29.12.19

Il mito pop di Maria Antonietta L’ultima regina di Francia era un simbolo di frivolezza. Ma ora una mostra a Parigi la celebra come una Lady D ante litteram

Maria Antonietta (Lady Oscar).jpg
Leggendo l'articolo     sotto     riportato  e     ritornando   alla mente   la  puntata   del  6\10\2019   della trasmissione Ulisse  di Piero Angela mi  chiedo   e poi mi do  una rispsota . Ella   fu    :  1)    una Lady D d'altri tempi come dicono recenti studi(  compresa  la trasmissione    tv  citata   )    ed la mostra a parigi di cui parla quest'articolo di repubblica del 26\12\2019   riportato sotto     2)   un ingorda di potere  3)  un pesce fuor d'acqua come la descrive la serie anime ed il manga le rose di versailles alias lady oscar ?
io sono di più per la prima e la terza insieme in quanto : 1) Oltre che regina di Francia, Maria Antonietta è stata una regina della moda. Vestiti e gioielli erano per lei una dolce ossessione. Il suo stile, la sua eccentricità, hanno attraversato i secoli e ispirato stilisti e star di Hollywood. Quando alle porte della Storia bussò impetuosa la Rivoluzione Francese, per lei oramai non ci sarà più scampo. I rivoluzionari, Robespierre in testa, la useranno infatti come capro espiatorio di tutti i mali di Francia. Proprio nel momento più difficile, rimasta vedova, privata dell'affetto dei figli e colpita anche da un'infamante accusa, quella d'incesto col proprio figlio, Maria Antonietta saprà ritrovare la dignità della grande regina che non è riuscita a essere quando era sul trono. 2) non si rendeva conto di ciò che faceva. Non si rendeva conto della situazione dei Francesi che purtroppo morivano di fame. Tra l'altro la corte Francese era particolarmente ostile con lei e molti nobili, comprese le figlie di Luigi XV le rinfacciavano di essere un arciduchessa austriaca. Il fatto che non abbia potuto o voluto fare nulla per il suo popolo è gravissimo. Anche perché lei quando era arrivata in Francia dall' Austria aveva solo 14 anni ed era molto spaesata. Tra l'altro si tende a dare la colpa a lei, ma ci si dimentica che è stato Luigi XV a sperperare il denaro del popolo Francese, e che la situazione era già molto grave quando lei e Luigi XVI sono saliti molto giovani al trono









    DA  REPUBBLICA    DEL  26 DICEMBRE 2019

Il mito pop di Maria Antonietta
L’ultima regina di Francia era un simbolo di frivolezza. Ma ora una mostra a Parigi la celebra come una Lady D ante litteram


Il fatto è che mia figlia, a 16 anni, non può girare da sola per Roma all’una di notte Siamo nell'era del figliarcato: i genitori non sanno più imporre regole

leggi anche
http://ulisse-compagnidistrada.blogspot.com/2019/12/la-gente-almeno-natale-ha-un-po-di.html
https://www.tpi.it/cronaca/incidente-roma-gaia-camilla-dinamica-video-20191225519320/
https://www.tpi.it/cronaca/paolo-genovese-ragazze-investite-roma-20191222518255/

non sono genitore ,  ma    avendo amici    e conoscenti  con figli di quell'età o adolescenziali   e   vedendo , abitando in una zona di  locali  , vedendo  ragazzini\e   d'età inferiore  a quelle  delle  due ragazze  morte  ,  in giuro fino  alle  4    del mattino   o  in coma etilico (  o  morto vicino  ) non solo    a  carnevale  o (  ovviamente  non tutti )  fare  danni  ed  atti di vandalismo     do  ragione    ed  non biasimo   tale articolo  . Lo dice  un libertario ed  un ribelle  .

https://www.tpi.it/opinioni/

Siamo nell'era del figliarcato: i genitori non sanno più imporre regole.
Il commento di Giulio Gambino


