24.3.13

promessi sposi nel mondo animale Capoterra Una "cigna" per il re di Poggio dei Pini Ma tra i due "promessi" c'è un'oca gelosa

dall'unione sarda del 23\3\2013


Il cigno di Poggio dei Pini
Il grande e maestoso cigno maschio rimasto vedovo dopo l'alluvione del 22 ottobre 2008, unico superstite di quattro splendidi volatili della stessa specie, ha una nuova compagna.
Il re non è più solo. A fargli compagnia, nel lago di Poggio dei Pini - centro residenziale a pochi chilometri da Cagliari - è arrivata ieri mattina una cigna, direttamente dall'Emilia Romagna dove è nata e cresciuta. Cinque anni fa il lago era popolato da quattro esemplari, tre sono morti in occasione dell'alluvione del 22 ottobre 2008. Da allora il grande cigno maschio è rimasto solo. O quasi. Ieri l'unica a non gradire l'arrivo della cigna era un'oca, gelosissima e urlatrice: tra lei e il maschio si è instaurata una bella amicizia, disturbata dall'arrivo della nuova primadonna. "Credo - ha detto l'amministratore della coop di Poggio e responsabile dell'associazione ambientalista "Amici del verde", Italo Cicalò - che la soluzione sia quella di allontanare, almeno per un periodo, l'oca gelosa, così da permettere ai due cigni di avvicinarsi, conoscersi e magari di accoppiarsi".



CAPOTERRA. Nel lago di Poggio la nuova compagna del maestoso maschio Il cigno non è più solo
Ma la gelosia di un'oca disturba l'inserimentoIl grande e maestoso cigno maschio rimasto vedovo dopo l'alluvione del 22 ottobre 2008, unico superstite di quattro splendidi volatili della stessa specie, ha una nuova compagna.
Bellissima, candida come una nuvola. Nata e cresciuta in Emilia Romagna e da ieri mattina, dopo un volo in aereo fino a Elmas come fosse una vera diva, nuova regina di Poggio dei Pini. Il re non è dunque più solo. Il grande e maestoso cigno maschio rimasto vedovo dopo la terribile alluvione del 22 ottobre 2008, unico superstite di quattro splendidi volatili della stessa specie, diventati col tempo simbolo del centro residenziale, adesso ha una nuova compagna. Anzi, dovrebbe, visto che tra i due si è messa di mezzo un'oca, gelosissima e urlatrice, che non sembra proprio voler rinunciare al ruolo di primadonna . Tra lei e il cigno, infatti, si è instaurata una stretta amicizia intraspecifica disturbata ieri mattina con l'arrivo della rivale.
L'INCONTRO DEGLI SPOSI Al maschio, la futura sposa gliel'hanno fatta conoscere gli “Amici del verde”, un manipolo di inguaribili amanti del borgo montano che dopo aver messo mano al portafogli (300 euro, trasferta compresa, raccolti in queste settimane) hanno acquistato la cigna. Un progetto, il primo di una lunga serie che gli Amici del Verde metteranno in campo a Poggio come il reinserimento delle api con la sistemazione di alveari e la realizzazione delle “bat box” per riportare i pipistrelli.
Ieri mattina l'arrivo della cigna non è filato liscio come si sperava. «In effetti - racconta Italo Cicalò, amministratore della coop di Poggio e responsabile dell'associazione ambientalista - avevamo ipotizzato una reazione dell'oca, non pensavamo però che sarebbe stata così dirompente». Una vera dichiarazione di guerra fatta di starnazzi, inseguimenti, planate minacciose. Tutto questo davanti allo sguardo attento del grande maschio. «La nostra cigna è volata via lontano nel laghetto e poi in un canale, costantemente guardata a vista dal volatile più piccolo che più volte l'ha raggiunta», racconta Cicalò.

