Cracks +
Nostra patria è il mondo intero e nostra legge è la libertà
Cerca nel blog
27.10.25
È UN UOMO MA DEVE GIOCARE CON LE DONNE 🤔
Cracks +
diario di bordo n 153 anno III Il gesto eroico dei minatori di Portixeddu ( fluminimagiore ) Nel 1877 hanno salvato da un naufragio l’equipaggio di un mercantile inglese., Dall’isola al mondo sulle onde radio. Una passione che non conosce crisi nonostante internet e il web
la tragedia , la commedia , la polemica
LA TRAGEDIA
Ce ne sarebbero tante di tragedie di cui parlare . Ad esempio : morti bianche \ sul lavoro, violenza politica e giovanile,femminicidi \ violenza di genere, ecc . Ma oggi preferisco soffermarmi siugli incidenti automobilistici . Qualcuno dirà , ma non è una novità , ne succedono tutti i giorni n'è piena la cronaca locale e spesso come tappabuchi in quella nazionale . Vero . Ma purtroppo essi sono in aumento per imprudenze ( velocita , nessuna protezione ) , cmportamenti impropri ( cellulare , droga , alcool ) , oltre scarsa manutenzione e situazione pessima delle strade , destino e condanna morale e giuridica per un semplice bicchiere e odio degli haters . Ma in quest'ultimo caso,riportato sotto c'è dietro una storia particolare . ecco la cronaca
COMMEDIA
Anche per le commedie ce ne sarebbero tante da riportare , perchè la vita è fatta anche di commedia non solo dal punto di vista letterario\ artistico .
da https://www.noitv.it/
LUCCA - Enrico Casella si è visto svuotare completamente il conto corrente per via di uno scambio di persona con un omonimo di Potenza. All'INPS risultava che fosse scomparso a maggio, e che i familiari avessero indebitamente percepito la pensione per mesi. Ci ha raccontato la sua settimana da "morto"
da open tramite msn.it
Al raduno di Predappio tornano i saluti fascisti. La strigliata di Orsola Mussolini a Forza Nuova: «Siete qui solo per cercare visibilità»
predappio-saluti-romani-pronipote-duce-forza-nuova
Sono circa un migliaio — 700 secondo la Questura — i manifestanti che domenica 26 ottobre hanno preso parte alla camminata dalla piazza di Predappio, paese natale di Benito Mussolini in provincia di Forlì, fino al cimitero di San Cassiano. Un appuntamento ormai annuale per i nostalgici del ventennio fascista e della Marcia su Roma. Dopo due anni, davanti alla cripta del Duce sono tornati anche i saluti romani. Nonostante l’invito della famiglia Mussolini a mettere la mano sul cuore, decine di manifestanti hanno alzato il braccio teso dopo il rito del “presente”. Il colore predominante, come di consueto, è stato il nero. Tra i manifestanti, tante teste rasate ma anche qualche famiglia con figli.
Roberto Fiore presente ma non partecipa al corteo
Al raduno organizzato dalle pronipoti del Duce si è aggiunta quest’anno anche Forza Nuova, formazione politica di estrema destra, con il suo leader Roberto Fiore. La questura aveva intimato ai militanti di Fn di manifestare solo dopo le 15 e non anche alla mattina con il solito corteo. I membri di Forza Nuova, però, hanno ignorato questa disposizione, sostenendo che l’atto recherebbe «una firma digitale scaduta». Fiore è arrivato a Predappio in mattinata, ma in piazza ha avuto un breve colloquio con dirigenti della Digos e alla fine ha deciso di non partecipare alla camminata verso la cripta.
La pronipote del duce contro Forza Nuova
A punzecchiare i militanti di Forza Nuova è Orsola Mussolini, pronipote del duce e organizzatrice del raduno. «Quest’anno – ha spiegato – la manifestazione è stata resa più complicata dalla presenza di una forza politica che non nomino nemmeno, ma che ha creato condizioni non buone soltanto per ottenere visibilità, mentre noi siamo qui riuniti solo per un momento di preghiera». A proposito della Marcia su Roma del 1922, il cui anniversario ricorre il 28 ottobre prossimo, la pronipote di Mussolini sostiene che «non ci fu alcun colpo di Stato. Benito è stato eletto secondo lo Statuto Albertino e prima di lui con le stesse procedure sono stati eletti 26 presidenti del Consiglio».
