la leggenda del piave 100 anni dopo



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Approfitto    del centenario ormnai   prossimo   del 24  maggio  per  rispondere  ai nuovi e  fugagi  lettori \  lettrici   che  mi  chiedono    perchè  non  da  violento    festeggio e celbro   la  prima  guerra     mondiale  . Ecco la  risposta con questo    video    che    soprattutto   nel  punto  fra    10.00 \10.20  riassume  anche  se partendo  da    percorsi  e retro terra  culturali diversi    il mio modo di pensare  al passsato 



Infatti  io come  molti di noi    credo   che  <<  nessuno ama la  guerra  , ma   questo  tipo di storia   ha  unito il paese  >>  (  Umberto broccoli  )  . 
Infatti  io come  molti di noi    credo   che  <<  nessuno ama la  guerra  , ma   questo  tipo di storia   ha  unito il paese  >>  (  Umberto broccoli http://it.wikipedia.org/wiki/Umberto_Broccoli ) . Uno  dei processi ,  che insieme  (  ovviamente  ciascunocon la sua   diversità )   al fascismo  , alla resistenza,    , alla televione  ,   boom economico , contribuirono all'unificazione  culturale  dell'italia  ,  ciioè anche  se  in modo  ancor  oggi incompleto (  http://archivio.panorama.it/archivio/Questo-Paese-e-sempre-in-ritardo)  .Infatti secondo molti storici  l'unità nazionale  fu completata  con la prima guerra  mondiale    e  nasce proprio sui fronti della  grande  Guerra . Dove   cittadini di  un paese  da poco  unificato   cercano  (  come dimostra  anche   il film appena uscit nelle  sale   soldato semplice  )  provenienti dalle vari regioni   imparano a parlarsi  , cercano a capirsi , di riconoscersi   come appartenenti  ad  uno stato unitario .  Ma  sopratutto  perchè  : 1 ) nel bene e nel male  ,  questa  è la nostra  storia   fatto di grandi avvenimenti  e  di  persone  . E se  la grande storia  è ormnai cristalizzata   nei libri   , non ci resta  che recuperare  per  non dimenticare   che  eiste     anche  una storia  / una menoria  quotidiana , fatta  di testimonianze  dei nostri avi ( nonni , bisnonni  , e  prozii )  che  l'hanno vissuta  . 2)   che  la  storia  non siua  solo nscritta   dai vincintori ma anche dai vinti  ., 3)  che  la storia  è fatta   dalla gente   non soo da  battagflie  e medaglie  .

