2.9.15

MOHAMED, CHE NON CAMMINAVA SULLE ACQUE © Daniela Tuscano


Mohamed non camminava sulle acque
per via della sua tumida testa.
Mohamed non camminava sulle acque
e non separava i flutti
perché non era Isa né Mousa,
non era profeta né inviato,
non era Dio e miracoli
non ne faceva.
Mohamed non si chiamava nemmeno Mohamed,
aveva forse quattr'anni, quel momento
breve ed esausto,
ricolmo di gioia
in cui non hai religione, ma solo
te stesso:
la tua carne fragrante e compatta,
docile allo sguardo
dove nessuno a nome tuo
parla all'Eterno
e per questo sei dorato
ma, se ti prende
quel Dio dal troppo cuore
sa esser così, violento,
circolare e crudele.
Mohamed non camminava sulle acque
e, se vuoi illuderti, ora ascende al cielo;
ma qui era piovuto,
qui doveva fiorire.

MORTE D’UN CAMMINATORE



Issato fra le braccia possenti d’una guardia costiera, fra Turchia e Grecia, sembra un povero fantolino spenzolato. Un pupo che ha perduto il suo Mangiafuoco, e giace immemori in soffitta. Riverso sulla battigia, il corpo del piccolo profugo siriano ha una sua raggelata compostezza. La gravità della testa, sferica come la Terra, lambita dallo stesso mare che poco prima l’ha inghiottito, ne rammenta la dignità di persona. Nella foto vediamo le scarpe.
Così umane e inutili. Così poveracce, anteguerra. Simboli del camminatore, di chi non rimane inerte, di chi esplora e fugge: l’uomo. Quelle gambe hanno marciato fin troppo, le hanno trascinate, hanno visto il secco del deserto e il gelo dell’acqua, sole e placenta, elementi vitali, che invece l’hanno ucciso. È morto così il piccolo camminatore, finendo in un porto sepolto, in un respiro che non è giunto. Non so perché non lo pubblico. Forse perché voglio conservare una pietà un po’ mia, perché quello è stato anche un mio figlio, e non voglio consolazione.

                   © Daniela Tuscano

L'intelligenza non avrà mai peso, mai
nel giudizio di questa pubblica opinione.
Neppure sul sangue dei lager, tu otterrai
da uno dei milioni d'anime della nostra nazione,
un giudizio netto, interamente indignato:
irreale è ogni idea, irreale ogni passione,
di questo popolo ormai dissociato
da secoli, la cui soave saggezza
gli serve a vivere, non l'ha mai liberato.
Mostrare la mia faccia, la mia magrezza -
alzare la mia sola puerile voce -
non ha più senso: la viltà avvezza
a vedere morire nel modo più atroce
gli altri, nella più strana indifferenza.
Io muoio, ed anche questo mi nuoce.

(Pier Paolo Pasolini)

“Tutta colpa del Whisky”. Chiacchierata -intervista con Cristian A. Porcino Ferrara

    musica  in sottofondo   
Giovanni Lindo Ferretti - Per Me Lo So (Video Lyric Ufficiale)   versione    del  Brano tratto dall'album: Giovanni Lindo Ferretti in concerto A Cuor Contento


Per  chi aveva nostalgia  delle mie interviste eccovene una fatta  di recente    con Cristian Porcino sul suo  ultimo lavoro  Il libro in vendita su www.amazon.it     m'incuriosisce  eccoti alcune domande 

   1) Come mai questa  alternanza  fra prosa  e poesia?

 Non è la prima volta che mi cimento in libri del genere. Proprio l’anno scorso è stato pubblicato da una casa editrice americana  il mio primo libro in lingua inglese: Born too late to a world too old. In quel caso il libro era suddiviso in poesia e prosa. Tale ripartizione è necessaria perché la poesia è istintiva, sgorga dal profondo dell’essere, mentre la prosa è più ragionata ma non meno incisiva.»

2) Come è stato passare  dal linguaggio filosofico, delle tue  opere precedenti,  a  quello   letterario   che usi  nell'ultimo ?

Per me letteratura e filosofia non sono due sorellastre in gara perenne per farsi apprezzare da un burbero capo famiglia. Entrambe fanno parte dello stesso nucleo familiare. Sfido chiunque a considerare Shakespeare o Pirandello solamente degli scrittori. Le loro opere, ad esempio, sono intrise di filosofia.  Quindi per me è stato un passaggio del tutto naturale.»