Immagine di copertinaMi rendo perfettamente conto che quello che sto per scrivere sarà impopolare. Ma voglio dirlo lo stesso. Il punto è che a 16 anni, da sola in giro per Roma, all’una di notte, mia figlia non ci dovrebbe girare. E meno che mai attraversare una strada sotto il diluvio, iper-trafficata, ormai più simile a un’autostrada per le velocità di percorrenza che a una via del centro città. Non è bigottismo o ritorno alle vecchie maniere, è buon senso.
Siamo nell’era del figliarcato e il dramma è che i genitori sono sempre più stanchi e arrendevoli di fronte a coloro ai quali, come i propri figli, viene concesso ogni genere di permesso. Non è modernità, è menefreghismo. Del resto se a mio figlio dico sempre sì, penserà di poter fare quel che vuole, cosa per altro irrealistica e mai vera nel mondo reale. Ma, soprattutto, penserà di poter essere così forte da avere i super-poteri e attraversare una strada in piena notte (non sulle strisce) sotto il diluvio, scavalcando un guard rail.
Non sto colpevolizzando Gaia e Camilla, e meno che mai assolvendo Genovese: per quello che mi riguarda sono tutti e tre innocenti, responsabili solo di essere nati in una società in cui regna una parziale degenerazione delle regole, e anche dei comportamenti genitori-figli così come delle lezioni che i primi devono impartire ai secondi.
Temo che questo laissez-fairismo sia il frutto di un fortissimo senso di colpa che caratterizza i genitori di oggi, privi di forza contrattuale nel rapporto padre-madre/figli poiché consapevoli del fatto che i valori a cui loro stessi hanno col tempo ceduto oggi non abbiano più senso per la propria prole: una crisi di identità e valoriale senza precedenti nella storia della società italiana, forse.
Mi hanno colpito le parole del padre di una delle due ragazze, anche lui vittima di un incidente in passato e per questo finito su una sedia a rotelle: “Adesso non ho ragioni per andare avanti”. O della sorella di Camilla: “Oggi ho scoperto il senso vero della mia vita, quel senso sei tu”.
Ciascun padre/madre si comporta come meglio crede, ma i primi a dover ripensare il loro modo di agire sono i genitori. Usare il pugno duro non significa tenere a casa in castigo i figli. Dire anche di No non equivale a essere troppo apprensivi. E non dare ai figli alcune regole, peraltro sane nella vita di ogni giovane, significa soprassedere al proprio ruolo di genitore.
È evidente che non siamo di fronte a un fenomeno universale, né possono esistere cifre e numeri a sostegno di quanto scriviamo. Questo non è un inno al non prendere più l’auto o al trincerarsi in casa: gli incidenti a volte non dipendono da noi, li subiamo e basta, ma quello che dobbiamo assolutamente recuperare è il ruolo centrale dei genitori e, da parte loro, una presa di posizione più consapevole a costo di essere impopolari o severi; a costo di risultare i genitori che non fanno fare questa o quella cosa ai proprio figli.
L’incidente avvenuto nella notte tra il 21 e il 22 dicembre a Roma, in cui Gaia e Camilla sono morte dopo essere state investite da un loro quasi coetaneo a bordo di un auto, non è il primo né l’ultimo di questa serie. Quella stessa notte, poche ore più tardi, un altro tragico incidente è avvenuto nel quartiere Ostiense, vicino alla Piramide, su viale Marco Polo, quando un ragazzo è morto dopo essere stato investito. Se ne è parlato molto meno anche perché in quel caso ad investire e uccidere accidentalmente il ragazzo è stato un anziano, che diversamente da Genovese non aveva bevuto e, soprattutto, non è il figlio di un noto regista.
Non solo: pochi giorni fa una persona a bordo di un motorino è stata investita su viale Gregorio VII (quartiere Boccea). I vigili stanno ancora cercando testimoni di quello che credono essere un pirata della strada, colpevole di aver investito la persona a bordo del motorino e di essere poi fuggito.
Voi stessi lettori ce lo avete segnalato lamentando da parte dei media due pesi e due misure nel trattare questi incidenti, specie poi quando i riflettori delle nostre telecamere si sono accesi, venerdì 27 dicembre, sui funerali di Gaia e Camilla, per un vizio mediatico a volte inspiegabile che rende una notizia più ‘importante‘ di altre. Ma non è così: ogni 14 ore in media viene investito un pedone a Roma. Solo nella capitale, nel corso del 2019, ci sono stati almeno 43 morti investiti. E queste notizie vengono spesso coperte dai giornali, anche se non tutte assumono la stessa mediaticità (e non sempre per volontà dei media).
È dunque possibile rallentare la spirale di incidenti mortali che da sempre avvengono ovunque nel mondo? Quasi impossibile. Ma quello a cui possiamo porre rimedio, partendo proprio dal tragico e brutale incidente avvenuto a ridosso della vigilia di questo Natale, è il comportamento di alcuni genitori che oggi sembrano aver perso il proprio ruolo.

Edifici surreali in Italia, 'Casa Bepi' a Burano: la dimora che cambiava colore ogni giorno

Risultati immagini per edifici di buranoL' isola di Burano è famosa per le case dei pescatori dai colori vivaci e i ristoranti informali che servono specialità di pesce della laguna. Nascosta in un vicoletto ce n'è una più colorata delle altre. È la casa di Bepi, un personaggio dal profilo surreale. Classe 1920, Giuseppe Toselli era un amante della pittura e negli anni '60 iniziò a dipingere la facciata della sua abitazione con colori sgargianti e geometrie di ogni sorta. La vera particolarità però è che la modificava praticamente ogni giorno.





Dalla sera alla mattina apparivano nuovi disegni e i colori si sommavano l'uno sull'altro. Bepi è ricordato anche per un altro motivo: la sua passione per il cinema, che lo portò a organizzare proiezioni all'aperto per i bambini. Oggi è proprio uno di quei bimbi a prendersi cura della struttura diventata un'attrazione per residenti e turisti. "Vicino all'abitazione di Bepi c'era la casa dei miei nonni - racconta Stefano Regazzo a Repubblica - Io e la mia famiglia eravamo molto affezionati a lui, così, quando Bepi è morto nel 2002, abbiamo deciso di comprare la sua casa e di ridipingere la facciata come appariva nel 1985".


come sopravvivere alle feste di natale 2019\20 dopo natale e prima di capodanno ed epifania

Come promesso nell'ultima post sul natale , rieccomi con la seconda parte della guida i sopravvivenza del 2019\20 ovvero la fase post natalizia Le abbuffate classiche natalizie sono finite e tra poco inizieranno quelle di capodanno e dell'epifania 


