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18.10.25

C’è un filo sottile che lega l’orrore di due femminicidi, quello di Cinzia Pinna e di Pamela Genini.




Lo so che   ogni  volta  che  avviene un femminicidio    o  assassinio di  una doinna   dovrei    stare  in silenzio  , ma  davanti a  casi  come  questi   è pressochè impossibile , o  scrivere   qualcosa  di  originale  . Ma    non  essendo   un esperto in scienze  sociali (  antropologo ,  psicologo , psichiatra  ,  criminologo , ecc  )  ho difficoltà a    trovare  le  parole  addatte  che  non siano   ovvie   e retoriche   .  Coindivido  e  lascio     quindi la parola    a  chi  è più esperto    di  me   in questo  caso  Giampaolo Cassitta   ( eccetto  i  corsivi  che    sono   miei  ) 

278. Orrore

C’è un filo sottile che lega l’orrore di due femminicidi, quello di Cinzia Pinna e di Pamela Genini.
Un filo che conduce verso una sponda mai davvero esplorata, o comunque rimasta a lungo sotto traccia. Quel filo ha il colore della ricchezza, dell’opulenza, della spavalderia. È intrecciato con la tracotanza e con la convinzione di chi si crede onnipotente.
Gianluca Soncin ed Emanuele Ragnedda avevano in comune una vita agiata, da jet set: ville, auto di lusso, red carpet, elicotteri, successo. Tutto condito da cocaina, e da quella euforia tossica che confonde il privilegio con il diritto. Non sono delitti nati nelle periferie della vita, non vengono dal degrado urbano o da famiglie dove il patriarcato è un marchio antropologico. Qui il piano è un altro, e richiede di essere osservato da una prospettiva diversa: non solo criminologica, ma sociale e morale.
Cosa spinge questi “figli fortunati”, che tutto hanno e tutto potrebbero permettersi, a impugnare una pistola o un coltello? Cosa li porta a uccidere a sangue freddo, a infierire su una donna inerme, terrorizzata, consapevole del proprio destino?
Forse la certezza di essere al di sopra di tutto. La convinzione che nei loro diari non esista la parola “sconfitta”. Sono uomini ruvidi, anaffettivi, incapaci di mettersi in discussione. Nel loro mondo perfetto, la spavalderia, la tracotanza e il disprezzo verso le donne sono considerati normali, persino giusti.
“Io sono forte, dunque possiedo.” “Io sono ricco, dunque compro.” “Io sono uomo, dunque comando.”
Ma non è il patriarcato classico. O, almeno, non è solo questo. Non sono capi di clan né padri fondatori, non costruiscono né difendono un ordine: il potere, loro, l’hanno trovato pronto, servito su un vassoio d’argento. Non l’hanno conquistato: l’hanno ereditato. Il patriarca, nel suo mondo arcaico, governa, decide, comanda, ma riflette. I suoi gesti, per quanto discutibili, sono compiuti a difesa del proprio recinto sociale. Soncin e Ragnedda no. Non governano, non decidono. Comprano. Consumano. Sopravvivono. Usano la cocaina come motore dell’esistenza e l’eccesso come linguaggio quotidiano. Sono, in fondo, analfabeti della vita, incapaci di affrontarla, incapaci di affrontare sé stessi.
Uccidere, per loro, non è un gesto estremo. È un passaggio quasi “naturale”, una tappa della propria follia distruttiva.
Non basta, allora, chiedere leggi più dure, ergastoli, percorsi di formazione. Sono necessari, ma non bastano. Bisogna scavare nei luoghi dove tutto brilla: nei salotti lucidi, nelle ville con piscina, nei sorrisetti da copertina. Perché proprio lì in questo caso si nascondono i sotterranei dell’orrore.
Soncin e Ragnedda vengono da quel nulla, da quella pochezza che si traveste da successo. Da quel modo subdolo di considerarsi “normali”. E noi, osservandoli, li abbiamo persino ammirati.
È tempo di affrontare la banalità dell’ostentazione. Di capire che la malavita - quella vera, quella morale - non vive solo nei bassifondi delle città. La malavita (nel senso di vita vissuta male) si annida anche dietro le luci abbaglianti, dietro le auto di lusso, dietro i mondi effimeri che fingono di essere reali.
Non limitiamoci alla condanna, alla pena, all’espiazione. Non commettiamo l’errore di archiviare questi delitti come figli del patriarcato.Perchè Siamo di fronte a qualcosa di diverso, di più profondo: una devianza travestita da normalità.
Sono femminicidi \ assassini di donne, ma fino al giorno prima erano considerati modelli da imitare.
E non solo dai nostri figli.

