22.6.23

PUBBLICITÀ REGRESSO di patrizia cadau

Quando diciamo ai bambini che un genitore va amato a prescindere dal suo comportamento, che va amato incondizionatamente in quanto genitore, che anzi, loro, i bambini, devono lottare per conquistarne l'amore, che anzi spetta a loro assecondarli per addolcirli, che devono adeguarsi modificando la loro natura per essere accettati dal genitore, non stiamo insegnando loro l'amore per la
famiglia, ma li stiamo abituando a legami di sottomissione e svatulazione, dove non c'è spazio per la propria autostima: stiamo tracciando per loro una rete futura di relazioni tossiche, dove sarà considerato normale non essere mai abbastanza e autocolpevolizzarsi per quanto non si riesce a costruire in una relazioneLi stiamo crescendo adeguandoli all'umiliazione, ai sensi di colpa, allo svilimento, al considerare normale essere trattati senza alcuna considerazione dei propri bisogni.
Insomma, stiamo insegnando ai bambini ad essere adulti, quasi sempre donne adulte, certamente abusate, intrappolate in ricatti psicologici, e succubi della violenza.I bambini non nascono per guarire le ferite di chi li ha messi al mondo.Se avete ferite, datevi al giardinaggio, o fatevi vedere da uno bravo, ma non pretendete che la terapia sia caricata sull'innocenza di un bambino, premendo sul pedale del ricatto affettivo. Bestie.

21.6.23

NAUFRAGI DI SERIE A E DI SERIE B

 

Con il massimo rispetto per ogni vita umana. Se un decimo della spasmodica bulimia mediatica e un centesimo dei soccorsi messi in campo per i cinque ultra-milionari che scendono nell’Oceano per cazzeggio gioco lo avessimo dedicato alle decine di migliaia di migranti senza nome che fuggono da guerre e miseria e muoiono in quel cimitero senza croci che è il Mediterraneo, sempre che riescano ad arrivarci visto che chissà quanto ne muoiono diurante il tragitto , non dico che sarebbe un mondo migliore, ma almeno un posto più decente, più dignitoso. Auguro davvero che le ricerche vadano a buon fine, aspettando invano il giorno in cui il valore della vita umana non si misuri con un pezzo di carta o un conto in banca. Tutto qui.
Infattti concordo con questo post trovato sul'home di facebook


Il mondo è strano.
Fai un biglietto da 250mila euro per imbarcarti in un moderno sottomarino, scendere negli abissi per vedere il relitto del Titanic ma qualcosa va storto: c'è apprensione mondiale e tutti si precipitano a salvarti.Scappi da una guerra, dalla dittatura o dalla carestia, paghi tutto ciò che hai per salire su una barca malandata, attraversare i mari in tempesta e qualcosa va storto: naufraghi nel silenzio generale e qualche carogna dice pure che te la sei cercata.


storie d'amore e d'amicizia . La sindaca e il suo vice si sposano e lui si dimette ., Furono scambiate in culla: una delle due ragazze mazaresi si sposa, ad accompagnarla all’altare i due papà

 

  da  REPUBBLICA    del  20\6\2023 


La sindaca sposa il suo vice, e lui si dimette. E' un matrimonio benedetto dalla politica quello avvenuto a Pietravairano, piccolo comune dell'Alto-Casertano, tra la prima cittadina Marianna Di Robbio (in carica dal 2019) e il suo vice, nonché assessore della sua giunta Aldo Zarone, celebrato qualche giorno fa, che ha provocato tanto entusiasmo nella comunità, e nessuna polemica. Anche perché Zarone, con un post su facebook, ha subito annunciato la rinuncia "all'incarico di vice sindaco e assessore".



"Tale decisione - ha spiegato - la ritengo non solo doverosa (in ragione delle prescrizioni di legge) ma anche opportuna sotto il profilo politico e personale dopo essere convolato a nozze con Marianna Di Robbio. Nel mio ruolo di consigliere di maggioranza conserverò le deleghe e continuerò a lavorare con impegno e dedizione assieme agli amici amministratori, nell'esclusivo interesse del nostro splendido territorio, del nostro amato paese. Con il cuore ancora colmo di gioia ed emozionato come il primo

giorno, vi ringrazio per avermi voluto in modo forte in Consiglio Comunale e per averlo praticamente dimostrato nel farmi essere il vicesindaco più giovane e votato del nostro paese. Vi saluto con affetto".Una bella storia d'amore, celebrata anche sui social, con la coppia che già nel giugno dello scorso anno fece parlare di sé con l'annuncio della nascita del primo figlio, con tanto di ecografia mostrata in foto e la scritta, dedicata da Zarone alla Di Robbio. "A te, a noi, alla mamma che sarai! Ti sceglierei altre milioni di volte".Una bella storia d'amore, celebrata anche sui social, con la coppia che già nel giugno dello scorso fece parlare di sé con l'annuncio della nascita del primo figlio, con tanto di ecografia mostrata in foto e la scritta, dedicata da Zarone alla Di Robbio. "A te, a noi, alla mamma che sarai! Ti sceglierei altre milioni di volte".

