Nostra patria è il mondo intero e nostra legge è la libertà
19.4.14
Wake up Sassari, uno spot per ridare vita al cuore della città
L'iniziativa che trovate sotto presa dalla nuova sardegna di qualche giorno fa può essere una risposta a questo
SASSARI. Uno spot pubblicitario per dare una mano al centro storico di Sassari messo in ginocchio dalla crisi. I protagonisti del video sono proprio i commercianti. Sono loro che nei tre minuti dello spot invitano i cittadini a ritornare nel cuore della città per riscoprirlo attraverso i profumi e il percorso dei negozi di qualità. (Progetto, idea e sviluppo: Stefania Budroni e Chiara Mela. Camera, video editing, grafica: Chiara Mela). L'idea nasce proprio da una commerciante, Stefania Budroni, sassarese, titolare del negozio “Piccoli affari –usato per bambini” in via Università. Un tempo cuore pulsante del commercio cittadino e oggi aggrappata ai pochi coraggiosi commercianti che nonostante la crisi non hanno abbassato la serranda.I protagonisti del video, realizzato insieme a Chiara Mela, giovane professionista del settore foto e video, sono proprio i commercianti. Sono loro che nei tre minuti dello spot invitano i cittadini a ritornare al centro per riscoprirlo proprio attraverso i profumi e il percorso dei negozi di qualità. “Wake up sassari - Il centro dei commercianti” è il messaggio augurale che i titolari di attività commerciali nel centro storico inviano alla propria città e ai suoi visitatori. «La primavera è arrivata e gli operatori del centro sollevano le serrande – spiega Stefania Budroni – offrendo non solo i propri prodotti ma anche l'entusiasmo e la tenacia di chi sostiene la rinascita del centro. Il centro storico commerciale si propone come una grande comunità che abbraccia e saluta con un sorriso, dimenticando per un attimo i problemi».
Nel video, che sta spopolando su facebook, si respira una nuova musica. «Da qualche anno si ha la sensazione che stia nascendo un nuovo centro, più giovane, più creativo, più forte – spiega Chiara Mela – condividere un progetto, o semplicemente un’emozione, come nel caso di questo video, è un ottimo punto di partenza per fare rete e affrontare questa terribile crisi»."Wake up sassari - Il centro dei commercianti " nasce con l’obiettivo di creare uno spot pubblicitario per il centro storico di Sassari, è un messaggio di ottimismo, che partendo dalla constatazione drammatica del commercio, prova a reagire trasmettendo le emozioni che solo chi popola il centro conosce: socialità, familiarità, calore e tradizioni. Le immagini sono girate principalmente all’interno degli esercizi commerciali, protagonisti sono i titolari delle varie attività, ma la vera protagonista è una Sassari che ha voglia di scrollarsi di dosso la crisi e il pessimismo. E il video è un piccolo ma importante passo in questa direzione.
18.4.14
L' UOMO CHE CREDE CHE LE NUVOLE LE PORTI IL VENTO.... Tony Bulciu
la bravissima tony bulciolu è riuscita a rendere in modo originale questa opera de andreiana
L' UOMO CHE CREDE CHE LE NUVOLE LE PORTI IL VENTO....
L' UOMO CHE CREDE CHE LE NUVOLE LE PORTI IL VENTO....
Conosco un uomo che crede che le nuvole le porti il vento,
in riva al mare cammina lento.
Lo sguardo volto verso un sasso
non si accorge degli aerei che volano basso,
che lasciano una moltitudine di scie
che rendono il cielo più trafficato delle vie.
Rilasciano gas velenosi e vapori
che fan diventare vacche i tori!
Il cielo non è più azzurro
ma è diventato color burro.
I gas si addensano
e si formano le nuvole piano piano,
e comincia a piovere e fare tuoni
e si formano le alluvioni.
Quell' uomo che conosco a Flight Simulator pensa ancora di giocare,
la realtà non vuole accettare,
crede ancora che le nuvole le porti il vento
e degli aerei che volano nel cielo è contento!
(Tony)
Iran, sospesa esecuzione in piazza: madre della vittima salva l'assassino
anche i credenti di una religione , considerata in occidente solo come fanatismo , sono capaci di grandi gesti come quello del perdono
Ora poichè
riporto qui sotto sole alcune immagini prese ( eccetto l'ultima , che è una mia foto fatta con il cellulare da repubblica cartacea d'oggi) le altre sulla galleria fotografica di repubblica da cui ho preso le note
L'esecuzione è stata sospesa all'ultimo minuto dai genitori della vittima. E' successo in Iran. L'assassino aveva già il cappio intorno al collo quando la mamma del diciottenne che aveva ucciso gli è avvicinata e lo ha schiaffeggiato in viso risparmiandogli la vita. La storia: sette anni fa Balal, 20 anni, aveva massacrato a pugnalate Abdollah Hosseinzadeh durante una lite in una delle strade di Royan.
miglio verde |
ultima volontà prima della corda |
perdono dai familiari della vittima |
La Qisas (legge della sharia della retribuzione) ha deciso che fossero i familiari della vittima a compiere il gesto definitivo, spingere la sedia dell'esecuzione capitale. Ma quello che è accaduto in piazza ha sorpreso tutti e ha segnato un precedente importante in uno dei paesi con il più alto numero di condanne a morte nel mondo dopo la Cina. La madre di Abdollah ha schiaffeggiato Balal e il marito gli ha levato il cappio dal collo. Gli attimi seguenti raccontano uno straordinario abbraccio tra due madri in lacrime: una che piange il figlio morto e l'altra quello risparmiato.
le due madri
La famiglia di Abdollah aveva già perso un altro figlio di 11 anni in un incidente di moto. "Ho deciso di salvarlo - spiega il padre - perché un sogno mi ha cambiato: Abdollah mi diceva che si trovava in un bel posto e non c'era più bisogno di vendicarsi".
Oggi Balal è salvo, ma in prigione e la sedia delle esecuzioni non si è mossa ( corsivi ed aggiunta mia )
(di RAFFAELLA SCUDERI)
P.s
un altra mia aggiunta sono le didascalie alle foto
Oschiri, un cofano d’auto come tela e il carrozziere diventa un artista
anche con un cofano d'arte si può fare arte
è il caso di questo carrozziere
OSCHIRI
Da carrozziere ad artista il passo non è affatto breve. Per creare disegni sui cofani delle auto con l’aerografo, come fa ormai da anni il 46 enne oschirese Tore Masia,( foto a destra ) occorre avere un “X factor”, un misto di talento, ispirazione, conoscenza tecnica e capacità manuale.
Se in giro per il Monte Acuto o il Logudoro vedete un’auto o una motocicletta adornate con motivi che non siano
quelli della casa produttrice, potete stare certi che dietro ci sia la mano del poliedrico carrozziere di Oschiri. Fiori e donne stilizzate i disegni più richiesti, spesso da giovani dall’animo un po’ hippy, o da qualche persona di mezza età dallo spirito molto eccentrico. Certamente dietro richieste del genere c’è la voglia di stupire che vince la naturale reticenza a modificare l’originale, specie se è appena uscito dai saloni della concessionaria. E infatti molte delle sue opere in realtà non circolano per le strade del nord est isolano. Uno dei suoi “cofani d’autore” fa bella mostra di sé in casa di Masia «ed è sempre molto apprezzato dagli ospiti» dice soddisfatto. «Già da prima di terminare gli studi all'istituto professionale del mio paese – spiega – lavoravo i miei fratelli nell’officina di carrozziere che mio padre avviò circa trent'anni fa in paese. Fu qui che appresi le tecniche di saldatura e di verniciatura dei materiali più svariati e la manualità necessaria. Così la mia creatività ha potuto esplodere» dice. Anche sotto forma di curiose biciclette dalle forme inconsuete e allungate. E da qualche anno l'artista oschirese si è avvicinato anche al mondo della lavorazione del legno e della pietra «cercando di soddisfare un bisogno spirituale che mi porto dentro da sempre». (s.d.)
16.4.14
Tornano gli angeli neri di Atene. Carne gratis al mercato per Pasqua
la repubblica del 16\4\2014
Tornano gli angeli neri di Atene.
Carne gratis al mercato per Pasqua
Le misteriose benefattrici della capitale colpiscono ancora: dopo il blitz di Natale, sono riapparse all'alba di oggi tra i corridoi del bazaar vecchio della capitale greca e hanno regalato capretti e agnelli ai clienti in difficoltà economiche. Hanno speso circa 40 mila euro poi sono di nuovo sparite nel nulla
di ETTORE LIVINI
ATENE - Gli angeli neri di Barbakeios, il mercato antico di Atene, concendono il bis. Quattro mesi fa, alla vigilia di Natale, l'esordio: un gruppo di otto donne vestite con abiti scuri era apparso all'alba tra le bancarelle del vecchio bazaar, piazzandosi nel corridoio dove i macellai urlano per provare ad attirare clienti. Avevano seguito le trattative, individuando le persone che in apparenza erano in difficoltà economica. E quando si avvicinavano alla cassa per pagare aprivano il portafoglio e saldavano il conto, invitando i fortunati a riempire il sacchetto con qualche chilo di carne in più. La scena era andata avanti un paio d'ore. Poi quando si era sparsa la voce dell'arrivo delle benefattrici e il mercato aveva iniziato a riempirsi di gente, le misteriose signore erano svanite nel nulla, sparendo come ombre in mezzo alla folla dopo aver speso 20mila euro tra capponi e cotechini.
Ieri, con Pasqua alle porte, la replica. Stessa ora, stesso copione. Poco dopo le otto vicino ai registratori di cassa dei macellai sono riapparsi quelli che sotto il Partenone chiamano gli angeli neri. Questa volta a far la parte del leone sono stati i poveri capretti e gli agnelli ma il risultato è stato identico: nel momento in cui i clienti stavano per pagare, a saldare il conto ci pensavano loro. La situazione si è surriscaldata attorno alle 10. E quando sotto le volte metalliche del vecchiobazaar sono arrivati i giornalisti, è calato il sipario. Un paio di agenti di sicurezza spuntati dal nulla hanno protetto l'identità delle apparizioni di Barbakeios. Che dopo aver speso il doppio di Natale, 40mila euro, si sono volatilizzate - dice il tam-tam ateniese - a bordo di due auto di lusso. "Avevo preso otto chili di carne trita per il pranzo di Pasqua. Ho provato a insistere, ma non c'è stata storia. Hanno voluto pagare loro", ha raccontato ai reporter uno dei beneficiati dalle buone Samaritane.