Questo scritto ( io non avrei saputo scrivere di meglio ) trova onferma sia nello #spiegoneschianchi ondato in onda ieri 17\10\2025 a piazza pulita su la7



e Roberta Bruzzone in uno dei tanti salotti tv




Quindi  concludedo  care  donnne  ,   se    ce la  fate     difendetevi  (  iscrivetemi   a  corsi di   autodifesa  ,  e diarti  marziali  , o  di auto ifesa  verbale  )  o lasciatelo   e  chiedete  aiuto  (  non  fatevi prendere  dalla  sindrome di stoccolma  )   e   se   ci riuscite  trovate  la  forza  denunciate  o  chiedete aiuto  .  Qundi cari uomini  non maschgi alfa   se  come  dice la  Bruzzone (  vedere  videoi sopra  )  deunciate  se  siete  a  conosceza   di  violenze   e  non  girate la testa  dall'altra  parte  
con questo è tutto  alla  prossima  se  Dio vuole  e  i carabinieri  lo  permettono  

17.10.25

nel film fino alle montagne di Sophie Deraspe sembra d'essere in sardegna

 leggi   ache   

  1. https://ulisse-compagnidistrada.blogspot.com/2025/10/ovidio-marras-il-pastore-sardo-che.html
  2. https://ulisse-compagnidistrada.blogspot.com/2025/10/teulada-muore-108-anni-luomo-piu.html
  


 quando i miei  hanno  selto    di  vedere      Fino alle montagne - Film (2024) - MYmovies.it mi   sono   chiesto   ma  sara  una  coincidenza ( di solito   non  credo  tanto  ad esse  )   in quanto nei post  precedenti   vedere  url  sopra   avevo  riportato    le storie  di : 1)  Ovidio Marras, il pastore sardo che rinuncio’ a 700 milioni di euro  da  i benetton  per difendere il suo terreno nel Sud Sardegna  da  una speculazione    immobiliare
   2 )  Teulada, muore a 108 anni l’uomo più anziano della Sardegna: addio a Pietrino Culurgioni Viveva a Capo Spartivento, era il simbolo di una secolare tradizione pastorale . 
Un  film fortemente sensibile che affronta il tema dello sradicamento e dei limiti umani . All'inizio mi sembrava una copia del fim Il vento fa il suo giro un film del 2005, diretto da Giorgio Diritti, << basato su una storia realmente capitata a Ostana e osservata dallo sceneggiatore Fredo Valla. Il titolo riprende un proverbio occitano, col significato di "tutto ritorna". .... >> da Il vento fa il suo giro  Wikipedia . Ma  poi    , ma n  mano  che   poseguivo    nella  visione   e    rilllegendo  le  trame    nonotante  l'argomento  comune     si differenziano  . Un film  . forse  perchè sono abituato al mondo della pastorizia e   delle  campagne  ,  discreto   e  prevvedibile   in certi punti  , ma   con   Bellissime le immagini della montagna ripresa nel buono e cattivo tempo. Il desiderio quasi chimerico ed ideale di vivere la vita del pastore e la favola della vita semplice e al contatto della natura alla fine diventa una realtà. Una dimensione saldamente ancorata nel cuore dei protagonisti. L'ideale aspirazione dopo essere stato temprata dalla cruda e brutale realta' trova una sua forma concreta in una dimensione possibile e personale di vita.  voto 6

16.10.25

ogni matina a Jenin di Susan Abulhawa

Canzoni suggerite
La fiola dal paisan - Mcr


ancora convalesciente per problemi alla caviglia dopo le 1200 pagine del primo volume della triologia Shantaram un romanzo autobiografico del 2003 scritto dallo scrittore australiano Gregory David Roberts e precentemente recensinto su queste pagine sto leggendo il primo romanzo dell’autrice e attivista palestinese Susan Abulhawa, pubblicato la prima volta nel 2006 (con il titolo The Scar of David) e poi nel 2010, diventando un vero e proprio caso letterario in tutto il mondo. Si tratta del primo libro che, attraverso la formula del romanzo, narra le vicissitudini della Palestina sotto attacco di Israele, diventando un best seller. Una lettura intensa e a tratti straziante, ma bella  e  profonda  come quella di Ogni mattina a Jenin 
  Sinossi

Attraverso la voce di Amal, la brillante nipotina del patriarca della famiglia Abulheja, viviamo l’abbandono della casa dei suoi antenati di ‘Ain Hod, nel 1948, per il campo profughi di Jenin. Assistiamo alle drammatiche vicende dei suoi due fratelli, costretti a diventare nemici: il primo rapito da neonato e diventato un soldato israeliano, il secondo che invece consacra la sua esistenza alla causa palestinese. E, in parallelo, ripercorriamo la storia di Amal: l’infanzia, gli amori, i lutti, il matrimonio, la maternità e, infine, il suo bisogno di condividere questa storia con la figlia, per preservare il suo più grande amore. La storia della Palestina, intrecciata alle vicende di una famiglia che diventa simbolo delle famiglie palestinesi, si snoda nell’arco di quasi sessant’anni, attraverso gli episodi che hanno segnato la nascita di uno stato e la fine di un altro. In primo piano c’è la tragedia dell’esilio, la guerra, la perdita della terra e degli affetti, la vita nei campi profughi, come rifugiati, condannati a sopravvivere in attesa di una svolta. L’autrice non cerca i colpevoli tra gli israeliani, che anzi descrive con pietà, rispetto e consapevolezza, racconta invece la storia di tante vittime capaci di andare avanti solo grazie all’amore.