MEGLIO SEPARARLI Un atteggiamento, un comportamento che non lascia dubbi. Materia di studio per etologi. «Credo che la soluzione sia quella di allontanare, almeno per un periodo, l'oca gelosa, così da permettere ai due cigni di avvicinarsi, conoscersi». E chissà, magari addirittura piacersi e accoppiarsi per poi dare alla luce altri “anatroccoli” destinati a diventare magnifici cigni. Perché al maschio la presenza della femmina arrivata improvvisamente e inaspettatamente nel lago del Poggio - almeno a detta dei presenti - non è passata certo inosservata. Seppur da qualche metro di distanza ha continuato a spiarla, guardarla. Ammirarla. Ed è forse questo che ha scatenato l'ira dell'oca, del povero volatile che aveva conquistato il cigno e adesso rischia di lasciarselo sfuggire per colpa di un'intrusa. Insomma, quella di Poggio dei Pini è davvero una storia tutta da scrivere. Ma per farlo sarà necessario attendere.

Andrea Piras

21.3.13

pietro mennea l'antilope italiana

Ci sono morti che pesano come montagne e morti che pesano come piume (cit. Mao)

poichè due parole sono poche è una tropppo. Ma spopratutto i fiimi d'inchiostro e di bit per ricordarti io ti ricordo cosi 


20.3.13

il lungo volo di una farfala che non vuole diventare crisalide . la storia di Iris un caso di Mtf

poichè  due  poarole sono trpppe  e una è troppo  lascio che a raccontare  la stroia  de post d'oggi sia lo  stesso   la stessa  protagonista  sia  attraverso  il video e  la dicitura  riportato in questo post 


Iside, il bruco diventa farfalla", racconta la storia di Iside, giovane transessuale MtF e del suo percorso per diventare veramente ciò che è sempre stata: una donna. Dalla realtà incementata di pregiudizio di un piccolo borgo rurale, alle aule spesso troppo grandi, dell'università. Il lungo volo di una farfalla che non vuole rimanere crisalide.




per chi volesse approfondire l'argomento

19.3.13

Nuoro, padre naturale uccise la mamma Il papà di Vanessa è ora lo zio che l'ha amata


INella mia Sardegna  , specie  in certe zone  , conosciute     ai media e alla  mentalità  di certa gente   [ sic  ] nonostante le belezze naturalistiche , solo per le desamistade ( "inimicizia" e, per estensione, faida, lotta. Il brano racconta appunto la faida tra due famiglie probabilmente per motivi d'onore e promesse non mantenute ed è uno spaccato delle classiche "guerre" e inimicizie tra famiglie che spesso si potevano vivere soprattutto in molte zone della sardegna fino a qualche decennio fa, dovute soprattutto ad un fortissimo senso dell'onore e dell'orgoglio. )





 e   banditi  ,  succedono anche fatti come  questi   che dimiostrano che   la  cultura  sarda  è fatta   anche   di pace  e  di non violenza   oltre  che  da  volgia  d'uscire  da  questi   stereotipi  ed  uscire   dalla catena dell'odio e del rancore . é la storia  di  Vanessa  . 




dall'unione  sarda  del  19\3\2013


FESTA DEL PAPÀ. La lezione d'amore di una famiglia sopravvissuta alla tragedia
«Vanessa mi chiama babbo»
Agostino Mele: così ho lenito le sue ferite di bambina
Vanessa arrivò in casa dello zio materno tre giorni dopo la morte della mamma. Annamaria Mele era stata uccisa dal marito Pierpaolo Cardia.
Dal nostro inviato
Piera Serusi