Infatti  io come  molti di noi    credo   che  <<  nessuno ama la  guerra  , ma   questo  tipo di storia   ha  unito il paese  >>  (  Umberto broccoli http://it.wikipedia.org/wiki/Umberto_Broccoli ) . Uno  dei processi ,  che insieme  (  ovviamente  ciascunocon la sua   diversità )   al fascismo  , alla resistenza,    , alla televione  ,   boom economico , contribuirono all'unificazione  culturale  dell'italia  ,  ciioè anche  se  in modo  ancor  oggi incompleto (   vedere   http://archivio.panorama.it/archivio/Questo-Paese-e-sempre-in-ritardo )  da  punto di vista  sociale    .
Ora  secondo molti storici  l'unità nazionale  fu completata  con la prima guerra  mondiale    e  nasce proprio sui fronti della  grande  Guerra . Dove   cittadini di  un paese  da poco  unificato   cercano  (  come dimostra  anche   il film appena uscit nelle  sale   soldato semplice  )  provenienti dalle vari regioni   imparano a parlarsi  , cercano a capirsi , di riconoscersi   come appartenenti  ad  uno stato unitario .  Ma  sopratutto  perchè  : 1 ) nel bene e nel male  ,  questa  è la nostra  storia   fatto di grandi avvenimenti  e  di  persone  . E se  la grande storia  è ormnai cristalizzata   nei libri   , non ci resta  che recuperare  per  non dimenticare   che  eiste     anche  una storia  / una menoria  quotidiana , fatta  di testimonianze  dei nostri avi ( nonni , bisnonni  , e  prozii )  che  l'hanno vissuta  . 2)   che  la  storia  non siua  solo nscritta   dai vincintori ma anche dai vinti  ., 3)  che  la storia  è fatta   dalla gente   non soo da  battagflie  e medaglie  .
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Oggi quel campo di morte che fu l’Europa “per un arciduca in meno”, come ironizzò l’Herald di New York, è silenzioso. Più o meno. La Grande guerra divorò una generazione di giovani uomini, dimezzò le capacità industriali di tante nazioni e,  cento anni dopo, ben più di cento milioni di morti sono direttamente o indirettamente attribuibili a quella guerra: da lì sfociarono i totalitarismi e il mondo imboccò l’imbuto che lo condusse alla Seconda guerra mondiale. Quell’infernale carneficina avviò il suicidio dell’Europa, allora continente prospero e colto, e aprì le porte al secolo americano. Autodistruzione allo stato puro, su cui è il caso di ritornare con la memoria e di riflettere, cento anni dopo.(....) 
Come si racconta alla generazione 2.0 una guerra di cento anni fa?                                                                                               
“Il rapporto con i giovani ha rappresentato la nostra maggiore preoccupazione. La Prima guerra mondiale è un fatto tragico sul piano degli effetti avuti in una Europa che stava attraversando un periodo di pace e di sviluppo. Il problema che si sono posti il Comitato che presiedo e la  struttura di missione per la commemorazione del Centenario della Prima guerra mondiale, che opera presso la presidenza del Consiglio, è quello della conoscenza. I ragazzi delle scuole saranno sollecitati da una serie di iniziative preparate con gli insegnanti. Rai Storia trasmetterà un ciclo di film, facebook è diventata una piattaforma su cui reperire materiale indirizzato alla comprensione di questo dramma che sconvolse l’intera Europa, cioè il mondo, perché allora l’Europa era il pallino che teneva in mano lo sviluppo. Solo dopo i rapporti di forza sono cambiati”.
(...)                      
“La guerra ha accompagnato il cammino dell’umanità ma proprio a partire dalla Grande guerra, i passi avanti della tecnologia hanno portato alla più grande accelerazione del progresso tecnologico militare, con le conseguenze che conosciamo. Allora è determinante capire quanto è accaduto perché si rafforzi l’idea di fare tutto il possibile per evitare i conflitti e arrivare a soluzioni differenti. Per amare la pace, per inculcarla”.
 (...)                           
Pareti di rocce che precipitano sulla pianura veneta: “le montagne raccontano” potrebbe essere l’incipit di una narrazione su questa guerra combattuta ad alta quota. Ma si è preferito non limitare il ricordo alle regioni coinvolte fisicamente, quelle del nord-est.
“Dall’Adriatico all’Adamello: la Grande guerra si combatté nelle regioni orientali, fino a parte della Lombardia, quella dell’Adamello, appunto. Abbiamo voluto evitare che il ricordo si limitasse alle zone  coinvolte: certo, in quei luoghi la sensibilità è maggiore ma nelle trincee, in condizioni spaventose, si realizzò il primo momento della nostra unità nazionale. Allora l’unità aveva 53 anni, un battito di ciglia rispetto ai processi di sviluppo delle grandi nazioni europee”.
Quindi fu proprio questa guerra a completare il processo unitario, portando a compimento il sogno garibaldino?                                                                             
“Tra quei monti si ritrovarono insieme il fante siciliano eabruzzese con l’alpino veneto, friulano, in una condizione di sofferenza inumana. Io credo che la Grande guerra per l’Italia sia stata l’ultima guerra del risorgimento per l’indipendenza. Nel nostro paese sono stati fondamentali i cambiamenti sociali, penso al ruolo delle donne nelle campagne e nelle fabbriche, un avanzamento che non si è mai più fermato. Con questa quarta guerra del risorgimento sono rientrate in Italia Trieste e il Trentino, grande passo verso la costruzione di una unità popolare. L’Italia rispetto ad altre nazioni come la Germania ha potuto contare su una forte tenuta interna”. 
 Una memoria della Grande guerra non può che essere, cosi almeno dovrebbe     una memoria europea condivisa.  Ma  soprattutto, sembrerà banale  ed  ovvia  (  ma    certe  volte  l'ovvietà  è  meglio di  niente e  dell'oblio  )    perchè  una  carneficina   " anche se  semplice  "      rispetto ala  II  guerra mondiale  non debba  mai più ripetersi  . La memoria, qui concordo con  questo articolo  di    http://www.ilsussidiario.net lontano anni luce  dal mio pensiero di quegli eventi (obliterata a posteriori dall’imponenza della seconda guerra mondiale e dalla necessità di coprire la ferita imbarazzante di tale passato) sembra non provocare più molte domande: il passaggio quieto di questo anniversario, sia dunque non solo l’ambito circoscritto di un ricordo museale mitico o di un dialogo tra esperti, ma soprattutto l’inizio di un lavoro di lettura di quel passato -così simile al periodo di crisi di civiltà che stiamo attraversando- in dialogo con la nostra realtà in continuo cambiamento.

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