Esso  
 spinge a  chi volesse   sicuramente a saperne di più della questione Palestinese,aoci a leggere altri romanzi che raccontino delle barbarie subite da questo popolo.Un piccolo caso letterario è certamente Se questa è vita. Dalla Palestina In Tempo Di Occupazione dell’architetta palestinese Suad Amiry, un diario di guerra dai territori occupati. Ma prima su suggrimento  di https://www.studenti.it/ vi consigliamo di leggere il primo capitolo di questo triste diario, Sharon e mia suocera: diari di guerra da Ramallah, Palestina    foto  a  destra  )  che ha reso l’autrice un punto di riferimento nel campo di questa narrazione.

Passo a consigliarvi Una notte soltanto, Markovitch, opera prima dell'autrice israeliana Ayelet Gundar-Goshen. L'intreccio, ambientato negli anni prima della nascita dello stato di Israele, parla ancora di viaggio, di fuga, di un piano. I venti giovani che salpano verso l'Europa hanno venti ragazze sconosciute che li attendono e che diverranno le loro spose, anche se non per molto. Uno di loro, Yaakov Markovitch, per amore non seguirà alla lettera il piano. Concludo  con Il racconto di un muro di Nasser Abu Srour, una potente autobiografia dello scrittore che, dopo la prima parte del testo dedicata alla sua storia familiare e a quella dei profughi palestinesi, nella seconda ha un immaginario dialogo con il muro della cella nel quale era stato rinchiuso e torturato da adolescente al tempo della Prima Intifada.

Dopo  questo excursus  librario /letterario  ritorniamo  al libro  in questione 

Concordo con chi dice quei I lettori che affermano che il libro è stupendo, bello e ottimo. Lo trovano emozionante, toccante e straziante, con tanto amore e umanità. La trama viene descritta come avvincente, drammatica e realistica. Il  viene considerato interessante, istruttivo e veritiero. La scrittura viene apprezzata per la sua scorrevolezza e leggibilità rapida. Inoltre, i lettori lo descrivono come intenso, travolgente e viscerale. Essa è   Una storia profonda, intensa, una scrittura magistrale e scorrevole , che ci permette di conoscere emozioni, paure, tormenti, rabbia di ogni personaggio Colpiscono i sentimenti di fratellanza, amicizia, comprensione, compassione che ciascun personaggio prova nei confronti dei propri simili, anche in una situazione difficilissima come quella del popolo palestinese. Nonostante gli orrori di 60 anni di soprusi, la scrittrice non indugia in dettagli scabrosi , ma ci permette di capire cosa hanno dovuto affrontare La storia inizia nel 1941 e finisce 60 anni dopo, ma putroppo e' attualissima, vista la situazione attuale della Palestina. Dalla letture  recensione    del gruppo  fb   io leggo per te « Susan Abulhawa componeva poesie e non aveva mai pensato di scrivere un romanzo.Impegnata nella causa Palestinese si ritrova nel 2002 a visitare tra i primi osservatori internazionali, il campo profughi di Jenin che viene in gran parte raso al suolo dagli Israeliani.Decide così di condividere la disperazione che vede e sente raccontare dai profughi.Sembra paradossale cogliere in più parti del libro un senso di compassione delle vittime nei confronti degli usurpatori, piuttosto che rabbia e odio.Ciò deriva dal sottile lavoro dell’autrice di esplorare le motivazioni di chi fa del male.

È un libro contro l’odio e contro le ferite che lascia l’odio.Amal, la bambina nata nel campo profughi, è la voce che racconta la storia della sua famiglia.  »  qui    sul loro canale  youtube ulteriori   passi de  libro
Un romanzo   triste  ma  bellissimo . IL mio primo romanzo     di  un autore \  autrice    del medio oriente   \   mondo arabo in particolare  della palestina . Nella lettura    vi ho rirovato  , alcuni romanzi letti  (  e  in alcuni  casi  riletti e  uno citato  musicalmente    in quanto  i Mcr   ci  hano  fatto un disco )   in gioventu 😂😇😁 .  In particolare   questi    di    Luis Sepúlveda  