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Venticinque anni dopo lo scambio, genitori e figli, rimasti uniti in unica grande famiglia, hanno accompagnato all'altare Caterina Alagna. Presente anche l’altra ragazza, Melissa Foderà
una delle due ragazze mazaresi si sposa, ad accompagnarla all’altare i due papà





Venticinque anni dopo lo scambio, genitori e figli, rimasti uniti in unica grande famiglia, hanno accompagnato all'altare Caterina Alagna. Presente anche l’altra ragazza, Melissa Foderà

MAZARA DEL VALLO 
 Due papà, due mamme e quattro sorelle per una sposa all'altare. Si è sposata ieri nella basilica Cattedrale di Mazara del Vallo Caterina Alagna, una delle due bambine mazaresi scambiate in culla la notte tra il 31 dicembre del 1997, quando sono nate a quindici minuti di distanza l'una dall'altra, tra le 23 e le 23,15, all'ospedale cittadino "Abele Ajello".
Venticinque anni dopo lo scambio in culla genitori e figli, rimasti uniti in unica grande famiglia, hanno accompagnato all'altare Caterina. A precedere l'entrata della sposa sono state tutte le sorelle in veste di damigelle: Perla e Lea, le sorelle di sangue della sposa, e Melissa Foderà, l'altra bambina scambiata in culla, insieme alla sorella Sofia. A seguire Caterina, sottobraccio ai due papà, che si chiamano entrambi Francesco, le due mamme Marinella e Gisella.
Quella delle due bambine è una storia delicata che ha reso, dopo tanto dolore, le due bambine inseparabili e le due famiglie in simbiosi. Una storia che ha ispirato anche un film, "Sorelle per sempre". Per tre anni, dopo che le due famiglie tornarono a casa dall'ospedale con una bambina non loro, le piccole sono cresciute con le famiglie invertite. È all'asilo che si manifesta l'impensabile: una delle maestre solleva i sospetti dettati dalle somiglianze.
A una delle mamme venne consegnata una bambina: "Questa non è mia figlia". "Ma le somiglia come una goccia d'acqua", replicò la maestra. La donna guardando la piccola venne assalita dai sospetti. Da qui l'esame del sangue che conferma che la piccola non è sua figlia. Viene, così, informata l'altra famiglia e viene eseguito un secondo esame con il riscontro choc: anche il gruppo sanguigno dell'altra bambina non è compatibile con quello della famiglia con cui sta crescendo.
"Nessun dubbio, c'è stato un errore", disse il primario Antonino Adamo "è stata colpa dell'involontario scambio delle tutine. Il giorno di Capodanno di tre anni fa c'era una certa confusione nel reparto". Complice dell'errore anche l'assenza dei braccialetti per identificare i neonati, sostituiti con un cartoncino appeso alla culla perché terminati. Il primario venne reputato responsabile dello scambio e venne condannato a otto mesi.
Per le due famiglie, che casualmente abitano nello stesso quartiere e da qui la scelta dello stesso asilo, l'incubo si trasforma in "mutuo soccorso". Iniziano a frequentarsi, a familiarizzare a sostenersi nel dolore, in attesa che il Tribunale dei minori si pronunci per accertare la verità, con l'esame del Dna, che poi porterà a stabilire il ritorno delle piccole nelle famiglie naturali.
Le due bambine, ognuna delle due somiglia ai genitori veri, iniziano a legarsi e con loro i quattro genitori. Una sorta di strategia, consigliata dai medici e dagli psicologi, per rendere il meno traumatico possibile il nuovo e definitivo scambio.


20.6.23

Gestazione per altri Non utero in affitto Debora e Michele: "Noi, eterosessuali e cattolici, discriminati da questo governo"


"Vorrei un figlio perché la vita è fatta per essere proseguita e non per morire con noi". Le parole di Debora Lucani, consulente fiscale di 37 anni, quasi commuovono il marito, Michele

Belloli, consulente bancario di 48 anni. Sposati in chiesa da ormai 12 anni, sono originari di Parma ma vivono a Marina di Carrara. "Dopo il matrimonio mi è stata diagnosticata un'endometriosi al quarto stadio", spiega Debora, "e mi è stata fortemente sconsigliata una gravidanza". Di qui l'idea di provare con l'adozione che fra burocrazia e gli intoppi dovuti alla pandemia si è rivelata un percorso a ostacoli.





"Abbiamo cominciato a informarci negli Stati Uniti e Canada sulla gestazione per altri solidale,", dice Michele, "in cui deve esserci la massima volontà della gestante a donare il proprio utero a una coppia, senza alcuna commercializzazione". Le uniche spese ammesse all'interno di questa pratica sarebbero quelle per eventuali costi sanitari sulla gestante ed eventuali rimborsi per mancati introiti lavorativi. "Ecco perché ci rifiutiamo di parlare di utero in affitto e troviamo che vietare senza normare una cosa che farebbe il bene di tante coppie sia un atto populistico".

L'inizio dell'iter per riconoscere la gpa come reato universale alla Camera fa riflettere la coppia. "Il nostro desiderio di un figlio resta inalterato ma vedremo come fare", dice Debora, che rincara: "Questa pratica è svolta per lo più da coppie eterosessuali ma qui la si affianca agli omosessuali per colpirli ancora di più. Non mi spiego come sia possibile. Con questa legge se facessimo nostro figlio all'estero rischieremmo due anni di carcere. Vogliono proteggere i bambini ma alla fine gli complicano la vita".

