10.10.05

Senza titolo 869

 dalla  nuova  del 10\10\2005


Con i laboratori di Guspini torno a casa e apro bottega






Li chiamano “Laboratori di transizione” e sono unici in Sardegna e in Italia. Un’esperienza analoga è stata attivata solo a Bologna e ha per nome “Le botteghe di transizione”. A Guspini questi “laboratori” sono una bella realtà produttiva partita due anni fa, bisognerebbe clonarla in tanti altri villaggi dell’isola dei nuraghi. Gli amministratori non si sono limitati a creare zone artigianali e industriali confidando poi nel “si arrangi chi può”. No, sono stati ostetrici di impresa, hanno consegnato chiavi in mano un locale di tot metri quadrati a chi era in grado di produrre. E poco importa che sforni mobili, coltelli o ripari la carrozzeria delle macchine. Può anche occuparsi di verde pubblico e privato ma anche di cablaggio multifilo e di automazione industriale. L’importante è accumulare fatturato, contribuire a mettere in moto la macchina lenta dell’economia. Meglio ancora se a far richiesta di questi laboratori sono emigrati di ritorno. Sì, perché a Guspini gli emigrati tornano a casa e si industriano mettendo su bottega. Non staranno vita natural durante in questa pianura dominata dalla collina di Urràdili, nella zona detta Cortes’e Muccu. Firmano un contratto di cinque anni, pagano l’affitto, poi dovranno lasciare il posto ad altri imprenditori. E se apriranno un negozio, un’officina all’interno del paese riavranno il 70% del canone versato nel quinquennio. Il sindaco, Francesco Marras, 45 anni, diploma di assistente sociale, emigrato tra l’Olanda e la Lombardia prima di vincere un concorso per vigile urbano a San Gavino, è soddisfatto di questa scelta: «L’amministrazione, da sempre, crede nella validità del creare posti di lavoro produttivi, il Comune deve sostenere e incoraggiare chi vuol fare impresa e anche la consegna di un locale attrezzato è utile. Chi più a lungo sta nei laboratori comunali più paga. Noi ci auguriamo che tra qualche anno ci siano nuovi arrivi, abbiamo già oggi alcune richieste. Anzi, ne siamo convinti: perché gli imprenditori che si sono insediati in questi laboratori, dopo il rodaggio e la messa a punto, sono decisi a transitare verso attività autonome». E per il futuro? «Abbiamno avviato un progetto per realizzare altri laboratori, ne faremo tredici, la richiesta c’è e noi dobbiamo assecondarla». I “Laboratori di transizione” sono nati con i fondi del primo Pip (Piano di insediamenti produttivi) decollato in Sardegna e sono rappresentati da un grande edificio a due piani nella zona di Cortes’e muccu, sulla strada verso San Nicolò d’Arcidano. All’interno diversi stand, uno per ogni azienda. C’è di tutto, a dimostrazione della versatilità di chi ha voglia e capacità di creare impresa. I fratelli Simone e Matteo Muscas, 33 anni il primo 28 il secondo, hanno un laboratorio di falegnameria e sono soddisfatti. «Il lavoro non manca, è importante essere professionali e puntuali nelle consegne». Simone ha lavorato in Piemonte e in Emilia dove si occupava di panfili e barche: «A Torino presso la Azimut, a Rimini presso il cantiere navale della Sagittarius off shore. Ero addetto alle rifiniture, ai trafori delle plancie. Qui ho imparato la precisione, la cura dei dettagli, è stata un’ottima scuola. Appena ho saputo di questi laboratori messi a disposizione dal Comune sono rientrato al volo». È emigrato di ritorno anche il fratello Matteo, andato a cercar reddito in Toscana, alberghi e trattorie, pulizia di camere e aiuto in cucina. Vicino ai Muscas falegnami c’è innovazione tecnologica con la”Elettrosolar System” di Marco Marongiu, 51 anni. Qui lavora la figlia Marcella, 22 anni, qualifica di operatrice elettronica conseguita all’Ipsia. «Papà era in cassa integrazione dopo aver lavorato per anni nella Sarda Telecomunicazioni, alla Sielte e alla Catel. Dopo il licenziamento è andato nella penisola dove fu impiegato in una ditta che costruiva impianti di fibra ottica. Questo laboratorio gli ha