timore di sé stesso. Quella torre futurista era diventata il suo confessionale, il suo specchio, l'albero su cui si arrampicava da bambino.
Adesso la canicola fiacca Milano, e anche questo è normale, questo untume appiccicoso che tutto travolge. Ma la torre, io la vedo sempre gelida, come la prima volta, in due ore piovose. Muta e sordida, monumento di moderne schiavitù. Ma Stanislao l'ha promesso: tornerà presso quel gigante scuro. Lo farà per quei trenta colleghi. Lo farà per i suoi occhi di stelle. Lo farà per i fulgidi raggi di sole.

Memorie di un tossico 1979 33 anni dopo di Matteo tassinari







Serpico a Forlì


di Matteo Tassinari


Stavo sbollendo uno dei miei tanti sballi in piazza Saffi, quella centrale, sotto i portici della chiesa san Mercuriale. La mia residua attenzione fu rapita da una serie di camionette di Vigili Urbani e Questura e auto in borghese più un blindato per eventuali viaggi verso le prigioni. Ai miei occhi, già di loro espressione di una forte alterazione in corso, sembrava di assistere allo sbarco in Normandia. In realtà era una delle tante retate del corpo Vigili Urbani sezione antidroga, capitanata da un certo Tatti che aveva sollecitato anche la Polizia capitanata dal commissario De Viola


Una psiche malata



Lo chiamavamo Serpico (o Eliminatore) e come tutte le uniforme eravamo rifiuti tossici. Si pavoneggiava a tutore impavido della legge, tracotante, aggrovigliato nelle proprie forsennate pulsioni da capo-branco o mandriano, destinato a perdersi nei confini devastati della sua realtà in una ciurma mal sana. Una fiumana infinita e ardimentosa di prodi temerari, manco fossimo dei narcotrafficanti. Aspirava a salire di grado, Tatti, perché si sentiva il più in gamba. Per assicurarsi uno scatto di carriera si dedicava a giochini di cui era maestro: trucchi, anche abietti, per danneggiare e confondere eventuali rivali. Tatti era un umiliatore per vocazione. In lui, era innato il senso del potere ‘sbirresco’, nel senso più deleterio del termine, quello che ti fa sentire un Eliminatore per giustizia personale e sociale, quindi autorizzato dalla società civile. Un'Eleminatore legale. Una razza orribile che avrei preferito non conoscere mai




Federico Aldrovandi, ucciso la notte del 25 settembre 2005 per arresto cardio-respiratorio
e trauma cranico-facciale dopo una "collutazione" con una pattuglia della polizia di Ferrara.


Vè, c'è un asino che vola


Un uomo prigioniero di una cervello arroventato, vittima della propria personalità patologicamente scissa. In tanto baccano mentale, penso che si sia fatta ampio spazio l’idea che la verità umana di noi tossici, non poteva che essere cacata, stracciata, deforme e falsa. In tale luridume psichico, c’era posto solo per l’inutile ragionevolezza che proveniva dalle sue viscere più interne... (a chi interessa il continuo di questa post, clicchi qui altrimenti, tanti saluti http://mattax-mattax.blogspot.it/ )

17.6.12

è necessario un nuovo concilio di trento ? la chiesa allo sbando .



mi sa   che  quest'articolo  ha  ragione  è la stessa impressione   che  ho  avuto  anch'io ,ma  non riuscivo a trovare le parole per  dirlo . Quando questo bellissimo articolo mi  è venuto  incontro  


IL CONCILIO DI TRENTO È FINITO. DOPO 5 SECOLI
giugno 17, 2012

Corriere della Sera La Lettura 17 giugno 2012



Prospettive
II problema non sono i corvi vaticani ma il ribaltamento delle pratiche devozionali
Il Concilio di Trento è finito. Dopo 5 secoli
Non regge più il modello organizzativo centralistico e parrocchiale definito nel ’500
Ora la Chiesa rischia di diventare una confederazione di movimenti in lotta tra loro

di Marco Rizzi

. . .

