3.11.22

qualcosa di buono Regia di George C. Wolfe un film che i contrari al testamento biologico dovrebbero vedere


Basato sul romanzo di Michelle Wildgen, il film è la storia di una donna  pianista affetta da SLA e della giovane universitaria che per  sbancare il  lunario oltre  a fare  la  cantante  nei pub  , si trova quasi per caso a farle da badante e con cui diventerà amica intima . Una  storia   toccante    e drammatica  , con punte  di  ironia e  sagacità ,  senza  scadere   o  quasi  ( ma  dall'altronde  in  film come questi  è difficile  soprattutto  a  chi   ha un sesto senso  spiccato  o  gli  piace    farsi i  film  su cosa  succederà  nelle  scene    o  nel finale  ) . Una  storia  bellissima ed  intensa   pari  a    tre  film  : 1 )  Mare dentro (Mar adentro) è un film del 2004 diretto da Alejandro Amenábar ., 2) Quasi amici - Intouchables (Intouchables) è un film del 2011 diretto da Olivier Nakache e Éric Toledano. 3)  Le invasioni barbariche (Les Invasions barbares) è un film del 2003 diretto da Denys Arcand che  trattano   tematiche    della malattia  degenerative  e di malattie   senza  cura  e allo stadio  terminale , testamento  biologico  ,   eutanasia  , cure palliative  . La  versione femminile    del secondo film .Un film che  , come  ho già detto  nel titolo  del post ,  che  tutti   coloro che  non vogliono o ostacolano il tentamento  biologico  e  non lasciano la possibilità    a chi è colpito da tali malattie  la  possibilità  di scelta    se vivere    o moire  con dignità    rifiutando l'accanimento terapeutico  costringendoti  ad andare  all'estero o farlo  clandestinamente 

2.11.22

La nuova vita degli alberi L’artista Michele Ardu ha trasformato i tronchi bruciati nel Montiferru in opere d’arte “Oro ardente” è il titolo della mostra allestita al Museo diocesano di Oristano

 

primi passi sono in penombra e sopra una piccola distesa di lapilli lavici. Sembra di camminare su un
tappeto di brace ormai spenta. La luce arriva solo nella seconda parte dell’allestimento perché la mostra “Aurum urens (Oro ardente)” di Michele Ardu è un gioco di contrasti: lo splendore dell’oro che si oppone al colore della cenere; la nera immobilità di ciò che è morto che sbatte contro le immagini che scorrono sui video e contro le fotografie esposte alle pareti del Museo Diocesano Arborense di Oristano .che ospita l’esposizione. È l’incendio che ha bruciato oltre 20mila ettari di territorio nel Montiferru, durante l’estate del 2021, il motore dell’ispirazione dell’artista oristanese. Dov’è passato il fuoco c’è solo devastazione, eppure proprio quell’angolo di natura distrutta è ancora capace di regalare vita stimolando l’estro. Nel settembre dell’anno scorso, a poco più di un mese di distanza dal rogo, Michele Ardu si era ritrovato a passeggiare, per scattare qualche foto di valore, tra i pendii e le campagne attraversate dalle fiamme qualche settimana prima. Da quelle che per tutti sarebbero state solo forme di morte, l’artista ha tratto ispirazione andando oltre gli scatti del suo obiettivo. Le ha immaginate come se fossero vive, come se fossero «resti elegantissimi che la natura ci ha lasciato. 

Erano talmente affascinanti che ho visto in quelle forme qualcosa che è andata oltre il semplice prendere atto della distruzione che avevo davanti agli occhi». Quasi un pensiero eracliteo, un “tutto scorre”, un trasformarsi per diventare quell’altro che nelle opere esposte si nota subito. Dopo aver raccolto i tronchi di ulivi secolari, senza alterarne le sembianze plasmate dal fuoco, Michele Ardu ha steso una patina su cui poi fissare il colore dorato «perché così ho voluto evidenziare quanto sia preziosa la natura. Ho voluto far brillare ciò che era bruciato per ridargli la sua dignità». Del resto, quegli alberi, cancellati dal fuoco nella loro forma primigenia e nella loro funzione ambientale e produttiva, avevano una storia antica. Erano stati tutti censiti e la loro data di nascita – per la maggior parte furono piantati tra la meta del 1500 e la metà del 1600 – è indicata nelle targhe che accompagnano i momenti dell’esposizione. Appartenevano alle tenute delle famiglie Fara e Pes che nella zona di Sa Tanca Manna, nelle campagne di Cuglieri, avevano i loro oliveti. Ora, nella mostra che si avvale anche di una serie di filmati donati dal Corpo Forestale regionale, quegli alberi appartengono a tutti. Prima degli oristanesi e dei sardi, la mostra Aurum Urens, ad esclusione dell’ingresso sui lapilli che è idea venuta successivamente, è già stata ammirata a Siena, dov’è stata ospitata nello storico Magazzino del sale, all’interno del municipio in piazza del Campo. A Oristano, dopo l’inaugurazione di venerdì scorso, sarà visitabile il mercoledì dalle 10 alle 13, il giovedì, venerdì, sabato e domenica dalle 10 alle 13 e dalle 17 alle 20, fino al 29 gennaio 2023.
Abbiamo scelto un tema ambientale. I tronchi d’albero sembrano solo delle reliquie, invece la mostra restituisce a essi un valore nuovo. Un tempo erano beni ambientali e simboli della produttività, ora sono testimoni di un fatto, sono beni identitari sui quali le generazioni passate hanno costruito la loro esistenza e sono un monito per le generazioni future». Ciò che più caratterizza la mostra è la semplicità. Sin dai primi passi, non si fatica a cogliere il messaggio dell’artista che continua a fare la spola tra la sua terra di origine e Londra, dove ha trovato alcuni anni fa una sua dimensione internazionale. Un pensiero di Michele Ardu chiude il percorso della mostra: «Dopo secoli vissuti negli stessi acri di terra, che questi alberi entrino ora nei musei del Mondo, in nuove case, e continuino a vivere, cercando di proteggere le altre foreste del nostro Pianeta, testimoniando la preziosità e la fralezza della natura». È semplice, appunto. Talmente semplice da apparire universale

lo sport vissuto senza pressioni da ottimi risultati la storia di diego muretti che solo dopo 8 mesi dal primo pugno conquista il titolo italiano di categoria

 leggendo  delle ginnaste italiane    e  degli insulti e delle pressioni  mi è  ritornata  alla mente    quesata storia sportiva letta qualche  giorno fa  sulla nuova  Sardegna  . Ciò dimostra  che    nello sport  ed  attività fisiche   (  vedere   video  sotto  )    ci sono  storie    in cui i risultati vengono   credendo  in se   stessi , prendendosi i propri tempi  ,  senza  stress   e senza  violenza    fisica  ed  psicologia    insomma  costrizioni   cioè risultasti indotti   in alcuni casi con  il    doping  di stato un tempo la  ex Ddr  ( Germania  est  )   ed  ora   la Russia





non bisogna ascoltare i discorsi negativi degli altri, le persone che ci dicono che non ce la faremo mai di solito sono quelle invidiose, quindi bisogna credere in noi stessi ed andare dritti per la nostra strada. L'autostima è importantissima per realizzare i propri sogni e per il benessere interiore e non dobbiamo perderla a causa di frasi negative che spesso ci vengono rivolte,