Suo padre ha ucciso sua mamma. E lei ha cambiato cognome. Di quell'uomo non voleva serbare memoria nemmeno all'anagrafe. Suo papà è lo zio materno ( foto  a destra  ) che l'ha cresciuta e protetta quando il mondo l'aveva spinta nell'abisso di un dolore inaccettabile.
Vanessa (  foto sotto a sinistra  )  oggi ha 21 anni e studia criminologia. La sua storia, da Nuoro, ha conquistato l'Italia. Ha combattuto e vinto una battaglia per cambiare la legge che consentiva agli uxoricidi di godere della pensione di reversibilità della vittima. Ha rifiutato anche il cognome del padre naturale, Pierpaolo Cardia. "Ha ucciso mia mamma", scrisse nel modulo della Prefettura. Oggi, festa del papà, sull'Unione Sarda in edicola l'intervista allo zio materno Agostino Mele, 51 anni che ha accolto in casa la nipotina testimone della tragedia. Era il 3 dicembre del 1998. La bambina aveva 6 anni.
"Un giorno Vanessa - racconta all'inviato Piera Serusi - mi ha guardato negli occhi e ha pronunciato la parola papà. E' stato come se in quel momento lei, così piccola, mi avesse dato un'investitura. Ho provato una gioia talmente grande che ho pianto".«Sì. È stato qualche anno dopo il suo arrivo. Mi aveva sempre chiamato zio, e Federico, il mio primo figlio maschio, faceva lo stesso. Un giorno mi si è parata davanti, mi ha guardato negli occhi e ha pronunciato la parola papà. È stato come se in quel momento lei, così piccola, mi avesse dato un'investitura. Ero diventato suo padre. Ho provato una gioia talmente grande che ho pianto» La prima volta. Se la ricorda ?                                                                      Agostino Mele è l'uomo che ha partorito sua figlia. Cinquantuno anni, operaio forestale, sposato con Lina Mastinu - è lo zio materno, il nuovo papà di Vanessala bambina nata due volte.
La ragazza che ha cambiato cognome rifiutando quello del padre naturale («Ha ucciso mia mamma», scrisse nel modulo presentato in Prefettura) e che due anni fa, grazie alla sua battaglia, ha fatto cambiare la legge che consentiva agli uxoricidi di godere della pensione di reversibilità della vittima. C'è una prima vita inghiottita dal passato e una nuova esistenza scelta e voluta fortemente, in questa storia che racconta di come, in fondo, essere genitori e diventare figli non è una banale questione di sangue. È questione di affetto. Un affare d'amore. E la giornata di oggi, festa del papà dedicata a san Giuseppe, non è forse la celebrazione di questa verità ? LA STORIA Nell'appartamento al primo piano della palazzina di famiglia a Mamoiada, il sorriso di Vanessa Mele è dentro i ritratti alle pareti e sulla mensola vicino al camino. Con gli zii-genitori Agostino e Lina, bambina coi nonni, adolescente coi fratellini Federico e Edoardo. Lei, che oggi ha 21 anni, è in Galles, dove studia Criminologia all'Università. «Il prossimo anno si laurea», dice il babbo con una punta d'orgoglio. Sul ripiano c'è anche la foto di Annamaria, la sorella più grande di Agostino, uccisa la sera del 3 dicembre 1998 dal marito Pierpaolo Cardia, guardia forestale. Accadde nella loro casa di piazza Veneto a Nuoro. Un colpo di pistola alla tempia, Annamaria - che da tempo lottava con un tumore al seno - cadde riversa sul letto. La piccola Vanessa, che aveva solo sei anni, guardava i cartoni animati in soggiorno. Lui prese la piccola, la portò dalla nonna e andò dai carabinieri per costituirsi. «Stavamo litigando, il colpo è partito accidentalmente», raccontò. Poi venne fuori che aveva un'amante e che la moglie voleva la separazione. Fu condannato con rito abbreviato a quattordici anni e otto mesi. È tornato in libertà qualche anno fa. Ha scritto un paio di mail a Vanessa, diceva che voleva conoscerla e nel frattempo era riuscito a portarle via la pensione della madre, i soldi della donna che lui aveva ucciso. Come ha reagito Vanessa lo sa tutto il mondo. Vanessa ha ricacciato l'orco nel pozzo nero del passato.PULCINO IMPAURITO Agostino Mele non nomina mai l'uomo che nell'altra vita è stato suo cognato. «È uno che si è giocato l'occasione di essere padre. Poteva separarsi e tutto sarebbe finito lì. Invece no, ha ucciso la moglie». La piccola Vanessa arrivò in casa degli zii tre giorni dopo la morte della mamma. «Era un pulcino impaurito. Silenzio e pianto, la notte si svegliava con gli incubi. Quanto dolore dentro il cuoricino di una bambina così piccola. Cos'altro potevo fare se non coccolarla e tenerla stretta a me? Poi ce l'ha chiesto: dove sono papà e mamma? Lina, mia moglie, la prese sulle ginocchia. “Mamma è in cielo”, le disse, “babbo è partito per un lungo viaggio”». Per molto tempo non ha nominato più i suoi genitori. E intanto cominciava e finiva il processo che ha portato alla condanna di Pierpaolo Cardia. Intanto, l'affidamento della piccola agli zii Agostino e Lina si è tramutato in adozione legale. «Noi e la bambina siamo stati aiutati dagli psicologi. E io, che non potevo neanche piangere la morte di mia sorella perché volevo essere forte per Vanessa, sono stato sostenuto tanto da mia moglie». Perché, in definitiva, era il suo il fardello più pesante. Ad Agostino è toccato riportare al mondo la nipotina, lenirne le ferite di bimba aiutandola a crescere, a diventare una donna serena.IL DONO «Mi emoziono sempre quando ci dice “vi voglio bene”. La guardo e penso: è mia figlia, che grande dono ho avuto». Il papà che ha partorito la sua bambina dice che no, non è il sangue che conta. «È l'affetto, il tempo che si dedica a un piccino. È da questa corrente d'amore che nasce un padre e nasce un figlio. Mi arrabbio quando penso che gli orfanotrofi sono pieni di bambini che non hanno bisogno di nient'altro se non d'amore». L'amore di genitori che non devono essere necessariamente un babbo-maschio e una mamma-femmina. Possiamo, nel giorno consacrato alla festa del papà, accennare alle famiglie omogenitoriali? «Credo che non ci sia alcuna differenza. Se un bambino vive in una famiglia serena, con dei genitori che si vogliono bene, che importanza volete che abbia tutto il resto?».



