20.5.15

padova Parrucchiera fa prezzi più cari per i bianchi, la Lega denuncia. Boron e Marcato: "E' razzismo al contrario". I vigili la denunceranno per violazione della legge Mancino

L'ipocrisia    della  lega  e della nuova  destra   quando  fa  comodo   è razzismo  .    Allora   anche dal mio barbiere io  pago  perchè  ci mette  di più 15     e mio padre  che  ha  pocho  capelli   e quindi cinmette  di meno   10  ?    su siamo seri  ?
Forse    come  dimostrano sia     il primo   video  quello del  prezzario .,  sia  il secondo     la dichiarazione della parrucchiera il fattto      è  un  po'  ambiquo   sul  filo del rasaio   perchè :  1)   bastava  che lei specificasse     senza  distinzione    fra  neri  e  bianchi  esempio  con  lavaggio    tot    senza  lavaggio tot  , ecc .  .,  2) poi al limite la  si denunciava  per  violazione della legge  . Quelli    dela lega    sono come  l'assino che  dice  cornuto al bue   guardano la pagliuzza nel'occhio altrui  e non la trave nel loro occhio  .
Ma andiamo  con ordine  ecco il fatto  a voi ogni  giudizio




Parrucchiera fa prezzi più cari per i bianchi, la Lega denuncia

Boron e Marcato: "E' razzismo al contrario". I vigili la denunceranno per violazione della legge Mancino



PADOVA. L'assessore comunale di Padova Fabrizio Boron e il presidente del Consiglio Roberto Marcato hanno denunciato attraverso un video pubblicato sulla pagina Facebook del sindaco Massimo Bitonci l'esistenza di un prezzario differente per italiani e non italiani in un parrucchiere etnico. Lo avrebbe appurato un sopralluogo effettuato in mattinata dal sindaco e dagli agenti della polizia municipale. «Questa è razzismo - ha spiegato Boron - Noi siamo contro il razzismo, chi difende questo stato di cose è razzista». « Padova, No apartheid» ha scandito Marcato.


Prezzi diversi a bianchi e neri, la Lega: "Questo è razzismo" La polizia municipale ha verificato in un parrucchiere di Padova l'esistenza di un listino differenziato per bianchi (con prezzi più alti) e neri (che pagano meno). Ecco la denuncia dell'assessore Fabrizio Boron e del presidente del consiglio comunale Roberto Marcato.
Ma Gloria, la parrucchiera sotto accusa, si difende. E spiega: "Non è razzismo, faccio pagare di meno i neri perché con loro in 10 minuti finisco. I bianchi mi chiedono di più, lavaggio, taglio, gel, ci vogliono 40'". Per ora i vigili non hanno elevato una multa nei confronti del parrucchiere ma lo denunceranno in Procura per violazione della legge Mancino.
Gloria, la parrucchiera che fa pagare di più i bianchi Parla Gloria, la parrucchiera che a Padova pratica prezzi più cari ai bianchi rispetto ai neri. E che la Lega accusa di razzismo al contrario. Ma lei si difende e spiega: "E' solo perché un bianco mi chiede lavaggio, gel, e ci vogliono 40 minuti. Con un nero in 10 me la cavo" (videointervista di Alice Ferretti)

18.5.15

20 anni e passa di caccia alle streghe e di malpancismo stanno danno i frutti il caso di Terni ( Terni, lite a scuola per una catenina a forma di croce ) e il caso di Pisa, lettere anonime razziste a ragazzina di 14 anni, nata in Italia da genitori senegalesi,: “Mai visto una negra che prende 10 in Diritto”

Una semplice lite tra ragazzini ( stata trasformata in uno scontro tra religioni. In nome di quel crocifisso di cui l'italiano medio si ricorda a fasi alterne, cioè quando fa comodo.




ovviamente senza generalizzare
La bassezza morale e l'ignoranza di questo popolino e dei nostri politicanti  malpancisti      è tale da coinvolgere anche i bambini, che sono gli unici veramente in grado di non etichettarsi a vicenda in base alla religione o al colore della pelle.Infatti Il papà del ragazzino accusato: "La religione non
c'entra. Come fa a dire qualcosa contro, se non parla italiano ?". >> (  vedere  qui  l'articolo  )  Ma la mamma della dodicenne aggredita non molla: "Vogliamo le scuse". Ma nonostante le versioni contrastanti la destra non risparmia i commenti, da Salvini alla Meloni passando per Alfano
Questo atteggiamento è quanto di più lontano ci sia dall'essere cristiani.

La  seconda  storia   invece  è oltre  che il punto d'arrivo   di  quasi  25  anni di  caccia  alle  streghe     capo\ capero  espiatorio    della destra  (  e non  solo  )   verso il diverso  e  verso  gli stranieri 
Da    ilfattoquotidiano del 18\5\2015

Pisa, lettere razziste a ragazzina: “Mai visto una negra che prende 10 in Diritto”

Pisa, lettere razziste a ragazzina: “Mai visto una negra che prende 10 in Diritto”
Cronaca

La giovane, 14 anni, nata in Italia da genitori senegalesi, si è trovata libri e quaderni strappati, oltre a una serie di insulti iniziati ad aprile, dopo gli scrutini in cui è risultata tra i migliori studenti. I genitori hanno deciso di sporgere denuncia ai carabinieri


“Non si è mai vista una negra che prende 10 a Diritto” è solo uno dei sei messaggi razzisti anonimi ricevuti nell’ultimo mese da una studentessa di 14 anni, nata in Italia da genitori senegalesi, che frequenta la prima classe di una scuola superiore di Pisa. La sua colpa è quella di riuscire a ottenere “ottimi voti”, soprattutto in quella materia che la appassiona così tanto da averle fatto scegliere di studiare per diventare avvocato. I genitori hanno deciso di sporgere denuncia ai carabinieri, mentre il preside dell’istituto promette pene severe per i responsabili: “Purtroppo non siamo ancora riusciti a individuare gli autori di questo gravissimo episodio che è molto di più di una semplice ragazzata – ha detto – siamo convinti che ad agire siano state almeno due persone e se dovessimo scoprirle le puniremo duramente, anche con la bocciatura. Le scuse sono ben accette, ma non basteranno più”.
Lettere contenenti minacce e offese a sfondo razziale, oltre a libri e quaderni strappati di nascosto e gettati nell’immondizia, sono comparsi in aprile, dopo la pubblicazione degli scrutini: “I miei voti sono abbastanza alti – ha poi dichiarato la ragazza ai carabinieri – in Diritto ho il massimo perché è una materia che mi piace e mi trovo bene con la professoressa. Sinceramente non ho sospetti. È una situazione che mi fa stare male perché sapere che in classe c’è gente che pensa queste cose di me è davvero doloroso. Hanno anche scritto che non esiste che una negra possa diventare avvocato, firmando ogni lettera con ‘Avvocato’ seguito dal mio nome. Se la sono presa anche con la professoressa, accusandola di favorirmi a causa del colore della mia pelle, ma lei ha sempre risposto che premia solo il merito”.
“La ragazza e le insegnanti sono rimaste sorprese perché non si sono mai verificati episodi simili – spiega a ilfattoquotidiano.it il Tenente del Comando provinciale dei Carabinieri di Pisa, Andrea Barbieri – il fatto che le lettere siano comparse dopo la pubblicazione degli scrutini ci fa pensare che si tratti di un episodio di razzismo che, però, ha come fattore scatenante l’invidia per gli ottimi risultati scolastici conseguiti dalla giovane. In questi giorni sentiremo i compagni di classe per avere qualche informazione in più”.
La scuola ha iniziato a indagare sulle prime lettere già da aprile, senza riuscire a individuare i colpevoli: “Non vogliamo minimizzare l’accaduto – ha continuato il preside – è un fatto grave, proprio perché a sfondo razzista e tanto più perché verificatosi in ambiente scolastico”. A niente, però, sono serviti i discorsi degli insegnanti alla classe e l’intervento davanti ai compagni di propria figlia da parte del padre della ragazza. “Sono andato in classe a parlare – ha poi raccontato ai carabinieri l’operaio di 56 anni che ha deciso di sporgere denuncia – nel mio discorso ho cercato di essere conciliante. Ho detto loro che è come se fossero tutti miei figli, ma nessuno si è scomposto. Era come se la storia non li riguardasse”.
Twitter: @GianniRosin