Chi sono le protagoniste di questa favola dell'austerity? La loro identità è ancora avvolta nel mistero, cosa che ha fatto tramontare l'ipotesi che si trattasse di una trovata pubblicitaria. La versione più gettonata tra i vicoli di Odos Athinas, tra le bancarelle di pesce, frutta e verdura e i venditori ambulanti di Souvlaki è che si tratti di un gruppo di signore di Kolonaki, la zona più ricca di Atene, a poche centinaia di metri da qui, che hanno deciso di fare la loro parte per provare a mettere una minima toppa ai guai di un paese che in cinque anni di crisi ha bruciato il 25% del Pil. Il 27% dei bambini ellenici, certifica l'Unicef, vive sotto la soglia della povertà. La cura lacrime e sangue della Troika ha spedito la disoccupazione al 27%. Oggi, dice il governo di Antonis Samaras (e confermano i dati macro-economci), il vento è girato e la ripresa è in arrivo. In attesa che se ne rendano conto le famiglie che hanno perso in un lustro il 40% del loro reddito disponibile, a far quadrare i conti di casa - almeno alle feste comandate - ci pensano gli angeli neri di Barbakeios.
15.4.14
13.4.14
quando il calcio era calcio e non solo business. il Cagliari scrisse la storia Il 12 aprile 1970 arriva lo scudetto
canzoni consigliate
una vita da mediano - Luciano Ligabue
La leva calcistica della classe '68 - Francesco De Gregori
dall'unione sarda di Sabato 12 aprile 2014
Matteo Sau
Sono passati 44 anni dalla partita che regalò la matematica vittoria dello scudetto al Cagliari.
Fa caldo allo stadio Amsicora, un catino gremito di spettatori arrivati da tutta la Sardegna. Già perché il Cagliari non solo è una delle migliori squadre della massima serie e dunque è normale attirare il grande pubblico, ma quel giorno sta per succedere qualcosa di grandioso. I tubi Innocenti delle curve rimbombano, lo stadio sembra una pentola in ebollizione: il Cagliari è a un passo dalla vittoria del suo primo scudetto. Cagliari 12 aprile 1970, Riva, Gori, scudetto. Non si può spezzare questo ordine di eventi perché sarebbe
La festa negli spogliatoi |
Era il 1970, Battisti entrava in hit parade con Fiori rosa fiori di pesco, nelle sale cinematografiche usciva un cult degli "spaghetti western", Trinità. L'Apollo 13 ferì l'orgoglio statunitense e comunicò "Houston abbiamo un problema" e Douglas Engelbart, il 17 novembre del 1970 ricevette il brevetto del primo mouse. E' in questo contesto che si scriveva la favola del Cagliari, una favola perché il "sud" e la Sardegna erano ancora figli di quegli stereotipi che hanno scavato il solco tra due realtà: il nord delle fabbriche e del lavoro e in ambito calcistico il nord delle regine del campionato, la Juve, il Milan e l'Inter per dirne alcune. E il sud che cercava con Roma, Napoli, Lazio e Cagliari di bilanciare questo strapotere. Fu una vittoria ottenuta sul campo da calcio ma di cui si impossessò un'intera regione che dimostrò di essere qualcosa in più rispetto alla Costa Smeralda. La città di Cagliari esplose di gioia, le strade vennero invase di bandiere rossoblù, l'orgoglio di una città che solo 28 anni prima era stata rasa al suolo e ora poteva gioire perché non si vinse solo sul campo. Il campionato si concluse con una vittoria per 4-0 al Comunale contro il Torino e mezza squadra del Cagliari si preparava alla partenza per i mondiali in Messico e per scrivere un'altra pagina di storia del calcio con la semifinale "Italia-Germania 4-3". Ma quella è un'altra storia, una storia di tutta l'Italia calcistica.
Il 12 aprile 1970 no ed e' forse è bello per questo
12.4.14
non bastava la politica italiana adesso ci si mettono anche i musei L'ultimo Van Gogh in mostra a Firenze, ma l'Olanda gela tutti: "Attenti, è un falso"
Con sconcerto ed impotenza aprendo i giornali leggo la storia che troviamo sotto . L'unico commento che mi sento di fare è che ormai il nostro paese è ormai in una decadenza totale ( non solo politica , ma questo era ovvio da quasi 40 anni , se non contiamo il periodo precedente al 1992 ) ma adesso anche culturale . Infatti oltre la " sola " della Stamina ( caso Vanoni ) ecco che l'italia sta diventando terra fertile per ciarlatani ed ignoranti . Non solo del nostro patrimonio artistico vedi il caso del crocifisso di Michelangelo poi risultato un di un altro autore contemporaneo
da repubblica del 12\4\2014
L'ultimo Van Gogh in mostra a Firenze, ma l'Olanda gela tutti: "Attenti, è un falso"
È la tela che il genio avrebbe dipinto poco prima di morire. L'ambasciatore di Amsterdam in una lettera: solo una truffa. Un artista e un critico italiani hanno convinto il Consiglio regionale: "Nel quadro, il sangue e un capello del pittore"
di CARLO BONINI
QUALCUNO gioca con Vincent Van Gogh. E per giunta nella terra dei falsi Modigliani, in un affare che lascia basita l'Olanda e racconta una faccenda molto italiana. Anche nel suo incipit. Un elegante pieghevole che, per posta e in rete, annuncia in una magnifica cornice - il rinascimentale palazzo Panciatichi di Firenze - e con l'autorevole patrocinio della Regione Toscana, un Evento di quelli con la maiuscola. All'altezza del sorprendente oggetto che ne è il cuore e che battezza la mostra che si
inaugura mercoledì prossimo 16 aprile. "L'Enigma del Fienile Protestante". "L'ultima tela di Vincent Van Gogh", si legge in un monumentale catalogo patinato. Il prospetto di una fattoria con campanile nella regione di Auvers sur Oise dove una mattina del luglio 1890 il pittore perde la vita. L'ultima immagine fissata per sé e i posteri in limine mortis - aggiungono i curatori - e per giunta macchiata del suo sangue e di uno dei suoi rossi capelli. L'annunciata lista dei relatori dell'Evento è nutrita e variamente assortita. E tuttavia curiosa per le assenze. Non uno studioso acclarato dell'opera di Van Gogh. Non un nome che testimoni l'Olanda, la terra orgogliosa e attenta custode dell'opera del pittore. E quella cautela nel titolo, poi. L'Enigma. Perché?
In via Mercati, nella sede dell'ambasciata d'Olanda, la fonte diplomatica non dà tempo neppure di concludere la domanda, annegandola in una risata omerica. "L'Enigma del Fienile Protestante? Ma quale enigma? Ma quale Van Gogh? Ci risiamo con quei due. E a Firenze, poi. Forse in Toscana non conoscono bene i precedenti di quel quadro. Ci avessero chiamato gli avremmo volentieri raccontato tutto. Perché questa sta davvero diventando una storia incredibile".
"Quei due" chi? Una storia incredibile, perché? Un ingiallito ritaglio delle cronache locali del Resto del Carlino datato luglio 2012 svela che il Fienile di Firenze è una seconda volta. La prima fu in quel di Recanati, nelle sale del museo civico. E l'esordio non fu esattamente un trionfo. In quei giorni l'ambasciatore olandese in Italia, Alphonsus Stoelinga, invia una severa lettera al museo. "Sono rimasto molto sorpreso nel vedere nel catalogo anche il nome della mia ambasciata, del consolato, dell'Istituto olandese di Firenze. Per evitare qualsiasi equivoco, vorrei far presente che non c'è stata alcuna partecipazione alla realizzazione della mostra. Preferiamo non essere associati a questa impresa e ci farebbe piacere se nei cataloghi rimasti, cancellaste i nomi di queste tre istituzioni olandesi". L'ambasciatore non scrive altro. Ma "l'impresa" del Fienile è un dossier alto una spanna. Che documenta come, nel gennaio del 2012, si presenti a un funzionario dell'ambasciata tale Massimo Mascii. È un artista che non ha trovato grande ribalta, ma quel giorno ha una magnifica storia da raccontare. Si dice procuratore di un misterioso "collezionista privato belga", proprietario di un Van Gogh "scoperto di recente e riemerso da lunghissimo oblio". La sua ultima tela, appunto. Mascii è in coppia con tale Stefano Masi, storico dell'arte, e i due cercano la benedizione del Regno dei Paesi Bassi per una mostra da tenere a Firenze. Consegnano quelle che indicano come le "prove" di quella straordinaria scoperta e, tra queste, una lettera del Museo Van Gogh di Amsterdam al misterioso proprietario belga del quadro di cui Mascii si dice appunto "procuratore". Viene dunque investito della faccenda il direttore dell'Istituto universitario di storia dell'Arte olandese a Firenze, Michael Kwakkelstein. L'uomo è un professore universitario scrupoloso e ripassa ogni cartuscella di quell'incarto con crescente stupore.
Sul quadro - sostengono i due - "sono state condotte indagini scientifiche che hanno rilevato le impronte digitali, le tracce ematiche e una formazione pilifera che consentono di attribuire il quadro a Van Gogh". Il professore inarca il sopracciglio. Impronte digitali? Tracce ematiche? E con quale campione di raffronto, visto che parliamo di un uomo morto nel 1890? Ma quello che lo fa trasecolare è la prova cui sottopone, controluce, la lettera che Mascii ha prodotto del Museo Van Gogh. È stata "sbianchettata" nella sua parte cruciale. Lì dove il museo informa che "il Fienile non è un Van Gogh". Kwakkelstein scrive a Mascii. "Sono obbligato a rinunciare a qualsiasi tipo di collaborazione".