Infatti Capodanno è alle porte  (  infatti siamo  già al 29   di  dicembre )  è già  , ora  in maniera  sempre  più pressante  ,   si  'inizia  a parlare di cosa si fa o non si fa per  tale  data  io rimando tutti\e  oltre  che  ai  consueti  siti d'approfondimento che trovate  a     fine post   a questo mio post della guida del 2016  ed   a quest'immagine   presa  dalla pagina  facebook  Amici dei mici e amanti dei gatti

L'immagine può contenere: 1 persona, testo



ed   ad  altri  siti    che trovate  sotto   fra  gli approfondimenti   .
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Infatti Io vedo il capodanno oltre che un semplice incontro con gli amici che risiedono fuori dal paese in italia o all'estero per lavoro o fuga come l'unione di queste due pensieri \ riflessioni . 
La prima una riflessione di Antonio Gramsci è molto più che un pensiero intorno al Capodanno.
È un inno alla ricchezza della vita, alla sua poliedricità, all'importanza fondamentale che ogni giorno rappresenti nella vita di un uomo una deadline con cui confrontarsi: perché ognuno di noi renda conto a se stesso in ogni attimo e non solo nei buoni propositi di fine e inizio anno. Riporto qui il testo integralmente:


Ogni mattino, quando mi risveglio ancora sotto la cappa del cielo, sento che per me è capodanno.
Perciò odio questi capodanni a scadenza fissa che fanno della vita e dello spirito umano un'azienda commerciale col suo bravo consuntivo, e il suo bilancio e il preventivo per la nuova gestione. Essi fanno perdere il senso della continuità della vita e dello spirito. Si finisce per credere sul serio che tra anno e anno ci sia una soluzione di continuità e che incominci una novella istoria, e si fanno propositi e ci si pente degli spropositi, ecc. ecc. È un torto in genere delle date.
Dicono che la cronologia è l'ossatura della storia; e si può ammettere. Ma bisogna anche ammettere che ci sono quattro o cinque date fondamentali, che ogni persona per bene conserva conficcate nel cervello, che hanno giocato dei brutti tiri alla storia. Sono anch'essi capodanni. Il capodanno della storia romana, o del Medioevo, o dell'età moderna.
E sono diventati così invadenti e così fossilizzanti che ci sorprendiamo noi stessi a pensare talvolta che la vita in Italia sia incominciata nel 752, e che il 1490 0 il 1492 siano come montagne che l'umanità ha valicato di colpo ritrovandosi in un nuovo mondo, entrando in una nuova vita. Così la data diventa un ingombro, un parapetto che impedisce di vedere che la storia continua a svolgersi con la stessa linea fondamentale immutata, senza bruschi arresti, come quando al cinematografo si strappa il film e si ha un intervallo di luce abbarbagliante.
Perciò odio il capodanno. Voglio che ogni mattino sia per me un capodanno. Ogni giorno voglio fare i conti con me stesso, e rinnovarmi ogni giorno. Nessun giorno preventivato per il riposo. Le soste me le scelgo da me, quando mi sento ubriaco di vita intensa e voglio fare un tuffo nell'animalità per ritrarne nuovo vigore.
Nessun travettismo spirituale. Ogni ora della mia vita vorrei fosse nuova, pur riallacciandosi a quelle trascorse. Nessun giorno di tripudio a rime obbligate collettive, da spartire con tutti gli estranei che non mi interessano. Perché hanno tripudiato i nonni dei nostri nonni ecc., dovremmo anche noi sentire il bisogno del tripudio. Tutto ciò stomaca.
Aspetto il socialismo anche per questa ragione. Perché scaraventerà nell'immondezzaio tutte queste date che ormai non hanno più nessuna risonanza nel nostro spirito e, se ne creerà delle altre, saranno almeno le nostre, e non quelle che dobbiamo accettare senza beneficio d'inventario dai nostri sciocchissimi antenati.



La seconda questa canzone una di quelle che sono alla base della mia formazione musicale \ culturale


Però quest'anno per motivi vari credo che : << Due Strade Trovai nel Bosco e Io Scelsi Quella Meno Battuta ed è per Questo che Sono Diverso. >> ovvero

ed faro cosi, salvo qualche riunione con amici o parentado dopo il brindisi di mezzanotte con i miei " vecchi " che non amano tanto la mondanità e poi in compagnia di qualche lettura o fumetti o saggio storico visto che quest'anno è stato ricco di celebrazioni storiche e culturali di trentennali e cinquantenari

.