Che  ha  dinostrato  d'avere   le idee chiare, non solo sul suo futuro, «Posso seguire le lezioni sul web. Il mio sogno resta la professione di avvocato» ha detto l'adolescente che prima si era rifiutata di rientrare in classe finchè i ragazzini che l'hanno presa di mira e offesa non fossero stati puniti. Poi, complici i compagni che l'hanno convinta, è tornata a lezione perché, ha detto, "non devono condizionarmi la vita".(  Da  Il Tirreno - Provincia di Pisa ) e  << «Quando tutto questo sarà finito e i responsabili individuati, li voglio guardare negli occhi per dirgli quanto mi dispiace che sia stato un mio compagno di classe a fare tutto questo.Non conta la pelle ma ciò che c’è dentro. Vorrei farlo capire anche ai miei compagni”»  lettera  dell'interessata  a  repubblica 
Ora    secondo alcuni  commenti all'articolo del  IFQ   molti   fra  cui ClarissaEsamanta Sbrana   affermano  che   <<  Per me il razzismo c'entra poco, invece è tutta invidia. Mia figlia, bianca e bionda, bravissima a scuola, ha subito spesso la gelosia dei compagni. È l'odio dell'incapace che non sopporta la superiorità altrui. A questa dicono negra, alla mia dicevano figlia di papà  .  >>>  secondio me   e d  altri  invece   Più che bullismo, che piaccia o no, questa è la diretta conseguenza di quella politica che incita all'odio razziale. Quindi il tentativo (evidentemente riuscito) di incanalare rabbia e frustrazione verso un capro espiatorio sta dando i suoi frutti.
E a farne le spese sono spesso i più piccoli: questo episodio viene infatti subito dopo la vicenda del bimbo senegalese di DODICI ANNI accusato di aver picchiato una compagna di classe per il crocifisso (accusa poi rivelatasi ovviamente infondata).
Coinvolgendo anche i bambini in questo odio sociale (perché alla fine anche i quattordicenni sono bambini) si è veramente toccato il fondo.Sono le famiglie responsabili!!! In casa usano linguaggio violento e volgare che i bambini assimilano.. vedono la tv violenta ed ascoltano anche i linguaggi razzisti di molti genitori bambini!!! Non scarichiamo le colpe sui bambini se i genitori non insegnano valori ed educazione!!!
 E' Vero    quello che  dice   Matteo La Vella  sempre  sul  IFQ     quando  dice  : <<(....) Per quanto riguarda la notizia in questione invece...
Io credo che bisogna chiamare le cose col proprio nome e senza confonderle.
Da una parte il bullismo e da una il razzismo.
Nom biaogna confondere un episodio di razzismo con uno di bullismo, per il solo fatto che lo stesso è avvenuto fra ragazzini in una scuola (classico scenario di bullismo insomma).
Non bisogna confonderlo perché si creerebbero presupposti e giustificazioni pericolosi.
Il bullismo, fenomeno deplorevole ed esrtemamente dannoso per chi lo subisce, si basa su una serie di elementi di discriminazione che trovano una "giustificazione concreta" nella mente del bullo.
Voglio dire.. Chi subisce atti di bullismo?
I bambini un po' grassottelli per esempio. Perché, per esempio, a quell'età chi è sovrappeso non piace molto alle ragazzine, non è "esteticamente" bello e non ha nemmeno fortuna nello sport.
Poi, per esempio, chi mostra tendenze omosessuali. In questo caso perché, a quell'età il rispetto viene a coincidere con l' "essere virile" (tra i maschi chiaramente).
Poi ancora chi è molto bravo a scuola (il secchione per intenderci). In questo caso perché a quell'età la cultura passa chiaramente in secondo piano rispetto ad altri aspetti, che risultano socialmente più importanti.
Questi sono chiari esempi di bullismo. E trovano una giustificazione nella mente del bullo, in relazione alla sua età.
La dimostrazione sta nel fatto che, crescendo, ci si rende conto che quegli stessi aspetti che prima erano considerati motivo di offesa e derisione, in realtà non arrecano alcun danno. E anzi, in alcuni casi sono addirittura vantaggiosi, socialmente e non (come l'essere dotati nello studio).
In pratica l'oggetto del bullismo subisce una valutazione critica nel tempo, in base all'esperienza personale.
Col razzismo invece non è così. Il fatto di avere un colore della pelle diverso, non determina di fatto alcun motivo di discriminazione perché di fatto non incide sulle dinamiche della vita sociale .
Ed infatti in genere il razzismo non è diffuso tra le fasce di età più basse, proprio perché i bambini tendono a valutare le situazioni e le persone senza pregiudizio...solo in base al vissuto (cioè all'esperienza). >>  Ma  è  altrettanto  vero il bullismo e  il nonnismo  posso  degenerare  , ed  è questo il caso   nel  razzismo . 
 concordo invece   quando dice  <
Ed è innegabile che esista una responsabilità politica. Chi sta in politica e fa certe affermazioni deve tenere in contonla possibilità di essere emulato.
È successo con Berlusconi, fautore di quell'atteggiamento machista e donnaiolo che ha creato enormi problemi nell'accettazione sociale del l'omosessualità.
Allo stesso modo, sta accadendo con Salvini per via della sua politica del capro espiatorio. Salvini in particolare, in maniera molto furba (perché conosce i suoi polli) non fa riferimenti ai "neri", ma a rom ed immigrati. Poi l'italiano medio fa il resto, buttando tutti nello stesso calderone: quello del colore della pelle.  >>
Quindi  cari  malpancisti   l'intolleranza che avete costruito porta a questo e la colpa è solo vostra perché siete voi ad educare i vostri figli!Postate quelle merdate di #Salvini, prendete  per  buone le  bufale  populiste   fate i discorsi in casa del cazzo e i celebrolesi   \  zombie  ed  automi dei vostri figlioli fanno peggio. 14 anni forse i genitori dovrebbero farsi qualche domanda.  >> L'unica consolazione è quela   di   pensare  \  sminuire  i  fatto    credendo    che    ciò sia  una  forma  di  goliardata  e\o   bullismo innocente di un quattordicenne. 