26.10.25
Rossano Putzu, vita e opere del genio del girarrosto L’artigiano di Serrenti crea pezzi unici ispirati alle Ferrari e alle moto da Gran premio:
Il girarrosto creato da Rossano Putzu, di SerrentiPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Rossano Putzu, 71 anni, di Serrenti, è per tutti “il genio del girarrosto”. Da anni porta in giro per l’Italia e per il mondo un pezzo della Sardegna più autentica, l’arte culinaria. Lo fa costruendo dei particolari girarrosti artistici in grado di sostenere la cottura di decine di maialetti contemporaneamente.

Il girarrosto creato da Rossano Putzu, di Serrenti
Ne ha realizzati a centinaia, dalla moto di Valentino Rossi con il numero 46 alla Ferrari. Non solo tema motori, comunque; una delle sue ultime creazioni è ispirata ai Giganti di Mont’e Prama.

Una delle creazioni di Rossano Putzu
Un’arte, la sua, che potrebbe sopravvivergli: il nipote Diego, 12 anni, è più appassionato a quanto succede nel suo laboratorio che dentro lo schermo di uno smartphone anni porta in giro per l’Italia e per il mondo un pezzo della Sardegna più autentica, l’arte culinaria. Lo fa costruendo dei particolari girarrosti artistici in grado di sostenere la cottura di decine di maialetti contemporaneamente. Che sia lui a prendere un volo o i suoi tanti amici sparsi per il pianeta a raggiungerlo nel suo laboratorio a Serrenti, osservarlo all’opera significa assistere a una coreografia di movimenti precisi che ha affinato nel corso degli anni.
La vita
Rossano viene da una famiglia numerosa, affidato a suo padrino all’età di sei anni si ritrova a Cagliari, spesso a bordo del peschereccio di colui che definisce affettuosamente un maestro di vita, dove inizia a imparare i fondamentali di quella che diventerà una vera e propria passione. «Ogni notte era una festa – racconta Putzu – e tante erano le persone che si fermavano a mangiare con noi, è così che ho imparato ad arrostire i pesci da piccolissimo». Per molti anni si guadagna da vivere facendo il meccanico, poi a un certo punto della sua vita queste due passioni sembrano intrecciarsi e Rossano inizia a dedicarsi alla progettazione e costruzione di particolari girarrosti con design di moto e auto da corsa, dando vita a un’arte unica nel suo genere. Ne ha costruiti a centinaia, dalla moto di Valentino Rossi con il numero 46 alla Ferrari, e non solo a tema motori, una delle sue ultime creazioni è ispirata ai Giganti di Mont’e Prama: «Sono oltre 40 anni che mi dedico a questa passione, alcuni lavori richiedono moltissimo tempo, per la moto di Valentino Rossi ho impiegato più di otto mesi. L’impegno è ben ripagato, di recente ho avuto il grande onore di ricevere un riconoscimento al talento artistico dai miei compaesani».
L’erede
Nessuno dei suoi figli la condivide, ma sembra avere inaspettatamente contagiato suo nipote Diego, un dodicenne più incuriosito dal nuovo girarrosto di nonno Rossano che dall’ultimo modello di smartphone in commercio. «Sin da piccolissimo osservo mio nonno arrostire e costruire i suoi girarrosti – racconta Diego – e ho sempre desiderato poter partecipare, con il tempo ho capito che stava diventando una vera e propria passione. Una delle preparazioni che mi affascinano di più è quella della Carapigna, quest’anno ho finalmente memorizzato la ricetta e ho potuto mettere in pratica le mie abilità realizzando così un grande sogno. Spero di poter portare avanti nel tempo la passione di mio nonno». La Carapigna è un sorbetto tipico della Sardegna, di cui Rossano custodisce gelosamente un’antica ricetta scritta a carbone: «Sin da bambino ha mostrato interesse per quello che faccio – spiega Rossano – quando arrostisco mi osserva sempre incuriosito, si vede che è qualcosa a cui tiene, ha appreso subito la preparazione della Carapigna e ora la realizza in autonomia». Rossano potrebbe aver trovato un degno erede della sua passione e chissà, magari tra qualche anno sarà proprio Diego a sfornare qualche originale creazione in acciaio inox.