3) In Servi dell'orinale   si denota  un po'  di populismo  \ qualunquismo   come  mai  tu  che nelle tue opere precedenti  te  ne sei tenuto alla larga?

Sinceramente ho sempre rifiutato le etichette. Il pensiero libero non può essere catalogato. In un certo qual modo mi lusinga la tua critica e la rispetto, in quanto diversi scrittori, del passato e presente, sono stati accusati di populismo soltanto perché si sono ribellati al sistema vigente. Penso a Balzac, Zola, Maupassant, Moravia, Pasolini, Vassalli, Bradbury e molti altri. Ciò che tu chiami qualunquismo è il grido d’indignazione di un cittadino che non accetta più  di buon grado la corruzione di chi governa e amministra la Res publica. Parlare ancora oggi di qualunquismo e populismo mi fa venire in mente la risposta che Mario Martone fa dire nel film “Il giovane favoloso” al suo Giacomo Leopardi: “Pessimismo, ottimismo…che parole vuote”. Ecco io considero qualunquismo e populismo parole vuote. Il populista cerca di accalappiare facili consensi e nella mia attività non ho mai scritto nulla per compiacere qualcuno, se mai il contrario. Sono stato querelato per aver detto il vero. Nel nostro Paese è la verità che viene punita e non la menzogna!

 4) Cosa intendi   per  umano disumanizzato in  Disumano ?

Premetto che ogni termine non può essere rivelato prima di essere letto; però posso anticiparti che intendo ciò che conduce un individuo a ripudiare la propria umanità. Quando si annienta l’empatia, che è connaturale alla nostra specie, allora tutto diventa una parodia dell’umano. Non basta vestirsi con giacca e cravatta per definirsi esseri umani. Purtroppo questa sottospecie di esercito di cyborg dell’indifferenza mostruosa avanza sempre più.

5) Disprezzi  il genere  umano,  come ti consideri  allora?

Caro Giuseppe io non disprezzo nessuno. Se mai, per parafrasare Socrate, io sono semplicemente un tafano che punge la cavalla e spero di non dover bere anch’io la cicuta. Come ti dicevo prima disdegno chi annienta la propria umanità e si riduce ad automa. Poi il discorso si estende alla mancanza di educazione e all’ossessione per il tu vedi L’Elogio del Lei, o all’ignoranza vedi  L’Oriana e la mistificazione surreale dello scandalo Elogio del Piffero. Pier Paolo Pasolini affermava: “L’uomo tende a addormentarsi nella propria normalità, si dimentica di riflettersi, perde l’abitudine di giudicarsi, non sa più chiedersi chi è. È allora che va creato artificialmente, lo stato di emergenza: a crearlo ci pensano i poeti. I poeti, questi eterni indignati, questi campioni della rabbia intellettuale, della furia filosofica”. Noi letterati manifestiamo nelle opere che pubblichiamo la nostra indignazione verso un sistema che non può più essere tollerato. La nostra rabbia intellettuale, che tu prima hai definito qualunquismo, io la chiamo proprio come Pier Paolo: furia filosofica

  6) In La virtù degli sciocchi    s'intravede  un riferimento  a idiot  wind di Bob Dylan   o sbaglio? 

Apprezzo la liricità dei testi di Dylan ma confesso che non è mai stato un mio punto di riferimento musicale. Quindi non posso dirti se esistono dei richiami con le sue canzoni. Il Vero Sapere comprende ogni ramo dello scibile umano e non solo, quindi  si possono scorgere ovunque e in modo inconsapevole tracce del proprio percorso artistico.

7) Ho trovato ottimo in  Selfami, una delle  mie preferite,   una corrosiva   risposta   alla  mania  dilagante  dei  selfie *  .... ehm.... autoscatti (  scusa ma  preferisco usare   visto che  esiste il termine  italiano contro l'imperante     abuso     dei termini  anglo \  americani  ).   E'  nata   come  immagino   dallo spazio dedicato in rete  e sui media  agli autoscatti   dei vip  e  non solo ?