Due sorelle date in adozione si ritrovano "per miracolo" durante una lezione di scrittura creativa all'università


da   www.unionesarda.it O 18\5\2015  16:02


lizzie valverde e katy olsen
                                          Lizzie Valverde e Katy Olsen
Si è iscritta a un corso di scrittura creativa all'università.
Durante una lezione, in cui ogni studente doveva leggere un proprio racconto di vita personale, ha ascoltato con crescente stupore la storia narrata da una sua compagna.
Al termine, l'ha raggiunta e le ha posto due semplici domande: "Sei stata data in adozione? E per caso tua madre vive a Tampa, in Florida?". In risposta ha avuto due sì. A quel punto tutto è diventato chiaro: "Allora credo di essere tua sorella".
E' finita su tutti i principali media statunitensi la storia di due studentesse della Columbia University, uno degli atenei più prestigiosi degli Usa, che hanno scoperto per caso, o forse è meglio dire per miracolo, di essere sorelle.
Le due sorelle ritrovate
Si tratta di Lizzie Valverde, 35 anni, e di Katy Olsen, 34.
Una cresciuta in New Jersey, l'altra tra Florida e Iowa.
Entrambe sono state date in adozione dopo la nascita, in quanto la loro madre, tal Leslie Parker, non poteva provvedere al loro sostentamento. Di quest'ultima conoscevano solo il cognome da nubile, Delgado, e la città d'origine, Tampa.
Poi il destino ha voluto farle rincontrare, mettendole nella stessa aula universitaria, grazie alla comune passione per la scrittura creativa.
Ora le due sorelle ritrovate stanno per laurearsi. E, secondo quanto riportato dai giornali Usa, alla cerimonia arriverà anche la madre, oggi 54enne.
Lieto fine per una storia davvero incredibile.

Prima Guerra Mondiale. Vittime ed eroi sconosciuti: gli animali


LIBRI PER APPROFONDIRE:

Sapevo di asini  e  cavalli , ma   non di cani e   buoi . Non si finisce mai   d'imparare  e  d'apprendere  nella vita  .
La guerra    coinvolge  tutto\i  ecco   perchè  , ricollegandomi  ai precedenti  post  ed  in particolare  all'ultimo ( 24\5\1915-24\5\2015 la leggenda del piave cent'anni dopo )   , da   non violento  ( anche se     non sempre    ci  riesco  perchè  è  prevalere  con il pensiero ed  a  volte anche  piccoli   gesti  psicologici la vendetta  e  reagire  alla stesso modo  se  non  in misura   maggiore  ai piccoli torti quotidiani  )   ricordo  o racconto  storie  ai margini     come quella  che trovate  sotto      su  tale periodo   storico di   cui   dall'estate  scorsa  fino  all'autunno   del 2018     si celebrerà  il centenario  .


da  http://www.quotidiano.net/animali/animali-guerra-quilici-1.960175




Prima Guerra Mondiale. Vittime ed eroi sconosciuti: gli animali

17.5.15

la leggenda del piave 100 anni dopo



  ti potrebbero   tinteressare     questi siti  Certo pieni di retorica  nazionalistica  e patriottarda  ma  efficaci    e   veri in questo  clima  di confusione morale  e  politica


Approfitto    del centenario ormnai   prossimo   del 24  maggio  per  rispondere  ai nuovi e  fugagi  lettori \  lettrici   che  mi  chiedono    perchè  non  da  violento    festeggio e celbro   la  prima  guerra     mondiale  . Ecco la  risposta con questo    video    che    soprattutto   nel  punto  fra    10.00 \10.20  riassume  anche  se partendo  da    percorsi  e retro terra  culturali diversi    il mio modo di pensare  al passsato 



Infatti  io come  molti di noi    credo   che  <<  nessuno ama la  guerra  , ma   questo  tipo di storia   ha  unito il paese  >>  (  Umberto broccoli  )  . 
Infatti  io come  molti di noi    credo   che  <<  nessuno ama la  guerra  , ma   questo  tipo di storia   ha  unito il paese  >>  (  Umberto broccoli http://it.wikipedia.org/wiki/Umberto_Broccoli ) . Uno  dei processi ,  che insieme  (  ovviamente  ciascunocon la sua   diversità )   al fascismo  , alla resistenza,    , alla televione  ,   boom economico , contribuirono all'unificazione  culturale  dell'italia  ,  ciioè anche  se  in modo  ancor  oggi incompleto (  http://archivio.panorama.it/archivio/Questo-Paese-e-sempre-in-ritardo)  .Infatti secondo molti storici  l'unità nazionale  fu completata  con la prima guerra  mondiale    e  nasce proprio sui fronti della  grande  Guerra . Dove   cittadini di  un paese  da poco  unificato   cercano  (  come dimostra  anche   il film appena uscit nelle  sale   soldato semplice  )  provenienti dalle vari regioni   imparano a parlarsi  , cercano a capirsi , di riconoscersi   come appartenenti  ad  uno stato unitario .  Ma  sopratutto  perchè  : 1 ) nel bene e nel male  ,  questa  è la nostra  storia   fatto di grandi avvenimenti  e  di  persone  . E se  la grande storia  è ormnai cristalizzata   nei libri   , non ci resta  che recuperare  per  non dimenticare   che  eiste     anche  una storia  / una menoria  quotidiana , fatta  di testimonianze  dei nostri avi ( nonni , bisnonni  , e  prozii )  che  l'hanno vissuta  . 2)   che  la  storia  non siua  solo nscritta   dai vincintori ma anche dai vinti  ., 3)  che  la storia  è fatta   dalla gente   non soo da  battagflie  e medaglie  .