Alberto lerza e carlo acutis “Santi a confronto: il dolore che parla e quello che viene raccontato
Alberto, 8 anni e una fede tenace: si pensa alla beatificazione per il “bimbo che parlava con Gesù”
Nel ricordo del figlio scomparso nel 2024 per un tumore i genitori hanno creato il «Pulmino dei sogni»: regalano ad altri piccoli malati momenti di svago lontano dall’ospedale
![]() |
Il piccolo Alberto Lerza e la benedizione a Pinerolo del "Pulmino dei sogni" creato dai genitori in sua memoria |
![]() |
| Federico Lerza ed Elisa Di Girolamo, papà e mamma di Alberto, con il Pulmino dei sogni davanti al Regina Margherita |
Fama di Santità: È il presupposto fondamentale. Deve esserci un'opinione diffusa e autentica tra i fedeli (la "vox populi") che la persona abbia vissuto una vita integra, ricca di virtù cristiane praticate in modo eroico, o che sia stata un martire (cioè sia morta per la fede).
Apertura della Causa: La causa può essere avviata solo dopo la morte del fedele (di solito, non prima di cinque anni, salvo dispensa del Papa). Viene avviata a livello diocesano dal Vescovo, su richiesta di un Postulatore, e la persona in questione viene chiamata Servo di Dio.
Verifica delle Virtù Eroiche/Martirio: La fase diocesana raccoglie documenti e testimonianze per dimostrare che il Servo di Dio ha praticato le virtù (Fede, Speranza, Carità e le virtù cardinali) a un livello "eroico", cioè superiore alla media.
In sintesi, affinché ci siano i presupposti per la beatificazione di "Alberto Leza", sarebbe necessario:
Che esista una fama di santità significativa e duratura su di lui.
Che sia stata ufficialmente aperta una Causa da parte della sua diocesi di appartenenza.
Se la persona è un tuo conoscente o una figura locale, l'informazione sulla possibile Causa di Beatificazione (che inizia a livello diocesano) potrebbe non essere ancora nota a livello globale.
Ho fatto attraverso internet come suggerito da Gemini Ia : « In quel caso, potresti provare a cercare informazioni presso la diocesi in cui ha vissuto e/o è morto.» ed ecco in sintesi in risultato Dai risultati di ricerca aggiornati, è possibile stabilire quanto segue in merito ai presupposti per la sua beatificazione:
Fama di Santità (o Martirio):
Sì, il presupposto principale è presente: la vicenda di Alberto Lerza è caratterizzata da una forte e crescente fama di santità, non solo a livello locale (Diocesi di Pinerolo).
La sua storia è stata ampiamente diffusa dai media cattolici e dal libro scritto dal padre, Federico Lerza, intitolato Alberto, l'angelo della speranza.
La testimonianza chiave è l'impatto spirituale che Alberto ha avuto sulla sua famiglia e su coloro che lo hanno conosciuto, in particolare la sua capacità di trasmettere la fede e l'abbandono al Signore anche di fronte a una malattia terminale (un vero e proprio "miracolo di conversione" per il padre, come testimoniato).
L'eroicità delle virtù si manifesterebbe nella sua forte e matura fede dimostrata a un'età giovanissima, superiore a quella che si aspetterebbe dalla media dei fedeli.
Stato della Causa:
L'apertura di una Causa di Beatificazione (che in una prima fase fa definire il candidato Servo di Dio) richiede normalmente l'attesa di cinque anni dalla morte della persona.
Alberto Lerza è deceduto il 24 settembre 2024.
Pertanto, la Causa non può essere ancora stata aperta ufficialmente, salvo una dispensa da parte del Papa (come avvenuto per San Giovanni Paolo II), che è un evento molto raro.
Tuttavia, il notevole impatto della sua testimonianza e la diffusa fama di santità sono fattori che, in futuro, possono portare all'apertura ufficiale del processo diocesano.