 Ma  soprattutto   :   1)  cent'anni di solitudine di Gabriel García Márquez \ disco dei Mcr in particolare la vicenda di remedios la bella 2)   Eva Luna  ,  e  la  casa egli. spiriti di Isabella Allende  .Nei  quali   ho visto l'analogia con il personaggio di Amal . 
certo è una lettura triste e malinconica , ma bella ed affascinante soprattutto per chi è appassionato o vuole conoscere le culture altrui . Infattil'autrice ha , a mio avviso uno stile affascinante che ti fa mettere da parte lacrime,sconforto e indignazione per le vicende che i palestinesi ( e quindi anche l'autrice stessa , anche se in versione romanzata ) hanno subito dal 1948 se non a prima , dandoti la forza di andare nella lettura.   Ha una   forza narritiva   cosi  potente  ed  affascinante   che  credevo     che   la  sottrazione  del  bambino    fosse   vera   come è  successo nelle  dittature  sud  amricane    negli anni 70\80  . Infatti non esistono prove documentate di un programma sistematico di adozione forzata simile a quello delle dittature latinoamericane.Esistono invece testimonianze di detenzioni minorili, sparizioni temporanee, e condizioni dure nei centri di detenzione, ma non un sistema di adozioni segret
 bambino palestinese e la sua adozione da parte di una famiglia israeliana — è un episodio romanzato, anche se ispirato a un contesto storico reale e doloroso.Il romanzo di Susan Abulhawa è una potente opera di fiction che intreccia eventi storici con elementi narrativi drammatici.La vicenda del piccolo Ismael, sottratto alla famiglia palestinese e cresciuto come David da una coppia israeliana, è simbolica: rappresenta la perdita d’identità, la frattura tra popoli, e il trauma della diaspora.Ottima 🎭 Funzione letteraria:L’episodio serve a drammatizzare il conflitto e a rendere tangibile la perdita di patria e famiglia.Concludo  citando  uno  dei  pezzi  più  belli ed  intrensi     del  romanzo   fin qui   letti

"“ [...] Nasciamo tutti possedendo già i tesori più grandi che avremo nella vita. Uno di questi è la tua mente, un altro è il tuo cuore. E gli strumenti indispensabili di queste ricchezze sono il tempo e la salute. Il modo in cui userai i doni di Dio per aiutare te stesso e l’umanità sarà il modo in cui Gli renderai onore. Io ho cercato di usare la mente e il cuore per tenere il nostro popolo legato alla propria storia, perché non diventassimo creature senza memoria che vivono arbitrariamente in balia dell’ingiustizia.[...] ”"


Non
so chje altro dire aggiungere a quant fin qui detto scritto se non   buona lettura

diario di bordo n 152 immmigrazione non è solo un pericolo la storia di Francois Bazie, 45 anni, originario del Burkina Faso ed ex rifugiato politico, è arrivato in Italia nel 2015. Oggi vive sulle colline sopra Carrara, dove ha fondato un’azienda vinicola. ., rifiuti zero il caso di capannori ( toscana )

Francois Bazie, 45 anni, originario del Burkina Faso ed ex rifugiato politico, è arrivato in Italia nel 2015. Oggi vive sulle colline sopra Carrara, dove ha fondato un’azienda vinicola. Si tratta di terre difficili da coltivare, spesso soggette a rischio di frana, ma Francois è riuscito a trasformarle in sei ettari di vigneti a picco, da cui ogni anno produce circa diecimila bottiglie, con etichette che ricordano il suo Paese d'origine 
 
Durante la vendemmia lavorano con lui una quindicina di persone: alcuni braccianti italiani, altri migranti provenienti dai centri di accoglienza del territorio, oltre alla moglie e ai sei figli. Francois ha inoltre esportato alcuni dei suoi vitigni in Burkina Faso, con l’obiettivo di creare nuove opportunità di lavoro per i suoi connazionali. Lo abbiamo incontrato durante la vendemmia per farci raccontare la sua storia e capire come funziona la sua impresa.

 .....

 A Capannori, in provincia di Lucca, i rifiuti sono quasi scomparsi. Merito di un sistema che punta sul riutilizzo, il riciclo e una serie di misure di prevenzione condivise dall’intera comunità.

L’obiettivo “rifiuti zero” è diventato una vera e propria filosofia di vita per molti cittadini. Abbiamo incontrato alcune delle persone che, per prime, hanno creduto nel progetto e lo hanno reso possibile.

Ovidio Marras, il pastore sardo che rinuncio’ a 700 milioni di euro per difendere il suo terreno nel Sud Sardegna. La storia fece il giro del mondo…

 È stato presentato ieri al Festival del cinema di Roma un film che racconta la storia di Ovidio Marras, il pastore sardo che difese la sua terra nel Sud Sardegna e vinse. Eccovela.