ridato fiducia e le commesse arrivano, c’è da sgomitare con la concorrenza ma siamo fiduciosi». Un’altra falegnameria, quella di Davide Porta, 35 anni. «Ho lavorato per vent’anni nella bottega di Gianni Lampis, poi presso la Iter di Giovanni Ruggeri che commercia in legnami. E adesso l’attività in proprio cogliendo al balzo questa occasione offerta dal Comune. Faccio ciò che i clienti chiedono: dalla camera da letto alle cucine, da qualunque tipo di mobile alle scale interne alle abitazioni». Nello stesso filone c’è “Ambiente Casa”, di Denise Fanari, 31 anni. Anche lei è un’emigrata di ritorno: «Ho lavorato per dieci anni in Emilia, a Sassuolo, nel polo della ceramica più intraprendente del mondo. Ero in un’azienda che commercializzava piastrelle in tutte le regioni italiane ma soprattutto verso il Regno Unito e la Francia. È stata un’esperienza importante, mi ha fatto crescere, ho visto l’organizzazione del lavoro su scala industriale e mi è stata molto utile per l’attività che ho avviato adesso. È molto importante che nei nostri paesi riprenda vigore l’artigianato perché è in grado di favorire animazione economica a tutti i livelli». Old e anche new economy. Anche se restiamo sempre nel lavoro manuale, artigianale, ma con una marcia in più, orientata verso i mercati nazionali ed esteri. Onorio Caponi ha 37 anni, a scuola si è fermato alla terza media ma ha frequentato un’ottima pratica aziendale: «Sono entrato nel 1990 in un’azienda di cablaggi, ho frequentato contemporaneamente alcuni corsi di specializzazione a Ivrea ed eccomi qui a Guspini, alla Procol Srl, l’amministratore delegato è Maurizio Ciardelli. Ci occupiamo di cablaggi multifilo». Dove e come vengono utilizzati? «Solo per fare alcuni esempi: per i flash delle macchine fotografiche, per macchine che producono filati, per i quadri elettrici, per le strutture dei bancomat, dei computer, dei telefonini». Altro laboratorio e altra attività tradizionale. Questa è una carrozzeria per veicoli industriali, si fanno riparazioni e sostituzione di vetri, «dai tir all’utilitaria, lavori anche a domicilio», spiega Anacleto Vacca, 36 anni. Lavorava in Corsica, soprattutto tra Aiaccio e Bastia, «ma finalmente sono potuto rientrare a Guspini, questa opportunità non poteva essere sprecata, mi trovo bene, mi auguro di restarci il minor tempo possibile per consentire ad altri di avviare la propria impresa». Un po’ di creatività ha fatto sorgere “Cart’Idea” bottega dove si fa produzione e vendita di scatole di cartone. Forse è l’aziendina più giovane, nata a maggio per iniziativa di Andrea Nicola Cappai, 33 anni. «Facevo un lavoro analogo da un mio zio, sul viale Monastir di Cagliari, sto cercando di acquisire nuovi clienti, il packaging è abbastanza richiesto, gli spazi ci sono, mi auguro di poter crescere per poter creare anche un solo posto di lavoro, ne sarei strafelice». Ed è decollata anche la “Comart” di Marino Pilloni, tecnico di contabilità aziendale. Un altro emigrato di ritorno è Roberto Sibiriu, 46 anni: «Ho collezionato vent’anni di lavoro in Lombardia, soprattutto nell’hinterland milanese. Ero assunto da una ditta specializzata in isolamenti termici e acustici, in coibentazioni. Ero partito nel 1977 e sono rientrato nel 1996. Per un po’ mi sono guardato attorno e adesso ho colto la palla al balzo facendo partire la IsolSib, che sta per isolamenti Sibiriu. Lavoro anche l’alluminio, il rame, ho già due collaboratori. Questo è un settore dove si può crescere anche all’interno di questa nuova Provincia ma senza disdegnare lavori dovunque mi vengano richiesti». Non poteva certo mancare una specialità, anzi un’eccellenza locale. Ed ecco il laboratorio della “Coltelleria artigianale Guspinese” che ha innovato in Sardegna in questo settore che arriva la lontano. I titolari sono due signori di 46 anni, Efisio Spiga e Pietro Cossu. Quest’ultimo commercializzava i coltelli made in Italy, a Scarperia presso Firenze e a Maniago in provincia di Pordenone. Si è chiesto perché mai doveva vendere solo