Infatti  io come  molti di noi    credo   che  <<  nessuno ama la  guerra  , ma   questo  tipo di storia   ha  unito il paese  >>  (  Umberto broccoli http://it.wikipedia.org/wiki/Umberto_Broccoli ) . Uno  dei processi ,  che insieme  (  ovviamente  ciascunocon la sua   diversità )   al fascismo  , alla resistenza,    , alla televione  ,   boom economico , contribuirono all'unificazione  culturale  dell'italia  ,  ciioè anche  se  in modo  ancor  oggi incompleto (   vedere   http://archivio.panorama.it/archivio/Questo-Paese-e-sempre-in-ritardo )  da  punto di vista  sociale    .
Ora  secondo molti storici  l'unità nazionale  fu completata  con la prima guerra  mondiale    e  nasce proprio sui fronti della  grande  Guerra . Dove   cittadini di  un paese  da poco  unificato   cercano  (  come dimostra  anche   il film appena uscit nelle  sale   soldato semplice  )  provenienti dalle vari regioni   imparano a parlarsi  , cercano a capirsi , di riconoscersi   come appartenenti  ad  uno stato unitario .  Ma  sopratutto  perchè  : 1 ) nel bene e nel male  ,  questa  è la nostra  storia   fatto di grandi avvenimenti  e  di  persone  . E se  la grande storia  è ormnai cristalizzata   nei libri   , non ci resta  che recuperare  per  non dimenticare   che  eiste     anche  una storia  / una menoria  quotidiana , fatta  di testimonianze  dei nostri avi ( nonni , bisnonni  , e  prozii )  che  l'hanno vissuta  . 2)   che  la  storia  non siua  solo nscritta   dai vincintori ma anche dai vinti  ., 3)  che  la storia  è fatta   dalla gente   non soo da  battagflie  e medaglie  .
<<
Oggi quel campo di morte che fu l’Europa “per un arciduca in meno”, come ironizzò l’Herald di New York, è silenzioso. Più o meno. La Grande guerra divorò una generazione di giovani uomini, dimezzò le capacità industriali di tante nazioni e,  cento anni dopo, ben più di cento milioni di morti sono direttamente o indirettamente attribuibili a quella guerra: da lì sfociarono i totalitarismi e il mondo imboccò l’imbuto che lo condusse alla Seconda guerra mondiale. Quell’infernale carneficina avviò il suicidio dell’Europa, allora continente prospero e colto, e aprì le porte al secolo americano. Autodistruzione allo stato puro, su cui è il caso di ritornare con la memoria e di riflettere, cento anni dopo.(....) 
Come si racconta alla generazione 2.0 una guerra di cento anni fa?                                                                                               
“Il rapporto con i giovani ha rappresentato la nostra maggiore preoccupazione. La Prima guerra mondiale è un fatto tragico sul piano degli effetti avuti in una Europa che stava attraversando un periodo di pace e di sviluppo. Il problema che si sono posti il Comitato che presiedo e la  struttura di missione per la commemorazione del Centenario della Prima guerra mondiale, che opera presso la presidenza del Consiglio, è quello della conoscenza. I ragazzi delle scuole saranno sollecitati da una serie di iniziative preparate con gli insegnanti. Rai Storia trasmetterà un ciclo di film, facebook è diventata una piattaforma su cui reperire materiale indirizzato alla comprensione di questo dramma che sconvolse l’intera Europa, cioè il mondo, perché allora l’Europa era il pallino che teneva in mano lo sviluppo. Solo dopo i rapporti di forza sono cambiati”.
(...)                      
“La guerra ha accompagnato il cammino dell’umanità ma proprio a partire dalla Grande guerra, i passi avanti della tecnologia hanno portato alla più grande accelerazione del progresso tecnologico militare, con le conseguenze che conosciamo. Allora è determinante capire quanto è accaduto perché si rafforzi l’idea di fare tutto il possibile per evitare i conflitti e arrivare a soluzioni differenti. Per amare la pace, per inculcarla”.
 (...)                           
Pareti di rocce che precipitano sulla pianura veneta: “le montagne raccontano” potrebbe essere l’incipit di una narrazione su questa guerra combattuta ad alta quota. Ma si è preferito non limitare il ricordo alle regioni coinvolte fisicamente, quelle del nord-est.
“Dall’Adriatico all’Adamello: la Grande guerra si combatté nelle regioni orientali, fino a parte della Lombardia, quella dell’Adamello, appunto. Abbiamo voluto evitare che il ricordo si limitasse alle zone  coinvolte: certo, in quei luoghi la sensibilità è maggiore ma nelle trincee, in condizioni spaventose, si realizzò il primo momento della nostra unità nazionale. Allora l’unità aveva 53 anni, un battito di ciglia rispetto ai processi di sviluppo delle grandi nazioni europee”.
Quindi fu proprio questa guerra a completare il processo unitario, portando a compimento il sogno garibaldino?                                                                             
“Tra quei monti si ritrovarono insieme il fante siciliano eabruzzese con l’alpino veneto, friulano, in una condizione di sofferenza inumana. Io credo che la Grande guerra per l’Italia sia stata l’ultima guerra del risorgimento per l’indipendenza. Nel nostro paese sono stati fondamentali i cambiamenti sociali, penso al ruolo delle donne nelle campagne e nelle fabbriche, un avanzamento che non si è mai più fermato. Con questa quarta guerra del risorgimento sono rientrate in Italia Trieste e il Trentino, grande passo verso la costruzione di una unità popolare. L’Italia rispetto ad altre nazioni come la Germania ha potuto contare su una forte tenuta interna”. 
 Una memoria della Grande guerra non può che essere, cosi almeno dovrebbe     una memoria europea condivisa.  Ma  soprattutto, sembrerà banale  ed  ovvia  (  ma    certe  volte  l'ovvietà  è  meglio di  niente e  dell'oblio  )    perchè  una  carneficina   " anche se  semplice  "      rispetto ala  II  guerra mondiale  non debba  mai più ripetersi  . La memoria, qui concordo con  questo articolo  di    http://www.ilsussidiario.net lontano anni luce  dal mio pensiero di quegli eventi (obliterata a posteriori dall’imponenza della seconda guerra mondiale e dalla necessità di coprire la ferita imbarazzante di tale passato) sembra non provocare più molte domande: il passaggio quieto di questo anniversario, sia dunque non solo l’ambito circoscritto di un ricordo museale mitico o di un dialogo tra esperti, ma soprattutto l’inizio di un lavoro di lettura di quel passato -così simile al periodo di crisi di civiltà che stiamo attraversando- in dialogo con la nostra realtà in continuo cambiamento.

10.5.15

Cagliari: «Per paura dei tatuaggi non mi hanno dato lavoro» Tattoo e pregiudizi: il caso della modella “alternative” Alessandra Marini

  da la  nuova  sardegna del  10\5\2015 
LA STORIA
Cagliari: «Per paura dei tatuaggi non mi hanno dato lavoro».
Tattoo e pregiudizi: il caso della modella “alternative” Alessandra Marinidi Alessandro Marongiu
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                               La modella        cagliaritana Alessandra Marini

Tutto si sarebbe aspettata meno che un giorno i lavori tra cui si divide da oltre un lustro, quello di estetista e quello di fotomodella, sarebbero entrati in conflitto e le avrebbero tolto la possibilità di ottenere un impiego per il quale era una candidata più che referenziata. Il perché è presto detto: Alessandra Marini, venticinque anni, originaria di Pula attualmente di stanza a Cagliari, con il nome d’arte di L’Ale Sailor è una modella “alternative” (ha fatto parte della community “Sickgirl”, ha posato per affermati fotografi di tutta Italia e con i suoi scatti è già apparsa su dei magazine stranieri), e a qualcuno i suoi numerosi tatuaggi, specie quelli sulle mani, non sono andati a genio. Il lavoro in un resort dell’isola come estetista per la stagione estiva, che dopo un colloquio sembrava già esserle stato assegnato, è ormai andato a qualcun’altra: meno tatuata.
«È stato il miglior colloquio che abbia mai fatto. Hanno da subito trovato interessanti le mie precedenti esperienze lavorative, facendomi sentire davvero apprezzata. E mi hanno detto che non mi dovevo preoccupare di nulla: avevano già dei dipendenti tatuati, e in più avrei indossato una divisa; i piercing e i dilatatori nei lobi delle orecchie li avrei semplicemente tolti durante il turno di lavoro. Sono uscita dalla stanza felice e soddisfatta: si trattava a quel punto solo di aspettare una chiamata per la conferma delle date dei corsi di aggiornamento. Fino a quando, due giorni dopo, non ho ricevuto una telefonata in cui mi dicevano che il colloquio non era andato a buon fine: la spiegazione si è rivelata un lungo giro di parole a vuoto, dal quale si intuiva che il problema, contrariamente a quanto mi avevano detto di persona, erano i proprio tatuaggi»
Se prova a mettersi nei panni del datore di lavoro, trova che in nessun modo si possa capire la sua decisione o che gli si possa concedere qualche attenuante?
«Io sono una persona che non fa distinzioni né giudica dalle apparenze. Ogni cliente sceglie l'estetista in base a diversi criteri, ma il principale resta sempre la bravura professionale: di conseguenza, per me è davvero ridicolo, nel 2015, andare ancora incontro a queste situazioni».
Considera quest’episodio come un “incidente di percorso”, o trova che i tatuaggi siano ancora lontani dall’essere completamente accettati?
«Fino a quindici anni fa, chi aveva anche un solo tatuaggio veniva etichettato come un poco di buono; al giorno d'oggi c'è sempre più gente che si tatua, o almeno che rimane incuriosita e affascinata da questo mondo, quindi guardo al futuro con positività anche se, ogni tanto, mi sento ancora giudicata. Permane insomma sempre quel pizzico di pregiudizio che, soprattutto nella mia professione, non dovrebbe invece più esistere».
Quando e perché ha iniziato a tatuarsi? Segue uno stile specifico?
«Fin da piccola ho sempre avuto dei gusti particolari riguardanti la musica, il cinema, la moda, la vita stessa, e tatuarmi tutto il corpo è sempre stato uno dei miei sogni, il perché forse non lo so bene neanche io. Quando mia sorella fece il suo primo tatuaggio, avevo otto o nove anni, ero gelosissima, ne volevo uno anche io a tutti i costi; finalmente, cinque anni dopo toccò a me, e mi tatuai una piccola stella in mezzo alla schiena. Ricordo ancora tutto quello che ho dovuto fare per convince mia madre, che a tutt’oggi non approva. Attualmente ho addosso svariati pezzi di tatuatori differenti come Enrico Garau di Electric Storm Tattoo, Fema di Elegant Ink, Uomo Tigre, Pietro Sedda, Francesco Liori, Diamante Murru e di altri ancora. La maggior parte sono di stile traditional e neo-traditional, un genere di cui sono sempre stata appassionata per la storia che racconta. Il genere tradizionale o American Style è legato al patriottismo e alla cultura americani, che aveva nel marinaio Sailor Jerry il suo più famoso rappresentante. Le linee sono grosse, dalle forti sfumature e dai pochi colori contrastanti: si tratta dei tatuaggi dei marinai, in poche parole. Mio padre, che era appunto un marinaio negli anni Sessanta, mi raccontava che alcuni suoi colleghi si facevano tatuare in porto, addirittura, e chi commetteva dei crimini direttamente in galera. In precedenza i pescatori si facevano tatuare àncora e timone nelle dita come simboli di fortuna, per propiziare una buona pesca o per far ritorno a casa sani e salvi dalla navigata. Ma questi sono solo alcuni esempi. In realtà non mi sento legata al traditional per il mio cognome o per il fatto che mio padre fosse un marinaio o un pescatore (anche perché lui non ha mai apprezzato i tatuaggi proprio perché ai suoi tempi erano per la maggior parte i carcerati a farseli): è semplicemente il genere che mi piace di più»
Dopo aver saputo che non ha avuto il lavoro s’è pentita, almeno per un attimo, dei suoi tatuaggi?
«Nella maniera più assoluta. Anzi, credo che tra un po' farò proprio un nuovo tatuaggio, e lo farò proprio nelle mani».