Come affermo ne  L’elogio del Lei io non seguo le mode e me ne tengo alla larga. Le mode servono per la massa. Il popolo vuole essere indirizzato dalle lobby per uniformarsi al gregge. La società odierna vive del riflesso dei social network. Come direbbe Giorgio Gaber vediamo: “Una specie di massa senza più l’individuo”.  Per quanto riguarda la questione della terminologia straniera con me sfondi una porta aperta. Trovo avvilente per un popolo mortificare la propria lingua cioè la propria essenza per prendere termini in prestito da altre culture. Prova ad andare in Francia, Germania, Inghilterra e Usa e vedi quanto termini italiani trovi nel loro lessico familiare. Nessuno!

8) Oltre gli evidenti   richiami diretti    a Catullo in  Odio e  amo  ad  Allen Ginsberg , alla  beat  generation,  a  Gramsci,  ecc  ed indiretti a   Charles Bukowski  in Maestri dell'esistere    quali sono  i  tuoi  punti di riferimento in  Tutta  colpa del wisky ?

Nessuno in particolare. Chi legge e recensisce un’opera, solitamente, è portato a fare paragoni e a intravederne tributi e similitudini. Talvolta ci azzeccano, ma nella stragrande maggioranza non corrispondono al vero. Quando scrivo un libro non ho in mente nessun testo pubblicato da altri. Ascolto solamente la mia voce interiore.  Ne I maestri dell’esistere ho reso omaggio a coloro che per me sono stati dei veri maestri e maestre. Io li ho definiti, infatti, maestri dell’esistere; con le loro opere mi hanno insegnato a vivere e a sviluppare il mio talento ed un percorso artistico indipendente. Non ci sono mitizzazioni.

9) Quale  genere   musicale  e  quali gruppi  o cantanti  
sceglieresti   per  questo tuo  ultimo saggio ?

La musica è la mia principale fonte d’ispirazione. Ogni genere musicale è utile ad accompagnare la lettura del mio libro. Dai compositori contemporanei come Sakamoto, Glass alla musica pop e rock. Non a caso nei ringraziamenti finali è citato Miguel Bosè.

10) Classico  o moderno   visto che    hai affermato << Al nuovo che avanza preferisco il vecchio che arretra! Non è l’età anagrafica che determina la novità, ma la giovinezza e onestà intellettuale che si possiede. >>

Classico e moderno camminano insieme e non possono essere separati. L’onestà intellettuale, però, non dipende dall’età anagrafica. Pasolini scriveva: “Ciò che spinge a tornare indietro è altrettanto umano e necessario di ciò che spinge ad andare avanti”.

11)  Concludendo   con questa  proposta,    visto il  tuo potenziale   nel destreggiarti nell'inserire  la filosofia  fra   le arti,   ha mai  pensato di riversare   i tuoi  pensieri  in  un fumetto? o  di scrivere   per  dylan dog  o  orfani  , opere letterarie  e  filosofiche ( io  ho imparato  di più  da  DD    che    da  una barbosa   lezione   liceale  di filosofia)  allo stato puro?

Da anni dipingo e disegno, diciamo sin dall’età di sei anni. Ho già all’attivo diverse mostre e realizzazioni di copertine, inclusa quella di Tutta colpa del whisky. Quindi non escluso tale possibilità, anzi. Anch’io da ragazzino leggevo Dylan Dog e Topolino, poi durante l’adolescenza i miei interessi si sono rivolti altrove e ho smesso di frequentarli. Ciò non toglie che i fumetti possono assolutamente occuparsi di filosofia. Bisogna solamente trovare un editore che non rifiuti a priori tale opzione perché poco commerciale.


 




30.8.15

la bufala del selfie appena sbarcata

Non mi stancherò mai  di  fare le pulci  ,  anche se  so che certe persone   ( chiamasi capre  )  è una  battaglia persa ,   su tali boiate  . Posso capire  all'inizio  appena  cogli la pseudo  l'informazione .  ma  poi  cazzarola   quando  trovi elementi  che la smentiscono o  un semplice  ragionamentio  a  freddo perchè  ...  continui  imperterrito   a  diffonderla  come un automa  ?