Tra le tappe c’era anche la prestigiosa Carnegie Hall di New York Il progetto artistico Sardinia_Moving_Arts propone composizioni originali dedicata interamente all’isola L’intento è proseguire con nuovi eventi e artisti di tutto il mondo La Sardegna sbarca in America con la chitarra di Porqueddu



Tra le tappe c’era anche la prestigiosa Carnegie Hall di New York Il progetto artistico Sardinia_Moving_Arts propone composizioni originali dedicata interamente all’isola L’intento è proseguire con nuovi eventi e artisti di tutto il mondo La Sardegna sbarca in America con la chitarra di
Porqueddu che il chitarrista nuorese ha ricevuto a seguito della fitta serie di concerti che ha tenuto nelle settimane trascorse in diversi Stati in America. Un successo su tutta la linea evidenziato da programmi di altissimo livello, innovativi eseguiti magistralmente. Thomas Schuttenhelm della Network for New Music è ancora più esplicito: «Tutto il repertorio del XXI secolo e a lui dedicato, non avrebbe potuto essere presentato da qualcuno con minori capacità. Le sue produzioni discografiche sono magistrali e le sue performance dal vivo sono qualcosa di ultraterreno». I concerti si sono tenuti in alcune delle più prestigiose location tra le quali spicca la Carnegie hall di New York dove il virtuoso sardo è tornato per la seconda volta in cinque anni. È ancora Schuttenhelm a descrivere alcuni momenti di quella serata, parte del numeroso pubblico: «Porqueddu eccelle nel mantenere l’indipendenza di ogni linea, per quanto densa sia la tessitura, ma la sua capacità di far emergere le voci separate implicite in una linea composta non ha eguali». Tutti i programmi di sala, per un totale di oltre due ore e mezza di repertorio, sono stati ideati sulla base della musica che lo stesso Porqueddu ha suggerito di comporre ad alcuni dei massimi autori del nostro tempo tra cui figurano nomi come quello di Leo Brouwer, Angelo Gilardino, Dusan Bogdanovic, Franco Cavallone. Spazio anche agli autori sardi ed in particolare alla musica del pianista-compositore sassarese Roberto Piana col quale il chitarrista di Nuoro ha stretto una forte partnership artistica. Fondamentali nel tracciare un profilo della Sardegna, i lavori di Kevin Swierkosz-Lenart, Alfredo Franco e Carlo Francesco DeFranceschi. Insomma, un ventaglio di opere di ampio respiro unite dal fil-rouge delle atmosfere e dei colori dell’isola, trasformati in suoni. Porqueddu è raggiante: «Ero sicuro fin dall’ideazione del progetto artistico Sardinia_Moving_ Arts che l’eco di queste nuove composizioni avrebbe avuto un ampio respiro e sono molto soddisfatto dal feedback ottenuto da
compositori, discografici, critica e stampa specializzata. Credo fortemente in questo inedito modo di esportare l’immagine della mia terra all’estero a tal punto che Musicare ha registrato il nome ed il marchio a livello globale. L’intento è proseguire negli anni con nuove commissioni, nuovi eventi e la collaborazione con artisti di ogni parte del mondo». Nel corso del tour Porqueddu ha tenuto corsi sulla musica del XX e del XXI secolo per alcuni allievi selezionati della Cincinnati University in Ohio e della Manhattan school of music di New York. 
«Un prezioso momento di scambio tra me e le eccellenze delle due prestigiose istituzioni – spiega l’artista – finemente organizzato dalle due istituzioni». E meno di ventiquattro ore fa, il grande compositore cubano Leo Brouwer ha reso noto che la sua composizione “Diálogo del Olivo y el Nuraga” sarà pubblicata con la revisione del virtuoso nuorese, riconoscendo di fatto l’altissima capacità del musicista di dar forma ad idee interpretative forti e convincenti. Cristiano Porqueddu è universalmente riconosciuto come uno dei massimi interpreti del repertorio originale del XX e del XXI secolo

L’impresa trasmessa nei monitor delle sale d’attesa dell’Aou La missione della “Sassari” in Qatar Tre biker fra le dune del Marocco «Grazie per il vostro coraggio»

 dalla  nuova  sardegna    del  2\11\2022   


Nuova sfida vinta dopo il tumore, la chirurga Nonnis: «Esempio per tutti»


                                Nadia  cossu  
Sassari
“Lacrime libere di donne che non temono l’emozione”. Una breve didascalia che dice tanto. L’ha scritta Rita Nonnis, chirurga senologa dell’Aou di Sassari, sul suo profilo Facebook per accompagnare l’immagine del traguardo finale raggiunto dalle “sue” tre combattenti, innamorate della vita e pronte ad accettarne le sfide. In sella alle loro mountain bike, Paola Zonza, Daniela Tocco e Donatella Mereu

hanno partecipato alla Marocco Expedition Women Challenge. Quasi quattrocento chilometri percorsi in bicicletta tra dune e terreni pietrosi, tra piste e sentieri del profondo Marocco, dalle montagne al deserto, attraversando piccoli villaggi e remoti insediamenti di popolazioni berbere. Senza però mai perdere di vista l’obiettivo: arrivare all’ultima tappa e urlare al mondo “Noi ce l’abbiamo fatta, potete riuscirci anche voi”. Un “voi” che comprende chiunque stia affrontando la propria battaglia personale. Così come è successo a loro tre, che hanno combattuto e vinto la malattia. «Grazie di cuore per il vostro impegno e la vostra grande generosità per aiutare chi come voi ha affrontato periodi difficili – è il messaggio che la dottoressa Nonnis, componente medica della spedizione, ha dedicato a Paola, Daniela e Donatella – Grazie per la grande serietà ma anche per l’allegria con cui avete affrontato senza mai
perdervi d’animo i momenti difficili». Un medico è una sicurezza quando si vivono esperienze complesse. Rita Nonnis è una grande e stimata professionista la tenacia con la quale ha portato e continua a portare avanti – cercando di superare innumerevoli difficoltà – vari progetti di crescita per la sanità sassarese (la Breast Unit è un esempio calzante) hanno fatto di lei un punto di riferimento soprattutto per le donne che combattono contro il tumore. «Con voi e da voi ho imparato molto, dal punto di vista umano e professionale – si rivolge ancora alle biker – Come nelle altre sfide della vita vi siete preparate con caparbietà e avete affrontato con consapevolezza tutto il percorso con una forte motivazione. Siete donne sensibili, coraggiose e determinate». E lo specifica, la Nonnis, che far parte delle “women challenge” non significa essere “super women” «ma donne che conoscono i propri limiti, li accettano e sanno cosa fare». Esattamente l’identikit di ciascuna delle protagoniste di questa avventura in Marocco. Che, naturalmente, è stata possibile grazie alla sinergia e all’impegno imprescindibile di altre persone. Il progetto è stato organizzato e realizzato da Acentro per il sociale di Cagliari con il patrocinio di Regione, Comune di Cagliari, Asl di Cagliari, Aou di Sassari, Lilt, Ail Cagliari,Fondazione Taccia, Mai più Sole e Associazione sinergia femminile. Con il supporto di numerose aziende del territorio. L’Aou di Sassari è stata molto presente durante questo viaggio, prima con la consegna di materiale medico alla vigilia della partenza e poi con la trasmissione – nei monitor delle sale di attesa dell’Azienda – delle immagini che raccontavano quotidianamente la piccola grande impresa. A guidare l’avventura il capo carovana, Maurizio Doro, biker d’esperienza e fine conoscitore del Marocco. Con loro anche il coach Antonio Marino e Michele Marongiu, ideatore dell’avventura, oltre al videomaker Pierandrea Maxia che ha documentato ogni singola tappa. Prima del rientro in Italia la comitiva ha donato i presidi medici e i farmaci – che per fortuna non è stato necessario di utilizzare – del kit di pronto soccorso. La dottoressa Nonnis li ha consegnati nelle mani di madame Keltoum Touhami Elwazzani che nel villaggio di Agdz è attiva proprio nella sensibilizzazione contro il cancro alla mammella. Un modo speciale di concludere la sfida