                                             Di Andrea Lattanzi

caccia alle streghe dopo i fatti di Il caso degli youtuber di Casal Palocco

CANZONI CONSIGLIATE
 Bocca di Rosa/Social - dadocomics

Giro di vite - Modena city ramblers



Era inevitabile, che sarebbe successo l'attacco ai giovani , un’occasione succosa, quasi un riflesso condizionato , Il caso degli youtuber di Casal Palocco sta diventando, come fa notare Lorenzo Tosa , giorno dopo giorno, la leva perfetta per sparare a zero contro “i giovani” nel loro complesso, come se esistesse una categoria giovani, come se cinque pseudo-influencer “educati” a baciare Ferrari sul cofano e a fare soldi sul vuoto pneumatico sociale (più che social) potessero incarnare e rappresentare una generazione intera che, nella stragrande maggioranza dei casi si fa un mazzo così, dividendosi tra studio, lavoretti pagati una miseria, sacrifici enormi per permettersi un bilocale a 1000 euro. Infatti

 

E' vero che ci ci sono - e ne conosco tanti - anche della generazione di padri e nonni che hanno allevato i propri “figli” a un rapporto tossico col denaro, alla performance e a fare soldi come unico criterio per affermare chi sei, alla concezione della donna e del lusso come estensione del proprio status e potere. Tutto questo negli anni 80 \90 aveva un nome: si chiamava edonismo e “berlusconismo”. Oggi è semplicemente divntato ( salvo eccezioni o mosche bianche ) la normalità, a cui i social hanno fatto da megafono e trampolino: non sono i social il problema, e nemmeno la causa, semmai una conseguenza del'uso acritico e scriteriato che se ne fa .Ogni volta che puntiamo il dito genericamente contro i giovani e i social stiamo praticando puro auto-erotismo etico paternalistico e moraleggiante, una forma di auto-assoluzione, la più comoda. La più ipocrita che esista.Il problema è che c'è gente che segue questi individui incoraggiandoli e motivandoli. Infatti il problema è che c'è gente che segue questi individui incoraggiandoli e motivandoli. Infatti come concordo con la prima parte di questro cmmenti trovato sulla bacheca di Lorenzo tosa

[...] io li chiamerei "complici" i followers hanno la responsabilità morale di avere contribuito a fare sì che la tragedia avvenisse. Se ne avessero avuti pochi... forse chissà avrebbero cambiato idea. 

Ma  non   ne  condivido la    seconda  parter    in quanto   è proprio   la  dittatura   dei  follwer   e  dei  like  (    vedere  l'articolo  : << ribelliamoci al  domiino dei like  >>   di  vanessa  ruggeri      riportato in un precedente  post  )  che   crea  simili fenomeni e   simili  incoscienze  .  Più ne  ne  proponi  più ne  vuole  è   come    la  merda  il trash 





19.6.23

un vecchio e un giovane in una banca tra passato e presente di Roberta Brocciacia

 dal  gruppo  fb  Madre Terra e amici di ❤  di  Roberta Broccia

 


Ho passato un'ora in banca con mio padre, perché ha dovuto
trasferire dei soldi.
Non ho resistito a me stessa
e ho chiesto...
- Papà, perché non attiviamo il tuo
internet banking?
- Perché dovrei farlo? Ha chiesto...
- Beh, allora non dovrai passare
un'ora qui per cose come
il trasferimento.
Puoi anche fare la spesa online.
Sarà tutto così facile! ′
Ero così entusiasta di farlo entrare
nel mondo del Net Banking.
Mi ha chiesto: se lo faccio, non dovrò
uscire di casa...?
- Sì, sì ho detto. Gli ho detto come
anche gli alimentari possono essere
consegnati a porta ora e come
Amazon consegna tutto!
La sua risposta mi ha lasciato
la lingua legata.
Mi ha detto:
“da quando sono entrato in questa
banca oggi, ho incontrato quattro
miei amici, ho chiacchierato un po'
con lo staff che ormai mi conosce
molto bene.
Sai che sono solo...
questa è l'azienda di cui ho bisogno.
Mi piace prepararmi e venire in banca.
Ho abbastanza tempo,
è il tocco fisico che desidero."
"Due anni fa mi sono ammalato,
il proprietario del negozio da cui
compro frutti, è venuto a trovarmi
e si è seduto vicino al mio capezzale
e ha pianto.
Quando tua madre è caduta giù
qualche giorno fa mentre faceva
la passeggiata mattutina,
il nostro fruttivendolo locale
l'ha vista e ha subito preso la sua
macchina per portarla a casa
di corsa, perché lui sa dove vivo."
- Avrei quel tocco ′′umano′′
se tutto diventasse online?
Perché dovrei volere che tutto
mi venga consegnato e che mi
costringa a interagire solo
con il mio computer?
Mi piace conoscere la persona
con cui ho a che fare e non solo
il venditore.
Crea legami di relazioni.
Anche Amazon consegna tutto questo?"
La tecnologia non è vita...
Trascorri del tempo con le persone.l
Non con i dispositivi.