  da   https://www.cronachedallasardegna.it/ 16.10.2025

Ci troviamo nel Sud della Sardegna, nel comune di Teulada, tra Tuerredda e Capo Malfatano. Qui si svolge la vita e la vicenda giudiziaria di Ovidio Marras, morto il 6 gennaio 2024, dopo aver trascorso gli ultimi anni della sua vita a combattere contro una cordata di imprenditori che volevano appropriarsi del suo terreno e della sua casa, unu furriadroxus, come si chiama da quelle parti.Ma andiamo per ordine. Ovidio Marras nasce in una famiglia di pastori. Dopo la quarta elementare lascia la scuola ed inizia a
lavorare la terra nei pressi del comune di Teulada, Sud Sardegna.Acquista le mucche e le pecore e diventa pastore. Sente parlare negli anni sessanta dei colonizzatori che arrivano in Sardegna e comprano case e terreni per poche centinaia di migliaia di lire, per costruire la Costa Smeralda, dove Ovidio non andrà mai.Ovidio coltiva la sua terra ed usufruisce di una via nella quale fa transiitare il suo pascolo. Agli inizi degli anni 2000 inizia a vedere attorno al suo terreno persone sconosciute, istranzos, che erano li’ per misurare terreni ed edificare poco distante dalla sua casa in campagna, una villa extra lusso di proprietà dei Benetton.Passano gli anni ed Ovidio viene a sapere che quegli istranzos misuravano i terreni attorno al suo perché volevano costruire un resort extta lusso, colate di cemento in quel Paradiso che sentiva proprio e voleva restasse tale.Gli acquirenti facevano capo ad una joint venture, la Sitas srl, della quale facevano parte nomi altisonanti dell’economia italiana: da Benetton a Marcegaglia ai Caltagirone.Avevano già iniziato a comprarsi i terreni accanto a quelli di Ovidio e contattarono anche lui per procedere all’acquisto e mandarlo via da li, arrivando ad offrirgli 700 milioni di euro nel 2009.Ma Marras rifiuto’ tutte le loro offerte: “Guardate che io non vendo. Questa è la terra di mio padre e del padre di mio padre e me la tengo e voi qui intorno non avete diritto di costruire. I soldi volano, ma la terra resta”, disse Marras.Un giorno Marras vide recintare un cantiere vicino al suo terreno e che il sentiero che per tutta la vita aveva usato per pascolare gli animali verso il mare, era stato deviato senza il suo consenso e senza dargli le chiavi per aprire i cancelli che secondo i colonizzatori andavano chiusi per sicurezza durante la notte.Ovidio Marras si oppose e ricorse in giudizio contro la cordata di imprenditori. Arrivo’ sino alla Corte di Cassazione, vincendo in tutti e tre i gradi di giudizio e dimostrando che il progetto della costruzione del resort nella sua Teulada, era passato al momento della valutazione ambientale perché il progetto era stato diviso in tanti diversi lotti e di conseguenza non era in regola. Marras investi’ oltre centomila euro in spese legali, affidandosi ad un legale di fama e vinse la sua battaglia. Come Davide contro Golia.Un Davide che grazie alla sua determinazione, al suo amore per la sua terra e la Sardegna, impedi agli imprenditori di rovinare quel paesaggio selvaggio ed unico nel quale era cresciuto e che voleva lasciare intatto per chi sarebbe venuto dopo di lui.Perdendo le cause, la joint venture fu costretta a demolire tutto ciò che aveva costruito negli anni precedenti.“Qui mi avevano preso per scemo, ma io non mi sono arreso. Volevano circondarmi di case, volevano intrappolarmi nel cemento. Forse speravano che me ne andassi”, disse dopo la sua vittoria giudiziaria Ovidio Marras, “Ma adesso saranno costretti a buttare giù tutto. Non era accettabile che noi dovessimo andare via da qui, da casa nostra, per far posto ai ricchi. Questo posto è di tutti ed io lo dovevo difendere “.Se oggi Tuerredda, Capo Malfatano e tutta la zona circostante possono godere della bellezza incontaminata che ancora vantano, lo dobbiamo ad Ovidio Marras, morto serenamente a 93 anni dopo aver sconfitto multi miliardari che volevano sradicarlo dai luoghi nei quali era cresciuto.Grazie signor Marras, ce ne fossero uomini come Lei.

Manuale di autodifesa I consigli dell’esperto anti aggressione di Antonio Bianco puntata n LIII PER DIFENDERVI USATE CIÒ CHE AVETE, ANCHE LE CHIAVI

Le donne   e  non solo [  corsivo mio  ] che praticano arti marziali sono sicuramente avvantaggiate rispetto alle altre, nel malaugurato caso in cui si dovessero ritrovare costre!e a fare i conti con un potenziale aggressore. E tutte le altre? Le opzioni sono numerose, per fortuna, tanto più che imparare a difendersi non richiede necessariamente la pratica di arti marziali, ma piuttosto una combinazione di consapevolezza, tecniche di base e strategie di sicurezza. Per esempio, c’è la possibilità di seguire un corso di autodifesa dal vivo, durante il quale vengono insegnate tecniche di difesa e strategie per affrontare situazioni di pericolo. Ancora, è possibile esercitarsi con le tecniche di base: imparare [  sempre  corsivo mio  ] praticare  anche   una  forma  in  caso d'aggressione   verbale  \ psicologica una  forma di  difesa   o  di