1.11.22

il cretino ed il filosofo

 Cr devi andare  oltre  all'evidenza   delle  cose  e dei fatti  perchè niente  è quello che sembra   

realmente 

FI  certo  c'è  un fondo di  verità   in quello  che dici . Ma senza  esagerare  . Perchè  come dice (  anche  il video sotto  )   non è  che  a  forza   di staccarsi dalla  realtà     finiamo    andare tra le nuvole  ?



 


Cr  quindi  secondo te  la risposta  a tale  domanda  sta ....

  FI  esatto la  risposta sta nel mezzo   cioè nel usare l'andare oltre   la realtà quando   i  fatti\  gli eventi   bìnon sono  chiarissimi  ed oscuri  .  

Cr  Ma  come fare  a capirlo  

Fi  ..... 

Cr 😲

Fi Bisogna fare attenzione a non andare troppo nelle nuvole... perchè molto  spesso  evadere troppo dalla realtà è pericoloso, perché si rischia di sfociare nel complottismo. Allo stesso modo però ragionare solo per semplificazioni lo è altrettanto. Il vero problema è che non siamo più capaci di confrontarci senza pregiudizi e senza insultare chi ha posizioni diverse dalle nostre, e così le posizioni si polarizzano e si radicalizzano, sfociando in un complottismo contro semplificazione. 

Cr  Ok  ti saluto  caro  con i piedi per  terra 

Fi   😂😥🙄


alla  prossima  polemica . 


 l'ho richiamato  perchè  oltre  ala risata  , m'era  venuto  in mente    una  risposta più  articolata  . Ma   aveva già svoltato l'angolo  .   pazienza  .  gli la  lascio qui  , cosi   rispondo  a chi  , basansosi su  una parodia  ( che dei contatti di un gruppo di fans della trasmissione tv mai dire goal sul Ng ( newsgroups la preistoria dei social ) it.fan.tv.mai-dire-gol)  che  mi fecero  quasi 30 anni fa  ed  ancora  continua a  circolare  sul  web  , mi vedono sol come  un complottista  .  In realtà io   dopo anni   e  ani  ho trovato un equilibrio tra    fughe  \ evasioni  e  ritorni  , fra   piedi  per terra  e  testa   \ piedi fra le nuvole  , tra   dubbio e  certezza   , ma  fra  bufale  ( anche  se  ogni tanto   ne prendo   pure  io )  e  verità . tra informazione  e  contro informazione  .  Per  fornmazione    strorico politica  (  querra  gfredda  ,   strategia  dela tgensione  , anni  di  piombo  )  e  culturale  (  passione  per   i  gialli ed  i polizieschoi  , le s torie  di  topolino  ,  spionaggio  ,  complotti ,mistero  ) . Tutto ciò  unito alla  mia  voglia d'uscire  da i due  blocchi culturali  ed ideologici   ( fascismo e  comunismo ) che hanno caraterizzato  la  mia  infanzoia ed  adolescienza   cerco sempre  verità alternative a quelle  ufficilalio  di comodo  .  Ma  a differenza dei   complottisti  ed  complottismi  ,   quando  vedo che   una  tesi o una  contro  analisi  di un fatto \  evento    non regge ala logica   ed  sfocia   nell'assurdo più totale   (  ma  chi  lo paga ,  non ce  lo dicono  , ecc  )      e  soprattutto  nella mancanza  di rispetto  delle  persone coinvolte (  esempio  ci sono siti  e  d  persone che  dicono i  che   i morti del bataclan  non  sono  veroi  e  che    sono finti e   che le  vittime  sono  ancora  vive  nascoste  da quel che parte   o micamion   con le bare   dei morti del coivid   è un falso     ecc  )   non continuo   e rientro  a terra  



un prete che è sceso fra la gente ed uscito dal tempio il caso di don totoni cossu di bitti che non avendo chiesa ha detto messa in un bar di paese

canzone consigliata

Qualche  giorno  fa  mettendo  in ordine  i  giornali    ho trovato   , credendo fosse  d'ieri  ,    l 'unione  sarda    (   trovate  a sinistra  lo  screenshot  visto  che  l'archivio  è a €💰) 
invece  era     d'aprile  di quest'anno ,  e  all'interno  cera  un  ho  trovato  l'articolo  sotto riportato .  Ho  cercato in rete la  notizia o  qualcosa  su  don Totoni Cossu  ,   ho  trovato  solo  questo  video trovato  grazie  ai motori   di ricerca     fra quelli di    facebook 


 

Ora direte che strano . Mah i non ci vedo niente di strano . Anche Gesù se vivesse oggi e vedesse le chiese vuote o piene solo a Natale o pasqua o la crisi di vocazione farebbe la stessa cosa . Come ha

detto l'amica Dulcinea nel post : << il cambiamento non lo si può fermare >> esso è un rimedio per  non morire ed aprirsi alla gente credente tiepida e anche perchè no a quelli dubbiosi o non credenti oppure come me laico credenti \ senza chiesa cioè non praticanti . 