i cortelli prodotti oltretirreno. «Così ho deciso di metter su la bottega per fare anche da noi una produzione di tipo artigianale ma in serie. Naturalmente facciamo anche i pezzi interamente a mano, ci muoviamo insomma in base alle richieste del mercato. La produzione media è di 35 pezzi al giorno, all’anno arriviamo a duemila, abbiamo punti di vendita a Santa Teresa di Gallura, ad Alghero, e poi vendiamo direttamente ai negozi, senza intemediari». Le cose vanno bene. Tanto che in questo laboratorio a lavorare sono già in tanti. C’è Maura Dessì, mamma di due figli, prima di indossare la tuta blu di questa bottega ha frequentato un corso comunale di coltelleria. Con lei ci sono Giancarlo Piccioni, 26 anni, diploma di ragioneria e il fratello Antonello, geometra. Giulio Fanari è l’artista che disegna le sculture sui manici o sulle lame, è uscito dal liceo artistico di Cagliari, ha seguito un corso di intaglio sul legno”. C’è dell’altro. Giuseppe Pilloni e Cristiano Bimbati gestiscono la “Umc” attivandosi nell’automazione industriale. C’è una cooperativa, la “Viviverde” nata nel 2002 con quindici soci ridotti ora a nove. Leader del gruppo è Renato Forte, 49 anni, ex cassintegrato dell’Enichem di Sarroch, ex emigrato in Lombardia tra Milano e Como dove ha vissuto dodici anni. «Anche qui nel campo del giardinaggio c’è tanto da fare, si tratta soprattutto di far capire che il decoro urbano è necessario quando il decoro della casa del singolo cittadino. Il lavoro non ci manca, speriamo di poter consolidare la nostra attività». Nella stessa zona di “Cortes’e muccu” c’è anche un imprenditore - Adis Scopel di 57 anni - che osa già per conto proprio con un suo laboratorio privato. È un mastro birraio giunto in Sardegna da Seren del Grappa in provincia di Belluno. Figlio di una famiglia contadina, diploma all’istituto professionale per birrai, ha lavorato prima alla Pedavena, poi è stato tre anni in Germania, a Monaco presso la Hoffbraeuhaus, alla Kronen di Leverkusen nella Renania settentrionale, poi a Francoforte alla Henninger. Nel 1973 lo adocchia l’Ichnusa che aveva già lasciato lo stabilimento cagliaritano di via Bacaredda per traferirsi a Macchiareddu. E qui Scopel passa dodici anni come responsabile della produzione. Fino a quando decide di mettersi in proprio. Prima a Capoterra, adesso a Guspini «dove l’acqua è più abbondante e qualitativamente superiore». In omaggio all’epopea mineraria ha creato la “Birra Montevecchio”, venduta solo in spina. «Uso l’acqua locale, il malto d’orzo che acquisto a Pomezia dal gruppo Peroni, il luppolo che mi arriva dalla Germania o dalla Cecoslovacchia e il lievito dalla Germania. A Capoterra facevo la birra Dolomiti, ora nel nome l’ho sardizzata, e le cose mi vanno bene, l’attività mi consente di vivere». La birra “Montevecchio” viene offerta anche ai visitatori delle miniere del bacino di Guspini-Arbus. A proporla ai turisti è Ivano Quartu, 46 anni, leader della cooperativa “Promoserapis”, ex emigrato che ora parla bene inglese, tedesco, fancese e spagnolo. Faceva la guida turistica anche a Londra, in Svizzera, ha lavorato alle Seychelles dell’Oceano Indiano per la società On Time, è stato anche a libro paga di Franco Rosso. Ed ora eccolo qui a sperare che il Parco geomineraio diventi una realtà. Questa zona dove oggi sorgono i “Laboratori di transizione” ha una sua storia. Risale ai primi anni dell’Ottocento quando la panura di “Urràdili” era una palude. Un prete progressista di Santulussurgiu, Giovanni Antonio Carta, dottore in Legge, fu prima arrestato e poi esiliato a Guspini perché ritenuto un sobillatore. Anche qui continuò la sua missione cristiana e laica: aiutare i poveri, far prosciugare la palude, realizzare canalizzazioni, si lavorava con i carri a buoi. Bonificata la zona il vicerè ne rivendicò i beni ma “Predi Carta” vinse la causa e i terreni restarono ai contadini che li avevano migliorati. Sono questi i terreni dove oggi sorgono i “Laboratori di transizione”. Con un pioniere: Predi Carta.