 e altre  forme   non violente  a gridare, a correre, a usare oggetti comuni come armi di difesa, come per esempio una chiave di casa. Anche un ombrello può essere utile. È poi fondamentale imparare l’arte della consapevolezza: essere consci della situazione e dell’ambiente circostante può aiutare a prevenire la violenza e a ridurre il rischio di aggressione. Può risultare utile anche l’utilizzo di dispositivi di sicurezza: allarmi personali o spray al peperoncino possono essere un’opzione preziosa, per alcune donne. Importantissima è anche la formazione: partecipare a corsi o a workshop sulla sicurezza può aiutare a imparare come prevenire e rispondere al meglio a situazioni di pericolo. Sempre a proposito di corsi di autodifesa e sicurezza, attualmente molti sono disponibili online e possono essere seguiti da donne di tu!e le età e di tutti i livelli di esperienza. Molte organizzazioni locali offrono poi corsi di autodifesa e sicurezza per donne, senza dimenticare che è possibile praticare anche l’istruzione personale, dove alcune donne possono interagire in maniera individuale con un istruttore di autodifesa o sicurezza. Insomma, le soluzioni non mancano e sono declinabili in tempi e in modalità alla portata di tutti, a conferma di come la sicurezza sia una questione trasversale, indipendentemente dall’età, dallo stile di vita e dalla propria quotidianità.


In aggiunta    a quanto  dice   Bianco       affermo cosi  rispondo   a chi  mi  dice   perchè   condivido     sui social  video come  questi    o  post  in cui  manifestavo   giudizi favorevoli  su  la  serie   karate kid       sequel   dei      4  film  dei karate kid   


. Vero la violenza soprattutto quella gratuita non mai assolutamnte giustificabile a meno che non ti debba difendere e non hai altra scelta \ opzione . Infattti ecco cosa dice maestro Francesco Cuzzocrea a   https://www.citynow.it/ più precisamente   in  Arti marziali, una difesa non violenta per crescere come persona e cittadino   in cui si parla del progettto   di qualche  anno  fa   all’istituto scolastico “Cassiodoro-Don Bosco” di – Pellaro (RC)   : 

Le arti marziali non solo come strumento non violento di autodifesa, ma anche come filosofia interiore e civile. [... ] « Con l’approdo delle arti marziali al cinema c’è stata una distorsione dell’originaria non violenza. Sono una difesa personale da applicare come estrema ratio, ma anche nel caso di necessario utilizzo, la filosofia orientale impone il limite morale dello stretto indispensabile per rendere inoffensivo un aggressore che va salvaguardato nella sua integrità fisica» è l’incipit del commento del sensei Cuzzocrea, anima della scuola nazionale di arti marziali giapponesi “Seigokan Goju Ryu Karate” e docente di difesa personale della Polizia di Stato sull’insegnamento psico-pratico portato avanti insieme ai suoi allievi Casciano, Aloi, Spinelli, Fedele e Puntillo, grazie anche al direttore della scuola pellarese Marcianò, alla professoressa Serini, al presidente del Consiglio d’istituto Caserta, del consigliere d’istituto Pellicanò e del consigliere di classe Pellabruni.
«Le arti marziali non sono solo autodifesa, ma anche non violenza e tolleranza universale, rispetto dell’altro, dell’ambiente e delle leggi che regolano la società civile. Dunque, il loro aspetto filosofico va tenuto in considerazione perché evolve anche la psiche oltre che il corpo.
Ciò è fondamentale davanti a nuove generazioni sempre più orientate verso un vuoto materialismo privo di valori e ideali» è un altro passaggio del maestro su questa positiva sinergia fra società sportiva ed istituto scolastico.
«Inoltre, le arti marziali infondono nel praticante la salvaguardia dalle aggressioni, limitando al massimo danni fisici attraverso tecniche volte ad immobilizzare l’aggressore nelle quali la forza individuale appare irrilevante. In tal modo un soggetto debole con giuste conoscenze tecniche riesce a sfuggirgli o a sopraffarlo rendendolo innocuo. In uno scenario di crescente violenza, ciò consente a figure deboli di potersi difendere» afferma ancora il sensei che ha alle spalle svariati analoghi progetti.
«Ovviamente non sottovalutiamo l’aspetto tecnico ed agonistico e siamo ben felici di diffondere questa disciplina . [...]  . 
 con questo è tutto  

non rompeteci le .. il 25 novembre visto il divieto d' educazione sessuale ed emotiva nelle scuole e intanto le donne continuano ad essere uccise

Nel giorno in cui in Italia avviene l’ennesimo #femminicidio la maggioranza di governo discute un 
emendamento che vuole vietare che nelle scuole medie si parli di qualsiasi forma di #educazionesessuale o all’#affettività. Con un blitz sconcertante, la Lega ha vietato per legge l’educazione sessuo-affettiva nelle scuole.   Ora sembrebbe      come  dice su  thereads  samuel.bertozzi.blog : «Boh, a certe persone indigna di più che a scuola si faccia educazione sessuo-affettiva che vivere in un Paese con più di cento femminicidi all'anno.»   infatti    Una decisione miope e pericolosa: si nega ai ragazzi la possibilità di conoscere sé stessi, di capire le proprie emozioni, di imparare il rispetto e il consenso.
Si vuole far crescere generazioni più confuse, più impaurite e più facili da controllare.
In un Paese dove la violenza di genere e l’analfabetismo emotivo sono piaghe quotidiane, togliere educazione affettiva significa solo alimentare il problema.
Non è moralismo, è civiltà.E chi la censura sta scegliendo scientemente di tornare indietro Ma purtroppo Non è uno scherzo, è quello che è accaduto oggi in Commissione Cultura, dove la destra è riuscita a far passare un emendamento al Ddl Valditara a dir poco medievale a prima firma Giorgia Latini (Lega) con cui impedirà di fare educazione affettiva anche nelle scuole medie, dopo averla già cancellata nelle scuole dell’infanzia ed elementari, mentre alle superiori servirà un consenso informato dei genitori.