Poi non è una novità tali atti sono già stati fatti in passato  come  la  storia      trovata  in   rete   durante  le  ricerche 

 da  https://www.larena.it/territori/  28 novembre 2017 


La Bibbia si legge anche al bar
Sette incontri tra birre e caffè


                                           Lidia Morelato


 «La Bibbia al bar». È la nuova ed originale proposta della Comunità pastorale di Salizzole, Bionde ed Engazzà, che al bar, davanti a un caffè a un bicchiere di vino o ad una birra, offrirà la possibilità di conoscere i testi dei Vangeli che parlano di cibo. Sette appuntamenti della durata di un’ora ciascuno, che
si svolgeranno nei luoghi di ritrovo del paese secondo il format della tradizionale Lectio divina: lettura del Vangelo, approfondimenti, comprensione e condivisione. «Gesù andava in mezzo alla gente a predicare parlando un linguaggio comprensibile per farsi capire», riferisce don Massimiliano Lucchi, parroco di Salizzole insieme a don Luca Pedretti. «Quest’iniziativa», aggiunge il sacerdote, «è il tentativo di diffondere la Parola di Dio con una modalità evangelica fuori dagli schemi». Si tratta, infatti, di un vero e proprio percorso, caratterizzato da varie esperienze, dove la tradizionale lettura del Vangelo sarà arricchita con immagini, slide e degustazioni che contribuiranno ad approfondire e semplificare la comprensione dei testi sacri. Nel primo incontro che parla di vino, per esempio, è previsto l’assaggio di vino nuovo e vecchio per coglierne le sostanziali differenze. «La gente va al bar per rilassarsi e in questi momenti è più ricettiva e predisposta all’ascolto», aggiunge don Massimiliano, meglio conosciuto da tutti come don Max, «quindi la proposta evangelica può avere un peso diverso con la possibilità di andare più in profondità. Vedremo quale riscontro avrà». L’idea della «Bibbia al bar» è stata molto apprezzata anche dagli esercenti che l’hanno accolta fin da subito con entusiasmo. «È sicuramente una bella iniziativa», sottolinea Scila Tedesco, titolare del bar da Ugo insieme alla sorella Valentina, «che può avvicinare anche persone diverse dagli avventori abituali». «Tanta gente», aggiunge la barista, «ha visto la locandina e ha chiesto informazioni incuriosita dall’accostamento del bar con parroci e Bibbia». Il primo appuntamento su «Vino nuovo in otri nuovi» si terrà questa sera, alle 21, proprio al bar «Da Ugo», in piazza Castello. Si proseguirà poi il 4 dicembre al bar «L’Angolo» con «Dammi da bere l’acqua viva». Il 5 dicembre, alle 17.30, toccherà al bar «Capitel» con «Hai tenuto da parte il vino buono»; il 12, alle 20.30, appuntamento al bar «Colombini» di Bionde con «Voi stessi date loro da mangiare», e il 13, alle 21, alla «Cantina» con «Avevo sete e mi avete dato da bere». Il 20 dicembre, alle 21, sarà la volta del bar «La Pinta» con «Non di solo pane vive l’uomo». La rassegna si chiuderà il 21 dicembre, alle 18, al bar «Isoli» di Engazzà con «Prese il pane e rese grazie». Già alla vigilia dell’inaugurazione, in paese la singolare iniziativa sembra gradita da un ampio pubblico, considerato che il calendario dei sette appuntamenti postato sulla pagina Facebook della parrocchia in pochi giorni ha avuto 2.400 visualizzazioni con altrettanti «mi piace». Un canale evangelico alternativo che mira ad avvicinare anche nuovi i fedeli ed in particolare i giovani. Anche se per la verità, a Salizzole, contrariamente a quanto si possa pensare, l’affluenza alle messe festive e alle funzioni religiose - per esempio, a Bionde, questa settimana sono in corso gli esercizi spirituali - è ancora piuttosto elevata rispetto alla media nazionale, come tengono a rimarcare i parroci. È una comunità vivace con un bel gruppo di giovani e adolescenti, dove è presente anche una compagnia teatrale, composta da un’ottantina di elementi capitanati da don Max, che diffonde il messaggio evangelico attraverso il linguaggio dell’arte.

                                        
quindi come le  note     della  famosa     canzone  , pietra miliare  del rock ,  di Bob  Dylan   the time we are a changin

Tutto continua tutto va avanti di Dulcinea Anna Maria Pecoraro

 Non possiamo cambiare le persone, nè il movimento di rivoluzione della terra. Tutto continua e va avanti, spinti dal moto d'azione o fermati dall'inerzia. Ognuno scopre la sua via solo vivendola, assaporando fino all'ultimo quel senso che arricchisce o lascia il retro gusto amaro. Non è solo il caso che modella, ma siamo noi che attraverso una metamorfosi interiore fermentiamo sogni, pensieri e costruiamo creando. Spesso ci blocchiamo e diamo colpa alla sensibilità, al poco tatto, o a quel cuore che ritma le scelte.
 Ma chi si ferma è perduto, anche se il riposo è necessario per acquisire nuove forze.
 Tutti troppo di corsa o troppo fermi, forse è da dosare proprio quel troppo, per poter così fare quel guizzo verso l'oltre. Giusto o sbagliato che sia, lasciarsi prendere e provare a mettersi in gioco, senza scendere a compromessi. Alzarsi e combattere anche quando tutto va storto e provare a andare incontro e non contro alle cose. C'è chi dice che da ogni disastro c'è sempre una rinascita, così come da ogni guerra la pace e dal deserto può nascere una rosa. Il futuro è un grande mistero d'incognite e infinite combinazioni portano a atti diversi e per questo unici. "Wish you were here" cantavano i Pink Floyd, o "ma il cielo è sempre più blu" come Rino ripete. Nell'inferno ci passiamo tutti, così come nel paradiso. La fortuna è nel sapersi accorgere come non perdersi!


#dulcineaannamariapecoraro💖💖💖 

31.10.22

Bernardo De Muro, l'arte oratoria è nel mio Dna

 (ANSA) - CAGLIARI, 31 OTT 
 E' considerato un fine educatore che fa interagire la pedagogia con la didattica. Ha compiuto 84 anni il 2 aprile, Bernardo De Muro, maestro di retorica, poeta, intellettuale, drammaturgo, docente.