e se imitassimo ovviamente migliorandolo il sistema australiano sull'immigrazione ?

Girando  per  lavoro , cazzeggio  e parentame  ( da  parte  di madre  )   che si trova   a  sud    la  mia Sardegna  mi viene una tristezza infinita nel vedere   terre  potenzialmente  fertili   abbandonate  o   centri storici    dei piccoli paesini che  si spopolano per  l'imigraziomne  e  il trasferimento   verso i grandi centri  ,   vecchie   cantoniere e  case  coloniche     e stazioni ferroviarie  , ecc .   E  mi chiedo  ma perchè  non le danno  magari sotto  la  forma  di usi  civici  o   di  mezzadria  (  come si faceva  un tempo  ) oppure in comodato  agli immigrati (  o  a quelli italiani che   vogliono   fare  qualcosa  )    che  sono battutati inattesa  della lentissima legge  sulla  richiesta   d'identificazione e  d'asilo  politico . ?

Perchè non prendiamo    ad esempio il modello  Australiano


 espresso  online  del  06 maggio 201
 di Stefano Vergine

 Immigrazione
"Schiavi" italiani in Australia? Sì, ma legali
E invece di indignarci dovremmo imitarli
Un'inchiesta tv ha denunciato casi di schiavismo nelle campagne dell'isola oceanica. Gli sfruttati sono però solo una piccola parte del totale e il sistema di Canberra offre ai migranti molte più garanzie del nostro

«L'odissea dei giovani schiavi italiani. Undici ore a notte, a raccogliere cipolle». L'articolo pubblicato dal “Corriere della Sera” racconta il risultato di un'inchiesta giornalistica condotta dalla popolare trasmissione televisiva australiana “Four Corners”.
Un programma che ha squarciato il velo, nella terra dei canguri, sulle migliaia di giovani europei che finiscono a lavorare gratis nelle fattorie.
Tutto vero. Per gli australiani meno informati è stato sicuramente uno shock scoprire che nel loro Paese ci sono persone praticamente schiavizzate, raccoglitori di quei prodotti che finiscono poi nei supermercati di Sydney, Melbourne, Brisbane, Darwin e delle altre cittadine sparse per l'immensa isola dell'Oceania.
Ma le cose sono un po' più complicate di come appaiono. Ovvero: per tanti che hanno denunciato condizioni di sfruttamento, ce ne sono almeno altrettanti contenti dei loro tre mesi di vita agreste. Perché, a differenza di quanto succede in Italia con gli extracomunitari, di fatto costretti all'illegalità oltre che talvolta schiavizzati, in Australia i tre mesi di lavoro in campagna danno diritto a un regolare permesso di soggiorno.
L'inchiesta in questione si è concentrata sul visto vacanza-lavoro, il “working holiday visa” . Rilasciato solo a cittadini di alcune nazioni industrializzate, con età compresa tra i 18 e i 31 anni, costa poche centinaia di euro e permette di stare in Australia per un anno lavorando a tempo pieno, estendendo la permanenza di un altro anno se il migrante è disposto a svolgere per tre mesi alcune mansioni come l'agricoltore o l'allevatore. Si può decidere di farlo percependo uno stipendio (le paghe variano dai 10 ai 25 dollari australiani all'ora), oppure prestare la propria opera gratuitamente, in cambio di vitto e alloggio. Nel 2014, scrive il “Corriere” della Sera citando i dati del dipartimento per l'Immigrazione australiana, nel Paese c'erano più di 145 mila giovani con questo tipo di visto, oltre 11 mila dei quali italiani.
I casi di sfruttamento sono stati ben documentati dalla tv australiana. E pure il "Corriere" ha dato conto di alcuni esempi, come quello di due ragazze che, impiegate in un'azienda agricola, raccoglievano cipolle rosse «dalle sette di sera alle sei di mattina, anche quando pioveva o faceva freddo».
Il fatto è che quelli evidenziati da “Four Corners” sono solo i casi sfortunati. Chi scrive ha potuto sperimentare in prima persona il working holiday visa australiano. E può assicurare che molti europei, fra cui parecchi italiani, non hanno subìto alcun tipo di sfruttamento.
Certo, con questo sistema le aziende locali beneficiano della manodopera straniera a basso costo, ma c'è un altro lato della medaglia da considerare. Grazie a questa politica migratoria, gli italiani e i tanti altri cittadini stranieri che vogliono emigrare in Australia possono farlo legalmente. Fanno la richiesta di visto online, vanno a lavorare per tre mesi in campagna, pagati oppure solo compensati con il vitto e l'alloggio, e in questo modo si guadagnano la possibilità di restare nel Paese per un secondo anno (in realtà, come ricorda il “Corriere”, il governo di Canberra ha recentemente deciso di concedere l'estensione del visto solo a chi viene pagato per lavorare).
La sostanza però non cambia. Invece di costringerli ad entrare illegalmente, come avviene oggi per i tanti extracomunitari che continuano ad arrivare sulle nostre coste, adottando una politica migratoria simile a quella del "working holiday visa" si permetterebbe ai migranti di avere due anni di visto per stare nel Paese, tempo utile per imparare la lingua e trovarsi un lavoro. Al contempo, le aziende italiane beneficerebbero di manodopera a basso costo, come peraltro già avviene. Ma tutto questo avverrebbe in modo legale, mentre oggi da noi le campagne sono ancora teatro di uno sfruttamento ben più pesante rispetto a quello visto nei casi raccontati dalla tv australiana.