18.3.13

pensare globale agire locale Le insidie delle etichette sul ciboComprare locale per capire cosa si mangia


unione sarda del 17\3\2013

Alessandra Raggio

“ Se in un'etichetta ci sono almeno tre cose che tua nonna non capirebbe, allora lascia quel prodotto sullo scaffale”. È una regola facile facile per il consumatore più-o-menoconsapevole che invece di scegliere i prodotti in base al colore accattivante della confezione cerca di andare oltre, tentando di capire di cosa è realmente fatto quello che, da lì a poco, diventerà parte del suo organismo. Ma spesso il problema non è ciò che si scrive, ma quello che, per legge, si può omettere. Che non fosse facile tradurre un'etichetta lo avevamo capito da tempo, e gli esperti intervenuti al convegno organizzato venerdì da "Rete Insieme" non hanno fatto altro che confermarlo. Sei ore di interventi e relazioni per scoprire che: chiunque può acquistare una cagliata in Bulgaria per fare perette sarde, allevare bovini a Mantova e dire che non si sono mossi dall'Isola, comprare passata cinese e spacciarla per nostrana. Al consumatore arrivano solo mezze verità mascherate dalle confezioni patinate che presentano situazioni bucoliche con mucche sorridenti e galline che razzolano felici. Meno male che per salvaguardare la nostra salute e proteggerci dall'ignoranza in cui i produttori vorrebbero mantenerci esistono organismi di tutela e controllo che ogni giorno verificano, analizzano, sequestrano e sanzionano. Ma purtroppo non basta. E allora cosa deve fare un consumatorepiù-o-meno consapevole per salvarsi la vita?
Diffidare dai prezzi troppo bassi prima di tutto. Perché non si può credere che una bottiglia di olio extravergine di oliva da 3 euro contenga al suo interno qualcosa di simile all'olio di oliva. La provenienza di un alimento, la sua lavorazione, il suo confezionamento sono importantissimi per la nostra salute, perché spesso c'è il rischio che il denaro che risparmiamo sulla spesa quotidiana lo spendiamo raddoppiato in medicinali. E questo è normale se ci si abitua a mangiare carne imbottita di antibiotici, olio pieno di anticrittogamici e farine geneticamente modificate. L'unica arma che il consumatore ha per difendere il suo diritto alla salute è tornare a "su connottu", acquistando direttamente dai produttori locali, garantiti dalle filiere di cui fanno parte. Peccato che le amministrazioni pubbliche ancora non abbiano incoraggiato seriamente, e con azioni importanti, la crescita reti di produttori sardi per salvaguardare, oltre che la nostra salute, la nostra economia. Ma possiamo iniziare a farlo noi: comprando solo prodotti locali garantiti.

