5.11.22

Caso Desio, dopo le accuse il mondo della ginnastica fa quadrato: «Lo sport è disciplina e rigore»

vero la sport e disciplina e rigore , sacrificio , rinunce ,  come  ho raccontato   nel  post  precedente . Infattti : << Una magia che costa molta fatica e le aspettative per il futuro comportano un impegno non facile, di fatti, la stessa Sig.na Lydia Grant afferma: Voi fate sogni ambiziosi, successo, fama - ma queste cose costano, ed è esattamente qui che si incomincia a pagare,- col sudore! >>  (  cit   da Saranno famosi (serie televisiva) anni 80 ) . Ma  qui   come  fa notare  l'ultimo video   di Kiko. Co Video Emozionali   queste      dichiarazioni   delle  associazioni    della    ginnastica    difendono  il  bullissmo  di certi  dirigenti 

dA https://www.open.online/
 NOVEMBRE 2022 - 17:58


Caso Desio, dopo le accuse il mondo della ginnastica fa quadrato: «Lo sport è disciplina e rigore»
4 NOVEMBRE 2022 - 17:58
di Simone Disegni






Da Torino a Roma e Milano, le associazioni sportive della ritmica si schierano contro il “processo” su media e social



C’è stupore, delusione e una punta di rabbia, nel mondo della ginnastica italiana. Il caso dell’Accademia internazionale di Desio, con le denunce di presunti maltrattamenti da parte di almeno due atlete, ha portato al commissariamento della struttura da parte della Federginnastica, e a un ribollire di accuse che potrebbe scoperchiare un fenomeno reale, quello della pressione soprattutto legata al peso e all’aspetto esteriore delle atlete, ma che sono anche mal digeriti tra gli addetti ai lavori. Lo confermano ad Open diverse voci di allenatori e dirigenti sportivi di società da Nord a Sud. Che condannano nettamente eventuali abusi, ma circoscrivono il problema e respingono la narrazione dominante di un “caso-ginnastica” in Italia. «L’attività sportiva ad alti livelli richiede disciplina e rigore», mette in chiaro Patrizia Tupone, che segue le giovani promesse romane del centro Ritmica Tuscolana.
«Questo vale, ed è noto a tutti, già nei centri che offrono corsi agonistici sul territorio: a livello di agonistica nazionale è evidente che vanno rispettate delle regole ferree, ed altrettanto evidente che un simile regime non è adatto a tutti». Ma a presunti “maltrattamenti” a Desio, Tupone rifuta di credere. «Conosciamo perfettamente la direttrice tecnica dell’Accademia, il suo impegno e la sua serietà: è lei stessa, nei corsi per noi istruttori “territoriali”, ad insistere perché le bimbe non siano spinte eccessivamente in tenera età, per non arrivare poi stremate all’età della maturità agonistica». A quel livello, ricorda ancora Tupone, la federazione mette perlatro a disposizione delle atlete dei mental coach proprio per aiutarle a gestire l’inevitabile stress psico-fisico.
A dare una lettura simile del polverone alzatosi in questi giorni è Carla Meda, tra le responsabili del centro milanese Ginnastica 2000. «In decenni di lavoro in questo settore, non ho mai visto tanta attenzione – e tanta cattiveria gratuita – per le nostre attività: non solo sui media, ma anche sui social c’è un’esplosione di commenti negativi, quasi sempre infondati». Anche per Meda chiunque – ragazzi e ragazze – si avvii all’attività sportiva agonistica sa di intraprendere un percorso fatto di regole ferree, disciplina e sacrifici. In tutte le discipline sportive, e certamente in quello della ginnastica. «Le prime gare si disputano normalmente verso gli 8 anni, ma già a partire dai 6-7 è necessario dedicarsi ad allenamenti costanti anche tre o quattro volte alla settimana».
Il percorso è duro, durissimo, ma gli istruttori accompagnano ragazzi e famiglie proprio per assicurarsi che chi lo prosegue riesca a reggere la situazione. Possono esserci state pressioni sull’aspetto fisico, sul peso di quelle che, non a caso, vengono chiamate le “farfalle” italiane? «Chi conquista i massimi livelli ci arriva perché ha delle caratteristiche ben precise: devi essere super-leggero e super in forma – racconta Meda – Ma questo non significa che ci sia l’approccio “killer” che è stato raccontato in questi giorni». Ciò che è certo, riflette ancora l’istruttice, è che allo sbocciare dell’adolescenza, specie per le ragazze, possono esserci trasformazioni fisiche che influiscono su questo percorso, e sono cambiamenti, fisici e ormonali «da gestire». Ma ai maltrattamenti, ovviamente da condannare, Meda si rifiuta di credere.
A preoccupare allenatori e palestre è anche l’impatto su un settore sportivo che è riuscito ad emergere all’attenzione del grande pubblico solo recentemente e proprio grazie ai successi nati a Desio. «E’ l’ultima cosa di cui avevamo bisogno in questo momento», osserva da Torino Marco Napoli, direttore di Eurogymnica, il più grande centro piemontese di ginnastica ritmica. «Le associazioni sportive dilettantesche come tutte le nostre vivono ogni giorno di passione e sacrifici, e devono fare i conti con la crisi economica generale, del mondo sportivo e delle famiglie. Proprio ora che i successi internazionali di Sofia Raffaeli (l’atleta italiana che ha vinto 4 medaglie ai recenti Mondiali di Sofia, ndr) avevano acceso un faro di visibilità e d’attenzione per la nostra disciplina, non avevamo bisogno di un simile polverone». Insomma, anche Napoli invita a non fare di ogni erba un fascio. Il mondo della ginnastica fa quadrato, dunque. Basterà?

da
La ginnastica ritmica nel caos: il confine tra rigore ed ossessione (ultimavoce.it)

[...]
Sicuramente, il caos scoppiato attorno al mondo della ginnastica ritmica non [è]sarà un caso isolato. Gli psicologi sono concordi nell’affermare che gli allenatori, soprattutto a livello agonistico, hanno il dovere di accompagnare gli atleti verso un percorso di insegnamento sano della competizione. Tuttavia, in ambienti tossici ed estremamente competitivi – come quello della ginnastica ritmica – sembra esserci una forte resistenza da parte dei coach a far permeare un agonismo sano e bilanciato. Tra duri allenamenti quotidiani, diete ferree e la mania della mentalità vincente, la frequenza di abusi e violenze psicologiche è, purtroppo, in aumento. Per questo motivo, il confine tra la disciplina e la malata ossessione per la perfezione è estremamente labile. Forse, sarebbe opportuno formare gli allenatori anche a livello psicologico. E, magari, si spera, tristi vicende del genere non capiteranno più.