Ovviamente  pagandoli  il  giusto onde  evitare    sfruttamento  e quel che succede  in australia
 alla fine dei 2 anni di working holiday. Si torna a casa. Punto. Rimanere piu' a lungo e' un reato (si illegal immigration e' un reato, in Australia, come nella maggior parte dei paesi). A meno che non si sia trovato un datore di lavoro che ti sponsorizza, ma nessun datore di lavoro sponsorizza i braccianti, soprattutto se puo' prenderne a ciclo continuo e pagarli poco proprio grazie al programma working holiday! Cosa faremmo degli stranieri venuti in Italia dopo i 2 anni di working holiday italiano? Facciamo restare tutti? E in piu' ne facciamo arrivare altri? Piu' tutti i poveracci sui barconi? La verita' e' che bisogna mettere un limite numerico annuale, raggiunto il quale non entra piu' nessuno.

risposta alla DICHIARAZIONE SHOCK di Livia Turco (PD):”I politici rubano perchè i cittadini lo insegnano” . noi italiani siamo schiavi di tali cialtroni per scelta

Inizialmente sul mio account di facebook , in cui avevo condiviso tale news , avevo scritto che : << hanno la faccia , scusate il qualunquismo ed il commento da bar e non da uomo colto e la volgarità ma non ne posso posso più , di politicanti imbelli e cialtroni ( metaforicamente parlando ) che rispondono con motivazioni assurde COME IL CULO . Non sa o fa finta di non sapere che se nella maggior parte dei casi gli italiani fanno il nero è perchè più dichiari più ti tassano >> testuale “Se i politici rubano è perché hanno preso il cattivo esempio dai cittadini italiani, che chiedono la raccomandazione e pagano l’idraulico in nero per risparmiare”. Ma poi a mente fredda mi sono accorto che la risposta migliore è questa data dal Libro di Raffaele Mangano


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Italiani schiavi per scelta
Posted on 13 aprile 2015 by Raffaele Mangano


Un intero popolo, avendone più o meno consapevolezza, ha sacrificato energie, risorse, speranze e qualità della vita a favore di un gruppo di potere affaristico – finanziario – politico che da un quarto di secolo domina e governa l’Italia, sino a diventarne servo e schiavo, incapace non solo di reagire, ma persino di capire cosa sia accaduto. Ciò è stato possibile per una serie concomitante di fattori, uno su tutti, fondamentale per chi gestisce il potere, la non conoscenza di fatti e misfatti da parte dei cittadini. Quasi tutti gli Italiani con meno di quarant’anni non hanno la più pallida idea di come sia stato gestito il Paese dove vivono, da quali personaggi, con quali metodi e, soprattutto, con quali effetti sulla vita che conducono. Chi ha un’età superiore ha un vago ricordo, ma spesso non è in grado di ricostruire gli avvenimenti, poiché l’opera di rimozione provocata da raffinate tecniche di comunicazione è stata continua ed efficace. Coloro che hanno gestito le politiche industriali, finanziarie e politiche italiane appartengono a una ristretta cerchia di persone tutt’ora in circolazione e ancora in grado di condizionare l’andamento della vita pubblica, direttamente o attraverso loro affiliati che ne hanno ereditato metodi e strategie. Per ottenere una completa sudditanza della popolazione é stato fatto credere che bisognasse schierarsi politicamente per combattere una crociata del bene contro il male, convincendo ognuna delle due fazioni di essere dalla parte giusta. Una volta ottenuta questa contrapposizione, l’opera di condizionamento è diventata più facile, e qualsiasi nefandezza ha avuto giustificazione con la difesa di non meglio precisati “valori”, di volta in volta accomodati dai potenti a seconda delle circostanze.

Il risultato è stata la spoliazione sistematica della ricchezza del Paese, la dispersione delle risorse, l’arricchimento di pochi gruppi a danno dei cittadini che invece hanno continuato a impoverirsi, la perdita di certezze, la messa a repentaglio delle generazioniFUTURE, lo Stato indebitato sino al collasso.
Il potere economico ha avuto bisogno della complicità dei partiti, a loro volta tesi unicamente al mantenimento dei giganteschi privilegi e abili a tenere in vita un perenne, ma fasullo, conflitto ideologico.
La conseguenza è stata il formarsi di una classe politica mediocre, incapace, inefficiente, di bassa qualità culturale e senza etica, astuta però nel promettere per decenni le stesse cose: abbassamento delle tasse, opere pubbliche faraoniche capaci di mettere in moto l’economia, inesauribile assistenza dello Stato, bassa disoccupazione, alti stipendi, pensioni rivalutate, lotta all’evasione fiscale, rilancio del mezzogiorno, contrasto alla criminalità.
Gli italiani non solo vi hanno creduto, mostrando una pervicace vocazione all’autolesionismo, ma hanno continuato a difendere l’indifendibile sistema che, giorno dopo, li ha ridotti a una condizione pietosa. Ma il disastro economico, di per sé micidiale, è stato purtroppo accompagnato da un degrado delle coscienze che avrà bisogno di decenni per essere riparato. Di fatto abbiamo attraversato il medioevo della ragione.
Gli effetti sono sotto gli occhi di ogni individuo che, per una volta, abbia voglia di riflettere a mente sgombra da pregiudizi: modesti obiettivi legati per lo più alla chimera di un rapido arricchimento, abbandono della socialità a favore dell’individualità e dell’egoismo, il formarsi di un “io” infantile privo di senso di responsabilità e civismo, sopportazione dell’illegalità, ignoranza diffusa e ostentata, furberie di ogni natura, riemergere di razzismi, scarsa considerazione dello Stato, proteste rabbiose fini a se stesse, aggressività, incapacità a comunicare e dialogare senza ricorrere agli insulti, nessuna voglia di sapere, ripetizione ossessiva di frasi ascoltate durante gli inutili e assordanti dibattiti televisivi, assenza di analisi critica e oggettiva.
Il paradosso più assurdo è che ancora un elevato numero di cittadini é disposto a difendere chi li ha ridotti in questo stato deprimente. Altri sono ormai come inebetiti, abulici, spenti. Eppure i fatti erano di facile lettura, bastava aver voglia di esaminarli con calma e trarne poi le conclusioni, anziché voltare il capo e farsi irretire dalla propaganda.
Una macchina del tempo virtuale ci può aiutare ad avere una visione d’insieme degli avvenimenti e delle persone che negli scorsi decenni hanno creato le premesse dello sconquasso attuale. E osservando l’intero quadro non si può che provare sgomento per la rassegnazione con la quale i cittadini hanno accettato la manipolazione delle loro vite. Se alla fine il lettore pronuncerà la frase “ma come è stato possibile?” significa che questo libro ha raggiunto lo scopo di aver acceso un faro sui fatti.
Quanto alla rinascita di una nazione, forse il tempo è scaduto. O forse no. Ma ciò lo potranno decidere solo gli italiani. Sempre che ormai non abbiano scelto di restare in schiavitù.

*****

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Libro
Prefazione di Alberto Forchielli
raffaele.mangano2@alice.it


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anzichè immigrare se nn hai un lavoro inventane uno. Aristide capuozzo ed i veloci ed ecologici corrieri di L ke bike


Veloci ed ecologici i corrieri di L!ke Bike conquistano la città

Finanziati da una raccolta fondi sul web e da un premio in pochi mesi hanno moltiplicato consegne e clienti

di Cristiano Cadoni




PADOVA. Ha voluto la bicicletta e ora pedala. Voleva un lavoro e ora ce l’ha. Con una buona idea - originale, ma neppure troppo - ha risolto il rebus di tanti coetanei: abbandonare l’Italia o resistere e inventarsi qualcosa. Trentuno anni, un diploma di scuola superiore nel cassetto, un master in criminologia preso più per passione che per strategia, Aristide Capuzzo ha messo in piedi una piccola azienda che in tre mesi ha già arruolato due dipendenti e - come si dice in questi casi - è in rapida ascesa. Cavalcando un’antica passione, quella per la bicicletta, e usando le nuove tecnologie, nella fattispecie il crowdfunding sul web, Capuzzo ha messo in moto i L!ke Bike Messengers, servizio di corrieri in bicicletta che garantisce consegne rapidissime ed ecosostenibili in tutta la città. Su bici classiche o con cargo-bike, i corrieri verdi trasportano documenti, pacchi e spese alimentari entro due ore dalla chiamata, con un solo limite: i cento chili di peso.