Ecco quindi che nel caso di Alberto Lerza, esistono forti presupposti per l'avvio della causa di beatificazione, in quanto è ampiamente riconosciuta la sua fama di santità e l'esercizio "eroico" delle virtù cristiane in età infantile. Tuttavia, a oggi (ottobre 2025), la causa non è ancora stata avviata formalmente in quanto non è trascorso il periodo di attesa di cinque anni richiesto dalle norme canoniche (che scadrà nel settembre 2029).Se mai dovesse essere accolta la proposta io preferisco la sua beatificazione rispetto a quella Il "beato dei millennials" era Carlo Acutis, morto nel 2006, che è stato canonizzato a settembre 2025, diventando il primo santo millennial della Chiesa cattolica. In quanto Alberto ha dato prova di fede con il martirio e l' accettazione della sofferenza cosa non da poco in tempi come questi che ci deprimiamo e piangiamo davanti alla malattia o ne chiediamo la morte prematura perchè non sopportiamo le sofferenze .Mentre Carlo lo ha fatto e testimoniato attraverso il web e di quello sono capaci tutti sia chi ha poca fede che grande fede e sente la vocazione come lui . Infatti. in Alberto Lerza: c'è il martirio dell’infanzia in quanto Morto a 8 anni per una malattia tumorale, Alberto è ricordato per la sua serenità mistica e per frasi come “Papà, questa è la mia strada, non la tua. Io parlo con Gesù”.La sua figura è legata a un dolore puro, non mediato, che si trasforma in testimonianza spirituale.La narrazione attorno a lui è ancora locale, intima, fragile, e rischia di essere travolta da una mediatizzazione che spettacolarizza il dolore infantile e per questoi che preferisco aspettare anzichè farlo subito .Infatti per🧑💻 Carlo Acutis: definito il santo dei millennial e processo rapido è Morto a 15 anni di leucemia fulminante, Carlo è stato beatificato nel 2020 e canonizzato nel 2025. tanto da essere noto come il “patrono di Internet”, per la sua passione per il web e la creazione di siti dedicati all’eucaristia.E' vero che La sua figura è stata istituzionalizzata, con un miracolo riconosciuto (guarigione di una studentessa dopo un trauma cranico).Ma poichè il suo corpo è esposto ad Assisi, perfettamente conservato, in una narrazione che unisce tecnologia, fede e marketing spirituale.Ecco le
🔍 Differenze chiave
| Aspetto | Alberto Lerza | Carlo Acutis |
|---|---|---|
| Età alla morte | 8 anni | 15 anni |
| Causa della morte | Tumore infantile | Leucemia fulminante |
| Narrazione dominante | Intimità mistica, dolore puro | Santità digitale, miracolo riconosciuto |
| Riconoscimento ufficiale | Nessuno (per ora) | Beatificazione e canonizzazione |
| Simbolo | Bambino che parla con Dio | Ragazzo che evangelizza online |
| Rischio narrativo | Spettacolarizzazione del dolore | Branding spirituale |
25.10.25
che bisogno abbiamo di hallowen Il fascino de Su Prugadoriu, quando le anime tornano a casa Nella notte in cui il confine tra i vivi e i defunti è sottile come un soffio di vento, la Sardegna si ferma per ascoltare le voci dell’aldilà
fonte unione sarda
Il fascino de Su Prugadoriu, quando le anime tornano a casaNella notte in cui il confine tra i vivi e i defunti è sottile come un soffio di vento, la Sardegna si ferma per ascoltare le voci dell’aldilà
Un momento del rito de su prugadoriu a Seui (foto d'Archivio)Nella notte in cui il confine tra i vivi e i defunti è sottile come un soffio di vento, la Sardegna si ferma per ascoltare le voci dell’aldilà.
È Sa notti ’e is animas, la notte delle anime, un rito antico che attraversa i secoli e le generazioni, e unisce memoria, devozione e comunità.
Prima che Halloween varcasse i confini del mondo anglosassone, nell’Isola si accendevano già le zucche — concas de mortu — per illuminare il cammino degli spiriti che tornavano a visitare i propri cari.
Dal tramonto del primo novembre fino alla mezza giornata del 2, le case sarde si aprono a una ritualità intima e collettiva: è il tempo di Su Prugadoriu, parola che in sardo significa “purificazione”. Secondo l’antica credenza, le anime dei defunti, ancora sospese tra la terra e il Paradiso, si preparano in quei giorni alla loro ascesa definitiva. E i vivi, in un gesto di pietà e di amore, diventano custodi del loro passaggio, offrendo preghiere, cibo e piccole donazioni.