concludo con alcuni consigli o suggerimenti di buon senso
  • Visto che generalmente ci si sbaglia nell'ora si può guardare il conto alla rovescia in TV con il volume abbassato o alzato oppure  In alternativa, puoi ascoltare la radio. questo permette a tutti i presenti di tenere d'occhio l'ora.
  • Se si è deciso di ordinare del cibo a domicilio, fallo presto per evitare di trovarvi nella ressa di persone che hanno avuto la stessa idea!
  • Rinuncia alle feste a cui davvero non vuoi partecipare e non prenderti troppi impegni; concedi invece a te e alla tua famiglia tanto tempo per divertirvi tutti insieme. oppure uno spazio e per .... 😜🥂 con il partner
  • Prenditi cura di tutte le persone che sembrano annoiate o arrabbiate dal Capodanno in famiglia. Gli adolescenti e i giovani, soprattutto, possono avere la sensazione di perdersi tutto il divertimento rimanendo "bloccati" in casa con i genitori. Ascoltali, chiedi com'è stato il loro anno appena trascorso e cosa non vedono l'ora di fare – questa è una buona occasione per instaurare o eventualmente rinsaldare un legame familiare.
  • Non è obbligatorio restare svegli fino a mezzanotte; c'è sicuramente qualche membro della famiglia che si corica presto o non festeggia per tutta la notte! Se ti senti stanco e vuoi addormentarti presto, sentiti libero di farlo. Quando ti svegli è già l'anno nuovo e puoi accoglierlo con i tuoi rituali del mattino.
  • Accertati che tutti bevano responsabilmente soprattutto i minorenni
  • Se mantieni alto il volume della musica, tieni in considerazione anche i vicini; sebbene sia la notte di Capodanno, alcune persone hanno bimbi piccoli o malattie loro o di  familiari  da gestire.
  • Se passi l'intera serata a rammaricarti per aver deciso di restare in famiglia e a pensare che avresti dovuto fare qualcosa di più eccitante, non sei in grado di vivere il momento e di apprezzarne il valore. È molto più facile e divertente se accetti il fatto che restare a casa è semplicemente un altro modo di passare la notte di San Silvestro. Riporta alla mente tutte le cose che non devi affrontare, come le file interminabili per trovare un taxi, le risse tra ubriachi, la folla impazzita ed essere molestato dalla gente che insiste a voler baciare tutti quando suona il rintocco di mezzanotte.
Approfondimenti
https://www.wikihow.it/Festeggiare-il-Capodanno
https://www.wikihow.it/Godersi-il-Capodanno-a-Casa-con-la-Famiglia
http://ulisse-compagnidistrada.blogspot.com/2012/12/come-sopravvivere-al-le-feste-di-natale.html
http://ulisse-compagnidistrada.blogspot.com/2015/12/la-mia-guida-al-natale-e-alle-festivita_27.html
comunque lo festeggiate o non lo festeggiate augurissimi ci vedremo l'anno prossimo .



27.12.19

Ragazze investite a Roma, i funerali nella chiesa gremita. Il parroco: IL senso della vita non è bere e fumarsela

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"Siamo abituati a vivere tra tecnologie e innovazione eppure brancoliamo nel buio ed è quello su cui dobbiamo riflettere: su questa ora buia". Così ha esordito il parroco don Gianni Matteo Botto nel corso dell'omelia ai funerali di Gaia e Camilla, sottolineando "da giorni ci chiediamo il perché. Ci
interroghiamo sull'insensatezza di quanto accaduto. Brancoliamo nel buio. Ecco quello di oggi é il grande abbraccio che diamo ai genitori di Gaia e Camilla, in questa ora così buia". Infatti   è   questo  che  i genitori  (  sempre    che   non siano  di quelli problematici  ) , la  scuola e  la  comunità dovrebbero  , ovviamente  senza  essere  troppo   repressivi  , asfissianti  ,  e senza  voler  a tutti   costi imporre  la  loro esperienza 

Ecco   quindi che  ancora parole forti nell'omelia di don Matteo  riportate da  repubblica online posso  essere  utili  e una base  da  cui  partire o ripartire    : "Il senso della vita, lo aveva chiesto giorni fa Camilla alla sua famiglia. Ecco, magari quando sei sbronzo o sei fatto ti metti a guidare? Questa è la vita? In fondo ci sentiamo onnipotenti e poi non riusciamo a seguire le regole base della convivenza. Ci riscopriamo tutti un po' palloni gonfiati. Il senso della vita non è bere e fumarsela".

26.12.19

Siracusa, per un errore dei giudici vince una medaglia che non merita e la consegna alla seconda classificata


Babbo natale  ( Gesù bambino   come  volevano     che  lo chiamassi  le   mie  nonne   ) avrà preso nota dell’ennesima bella storia andata in scena in questi giorni: in questo caso il teatro è stato la Sicilia.
Il Protagonista un ragazzino di 10 anni che si è aggiudicato l'oro in una competizione regionale di karate. Accortosi dell'errore della giuria ha messo la medaglia al collo di Carlotta Bartolo, 11 anni, che era arrivata seconda. Egli    per un errore nel calcolo dei punti, Giorgio Torrisi, 10 anni, era stato giudicato e premiato come vincitore di un torneo di karate, ma poi quando insieme ai suoi genitori ha scoperto di essere arrivato secondo, ha scelto di consegnare la medaglia d’oro a chi davvero l’aveva meritata: Carlotta Bartolo, appunto   di 11 anni. Una  bella  riasposta  a chi ice  che  certi valori sono morti  , certo    stanno scomparendo  , ma  ancora   ed   questo è uno    dei casi  in questione  resistono   e  sono  ancora   vivi 



Infatti   , oltre  il  video  ,  ecco   la cronaca  di  https://palermo.repubblica.it/cronaca/2019/12/25/  da  cui   è tratta la prima foto