I due, tuttavia, non si perdono d'animo. E il 7 luglio spuntano in quel del museo di Recanati con il Fienile. L'inaugurazione - registrata in un video di 26 minuti - li vede dietro un lungo tavolo discettare della tela, in un fiorire di accorti condizionali. "Potrebbe". "Dovrebbe". "Logicamente sarebbe". E la mostra va. Nonostante un accorato appello inviato alla stampa locale da Antonio De Robertis, critico d'arte e specialista dell'opera di Van Gogh. "Quel quadro non è suo. Ritiratelo finché siete in tempo". De Robertis ne spiega i motivi. "Nei suoi ultimi quadri, lo stile di Van Gogh è vorticoso, a spirali. E soprattutto, visto che dipingeva ciò che vedeva, vi sfido a trovare uno scorcio simile a quello della tela ad Auvers sur Oise, dove ha vissuto i suoi ultimi 70 giorni". Parole al vento. Il Fienile si inabissa quell'estate. Per risorgere appunto ora. Con quell'accorta clausola di stile nel titolo della mostra. "L'Enigma del Fienile". E chi sa
In via Mercati, nella sede dell'ambasciata d'Olanda, la fonte diplomatica non dà tempo neppure di concludere la domanda, annegandola in una risata omerica. "L'Enigma del Fienile Protestante? Ma quale enigma? Ma quale Van Gogh? Ci risiamo con quei due. E a Firenze, poi. Forse in Toscana non conoscono bene i precedenti di quel quadro. Ci avessero chiamato gli avremmo volentieri raccontato tutto. Perché questa sta davvero diventando una storia incredibile".
"Quei due" chi? Una storia incredibile, perché? Un ingiallito ritaglio delle cronache locali del Resto del Carlino datato luglio 2012 svela che il Fienile di Firenze è una seconda volta. La prima fu in quel di Recanati, nelle sale del museo civico. E l'esordio non fu esattamente un trionfo. In quei giorni l'ambasciatore olandese in Italia, Alphonsus Stoelinga, invia una severa lettera al museo. "Sono rimasto molto sorpreso nel vedere nel catalogo anche il nome della mia ambasciata, del consolato, dell'Istituto olandese di Firenze. Per evitare qualsiasi equivoco, vorrei far presente che non c'è stata alcuna partecipazione alla realizzazione della mostra. Preferiamo non essere associati a questa impresa e ci farebbe piacere se nei cataloghi rimasti, cancellaste i nomi di queste tre istituzioni olandesi". L'ambasciatore non scrive altro. Ma "l'impresa" del Fienile è un dossier alto una spanna. Che documenta come, nel gennaio del 2012, si presenti a un funzionario dell'ambasciata tale Massimo Mascii. È un artista che non ha trovato grande ribalta, ma quel giorno ha una magnifica storia da raccontare. Si dice procuratore di un misterioso "collezionista privato belga", proprietario di un Van Gogh "scoperto di recente e riemerso da lunghissimo oblio". La sua ultima tela, appunto. Mascii è in coppia con tale Stefano Masi, storico dell'arte, e i due cercano la benedizione del Regno dei Paesi Bassi per una mostra da tenere a Firenze. Consegnano quelle che indicano come le "prove" di quella straordinaria scoperta e, tra queste, una lettera del Museo Van Gogh di Amsterdam al misterioso proprietario belga del quadro di cui Mascii si dice appunto "procuratore". Viene dunque investito della faccenda il direttore dell'Istituto universitario di storia dell'Arte olandese a Firenze, Michael Kwakkelstein. L'uomo è un professore universitario scrupoloso e ripassa ogni cartuscella di quell'incarto con crescente stupore.
Sul quadro - sostengono i due - "sono state condotte indagini scientifiche che hanno rilevato le impronte digitali, le tracce ematiche e una formazione pilifera che consentono di attribuire il quadro a Van Gogh". Il professore inarca il sopracciglio. Impronte digitali? Tracce ematiche? E con quale campione di raffronto, visto che parliamo di un uomo morto nel 1890? Ma quello che lo fa trasecolare è la prova cui sottopone, controluce, la lettera che Mascii ha prodotto del Museo Van Gogh. È stata "sbianchettata" nella sua parte cruciale. Lì dove il museo informa che "il Fienile non è un Van Gogh". Kwakkelstein scrive a Mascii. "Sono obbligato a rinunciare a qualsiasi tipo di collaborazione".
I due, tuttavia, non si perdono d'animo. E il 7 luglio spuntano in quel del museo di Recanati con il Fienile. L'inaugurazione - registrata in un video di 26 minuti - li vede dietro un lungo tavolo discettare della tela, in un fiorire di accorti condizionali. "Potrebbe". "Dovrebbe". "Logicamente sarebbe". E la mostra va. Nonostante un accorato appello inviato alla stampa locale da Antonio De Robertis, critico d'arte e specialista dell'opera di Van Gogh. "Quel quadro non è suo. Ritiratelo finché siete in tempo". De Robertis ne spiega i motivi. "Nei suoi ultimi quadri, lo stile di Van Gogh è vorticoso, a spirali. E soprattutto, visto che dipingeva ciò che vedeva, vi sfido a trovare uno scorcio simile a quello della tela ad Auvers sur Oise, dove ha vissuto i suoi ultimi 70 giorni". Parole al vento. Il Fienile si inabissa quell'estate. Per risorgere appunto ora. Con quell'accorta clausola di stile nel titolo della mostra. "L'Enigma del Fienile". E chi sa
che qualcuno non si convinca dell'impossibile. Dicono che un Van Gogh viaggi sui 30 milioni di euro.
altro che la burocrazia italiana la storia di Carlo Coco Lavora per qualche mese in Olanda e 50 anni dopo gli arriva una lettera: “Ecco la sua pensione”
CAGLIARI. Mai se lo sarebbe aspettato, quegli otto mesi di lavoro da operaio in Olanda non erano che un'esperienza lontana e quasi dimenticata della propria vita. Così quando riceve una lettera da Rotterdam lui, ex rappresentante di commercio cagliaritano, pensa a uno scherzo: “Egregio signor Carlo Coco, le comunichiamo che avendo lei compiuto i 65 anni di età ha diritto a ricevere il trattamento pensionistico relativo al periodo di lavoro prestato nei Paesi Bassi nel 1971“. Poi il
conteggio: 48 euro al mese. A seguire, le condizioni per incassarlo.
Superato lo stupore, Coco mostra il documento alla moglie olandese, conosciuta proprio a quei tempi: “Ti sembra possibile che dopo quarantadue anni si siano ricordati di me? Hanno trovato anche il mio indirizzo di Quartu Sant'Elena“. La risposta è glaciale: "Normale, certo". Normale forse nel nord Europa, dove alle leggi corrispondono atti conseguenti, dove il cittadino paga le tasse e in cambio riceve servizi, dove gli uffici sono uffici e non rifugi di burosauri svenuti. Uffici organizzati e precisi, al punto di rintracciare un ragazzo sardo, oggi settantenne, che quasi mezzo secolo prima aveva cercato fortuna in un paese lontano, per poi cedere al mal di Sardegna. La sua terra, dove la nebbia e il freddo non ci sono e non condizionano la vita, perché a quello pensa la burocrazia. Infatti è qui, nel dialogo a distanza Italia-Sardegna-Olanda, che la vicenda si complica. Il pagamento dell'assegno è legato a un banale adempimento: è necessario che l'istituto di previdenza italiano compili un modulo coi dati del pensionato e che lo spedisca all'indirizzo di Rotterdam indicato nella comunicazione. Una formalità semplicissima, ma non per l'Inps. Passano infatti due anni e Coco non riceve alcuna notizia del suo assegno.
Così, più che altro per curiosità, riprende in mano la lettera olandese e si accorge che c'è un numero di telefono, un servizio da interpellare per ottenere informazioni: “Vuoi vedere che la pratica si è arenata? In fondo tutto il mondo è paese“. Coco ci pensa, è diviso tra la speranza di rivalutare gli uffici italiani e l'idea di incassare comunque quel piccolo assegno. Alla fine chiama l'Olanda e rappresenta il problema. L'operatore gli passa all'istante un interprete che lo ascolta, consulta il terminale e in pochi minuti gli fornisce la risposta: “Signor Coco, non abbiamo ricevuto il modulo del suo istituto di previdenza, per questo non abbiamo potuto ancora spedirle quanto le spetta“.
C'era da aspettarselo: l'ufficio olandese s'impegna a rintracciarlo dopo quarantadue anni per versargli una pensione insperata, quello italiano non è in grado di spedire un modulo. Un semplice modulo, rimasto impigliato nella ragnatela dei nostri uffici.
Ma Coco non si arrende, tiene a freno l'ira e facendo voto di pazienza si reca all'Inps: “Ha ragione - gli notifica un imbarazzato ma gentilissimo funzionario - il documento è ancora qui, l'ho trovato, ci siamo dimenticati di trasmetterlo. Ci scusi, rimediamo subito“. Detto e fatto, stavolta lo mandano davvero e dopo qualche giorno da Rotterdam arriva un plico. C'è un assegno circolare da 48 euro più un altro con gli arretrati dei ventiquattro mesi perduti per colpa dell'Inps, con inspiegabili scuse per il ritardo: sette giorni. Una bella sorpresa ma anche uno schiaffo morale affibbiato alla burocrazia italiana.
La storia però non finisce qui, perché mesi dopo la previdenza olandese si fa viva per la seconda volta, una nuova articolatissima lettera: “Egregio signor Coco, in base al provvedimento emanato dal nostro governo lei ha diritto a una rivalutazione del suo trattamento previdenziale pari al trenta per cento“. In allegato un assegno con la cifra maturata a partire dall'entrata in vigore della nuova norma e gli arretrati più le immancabili scuse per il ritardo.