Via dall'insegnamento, ha la sclerosi multipla: “Non è giusto". Gli scolari: “Maestra Manu quando torni?”

     DI COSA  STIAMO PARLANDO 



 Dopo la  storia     di  Anna Melis    dicu,i  se  n'è parlato nel post  : <<  NUOVE TERAPIE E VECCHIE PERPLESSITÀ- Angela Melis >>   ecco  un  altra  storia     triste  di  chi soffre  di Sla  . Stavolta   in ambito scolastico .


"Lei non è più idonea", le hanno fatto sapere. “Uso il bastone per deambulare, però ho sempre svolto il mio lavoro, con le agevolazioni della legge 104, senza arrecare pregiudizio alcuno alla qualità dell’insegnamento e senza far mai far mancare nulla ai miei alunni”. Tante le prese di posizione a suo favore sui social


 La sua storia esplosa sul Web dopo la pubblicazione di un post su Facebook colpisce per i tanti risvolti che contiene. Sociali, legali e – non ultimi – umani. Pone delle domande e costringe a interrogarsi su quanto sia davvero inclusiva, per chi ha la sfortuna di incontrare una patologia invalidante, questa nostra società.Emanuela Cappai, 54 anni, da 27 con sclerosi multipla, finora ha sempre svolto il suo lavoro di insegnante nel migliore dei modi e con ottimi risultati. Fino al momento in cui ha ricevuto quella doccia fredda. Lei non è più idonea all’insegnamento, le hanno fatto sapere. Niente più giornate in cattedra e niente più contatto con i suoi adorati bambini. La decisione della Commissione di verifica, davanti alla quale è stata inviata dalla dirigenza scolastica del suo Istituto di appartenenza, è stata chiara. Causa quella maledetta patologia. Ma la domanda che a Emanuela frulla da allora in testa è la seguente: “E’ davvero necessario? E’ giusto? Davvero io non posso più fare la maestra?”. E la risposta per lei è scontata.Gli alunni a casa suaCome reagiranno inoltre i suoi alunni che le hanno sempre dimostrato affetto, ribadendolo anche in questa occasione? Maestra Manu – come la chiamano loro, i bambini della 5 elementare di Nuraminis, in provincia di Cagliari  – improvvisamente non si è vista più nell’aula della scuola appartenente all’Istituto comprensivo Pusceddu di Villasor. E molti di loro, spontaneamente, si sono recati a casa sua per sincerarsi di cosa fosse accaduto. Una cosa che alla maestra ha toccato il cuore.Manu però sta vivendo un momento difficile. Non è facile fare pace con quella decisione. “Attualmente sono in malattia d’ufficio contro la mia volontà perché, a quanto pare, i miei adorati bambini con me non sono più al sicuro, in ragione della mia difficoltà a camminare perfettamente”, sospira.Tutto per colpa della sclerosi multipla. “Non ho mai avuto  problemi a parlare della mia malattia di cui soffro da parecchi anni”, dice Emanuela che ha conquistato la cattedra, dopo un lungo excursus, anche in base ai benefici dati dall’appartenere alle categorie protette in ragione della sua patologia.

Il post della maestra su Facebook

Un racconto di impegno e sacrifici

Il suo è un racconto di impegno e sacrifici. Di determinazione indirizzata a fare in ogni modo il lavoro che la appassiona. Dopo aver insegnato in varie scuole della zona, passando per incarichi in istituti paritari e a tempo determinato, è arrivata infine a insegnare nel suo paese, nel Cagliaritano. E quanto ha lottato per entrare in ruolo nella scuola pubblica."Ho lavorato nell'infanzia paritaria di Sestu per 9 anni da dove mi portavo pure i bambini a casa, talmente li sentivo miei. - ricorda - Due in quella paritaria di Serramanna. Poi ho iniziato il percorso nella primaria, amando sempre il mio lavoro, anche se la patologia ha cominciato a farsi sentire. Nonostante ciò, non mi ha certo spaventata la nuova sfida. I bambini sono la ricchezza ed il futuro per cui io lavoro, dovessi anche finire in sedia a rotelle. La mia esperienza e il mio essere insegnante con disabilità è un valore aggiunto per i piccoli". “Il mio stato di salute non è un mistero – spiega maestra Manu – usavo il bastone ed ora il deambulatore per muovermi. Però ho sempre svolto il mio lavoro, con le agevolazioni di orario previste dalla legge 104 per i disabili, senza arrecare pregiudizio alcuno alla qualità dell’insegnamento e senza far mai far mancare nulla ai miei alunni”.Eppure ora Emanuela è stata dichiarata inidonea a svolgere l’insegnamento. Tuttavia potrebbe essere ritenuta capace di fare altro, per esempio svolgere compiti burocratici nella scuola, affiancare altri insegnanti o lavorare in biblioteca. Questo ha potuto capire. Idonea cioè a collaborare con altri, a lottare con montagne di scartoffie ma non ad insegnare. Questo no. “Molte di quelle cose, come la realizzazione di progetti, posso farle anche come maestra”, ha risposto semplicemente Manu.