ABBIAMO UN PATRIMONO MA NON LO SAPPIAMO SFRUTTARE Monte Prama, i giganti sprecati «Siamo sul tesoro e litighiamo»

La sardegna posssiede    quelli che possono essere chiamati \ paragonati a tutti gli effetti  I Bronzi di Riace Sardi ma  fra  campanilismi  del  tipo  , no  gli voglio io , no spettano a me  non riusicamo ad  esporli al pubblico (  se  non  per  una sola  volta  al centro di restauro presso sassari )  e li tieni chiusio dentro  qualche magazzino  ion attesa  che si decida  se  esporli in futuro museo   nel luogo in cui sonomstati   trovati o in qualche altro  museo  o a Sassari  o  cagliari .
Concordo con quanto dice  questo appello  del  rettore Melis appello per valorizzare i monumenti  riportato dall'unione sarda  del 17\3\2013


Convegno all'Università di Cagliari per la pubblicazione dei saggi sugli scavi
Monte Prama, i giganti sprecati «Siamo sul tesoro e litighiamo»

Dal rettore Melis appello per valorizzare i monumenti Sarà che sono dei giganti, e in quanto tali inevitabilmente ingombranti, ma dei monumenti di Monte Prama si è parlato a lungo, nel convegno cagliaritano di ieri in Rettorato, e non soltanto in termini scientifici.
Certo, le relazioni e la tavola rotonda che hanno accompagnato la presentazione di “Giganti di pietra” - l'accurato volume che l'editore Fabula ha dedicato al sito archeologico del Sinis - hanno approfondito il contesto storico in cui le sculture vennero realizzate. Ma nel suo saluto il rettore cagliaritano Giovanni Melis ha tratteggiato in modo piuttosto ruvido e diretto la penombra in cui i giganti oggi rimangono.
Ricordando di aver visto le statue pochi anni fa nel centro di Li Punti accompagnato dal rettore sassarese Attilio Mastino, Melis si è domandato: «In quale altra parte del mondo ci si permetterebbe il lusso di non valorizzare questi monumenti, né di garantirne la fruibilità a visitatori e studiosi? Io mi auguro che questo convegno ci aiuti a superare certi ostacoli tipicamente regionali e provinciali», dove se il primo aggettivo è di carattere territoriale, il secondo suona più come un apprezzamento negativo sulle dinamiche che si sviluppano a volte fra centri di potere e di sapere. La conclusione del saluto di Melis ai convegnisti invece non ha alcuna sfumatura da interpretare: «Abbiamo un patrimonio sommerso che preferiamo disputarci piuttosto che valorizzare».
Non è chiaro, in tempi di crisi diffusa e di sforbiciate crudeli alla cultura e alla ricerca, quali possano essere le prospettive per la valorizzazione - perché no - turistica oltre che scientifica di queste statue così imponenti e suggestive e del sito dal quale emergono.
Di sicuro sono passati 39 anni da quel giorno di marzo quando l'aratro di un contadino andò a sbattere su un gigante che quasi affiorava dal terreno. Considerarli una ingombrante novità che ancora non si sa come gestire sarebbe, come dire, una forzatura.
Che il problema non sia l'indecisione ma casomai la scarsità delle risorse lo ha chiarito poco dopo - in assenza del soprintendente per i beni archeologici Marco Minoia - la dottoressa Miriam Usai, che nel suo intervento ha accuratamente ripercorso le tappe degli scavi che dagli anni Settanta riportarono alla luce il patrimonio di Monte Prama e la successiva fase di restauro. Il registro dei visitatori - ha sottolineato - testimonia come i giganti non siano rimasti inaccessibili.
E le difficoltà nel sostenere la ricerca vanno di pari passo con quelle che in questa fase attraversa l'editoria - come ha spiegato il professor Guido Clemente, intervenuto a nome dell'editore, suo fratello Enrico. Ma i problemi che l'indebolimento del tessuto sociale crea non hanno inciso sulla qualità della pubblicazione, realizzata coinvolgendo i protagonisti degli scavi e secondo criteri di profondo rigore.
E mentre il mondo di oggi si interroga su come valorizzare il passato, quello di ieri dalle relazioni che si sono susseguite nell'aula magna del rettorato emerge in tutto il suo fascino complesso. La relazione del docente dell'ateneo sassarese Raimondo Zucca ha disegnato un Sinis capace di assorbire influssi e suggestioni culturali di altre zone, remote solo geograficamente. Dal gusto cipriota dei tripodi sui quali si lavora per poterli presto esporre al pubblico fino all'orientalismo del leoncino accucciato che costituisce il manico di pugnale - o di specchio - all'attenzione degli studiosi, tutto nella messe di reperti illustrata ieri racconta non un lembo di terra marginale, ma la penisola di un'isola al centro di un Mare intensamente frequentato.
E l'influsso estetico del Vicino Oriente riemerge anche nella relazione del professor Carlo Tronchetti, che legge i giganti come emblemi oltre che custodi delle virtù - la pietas religiosa e il valore guerriero - attribuite alle famiglie sul cui riposo vegliavano. È in questo quadro di valori che si sviluppa il processo di rifunzionalizzazione dei nuraghi, in molti casi destinati inequivocabilmente ad accogliere pratiche e momenti spirituali di un popolo molto meno isolato e culturalmente autarchico di come si è portati a immaginarlo.
Il Sinis, insomma, come tessera particolarissima del complesso e multicolore mosaico nuragico, come ha suggestivamente riassunto il dottor Alessandro Usai della soprintendenza cagliaritana. Un intervento, il suo, incentrato non solo e non tanto sulle risultanze degli scavi effettuati finora, ma sulle opportunità scientifiche e storiografiche che un'esplorazione più completa del territorio garantirebbe.
Una caccia alla storia da condurre «pietra per pietra» e passo dopo passo, calandosi innanzitutto come escursionisti attenti fra quelle colline e quei rilievi per individuare quale possa ancora nascondere un nuraghe o magari una di quelle tombe dei giganti che, a dispetto del nome, proprio nella penisola dei Giganti di pietra finora sono emerse con frequenza minore rispetto a molte altre zone dell'Isola.
Ma non di sole tombe vive la ricerca archeologica, né di soli monumenti. L'intensa presenza nel Sinis, il suo svilupparsi in una rete di microcomunità - con insediamenti anche minimi, a volte di una sola capanna - ricorda a chi conduce i sopralluoghi sul campo quanto fosse intensa l'attività di trasformazione del suolo da parte degli antichi sardi.
Una propensione a modificare, plasmare in profondità il territorio tale che «viene quasi da immaginare che i nuraghi, tutto sommato, li costruissero per riposarsi».