Coco scuote la testa, sorride, sventola la missiva davanti agli occhi disincantati della moglie e decide che forse una storia così è degna di essere raccontata: “Certo 62 euro al mese non mi cambiano la vita - avverte, parlando con il cronista - però insomma, se penso a quello che passiamo noi in Italia quando abbiamo a che fare con questi problemi...“. Poi un dubbio, che racchiude un mondo e rappresenta la sintesi perfetta del rapporto cittadino-Stato in Italia: “Senta, ma non sarà che dopo il suo articolo, Equitalia mi tassa pure questi quattro soldi?“. Speriamo di no signor Coco, speriamo proprio di no.
Superato lo stupore, Coco mostra il documento alla moglie olandese, conosciuta proprio a quei tempi: “Ti sembra possibile che dopo quarantadue anni si siano ricordati di me? Hanno trovato anche il mio indirizzo di Quartu Sant'Elena“. La risposta è glaciale: "Normale, certo". Normale forse nel nord Europa, dove alle leggi corrispondono atti conseguenti, dove il cittadino paga le tasse e in cambio riceve servizi, dove gli uffici sono uffici e non rifugi di burosauri svenuti. Uffici organizzati e precisi, al punto di rintracciare un ragazzo sardo, oggi settantenne, che quasi mezzo secolo prima aveva cercato fortuna in un paese lontano, per poi cedere al mal di Sardegna. La sua terra, dove la nebbia e il freddo non ci sono e non condizionano la vita, perché a quello pensa la burocrazia. Infatti è qui, nel dialogo a distanza Italia-Sardegna-Olanda, che la vicenda si complica. Il pagamento dell'assegno è legato a un banale adempimento: è necessario che l'istituto di previdenza italiano compili un modulo coi dati del pensionato e che lo spedisca all'indirizzo di Rotterdam indicato nella comunicazione. Una formalità semplicissima, ma non per l'Inps. Passano infatti due anni e Coco non riceve alcuna notizia del suo assegno.
Così, più che altro per curiosità, riprende in mano la lettera olandese e si accorge che c'è un numero di telefono, un servizio da interpellare per ottenere informazioni: “Vuoi vedere che la pratica si è arenata? In fondo tutto il mondo è paese“. Coco ci pensa, è diviso tra la speranza di rivalutare gli uffici italiani e l'idea di incassare comunque quel piccolo assegno. Alla fine chiama l'Olanda e rappresenta il problema. L'operatore gli passa all'istante un interprete che lo ascolta, consulta il terminale e in pochi minuti gli fornisce la risposta: “Signor Coco, non abbiamo ricevuto il modulo del suo istituto di previdenza, per questo non abbiamo potuto ancora spedirle quanto le spetta“.
C'era da aspettarselo: l'ufficio olandese s'impegna a rintracciarlo dopo quarantadue anni per versargli una pensione insperata, quello italiano non è in grado di spedire un modulo. Un semplice modulo, rimasto impigliato nella ragnatela dei nostri uffici.
Ma Coco non si arrende, tiene a freno l'ira e facendo voto di pazienza si reca all'Inps: “Ha ragione - gli notifica un imbarazzato ma gentilissimo funzionario - il documento è ancora qui, l'ho trovato, ci siamo dimenticati di trasmetterlo. Ci scusi, rimediamo subito“. Detto e fatto, stavolta lo mandano davvero e dopo qualche giorno da Rotterdam arriva un plico. C'è un assegno circolare da 48 euro più un altro con gli arretrati dei ventiquattro mesi perduti per colpa dell'Inps, con inspiegabili scuse per il ritardo: sette giorni. Una bella sorpresa ma anche uno schiaffo morale affibbiato alla burocrazia italiana.
La storia però non finisce qui, perché mesi dopo la previdenza olandese si fa viva per la seconda volta, una nuova articolatissima lettera: “Egregio signor Coco, in base al provvedimento emanato dal nostro governo lei ha diritto a una rivalutazione del suo trattamento previdenziale pari al trenta per cento“. In allegato un assegno con la cifra maturata a partire dall'entrata in vigore della nuova norma e gli arretrati più le immancabili scuse per il ritardo.
Coco scuote la testa, sorride, sventola la missiva davanti agli occhi disincantati della moglie e decide che forse una storia così è degna di essere raccontata: “Certo 62 euro al mese non mi cambiano la vita - avverte, parlando con il cronista - però insomma, se penso a quello che passiamo noi in Italia quando abbiamo a che fare con questi problemi...“. Poi un dubbio, che racchiude un mondo e rappresenta la sintesi perfetta del rapporto cittadino-Stato in Italia: “Senta, ma non sarà che dopo il suo articolo, Equitalia mi tassa pure questi quattro soldi?“. Speriamo di no signor Coco, speriamo proprio di no.
ecco perchè hanno messo la bomba a nassyria e le torture degli iracheni da parte degli italiani
niente di nuovo perchè delle torture e della corruzione sugli appalti post ricostruzione si sapeva già ( anche se come sempre capita ) è stato confermato da inchieste come queste
unica novità è quei retroscena su nassyria .
speriamo che le inchieste
da LA NUOVA SARDEGNA del 10\4\2014
non finiscano come sempre insabbiate o prescritte . E che quanto dice il navigato Giampiero scanu
sia tenuta viva la tensione è per questo che a grazie a linux e le suie estensioni sono riuscito a salvare e far circolare se nel caso venisse rimosso dal sito delle iene il video in questione che trovate sopra e sul mio youtube
unica novità è quei retroscena su nassyria .
speriamo che le inchieste
da LA NUOVA SARDEGNA del 10\4\2014
Nella nuova puntata delle Iene testimonianze-choc di un sassarino e un video con due prigionieri bendati e coi polsi legatiTorture a Nassiriya? Al via due inchiestedi Pier Giorgio Pinna
SASSARI Due inchieste al via. Sulla denuncia in tv di torture da parte di uomini del Sismi e delle forze armate italiane su detenuti iracheni stanno per partire le indagini della Procura di Roma e della magistratura militare. Le dichiarazioni fatte nella trasmissione Le Iene da un ex caporale della "Sassari" e da altri soldati presentati come effettivi nella Brigata si configurano come "notizie di reato". Quindi perseguibili sul territorio nazionale nonostante si riferiscano a Nassiriya, nell’autunno-inverno della strage. Le prassi. Per il momento i fascicoli dovrebbe essere intestati con la dicitura "Atti relativi a…". In questa fase, una procedura standard. Che però, con l'acquisizione dei documenti sulla nuova trasmissione in onda ieri sera su Italia 1, potrebbe subire un'accelerazione. Programma-rivelazione. E questo perché nella puntata, curata sempre da Luigi Pelazza, Le Iene hanno presentato altre testimonianze. non finiscano o insabbiate (...)
non finiscano come sempre insabbiate o prescritte . E che quanto dice il navigato Giampiero scanu
sia tenuta viva la tensione è per questo che a grazie a linux e le suie estensioni sono riuscito a salvare e far circolare se nel caso venisse rimosso dal sito delle iene il video in questione che trovate sopra e sul mio youtube
10.4.14
9.4.14
DONNE DI GRANITO di tony bulciolu
DONNE DI GRANITO
Donne di granito, rivolte una a levante e una a ponente,
con un fianco al mare e l' altro alla terra.
Avete visto mille barche navigare con mare calmo e con tempesta.
Avete visto uomini scrutare l'orizzonte.
Avete visto guerrieri e sognatori.
Seguite con sguardo amorevole i figli che vanno per mare,
da lontano siete per loro un punto di riferimento.
Sguardi sfuggenti si sono posati su di voi
e non hanno visto la vostra vera bellezza.
Fiere, sfidate le tempeste, attraversate le notti,
Immobili osservate l'alternarsi delle stagioni.
E vi ritrovate più forti ed il coraggio non viene scalfito.
Il vento a volte impetuoso, a volte carezzevole,
come mano d' uomo modella il vostro corpo.
Unite per l' eternità,siete le custodi di tanti segreti.
Donne di granito, come le Donne di Sardegna.
nonostante il sabotaggio dela chiesa su referendum della legge 40 i Si e il diritto vince lo stesso Fecondazione assistita, Consulta: “Divieto di eterologa è incostituzionale
Come sempre tardi, ma ci sono arrivati!
La corte costituzionale affonda la legge 40: il divieto di fecondazione eterologa è illegittimo. I miei 4 si di di laico credente
cui due sofferti e uno titubante , e una campagna che mi ha visto litigare e perdere anche compagni di strada utenti del mio vecchio blog www.cdv.splinder.com , alla fine sono valsi a qualcosa
da ilfattoquotidiano
Fecondazione assistita, Consulta: “Divieto di eterologa è incostituzionale”
Lo ha stabilito la Corte Costituzionale che ha dichiarato l’illegittimità della norma della legge 40 che vieta il ricorso a un donatore esterno di ovuli o spermatozoi nei casi di infertilità assoluta
di Adele Lapertosa | 9 aprile 2014
E alla fine anche una delle ultime proibizioni stabilite dalla legge 40 sulla procreazione assistita è stata nuovamente cancellata dai giudici: la Corte Costituzionale ha infatti stabilito che il divieto difecondazione eterologa è incostituzionale, dichiarando l’illegittimità della norma (articoli 4, comma 3, 9, commi 1 e 3 e 12, comma 1) che vieta il ricorso a un donatore esterno di ovuli o spermatozoinei casi di infertilità assoluta. I giudici dovevano valutare la questione su cui tre tribunali - Milano, Catania e Firenze - hanno sollevato dubbio di incostituzionalità. Quella della Consulta è una sentenza fortemente attesa dalle tante coppie che in questi anni si sono viste negare la possibilità di avere un figlio grazie alla provetta, scegliendo in molti casi di rivolgersi a centri esteri, spendendo moltissimi soldi e andando spesso incontro a truffe e problemi di salute.