Emanuela Cappai e la vignetta di Raffaele Pik Pikereddu

"La cosa peggiore che possono farmi"

“Mi vogliono cambiare contratto: la cosa peggiore che possono farmi – afferma con palese tristezza nel cuore –non posso accettarlo, farò ricorso e mi sono già rivolta al sindacato”.Lo dice con la mente rivolta a quel foglio che suona come una condanna ingiusta. Quel pezzo di carta scotta. Rappresenta una fiamma che arde nel cuore e alimenta la delusione. Quel Verbale della commissione di verifica è “la cosa peggiore che mi sia mai capitata”.Ma cosa è cambiato per lei fisicamente perché si possa dire che non può più insegnare? Per ora una risposta ufficiale non c'è. Nessun chiarimento preciso dalla direzione scolastica.“Ostacoli rispetto a prima che mi impediscono di continuare a svolgere l'insegnamento? Forse un eccesso di paura dei miei dirigenti per la sicurezza dei bambini. Non so però di preciso cosa abbiano scritto nel verbale inviato alla commissione di verifica. Mi hanno chiesto un certificato ed io, in buona fede, me lo sono fatto rilasciare dal mio medico di famiglia e l'ho fornito. Non so quali considerazioni abbia scatenato. In ogni caso avere una disabilità non può essere considerata una colpa e per questo non mi capacito della decisione”.Tante prese di posizione a suo favore La vicenda di Emanuela è stata ripresa dai giornali locali, e in sua difesa si stanno muovendo in molti. Una consigliera regionale vuole vederci chiaro e lo stesso Sindaco di Nuraminis si è interessato della questione. Le famiglie degli scolari hanno manifestato solidarietà alla maestra. Tante le prese di posizione a suo favore sui social.Emanuela, dal canto suo, si augura di “essere reinserita al più presto nel suo ruolo di insegnante”. Auspico “sia rispettata la mia appartenenza alle categorie protette e i miei conseguenti diritti. Vorrei infine che non ci fossero altri insegnanti con problemi simili ai miei costretti a passare quello che sto passando io”, afferma.I miei alunni ogni giorno mi aspettano in classe e sono disorientati. Soprattutto questo mi lascia affranta”. E loro, i bambini - gli esseri più spontanei e sinceri del mondo - sono anche andati più volte a casa della maestra. Le hanno chiesto soprattutto una cosa: “Maestra Manu, ma quando torni?”.  


  un insegnante    viene messa in "malattia d'ufficio" contro la sua volontà, perché a quanto pare, con lei, i suoi adorati bambini non sono al sicuro, data la sua difficoltà a  camminare, causa sclerosi multipla. 

Sclerosi multipla e inclusione, in alto Emanuela

Una  violazione    dei suoi diritti.  Infatti esiste la legge 68 (categorie protette) e la 104 (agevolazioni sul lavoro) con cui detta maestra poteva agevolmente svolgere il suo lavoro, ma siccome avere una disabilità è una colpa, contrariamente a quanto invece a scuola si insegna, vorrà dire che per ora la tremenda maestra con sclerosi multipla starà a casa anche se vorrebbe essere a scuola a lavorare con i suoi alunni



3.11.22

NUOVE TERAPIE E VECCHIE PERPLESSITÀ- Angela Melis

 Quando la malattia è piombata nella mia vita ho pensato che fosse la fine. Mi piacerebbe affermare che non è stato così, la realtà è che è stato così, e anche di più, è stata morte e rinascita. Sono passati undici anni da allora, tre terapie cambiate e la quarta in arrivo. Ormai ho imparato a districarmi tra le difficoltà burocratiche, grande fonte di stress, e a tollerare i miei stati d'animo contrastanti.


In quei corridoi illuminati dalla luce fredda, popolati da medici e infermieri affannati e pazienti in attesa, creo nuove aspettative. In quell'ambiente c'è uno strano clima, ci si guarda con gli altri pazienti, si scambiano timidamente due parole e con un po' di impaccio arriva la domanda:

"𝘢𝘯𝘤𝘩𝘦 𝘵𝘶 𝘩𝘢𝘪 𝘭𝘢 𝘴𝘤𝘭𝘦𝘳𝘰𝘴i?"
Inizia la sequela di domande, 𝘤𝘩𝘦 𝘮𝘦𝘥𝘪𝘤𝘰 𝘵𝘪 𝘴𝘦𝘨𝘶𝘦, 𝘤𝘰𝘮𝘦 𝘵𝘪 𝘵𝘳𝘰𝘷𝘪, 𝘥𝘢 𝘲𝘶𝘢𝘯𝘵𝘰 𝘵𝘦𝘮𝘱𝘰, 𝘲𝘶𝘢𝘭𝘪 𝘴𝘪𝘯𝘵𝘰𝘮𝘪 𝘩𝘢𝘪, in un vortice di domande e risposte sempre uguale ma anche diverso. Tra i termini clinici appresi si parla della vita, delle speranze, delle delusioni e illusioni, di affetti e esperienze. Di come si vive sempre sul chi va la, perché oggi stai bene, domani così e si spera sempre di non peggiorare, di non trovare nuovi termini e nuove placche nei referti. Sono passati undici anni, non sono più quella di prima. Sono un'altra che infondo, nel dolore, ha scoperto il potere della condivisione e della reciprocità, ad avere mille dubbi ma affidarmi comunque alle mani dei medici anche quando ho paura e non mi sento sicura di nulla. Ho tanto da imparare, ancora troppo. E da sperare che tutto vada per il meglio. Intanto tanti auguri a me e Clorinda, che prima o poi questa tormentata convivenza si concluda con un lieto fine per me.
P.S= per chi non lo sapesse Clorinda è il nome che ho dato alla mia sclerosi 😅

Trentaseienne sopravvive a 12 tumori diversi | I medici: "Non riusciamo a capire come" La notizia è stata pubblicata sulla rivista "Science Advances" dai ricercatori del Centro nazionale di ricerca oncologica (Cnio) in Spagna

Parlare di Cristianità e di Mondo di questi tempi significa esporsi, non solo alla muta e feroce ostilità dei fanatici, specialmente quelli converti sulla via di damasco che hanno gettato alle ortiche ciò in cui credeva prima o sono passato da una spiritualità laica credente a una fede reazionaria .Ma anche rischiare il fuoco dei cecchini “laici” o sedicenti tali.Ma davanti a fatti come quello che legge sotto , per parafrasare Benedetto Croce che non fu certo un credente, né tantomeno un intellettuale “progressista” come oggi usa direbbe : Antonio Gramsci acutamente lo qualificava (insieme a Giustino Fortunato) come il “reazionario più operoso della penisola“, uomo “di grandissima cultura e intelligenza….legato alla cultura europea e quindi mondiale….ha distaccato gli intellettuali del mezzogiorno dalle masse contadine….e li ha fatti assorbire dalla borghesia nazionale“(cit. da “Alcuni temi della questione meridionale” – 1926) : Perché non possiamo non dirci "cristiani" titolo di un breve saggio scritto dallo stesso nel 1942 .