“Mamma questa medaglia non la merito, perché non l’ho vinta. Devo consegnarla al vero vincitore”. Quando la lealtà sportiva e i valori morali rappresentano la vera vittoria, allora accadono storie come quella che ha visto protagonista Giorgio Torrisi, 10 anni, cintura nera di karatè e, dopo ciò che è accaduto, anche di lealtà.Per un errore nel calcolo dei punti è stato giudicato e premiato come vincitore di un torneo, ma quando ha scoperto di non aver realmente conquistato l’ambita medaglia d’oro ha scelto di consegnarla a Carlotta Bartolo, 11 anni, arrivata seconda.
Giorgio Torrisi e Carlotta Bartolo   da https://www.pachinonews.it/



La competizione, la settima edizione dell’International Edukarate, si è svolta al PalaCannizzaro di Acicastello e ha visto sfidarsi 350 bambini provenienti da tutta la Sicilia. Giorgio Torrisi, di Catania, è stato giudicato il primo nella sua categoria. Immediatamente dopo la premiazione, i genitori stessi, Antonio Torrisi e Chiara De Melio, hanno intuito che c’era qualcosa che non quadrava nei punteggi. “Mio figlio è abituato a vincere - ha raccontato Chiara, la mamma - ma anche a perdere con umiltà, perché è questo che insegno ai miei figli. Ho spiegato a Giorgio che c'è stato un errore e ha voluto consegnare la medaglia a chi l'ha meritata al suo posto. L'onestà è la prima cosa nella vita”.
Scene rare e ben lontane da quelle a cui spesso si assiste nelle tribune delle gare di calcio giovanili, in cui genitori eccessivamente esigenti pretendono solo vittorie sul campo. A discapito del decoro, della forma e dell’educazione dei figli. Così Giorgio ha scelto che la sua più grande vittoria sarebbe stata quella di consegnare la medaglia a Carlotta. E la missione è stata compiuta e la medaglia ha trovato il suo legittimo proprietario: tutta la famiglia Torrisi è sbarcata nella palestra dell’ “Accademia Bartolo” a Pachino, in provincia di Siracusa, per incontrare Carlotta e i suoi genitori.
“La nostra prima vittoria è questa - ha dichiarato Giuseppe Bartolo, padre di Carlotta e maestro di karatè -, trasmettere ai nostri atleti e figli i valori della lealtà”. Carlotta ha ottenuto la sua meritata medaglia, ma il vero vincitore morale della competizione, manco a dirlo, è stato Giorgio. Il gesto è stato anche notato - e lodato - dall’organizzatore dell’evento, Salvo Filippello, pedagogista componente della commissione nazionale Csain e coordinatore regionale. “Un esempio virtuoso - ha commentato Filippello - come ente promuoviamo i valori sociali ed educativi, al di la di quelli agonistici. Vuol dire che abbiamo seminato bene. Il nostro obiettivo è creare grandi uomini, più che grandi campioni”. Filippello ha messo in piedi anche una “karate-therapy”, che serve ad incanalare energie ed istinti dei più piccoli nell’ambiente sano dello sport. “Lavoriamo anche in ambienti difficili - ha spiegato il responsabile siciliano di Csain - e con questa attività facciamo in modo che i ragazzini più iperattivi possano lavorare sull’autocontrollo”.

La storia del musicista che ritornò a Palermo dopo esser stato costretto a vivere 40 anni nella DDR



Lo so che l'ubriacatura celebrativa ed ideologica del trentennale della caduta del muro è ormai passata , ma questa storia è , oltre ad essere affascinante , piena di bugie non so se le racconta il musicista o l'autore dell'articolo. fino al 1961 il musicista avrebbe potuto andarsene con tutta tranquillità a Berlino Ovest e ritornare in Italia. se non lo ha fatto avrà avuto le sue ragioni e non c'entra la DDR, almeno nel primo periodo in questo caso .