è  una  foto  sarcastica  rido per  non piangere
 da 25 Novembre: avete ancora voglia di celebrare?
di  UAU Magazine


 Proprio nel giorno dell’ennesimo femminicidio, censurano l’educazione sessuo-affettiva proprio lì dove ce ne sarebbe più bisogno, perché dopo è tardi. E non è un caso. Stanno cercando di allevare i futuri figli “sani” del patriarcato, più soli, più fragili, più inconsapevoli di sé stessi, della propria sessualità e quella altrui, del proprio corpo e del rapporto col prossimo. Questa non è una battaglia tra le tante. Questa è LA battaglia, forse la più importante che esista oggi da combattere. In un solo colpo la destra-destrae  la  debole  ed  frammentaria opposizione     della   sinistra    ha calpestato la libertà d’insegnamento, i diritti dei ragazzi e almeno trent’anni di progresso in tema di prevenzione e alfabetizzazione emotiva. “Siamo al Medioevo”  si  è  limitata   a   denunciare   l’opposizione, con tante scuse a un’epoca decisamente meno oscura e oscurantista dei Pro vita di oggi. Che infatti esultano. Siamo di fronte alla maggioranza di governo più regressiva, repressiva e pericolosa di sempre. Ed   a  un opposizione  che   latita  e  si contorce  fra  le sue contradizioni e  lotte  intestine   .  Ecco un’altra cosa per cui vale la pena scendere in piazza.

 


Quindi cari #politicanti di #maggioranza ed #opposizione evitate di romperci le pelotas con la vostra #ipocrisia il #25novembre

15.10.25

Olbia, la storia di Giacomo Midulla: dal trapianto di cuore all’esplorazione del territorio Incontriamo Escursioniolbia con 100 appassionati e un cuore nuovo



da OLBIA.IT  DEL 15\10 \2025 

Laura Scarpellini
 





Olbia. 
Giacomo Midulla originario di Luras e da tempo residente a Olbia, è la mente che ha dato forma al gruppo Escursioniolbia. Si tratta di una comunità di oltre 100 appassionati di natura e archeologia locale, dediti alle escursioni. Ma cosa rende così speciale questo gruppo amatoriale? Nata dalla pura passione per promuovere il territorio sardo, Escursioniolbia si distingue per la spontaneità delle uscite, l’assenza di obblighi e la gratuità degli eventi, accompagnate sempre da un clima di reciproco rispetto tra tutti i partecipanti.
Escursioniolbia continua a crescere con adesioni continue, non solo come gruppo di camminatori ed esploratori, ma anche come simbolo di gioia di vivere e di gratitudine verso chi dona, trasformando la scoperta del territorio in una storia di rinascita personale e collettiva. Ma dietro a questo progetto collettivo inaspettatamente c’è anche una storia personale di grande forza. Midulla infatti ha affrontato un delicatissimo trapianto di cuore che gli ha regalato una seconda possibilità, ed è tanto grande la sua riconoscenza verso il suo donatore, che ora il suo desiderio più profondo è ringraziare pubblicamente i genitori di colui che gli ha permesso una nuova vita.
Condividere questa esperienza di resilienza con la comunità ci porta a riflettere su come la passione per la propria terra possa unirsi alla valorizzazione della vita umana tenendo di buon conto, se mai ve ne fosse bisogno,ogni minuto speso a contatto con la magnificenza del territorio circostante.



Qual è stata l’idea originale dietro la nascita di Escursioniolbia e come è cresciuta nel tempo?
"L'idea è nata dopo quasi 16 anni che facevo escursioni, senza creare un gruppo ben preciso. Ho pensato di includere nel nome dell'iniziativa "Olbia accanto a Escursioni" perché a quanto pare parecchia gente non conosce il territorio olbiese. La mia idea era quella di andare oltre la conscenza del nostro mare, e fare esplorare anche le suggestive montagne intorno a Olbia e nel territorio della Gallura come: Monte Pinu,Monti di Limbara, Monte Plebi, Le montagne di San Giacomo, i monti di San Pantaleo, Monte Moro, Capo Figari, Capo Ceraso. Ci sono così tante altre piccole montagne, e piccole colline che si trovano a poca distanza dalla cittadina, degne di una visita. Tutto il territorio della Gallura è caratterizzato da posti bellissimi con dei panorami veramente fantastici che siano mare, cascate, prati o semplice vegetazione. Il nostro gruppo si può dire che sia cresciuto nel tempo attraverso il passa parola e un po’ anche grazie al gruppo creato su Facebook, dove periodicamente pubblico annunci per poter partecipare gratuitamente a qualche uscita. Ciò ha aiutato tantissimo la crescita del gruppo, perchè in molti vogliono conoscere meglio il nostro territorio, a pochi passi da casa. Addirittura c'è chi è nato qui e non conosce nulla al di fuori dei soliti posti di mare che tutti frequentano".