A incarnare questa tradizione sono soprattutto i bambini, che percorrono le strade dei paesi bussando di porta in porta e chiedendo: “Mi donada su prugadoriu?” (mi dà il purgatorio?) e ricevono in cambio dolci, frutta secca o piccole offerte.
È un gesto che richiama il trick or treat anglosassone, ma con un significato profondamente diverso: qui non si tratta di gioco, non ci sono maschere, ma è un atto di carità verso le anime bisognose, un modo per “sfamare” i morti e tenerne viva la memoria.
Le famiglie rispondono con un augurio che è una benedizione: «A is animas dei nostusu, e bengada dividiu cun cussas animas chi non s’arregodanta» (alle anime dei nostri cari e con quelle anime che nessuno più ricorda).
Parole pronunciate con la stessa delicatezza con cui si accende una candela davanti a una fotografia sbiadita.
Nei piccoli centri dell’interno, la tradizione è ancora più corale: a Esterzili, per esempio, sul sagrato della chiesa di San Michele, gli adulti si ritrovano attorno a un grande falò. Si arrostiscono castagne, si beve vino nuovo, si prega e si suonano le campane “a morto” per tutta la notte.
È un modo per vegliare insieme, per condividere il ricordo e trasformarlo in vita. Anche i giovani chierichetti partecipano alla raccolta delle offerte per is animeddas, destinate alle messe in suffragio dei defunti, in un intreccio di fede e solidarietà che rinsalda la comunità.
Sulle tavole, non possono mancare is culurgionis, i celebri ravioli sardi dalla chiusura a spiga. In quei giorni sono più di un semplice piatto: la loro forma, che ricorda il ciclo della semina, è un simbolo del legame tra vita e morte, tra ciò che finisce e ciò che rinasce.
Nella notte delle anime, ogni casa diventa un altare. Le zucche intagliate e illuminate rappresentano la luce che guida i defunti nel loro viaggio verso l’eterno. In questa atmosfera sospesa, dove il sacro si mescola al quotidiano, la Sardegna rinnova un’antica promessa: ricordare i morti per restare vivi, custodire il passato per non smarrire il futuro.
A 49 anni si reinventa edicolante., A 100 anni ancora dietro il bancone: chi è Anna Possi, la barista più longeva d’Italia
fonte unione sarda
La serranda abbassata da mesi, il cartello “Vendesi” ormai scolorito dal sole: sembrava la fine di una piccola storia cittadina, una di quelle che passano inosservate finché non ci si accorge del vuoto che lasciano. E invece no. Da ieri, l’edicola di viale Diaz è tornata a vivere. Dietro al bancone, con la grinta di chi ha deciso di rimettersi in gioco, c’è il 49enne Stefano Spiga, per trent’anni impiegato nel settore ottico. «Non mi rassegnavo a vedere quella serranda chiusa ogni giorno – racconta – La guardavo dal negozio, proprio dall’altra parte della strada, nel quale ho lavorato fino a due giorni fa. E a un certo punto ho capito che era il momento di cambiare».
La decisione
Così, dopo settimane di riflessione e qualche notte insonne, Spiga ha deciso di comprare il chiosco (per vent'anni appartenuto a Nicola Madeddu) e riaprirlo, dando una svolta netta alla sua vita. Un gesto di coraggio, in tempi in cui le edicole sono in difficoltà. «È vero, il settore è in crisi – ammette Spiga – ma sono convinto che ci siano ancora margini per lavorare, se si ha la volontà di adattarsi e innovare». La riapertura, ieri mattina, è stata una piccola festa spontanea. Il chiosco, ancora semivuoto in attesa delle forniture complete, aveva già in bella vista L’Unione Sarda e alcune riviste. «In tantissimi si sono fermati a salutarmi, a farmi gli auguri, nonostante non avessi organizzato un’inaugurazione. Tutti mi hanno detto che era ora che l’edicola riaprisse».