da https://www.tgcom24.mediaset.it/mondo/   del 02 NOVEMBRE 2022 21:51




"Ancora non riusciamo a capire come questa persona possa essersi sviluppata durante la fase embrionale, né come sia riuscita a superare tutte le sue malattie".
Commenta così il biologo Marcos Malumbres del Centro nazionale di ricerca oncologica (Cnio) in Spagna la vicenda clinica di una 36enne sopravvissuta fin dalla nascita a 12 tumori diversi, di cui 5 mortali, scaturiti da un mix di mutazioni genetiche ereditarie che finora era ritenuto incompatibile con la vita. Si tratta, dunque, di un caso eccezionale riferito sulla rivista Science Advances dagli stessi ricercatori del Cnio.
Lo studio sulla storia della 36enne sopravvissuta a 12 tumori potrebbe aprire la strada a nuove tecniche di diagnosi precoce e a nuove terapie per risvegliare il sistema immunitario contro il cancro. La paziente, che ha lasciato a bocca aperta i ricercatori, ha sviluppato il suo primo tumore già nell'infanzia: a questo ne sono poi seguiti diversi a distanza di qualche anno uno dall'altro.
In meno di 40 anni di vita, gliene sono stati diagnosticati 12 differenti in varie parti del corpo: cinque quelli maligni. Una situazione complessa in un quadro altrettanto complicato: la donna presenta infatti altre alterazioni come macchie cutanee e microcefalia.
Una volta giunta al Centro di ricerca Cnio, la donna è stata sottoposta al sequenziamento dei geni che sono solitamente coinvolti nelle forme ereditarie di tumore, ma non è stata trovata alcuna mutazione. Si è dunque passati a sequenziare l'intero genoma ed è così che sono emerse anomalie in un gene cruciale per la divisione delle cellule: si tratta del gene MAD1L1, la cui mutazione comporta l'alterazione del numero di cromosomi ereditati dalle cellule figlie (una condizione tipica di molti tumori).
La paziente aveva mutata sia la copia del gene ricevuta dalla madre sia quella trasmessa dal padre: una condizione mai riscontrata al mondo e che, riprodotta negli animali di laboratorio, ha determinato la morte già nella fase embrionale. "Da un punto di vista accademico non possiamo parlare di una nuova malattia perché siamo di fronte alla descrizione di un singolo caso, ma da un punto di vista biologico lo è", afferma un altro autore dello studio, Miguel Urioste.
Uno degli aspetti che ha maggiormente sorpreso i ricercatori è che i cinque tumori maligni sono scomparsi in modo relativamente facile. L'ipotesi è che "la continua produzione di cellule alterate abbia generato nella paziente una risposta di difesa cronica contro queste cellule, che alla fine ha aiutato i tumori a sparire", spiega Malumbres.
La scoperta che il sistema immunitario è in grado di scatenare una difesa contro le cellule con un numero alterato di cromosomi "è uno degli aspetti più importanti di questo studio, che potrebbe aprire nuove opzioni terapeutiche per il futuro", considerando che il 70% dei tumori presenta anomalie nel numero di cromosomi.
Per studiare la donna e i suoi famigliari (molti dei quali hanno mutazioni nel gene MAD1L1, ma solo in una delle due copie ereditate dai genitori), i ricercatori spagnoli hanno usato una tecnologia che permette di analizzare migliaia di cellule del sangue singolarmente, una per una, per valutare i geni accesi. Questa tecnica ha permesso di individuare la rapida proliferazione di cellule che potrebbe già segnalare lo sviluppo iniziale di un tumore, prima ancora della comparsa di sintomi o alterazioni negli esami clinici.

qualcosa di buono Regia di George C. Wolfe un film che i contrari al testamento biologico dovrebbero vedere


Basato sul romanzo di Michelle Wildgen, il film è la storia di una donna  pianista affetta da SLA e della giovane universitaria che per  sbancare il  lunario oltre  a fare  la  cantante  nei pub  , si trova quasi per caso a farle da badante e con cui diventerà amica intima . Una  storia   toccante    e drammatica  , con punte  di  ironia e  sagacità ,  senza  scadere   o  quasi  ( ma  dall'altronde  in  film come questi  è difficile  soprattutto  a  chi   ha un sesto senso  spiccato  o  gli  piace    farsi i  film  su cosa  succederà  nelle  scene    o  nel finale  ) . Una  storia  bellissima ed  intensa   pari  a    tre  film  : 1 )  Mare dentro (Mar adentro) è un film del 2004 diretto da Alejandro Amenábar ., 2) Quasi amici - Intouchables (Intouchables) è un film del 2011 diretto da Olivier Nakache e Éric Toledano. 3)  Le invasioni barbariche (Les Invasions barbares) è un film del 2003 diretto da Denys Arcand che  trattano   tematiche    della malattia  degenerative  e di malattie   senza  cura  e allo stadio  terminale , testamento  biologico  ,   eutanasia  , cure palliative  . La  versione femminile    del secondo film .Un film che  , come  ho già detto  nel titolo  del post ,  che  tutti   coloro che  non vogliono o ostacolano il tentamento  biologico  e  non lasciano la possibilità    a chi è colpito da tali malattie  la  possibilità  di scelta    se vivere    o moire  con dignità    rifiutando l'accanimento terapeutico  costringendoti  ad andare  all'estero o farlo  clandestinamente 

2.11.22

La nuova vita degli alberi L’artista Michele Ardu ha trasformato i tronchi bruciati nel Montiferru in opere d’arte “Oro ardente” è il titolo della mostra allestita al Museo diocesano di Oristano