Cagliaritano di nascita e tempiese di origini, il suo cavallo di battaglia è l'arte di sedurre, incantare, persuadere con la parola credibile, onesta, essenziale, immaginifica."Contro l'impoverimento del lessico e l'appiattimento del linguaggio e per porre un freno al diluvio di parole ridondanti", spiega all'ANSA il letterato comunicatore, propugnatore della "circolarità del sapere e della conoscenza" e che, all'etimo del silenzio, ha dedicato un saggio. "La creatività nasce nel silenzio di ascolto - afferma De Muro - ho imparato a farmi guidare dallo stesso istinto che governa gerridi, api e ragni". A lui, tra l'altro, si deve la scelta del nome di una storica automobile della Fiat, la Croma. Per 40 anni ha insegnato retorica antica e arte oratoria a liceali, universitari, professionisti, manager. Da laico insegna ai giovani sacerdoti come rendere leggere le omelie. Al suo attivo conta
oltre 400 seminari su questa antica disciplina con la nuova retorica. Tanti i riconoscimenti, uno su tutti, primo premio internazionale sul tema della mitologia a Boston con l'opera "Apodiòniso figlio di Agenore".
Esperto di logopedia, ha superato grazie alla determinazione la sua balbuzie, "le mie corde vocali erano serpenti a sonagli", ricorda. E' vasta la sua produzione in narrativa, saggistica, teatro, poesia - sonetti, haiku - favolistica, aforismi. Apprezzatissimo tra gli altri il suo "Genova-Cantico del ponte Morandi" e il suo prezioso e originale saggio "Dizionario: l'albero della parola". "Ciò che colpisce nell'atto di parola e scrittura di De Muro - ha detto di lui Bachisio Bandinu - è il fascino intrigante dell'eloquenza come tensione interiore". "L'ho visto condurre quegli adolescenti, rapiti, silenti e sorpresi dal suo logos raffinato e comprensibile nel contempo", ricorda Roberta Soggia, docente di filosofia.La sua ultima fatica è un affascinante romanzo, "Storie e misteri nella Valle dei Nuraghi", ma sta per dare alle stampe "C'era una volta il punto e la virgola". "Stupore e meraviglia sono le chiavi per guardare in alto attraverso le parole del profondo", chiarisce il "chirurgo della parola". Il suo nome lo deve al grande tenore, suo omonimo e zio. Del compianto cantante a cui ha dedicato una monografia, "Bernardo De Muro parla di Bernardo De Muro", in occasione dei 130 anni dalla sua nascita, ricorda che fu lui a suggerire a suo padre, per l'11esimo e penultimo figlio, il nome. "Bernardo De Muro - sottolinea - è il nome che mi porto da 84 fresche primavere. E, da appassionato e critico musicale, non posso che andarne fiero".

Bernardo De Muro, l'arte oratoria è nel mio Dna
Bernardo De Muro, l'arte oratoria è nel mio Dna© Provided by ANSA

A 84 anni il suo ricco curriculum è un work in progress. Del resto "Per diventare giovani - recita un suo aforisma- ci vuole molto molto tempo".

Santi e Morti - di Patrizia Cadau




 Per me i Santi sono i miei vicini di casa, che accompagnavano tutti i giorni mio figlio a scuola perché io non potevo.

Sante sono le amiche che mi hanno ascoltata per tempi e respiri infiniti, senza giudicarmi mai.
Che mi accompagnavano a fare la spesa.
Che mi facevano i dolci. Che si prendevano cura dei miei figli come fossero i loro.
E che ancora lo fanno.
Santo è chi è andato in questura e andrà in tribunale a dire la verità.
Sante sono le ragazze del centro antiviolenza.
Santo è chi mi ha dato un'opportunità mentre naufragavo nella vergogna e nella miseria della violenza e dell'isolamento.
Santo è chi si è preso cura della mia salute, chi ha medicato le mie ferite quando io non vedevo neppure dove fossero.
Santi sono quelli che mi hanno chiamata per dirmi che c'erano e che poi, dopo avermi chiamata, si sono anche presentati alla porta perché ne fossi davvero sicura.
Santi sono quelli che hanno visto in me la donna che vedo adesso, quando io nemmeno pensavo più di esistere.
Santi sono tutti quelli che mi hanno aiutato a portare un peso, che hanno regalato tenerezza e fiducia ai miei bambini, che ci hanno abbracciato quando non avevamo più speranza.
Sante sono le persone che condividono la nostra battaglia di Giustizia perché sanno che è una battaglia di tutti.
Tutti gli altri, vivi o morti, gattemorte e gattimorti, circensi e leccaculo, soloni e ipocriti giudicanti, bugiardi senza vergogna, testimoni comprati e finti martiri, gente che non ha mai avuto parole di pietà e una sola opportunità per me, e tutti quelli che continuano ancora a fare branco, a coccolare la violenza, possono festeggiarsi tra di loro il due novembre, nella ricorrenza che è già la loro.

Oscurità e luce -il cavaliere e il druido romanzo fantasy di Thomas landini è un romanzo su disabilità e speranza

 incuriosito da una  lettera  , trovate  a metà post  al centro  ,  lo screenschot   dell'immagine , pubblicata  dal  ilfattoquotiiano mi pare  del 19\10\2022   sono andato a  cercarmi qualche notizia  sul libro (  foto   della copertina  a   sinistra  ) citato .  Ed  incuriosito ho contatto   ed    intervistato   su Facebook  l'Autore .   Oltre le    ricerche  in rete  ed  fra una  chiaccherata / intervista  e  l'altra   ho scoperto    che l'autore THOMAS LANDINI Nel 2003 a 16 anni s'è  trovato catapultato in una vita totalmente differente da quella che avevo fino ad allora vissuto.
Dopo un incidente stradale in cui è  stato un mese in coma, per  un  emorragia cerebrale, ha poi  subito un pneumotorace, la rottura di sette vertebre, quattro costole, sterno e plesso brachiale destro.   Egli  s'è  << risvegliato logicamente diverso, cambiato. Nei 19 anni successivi ci sono stati momenti bui ma ho cercato sempre di non scoraggiarmi e alla fine il buio è diventato luce. Devo la mia rinascita, se così possiamo definirla, soprattutto alla mia famiglia e ai miei amici. Se avessi dovuto fare affidamento solo su certe istituzioni molto probabilmente non so se ce l’avrei fatta. La vita da disabile è diversa. >>  Ora   Ci sono molti tipi di disabilità più o meno evidenti, alle volte quasi invisibili. Troppe persone non possiedono la sensibilità per capire disabile non significa essere un alieno  \  strano.Infatti è   insufficiente per  non dire  carente   se non ipocrita  ed   commiserevole   l’educazione a partire dalla società, dalla scuola, dallo Stato.
 Manca , quindi , una visione d’insieme, che non sia caritatevole o di sostentamento. Latita soprattutto l’ascolto e il comunicarci un senso di normalità. Basti pensare alle organizzazioni scolastiche  e non che con le loro carenze riescono a rendere ancora più discriminatoria la nostra situazione. Per non parlare della totale assenza d’empatia da parte di troppi docenti impreparati e limitati al solo “vedere” o  a  pur  non  avendone   i titoli  o  la  specializzazione   a   fare  l'insegnante  di  sostengno   ai ragazzi disabili  pur  di  aver  punteggio er  assare  di ruolo  nell'insegnamento  . Fra le  domande   che avrei  voluto  fargli c'era anche   una    su  come fa  ad affrontare   la  vita  quotidiana  . Ma   una  nota  introduttiva  inviatami  precedentemente  e  da  cui  ho estrapolato    alcune righe    mi ha   anticipato  