Un'idea che fonde passione e lavoroIl fondatore di L!ke Bike racconta come ha preso forma il suo progetto creando un'azienda di corrieri-ciclisti a Padova
«L’idea mi è venuta quando ho pensato di coniugare la mia passione con un servizio che in altre città europee funziona molto bene», racconta Capuzzo. A ottobre dell’anno scorso ho avviato l’attività e fatto partire la  raccolta  di fondi ». In poche settimane 54 persone hanno dato il loro contributo al progetto sulla piattaforma di Eppela: due ci hanno creduto così tanto da versare alla causa mille euro. Così i L!ke Bike Messengers hanno cominciato a pedalare con 10.425 euro di capitale raccolto sul web, al quale si è aggiunto un finanziamento . L’unico assegnato in tutto il Nordest) - pari al 50 per cento di quanto raccolto - messo a disposizione da Poste Italiane e da Visa attraverso PostepayCrowd. «Con quei soldi abbiamo potuto comprare una cargo-bike che costa circa 3 mila euro», racconta Capuzzo, «e stiamo sviluppando un’applicazione che consentirà ai nostri clienti di prenotare le consegne con giorni d’anticipo». Oggi il servizio funziona già a pieno regime, con tre corrieri, dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 18 e il sabato su richiesta. Basta chiamare il 389 6534121. «Per ora i nostri clienti sono soprattutto avvocati e commercialisti che hanno bisogno di consegnare documenti», racconta Capuzzo. «Ma c’è anche chi ci chiama per ritirare la spesa. E poi abbiamo iniziato a fare consegna di pasti a domicilio». Poi ci sono le missioni più strane, come trasferire un recinto per conigli, finora il più impegnativo dei trasporti eseguiti. I L!ke Bike Messenger sono veloci e vincono il confronto sulle tariffe (5,50 euro una consegna, ma con sconti per i soci Legambiente, carnet per più consegne e trattamento di favore per gli studenti). «In più siamo ecologici, non inquiniamo, e già questo - anche a parità di prezzo - dovrebbe farci preferire», è sicuro il fondatore. L’obiettivo a breve scadenza è ampliare il parco mezzi (un cargo-bike sarà usato come ciclofficina itinerante) e conquistare clienti. «Per un bilancio bisogna aspettare un anno e mezzo», prosegue il ciclo-fondatore. «Nel frattempo cerchiamo di far girare il messaggio che un altro tipo di consegna è possibile. Che più in generale un altro modo di vivere la città è possibile».

7.5.15

Il maestro di launeddas Luigi Lai e Angelo Branduardi il menestrello dela canzone italiana


da Roberto Tangianu

cosa è L'amore ? Eccone alcune sfumature




a tutti i miei tredici lettori\trici fissi , ma anche no , che mi chiedevano storie ecco tre al pezzo di una .  Ho provato  qui a raccogliere   tre  diversi tipi  sfumature  \ sfaccettature  dell'amore  . Se  voi ne avete  qualcun'altra  da   suggerirmi  usate  o  i commenti o la classica  email  del sito    redbeppe@gmail.com  




La prima



Fidanzati da nove anni, sposi per tre giorni e poi subito il divorzio
La crisi è arrivata durante il viaggio di nozze a Parigi. Con la nuova normativa, fra sei mesi sarà tutto finito

di Ilaria Purassanta da http://messaggeroveneto.gelocal.it/udine/cronaca/ del 04 maggio 2015









Galeotta fu Parigi, ma per il divorzio. Sono bastate 48 ore di luna di miele ai due novelli sposi – lei pordenonese, 38 anni, lui pugliese, un anno più vecchio – per il dietrofront a tempo di record. Nozze lampo per la coppia, dopo un fidanzamento all'antica, durato invece nove anni.
La meta più romantica per antonomasia non ha prodotto l’effetto sperato. Anzi. All’ombra della Tour Eiffel si è consumato l’epilogo della storia d’amore coltivata a distanza. Per l’impiegata postale e il militare il viaggio di nozze è stato il primo vero test di convivenza sul campo. Dopo due notti insieme, l’incantesimo si è infranto per entrambi, tanto che i due sposini hanno rifatto anzitempo le valigie per ritornare in Italia. Ognuno a casa propria.
E a tre giorni dal fatidico sì pronunciato in municipio si sono presentati agli uffici della Fondazione nazionale consumatori per avviare le pratiche di divorzio consensuale.
Ora sono separati di fatto. Fra sei mesi, non avranno più nulla in comune, grazie alla formula del divorzio breve: nessun figlio, né beni immobili o conti correnti. Se non quella firma apposta dianzi all'ufficiale dello stato civile, il mese scorso, a suggellare nove anni d’amore, tramontato poi sotto un beffardo cielo parigino.

«Secondo i nostri consulenti di coppia – spiega Giovanni Rossetti, della Fondazione nazionale consumatori, che ha sede a Roma– non si tratta di dinamiche così strane: se due fidanzati non hanno mai convissuto, alla prova dei fatti può capitare che comprendano di non essere fatti l’uno per l’altra. 
Secondo quanto riferisce il sodalizio che tutela i consumatori, i due ex promessi hanno deciso di istruire una pratica in Tribunale, «non potendo accedere al divorzio in Comune per motivi burocratici». La scelta è stata condivisa da entrambi, «in modo pacifico, nonostante il difficile momento».
Il problema, come spiega Rossetti, è che in caso di sposi con comuni di residenza differenti rispetto al luogo della celebrazione, si complicano le procedure di trascrizione dei matrimoni in calce all’atto di nascita.
«La celerità della trascrizione – aggiunge il referente del sodalizio – varia da Comune a Comune. Se si desidera convolare a nuove nozze, in calce all’atto di nascita deve comparire lo stato civile di celibe e nubile. Il paradosso è che entro sei mesi il divorzio è sulla carta, ma poi bisogna magari aspettare un anno per la trascrizione: è un problema che ci è stato segnalato da vari colleghi. Se ci si rivolge, invece, al Tribunale, il giudice dispone l’immediata trascrizione. I nostri due associati hanno scelto pertanto questa strada».
Dal momento che la coppia aveva optato per il solo rito civile, senza presentarsi all'altare, fra un semestre potranno festeggiare la ritrovata libertà.
Ma probabilmente passerà del tempo, prima che un nuovo amore li convinca a rimettere la fede al dito.Il dato insolito, in questo caso, è la brevità del matrimonio».


la seconda un po' più allegra  da http://iltirreno.gelocal.it/grosseto/cronaca del 2\5\2015
LOVE STORY IN SALA



Sul maxi schermo appare l'happy end: "Mi vuoi sposare?"
Isabel Maggio e Giacomo Coppola: lei va a vedere un film con le amiche ma appare un video del fidanzato che l'aspetta fuori in Limousine: «Ho un anello per te»di Elisabetta Giorgi










         Giacomo Coppola e Isabel Maggio ad agosto 2014, quando si lanciarono con il paracadute

GROSSETO. Luci spente, buio in sala. Zitti tutti, comincia “Adaline, l’eterna emozione” di Lee Toland Krieger. Partono i trailer degli altri film ma poi l’imprevisto si materializza e sul grande schermo balza senz’alcun preavviso la proposta di matrimonio più pazza che c’è. Straordinariamente appassionata e confezionata ad arte per lei, la donna della sua vita. «Mi vuoi sposare? Fuori c’è una Limousine che ti aspetta».