 

primi passi sono in penombra e sopra una piccola distesa di lapilli lavici. Sembra di camminare su un
tappeto di brace ormai spenta. La luce arriva solo nella seconda parte dell’allestimento perché la mostra “Aurum urens (Oro ardente)” di Michele Ardu è un gioco di contrasti: lo splendore dell’oro che si oppone al colore della cenere; la nera immobilità di ciò che è morto che sbatte contro le immagini che scorrono sui video e contro le fotografie esposte alle pareti del Museo Diocesano Arborense di Oristano .che ospita l’esposizione. È l’incendio che ha bruciato oltre 20mila ettari di territorio nel Montiferru, durante l’estate del 2021, il motore dell’ispirazione dell’artista oristanese. Dov’è passato il fuoco c’è solo devastazione, eppure proprio quell’angolo di natura distrutta è ancora capace di regalare vita stimolando l’estro. Nel settembre dell’anno scorso, a poco più di un mese di distanza dal rogo, Michele Ardu si era ritrovato a passeggiare, per scattare qualche foto di valore, tra i pendii e le campagne attraversate dalle fiamme qualche settimana prima. Da quelle che per tutti sarebbero state solo forme di morte, l’artista ha tratto ispirazione andando oltre gli scatti del suo obiettivo. Le ha immaginate come se fossero vive, come se fossero «resti elegantissimi che la natura ci ha lasciato. 

Erano talmente affascinanti che ho visto in quelle forme qualcosa che è andata oltre il semplice prendere atto della distruzione che avevo davanti agli occhi». Quasi un pensiero eracliteo, un “tutto scorre”, un trasformarsi per diventare quell’altro che nelle opere esposte si nota subito. Dopo aver raccolto i tronchi di ulivi secolari, senza alterarne le sembianze plasmate dal fuoco, Michele Ardu ha steso una patina su cui poi fissare il colore dorato «perché così ho voluto evidenziare quanto sia preziosa la natura. Ho voluto far brillare ciò che era bruciato per ridargli la sua dignità». Del resto, quegli alberi, cancellati dal fuoco nella loro forma primigenia e nella loro funzione ambientale e produttiva, avevano una storia antica. Erano stati tutti censiti e la loro data di nascita – per la maggior parte furono piantati tra la meta del 1500 e la metà del 1600 – è indicata nelle targhe che accompagnano i momenti dell’esposizione. Appartenevano alle tenute delle famiglie Fara e Pes che nella zona di Sa Tanca Manna, nelle campagne di Cuglieri, avevano i loro oliveti. Ora, nella mostra che si avvale anche di una serie di filmati donati dal Corpo Forestale regionale, quegli alberi appartengono a tutti. Prima degli oristanesi e dei sardi, la mostra Aurum Urens, ad esclusione dell’ingresso sui lapilli che è idea venuta successivamente, è già stata ammirata a Siena, dov’è stata ospitata nello storico Magazzino del sale, all’interno del municipio in piazza del Campo. A Oristano, dopo l’inaugurazione di venerdì scorso, sarà visitabile il mercoledì dalle 10 alle 13, il giovedì, venerdì, sabato e domenica dalle 10 alle 13 e dalle 17 alle 20, fino al 29 gennaio 2023.
Abbiamo scelto un tema ambientale. I tronchi d’albero sembrano solo delle reliquie, invece la mostra restituisce a essi un valore nuovo. Un tempo erano beni ambientali e simboli della produttività, ora sono testimoni di un fatto, sono beni identitari sui quali le generazioni passate hanno costruito la loro esistenza e sono un monito per le generazioni future». Ciò che più caratterizza la mostra è la semplicità. Sin dai primi passi, non si fatica a cogliere il messaggio dell’artista che continua a fare la spola tra la sua terra di origine e Londra, dove ha trovato alcuni anni fa una sua dimensione internazionale. Un pensiero di Michele Ardu chiude il percorso della mostra: «Dopo secoli vissuti negli stessi acri di terra, che questi alberi entrino ora nei musei del Mondo, in nuove case, e continuino a vivere, cercando di proteggere le altre foreste del nostro Pianeta, testimoniando la preziosità e la fralezza della natura». È semplice, appunto. Talmente semplice da apparire universale

lo sport vissuto senza pressioni da ottimi risultati la storia di diego muretti che solo dopo 8 mesi dal primo pugno conquista il titolo italiano di categoria

 leggendo  delle ginnaste italiane    e  degli insulti e delle pressioni  mi è  ritornata  alla mente    quesata storia sportiva letta qualche  giorno fa  sulla nuova  Sardegna  . Ciò dimostra  che    nello sport  ed  attività fisiche   (  vedere   video  sotto  )    ci sono  storie    in cui i risultati vengono   credendo  in se   stessi , prendendosi i propri tempi  ,  senza  stress   e senza  violenza    fisica  ed  psicologia    insomma  costrizioni   cioè risultasti indotti   in alcuni casi con  il    doping  di stato un tempo la  ex Ddr  ( Germania  est  )   ed  ora   la Russia





non bisogna ascoltare i discorsi negativi degli altri, le persone che ci dicono che non ce la faremo mai di solito sono quelle invidiose, quindi bisogna credere in noi stessi ed andare dritti per la nostra strada. L'autostima è importantissima per realizzare i propri sogni e per il benessere interiore e non dobbiamo perderla a causa di frasi negative che spesso ci vengono rivolte,

Tra le tappe c’era anche la prestigiosa Carnegie Hall di New York Il progetto artistico Sardinia_Moving_Arts propone composizioni originali dedicata interamente all’isola L’intento è proseguire con nuovi eventi e artisti di tutto il mondo La Sardegna sbarca in America con la chitarra di Porqueddu