  In ambito lavorativo la mia disabilità fa parte d’una sorta di limbo: o troppo o poco disabile. Molte aziende non mi hanno mai preso in considerazione perché, non potendo utilizzare il braccio destro, se gli serviva un istruttore amministrativo, erano “necessarie due mani funzionanti” per poter digitare e spostare i faldoni dei documenti. Allora venivo chiamato da aziende che cercavano magazzinieri appartenenti alla legge ’68 ma quando precisavo di non utilizzare un arto rispondevano meravigliati “di cercare una legge ’68 senza problemi fisici apparenti.” In dodici anni ho vissuto la rovina del centro di collocamento mirato. Sono stato convocato per colloqui fallimentari o addirittura inadatti quando cercavano un magazziniere, scaffalista, autista di muletto. Non sono mai stato indirizzato a un concorso pubblico. Non restava che tentare di mettersi in proprio puntando sui “famosi” aiuti per persone con disabilità. Fantascienza! L’80% di invalidità non era sufficiente per nessun tipo di aiuto e nel frattempo l’asl mi toglieva il sostegno fisioterapico perché “disabile cronico”. Dopo la parentesi in proprio decisi di studiare per i famosi concorsi pubblici, sostenuto dalla mia famiglia e dai miei amici. Dopo vari tentativi finalmente vidi la luce. Istruttore amministrativo in un ente pubblico a digitare sul computer e a spostare faldoni con una mano. Una cosa incredibile agli occhi di certe aziende. In questi anni la vita mi ha fatto incontrare e anche scontrare contro persone che, volontariamente o meno non mi interessa, ti portano a seppellire la tua già fragile autostima e a farti sentire inutile e dipendente dagli altri per qualsiasi esigenza invece di rassicurarti e insegnarti l’autonomia. All’interno di piccole realtà come quella in cui vivo si sente la mancanza di un sostegno, di una collaborazione, di un vero insegnamento alla disabilità. Per chi non la prova direttamente, la disabilità non esiste. Ci sono persone con disabilità che potrebbero dare tanto sia umanamente che fisicamente per tutto ciò che sono riuscite ad apprendere. Io ho la fortuna di essere riuscito ad entrare in un ambito lavorativo che amo e per il quale ho studiato: i servizi sociali. In questo ambito riesco a vedere che un cambiamento sia possibile grazie a politici e colleghi con una visione più moderna, aperti ad esempio alla tecnologia, alle nuove frontiere mediche, alla collaborazione. Soprattutto verso la disabilità, confido in una visione costruttiva fatta non solo di sussidi ma di coinvolgimento reale, di crescita comune. Tanti, troppi disabili si vergognano, si sentono emarginati dalla società in tutte le sue forme. C’è bisogno di una visione nuova del problema, di una costruzione empatica, solidale e coesa in tutte le espressioni sociali. Io ora sono felice anche per quello che la mia disabilità mi ha insegnato. Ho una famiglia meravigliosa e posso continuare a coltivare la mia grande passione che è la scrittura. Per cercare di condividere ciò che ho imparato in questi anni ho aperto anche un blog “Guida a una mano” nel quale cerco di dare qualche consiglio e stimolo alle persone che come me devono vivere senza l’utilizzo di un arto  superiore. Ad oggi il riscontro è stato più che positivo con tante persone che mi hanno scritto e risposto. 


Nel 2017 ha pubblicato il suo primo romanzo grazie a Felici Editore, una casa editrice che ha creduto in lui   e nelle sue  capacità. Egli     avrebbe <<  voluto scriverne un altro che parlasse di disabilità e discriminazione ma la paura di sfociare in tematiche troppo specifiche e annoiare il lettore mi ha fatto desistere. Fino a quando un giorno ho pensato: perché non spiegare il tutto allegoricamente, visto che la storia dell’uomo è piena di allegorie letterarie e artistiche che celano i più diversi significati. In quattro anni ho appuntato e incamerato tutto quello che sentivo e vedevo; ho scritto, strappato, riscritto, analizzato. Fino a quando ho preso il tutto e cercato di costruire una storia che potesse supportare il tema che volevo esprimere. Non è stato facile dare voce a ciò che percepivo, ma con il giusto tempo è nato “Oscurità e Luce – Il Cavaliere e il Druido” edito sempre da Felici. Un romanzo fantasy ambientato in una terra inventata, in una società celtico-medievale con magia, amore, uomini, donne, animali magici, natura, tanta azione, ritmo e, soprattutto, filosofia. Una dicotomia tra bene e male dalle varie sfumature, mai troppo distinte, che parla della discriminazione e dei suoi mostri e nel quale i personaggi potrebbero essere benissimo dei disabili. Un romanzo per tutti dove sono convinto che ognuno possa trovare un personaggio nel quale rispecchiarsi. Una storia che cerca una continua evoluzione, dal finale aperto che punta ad essere il primo basilare capitolo di una saga >>

 Dopo   avermi scritto  un po'  di  lui   ticca  a me   fargli   delle domande  


come  mai hai scelto  per  pubbblicizzare il tuo libro  la  rubrica di  un giornale , il fatto quotidiano in questo caso  . ed  non un  tuo   sito internet   o un blog ?

Non è stata una scelta specifica, ho inviato molte mail a partire dalle redazioni dei giornali, ai blog di letteratura, fino ad arrivare agli influencer. Ad oggi quelli del “Fatto Quotidiano” sono gli unici che mi


hanno preso in considerazione. Personalmente gestisco un sito internet www.romanzifantasy.com e un blog per persone diversamente abili www.guidaunamano.org e anche in questi ho pubblicato informazioni sul romanzo


come  mai hai scelto  un genere   poco trattato, almeno da quel che ne so ,  in italia  ,  il genere  fantasy  e  non invece   quello molto più diffuso il noir  o l'hard  boilet  ?

 Proporre fantasy italiano in Italia è difficile. Purtroppo c’è un pregiudizio che si protrae da anni, quello che gli italiani non siano in grado di scrivere fantasy di livello, perciò anche le case editrici di calibro maggiore non hanno interesse a investirci sopra. Sarebbe bello invertire questa tendenza, perché autori italiani capaci ce ne sono tanti


  come mai    lo hai intitolato oscurità  e  luce Il Cavaliere e il Druido? di soito     nel fantasy    druido  nero è sibolo di malvagità   e il cavaliere  simbolo di giustizia ?  cosa  c'è di vero e cosa  d'inventato nel romanzo ? fonti d'ispirazione  ? riferimenti culturali \ letterari ?

Nel romanzo il Druido Nero è simbolo di oscurità e il Cavaliere un Paladino della luce però da antagonisti diverranno quasi amici contro un nemico più grande e comune. Gli ideali in principio differenti si scopriranno più simili di quanto potessero immaginare. I riferimenti sono celtico/medievali ma la storia è tutta frutto della mia immaginazione

  è unico oppure come ho  letto da qualche parte  è il primo di una triologia   ?