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29.8.15

dylan-dog- n 348-la mano-sbagliata la fase di rinnovamento entra nel vivo ? e si passa dalla demolizione alla ricostruzione su macerie ?


ti potrebero interessare ( ovviamente   da saltae  per  chi odia  lo SPOILER )






erano anni che non leggevo un Dylan Dog cosi vecchia maniera . Per giunta ho seguito il consiglio dell'introduzione di Recchioni l'ho riletto con questa musica in sottofondo



mi sa che stanotte dovrò prendere un pitale di camomilla per dormire . Sarebbe bello far scrivere una storia a due mani fra Barbara Baraldi / Paola Barbato o meglio con Mauro Uzzeo , lo stesso Gigi Simeoni , Werther Dell'Edera, Luca Genovese
Dipinti e realtà: a dividerli, solo il sottile velo della Morte!. Bellissimo, da tempo una storia di DD non mi coinvolgeva così. Le tavole sono stupende, come elegantissime le citazioni architettoniche al cinema di Dario Argento (la facciata in stile liberty del palazzo dove vive Anita, il lucernario all'interno del medesimo edificio); la sceneggiatura è solida ed evocativa, si sente la mano di una scrittrice di razza (il contributo della Baraldi alla serie è paragonabile a quello della giallista scozzese Denise Mina per la testata Hellblazer) e non vedo l'ora di leggere la sua prossima sceneggiatura dylaniata!" Concordo con quanto dice : http://www.badcomics.it/<< Il racconto è avvincente, intrigante e trasmette l’eleganza tipica di una penna femminile, ma grazie al supporto grafico di un superbo Nicola Mari, riversa tutta la sensualità, il raccapriccio e la morbosità della vicenda narrata."(....  continua  qui  ) . 
Questo commento  di     Antonella Annesi
sull pagina fb della Baraldi Mi  ha  tolto le  parole  di  bocca  : << Ho trovato “La mano sbagliata” un meraviglioso racconto introspettivo, sensibile e sensuale, accompagnato dall’ immancabile senso dell’ horror e dalle ambientazioni tipicamente baraldiane.Mi è piaciuto tantissimo.Ti faccio i miei più sinceri complimenti.Non sono una lettrice di Dylan Dog, ma tu sei meravigliosa e credo che la serie regolare abbia acquistato una grande sceneggiatrice.La tua penna è inconfondibile, la riconoscerei ad occhi chiusi ormai.Spero di non attendere troppo per leggere di nuovo un “tuo” numero di Dylan. Tua affezionata lettrice >>
Ha  avuto  miracolo ottime recensioni  ( di solito   sono  tiepide  o i fans  più pignoli ed puristi che alla  fine stancano     tanto sono pedanti e noiosi  ,  ovviamente senza generalizzare  ,   incontentabili  ed   poco inclini al cambiamento   lo fanno a pezzi  ) sulla pagina  fb  ufficiale 


Daniele Ramella Stupendo! Devo rileggerlo altre due-tre volte, ma così sui due piedi Barbara Baraldi arriva di botto in testa alla mia classifica del nuovo corso (e molto in alto nella classifica generale di Dyd dal 1986 ad oggi), battendo "E cenere tornerai" di Paola Barbato, che per il momento era in testa.

Miguel Luisez Un numero molto avvincente ed inquietante! Forse il finale lo avrei costruito un po' meglio, seminando qualche indizio che poteva aiutare ad ipotizzare l'identità dell'assassino. Detto questo, storia di alta qualità, complimenti


Antonio Luelli Finalmente! Dopo gli ultimi noiosi numeri mi sono gustato un albo di Dylan come Dio ( o il Diavolo...) comanda. I riferimenti al periodo d'oro di Dario Argento non potevano che rendere la storia avvincente ed appassionante. Bellissimi anche i disegni. Così mi piacete! 

Ottimi   i disegni  Nicola Mari non ha certo bisogno di presentazioni, quindi   riporto a  sinistra   una sua tavola tratta dalla storia  
Unico neo , ma secondo  stavolta  irrilevante  ai fini della  storia e poco toglie  a al   svolgersi   ( anche se ne sento anch'io ho un po' di nostalgia delle cose non spiegate dei finali aperti ed irrazionali non spiegati . Ma rendere avvincente , quando accade m il come ci s'arriva mi emoziona uguale e lo fa passare come in questa storia in secondo piano ) in questione è  quello segnalato sempre  sulla pagina  fb uffiuciale    da  Simone Efosi  << Allora, a me la storia è piaciuta e i disegni di Mari in questo numero sono davvero perfetti... l'unica critica che mi sento in dovere di fare è che è un po' troppo "palese" l'identità dell'assassino... cioè, l'ho capito a pagina 40... per il resto ottimo lavoro, comunque..>>
Non so che altro dire  di  questa  opera  prima  su  Dylan Dog   della  Baraldi    se  non   che  è riuscita  con  maestria  a  fare  una storia che parla di passione, di amore, di morte, i grandi temi dylaniani, ma anche di diversità: l'amore diverso, l'amore PER il diverso. La disabilità come oggetto di sessualità, di amore carnale, al di là della trita e ritrita compassione sociale e del conformismo. La disabilità come passione che brucia, come desiderio e rabbia, ma anche come creatività... .  E   , scusate    se mi auto  elogio 