Può descrivere un esempio emblematico di escursione recente che abbia rappresentato lo spirito del gruppo?
" L'ultima escursione importante che abbiamo organizzato l’abbiamo messa a punto sul monte Limbara e siamo andati a vedere le cascate. E' stata veramente un’escursione molto impegnativa tanto che il grado di difficoltà in quel luogo era cinque, e qualcuno si è dovuto impegnare più di quanto pensasse. Abbiamo terminato l'uscita mangiando in allegria insieme, contando oltre i 30 partecipanti. Molte escursioni le facciamo in zona in base anche al tempo a disposizione che si ha, per far contenti un po' tutti. Forse è proprio questa la forza del nostro gruppo amatoriale".

Quali consigli daresti a chi volesse fondare un gruppo simile in un’altra zona, mantenendo gratuità, partecipazione spontanea e rispetto reciproco?
"Posso solo dire che quando si trasmette la passione a chiunque partecipi alle nostre uscite, facendo capire quanto sia importante il camminare, il poter conoscere i propri territori, e trasmettendo la passione che si mette per far conoscere la propria terra, ecco che l'obiettivo principale si è concretizzato. Poi la nostra particolarità di non obbligare nessun componente del gruppo a dover partecipare per forza ad un'uscita, è molto apprezzata. Viviamo già a dei ritmi talmente frenetici per il lavoro, per i figli, per andare a scuola, insomma per mille motivi, quindi non si può creare un gruppo dove per godere delle cose belle della natura, siano presenti degli obblighi. Molto importante poi è permettere a chiunque di poter entrare a far parte del gruppo e magari consentire anche il coinvolgimento dei loro figli, e perchè no anche del proprio cane visto che ormai è divenuto un compnente a tutti gli effetti del nucleo familiare. Comunque ripeto la cosa fondamentale è trasmettere quello che che si ha dentro per far sì che anche gli altri possano coltivare col tempo la tua stessa passione".



Hai affrontato un trapianto di cuore: come ha influito questa esperienza
sulla tua visione della vita, delle escursioni e del rapporto con i partecipanti al tuo gruppo escursionistico?
"Beh, il trapianto di cuore mi ha fatto capire che ora debbo dare più peso alla vita, concedendo più tempo a me stesso, cosa che non facevo prima. Ero molto appesantito dal lavoro, pensando solo a guadagnare di più, credendo così di poter stare sempre meglio. Avevo la convinzione che i soldi potessero sopperire a qualsiasi cosa. Poi mi sono accorto che invece i soldi non sono tutto. Su tanti aspetti il trapianto mi ha insegnato questo, e soprattutto mi ha insegnato una cosa molto, molto bella: rispettare chi è meno fortunato di me. Non si sa mai cosa ci riservi la vita e se io oggi sono qui, è perchè sono stato davvero fortunato. Ho una cara amica Mary che vive a Parma. E' stata lei che mi ha convinto a fare dei controlli. Se non mi fossi sottoposto a degli esami, non sarei mai potuto arrivare in tempo al trapianto. Sono arrivato a Parma praticamente in fin di vita ma il mio ringraziamento più grande va alla famiglia del donatore e a tutto lo staff dell'Ospedale Sant’Orsola di Bologna, alla Dottoressa Martinez, e al Dott Potena. Un grazie immenso anche a Gianna Canu quale responsabile del mio percorso dopo il trapianto. Spesso non ci si sofferma a pensare che il trapianto di organi è un vero e proprio dono, che non si deve mai sprecare!".



Qual è il tuo sogno o messaggio più grande nel condividere questa storia, e come intendi ringraziare i genitori del donatore?
"Oggi il mio sogno più grande è quello di poter abbracciare prima o poi i genitori di chi mi ha donato questa seconda vita perché porto questo ragazzino dentro di me. Io so che è un ragazzino, e che adesso avrebbe avuto 23 anni. Prima o poi vorrei di ricevere una chiamata da parte dei genitori di questo ragazzo e che come me abbiano il desiderio di poterci abbracciare. Credo nei sogni e sono sicuro che prima o poi accradrà. Da poco ho avuto anche la fortuna innamorarmi di una donna meravigliosa che mi sta dando nuova gioia e allegria. Sono convinto che nella vita nulla accada per caso, per cui ripeto spesso a chi mi conoce: sognate perché spesso i sogni si realizzano!".

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