Non è un romanzo autoconclusivo e punta ad essere il primo di una saga. Le ispirazioni e i riferimenti sono molti. Uno su tutti il gioco di ruolo; Tolkien sia letterario che cinematografico; Eddings e la Saga di Belgariad; le discriminazioni, contestualizzate in un periodo storico differente; la disabilità; la filosofia e il fantasy in ogni forma




30.10.22

LI MOLTI E MOLTI di Simone Sanna

leggi anche  
https://ulisse-compagnidistrada.blogspot.com/2022/10/il-munduspatet-lhalloween-nellantica.html


 ERA IL 2 NOVEMBRE E COME OGNI ANNO MARCO E MARIA VAGAVANO PER LE VIE DEL PAESE CON I LORO CESTINI A CHIEDERE “LI MOLTI E MOLTI” PICCOLE OFFERTE DI NOCI,CASTAGNE ,GIUGGIOLE E QUALCHE SOLDO . COME OGNI ANNO SI FERMARONO DI FRONTE AL CANCELLO DELLA VILLA PIRODDA INDECISI O MENO SE ENTRARE.LI VI ABITAVA LA VECCHIA SIGNORA PIRODDA UN TEMPO MAESTRA DI SCUOLA E OGGI ADDITATA DA TUTTI COME UNA STREGA DEDITA ALL’OCCULTO. SI NARRA DI FANTASMI CHE SI AGGIRANO PER LE STANZE DELLA VILLA A TORMENTARE LA POVERA
SIGNORA,DI LAMENTI CONTINUI ,DI RUMORI DI PASSI NEL CUORE DELLA NOTTE. MARCO E MARIA SPAVENTATI MA ALLO STESSO TEMPO INCURIOSITI ATTRAVERSARONO IL CANCELLO E SUONARONO ALLA PORTA.
APRI UNA VECCHIA SIGNORA DAI CAPELLI ARGENTO E DALLO SGUARDO BUONO E I DUE BAMBINI PENSARONO CHE QUELLO CHE SI RACCONTAVA DI LEI ERANO BUGIE. LA VECCHIA CON GLI OCCHI LUCIDI ACCOLSE I BAMBINI DENTRO CASA.“FINALMENTE VI SIETE DECISI A SUONARE,VI VEDO OGNI ANNO FERMI DAVANTI AL CANCELLO”MARCO E MARIA SORRISERO E SGRANARONO GLI OCCHI QUANDO LA VECCHIA RIEMPI I LORO CESTINI DI OGNI PRELIBATEZZA. LI FECE ANCHE ACCOMODARE IN UNA STANZA PIENA DI GIOCHI DOVE MARCO E MARIA PASSARONO TUTTO IL POMERIGGIO.SI ERA FATTO BUIO E I BAMBINI DOVETTERO SCAPPARE PROMETTENDO ALLA VECCHIA CHE NON AVREBBERO AVUTO PIÙ PAURA DI LEI.IL GIORNO DOPO LA VECCHIA SIGNORA PIRODDA COME FACEVA ORMAI DA PIÙ DI 40 ANNI SI RECÒ AL CIMITERO A PORTARE UN FIORE AI SUOI CARI.ANDANDO VIA PASSÒ A SALUTARE UNA PICCOLA LAPIDE DOVE ERANO SEPOLTI DUE FRATELLINI ,SUOI ALUNNI,MORTI TRAGICAMENTE SOTTO L’INFERRIATA DEL CANCELLO DELLA SUA VILLA.DALLA FOTO SULLA LAPIDE I VOLTI DI MARCO E MARIA LE SORRIDEVANO.

CONTRO GLI STUDENTI REI D'AVER VOLUTO METTERE UNO STRISCIONE CONTRO UN CONVEGNO SI CONTRO GLI ULTRAS CHE IMPONGONO CO MINACCE D'ABBANDNARE LO STADIO NO

per approfondire leggere
  • Ultras - Wikipedia con ottimi riferimenti storici   e culturali   per  inquadrare  un fenimeno  ormai  sfuggito  di  mano   tanto d'essere  infiltrato  dale  mafie  e    dalla criminalità

Questa    vignetta   di un mio  contatto fb è la  sintesi     di quel  paragone    citasto  nel  titolo  del post  . Ma  ora  bado alle  ciancie    e veniamo  al post  in questione  .  
la  foto  sotto a sinistra   rappresenta   quello  che  è  successo  ieri  dopo il primo tempo  di Inter  - Sampdoria  a  San Siro  . dove la  curva   è stata  fatta svuotare da  capi  ultras  con la forza   e le minacce  dagli ultras in segno di rispetto👿☠😡😤🧠 per la morte   del capo  curva il  sessantanovenne Vittorio Boiocchi, che ha passato 26 anni della sua vita in carcere dopo aver commesso diversi reati quali rapina, traffico di droga e sequestro di persona. Secondo quanto riportato da La Gazzetta dello Sport i colpi sono stati sferrati in Via Fratelli Zanzottera mentre l’uomo era per strada e stava tornando a casa; è deceduto al pronto soccorso, dopo essere stato portato all’ospedale San Carlo in condizioni disastrose. Egli era un sorvegliato speciale , infatti aveva  l'obbligo d'allontanamento dallo stadio di San Siro ucciso per ragioni extra calcistiche. Il tutto,si può tradire secondo me, che il calcio ormai da 40 anni e le curve degli stadi sono in preda a persone che nulla hanno a che fare con lo sport. Ennesima vergogna di uno sport e di una federazione allo sbando totale. Una nazione dove il potere fa intervenire la polizia nelle università ma guai a mettere ordine negli stadi








mentre  finisco  di  scrivere questo mio commento leggo   su  https://footballnews24.it/ che  


[...]   il club della Pinetina starebbe valutando delle conseguenze: come riporta calciomercato.com infatti, la società starebbe considerando misure cautelative nei confronti dei tifosi costretti ad abbandonare lo stadio, come rimborsi o biglietti in regalo in vista dei prossimi match.

Cosa   giusta   ma  allo stesso  tempo  pulisci  coscienza  .  Le  società  calcistiche dovrebbero  , anche a  costro di passare  da  infami e delatori      collaborare  di  più   con  le  forze  dell'ordine  e  non fare  entrare  allo stadio   e foraggiare    certi elementi  .  

La "muratorina" negata per il latino è diventata professoressa degli ultimi altro che logiche meritocratiche

 a  confermare   l'articolo  sopra  riportato   c'è  questa  botta  e risposta    pubblicata   https://www.avvenire.it/opinioni/  sempre  del  29.10.2022

Da Palermo arriva una lettera emozionante contro le logiche meritocratiche ed escludenti. Con un grazie a Bruni e una storia che mi ricorda quella di mia madre e dice ciò che può fare la scuola e che dentro la scuola fanno donne e uomini di valore, che sanno “vedere” tutti i talenti e li aiutano a sbocciare