da https://amarcord1983.wordpress.com/











L’alba della libertà è nascosta dentro un viaggio premio a Palermo a 40 anni di distanza dal doloroso distacco. Quella del musicista Gian Luigi Costanzo è una storia palermitana che unisce il Natale con il trentesimo anniversario del crollo del Muro di Berlino. La straordinaria vita del “Maestro”, costretto a vivere 40 anni nella Ddr – la Repubblica Democratica Tedesca – si intreccia con una curiosa coincidenza, un’apparizione “europea” in tv, e con l’estate più florida per gli italiani, quella “mondiale” del 1982. Sofferenza, desideri, ambizioni crollate, orizzonti chiusi, umanità, empatia. C’è tutto questo nella vita di Costanzo al di là del Muro.
Sposatosi all’inizio della Seconda Guerra Mondiale, ha due figli piccolissimi, quando da militare, lascia Palermo e parte volontario in Russia. Durante la tragica ritirata riusce a sfuggire alla morte fingendosi cadavere tra i cadaveri dei suoi commilitoni morti. Nel dopoguerra, dopo tante peripezie il giovane musicista palermitano si ritrova nella Berlino controllata dai sovietici: aveva grandi ambizioni di compositore ma il suo impatto con la nuova realtà è complicato. La guerra e la separazione in due della Germania gli sconvolgono l’esistenza. Da quel momento non può più uscire dalla Ddr, non può più mettersi in contatto con la famiglia rimasta in Italia e deve iniziare una penosa vita di artista in un Paese, distrutto dalla guerra e stretto nella morsa del “socialismo reale” che – in quei primi anni – mostra poca considerazione per la musica. Costanzo rischia di condividere la casa con altre famiglie, ha pochi i soldi in tasca e conduce una vita grama. Con il passare del tempo, rassegnato si rifà una famiglia, proprio con la donna che lo aveva salvato tra i cadaveri.
Inizia a far carriera lavorando per gli enti musicali statali, ma sempre più controllato dalla Stasi, la principale organizzazione di sicurezza e spionaggio della Repubblica Democratica Tedesca, che “sorvegliava le vite degli altri”. Nel frattempo il maestro palermitano diventa di nuovo papà, di Astrid. Ma resta vivo il ricordo della sua terra e della sua famiglia palermitana, di altri due figli quasi sconosciuti. La moglie italiana, senza notizie e dopo anni di vane ricerche, si rassegna intanto. E lo considera ormai morto.
Il tempo passa e, negli anni 70, alcuni parenti palermitani assistono in tv a una competizione musicale tra nazioni europee in cui partecipa la Repubblica Democratica Tedesca. Sullo schermo appare la scritta con l’autore della canzone concorrente per la Germania Est: “Gian Luigi Costanzo”. Cugini e nipoti palermitani, si chiedono meravigliati se quel Costanzo non sia proprio lo zio Luigi e in loro si riaccende la speranza che si tratti del parente scomparso e ritenuto morto. Ma come fare per avere conferme qui in Occidente, in piena ‘guerra fredda’, da un paese blindato coma la Ddr? Un’impresa ai limiti dell’impossibile.
E infatti trascorrono altri anni e agli inizi degli Ottanta, la famiglia italiana di Gian Luigi riceve una telefonata da Berlino… Ovest. Una voce in un italiano “germanizzato” annuncia: “Sono Luigi, sono vivo. Ho vissuto a Berlino Est e non ho potuto mettermi in contatto con voi fino a oggi che sono pensionato. Tra poco verrò in Italia e voglio andare a Palermo. Finalmente il maestro Costanzo può varcare il famigerato Muro e contattare i familiari italiani. In effetti la Ddr concedeva “passaggi a Ovest” e dei “viaggi premio”, però soltanto in casi eccezionali, e soprattutto se si trattava di persone di un certo livello, possibilmente già in pensione, ovvero “non più produttive per lo Stato”. Tutto sempre sotto l’occhio vigile della Stasi e con l’obbligo del rientro in patria. In caso contrario le famiglie avrebbero avuto delle ritorsioni terribili.
Incredulità, stupore, rabbia, costernazione ed in fine comprensione; questi i sentimenti contrastanti che esplodono nei familiari di Gian Luigi che, nell’estate del 1982, ritorna in Italia dopo oltre 40 anni. A Palermo viene ospitato da cugini e nipoti. “E qua, nella loro villa dell’Addaura lo incontrai – racconta oggi Cesare Calcara, architetto palermitano e testimone di questo storico incontro -. Non ho potuto far a meno di chiedergli qualcosa della sua incredibile vita. Alla fine dell’avvincente conversazione gli ho fatto una domanda della quale subito mi pentii: ‘Maestro, per lei cosa è la libertà?’. Lui si guardò un attimo intorno e mi indico il cancello della villa e, con molta tranquillità, mi disse: ‘Vede quel cancello, ebbene lei se vuole entra, poi esce, poi entra. E poi se vuole esce di nuovo’. Rimasi zitto. Poi ringraziandolo mi scusai per avergli fatto quest’ultima domanda, che avrebbe potuto turbarlo. Mi sorrise salutandomi calorosamente da buon siciliano. In effetti, quello turbato fui soprattutto io, pensando come quel regime comunista possa aver drammaticamente sconvolto la vita di milioni di uomini tra cui quella del Maestro Costanzo. Qualche tempo dopo – conclude Calcara – la nipote che lo ospitò, mi confidò che prima di spostarsi, anche per pochi chilometri, da Palermo, lo zio Luigi faceva una telefonata e parlando in tedesco riferiva dove sarebbe andato, con chi, quando e per quanto tempo si sarebbe assentato da Palermo. E il numero telefonico a cui chiamava aveva il prefisso 091!”. L’alba della libertà dentro il tramonto del Muro. In mezzo c’è la vita di un uomo privato per 40 anni della sua città, ma che sotto il cielo di Berlino ha trovato la forza di rinascere.

25.12.19

Un VEGANO, un CELIACO, un AMBIENTALISTA, un ASTEMIO, un ATEO e un GENDER...

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Mi  era preposto   uno stacco    dalla  guida    su come sopravvivere  alle feste   del natale   ,  ma  vedendo    il video riportato qui  sotto   ,  ho  cambiato idea  .  Esso   è   una bellissima satira , a monde e fondamentalismi ,  tanto  da  costituire    un extra    alla  guida  del   2019  . Infatti



 un  conto sono :  la  salute   (  caso del celiaco  e  astemio ) , le  scelte  di vita condivisibili o meno (  vegano  , bisex o  come  si usa  ora  gender  fluid  ,  buddista, ambientalista  ) .  Un altro conto le mode \ le  tendenze prese  in  modo acritico    ed  i  fondamentalismi .  è  questo  che  critico  con questo  video  , i  fondamentalismi , l'incapacità  di fare    buon viso  a cattivo  gioco  insomma  d'adattarsi   ed  imporre  le  proprie  mode  o scelte  di vita  agli altri o  costringere ad  adeguarti  tu  alle loro  .  Infatti   per fare l'esempio   più marcato i veri  buddisti   ,  quelli consapevoli  ,  non  quelli  modaioli   non sanno   che  il buddismo  e  amore  e rispetto   oltre  che accettazione   di un altra  cultura  non imporre la  loro     esempio (  scusate  se    in inglese  ma non ho trovato quello italiano  )   è  questo  pezzo  dei  simpson  in cui Lisa  la protagonista  diventa  buddista 




  buon natale        di  qualunque   moda  \  tendenza   o scelta  di vita   voi  siate