Giuseppe Scano
29 agosto alle ore 16:49

ottima la tua storia sull'ultimo n di dylan dog se riuscita a fondere romanticismo e noir senza cadere nel feuilleton . continua cosi
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Piace a Barbara Baraldi.


Barbara Baraldi
Grazie! Ho cercato proprio di scrivere una storia che riprendesse le atmosfere dei vecchi noir: dark lady, storie torbide e il protagonista che rimane invischiato suo malgrado nella vicenda...
Mi piace · Rispondi · 29 agosto alle ore 16:56

Quindi  buona lettura  o rilettura ( specialmente per  i nuovi  lettori\trici ) vista la complessità  psicologica   della vicenda  .  Concludo con un suggerimento perr  tutti i  lettori\  trici , tiepidi e sconsolati come  Elia Munaò : <<  Secondo me non era neanche male gli abbandonati. Un numero non spettacolare ne esaltante ma neanche così scadente come è stato detto. Lo definirei come uno dei tanti classici riempitivi di basso profilo che ci sono sempre stati, da trent'anni a questa parte. >> e  quelli  stroncatori a   cui non va  mai bene  niente  e  trovano il clkassico pelo nell'uovo  vedi queto scambio d'opnioni 

Mirco Bob Non mi è piaciuta perche era scontato il finale, scontato l assassino, di "incubo" c'era ben poco e sinceramente mi pare una storia già letta. Ogni tanto una storia "zombesca" non sarebbe male. Di novità rispetto a prima? A parte Block in pensione, non è che ho visto un granché. Semplice opinione personale s'intende.
Giuseppe Scano devi essere Mirco Bob uno di quelli tutto subito e di querlli che hanno la una concezione classica dell'incubo . . rillegila . anche a me alla prima lettura ha dato una simile impressione . E' verò il finale era ovvio , ma carico d'inquietudine e d'angoscia
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oppure  questa lamentela  una  delle meno pedanti e  noiose  degliscontenti 
 
Valerio Dieni   [----] Qui non pare neanche più questione di mancanza di idee, quanto proprio non saperle mettere in pratica. Numero salvato dal solito grande Mari, che non capisco davvero come si possa non apprezzare. Continuo a comprare per speranza. Mi ripeto sempre: "Il prossimo numero potrebbe essere quello giusto". Ed è parecchio frustrante.
che   bisogna  tenere  conto  : 1) tutti  quelle opere (  comprese  i fumetti)    che tentano  di rinnovare  e svecchiare   (. un opera   trentennale ormai  diverntata   ripetitiva   e  tardano nel bene e nel male  a  trovare  il loro centro di gravità permanente vedere  lo stesso dylan dog  dopo i primi 100 \  200 numeri) .
2) bisogna  tenere  conto che   per  un ottima  scrittice   come la Baraldi   era la sua prima prova  di sceneggiatura ( cosa bene diversa  e più complessa   che  scrivere  romanzi  )  quindi portare pazienza e  siate  comprensivi 
3)  provate , magari amndando suggerimenti  e consigli   e non solo le  solite lamentele  ( ormai diventate cantilene  cioè il solito disco rotto  )  o  alla casa  editrice  tramite  lettera    o post   sui  vostri blog e\o   social  , oppure  nella  loro pagina  fb  ufficiale  . 
 4  ) e  qui  concludo  provare  anche   nn sempre  è possibile come dice   una  veecchia canzone    <<  (... )  non mi aspettavo un vostro errore \uomini e donne di tribunale \ se fossi stato al vostro posto... \ma al vostro posto non ci so stare (.... ) >> a mettervi al posto degli autori  e dei responsabili  della testata  che   hanno un ruolo non semplice  nell'opera  di rinnovamento di Dylan  Dog   .  Ma  soprattutto   tenere presente   che ormai <<.... Il fatto è che    non s'inventa  più nulla  da almeno due milleni  ......  si rimescolano  solo le  carte  : Ogni volta  viene  una mano diversa  , ma il fondo il mazzo  è sempre  lo stesso . ( ...)  l'importante  è non perdere la  voglia  di gioccare  . >>  Infatti  Recchioni  e gli autori  vecchi e  nuovi  di Dylan Dog  non hanno perso la  voglia  di farlo  vedi  la serie Orfani  . Ma  soprattutto  <<  .... Sedersi  >>  sempre  secondo  Martin Mystere  la terza stirpe  n 318  <<  al tavolo   con il  fuoriclasse-... apprezzare  il loro stile  e  soprattutot non barare  >>