Gentile direttore,
vorrei rivolgermi al professor Bruni, e mi sembra strano chiamarlo così, perché sono professoressa anch’io e inoltre sono più anziana di lui. Ma la lettura di alcuni suoi articoli pubblicati su “Avvenire” è stata per me così illuminante (alcuni li ho utilizzati per scopi didattici) che non posso che chiamarlo così. Detto questo, oggi scrivo col cuore, dopo avere letto l’articolo dedicato al libro “Cuore” e concentrato sul concetto di “merito”, proprio quello aggiunto al Ministero dell’Istruzione (“Avvenire”, 23 ottobre 2022). Anch’io ho avuto una reazione di fastidio non appena l’ho sentito per la prima volta. Vede io sono la “muratorina” del suo articolo. Mio padre odorava, ed era sporco, di calce. E a 5 anni ho subito quella che lei magistralmente, chiama «profanazione del cuore». Infatti, la mia maestra, una suora, nel tentativo di fare un complimento a mia madre, disse che “non sembravo figlia di un muratore, ma sembravo nata sui tappeti”.
Così capii la divisione in classi e soprattutto che essere figlia di muratore non era una cosa buona. Sono cresciuta con uno strano dono rispetto all’ambiente che mi circondava: amavo i libri e la scuola. Sicuramente era un dono che ho avvertito prestissimo. La scuola era tutto per me. Ed è stata proprio la scuola della mia Repubblica che mi ha mandato avanti fino alla laurea, ma non senza difficoltà. Già alle scuole elementari avevo capito che volevo laurearmi e fare l’insegnante (allora dicevo «la maestra») ma per i miei genitori era già tanto farmi arrivare al diploma. Io, invece, a 13 anni ho deciso che avrei frequentato il liceo scientifico, imbrogliando mia madre che voleva mandarmi all’istituto tecnico per geometri. Non so perché mi sentivo attratta da materie, come latino e filosofia, pur non avendo idea di che cosa avrei incontrato. E proprio l’insegnante di latino fu il primo scoglio. Non mi sopportava, mi diceva che dovevo cambiare scuola e frequentare un istituto professionale perché ero «negata per il latino» (la maggioranza dei miei compagni aveva un insegnante privato oppure genitori diplomati che li aiutavano, i miei solo la seconda elementare).
Sono negata per il latino! È vero: ho preso lezioni private da adulta e non sono riuscita a compensare il vuoto, perché rivedo sempre quella lavagna e me, tredicenne (ero un anno avanti), muta che ascolto le sue parole: «È inutile che stai lì, tanto non lo capisci». Invece, io, la lotta di classe e in classe la capivo benissimo. Sono testardamente rimasta al liceo (avevo altri insegnanti che mi sostenevano), mi sono laureata in filosofia e ho vinto un concorso a cattedra per insegnare italiano nelle scuole superiori. Così sono professoressa da 32 anni e per 20 ho insegnato in un istituto professionale di Palermo collocato vicino al quartiere Zen (non so se il professor Bruni lo conosce).
Ho avuto alunni a cui ho insegnato l’ortografia di base, ho fatto educazione antimafia, ho onorato la memoria dei nostri morti e dei sindacalisti uccisi dalla mafia; soprattutto ho sperato che tutti loro facessero un salto di classe come era successo a me. Ma per tanti non è stato così. In ogni
caso, mai a nessuno ho detto: sei negato. Mai! A volte, quando leggo gli articoli di cronaca della mia città, e noto che non ci sono miei ex alunni tra i malfattori, mi piace pensare che forse ho contribuito a trasmettere anche l’amore per l’onestà e il senso civico.                    Sono stata la professoressa degli ultimi e, realmente, alunni con il dono dell’amore per la scuola ne ho incontrati pochissimi. A tutti ho dovuto trasmetterlo io nei modi più disparati e, a volte, disperati, con metodi da inventare volta per volta (tra cui una raccolta punti che funziona perfettamente), con i pochissimi strumenti che ci fornisce l’istituzione scuola.
Mi sono sempre trovata senza proiettori, né aule lettura, né aule calde e accoglienti, né cartine geografiche. Aule che sembrano celle, in cui ho insegnato e insegno portandomi dietro un proiettore comprato con i miei soldi (neanche il bonus docente lo riconosce come strumento didattico). Complessivamente, credo di avere fatto solo il mio dovere, rispecchiando il senso del lavoro che mi ha insegnato mio padre. Perché le ho scritto, perché mi rivolgo a Bruni? Per conforto, perché ho colto nel suo articolo un sentimento simile al mio e cioè che la scuola è e deve essere per tutti ed è la presenza tangibile di quella Repubblica delle stesse opportunità in cui credo fermamente. Grazie professore. Grazie da parte mia e dai miei studenti che ancora non sanno quello che diventeranno.


Piera Verace, professoressa Palermo




Il suo racconto, gentile e cara amica, mi ha emozionato. E condivido il suo ringraziamento a Luigino Bruni, che domenica scorsa – all’interno delle bellissime riflessioni che sta sviluppando tra grande letteratura ed economia (oggi continuano con il “Pinocchio” di Carlo Collodi) – ha dato un “la” potente alle nostre nuove messe a punto sul tema del merito e della meritocrazia, questione riaccesa dal cambiamento di nome del Ministero dell’Istruzione con l’aggiunta “e del Merito” e alla quale ieri abbiamo dedicato tre densi commenti.
Nodo che affrontiamo criticamente col nostro lavoro di cronaca e di analisi da molti anni, cercando di smontare luoghi comuni e di contrastare passi indietro nella scuola e nella società. Per questo ho deciso di lasciare a lei e alla sua voce limpida e forte gran parte di questo spazio di dialogo domenicale con i nostri lettori e le nostre lettrici. La sua storia e la sua vita di donna di scuola è diversa e uguale a quelle di tante e di tanti che hanno fatto fruttare i propri talenti pur partendo da condizioni svantaggiate e dovendo sovvertire le logiche meritocratiche e classiste che hanno a lungo dominato nel mondo dell’istruzione. La sua è una storia che mi tocca fortemente, per la bellezza in sé e perché ha punti di contatto con quella di mia madre, Graziella, che era figlia di artigiani (mio nonno materno falegname, mia nonna sarta) e che – nell’Italia degli anni Quaranta del Novecento – perciò era stata inesorabilmente instradata all’avviamento professionale, una volta il “secondo tempo” della scuola dei meno abbienti e vicolo cieco che precludeva ogni ulteriore possibilità di studiare. Era brillante e tenace come lei, quella ragazzina di Assisi, e spinta da alcuni insegnanti che s’incaricarono di motivare a dovere anche i genitori in pochi mesi pareggiò i conti con chi aveva frequentato le scuole medie, imparò pure il latino, e venne ammessa all’istituto magistrale, diventando poi maestra a neanche 18 anni.
Solo la morte prematura del padre, e il dovere di mantenere la madre divenuta disabile, le impedirono di laurearsi e di studiare anche il pianoforte che amava tanto. Ha insegnato tutta la vita, mia madre, seminando tanto e bene proprio come lei, gentile professoressa Verace. E io ne so qualcosa perché, ancora oggi, a distanza di anni, raccolgo frutti di stima e gratitudine da chi ha goduto del suo doppio magistero, che ha formato persone e cittadini. Questo è ciò che può fare la scuola e che dentro la scuola realizzano donne e uomini di valore, che sanno “vedere” tutti talenti e i accompagnano a sbocciare, senza rinchiuderli in gabbie o annientarli di pregiudizi. Grazie ancora, professoressa. E ancora buon lavoro.