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progetti della nuova task force del comune di Osilo  «Pronti a trasformare il paese»  «Edilizia, artigianato e turismo i nostri fiori all’occhiello»  
  
 L’idea è sicuramente ambiziosa ma si riassume in tre parole: trasformare il paese. Nasce da una presa di coscienza collettiva e carica d’allarme sulle condizioni attuali di Osilo lungo due versanti basilari: il fortissimo decremento di popolazione - da seimila a tremilacinquecento abitanti in pochi decenni - e la scarsa visibilità nel territorio. La voglia di “rivoluzione” è venuta a un gruppo di giovani soprattutto, di diversa appartenenza politica: la nuova maggioranza che da metà maggio governa il Comune va dai Ds a Forza Italia, fino ad An. Il sindaco - Nanni Manca - appartiene alla Margherita. «Il coinvolgimento del paese ci rincuora - dice -. Con le forze esterne tentiamo di fare grandi cose, senza di loro potremmo essere solo un’amministrazione mediocre. La collaborazione dei cittadini, nessuno escluso, è la base principale per ottenere buoni risultati». -Il primo obiettivo? «L’edilizia. Da decenni non si può costruire: fin dal 1967 sul nostro paese esiste il vincolo della Sovrintendenza. Sono passati quasi quarant’anni. Noi cercheremo di sbloccare questa situazion». -Ma come, se c’è ancora il vincolo?«Trovando spazi fuori dal centro storico, nelle zone di espansione contrassegnate burocraticamente con la lettera C.» -Che significa visibilità, per voi?«Tornare al centro dell’attenzione attraverso l’offerta turistica alternativa a quella del mare-spiaggia. Abbiamo un bel bacino di utenza che è la città di Sassari, la vicinanza al mare di Castelsardo, di Alghero e della costa di Valledoria. Ai turisti siamo in grado di offrire cultura, ambiente, paesaggio, castello, valle dei mulini, tradizioni equestri, costumi». -E anche formaggio di qualità. O sbaglio?«Noi abbiano ancora venticinquemila pecore. L’idea del formaggio a marchio dop (di origine protetta) era nata dieci anni fa. Nel 1998 avevamo stanziato dei soldi. Oggi abbiamo un consorzio con pochi produttori di cui il Comune è socio, però manca la promozione del nome di Osilo. Ci vogliono le vetrine commerciali. Vetrine di marketing. Oggi le chiamano alla francese, boutiques». -Un’altra delle perle di Osilo una volta si chiamava artigianato. Oro e pietre di pregio. Oggi?«Ancora, perché no? Abbiamo una fortuna, la presenza corposa di artisti in vari settori, dalla lavorazione del legno a quella dell’oro e delle pietre, fino alla pittura e alla creazione di coltelli antichi. Ottime manualità. Anche i nostri artigiani-artisti hanno bisogno di un supporto, ma il privato deve metterci del suo, non può aspettare solo il Comune». -Si parla tanto di turismo, però chi sale fin qui non trova neppure un albergo.Purtroppo è vero. La nostra idea forte è offrire una seppur minima capacità ricettiva. Per mangiare ci arrangiamo, per dormire ancora no. Lavoriamo per la prossima stagione: avremo una ventina di posti-letto come albergo diffuso. Offriremo pacchetti di due-tre giorni, comprenderanno un giro per le bellezze del paese e delle frazioni. Abbiamo acquisito delle case sotto il castello, arriveremo a cinquanta posti-letto». -Questo d’estate. E per l’inverno? Fa freddo, qui.«Pensiamo agli studenti universitari. A Sassari l’Ersu ha molte difficoltà e si rivolge ai paesi limitrofi. Noi abbiamo dato la disponibilità per i mesi invernali. D’estate nei vari pacchetti turistici metteremo questi alberghi». -Agriturismi?