Dopo aver affrontato la questione della conservazione degli embrioni, della diagnosi preimpianto e del numero di embrioni da impiantare nell’utero materno, per la seconda volta la Corte era stata chiamata a giudicare la legittimità costituzionale di quella che è stata definita dagli avvocati difensori delle coppie la norma ‘simbolo’ della legge 40, cioè il divieto di fecondazione eterologa. Nel maggio 2012 la Corte costituzionale decise di restituire gli atti ai tribunali rimettenti, per valutare la questione alla luce della sopravvenuta sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo sulla stessa tematica. Cade, dunque, l’ultimo ‘paletto’ imposto dalla discussa normativa italiana. La legge 40 era stata già bocciata molte volte dai giudici. Questa potrebbe essere l’ultima.
Secondo i dati raccolti dalla Società europea di riproduzione assistita (Eshre) nel 2010 le coppie italiane avevano il primato in Europa (sono il 31%) per i viaggi ai centri esteri di procreazione assistita, e sempre secondo un’altra indagine del 2010, condotta in 36 centri stranieri dall’Osservatorio sul turismo procreativo, sono state oltre 2.700 le coppie italiane che si sono recate all’estero per poter ricorrere alla fecondazione eterologa. Considerando che complessivamente le coppie protagoniste del cosiddetto “turismo procreativo” sono 4mila, erano due su tre quelle che per tentare la fecondazione eterologa si rivolgevano a centri di procreazione stranieri. I costi dipendono dalle attrezzature e dall’assistenza offerte dai centri, ma anche dalla speculazione, e variano dai 2.500-3.000 euro dell’Ucraina ai 7-8mila della Spagna, meta principale quest’ultima di chi cerca un donatore e delle coppie italiane.
Come ha ricordato martedì 8 aprile davanti ai giudici della Consulta l’avvocato Maria Paola Costantini, “il 63 per cento delle coppie che in Spagna ricorre all’eterologa è rappresentato da coppie italiane”. Esultano i Radicali e l’Associazione Luca Coscioni, che da sempre hanno strenuamente contestato la legge, promuovendo anche il referendum abrogativo nel 2004, che però non raggiunse il quorum. “La sentenza di oggi della Corte Costituzionale che ha cancellato il divieto di eterologa previsto dalla legge 40 del 2004 ha valore di legge e non è oppugnabile – dichiarano gli avvocati Filomena Gallo e Gianni Baldini, legali del procedimento di Firenze, i primi a sollevare il dubbio di legittimità costituzionale sull’eterologa – Da oggi non potrà mai più essere emanata dal Parlamento una legge che prevede il divieto di fecondazione di tipo eterologa. Tale decisione vale per tutti i cittadini italiani che hanno problemi di sterilità. Nessun vuoto normativo, ma con la legge 40 così modificata, garanzie per i nati e per le coppie“. Ora quindi, rilevano i due legali, “sia i centri pubblici che quelli privati dovranno eseguire tecniche di fecondazione con donazione di ovociti e spermatozoi esterni alla coppia. Come prima del 2004, anno di emanazione della legge 40, sarà lecita l’ovodonazione, mentre qualsiasi uomo fertile potrà donare il proprio seme. E’ bene chiarire che non c’è alcun rischio di commercializzazione di gameti”. A questo punto “si rende necessario un aggiornamento della normativa su questo delicato tema – sottolinea Donata Lenzi, capogruppo Pd in commissione Affari sociali – Della legge 40 ad oggi non rimane quasi più niente, dal momento che i progressivi interventi hanno smontato l’impianto della legge e dichiarato illegittimi i punti più ideologici”.
Ma cosa rimane ora in piedi della norma? Il divieto di accesso alle tecniche di fecondazione assistita per i single e le coppie dello stesso sesso, il divieto di utilizzo degli embrioni per laricerca scientifica e revoca del consenso, su cui dovrà pronunciarsi sia la Consulta che laGrand Chambre della Corte europea per i diritti dell’uomo il prossimo 18 giugno. Ma proprio oggi, l’avvocato Baldini ha chiesto alla Corte Costituzionale, che ancora non aveva fissato la data dell’udienza su tale questione, di sospendere, in attesa della decisione europea. Sospensione accordata dal giudici costituzionali. Rimane infine ancora da fissare l’udienza, sempre davanti alla Consulta, sul divieto di accesso alle coppie fertili ma portatrici di patologie genetiche, oggetto della questione di costituzionalità sollevata dal Tribunale di Roma e dopo la sentenza di condanna della Corte Europea dei diritti dell’uomo dell’agosto 2012 nei confronti dell’Italia.
E alla fine anche una delle ultime proibizioni stabilite dalla legge 40 sulla procreazione assistita è stata nuovamente cancellata dai giudici: la Corte Costituzionale ha infatti stabilito che il divieto difecondazione eterologa è incostituzionale, dichiarando l’illegittimità della norma (articoli 4, comma 3, 9, commi 1 e 3 e 12, comma 1) che vieta il ricorso a un donatore esterno di ovuli o spermatozoinei casi di infertilità assoluta. I giudici dovevano valutare la questione su cui tre tribunali - Milano, Catania e Firenze - hanno sollevato dubbio di incostituzionalità. Quella della Consulta è una sentenza fortemente attesa dalle tante coppie che in questi anni si sono viste negare la possibilità di avere un figlio grazie alla provetta, scegliendo in molti casi di rivolgersi a centri esteri, spendendo moltissimi soldi e andando spesso incontro a truffe e problemi di salute.
Dopo aver affrontato la questione della conservazione degli embrioni, della diagnosi preimpianto e del numero di embrioni da impiantare nell’utero materno, per la seconda volta la Corte era stata chiamata a giudicare la legittimità costituzionale di quella che è stata definita dagli avvocati difensori delle coppie la norma ‘simbolo’ della legge 40, cioè il divieto di fecondazione eterologa. Nel maggio 2012 la Corte costituzionale decise di restituire gli atti ai tribunali rimettenti, per valutare la questione alla luce della sopravvenuta sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo sulla stessa tematica. Cade, dunque, l’ultimo ‘paletto’ imposto dalla discussa normativa italiana. La legge 40 era stata già bocciata molte volte dai giudici. Questa potrebbe essere l’ultima.
Secondo i dati raccolti dalla Società europea di riproduzione assistita (Eshre) nel 2010 le coppie italiane avevano il primato in Europa (sono il 31%) per i viaggi ai centri esteri di procreazione assistita, e sempre secondo un’altra indagine del 2010, condotta in 36 centri stranieri dall’Osservatorio sul turismo procreativo, sono state oltre 2.700 le coppie italiane che si sono recate all’estero per poter ricorrere alla fecondazione eterologa. Considerando che complessivamente le coppie protagoniste del cosiddetto “turismo procreativo” sono 4mila, erano due su tre quelle che per tentare la fecondazione eterologa si rivolgevano a centri di procreazione stranieri. I costi dipendono dalle attrezzature e dall’assistenza offerte dai centri, ma anche dalla speculazione, e variano dai 2.500-3.000 euro dell’Ucraina ai 7-8mila della Spagna, meta principale quest’ultima di chi cerca un donatore e delle coppie italiane.
Come ha ricordato martedì 8 aprile davanti ai giudici della Consulta l’avvocato Maria Paola Costantini, “il 63 per cento delle coppie che in Spagna ricorre all’eterologa è rappresentato da coppie italiane”. Esultano i Radicali e l’Associazione Luca Coscioni, che da sempre hanno strenuamente contestato la legge, promuovendo anche il referendum abrogativo nel 2004, che però non raggiunse il quorum. “La sentenza di oggi della Corte Costituzionale che ha cancellato il divieto di eterologa previsto dalla legge 40 del 2004 ha valore di legge e non è oppugnabile – dichiarano gli avvocati Filomena Gallo e Gianni Baldini, legali del procedimento di Firenze, i primi a sollevare il dubbio di legittimità costituzionale sull’eterologa – Da oggi non potrà mai più essere emanata dal Parlamento una legge che prevede il divieto di fecondazione di tipo eterologa. Tale decisione vale per tutti i cittadini italiani che hanno problemi di sterilità. Nessun vuoto normativo, ma con la legge 40 così modificata, garanzie per i nati e per le coppie“. Ora quindi, rilevano i due legali, “sia i centri pubblici che quelli privati dovranno eseguire tecniche di fecondazione con donazione di ovociti e spermatozoi esterni alla coppia. Come prima del 2004, anno di emanazione della legge 40, sarà lecita l’ovodonazione, mentre qualsiasi uomo fertile potrà donare il proprio seme. E’ bene chiarire che non c’è alcun rischio di commercializzazione di gameti”. A questo punto “si rende necessario un aggiornamento della normativa su questo delicato tema – sottolinea Donata Lenzi, capogruppo Pd in commissione Affari sociali – Della legge 40 ad oggi non rimane quasi più niente, dal momento che i progressivi interventi hanno smontato l’impianto della legge e dichiarato illegittimi i punti più ideologici”.
Ma cosa rimane ora in piedi della norma? Il divieto di accesso alle tecniche di fecondazione assistita per i single e le coppie dello stesso sesso, il divieto di utilizzo degli embrioni per laricerca scientifica e revoca del consenso, su cui dovrà pronunciarsi sia la Consulta che laGrand Chambre della Corte europea per i diritti dell’uomo il prossimo 18 giugno. Ma proprio oggi, l’avvocato Baldini ha chiesto alla Corte Costituzionale, che ancora non aveva fissato la data dell’udienza su tale questione, di sospendere, in attesa della decisione europea. Sospensione accordata dal giudici costituzionali. Rimane infine ancora da fissare l’udienza, sempre davanti alla Consulta, sul divieto di accesso alle coppie fertili ma portatrici di patologie genetiche, oggetto della questione di costituzionalità sollevata dal Tribunale di Roma e dopo la sentenza di condanna della Corte Europea dei diritti dell’uomo dell’agosto 2012 nei confronti dell’Italia.
8.4.14
coincidenze della vita
qualche tempo fa avevo ascoltato via radio questa canzone .
La mia casa è la mia pelle
il mio tetto son le stelle
le coperte sono i sogni miei.....
(Baglioni)
poi me la ritrovo , ottimo collegamento , in un post di una collega ( tony.bulciolu ) del corso di fotografia
La mia casa è la mia pelle
il mio tetto son le stelle
le coperte sono i sogni miei.....