Sarebbe un errore collocare le vicende rese pubbliche dai «corvi» vaticani sul ritmo breve della cronaca. Occorre misurarsi con i tempi lunghi propri della Chiesa cattolica; si assiste, infatti, all’esaurirsi del modello di chiesa elaborato dal Concilio di Trento alla metà del XVI secolo, che il Concilio Vaticano II ha cercato di aggiornare ai profondi mutamenti intercorsi nei secoli successivi.
Dottrina e disciplina erano le parole chiave del Tridentino: l’univocità dei contenuti della fede, compendiati nel catechismo emanato nel 1566 da Pio V, si accompagnava alla puntigliosa regolamentazione dell’amministrazione dei sacramenti e di ogni altro aspetto della vita religiosa, sino ad allora segnata dalla varietà delle liturgie, dei culti e delle esperienze (dai pellegrinaggi alle più diverse confraternite laicali), caratteristica dell’epoca medievale. Grazie all’obbligo di osservare in tutte le chiese il calendario e la liturgia romani (fece eccezione solo il rito ambrosiano), il fedele viveva una esperienza totalizzante dello spazio e del tempo: il suo orizzonte immediato era la parrocchia — che non a caso teneva sino alla riforma napoleonica i registri di nascita, matrimonio, morte — ma la partecipazione alla messa domenicale e ai vari periodi dell’anno (Avvento, Quaresima, Pasqua) lo inseriva in un flusso che si allargava a tutto il mondo e all’eternità.
La Curia romana era al centro di questo disegno: da corte di un sovrano territoriale si trasformò in un vero e proprio organismo di governo centrale di una realtà enorme e complessa, dotata di una burocrazia specializzata che estendeva il suo controllo sino all’ultimo dei sacerdoti. Una burocrazia che garantì alla Chiesa cattolica d’instaurare un rapporto dialettico, non subalterno né conflittuale, nella competizione con gli emergenti Stati nazionali per il controllo degli individui, al tempo stesso fedeli e sudditi.
Il modello tridentino è valso per cinque secoli, reggendo anche alla prima ondata di secolarizzazione che nel XVIII secolo seguì all’Illuminismo e alla rivoluzione francese; esso iniziò a mostrare crepe solo nel secondo dopoguerra, con la cultura di massa e la possibilità di sperimentare, accanto a quelli tradizionali, nuovi modelli di vita e di gestione del tempo. Il Vaticano II ha provato a rispondere a questa mutata situazione, conservando l’impianto tradizionale di dottrina e disciplina del culto, cercando però di accorciare la distanza tra centro e periferia, tra esperienza quotidiana del fedele e respiro eterno della fede; vanno intese in questo senso la riforma liturgica con l’uso delle lingue volgari (sempre però nell’ambito di un rito universale), l’attenuazione dell’ideologia gerarchica che aveva sin lì dominato il rapporto tra fedeli e clero (con l’universale chiamata alla santità), la stessa riforma della Curia.
L’aggiornamento si è scontrato con l’accelerazione dei processi di secolarizzazione degli ultimi cinquant’anni; con il «ritorno del sacro» di questi ultimi tempi, è così emersa una religiosità di ascendenza quasi medievale, basata sulla spontaneità e l’eccezionalità dell’esperienza religiosa, coniugata con i caratteri propri dell’epoca tecnologica. Come mostra anche il saggio di Marco Marzano Quel che resta dei cattolici (Feltrinelli), l’ordinata pratica religiosa parrocchiale si è svuotata, sostituita da pellegrinaggi, culti particolari, esperienze legate a personalità carismatiche; la catechesi settimanale è stata sostituita dal flusso ininterrotto delle radio mariane o della televisione dedicata a Padre Pio, e la reliquia del santo è stata rimpiazzata dalla foto scattata col telefonino al santuario. Giovanni Paolo II lo aveva intuito; da lui hanno preso avvio i pellegrinaggi legati alle Giornate mondiali (della famiglia o della gioventù), l’aumento delle canonizzazioni e la riduzione dei tempi richiesti (il grido «santo subito», risuonato al suo funerale, ricorda l’acclamazione popolare che portava all’elevazione agli altari in epoca pre-tridentina), la concentrazione nella sua persona di una valenza carismatica più che istituzionale. In questo quadro, si è pensato che i nuovi movimenti ecclesiali, sganciati dal tradizionale riferimento territoriale, potessero rappresentare una soluzione, rinsaldando i fedeli nella dottrina e nella disciplina, di fronte alla secolarizzazione.
In altri tempi era accaduto qualcosa del genere, basti pensare ai francescani e agli altri ordini mendicanti medievali. Tuttavia, anche se spesso in competizione tra loro, questi apportavano risorse, simboliche e materiali, al Pontefice quale vertice di una Chiesa ancora poco strutturata al centro; ora, invece, in presenza di un governo e di un Pontefice istituzionalmente forti, i movimenti sembrano piuttosto rivaleggiare per appropriarsi di tali risorse, a danno del corpo complessivo della Chiesa; esempi significativi, in ottica ancora tridentina, sono le richieste di liturgie proprie o la creazione di seminari sottratti alle diocesi. In questo modo, la deriva settaria è sempre in agguato. La stessa Curia romana, come ogni burocrazia in difficoltà nell’individuare con esattezza l’oggetto del proprio governo, tende a consumarsi in conflitti interni e a tutelare posizioni particolari, pur affermando di farlo in nome del superiore interesse del Pontefice.

La Chiesa cattolica deve quindi ripensare se stessa. Un po’ brutalmente, si potrebbe dire che può scegliere. Ridursi a una confederazione di sette, come le denominazioni evangeliche anche se su scala ben maggiore, o fare tesoro di una tradizione che l’ha percorsa dall’antichità al Medioevo: comprendere al proprio interno risposte molto diverse alle richieste poste dalla fede e dalla vita cristiana, quasi si trattasse di cerchi concentrici, accogliendole apertamente tutte, senza privilegiarne alcuna e indicando con dolcezza il percorso che dal margine più estremo conduce al cuore dell’annuncio evangelico. L’apertura di Benedetto XVI verso i divorziati, all’incontro delle famiglie a Milano, può essere letta come un passo in questa direzione.

Il Pontefice

Antonio Ghislieri (1504-1572) fu eletto Papa nel 1566 e assunse il nome di Pio V (nel ritratto qui sopra).
Nello stesso 1566 pubblicò il catechismo romano elaborato in seguito al Concilio di Trento (1545-1563)


L’inchiesta Marco Marzano «Quel che resta dei cattolici» (Feltrinelli, pp. 256, € 16)n