24.12.19

la gente almeno a natale ha un po di razzionalità o sono sempre di fretta e giudicano a caldo ? IL caso di Emma genovese sorella dell'investitore di gaia e camilla


IL terribile incidente che ha portato via due ragazze di 16 anni ha sconvolto tutti. Ci sono indagini in corso e Pietro Genovese, il figlio del regista Paolo Genovese, rischia fino a 18 anni di carcere per il doppio omicidio stradale. per cercare di difenderlo, la sorella Emma Genovese ha fatto un post sul suo profilo Instagram che ha scateno una bufera. Ora Un po' di silenzio e riflessione da ambo le parti non guasterebbe soprattutto quando ancora non si capisce bene come è andato il fatto . E' vero che le colpe non sono mai ( completamente ) da una parte sola ma 50 e 50 . Ma qui si esagera .Emma Genovese, la sorella di Pietro Genovese, è finita nella bufera per un post su Instagram. Il suo profilo, in questo momento, risulta privato forse in seguito alle polemiche che ha scatenato dopo aver cercato di difendere con un post suo fratello. Il post, adesso scomparso, iniziava così : <<  Vorrei dire una cosa, non lo dico perché è mio fratello ma lo direi per chiunque, tutta la gente che sta dando la colpa a lui dovrebbe vergognarsi >> e    fin qui  comprensibile  perchè ancora     ci sono indagini in  corso  ed  la  dinamica     è ancora poco  chiara    e    forse  sono  coinvolte   altre macchine   che non hanno  soccorso     le  ragazze  . Ma poi , La sorella del ventenne che ha investito Gaia Von Freymann e Camilla Romagnoli nella notte di sabato, 22 dicembre 2019, ha continuato il suo sfogo, attribuendo parte della colpa alle due ragazze.  Infatti  ,   sempre  secondo      quanto riferisce   l'articolo     di  www.bigodino.it

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“Non ha bevuto né fumato, non era al telefono. C’era il verde ed è passato com’è giusto che sia. Pietro in quei momenti infernali è rimasto sotto la pioggia in lacrime, aspettando i soccorsi e i miei genitori. Sono davvero distrutta per quelle povere ragazze che hanno perso la vita ieri notte, immagino il dolore della famiglia e degli amici, ma la colpa è stata loro, che per non fare cinque metri a piedi sono passate in mezzo alla strada (ovviamente non pensando che potesse succedere il peggio), con le macchine che sfrecciavano su Corso Francia. Sul Messaggero, sulla Repubblica e ovunque su Internet si dice com’è andata ed evidentemente è stato inevitabile. Per cui mettetevi nei panni non solo delle ragazze. Perché vi assicuro che stare sotto la pioggia in lacrime, per strada, su Corso Francia,con due ragazze sdraiate sull’asfalto senza vita ad aspettare la polizia, l’ambulanza, e i miei genitori che sono corsi, è una cosa che ti segna e che lo ha distrutto. Non accusate se non sapete come sono andate le cose. E, per finire, vorrei ringraziare tutte le persone che sono state accanto a me, la mia famiglia ma, sopratutto, a mio fratello”.






Risultati immagini per come un branco di scimmie che scrive a caso sulla tastiera del pc
IL post com'era prevedibile ha scatenato una bufera e in molti si sono scagliati ( sia in maniera pacata e civile sia da classici odiatori seriali o meglio come una scimmia che batte a caso sulla tastiera del pc ) contro Emma Genovese con rabbia e insulti, costringendo la ragazza a rendere privato il suo profilo . 
 Peggio per  lei    ha  perso  un  occasione  per  tacere , poi per  paura    cosa  fa   prima  lancia il sasso  sui  social    e  poi   nasconde   la  mano  ovvero  bloccandoli  rendendoli privati   . Se proprio voleva  difendere  (  i  panni sporchi si lavano in famiglia   )    bastava    che dicesse     aspettiamo  a vedere  come   sono   andate le cose  .
Infatti 

   Alcuni testimoni hanno riferito che le due sedicenni avrebbero attraversato Corso Francia correndo mano nella mano, lontane dalle strisce pedonali con il semaforo rosso. Forse avevano fretta a tornare a casa, così come dimostra anche l’ultimo sms mandato da Camilla Romagnoli a sua madre, poco prima della tragedia.

Sembra che la Renault Koleos di Pietro Genovesi non sia stata l’unica vettura ad investire le due ragazze. Dopo il colpo iniziale, i loro corpi sono stati sbalzati in aria e sarebbero stati investiti da altre auto che si sarebbero dileguate. Sul posto è rimasto solo Pietro Genovesi che, in stato di shock, ha aspettato la polizia.In questo caso potrebbe allungarsi la lista degli iscritti nel registro degli indagati. Se fosse davvero così, gli altri conducenti rischiano di essere accusati di omicidio stradale e omissione di soccorso. 