(Baglioni)
poi me la ritrovo , ottimo collegamento , in un post di una collega ( tony.bulciolu ) del corso di fotografia
intervista a Francesco Trento autore di La guerra non era finita - I partigiani della Volante Rossa
Per le interviste ad autori \ autrici oggi propongo un intervista a ( foto a lato presa dal suo account di facebook ) a Francesco Trento autore del libro : La guerra non era finita - I partigiani della Volante Rossa alla terza ristampa in un mese e mezzo .
Finalmente un libro che s'oppone "civilmente" agli ingigantimenti delle ultime opere di Pansa , suggerendo sul suo account dfi facebbok : << lo hanno consigliato il Washington Post, Newsweek, El Paìs, Le Figaro. Insomma non è che abbiate bisogno che ve lo consigli io. Però è una lettura fondamentale per capire la storia del dopoguerra. Fondamentale. Uno di quei libri di storia imperdibili, come "Il secolo breve" di Hobsbawm. Una lettura seria e rigorosa della violenza in Europa subito dopo la seconda guerra mondiale, antidoto a tutte le Pansane di pseudostorici, controstorici e politici coi "giorni della memoria" selettivi, che ricordano la vendetta di uno senza dire cosa c'era prima e cosa c'è stato dopo, e cosa succedeva durante. Qui invece c'è tutto. Chiunque voglia oggi parlare di dopoguerra, deve ripartire da questo libro. >>.
Finalmente un libro che s'oppone "civilmente" agli ingigantimenti delle ultime opere di Pansa , suggerendo sul suo account dfi facebbok : << lo hanno consigliato il Washington Post, Newsweek, El Paìs, Le Figaro. Insomma non è che abbiate bisogno che ve lo consigli io. Però è una lettura fondamentale per capire la storia del dopoguerra. Fondamentale. Uno di quei libri di storia imperdibili, come "Il secolo breve" di Hobsbawm. Una lettura seria e rigorosa della violenza in Europa subito dopo la seconda guerra mondiale, antidoto a tutte le Pansane di pseudostorici, controstorici e politici coi "giorni della memoria" selettivi, che ricordano la vendetta di uno senza dire cosa c'era prima e cosa c'è stato dopo, e cosa succedeva durante. Qui invece c'è tutto. Chiunque voglia oggi parlare di dopoguerra, deve ripartire da questo libro. >>.
.
Proprio per questo volevo chiederli come si sentiva ad essere definito dalla recensione di Angelo D'orsi su La Stampa che lo definisce come "il Pansa di sinistra".
Ma l'autore ha già risposto a nel video delle librerie Arion, la prima catena di librerie indipendenti a Roma. qui ulteriori news su di loro
Ma Ora bado alle ciance ed ecco l'intervista
come mai
hai deciso di rivangare queste storie del passato?
Beh, in realtà ho iniziato a studiare la Volante Rossa molti
anni fa.
Uno dei motivi che mi ha spinto a proporre ora questo libro è
senz’altro la quantità di fesserie che pseudostorici e “controstorici” scrivono
su quel periodo. Ero un po’ stufo di leggere pansane qui e là, e siccome sulla
Volante esistevano solo gli ottimi libri di Massimo Recchioni e Cesare Bermani,
oltre al volume del 1995 di Guerriero e Rondinelli, ho pensato di dare il mio
contributo. Con un libro leggermente diverso, che racconta, attraverso una
piccola storia, la storia dell’Italia del dopoguerra, in quei tre anni e mezzo
che
hanno deciso le sorti successive di questo paese.
hanno deciso le sorti successive di questo paese.
Come scrive Keith Lowe nel suo “Il continente selvaggio”, “I fatti distorti
sono molto più pericolosi di quelli reali”, perciò ....
quale di
queste due " definizioni "
della volante rossa è quella più giusta ?
http://it.wikipedia.org/wiki/Volante_Rossa o ita.anarchopedia.org/Volante_Rossa
Allora, la prima pagina, quella di wikipedia, è stata
palesemente scritta da qualche “revisionista” ed è in gran parte basata sul
libro di Cicchino e Olivo, che sulla Volante Rossa prendono una cantonata dopo
l’altra. È poi del tutto inaccettabile la definizione “organizzazione
terroristica”, mutuata dal linguaggio odierno ma assolutamente fuori luogo in
questo contesto. È piena di inesattezze, e di fatto dimostra come una storia
poco indagata generi facilmente miti e leggende. Sarebbe lungo far le pulci a
quelle righe qui, ma per farti un esempio è falso che la Volante Rossa abbia
mai rivendicato l’omicidio di De Agazio, che peraltro non ha nemmeno compiuto,
come spiego nel libro (anche se il giornalista figurava su una lista di persone
che gli uomini di Paggio “tenevano d’occhio”).
L’altra pagina è sicuramente più favorevole alla Volante, ma
incorre in una lunga serie di inesattezze.
Sei revisionista o negazionista? Equipazionista? Giustificazionista?
Mi sembra divertente il gioco degli "isti". Sicuramente non sono revisionista né equipa, ne negazionista...
Ragionerò su una definizione, ma forse "cerco di raccontare la verità" è la miglior risposta.Ma guarda, non ci sarebbe bisogno di tutti questi –isti se gli storici facessero solo il loro mestiere, che è quello di cercare tutte le fonti a disposizione, vagliarle con imparzialità, e cercare sempre la verità. In questo libro ho dovuto mettere insieme fonti diverse, le testimonianze orali le ho confrontate con gli atti processuali, i verbali di polizia, gli interrogatori, gli articoli di giornale, tentando sempre, sopra ogni cosa, di raccontare il meglio possibile un pezzo di storia di questo paese. La miglior dimostrazione che questo è un libro onesto, e anche uno dei premi migliori al lungo lavoro che ha preceduto questa pubblicazione, è stato ricevere nell’arco di 24 ore i complimenti di Nadia Paggio, la figlia del comandante della Volante Rossa, e dei nipoti di De Agazio, che grazie a questo libro hanno scoperto che non furono gli uomini del “tenente Alvaro” a uccidere loro nonno.
Ragionerò su una definizione, ma forse "cerco di raccontare la verità" è la miglior risposta.Ma guarda, non ci sarebbe bisogno di tutti questi –isti se gli storici facessero solo il loro mestiere, che è quello di cercare tutte le fonti a disposizione, vagliarle con imparzialità, e cercare sempre la verità. In questo libro ho dovuto mettere insieme fonti diverse, le testimonianze orali le ho confrontate con gli atti processuali, i verbali di polizia, gli interrogatori, gli articoli di giornale, tentando sempre, sopra ogni cosa, di raccontare il meglio possibile un pezzo di storia di questo paese. La miglior dimostrazione che questo è un libro onesto, e anche uno dei premi migliori al lungo lavoro che ha preceduto questa pubblicazione, è stato ricevere nell’arco di 24 ore i complimenti di Nadia Paggio, la figlia del comandante della Volante Rossa, e dei nipoti di De Agazio, che grazie a questo libro hanno scoperto che non furono gli uomini del “tenente Alvaro” a uccidere loro nonno.
fu un qualcosa di spontaneo oppure furono
usati dal Pci?
Fu un fenomeno spontaneo, anche se il gruppo di Paggio dal
1946 stringe legami saldi con la Federazione milanese del Pci, presso la cui
sede gli uomini della Volante svolgono a rotazione un turno di guardia notturna
per evitare il ripetersi di attentati neofascisti. Se da un lato il Pci
nazionale, con Togliatti, non vede di buon occhio fenomeni come quello della
Volante, di sicuro a Milano i rapporti con Alberganti e Lamprati sono ottimi. Tanto
è vero che dal 1948 la Volante viene in qualche modo legittimata, svolgendo
servizio d’ordine al VI congresso del partito. Successivamente partecipa agli
scontri durante la durissima campagna elettorale, e il segno dei suoi buoni
rapporti con i dirigenti milanesi lo dà la storia dei giorni successivi
all’attentato a Togliatti: quando gli uomini di Alvaro decidono di dare
l’assalto alla caserma dei carabinieri di Milano, pensando di essere alla
vigilia di un colpo di stato e cercando quindi di iniziare una rivoluzione, il
Pci li ferma dicendo: “tornate a casa”. E loro, ordinatamente, tornano a casa.
Gli avevo preparato altre domande del tipo : le azioni della volante rossa furono azioni di giustizia proletaria o di vendetta ? il periodo delle loro azioni può essere considerato un appendice della guerra civile o un ritorno agli arditi del popolo ? fu un qualcosa di spontaneo oppure furono usarti dal Pci ? 7) la volante rossa fu terrorismo o leggitima difesa ? la volante rossa ha avuto rapporti con i Gap ? Se ci sono stati quali furono ? luoghi comuni , ed errori degli pseudo storici e storici di parte , che smonti nel tuo libro ? la volante rossa assolta o condannata dalla storia ?
Ma lui , è questo che mi piace di lui e mi fa onore ad averlo fra i miei contatti di facebook , è stato perspicace e " creativo "£ e le ha riassunte \ condensate nell'ultima domanda :
Gli avevo preparato altre domande del tipo : le azioni della volante rossa furono azioni di giustizia proletaria o di vendetta ? il periodo delle loro azioni può essere considerato un appendice della guerra civile o un ritorno agli arditi del popolo ? fu un qualcosa di spontaneo oppure furono usarti dal Pci ? 7) la volante rossa fu terrorismo o leggitima difesa ? la volante rossa ha avuto rapporti con i Gap ? Se ci sono stati quali furono ? luoghi comuni , ed errori degli pseudo storici e storici di parte , che smonti nel tuo libro ? la volante rossa assolta o condannata dalla storia ?
Ma lui , è questo che mi piace di lui e mi fa onore ad averlo fra i miei contatti di facebook , è stato perspicace e " creativo "£ e le ha riassunte \ condensate nell'ultima domanda :
la volante
rossa fu terrorismo o la
prosecuzione della guerra civile?