La nuorese Pierpaola Porqueddu si rimette in gioco per il pubblico a 47 anni Venti anni fa lo stop alla carriera. Oggi conquista la copertina di “Amadeus”

queesta  vicenda    conferma   come già  dicevo nell'introduzione del precedente post  : <<  Cagliari, aveva chiamato i carabinieri per interrompere il violinista: ora lo invita a suonare all’inaugurazione del negozio .... >>  l'importanza  e   la base  musicale   critica  o  acritica  che  sia     è  contenuta  nella  vita  di tutti  i  giorni 


da  lanuova  sardegna  del  19\6\2023

Ha un tono di voce che il suo racconto sembra un preludio in sol minore. Le parole, le vibrano. Modulate, leggere, decise. L’accordatura è perfetta, la stessa frequenza di un diapason. Dita lunghe e affusolate, pronte a danzare, a carezzare e picchiare, a esultare lungo i tasti bianchi e neri. Sorride, soprattutto. Ha un sorriso grande così, vero, profondo. È un sorriso felice. «Sì, ora sono pronta» gioisce Pierpaola Porqueddu. «Ci sono voluti venti anni, ma adesso non vedo l’ora di tornare sul palcoscenico» dice la pianista nuorese. È così che rinasce una musicista: a 47 da compiere domani, ha vinto e metabolizzato l’emozione di suonare in pubblico che l’ha bloccata quando di anni ne aveva appena 27. Allora aveva davanti a sé una carriera luminosa e promettente. Vantava già un curriculum brillante e un’infinità di teatri e auditorium che la volevano al centro del palcoscenico. «La mia grande emotività, le mie paure e la mia mania di perfezionismo sono stati ostacoli insormontabili» racconta. Ecco perché si era ritirata dalle scene. Anche se la musica è rimasta sempre e comunque la sua linfa. «Mi sono dedicata all’insegnamento, dai bambini agli anziani» va avanti Porqueddu. Docente al Conservatorio “Gesualdo Da Venosa” di Potenza, è diventata una vera e propria star digitale. Nel frattempo ha avuto tre figli: Leonardo, 21 anni; Alessandro, 17; e Naima, 7 anni. «Sono loro che mi hanno fatto capire la vita, con tutte le sue difficoltà» spiega. Loro: la famiglia che ha messo su, a Imola, dove la pianista barbaricina ha trovato l’amore e la nuova casa. È in questa casa che ha vinto la sfida con sé stessa, che ha visto rinascere la primavera, con tutte le sue emozioni ora sotto controllo, governate da una forza interiore che soltanto una mamma può avere. «Finalmente ho ritrovato il piacere di suonare per gli altri dal vivo». Pierpaola, Pierpaola Porqueddu: semplicemente . La prima pagina Notissima agli internauti, solo su Spotify conta 40mila ascoltatori al mese, la nuova vita dell’artista nuorese comincia subito con il botto: la pianista ha conquistato la copertina di Amadeus [  foto   a  sinistra   in alto  ] , il mensile di riferimento della grande musica, la rivista pilastro della classica. A firmare l’ampio servizio su Pierpaola Porqueddu è Filippo Michelangeli in persona, editore e direttore del magazine. Le fotografie sono di Stefania Varca. 