23.12.19

La passione a Natale di © Daniela Tuscano
















martedì 24 dicembre 2019

“La passione a Natale” di Daniela Tuscano

"Tanti auguri ai fabbricanti di regali pagani! Tanti auguri ai carismatici industriali che producono strenne tutte uguali!
Tanti auguri a chi morirà di rabbia negli ingorghi del traffico e magari cristianamente insulterà o accoltellerà chi abbia osato sorpassarlo... Tanti auguri a chi crederà sul serio che l’orgasmo che l’agiterà – l’ansia di essere presente, di non mancare al rito, di non essere pari al suo dovere di consumatore – sia segno di festa e di gioia!…Vengano tra noi, a cui non è rimasta che la speranza di una lotta che dispera: non c’è più luce di Natale, o di Pasqua.Tu, sei la luce, ormai, dell’Italia vera".
Pier Paolo - sempre si scrive - non amava il Natale. E lui stesso rivelava che in questo periodo dell'anno scappava, appena poteva, in "paesi maomettani", come diceva con vezzo desueto. (Eppure fascinosamente ambiguo, polveroso ma autentico. Il fascino del diverso nudo, sfrondato da ipocrisie lessicali.)
Spesso mi domando se, oggi, le sue invettive risuonerebbero ancora così. Se ancora fuggirebbe in quelle contrade, magari proprio nel suo Yemen, non più "maomettane", ma soltanto atroci - altro termine che adoperava spesso -, anch'esse ormai senz'ombra di fede, turbinate da guerre di potere, avidità e miseria. Che non è povertà. E non ha nulla di dignitoso.
E se vi si tuffasse, cosa troverebbe, di doloroso, nel dolore "maomettano"?
Troverebbe... i cristiani; sono loro, adesso, i più poveri fra i poveri.
Troverebbe il Cristo materano a Idlib, Maaloula, Baghdad, nelle luci scure d'una Natività silenziata dal terrorismo; a Gaza, perché pure certi palestinesi sono cristiani, e non possono entrare a Betlemme; e lo troverebbe, più in là, in volti bruni e orientali, di donne soprattutto. Lo troverebbe in Huma Younus, rapita a 14 anni, convertita a forza e costretta a sposare il suo sequestratore; in Leah Sharibu, da due anni schiava sessuale di Boko Haram per aver rifiutato di abiurare; lo troverebbe, comunque, a Damasco, proclamata, fra le bombe, Capitale mondiale del Natale. Che vuol risorgere, e non si arrenderà.
Troverebbe, insomma, radici divelte, perché il cristianesimo è nato lì, e lì pulsa e sanguina; non è opulenza, non colonizzazione, non Occidente.
E ne parlerebbe, e le sue invettive verso le luminarie delle nostre città si leverebbero più alte. Certo si scontrerebbe coi terzomondisti salottieri; con chi oggi strumentalizza quelle sue geremiadi accorate, non per richiamare al senso vero di queste feste, ma per cancellarle definitivamente; farebbe i nomi di Huma, di Leah e degli altri/e, che noi non osiamo menzionare, perché la persecuzione dei cristiani ci lascia indifferenti e fastidiati.
Lo accuserebbero di cripto-cattolicesimo, come del resto fecero anche in vita; di umanitarismo; di sentimentalismo; di passatismo.
Ma lui seguiterebbe a evocare quei nomi, pur angosciato da una divorante solitudine. Pier Paolo proseguiva malgrado lui.
E se fosse costretto a rimanere fra gli ingorghi del "traffico pagano"?
Vedrebbe lo stesso spettacolo di ieri, fulgente e miserando; solo più nevrile; vedrebbe presepi su cui si orina, altri trasformati in osceni simboli identitari. E l'Italia delle pale d'altare completamente cancellata.
Vedrebbe, del resto, presepi sepolti. Nella marea di disoccupati, sottopagati; di operaie anziane che muoiono sotto una pressa; di giovani precocemente appassiti, o alla sfinita ricerca di senso. Li vedrebbe nelle donne assassinate, violate, reificate da un consumismo ancor più aggressivo e patriarcale; li vedrebbe nella cancellazione della madre, simbolica e reale. Negli immigrati mai giunti sulle nostre coste, affogati prima. E li ritroverebbe, forse, in qualche settore di quella Chiesa che un tempo gl'ispirò il Vangelo; non si scandalizzerebbe di trovare la profezia anche fra i dottori di legge, come d'altronde non la escluse Cristo a casa del fariseo. In un Papa inviso ai clericali borghesi, che non parla di sesso, ma di giustizia, povertà, condivisione.
La luce dell'Italia vera non sarebbe più il comunismo. Disperso pure quello nel magma d'un individualismo lasco, tanto esaltato quanto scipito; definitivamente, antropologicamente mutato.
In cosa crederebbe, dunque, oggi Pasolini?
In quello in cui ha sempre creduto: l'atroce umanità. Quella massacrata a Oriente come a Occidente, a Nord come a Sud. Ne vedrebbe un riscatto?
Forse no. Sicuramente no. Ma il fatto stesso di saperla lì, esistente e sconfitta, gli darebbe la disperata, assurda, irresistibile voglia di gettarvisi dentro, e assaporarla, e morirne.

© Daniela Tuscano