Odio questo uso del termine “terrorista”, sta
diventando ormai una specie di
intercalare. Nel suo ultimo libro, “Bella ciao. Controstoria della Resistenza”,
Pansa usa addirittura il termine “terrorista” per indicare i gappisti, medaglie
d’oro della Resistenza come Giovanni Pesce.
Basterebbe prendere un vocabolario per capire quanto la
definizione non sia corretta: un terrorista colpisce indiscriminatamente per
seminare il terrore, allo scopo di sovvertire le istituzioni. Attacca lo Stato.
I gappisti attaccavano l’invasore tedesco, per liberare il loro paese da coloro
che stavano sterminando 6 milioni di ebrei nei campi di concentramento.
Attaccavano i loro alleati repubblichini. Attaccavano chi tutti i giorni
uccideva, torturava, opprimeva la popolazione dell’Italia del Nord. Ma
chiamarli “terroristi”, Pansa lo sa bene, mira a farli percepire come
assassini. È buffo come in questi libri in genere anche i più terribili
torturatori nazifascisti diventano “uno che aveva inferto duri colpi ai Gap”,
che poverini poi stranamente vengono uccisi a guerra finita, poi però se chiudi
il libro di Pansa e vai a cercare notizie su quel tizio che aveva “inferto duri
colpi ai Gap”, Giusto Veneziani, scopri che torturava sistematicamente i
partigiani, che aveva fatto abortire una donna a pugni sullo stomaco, e una sequela
di altre ripugnanti azioni che evidentemente Pansa non ha ritenuto opportuno
menzionare.
Gli uomini di Paggio sicuramente compiono varie azioni a
guerra finita, e lì bisogna distinguere anche tra le varie fasi della storia
della Volante Rossa. Le azioni dell’immediato dopoguerra sono assolutamente
simili a ciò che accadde in tutta Europa in quei mesi, con la punizione di
fascisti e collaborazionisti, mentre gli omicidi del 1949 sono sicuramente
fuori tempo, con la formazione che non è più clandestina da tempo, e infatti
causano l’arresto di molti dei suoi militanti.
Non va dimenticato che Paggio e i suoi agiscono in un’Italia
che più passano i mesi più si rivela un paese alla rovescia, dove fascisti
responsabili di incredibili atrocità invece che venire puniti rimangono ai loro
posti nelle amministrazioni pubbliche e nelle forze di polizia, mentre i
partigiani entrati subito dopo il 25 aprile vengono via via allontanati con una
serie di risibili cavilli. Un paese in cui l’unica epurazione che davvero ha
luogo con successo è quella dei partigiani dalle forze di polizia. Un paese che
vede chi ha lottato per liberare l’Italia incarcerato per azioni commesse
durante la guerra partigiana, e per le strade, liberi, i fascisti.
Libero Junio Valerio Borghese, comandante della X Mas, che
nel dopoguerra si renderà protagonista di un tentato colpo di stato. Libero il
“boia di Genova” Basile. Libero il criminale di guerra Graziani, inserito dall'ONU nella lista dei
criminali di guerra su richiesta dell'Etiopia,
per cui l’Italia non concederà mai l’estradizione nonostante sia accusato
dell'uso di gas tossici
sulla popolazione civile, nonostante sia accusato di aver bombardato
ospedali della Croce Rossa. Eccetera eccetera. Parlando della
Volante Rossa e di fenomeni simili non si può ignorare questo contesto, o si
rischia di ragionare sulla storia senza coglierne il sapore, senza calarsi nel
clima di quegli anni. E quindi senza capire.
A Milano in quegli anni non c’è un gruppo di pazzi che si fa
giustizia da sé. A Milano in quegli anni c’è una guerra tra i gruppi armati
neofascisti da una parte e molti ex partigiani dall’altra (non solo la Volante
Rossa, perché come racconto nel libro ci sono almeno altre due organizzazioni
armate a Milano in quegli anni, all’interno di sedi del Pci). Perché quello che
molti pseudostorici o “controstorici” dimenticano spesso di dire è che i
fascisti sono rimasti armati, e nel dopoguerra si riorganizzano in fretta, e
colpiscono quotidianamente le sedi dei partiti di sinistra, le attaccano con
bombe, esplosivi, colpi di mitragliatrice. Attaccano la sede della camera del
lavoro, e la custode, Stella Zuccoletti, ci rimette la vita. Attaccano la
sezione comunista di Porta Genova, e un bambino di 5 anni, Franco Flammeni, è
dilaniato dall’esplosione di una bomba. Attaccano la Casa del Popolo di
Lambrate, sede della Volante Rossa, che solo grazie a un infiltrato riesce a
sapere prima dell’attacco e a organizzare una difesa.
Questo è il contesto storico in cui agiscono gli uomini di
Paggio, e raccontarlo per quello che era non è una questione di giudizio
storico o etico, è semplicemente una questione di fare bene il proprio lavoro.
Se uno vuole “revisionare” la storia prima la deve studiare.
7.4.14
Terni come in Cile, un prof si ribella alla polizia in classe Parla il docente, Franco Coppoli. Cani antidroga nelle aule. Un'operazione dal sapore cileno che frutta il ritrovamento di 5 grammi di hashish.
Ogni commento alla storia che riporto sotto e superfluo .
Marina Zenobio - Popoff Globalist
Il professore Franco Coppoli, militante dei Cobas e insegnante di Lettere presso un istituto per Geometri a Terni, rischia di essere oggetto di un serio provvedimento disciplinare da parte dell'Ufficio scolastico provinciale dell'Umbria, per aver impedito l'accesso in classe, durante la sua ora di lezione, di una quadra di poliziotti con cani al seguito che pretendeva di effettuare un controllo antidroga. Il gravissimo fatto, che ha riguardato anche altre quattro scuole del ternano, è avvenuto lo scorso 26 marzo ma se ne è avuta notizia solo ieri.
In una intervista rilasciata a Radio Onda d'Urto il professor Coppoli racconta che aveva finito di spiegare la II Guerra Mondiale e stava interrogando quando la porta della classe si è aperta: «ho avuto un flash, ognuno ha le sue immagini mentali ma a me è venuto in mente il Cile» racconta e prosegue «il cane lupo stava per entrare, tenuto al guinzaglio sì, ma molto dinamico, dietro tre poliziotti che dicono "dovete uscire dalla classe, controllo antidroga"». Il professore pensa che non è possibile, la polizia dentro la scuola? La polizia che interrompe una lezione, una attività didattica... ma ha la prontezza di reagire e chiedere « ma avete un mandato del giudice, di un magistrato?» La risposta è negativa, è il preside che li avrebbe autorizzati, ma comunque si bloccano sulla porta mentre Coppoli si riprende dallo shock e gli dice: «la preside può autorizzarvi a entrare dentro la scuola per controllare bagni e corridoi ma dentro la mia aula, quando faccio lezione io, non entrate. Io vi nego assolutamente il permesso di entrare, sono in questo momento un pubblico ufficiale che sta effettuando un servizio pubblico, se voi provate a entrare qui dentro vi denuncio per interruzione di pubblico servizio, voi non siete assolutamente autorizzati ad entrare». Sono seguiti attimi di tensione, il dirigente della squadra ripete di voler entrare ma, comunque, di fronte alla determinazione del professore, ci rinuncia.
Nelle altre classi, pero, gli insegnanti non hanno la stessa prontezza di Coppoli e entrano cani e poliziotti, interrompendo lezioni, compiti in classe, interrogazioni «hanno interrotto l'attività didattica obbligando di fatto i docenti a uscire dall'aula insieme agli studenti che dovevano sfilate davanti ai cani, poi i cani entravano in classe e intervenivano all'interno della classe, tra i banchi, annusando giacconi e zaini. E' una cosa gravissima - continua il professore ai microfoni di Radio Onda d'Urto - perché è stato violato lo spazio educativo... come Cobas leggiamo, questa operazione, come disciplinamento dei ragazzi, oltre che intimidazione chiara sia alle istituzioni scolastiche che ai lavoratori della scuola, ma soprattutto ai ragazzi». Quei ragazzi e quelle ragazze con cui parla di libertà e diritti, affinché un giorno possano rivendicare i loro di diritti, in un posto di lavoro, in una piazza o in un contesto collettivo.
Coppoli non crede che siano stati i presidi a richiedere l'intervento antidroga, piuttosto è la questura che avrebbe chiesto di intervenire, a fare pressione e i presidi, secondo il professore «non hanno né lo spessore né la voglia di opporsi a queste richieste e quindi hanno legittimato l'intervento».
Il professore, però, va oltre il racconto del fatto e ricorda che, solo a febbraio, la Corte Costituzionale ha smontato l'impianto della legge Fini-Giovanardi, che parificava droghe pesanti e droghe leggere, dichiarandone l'incostituzionalità. «Proprio un mese dopo che la Corte Costituzionale ha detto che l'istanza repressiva rispetto a eventuali sostanze leggere, parliamo di hashish e marijuana, è di fatto incostituzionale, la polizia interviene dentro le scuole per controllare se ci sono, sostanzialmente, spinelli».
Alla fine dell'operazione antidroga in tutte e quattro le scuole ternane oggetto dell'operazione, il bottino è stato di 20 dosi, più o meno 5 grammi tra hashish e marijuana. «Ci chiediamo - continua Coppoli - la spesa di questa operazione, ci chiediamo il senso profondo e, soprattutto, se fossero intervenuti magari in parlamento, in un consiglio di amministrazione di una azienda o di una banca probabilmente avrebbero trovato ben oltre le 20 dosi, magari di cocaina o di altre sostanze». Però l'importante è creare nei media, nel territorio l'emergenza, il problema della droga, della tossicodipendenza, senza discernimento, e poi agire in maniera repressiva. Allora, quanto avvenuto nelle scuole di Terni, è ancora più grave «perché - dichiara Coppoli - se anche trovi un ragazzo con una canna dentro una scuola, l'intervento della polizia significa rovinarlo, una denuncia penale o comunque un intervento amministrativo. La scuola invece serve proprio a capire eventuali problemi per poi intervenire; ma non con l'ottica della repressione, dei pastori tedeschi dentro la scuola. La scuola interviene con una funzione e una pratica educativa, non con la polizia, non con i cani antidroga, non con la repressione. Perché in questa maniera abdica al suo ruolo fondamentale, quella appunto di instaurare una relazione educativa con i ragazzi. In questa maniera, invece, ancora di più i ragazzi si staccano dalla scuola, dalla scuola pubblica - io dico scuola pubblica per dire quella costruita dal basso, dagli insegnanti, dai lavoratori della scuola, dagli stessi studenti - e di conseguenza la scuola diventa un luogo nemico, un luogo in cui sostanzialmente la polizia interviene in maniera indiscriminata».