In allegato, al numero ora in edicola, un album esclusivo e inedito di Porqueddu dedicato alle Sonate di Franz Joseph Haydn (1732-1809). «Sono di una bellezza assoluta, persino superiore a molte pagine di Mozart» sottolinea la musicista. A Emiliano Buggio, invece, il compito di accompagnare i lettori di Amadeus nell’analisi delle quattro Sonate eseguite da Pierpaola Porqueddu su un pianoforte Steinway D 274. Un cd “fisico” che segna un punto di ripartenza, dunque. Dopo tanto successo conquistato nel web, comunque, attraverso lo streaming on demand, sugli store digitali. «Suona con una intensità e un senso del legato sorprendenti» dice di lei Michelangeli. Lei ricorda perfettamente l’ultima volta che si era esibita all’Accademia di Santa Cecilia di Roma, all’esame finale. Era il 2003. Esattamente venti aanni fa. «Ero già emotivamente molto vulnerabile – ricorda oggi –. Sono arrivata all’esame finale svuotata». Nata a Nuoro nel 1976, Pierpaola Porqueddu era arrivata al Santa Cecilia con il diploma in pianoforte conseguito, appena ventenne, con il massimo dei voti, al Conservatorio di Cagliari. La ragazza aveva talento, e non temeva neppure le partiture più impervie. Stava persino cominciando a trionfare nei concorsi internazionali. Nel 2000 ha vinto lo “Speranza” di Taranto. Ormai, la giovane pianista aveva lasciato la Sardegna, per formarsi e affrontare il mondo. A Nuoro, i primi a tifare per lei, erano e sono la
madre e il padre: Pasquina Ledda, prima maestra alle elementari, poi insegnante nel carcere di Badu ’e Carros; Graziano Porqueddu, chitarrista autodidatta di grande talento e passione sconfinata. Pierpaola ha pensato bene a perfezionarsi con i mostri sacri della tastiera: con Paul Badura-Skoda alla Chigiana di Siena; con Paolo Bordoni all’Accademia di Pescara; con Sergio Perticaroli al Mozarteum di Salisburgo. Poi, l’Accademia nazionale di Santa Cecilia di Roma, appunto. La gloria e lo stop improvviso. Stop, si fa per dire, visto che Porqueddu ha comunque continuato a suonare e a registrare. In Emilia Romagna ha concentrato le sue forze sulla famiglia, ha persino rinunciato a un tour in Giappone. «Prima di tutto viene la famiglia e i tre figli. Avrei dovuto assentarmi da casa» racconta. Qualche rarissima esibizione. Tante esecuzioni, invece, destinate al web. Nel 2017 è uscito “Piano recital”, con musiche di Mozart, Haydn, Chopin, Schumann, Debussy. Nel 2020 ha registrato per la fluente Records l’album “Russian music for children” dedicato a musiche didattiche di Prokofiev e Kabalevsky. Oggi incide per Halidon music e ha pubblicato, tra gli altri, i 24 Preludi op. 28 di Chopin («il primo amore») e un cd dedicato a Mozart. Nella sua discografia , Pierpaola Porqueddu lo riserva a un grande didatta italiano, Remo
Vinciguerra (scomparso il 6 luglio del 2022). «Attraverso le sue composizioni – dice la musicista nuorese ad Amadeus – ho trovato la felicità nei bambini a cui insegnavo il pianoforte». «L’insegnamento è stata la mia attività preferita – aggiunge – perché amo stare con i ragazzi. Credo che in ciò non sia irrilevante la passione, oltreché per la musica, per la psicologia, la filosofia, la pedagogia». «Grazie a Vinciguerra ho trovato il modo di far sorridere i miei allievi. E il loro sorriso mi ha contagiato». «Prima di avere avuto i figli ero una insegnante severa, poi mi sono ammorbidita – sorride –, gli allievi mi sembrano tutti miei figli. Pero sono precisa e li aiuto a esprimere il massimo delle loro potenzialità». La famiglia, l’insegnamento. Nel frattempo è cresciuta anche la popolarità sul web, le play list si sono allungate, i download moltiplicati. «Un’emozione bellissima sapere che mi ascoltano persone che non mi conoscono» sorride la pianista. «Non riuscivo a credere che in tutto il mondo, dagli StatiUniti alle Filippine, all’Indonesia, potessero ascoltarmi». L’hanno ascoltata anche in Svizzera, è piaciuta molto la sua esecuzione della Sonata in Mi minore di Haydn. Così è successo che un giorno l’hanno chiamata dalla radio Swiss Classic che l’ha subito inserita nel palinsesto. Un inno alla vita, alla gioia della vita, all’equilibrio ritrovato. «Devo ringraziare Luca Rasca, un pianista meraviglioso, che mi ha aiutato a colmare alcune lacune che avevo nel mio modo di studiare, mi ha dato un metodo che non avevo. Ma adesso mi manca il pubblico. Molto»

I MOSTRI INSOSPETTABILI ! di Alessandra Hropich

 


Tutta la vita mi sono imbattuta in Mostri apparentemente umani, molti, in giacca e cravatta quasi sempre educati ed estremamente disponibili ad ascoltare il prossimo.
Ad un importante Convegno con i più importanti Psicologi, mi trovai ad ascoltare i tratti caratteristici dei manipolatori, perché va detto che ogni mostro tende a manipolare il prossimo ed individua la vittima studiandola preventivamente. Le personalità dispotiche, quelle che spesso non trovano terreno fertile in settori strategici, possono scatenarsi su persone ritenute più deboli. Quanti non riescono ad imporsi sul lavoro e nella società, possono cercare di distruggere la vita di qualcuno che ritengono migliore. Ci sono i Mostri anche nei rapporti di coppia ove lui assume un ruolo prevaricatore nei confronti della sua donna e viceversa.
Ci sono donne capaci di tutto ma con una maschera che indossano sempre per mostrarsi diverse da quello che sono, certi mariti, ingenuamente, pensano ad un cambiamento ma non sanno che certe donne si rivelano e soltanto quando lo ritengono opportuno.
I segni che lascia un Mostro, qualsiasi Mostro, sul corpo o nella mente sono indelebili,
Quanti Mostri si mostrano umani e disponibili
all' ascolto per poi, quando hanno carpito i segreti e le confessioni altrui, salire (simbolicamente?) sul corpo della vittima schiacciando su di lei il peso della loro crudeltà.
È pieno di persone che procurano sofferenze agli altri con il loro narcisismo, che violano l' altrui sensibilità, tanti sono gli abusatori nelle relazioni affettive che corrodono le vittime come un acido corrosivo a danno dei più deboli ed ingenui.
L' egoismo, l’avidità, l’invidia, la crudeltà penetrano in tutti i rapporti umani, dall' amore, all ’amicizia, alla famiglia, al vicinato, ai rapporti con i colleghi.
I nostri occhi dovrebbero vedere con maggiore profondità, per difendersi dall’assalto della violenza.
Il libro "Mostri!" Può essere letto come una medaglia dalle due facce: quella dei personaggi narcisisti e spietati e quella opposta delle vittime che in genere, sono persone sensibili e perbene. Succede anche che le vittime sensibili e umiliate, siano tentate talvolta di fare peggio dei loro aggressori, ed anche qui, sono dolori, per tutti.