LA FURBONA DEL QUARTIERONE


Quando non capisco divento nervosa. Come tanti. A me, per la verità, accade d'innervosirmi pure quando capisco (o mi sembra di capire, non voglio essere immodesta). Mi considero una persona semplice, banale. E banalmente constato che certo, adesso non si può che condividere l'orrore di Angela Merkel per tragedie inenarrabili come quella, recente, austriaca (persino le borghesissime bagnanti della mia spiaggia parlavano con toni accorati di "trattamento nazista"!); quando esorta ad aiutare i profughi, condanna muri e fili spinati e rammenta che l'"Europa è ricca", opportunità si possono e si devono creare per tutti. Banalmente non si può esimersi dal sostenerla nella sua lotta al dilagante populismo xenofobo e razzista, pericoloso in ogni paese, ma in Germania e dintorni un po'
di più. Però - ed è qui che mi salta la mosca al naso - non posso nemmeno schivare un'altra domanda, anch'essa banale: finora tutta questa compassione, questo panegirico dell'Europa come terra di opportunità e welfare, cultura e civiltà, non li ho sentiti. Finora "ce lo chiede l'Europa" equivaleva a pareggiare rigidi conti ragionieristici, a sculacciare i mediterranei scialacquatori e torpidi (cioè, noi) che quasi dovevano scusarsi d'esser nati sulle sponde del Mediterraneo e non nella nobile Foresta Nera. La Germania compassionevole è la stessa che ha sbranato la Grecia, con una determinazione e durezza ben superiori ai pasticci del pur sciammannato Tsipras. Non ditemi che sono problemi diversi. E' esattamente la stessa cosa, invece. Perché ora che i guai premono sotto la porta di casa, ora che il vento del "non expedit" spira anche da quelle parti (ci si è evidentemente accorti che i profughi possono rappresentare un incentivo all'economia e non solo un dramma umano e politico), ora, soprattutto, che la svogliata pseudo-battaglia contro il gruppo Stato Islamico ha portato ai risultati prevedibili, cioè al nulla, anzi al peggio (un emirato è sorto in Libia, sotto i nostri piedi), ci si ricorda che il rigore senza lungimiranza non paga: è, al contrario, pericolosissimo. E d'accordo, come si fa a respingere ora gli appelli di Merkel? Ma permane un senso di profondo fastidio: quello per cui alla fine, sia nel male, sia nel bene, solo una decide, e gli altri si accodano, pronti poi a farsi mettere in coda, come sempre. E, quanto a code, noi ne abbiamo vasta esperienza. Saremo pure inerti e irresoluti, degl'irriducibili levantini, ma non mi pare che l'acume nordico abbia stavolta brillato per preveggenza... e nemmeno per furbizia.