Il futuro
L’obiettivo di Spiga è che il suo chiosco diventi un punto di riferimento, non solo per chi compra il quotidiano al mattino. «Approfitterò della posizione – spiega – siamo tra scuole, tribunale, Poste e negozi. Voglio aggiungere materiale di cartoleria, gadget, giochi per bambini. E sto valutando di attivare servizi come il ritiro pacchi o l’attivazione dello Spid. Bisogna offrire qualcosa in più, se si vuole sopravvivere». Così, tra i rumori del traffico e l’alternarsi di verde, arancione e rosso del semaforo, viale Diaz ritrova un piccolo cuore pulsante. La scena quotidiana non è poi cambiata così tanto: la via Diaz è sempre la stessa, con il suo via vai di studenti, impiegati e clienti di passaggio. Solo che ora Stefano Spiga la osserva da un’angolazione diversa. Dopo trent’anni dietro le lenti di un ottico, si ritrova dietro al bancone di un chiosco: stessi passanti, visuale identica, ma un lato diverso del marciapiede. «In fondo – scherza – ho solo attraversato la strada, ma la prospettiva è completamente nuova. E la sveglia suona decisamente presto».
![]() |
| daun servizio della rai |
24.10.25
voi festeggiate hallowen e io il grande cocomero
Lo so aborro tale termine , ma se non lo usi le nuove generazioni non ti capiscono e ti guardano strano , preferisco usare o i termini locali vedere sotto url o per dirla ( vedere vignetta e url sopra ) nostalgicamente e letterarialmente grande cocomero
- https://www.cagliarimag.com/sardegna/halloween-in-sardegna
- https://www.residenceitaliahotel.it/scopri-la-sardegna/halloween-in-sardegna-tra-misteriose-leggende-e-riti-antichi
- https://www.unionesarda.it/bella-sardegna/leggende-e-tradizioni/la-notte-de-is-animeddas-il-fascino-antico-dellhall
- https://www.homesinsardinia.com/su-mortu-mortu-halloween-in-sardegna
silenziosa ecatombe di mario domina
23.10.25
Manuale di autodifesa I consigli dell’esperto anti aggressione Antonio Bianco punta n LIV PERCEPIRE E PREVENIRE UN PERICOLO CON L’OLFATTO ?
🧠 L’olfatto come metafora di percezione
Fiutare il pericolo: In senso figurato, molte persone parlano di “sentire puzza di guai” o “avere il naso per certe situazioni”. Questo può indicare una sensibilità ai segnali premonitori—comportamenti controllanti, manipolazioni, cambiamenti d’umore improvvisi.
Odori e memoria emotiva: L’olfatto è il senso più direttamente collegato al sistema limbico, che regola emozioni e memoria. Un odore può evocare ricordi traumatici o segnali di allarme, ma anche confondere, se associato a momenti di apparente intimità.
⚠️ L’olfatto come rischio di fuorviamento
Normalizzazione olfattiva: L’abitudine agli odori di una persona può creare una falsa sensazione di familiarità e sicurezza, anche in contesti abusanti.
Romanticizzazione del pericolo: In alcune narrazioni tossiche, l’odore dell’altro viene idealizzato (“mi manca il suo profumo”), anche quando è legato a dinamiche violente.
“Risorse e risentimenti: il vocabolario dell’odio quotidiano” “Sassi, silenzi e vergogne: cronaca di un’Italia che non si dissocia”im caso degli ultras neofascisti a rieti
Qualche giorno fa mi pare perchè ho coniviso o partecipato ad una discussione sui social sulla notizia del legame di almeno due degli ultras accusati dell'omicidio dell'autista del pullman dei tifosi del Pistoia Basket, con ambienti di estrema destra e neofascisti .9Ho ricenvuto via emai numerosi commenti
RIEPILOGHIAMO IL FATTO
22.10.25
Un asino può anche fingersi cavallo, ma prima o poi raglia
Credo che questi due anni di genocidio in Gaza ha portato in superficie la melma nera che era in fondo all’anima di questa gentaglia.La cosiddetta classe "intellettuale" italiana ha gettato la maschera ed ha
mostrato il volto del mostro suprematista, razzista e coloniale. E non sono solo Mieli ed i loschi figuri come lui, anche molti professori universitari, registi, sceneggiatori, musicisti, artisti visuali, scrittori sono come lui. Verrebbe da dire: mio dio, come siamo caduti in basso.Sono come quelli che hanno un “sentire” di destra che si nascondano a sinistra! Prima o poi esce fuori la loro vera natura … I peggiori .Mentana sulla sua pagina Meta, senza vergogna pubblica questo !