Tra le tappe c’era anche la prestigiosa Carnegie Hall di New York Il progetto artistico Sardinia_Moving_Arts propone composizioni originali dedicata interamente all’isola L’intento è proseguire con nuovi eventi e artisti di tutto il mondo La Sardegna sbarca in America con la chitarra di
Porqueddu che il chitarrista nuorese ha ricevuto a seguito della fitta serie di concerti che ha tenuto nelle settimane trascorse in diversi Stati in America. Un successo su tutta la linea evidenziato da programmi di altissimo livello, innovativi eseguiti magistralmente. Thomas Schuttenhelm della Network for New Music è ancora più esplicito: «Tutto il repertorio del XXI secolo e a lui dedicato, non avrebbe potuto essere presentato da qualcuno con minori capacità. Le sue produzioni discografiche sono magistrali e le sue performance dal vivo sono qualcosa di ultraterreno». I concerti si sono tenuti in alcune delle più prestigiose location tra le quali spicca la Carnegie hall di New York dove il virtuoso sardo è tornato per la seconda volta in cinque anni. È ancora Schuttenhelm a descrivere alcuni momenti di quella serata, parte del numeroso pubblico: «Porqueddu eccelle nel mantenere l’indipendenza di ogni linea, per quanto densa sia la tessitura, ma la sua capacità di far emergere le voci separate implicite in una linea composta non ha eguali». Tutti i programmi di sala, per un totale di oltre due ore e mezza di repertorio, sono stati ideati sulla base della musica che lo stesso Porqueddu ha suggerito di comporre ad alcuni dei massimi autori del nostro tempo tra cui figurano nomi come quello di Leo Brouwer, Angelo Gilardino, Dusan Bogdanovic, Franco Cavallone. Spazio anche agli autori sardi ed in particolare alla musica del pianista-compositore sassarese Roberto Piana col quale il chitarrista di Nuoro ha stretto una forte partnership artistica. Fondamentali nel tracciare un profilo della Sardegna, i lavori di Kevin Swierkosz-Lenart, Alfredo Franco e Carlo Francesco DeFranceschi. Insomma, un ventaglio di opere di ampio respiro unite dal fil-rouge delle atmosfere e dei colori dell’isola, trasformati in suoni. Porqueddu è raggiante: «Ero sicuro fin dall’ideazione del progetto artistico Sardinia_Moving_ Arts che l’eco di queste nuove composizioni avrebbe avuto un ampio respiro e sono molto soddisfatto dal feedback ottenuto da
compositori, discografici, critica e stampa specializzata. Credo fortemente in questo inedito modo di esportare l’immagine della mia terra all’estero a tal punto che Musicare ha registrato il nome ed il marchio a livello globale. L’intento è proseguire negli anni con nuove commissioni, nuovi eventi e la collaborazione con artisti di ogni parte del mondo». Nel corso del tour Porqueddu ha tenuto corsi sulla musica del XX e del XXI secolo per alcuni allievi selezionati della Cincinnati University in Ohio e della Manhattan school of music di New York. 
«Un prezioso momento di scambio tra me e le eccellenze delle due prestigiose istituzioni – spiega l’artista – finemente organizzato dalle due istituzioni». E meno di ventiquattro ore fa, il grande compositore cubano Leo Brouwer ha reso noto che la sua composizione “Diálogo del Olivo y el Nuraga” sarà pubblicata con la revisione del virtuoso nuorese, riconoscendo di fatto l’altissima capacità del musicista di dar forma ad idee interpretative forti e convincenti. Cristiano Porqueddu è universalmente riconosciuto come uno dei massimi interpreti del repertorio originale del XX e del XXI secolo

L’impresa trasmessa nei monitor delle sale d’attesa dell’Aou La missione della “Sassari” in Qatar Tre biker fra le dune del Marocco «Grazie per il vostro coraggio»

 dalla  nuova  sardegna    del  2\11\2022   


Nuova sfida vinta dopo il tumore, la chirurga Nonnis: «Esempio per tutti»


                                Nadia  cossu  
Sassari
“Lacrime libere di donne che non temono l’emozione”. Una breve didascalia che dice tanto. L’ha scritta Rita Nonnis, chirurga senologa dell’Aou di Sassari, sul suo profilo Facebook per accompagnare l’immagine del traguardo finale raggiunto dalle “sue” tre combattenti, innamorate della vita e pronte ad accettarne le sfide. In sella alle loro mountain bike, Paola Zonza, Daniela Tocco e Donatella Mereu

hanno partecipato alla Marocco Expedition Women Challenge. Quasi quattrocento chilometri percorsi in bicicletta tra dune e terreni pietrosi, tra piste e sentieri del profondo Marocco, dalle montagne al deserto, attraversando piccoli villaggi e remoti insediamenti di popolazioni berbere. Senza però mai perdere di vista l’obiettivo: arrivare all’ultima tappa e urlare al mondo “Noi ce l’abbiamo fatta, potete riuscirci anche voi”. Un “voi” che comprende chiunque stia affrontando la propria battaglia personale. Così come è successo a loro tre, che hanno combattuto e vinto la malattia. «Grazie di cuore per il vostro impegno e la vostra grande generosità per aiutare chi come voi ha affrontato periodi difficili – è il messaggio che la dottoressa Nonnis, componente medica della spedizione, ha dedicato a Paola, Daniela e Donatella – Grazie per la grande serietà ma anche per l’allegria con cui avete affrontato senza mai
perdervi d’animo i momenti difficili». Un medico è una sicurezza quando si vivono esperienze complesse. Rita Nonnis è una grande e stimata professionista la tenacia con la quale ha portato e continua a portare avanti – cercando di superare innumerevoli difficoltà – vari progetti di crescita per la sanità sassarese (la Breast Unit è un esempio calzante) hanno fatto di lei un punto di riferimento soprattutto per le donne che combattono contro il tumore. «Con voi e da voi ho imparato molto, dal punto di vista umano e professionale – si rivolge ancora alle biker – Come nelle altre sfide della vita vi siete preparate con caparbietà e avete affrontato con consapevolezza tutto il percorso con una forte motivazione. Siete donne sensibili, coraggiose e determinate». E lo specifica, la Nonnis, che far parte delle “women challenge” non significa essere “super women” «ma donne che conoscono i propri limiti, li accettano e sanno cosa fare». Esattamente l’identikit di ciascuna delle protagoniste di questa avventura in Marocco. Che, naturalmente, è stata possibile grazie alla sinergia e all’impegno imprescindibile di altre persone. Il progetto è stato organizzato e realizzato da Acentro per il sociale di Cagliari con il patrocinio di Regione, Comune di Cagliari, Asl di Cagliari, Aou di Sassari, Lilt, Ail Cagliari,Fondazione Taccia, Mai più Sole e Associazione sinergia femminile. Con il supporto di numerose aziende del territorio. L’Aou di Sassari è stata molto presente durante questo viaggio, prima con la consegna di materiale medico alla vigilia della partenza e poi con la trasmissione – nei monitor delle sale di attesa dell’Azienda – delle immagini che raccontavano quotidianamente la piccola grande impresa. A guidare l’avventura il capo carovana, Maurizio Doro, biker d’esperienza e fine conoscitore del Marocco. Con loro anche il coach Antonio Marino e Michele Marongiu, ideatore dell’avventura, oltre al videomaker Pierandrea Maxia che ha documentato ogni singola tappa. Prima del rientro in Italia la comitiva ha donato i presidi medici e i farmaci – che per fortuna non è stato necessario di utilizzare – del kit di pronto soccorso. La dottoressa Nonnis li ha consegnati nelle mani di madame Keltoum Touhami Elwazzani che nel villaggio di Agdz è attiva proprio nella sensibilizzazione contro il cancro alla mammella. Un modo speciale di concludere la sfida