© Daniela Tuscano

27.8.15

LIGURITUDINE

 Qui, in via Morardo, è tutto un po' selvaggio. Un pittoresco anche troppo partenopeo, fin dalle facce. Se di bimbi, già fanno immaginare futuri splendori di ragazzi, imprendibili e furfanteschi. Accanto permangono volti ponentini, di fissità picassiane, e il crespo dei capelli inanella schiene d'ataviche fatiche. Qui il turista non invade ancora i carruggi. La spaghetteria “La mulattiera” ammannisce delizie d'altri tempi in mezzo a cimeli corsi, cartine preunitarie, biancheria di foggia francese, gufi e poiane, gioghi e tovaglie a quadri bianchi e rossi, su cui rosso spicca un papavero. E non stona. Esalta. Addolcisce ineffabile sapidità. Siamo, in realtà, in un suq orientale che sa di spezie e contenitori di plastica adibiti a vasi . Siamo in Italia. Siamo in un reperto anni Cinquanta. Il capolavoro del luogo è la “sala di lettura”: qui pure, un ammonticchiare assolato di grancasse,
pendole, scaffali, ruote di biciclette e piastrelle da cucina. Ed è giusto, perché con la cultura si mangia: e si condivide. Davanti alla saracinesca, simile a quella dove Peppino Impastato si rifugiava per leggere Pasolini, si scambiano chiacchiere e libri. Anch'io ho portato il mio (su Renato Zero), che in verità vi è rimasto poco. Non capita così spesso di trovare un ventenne sparuto innamorato non solo del glam dei '70 ma di...  ! Caspita! - Ma è vero che Renato lo conosceva? Io e Cristian, veramente, non l'abbiamo scritto, avendolo scoperto dopo, ma sì, pare che nel '72 Renatino frequentasse spesso il Superstar di Roma in compagnia del sexy divo, e chiedeva insistentemente al dj di mettere le sue canzoni! (Ma quali?). Pur se un sospetto m'era venuto parlando di "Calore", quasi una memoria involontaria, proustiana, sicuramente un caso, ma non si sa mai... Insomma regalo il libro al ragazzetto entusiasta, pazienza se non guadagno nulla, non voglio taccagnare adesso, in quest'antro mezzo marocchino mezzo sabaudo, sopra pagine polverose con nomi russi e il titolo: "La fine di un attore". Rientro a casa, il basilico è stato letteralmente divorato da una cavalletta che, nei radi momenti di pioggia, l'ha pure adibito a tettoia. Starà lì due giorni, poi sparirà, saltellando in chissà quali universi. 
© Daniela Tuscand

26.8.15

storie ai margini





 una riflessione sul sistema carcerario, affidata a una lettera che abbiamo ricevuto da Bancali ( sassari )  Dietro ognuno di noi c'è sempre una storia diversa, una società che si consideri civile dovrebbe capire cio e sapere che le carceri contengono persone umane che pagano una pena per aver commesso degli errori, nessuno di noi puo dire: io su quella pietra nn mi siedero mai, tutti siamo soggetti ad errore chi più chi meno e una persona che sta pagando una pena detentiva si deve gia considerare parte integrante della società civile quindi per me è giusto che le carceri siano rese fruibili dai cittadini liberi, con ciò nn metto in dubbio che ci possano essere carceri dove si adottano delle restrizioni per via della sicurezza per cui si debbono prendere altre misure

