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Cinque anni fa, l'allora governo di centro-sinistra propose di cambiare la legge elettorale. Ecco come reagì la destra, persone senz'altro coerenti e in buona fede. (Per la cronaca, poi la sinistra la riforma elettorale non la fece, a differenza di quanto farà la destra adesso).



Esattamente il 4 ottobre 2000 (buon compleanno alla coerenza!) i quattro leader del Polo arrivarono a firmare addirittura un comunicato congiunto: "Non esistono più le condizioni tecniche e politiche che consentano di proseguire nel confronto. Sarebbe quindi inaccettabile se in questa situazione la sinistra pensasse di potersi fare da sola la sua legge elettorale".



Casini, leader di quell'Udc che chiede oggi di cambiare le regole del voto, ironizzava: "E' comprensibile che Rutelli voglia vincere le elezioni e proponga di cambiare la legge ma nel mezzo della partita non si cambiano le regole".



"Senza l'opposizione una nuova legge elettorale non si può fare", rincarava Fini.


"Le regole della vita di un Paese non devono esser imposte dalla sopraffazione parlamentare", s'inveleniva Schifani.


"Ci opponiamo a questo tentativo di golpe legalizzato! E' l'ennesima dimostrazione dell'incapacità di Veltroni e soci di accettare le regole di un confronto democratico!", ruggiva Maroni.


"Non si cambia la legge elettorale a colpi di maggioranza", ammoniva Tremonti.


"Questo è un profondo segnale di degrado istituzionale", discettava Urso.


"Non si azzardino a tentare di approvare da soli la legge elettorale. Mobiliteremo i gruppi parlamentari e gli faremo vedere i sorci verdi", azzannava Selva.


Quanto a Berlusconi, quel tentativo della sinistra lo indignava. "E' una legge per il suo bene e per il male del Paese! Siamo fuori tempo massimo e in campagna elettorale non si cambiano le regole!".


Per non dire della reazione di Bossi, cui va riconosciuto d'essere oggi forse il più prudente tra i soci. Ringhiava allora: "Non si è mai visto che chi comanda possa cambiare la legge elettorale a campagna elettorale avviata. Rischia di spaccare in due il Paese". E cosa dimostrava, questa idea ulivista? Quello che lui diceva da sempre: "Hanno la mentalità nazista. Ora possono dimostrarlo. Vediamo se avranno il coraggio di approvarsi da soli la legge".


Cinque anni dopo, in perfetta coerenza col capo, Roberto Calderoli sbraita: "Noi andiamo avanti!". Di più: il forzista Antonio Leone si spinge senza capogiri a dire addirittura che è l'opposizione "con un ostruzionismo cieco e la minaccia della piazza" a infliggere "un grave vulnus" alla democrazia. E mai nessuno che provi un brivido di imbarazzo



Gian Antonio Stella, Corriere della Sera


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