«Ne abbiamo due, ma non dànno alloggio. Sono aziende agricole. I tempi debbono ancora maturare, forse. C’è, in verità, qualcuno che pensa ai bed and breakfast. Se lo fa uno e funziona, probabilmente gli altri seguono». -San Lorenzo, Santa Vittoria, le tanto decantate frazioni.  Quali sogni cullate?«Abbiamo bellezze che molti ci invidiano. Purtroppo alcune tra queste attrattive oggi sono impraticabili o invisitabili. Lo diciamo a malincuore, a partire dal castello, un bel pezzo di storia. La valle dei mulini è unica. Ma dalle domus de janas alle tombe dei giganti fino alle chiese campestri, si registra un abbandono completo. Con una sola eccezione: il restauro di un mulino a Santu Larentu. Lo ultimeremo entro l’anno. Dobbiamo partire da un minimo di fruibilità». -Come?«Creando un percorso unico che abbracci tutto o privilegiando gli itinerari tematici: archeologia, ambiente, mulini. Oggi il nostro castello è pieno di erbacce, il turista non trova nulla all’infuori del bellissimo panorama che si può godere dalla cima. Ma non siamo con le mani in mano: il nostro Comune partecipa ad un progetto europeo, Interreg 3 A, transfrontaliero, con la Corsica e la provincia di Livorno tramite la Comunità montana dell’Isola d’Elba. Con noi ci sono altri sette paesi: Codrongianos, Ossi, Putifìgari, Romana, Tissi, Uri e Usini». -Alla fine dell’Ottocento il poeta nuorese Sebastiano Satta cantava i cavalli di queste alture.«Da una quindicina d’anni la passione antica è tornata in auge. Anche troppo, dice qualcuno. Ma l’unico luogo in cui la si può coltivare è l’agriturismo di Antonello Ruiu. Però abbiamo un comitato tecnico equestre, se ne occupa l’assessore Salvatore Sechi: dobbiamo costruire una struttura per tutto l’anno». -Vi è stato difficile formare la lista? «No, a parte qualche momento di confronto. Ma non sulprogramma, su quello erano tutti d’accordo: gli ostacoli venivano dalle appartenenze politiche. Ma li abbiamo superati, siamo persone serie, ci conosciamo bene. All’esterno contiamo su gruppi di giovani che fanno un grande lavoro dal punto di vista sociale. Il nostro obiettivo è di dare risposte a questi ragazzi». -Con quale spirito un sindaco giovane come te affronta la “summa dementia” di occuparsi della cosa pubblica?«Uno spirito combattivo, fatto di grande volontà e di buona consapevolezza: questo lavoro duro farà bene al paese. Dobbiamo dare risposte ai nostri elettori. Siamo però convinti di una cosa: non c’è amministrazione comunale al mondo che possa fare bene senza l’aiuto determinante dei cittadini. In questi cinque mesi di governo quello che stiamo dando ce lo contraccambiano con gli interessi. Oltre centotrenta persone collaborano con noi ogni giorno, a costo zero, con invidiabile spirito di sacrificio. Sappiamo di non essere soli». Lo diceva già Aristotele, nella “Politica”: l’uomo solo o è un dio o è un animale selvatico.