Sempre che sia vera cosa di cui io dubito visto che Lei stessa lo ha smentito
«Il Tempo mi ha attribuito parole che non solo non ho mai pronunciato, ma che, per la storia del mio popolo, non potrei nemmeno mai pensare e che mi ripugnano», ha scritto Fatayer, spiegando di aver condiviso sul suo profilo personale – utilizzato «per veicolare quotidianamente decine e decine di informazioni ed episodi sul genocidio a Gaza e in Palestina che i media mainstream ignorano» – il video, senza però aver letto la caption che lo accompagnava. Questa mattina, invece di indignarsi per le parole di Eydar, prosegue Fatayer, «alcuni giornalisti hanno scelto di strumentalizzare». E poi: «L’Olocausto è stata una delle pagine più orribili della storia dell’umanità, e come tutti, continuo a dire con convinzione: mai più. Rispetto profondamente la storia e la sofferenza del mio popolo e proprio per questo so che chi ha conosciuto, come noi, l’oppressione e conserva bontà nel cuore, sa riconoscere e comprendere la sofferenza degli altri. Condanno, senza esitazione, il genocidio del popolo ebraico durante la Seconda guerra mondiale, come ho sempre fatto partecipando attivamente a tutte le commemorazioni e manifestazioni antifasciste».
da
Alfredo Facchini
Ieri alle 12:48
·
Non chiamatele gaffe. Le parole di Paolo Mieli non sono scivoloni. Rivelano il ventre molle del giornalismo italo-sionista. Il lavoro più sporco lo fanno i Sechi, i Ferrara, i Sallusti, i Porro, gli urlatori. Mieli e Molinari, invece, sono gli addetti alla manutenzione del suprematismo che si traveste da cultura, la propaganda che indossa la toga della competenza.Paolo Mieli, ai microfoni di Radio 24, parlando di Souzan Fatayer, palestinese da quarant’anni a Napoli, candidata alle Regionali in Campania con Avs, l’ha definita - testuale - “la palestinese napulitana… una signora in leggerissimo sovrappeso”.E poi, come se non bastasse, quando qualcuno gli ha fatto notare l’oscenità appena sputata, ha aggiunto: “Però se lì la campagna è sulla fame, la carestia… non lo dico come giudizio estetico”.Non si tratta di una gaffe. Non si tratta di una “battuta infelice”. È un riflesso coloniale. Il ghigno di chi pensa di poter ridurre u donna palestinese a un corpo da sbeffeggiare. È roba che viene da lontano. Souzan Fatayer è una donna che porta addosso quarant’anni di esilio, di dignità, di lotta, di vita vera. Fatayer nasce a Nablus, in Palestina. Arriva in Italia nel 1984. Vive a Napoli da quarant’anni. È economista, docente, traduttrice, mediatrice culturale.Parla arabo, italiano, inglese. Traduce mondi, non solo parole. Da sempre impegnata per i diritti umani e la libertà del popolo palestinese. Ha lavorato tra università, associazioni, ospedali, scuole. È voce autonoma, laica, femminista, anticoloniale. Souzan Fatayer: una donna, due patrie, la stessa lotta.Quella di Mieli non è una gaffe, è un messaggio. Un modo di ribadire chi può parlare e chi no. Serve a ricordarci chi detta le regole del discorso, chi concede la parola e chi la toglie. Si sentono onnipotenti, intoccabili.Parlano come se le vite degli altri fossero materiale per le loro battute. Un asino può anche fingersi cavallo, ma prima o poi raglia.
Pietro Sedda il designer, artista e tatuatore di fama mondiale racconta i suoi nuovi progetti
Dopo la morte nei giorno scorsi all'età di 80 anni di Maurizio Fercioni ( foto sotto a sinistra ) considerato il primo t...
-
Come già accenbato dal titolo , inizialmente volevo dire Basta e smettere di parlare di Shoah!, e d'aderire \ c...
-
iniziamo dall'ultima news che è quella più allarmante visti i crescenti casi di pedopornografia pornografia...
-
Ascoltando questo video messom da un mio utente \ compagno di viaggio di sulla mia bacheca di facebook . ho decso di ...