Ora il professore Franco Coppoli è in attesa di una contestazione di addebito da parte dell'Ufficio provinciale umbro per non aver permesso a poliziotti e cani antidroga di entrare nella sua classe. Aspetta "curioso" di sapere cosa gli contesteranno, di aver difeso la scuola nella sua valenza educativa? Di aver difeso quello spazio contro una ingerenza inaccettabile? Chiaramente si dichiara disposto a rivendicare fino in fondo la sua azione. Anzi, chiede ai colleghi di fare altrettanto, «di fermare questa deriva di distruzione, anche simbolica, sopratutto simbolica, della scuola e dei locali dell'eduzione. Sono convinto di essere nel giusto, e non solo da un punto di vista legale, che mi interessa relativamente, ma soprattutto da un punto di vista educativo che è quello che mi interessa di più».
6.4.14
l procuratore Fiordalisi tribunale di tempio pausania : «La criminalità si sta strutturando» I segnali inquietanti di una deriva mafiosa
cercando dei vecchi giornali da mettere sopra le talee di erba barona cioè il Thymus herba-barona Loisel ., Famiglia: Labiatae qui ulteriori dettagli
ho trovato , questo articolo della nuova sardegna ( non ricordo la data precisa , cmq ultimi giorni di marzo ) in cui si commentava l'episodio avvenuto qualche giorno fa
Bomba in auto nel centro di Lanusei: il bilancio è di un morto e diversi feriti
Nell'attentato è rimasto ucciso un 49enne ai domiciliari per una truffa
qui e nel video di tgcom24 maggiori dettagli
l procuratore Fiordalisi: «La criminalità si sta strutturando»
I segnali inquietanti
di una deriva mafiosa
di Piero Mannironi
Se il metodo può essere associato a un sintomo, allora il ricorso a un'autobomba per uccidere rappresenta molto di più di un indizio per certificare la diagnosi di un nuovo morbo criminale. Perché nella sintassi della malavita i modi sono la rappresentazione di un'identità, la dimostrazione di una sanguinosa efficienza e perfino la spettacolare affermazione di una potenza. Che deve intimorire socialmente, esprimere una volontà di terrorizzante dominio. L’autobomba di ieri mattina a Lanusei è dunque questo. È il linguaggio nuovo di un incubo nuovo. La discriminante che segna un'evoluzione criminale temuta e in qualche modo già percepita. Nel giugno del 2006 l'allora procuratore della Repubblica di Lanusei, Domenico Fiordalisi, calabrese e profondo conoscitore di una realtà labirintica come la 'ndrangheta, parlò di alcuni segnali che portavano a non trascurare possibili degenerazioni della malavita ogliastrina. E cioè la formazione di un clima nel quale si possono leggere alcune analogie con aree ad alta concentrazione mafiosa. Qualcuno, semplificando, aveva interpretato le parole del magistrato come l'affermazione della nascita di una mafia autoctona. Ma il ragionamento era molto più articolato e sottile. I timori del procuratore. Diceva Fiordalisi: «Proliferano reati come l'estorsione e l'usura e la gente subisce senza reagire, senza parlare. E' l'omertà che nasce dal grande potere di intimidazione di alcuni gruppi criminali. E noi, nelle nostre indagini, percepiamo nelle persone offese e nei testimoni, il terrore per questi gruppi. Realtà che stanno arrivando a una loro strutturazione e che meritano di essere investigate e analizzate con maggiore attenzione». E proprio il riferimento ai gruppi in «fase di strutturazione», ai quali fece riferimento Fiordalisi, può essere un punto di partenza per cercare di capire cosa si nasconde dietro lo spettacolare omicidio di Lanusei o l'analogo tentativo messo a segno a Ilbono lo scorso anno. Ma per arrivare a questi ambienti che si muovono seguendo tecniche mafiose è necessario riprendere il filo dell'evoluzione criminale ogliastrina, partendo da un panorama umano e culturale caratterizzato da una eccezionale capacità di modificarsi. Dolce e disperata, aspra e generosa, l'Ogliastra è una terra di luci e di ombre, di sentimenti trasparenti, ma anche capace di contenere nella sua anima più profonda gli abissi più cupi e roventi della violenza. Nelle pieghe segrete delle sue contraddizioni c'è l'enigma di questa regione, storicamente marginale, nella quale si perpetua uno scollamento fisiologico tra cultura legale e un vissuto comunitario rabbioso e, a volte, perfino feroce. Laboratorio della malavita. Terra vulnerabile, quindi. Fragile. Perché capace di metabolizzare naturalmente il nuovo e capace di adattarsi ai cambiamenti. Anche quelli che segnano derive criminali profondamente diverse da quelle della tradizione. Per esempio: l'aristocrazia criminale segnata da uomini come Piero Piras, Pasquale Stochino, Adolfo Cavia e, Attilio Cubeddu è una dimensione ormai perduta. Legata intimamente al mondo dei sequestri di persona, si è dissolta. Ma l'Ogliastra era e resta un calderone ribollente, un laboratorio di alchimie possibili della violenza. E così ecco subito le sperimentazioni di nuovi know-how criminali. Prima i sequestri-lampo, con i rapimenti di un direttore di banca di Tortolì nel novembre 1999 e di una direttrice delle poste di Villagrande, nel dicembre dello stesso anno. Strada quasi subito abbandonata perché resa impraticabile dalle contromisure attuate dagli istituti di credito e dagli uffici postali. E allora ecco moltiplicarsi le rapine. Soprattutto quelle ai furgoni portavalori. L’ascesa di Arzu e di Ladu. Le tattiche vengono subito affinate e diventano quasi una sapienza. Tanto da essere addirittura esportate nella penisola. Gli uomini emergenti di questo periodo sono Raffaele Arzu di Talana e Marcello Ladu di Villagrande Strisaili. Proprio l’avventura violenta di quest’ultimo, diventa la prova di un teorema fino ad allora indimostrato. E cioè di quel fenomeno che sociologicamente viene definito di contaminazione culturale. Ma contaminazione è una parola inadeguata. Perché il dialogo tra mondi criminali lontani, come quello ogliastrino e quello strutturato delle mafie, è l’incontro tra due corpi malati. I canali d’incontro sono come bui cunicoli nascosti dove si scambiano favori, si stabiliscono patti e solidarietà e si organizzano traffici lucrosi. Più che di contaminazione è quindi più corretto parlare di sinergie. Certo, la risultante è che questi scambi criminali portano a un’evoluzione, alla semina di spore velenose che trasformano progressivamente il Dna rurale della criminalità ogliastrina. Le rapine ai portavalori. Marcello Ladu, allevatore di Villagrande Strisaili, emigra nel Salento alla fine degli anni Novanta. Qui conosce Vito Di Emidio, detto "Bullone", boss selvaggio e spietato della Sacra Corona Unita. Un rapporto dal quale nascono imprese violente, come la sanguinosa rapina a un furgone portavalori il 6 dicembre del 1999 a Copertino, vicino a Lecce, nella quale vengono massacrati a colpi di kalashnikov tre vigilantes. È la tecnica ogliastrina degli assalti che qui diventa addirittura un’operazione di guerra. Di Emidio, dopo la sua cattura drammatica, diventa collaboratore di giustizia e rivela il ruolo importante di alcuni banditi ogliastrini nel traffico internazionale di droga. Più esattamente in quello che ha originato l'inchiesta denominata "Operazione Aurora", conclusasi nell’aprile del 2001 con una valanga di anni di carcere. La droga in quel periodo diventa centrale nel business criminale. Si crea un vero e proprio sistema di coltivazioni di marijuana. L’Ogliastra diventa una sorta di Rif sardo.Nel 2002, intanto, il processo per le bombe di Barisardo si chiude con una sentenza di condanna che certifica l’esistenza di un’associazione per delinquere di tipo mafioso. La pista dei kalashnikov. Sempre in quegli anni compaiono in Ogliastra i micidiali fucili mitragliatori kalashnikov. Secondo alcuni pentiti e confidenti pugliesi arrivano dalle mafie kosovara e montenegrina, grazie alla mediazione della Sacra Corona Unita. Ma c’è anche un traffico di armi, sempre kalashnikov, sul quale hanno indagato i carabinieri, che porta alla Calabria e alla ’ndrangheta. Che la mafia calabrese avesse programmato uno sbarco in Ogliastra era emerso nel 1993. Un sindacalista aveva presentato una denuncia alle procure di Roma, Cagliari, Palmi e Milano contro la Finam, la Finanziaria agricola per il Mezzogiorno. Secondo il sindacalista, le ’ndrine controllavano la Finam, che volevano usare come cavallo di Troia per espandere la propria influenza in altre regioni, usando il grimaldello della forestazione produttiva. In quegli anni di Tangentopoli l’esposto però si perse e non ebbe sviluppi d’inchiesta. I piani della ’ndrangheta. Un particolare curioso: nella denuncia si sosteneva che la ' ndrangheta, oltre a voler controllare la forestazione nell’isola, voleva far chiudere la Cartiera di Arbatax per utilizzare quegli 80 ettari sul mare per un colossale investimento di edilizia residenziale turistica. C’è dunque una lunghissima serie di tracce, che sembra portare ai santuari delle mafie. Quanto questi contatti hanno influenzato la malavita ogliastrina? Quanto l’hanno cambiata? L’auto-bomba di Lanusei può essere una prima risposta.
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