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«Un posto per il nostro pecorino nel paniere dell’Euromediterraneo» 
 


 
 OSILO. Nanni Manca ha 37 anni ed è sposato con una ragazza di Fonni, Graziella Piras, che gli ha dato due figli: Alessandro di due anni e mezzo e Marco di otto mesi. Fa una battuta: «Dobbiamo pur combattere il decremento demografico». Funzionario di un’azienda privata, non sa cosa sia il politichese: pane al pane, formaggio al formaggio. Nello specifico, è lecito modificare la forma dell’antico modo di dire, senza chiamare in causa il vino: la caseificazione è un antichissimo sapere osilese. Sapere unanimemente riconosciuto e oggi rinvigorito dalle possibilità di mercato. La più fresca tra le buone notizie viene da Bra, dalla mega fiera del formaggio che si è tenuta dal 16 al 19 settembre: «A Bra, con l’assessore all’agricoltura Pulinas, siamo andati per capire cosa potevamo portare a casa». Ma il viaggio in Piemonte aveva anche lo scopo di stare «vicini ai ragazzi del consorzio che forse negli ultimi anni erano stati trascurati e quindi hanno gradito molto la nostra presenza». L’altro aspetto fondamentale - per Nanni Manca - «è che abbiamo lavorato su tre fronti: il primo con Slow Food, il secondo con una rivista specializzata nel settore dei formaggi, Cheese Time, il terzo riguarda un inizio di rapporti con l’Ersat. C’era il capo, professor Benedetto Meloni». Di Slow Food esistono nove presidi in Sardegna, più uno o due in fase di costituzione. Ancora il sindaco: «Slow Food non ha una struttura che funziona, in Sardegna. I presidi si incontrano nelle fiere, pochissime volte all’anno, senza un coordinamento vero. Non c’è un’associazione che li tenga uniti almeno per promuoversi a livello di presidio. Come Slow Food, hanno fatto un bel lavoro in Veneto, dove un presidio si è fatto capogruppo, costituendo l’associazione regionale».Nanni Manca vorrebbe fare la stessa cosa in Sardegna? Risposta: «Noi ci siamo candidati a farci promotori di incontri preliminari per arrivare all’associazione regionale. Loro sono entusiasti perché finora non avevano grandi contatti con la nostra amministrazione comunale e quindi si lavorava con il consorzio ma solo per il tempo limitato e le possibilità ridotte che i nostri ragazzi avevano». Con la rivista Cheese Time, rivela il sindaco, «specializzata nel settore e curata da Stefano Mariotti, abbiamo iniziato un lavoro che si è concluso proprio pochi giorni fa in Sardegna. Mariotti è venuto ad Ollolai lo scorso fine settimana per il Fiore Sardo, in occasione di Cortes Apertas. Gli abbiamo chiesto di prolungare la sua visita di qualche giorno, ha fatto dei filmati e delle interviste ad Osilo con l’obbiettivo di farci aderire a una loro iniziativa: realizzare un dvd che dovrà essere oggetto promozionale e commerciale anche attraverso la catena di ristorazione. Mariotti scriverà su questa rivista, poi realizzerà i dvd, ce li darà e noi li promuoveremo». Capitolo Ersat. E’ sempre il sindaco a spiegare: «Con il professor Benedetto Meloni abbiamo iniziato un rapporto che fino a ieri non esisteva, parole sue. All’Ersat chiederemo l’assistenza tecnica per la valorizzazione del consorzio del formaggio pecorino. Abbiamo trovato un obbiettivo comune, per il quale ci siamo impegnati entrambi: inserire il pecorino di Osilo nel paniere dell’Euromediterraneo: una vetrina agroalimentare di tutte le regioni che si affacciano sul nostro grande mare». Quello di cui si ripete da sempre che separi il dire dal fare. E qui verrà il bello, ma il sindaco di Osilo è quel che ai tempi di Antonio Gramsci si sarebbe detto un ottimista della volontà

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