Il film che diventa realtà Il “promo” cui Giacomo Coppola ha lavorato per mesi proiettandolo al cinema di Grosseto



Di fronte a decine di grossetani sbigottiti che credevano di gustarsi un altro film Isabel rabbrividisce mentre vede scorrere la sua vita in formato gigante: un video con foto e frasi d’amore del fidanzato che si è inventato un modo speciale per farla capitolare ai suoi piedi per sempre. «Ci ho messo cinque mesi - sorride lui, Giacomo Coppola, 27 anni - ma ne è valsa la pena».
Finito il video i grossetani in sala capiscono e applaudono. Le amiche (complici di lui) sorridono birichine mentre lei schizza fuori dal fidanzato. Gli salta al collo, atterra nel macchinone, pronuncia il fatidico sì e si fa infilare dritto dritto l’anello al dito. «Come potevo dire no?», racconta riavvolgendo i fili di una storia fantastica che dura da cinque anni e piena di colpi di scena, sane follie e romanticismi d’altri tempi. Come in un film, ma stavolta è tutto vero.
Isabel Maggio ha 29 anni, fa la parrucchiera nel proprio salone “Déjà-vu” in via Brigate Partigiane mentre lui gestisce un’impresa edile: si amano da cinque anni di un amore vero. Lei è stata già sposata e ha due figli, il primo dal precedente matrimonio e il secondo da lui, Giacomo, l’uomo che fin dal primo sguardo ha deciso di corteggiarla e sorprenderla per sempre. Partenza soft, quasi pudica. «All’inizio mi invitò a prendere un aperitivo», racconta Isabel. C’erano timidezza, tanta delicatezza nell’aria. Poi è stato un crescendo di sentimenti: una passione seria e sanguigna con vene fanciullesche e naïf.
''La nostra vita come al cinema: lui mi ha chiesto di sposarmi così''Era in sala con le sue amiche quando il fidanzato le ha formulato la proposta di matrimonio proiettando il film della loro vita
«In effetti ho sempre avuto una componente di stranezza nel mio carattere - ammette Giacomo con un sorriso buono e l’espressione gentile - ma non l’avevo mai manifestata così per nessuna donna: lei è l’unica persona al mondo per la quale faccio follie. Prima, quando non ero innamorato, potevo anche partire da solo per un viaggio all’improvviso, ma tutto finiva lì. Ora Isabel mi ha fatto proprio aprire la vena...». Come quella volta che lui l’ha raggiunta a Rimini: lei era là per un corso da parrucchiera.

«Le mie colleghe - racconta Isabel - mi dicono: c’è un ragazzo che ti cerca. Io: boh, vediamo chi è. Era lui. Arriva da me, mi stampa un bacio in bocca e riparte». Manco il tempo di un caffè, non c’era tempo.
L’anno scorso altro round e altra follia, stavolta più a lungo termine: è Natale, tempo di regali. E sotto l’albero Isabel trova un megapacco con materiali vari, paglia e bigodini. «Fruga fruga c’è pure una chiave: chiedo cosa sia e scopro che lui mi ha regalato un salone da parrucchiera.. Quello dove attualmente lavoro insieme a sua sorella...».
In questi cinque anni sono stati molti i viaggi e le passioni comuni. Vacanze all’estero, passatempi di tutti i tipi. E persino il volo, altra follia cresciuta pian piano. Così il 18 agosto 2014 Isabel e Giacomo sperimentano la vertigine di un amore ad alta quota. Si lanciano da 4mila metri d’altezza alla Parrina, ognuno con il proprio istruttore.

                                          Isabel che si lancia con il paracadute



«E anche qui - ride la ragazza - mentre siamo in volo carichi di un’adrenalina pazzesca lui trova il modo di farmi un cuoricino con le mani». Per la verità, anche in quel caso lui la spiazza per un altro verso. «Mi aveva detto che voleva chiedermi di sposarlo in volo, invece niente. Siamo atterrati e la dichiarazione non è arrivata».
Che avesse cambiato idea? «No, era una finta».
Infatti il 24 aprile scorso lei se ne va al cinema con le amiche: sei ragazze di cui una diventata madre, tutte complici di Giacomo che da Natale ha preparato il suo piano alla zittina chiedendo all'amico Simone Giardini di fare un video. «Mi sono accordato con il cinema, poi ho coinvolto le sue amiche che l’hanno portata a vedere il film: tutte hanno retto bene la parte». Iniziano a scorrere i trailer, lei non sospetta nulla. Tra una pubblicità e un’altra vuol andare alla toilette ma le amiche la bloccano. «Nooo!», urlano. Lei le guarda sbigottita e pensa che siano impazzite, finché non compare una possente sigla della 20 Century fox. «A Jack Coppola production. 11 luglio 2015».

Coppola? Forse è Francis Ford. E invece no: ecco le prime foto: la foto del suo Jack, Giacomo. Loro due, due fedi intrecciate. E «vieni: sono qui ad aspettarti». Isabel va in iperventilazione. Le amiche gioiscono, gli spettatori applaudono. Gioia e lacrime. Lei corre fuori, c’è una limousine bianco latte. Poi l’anello, bicchieri e brindisi. A bordo del bolide la coppia inizia un giro per la città e programma la data.


                            Un frame del video di Giacomo per Isabel




Le nozze saranno celebrate l’11 luglio al Cassero: a celebrarle sarà un’amica della sposa. Poi partenza per Messico, Giamaica e Bahamas. Ultima follia evaporata (ma solo in parte)? «Il giorno del matrimonio volevamo lanciarci col paracadute e atterrare col vestito da sposi dalle parti del ristorante, ma ci dicono che non si può fare». Poco male: se è possibile «lo faremo lo stesso il giorno prima alla Parrina».
Sarà un bel volo da 4000 metri, antipasto di un’altra vertigine che durerà tutta la vita.






La terza ed ultima  da  unione sarda  online del  5\V\2015 

Tenta il suicidio davanti al figlio 13enne Lui la salva trattenendola per un braccio


Il                                                      il ponte di Introd


Il gesto sventato in Val d'Aosta grazie alla reazione del bambino, che ha avvisato la zia con un sms.
Voleva togliersi la vita davanti al figlio di 13 anni che, disperato, tentava di farla desistere.
La donna, residente a Saint-Vincent, in Val d'Aosta, e da tempo depressa, è stata salvata grazie all'allarme lanciato dal ragazzino con un sms alla zia: "Siamo su un ponte molto alto", che ha avvisato i carabinieri.
L'intento era quello di gettarsi dal ponte di Introd: dopo essere andata a prendere i figli a scuola, oltre al 13enne anche un bambino di cinque anni, li ha portati dai nonni. Ha detto loro "addio" e li ha abbracciati.
Il più grande però ha capito che qualcosa non andava e risposto alla madre: "Vengo con te". Questo non ha fermato la donna, che ha raggiunto il ponte in auto.
Lì ha mostrato le sue intenzioni, ossia gettarsi di sotto. Il figlio ha scritto il messaggio col telefonino e intanto tratteneva la mamma per un braccio: "Non farlo mamma, non farlo", le gridava.
Poi sono arrivati i carabinieri, che hanno tratto in salvo la donna: "Sarà per la prossima volta", sono state le sue parole. E' stata accompagnata in ospedale.