1.11.22

il cretino ed il filosofo

 Cr devi andare  oltre  all'evidenza   delle  cose  e dei fatti  perchè niente  è quello che sembra   

realmente 

FI  certo  c'è  un fondo di  verità   in quello  che dici . Ma senza  esagerare  . Perchè  come dice (  anche  il video sotto  )   non è  che  a  forza   di staccarsi dalla  realtà     finiamo    andare tra le nuvole  ?



 


Cr  quindi  secondo te  la risposta  a tale  domanda  sta ....

  FI  esatto la  risposta sta nel mezzo   cioè nel usare l'andare oltre   la realtà quando   i  fatti\  gli eventi   bìnon sono  chiarissimi  ed oscuri  .  

Cr  Ma  come fare  a capirlo  

Fi  ..... 

Cr 😲

Fi Bisogna fare attenzione a non andare troppo nelle nuvole... perchè molto  spesso  evadere troppo dalla realtà è pericoloso, perché si rischia di sfociare nel complottismo. Allo stesso modo però ragionare solo per semplificazioni lo è altrettanto. Il vero problema è che non siamo più capaci di confrontarci senza pregiudizi e senza insultare chi ha posizioni diverse dalle nostre, e così le posizioni si polarizzano e si radicalizzano, sfociando in un complottismo contro semplificazione. 

Cr  Ok  ti saluto  caro  con i piedi per  terra 

Fi   😂😥🙄


alla  prossima  polemica . 


 l'ho richiamato  perchè  oltre  ala risata  , m'era  venuto  in mente    una  risposta più  articolata  . Ma   aveva già svoltato l'angolo  .   pazienza  .  gli la  lascio qui  , cosi   rispondo  a chi  , basansosi su  una parodia  ( che dei contatti di un gruppo di fans della trasmissione tv mai dire goal sul Ng ( newsgroups la preistoria dei social ) it.fan.tv.mai-dire-gol)  che  mi fecero  quasi 30 anni fa  ed  ancora  continua a  circolare  sul  web  , mi vedono sol come  un complottista  .  In realtà io   dopo anni   e  ani  ho trovato un equilibrio tra    fughe  \ evasioni  e  ritorni  , fra   piedi  per terra  e  testa   \ piedi fra le nuvole  , tra   dubbio e  certezza   , ma  fra  bufale  ( anche  se  ogni tanto   ne prendo   pure  io )  e  verità . tra informazione  e  contro informazione  .  Per  fornmazione    strorico politica  (  querra  gfredda  ,   strategia  dela tgensione  , anni  di  piombo  )  e  culturale  (  passione  per   i  gialli ed  i polizieschoi  , le s torie  di  topolino  ,  spionaggio  ,  complotti ,mistero  ) . Tutto ciò  unito alla  mia  voglia d'uscire  da i due  blocchi culturali  ed ideologici   ( fascismo e  comunismo ) che hanno caraterizzato  la  mia  infanzoia ed  adolescienza   cerco sempre  verità alternative a quelle  ufficilalio  di comodo  .  Ma  a differenza dei   complottisti  ed  complottismi  ,   quando  vedo che   una  tesi o una  contro  analisi  di un fatto \  evento    non regge ala logica   ed  sfocia   nell'assurdo più totale   (  ma  chi  lo paga ,  non ce  lo dicono  , ecc  )      e  soprattutto  nella mancanza  di rispetto  delle  persone coinvolte (  esempio  ci sono siti  e  d  persone che  dicono i  che   i morti del bataclan  non  sono  veroi  e  che    sono finti e   che le  vittime  sono  ancora  vive  nascoste  da quel che parte   o micamion   con le bare   dei morti del coivid   è un falso     ecc  )   non continuo   e rientro  a terra  



un prete che è sceso fra la gente ed uscito dal tempio il caso di don totoni cossu di bitti che non avendo chiesa ha detto messa in un bar di paese

canzone consigliata

Qualche  giorno  fa  mettendo  in ordine  i  giornali    ho trovato   , credendo fosse  d'ieri  ,    l 'unione  sarda    (   trovate  a sinistra  lo  screenshot  visto  che  l'archivio  è a €💰) 
invece  era     d'aprile  di quest'anno ,  e  all'interno  cera  un  ho  trovato  l'articolo  sotto riportato .  Ho  cercato in rete la  notizia o  qualcosa  su  don Totoni Cossu  ,   ho  trovato  solo  questo  video trovato  grazie  ai motori   di ricerca     fra quelli di    facebook 


 

Ora direte che strano . Mah i non ci vedo niente di strano . Anche Gesù se vivesse oggi e vedesse le chiese vuote o piene solo a Natale o pasqua o la crisi di vocazione farebbe la stessa cosa . Come ha

detto l'amica Dulcinea nel post : << il cambiamento non lo si può fermare >> esso è un rimedio per  non morire ed aprirsi alla gente credente tiepida e anche perchè no a quelli dubbiosi o non credenti oppure come me laico credenti \ senza chiesa cioè non praticanti . 