25.8.15

UN "PENSIERO RIFLESSO"... IN UN BICCHIERE DI WHISKY di Daniela Tuscano


Filosofia come compagna di vita, come narrazione di se' e non solo del Se', come autobiografia, occasione per raccontarsi, romanzarsi, "poetarsi": questo il filo portante del lavoro di Cristian Porcino, intitolato "Pensiero riflesso".
Cioè in vista, confessione scagliata e vibrante, carnale, esplicitata quasi con impudicizia. Urlo di rabbia, anche. Idea non nuova, anzi inserita nel solco della grande tradizione filosofica. Siamo noi contemporanei ad aver confinato la filosofia fra le materie astratte, o forse aride, e in una forma espressiva - quella saggistica - che richiama a un periodare pedante, scolastico e impersonale. Occorre ricordare che per gli antichi era tutto l'opposto? Che Socrate aveva appreso l'arte fra le braccia di Diotima e che i suoi trattati portavano il nome dei suoi allievi? Erano innanzi tutto dialoghi, fra un triclinio e un sospiro di passione. Perché la filosofia è spirito; quindi materia. Rinnova la materia. Non v'è separazione fra i due, ma nobilitazione della seconda grazie alla prima. E per questo Porcino riesce a intessere un inno alla vita malgrado gli schiaffi ricevuti, la considerazione che, in un mondo come l'attuale, il pensiero autentico, composito, "riflesso" (sincero) non solo non è apprezzato ma osteggiato. Si prediligono i tuttologi, che in realtà non dicono nulla, i raccomandati, i salumieri dell'affabulazione. Porcino esordisce con una silloge poetica assai pregevole (a mio parere, la parte migliore del libro) con echi vagamente ungarettiani (da "Sentimento del tempo") dal punto di vista stilistico e tributario, nei contenuti, di Bukowski e Busi. In verità, non ne possiede il disincanto e il cinismo, semmai la dolente passione. Tra le composizioni più riuscite primeggiano "Chi salverà il mondo" e "I maestri dell'esistere" (e tra questi ultimi figurano anche maestre donne, finalmente!), "O-Dio" e la catulliana "Amo e Odio" dove lo scrittore reclama una fede che non ha trovato, ma che gli spetta, in certo senso, di diritto: la fede nell'umano, la speranza. Il discorso prosegue nel suo secondo volume, "Tutta colpa del whisky": in esso Porcino rivendica un sapere "aristocratico" (nel senso etimologico di migliore) che non può essere per la massa, ma per chi riesce a indagarne e apprezzarne la profonda poliedricità (di qui un ironico, ma non troppo, "Elogio del lei" da contrapporre a un tu non più sinonimo di eguaglianza e comunione, ma d'omologazione dozzinale). Un folle, ma non per le folle, come sottolinea in un altro passo. Non è facile uscire dalla spersonalizzazione della società post-consumistica, che dona solo l'illusione di potersi esprimere liberamente, e che invece - lo ha sottolineato di recente Umberto Eco - permette a qualsiasi imbecille di sentirsi un "maître-a-penser". Chi invece orienta la cosiddetta opinione pubblica, e i gusti artistico-letterari, sono sempre roccaforti (fili spinati?) di baroni ben decisi a difendere la loro inespugnabilità. Cristian prova a fendere alcune sane "picconate" col "whisky" del suo sapere, genuino ed entusiasta, col nerbo d'un giovane che malgrado le ferite non è disposto a lasciarsi domare, e spazia dal card. Martini a De Crescenzo ai grandi filosofi orientali - anche in tal senso, la consapevolezza che la Sofia vive pure nell'altra sponda del Mediterraneo, non solo tra le nebbie del Nord o in un malinteso neoclassicismo -. Del resto, Cristian è siciliano: e nessuno sfugge alle proprie radici.

24.8.15

LEGGERA - Ricordo d'un'estate in Costa Azzurra di © Daniela Tuscano

Quanto abbiamo attraversato? Il bello è che l'abbiamo fatto assieme: sempre. Sempre sull'onda, alla scoperta dell'umano, della ricchezza della natura, capace di sorprendere ogni volta, mai eguale a sé stessa. Abbiamo percorso secoli e luci, opere umane, spianate mediterranee, circondate da occhi e simboli, non più arcani, ma chiari e silenti; sistri d'argento non più decifrati, ma solo ascoltati. Tutto era nostro ma non possedevamo niente: ci s'immergeva. Uccelli, in particolare, con occhi di topazio, t'accolgono se ne accetti l'esistenza; e non si pongono domande. Dee e guide cristiane (dappertutto spuntano Terese d'Avila e di Lisieux). Le ville, trionfi dell'ingegno umano, sono musica. Percorsi iniziatici. Vi si affastella tutto, ceramiche boiserie panorami catturati, però poi è il giardino, questa Commedia vegetale, a introdurti fuori di te. 

 Passi per la porta stretta di bossi, ed è solo l'inizio. Il Paradiso terrestre, l'innocenza. Laggiù spira sempre fresco. Poi prosegui, e nel giardino litografico, a Villa Ephrussi, vai oltre i simboli del gioioso e un po' vacuo paganesimo. Non hai timore, respiri il verde cupo. Le pietre. Le occhiaie concentriche del grigio. Sei giunta. Il giardino giapponese è un'onda senza mossa. Nulla è più lineare. Stai per spiccare il volo. Nuoti nell'aria e potresti concludere il passaggio su questa terra. Poi un colpo ti fa riprendere le umane posse, perché sei qui, e devi proseguire, e seminare speranza e ritorni. Il roseto trionfa accanto all'arido deserto araucano, perché lo spirito non è nirvana, e Dio lo ritrovi nelle valli accidentate, nella sete, in quel coperchio di cielo troppo azzurro e nella purità della Madonna ora così intimamente carnale. E concludi molle e sazia, di nuova energia, e senti che altrove non esiste. Già respira qui, in un pugno di splendore.
© Daniela Tuscano

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da  Claudia Pasquariello 18 dicembre alle ore 15:10 · Il vento sussurrava tra i pini della montagna, portando con sé gli echi di un mondo ...