18.6.23

ribelliamoci al domiino dei like di vanessa ruggeri

 non  ho voglia  di fare  il copia  e  incolla   dell'articolo   .  qui     metto  qui  lo screenschot  delle  due   pagine   dell'articolo della  nuova  d'oggi   . 



 


 Uno  degli interventi più  interessanti che ho letto  sui fatti  di Roma  che rischiano o di finire  assolti    se  non  si  trovano     i  video     del loro crimine  



o se   gli  avvocati  cavillano  e   fanno arrivare   il dibattimento    diopo  l'approvazione    della     la nuova    schifo riforma    sulla giustizia       di    fare  solo   il primo grado     ed  basta  come dice questo commento 



 mi ferm  qui  . erchè   sono talemt e  schifato  che  non  sò che  altro  aggiungere    .  e  poi   due  parole   sono troppe e  una  è poco 

Cagliari, aveva chiamato i carabinieri per interrompere il violinista: ora lo invita a suonare all’inaugurazione del negozio Yaacob e Stefania avevano fatto pace poco dopo l’episodio: adesso è nata un’amicizia

In  risposta    a  chi   ride   o mi scambio  per  matto  \  stravangante    perchè  metto  ai miei  post    la  musica  che  ascolto  in contemporanea   o cito  l'intera  canzone  o il  testo     facendone   anche   la  parafrasi    .       riporto  questa     storia  realmente accaduta   . 

Unione  sarda  15 giugno 2023 alle 13:57


Cagliari, aveva chiamato i carabinieri per interrompere il violinista: ora lo invita a suonare all’inaugurazione del negozio Yaacob e Stefania avevano fatto pace poco dopo l’episodio: adesso è nata un’amicizia La via gremita di persone. Qualche chiacchiera, le buste con lo shopping appena fatto. E la musica. Scene di ordinaria quotidianità in città, di qualsiasi città come ce ne sono tante. Succede a New York e succede anche a Cagliari. I musicisti di strada tengono alto l’umore e regalano concerti a cielo aperto. Capita anche però che qualche volta la musica non sia gradita. O meglio, magari è una giornata storta, magari si reagisce in modo troppo impetuoso alle note che invadono l’aria e i negozi.

 Sicuramente questa storia la ricorderanno in tanti: circa un anno fa, infatti, una commerciante di via Manno a Cagliari chiamò i carabinieri per interrompere la performance di Yaacob González García, violinista spagnolo arrivato in Sardegna per seguire la sua arte. La vicenda si concluse bene quasi immediatamente, con i cagliaritani a prendere le parti del musicista e una stretta di mano a suggellare una neonata amicizia. Oggi questa storia, però, ha raggiunto davvero il suo lieto fine. Stefania Donadon ha riaperto il suo negozio dopo un periodo di stop e ha deciso, per l’inaugurazione, di contattare proprio lui, Yacob, per suonare per amici e clienti. «La musica fa da filo conduttore e vince attraverso le nostre differenze» ha detto il violinista, emozionato e con quel sorriso che solo la musica riesce a dare a chi la suona e a chi la ascolta. È bene ciò che finisce bene, insomma. Un epilogo che dai toni accesi di una discussione ha lasciato spazio ai toni alti e melodiosi delle note.
                                          Giulia Salis

Ma  anche  alle polemiche     di quelli  che  ben  pensao     che  si  lamentano     che   non  si   fa  niente   e   poi  quando  si  fa  qualcosa   si lamentano opure un cerca  di   raccogiere  qualche  soldo   senza  andare a   delinquere  (   rubare  ,  spacciare  , ecc )   ecco alcuni commenti    all'articolo 

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user310148
da 2 giorni
Mi chiedo cos'è che non disturbi ai residenti dei centri storici, c'è sempre la possibilità di andare nei quartieri residenziali per non sentirsi disturbati da chiunque capiti nei vostri quartieri a vostro uso esclusivo, almeno è quello che pretendete. Con queste vicende si ammazza un'intera città e il bello è che ci state pure riuscendo....
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salsiccio
da 3 giorni
Stemarta firse non vivi nel centro storico. Est modus in rebus (fattelo tradurre, ed insegnalo al musicista)
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stemarta
da 3 giorni
User308928, gli orari che hai menzionato rientrano pienamente negli orari in cui si può fare musica , se il disturbo è tanto chiuditi le finestre e vivi da eremita così non ti disturba nessuno . In secondo luogo, offrigli un lavoro , così magari può guadagnarsi da vivere in maniera dignitosa. La musica è vita è ci sono tanti artisti di strada che sono dei veri professionisti. Vivi e lascia vivere.
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user308928
da 3 giorni
Il suddetto violinista è un gran cafone che viene allontanato ripetutamente dalle strade perché disturba i residenti del centro storico ammorbandoci dalle 9 del mattino alle 8 di sera con brani coperti da copyright (da Morricone a Hans Zimmer: SIAE dove sei?) sparati a palla dagli amplificatori collegati al suo strumento stonato. La ricostruzione dell'Unione è del tutto ingenua e romantica: il disturbo della quieta pubblica resta un reato: sequestrategli gli amplificatori e multatelo.
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Antoniu
da 3 giorni
intelligente forma di pubblicità (dato poi questo articolo). Approvo. Viva la gentilezza e l'intelligenza.