Poi non è una novità tali atti sono già stati fatti in passato  come  la  storia      trovata  in   rete   durante  le  ricerche 

 da  https://www.larena.it/territori/  28 novembre 2017 


La Bibbia si legge anche al bar
Sette incontri tra birre e caffè


                                           Lidia Morelato


 «La Bibbia al bar». È la nuova ed originale proposta della Comunità pastorale di Salizzole, Bionde ed Engazzà, che al bar, davanti a un caffè a un bicchiere di vino o ad una birra, offrirà la possibilità di conoscere i testi dei Vangeli che parlano di cibo. Sette appuntamenti della durata di un’ora ciascuno, che
si svolgeranno nei luoghi di ritrovo del paese secondo il format della tradizionale Lectio divina: lettura del Vangelo, approfondimenti, comprensione e condivisione. «Gesù andava in mezzo alla gente a predicare parlando un linguaggio comprensibile per farsi capire», riferisce don Massimiliano Lucchi, parroco di Salizzole insieme a don Luca Pedretti. «Quest’iniziativa», aggiunge il sacerdote, «è il tentativo di diffondere la Parola di Dio con una modalità evangelica fuori dagli schemi». Si tratta, infatti, di un vero e proprio percorso, caratterizzato da varie esperienze, dove la tradizionale lettura del Vangelo sarà arricchita con immagini, slide e degustazioni che contribuiranno ad approfondire e semplificare la comprensione dei testi sacri. Nel primo incontro che parla di vino, per esempio, è previsto l’assaggio di vino nuovo e vecchio per coglierne le sostanziali differenze. «La gente va al bar per rilassarsi e in questi momenti è più ricettiva e predisposta all’ascolto», aggiunge don Massimiliano, meglio conosciuto da tutti come don Max, «quindi la proposta evangelica può avere un peso diverso con la possibilità di andare più in profondità. Vedremo quale riscontro avrà». L’idea della «Bibbia al bar» è stata molto apprezzata anche dagli esercenti che l’hanno accolta fin da subito con entusiasmo. «È sicuramente una bella iniziativa», sottolinea Scila Tedesco, titolare del bar da Ugo insieme alla sorella Valentina, «che può avvicinare anche persone diverse dagli avventori abituali». «Tanta gente», aggiunge la barista, «ha visto la locandina e ha chiesto informazioni incuriosita dall’accostamento del bar con parroci e Bibbia». Il primo appuntamento su «Vino nuovo in otri nuovi» si terrà questa sera, alle 21, proprio al bar «Da Ugo», in piazza Castello. Si proseguirà poi il 4 dicembre al bar «L’Angolo» con «Dammi da bere l’acqua viva». Il 5 dicembre, alle 17.30, toccherà al bar «Capitel» con «Hai tenuto da parte il vino buono»; il 12, alle 20.30, appuntamento al bar «Colombini» di Bionde con «Voi stessi date loro da mangiare», e il 13, alle 21, alla «Cantina» con «Avevo sete e mi avete dato da bere». Il 20 dicembre, alle 21, sarà la volta del bar «La Pinta» con «Non di solo pane vive l’uomo». La rassegna si chiuderà il 21 dicembre, alle 18, al bar «Isoli» di Engazzà con «Prese il pane e rese grazie». Già alla vigilia dell’inaugurazione, in paese la singolare iniziativa sembra gradita da un ampio pubblico, considerato che il calendario dei sette appuntamenti postato sulla pagina Facebook della parrocchia in pochi giorni ha avuto 2.400 visualizzazioni con altrettanti «mi piace». Un canale evangelico alternativo che mira ad avvicinare anche nuovi i fedeli ed in particolare i giovani. Anche se per la verità, a Salizzole, contrariamente a quanto si possa pensare, l’affluenza alle messe festive e alle funzioni religiose - per esempio, a Bionde, questa settimana sono in corso gli esercizi spirituali - è ancora piuttosto elevata rispetto alla media nazionale, come tengono a rimarcare i parroci. È una comunità vivace con un bel gruppo di giovani e adolescenti, dove è presente anche una compagnia teatrale, composta da un’ottantina di elementi capitanati da don Max, che diffonde il messaggio evangelico attraverso il linguaggio dell’arte.

                                        
quindi come le  note     della  famosa     canzone  , pietra miliare  del rock ,  di Bob  Dylan   the time we are a changin

Tutto continua tutto va avanti di Dulcinea Anna Maria Pecoraro

 Non possiamo cambiare le persone, nè il movimento di rivoluzione della terra. Tutto continua e va avanti, spinti dal moto d'azione o fermati dall'inerzia. Ognuno scopre la sua via solo vivendola, assaporando fino all'ultimo quel senso che arricchisce o lascia il retro gusto amaro. Non è solo il caso che modella, ma siamo noi che attraverso una metamorfosi interiore fermentiamo sogni, pensieri e costruiamo creando. Spesso ci blocchiamo e diamo colpa alla sensibilità, al poco tatto, o a quel cuore che ritma le scelte.
 Ma chi si ferma è perduto, anche se il riposo è necessario per acquisire nuove forze.
 Tutti troppo di corsa o troppo fermi, forse è da dosare proprio quel troppo, per poter così fare quel guizzo verso l'oltre. Giusto o sbagliato che sia, lasciarsi prendere e provare a mettersi in gioco, senza scendere a compromessi. Alzarsi e combattere anche quando tutto va storto e provare a andare incontro e non contro alle cose. C'è chi dice che da ogni disastro c'è sempre una rinascita, così come da ogni guerra la pace e dal deserto può nascere una rosa. Il futuro è un grande mistero d'incognite e infinite combinazioni portano a atti diversi e per questo unici. "Wish you were here" cantavano i Pink Floyd, o "ma il cielo è sempre più blu" come Rino ripete. Nell'inferno ci passiamo tutti, così come nel paradiso. La fortuna è nel sapersi accorgere come non perdersi!


#dulcineaannamariapecoraro💖💖💖