si è artisti in vita ma i media e a massa non s'occorgono salvo qualche barlume . il caso del fotografo Paolo di Paolo

     in  sottofondo     

  
 Tutti i media   eran  occupati   dalle  morti    di  alcune  celebrità politiche  e culturali  . Tanto  da  far  passare  in secondo  piano  la  morte (  salvo  qualche trafiletto   nella  pagina  della  cultura  o riviste  specialistiche  d'arte  e  di  fotografia )   di  uno   dei fotografi italiani , Paolo di Paolo ,  più  importanti  degli ultimi 60  anni  della storia  del  costume    Italiano  . Si può morire dimenticati   (  salvo  da  pochi appassionati    delle  sue  opere  ) o   nell'indifferenza  (  vedere  canzone  in  sottofondo )   , si può morire cercando di  restare fino all’ultimo sulla scena, si può morire lontani dal mondo e si può morire con la sensazione illusione  che si verrà ricordati.
In questi giorni  come   ricorda il  giornalista  
Mario Calabresi  riporto  sotto  l'articolo     delll'ultimo n   della  Newsletters    altre storie     in  quanto  è  grazie   a   lui  che   l'ho scoperto    ed  ho  identificato  alcune  foto    che   avevo    visto   su  alcune riviste   ed  in alcuni siti  <<    ci hanno lasciato molte persone che hanno incrociato le nostre vite e che ci sembrava di conoscere, da Silvio Berlusconi a Francesco Nuti, da Flavia Franzoni Prodi allo scrittore americano Cormac McCarthy. Quest’ultimo aveva 89 anni, ma da tanto tempo era scomparso e viveva come un monaco di clausura a Santa Fe in New Mexico. A parlare per lui c’erano però i suoi potentissimi libri. Ma c’è un uomo, che è scomparso a 98 anni la stessa mattina di Berlusconi, che voglio ricordare per molti motivi: stima, amicizia e perché ha avuto l’occasione di nascere due volte, la seconda quando aveva novant’anni. Grazie a sua figlia. >>


LA STORIA

L’uomo che nacque due volte

di Mario Calabresi


Si può morire dimenticati, si può morire cercando di restare fino all’ultimo sulla scena, si può morire lontani dal mondo e si può morire con la sensazione che si verrà ricordati. In questi giorni ci hanno lasciato molte persone che hanno incrociato le nostre vite e che ci sembrava di conoscere, da Silvio Berlusconi a Francesco Nuti, da Flavia Franzoni Prodi allo scrittore americano Cormac McCarthy. Quest’ultimo aveva 89 anni, ma da tanto tempo era scomparso e viveva come un monaco di clausura a Santa Fe in New Mexico. A parlare per lui c’erano però i suoi potentissimi libri. Ma c’è un uomo, che è scomparso a 98 anni la stessa mattina di Berlusconi, che voglio ricordare per molti motivi: stima, amicizia e perché ha avuto l’occasione di nascere due volte, la seconda quando aveva novant’anni. Grazie a sua figlia.

La prima volta al mare, Rimini 1959 ©Archivio Fotografico Paolo Di Paolo

Si chiamava Paolo Di Paolo, era nato in Molise nel 1925, si era trasferito a Roma per studiare al liceo classico e poi filosofia all’Università. Nel dopoguerra aveva frequentato il mondo artistico romano ed era rimasto affascinato dalla fotografia, così aveva cominciato a “scattare per diletto” (questo per lui era il senso vero della parola “dilettante”) ma presto quel passatempo era diventato un lavoro e il settimanale “Il Mondo” di Pannunzio la sua casa.

Dal 1954 al 1968 è stato uno dei più grandi narratori per immagini della trasformazione dell’Italia, ha raccontato il boom industriale, la Dolce Vita, il mondo del cinema, ha percorso tutte le coste del nostro Paese per raccontare le vacanze degli italiani insieme a Pier Paolo Pasolini (estate 1959) regalandoci un reportage indimenticabile. Un’Italia in cui convivevano giovani donne a capo velato che a Campobasso portavano le ceste sulla testa e ragazze in mini short sul lungomare di Viareggio, nuove linee aeree e trasporti a dorso d’asino, l’autostrada del Sole e la civiltà contadina. Era un tempo di speranza, in cui la fame reale lasciava il posto alla fame di sapere, conoscere e alla voglia di voltare definitivamente pagina.

Il padre della sposa. Trani, Puglia, 1959 © Archivio Fotografico Paolo Di Paolo
Fuoriserie al Gargano, 1959 ©Archivio Fotografico Paolo Di Paolo

Paolo Di Paolo ha un modo di lavorare rigoroso, molto etico e profondamente rispettoso delle persone che fotografa. Negli anni Sessanta il tema della privacy emerge per la prima volta, i “paparazzi” rompono qualunque codice esistente, violando intimità e tradizioni. Nulla sembra essere più sacro, anche se con gli occhi di oggi non possiamo che sorridere di fronte a chi riteneva lecita qualunque intromissione nella vita dei personaggi pubblici quando apparivano sulla scena. Il presente di questo nuovo Millennio ci racconta di violazioni che arrivano dentro il letto di casa, ma la società di allora viveva il cambio di paradigma come un terremoto. Di Paolo invece è l’uomo delle intimità rispettate. In un’epoca in cui la macchina al collo era diventata un’arma e il titolo di “fotografo” non era propriamente esaltante, lui sceglie il garbo, preferisce fare un passo indietro quando capisce che pubblicare significherebbe creare dolore o rompere un rapporto di fiducia.

Marcello Mastroianni e Faye Dunaway, 1968 © Archivio Fotografico Paolo Di Paolo

Le immagini che meglio testimoniano questo approccio alla vita e al lavoro non sono quelle dei tanti divi che ha ritratto ma il servizio fatto al Circeo ad Anna Magnani e a suo figlio. Il bambino era poliomielitico e non era mai stato fotografato, questo aveva scatenato la morbosità e la caccia allo scoop, la Magnani viveva la situazione con disperazione e in continua fuga. Finché decise di giocare d’anticipo e, conoscendo lo stile di Di Paolo, lo invitò nella villa di Punta Rossa per bruciare i paparazzi e chiudere la caccia. Si fece trovare con un costume nero e il cane, il figlio era in acqua che nuotava benissimo. Gli disse soltanto: “Sei tu il fotografo? Ahò datte da fà”. Realizzò un servizio unico, di intimità e tenerezza mai viste. In quegli stessi anni fotografò Oriana Fallaci che giocava a fare la diva sulla spiaggia del Lido di Venezia, ma quelle foto non verranno mai pubblicate.

Anna Magnani al Circeo ©Archivio Fotografico Paolo Di Paolo
Oriana Fallaci ©Archivio Fotografico Paolo Di Paolo

Poi “Il Mondo” chiude, i “paparazzi” la fanno da padroni, i direttori dei giornali cominciano a chiedere “scoop” e scandali e lui non si sente più a casa. A 43 anni, nel 1968, decide di lasciare tutto e di uscire di scena. Si trasferisce a vivere in campagna insieme alla giovane moglie, prendono otto cani e Paolo si rimette a studiare. Nella sua nuova vita ci saranno libri di storia e l’ideazione dei calendari dei Carabinieri, ma mai più una sola fotografia.

Per trent’anni i suoi scatti restano chiusi in cantina, nessuno li vede più, finché un giorno, alla fine degli anni Novanta, la figlia Silvia ci si imbatte cercando un paio di scarponi da sci. «Avevo notato incuriosita - racconterà - una cassettiera e uno scaffale stipati di scatole arancioni. Erano piene di negativi e di stampe fotografiche. Poi c’era uno schedario in cui erano classificati, in ordine alfabetico, nomi di artisti, attori e scrittori… Ho iniziato ad aprire le scatole e sono rimasta folgorata da quelle stampe, così sono corsa da papà felicissima per chiedergli chi le avesse fatte. Mi rispose a mezza voce: “Sono mie, le ho fatte io, un tempo sono stato fotografo. È roba passata, non mi va di parlarne”».

Pierpaolo Pasolini ©Archivio Fotografico Paolo Di Paolo
Paolo Di Paolo con la figlia Silvia - Roma, 2017 © Bruce Weber

Piano piano, però, si scioglie e comincia a raccontare, Silvia pensa che quella storia vada condivisa, si guarda tutti i 250mila negativi e si convince che le sue foto meritino una mostra, ma prima che ciò accada passano altri vent’anni. Quando ho incontrato Paolo Di Paolo la prima volta sono rimasto incantato dal suo stile, dalla sua cortesia, dal piacere che aveva nel ricordare le persone e un “mondo perduto” (questo sarà poi il titolo della grande mostra che gli dedicherà il MAXXI di Roma nel 2019) e dall’amore per il lavoro che aveva fatto finché non gli era stato chiesto di scendere a compromessi.

Lo ricordo all’inaugurazione, emozionato e felice, camminare dritto con un dolcevita rosso e la giacca blu. Non poteva credere di essere stato riscoperto, di aver potuto riaprire una pagina che era stata voltata mezzo secolo prima. Stringeva le mani e rispondeva a televisioni e giornalisti, sorridendo a tutti con una solarità invidiabile. Aveva 93 anni.

Contadina, funerali di Palmiro Togliatti, 25 agosto 1964 © Archivio Fotografico Paolo Di Paolo

L’ultima volta che ci siamo incontrati gli ho chiesto quale immagine sceglierebbe se potesse salvarne una sola. Mi ha risposto senza esitazioni: quella scattata ai funerali di Palmiro Togliatti, dove nella grandiosità di un evento di massa emerge il dolore di una donna del popolo. Una donna con i capelli bianchi, un foulard in testa e dei fiori tra le mani. Paolo Di Paolo era rimasto convinto fino alla fine che gli esseri umani e i loro sentimenti dovessero essere al centro della storia.