Celestino Tabasso

17.3.13

La mia vita senza tacchi a spillo. Giusy Versace: io e la femminilità] La mia vita senza tacchi a spillo. Giusy Versace: io e la femminilità

 ho preso questa storia  raccontasta  da  Claudio Arrigoni
 
Giusy Versace (sì, la famiglia è quella che immaginiamo) ha affrontato di colpo la disabilità quando aveva 28 anni: le gambe amputate da un guard rail sulla Salerno-Reggio Calabria. Nella sua vita c’è un prima e un dopo, come spiega nel libro “Con la testa e con il cuore si va ovunque” (Mondadori; la foto, di Jennifer Lorenzini, è quella della copertina). Anche nel suo modo di intendere la femminilità. Ce lo spiega oggi, “Festa della donna”, con un augurio: “Auguri a tutte, ma proprio a tutte, le donne: siamo come ci guardiamo”.

di Giusy Versace

Nel 2005 ho perso le gambe in un incidente stradale e insieme alle gambe credevo di aver perso anche una parte della mia femminilità. Ho sempre considerato le gambe come la parte più femminile di me, perdendole ho iniziato a vedermi come un piccolo mostro.
Ho dovuto imparare nuovamente a guardarmi allo specchio, vestita in modo diverso rispetto a come ero abituata a vedermi prima. Indossavo spesso pantaloni stretti, fuseaux e scarpe col tacco. Adoravo i vestiti corti e le mini gonne. Di colpo ho dovuto affrontare un nuovo nemico: l’armadio. Affrontai una sfida: raccogliere in grandi buste tutti i vestiti e le scarpe che non avrei potuto più indossare e trovare il coraggio di darle via. Il pianto liberatorio, condiviso con mia madre, mi diede la forza necessaria per farlo.
Col tempo ho imparato ad apprezzare e valorizzare ciò che di me era rimasto, senza perdere troppo tempo a pensare a ciò che non avevo più.
Essere guardata in modo “diverso” mi metteva a disagio, finché un giorno capii che ero io quella diversa, semplicemente perché non mi sentivo bene con me stessa. La gente guarda semplicemente perché non è abituata a vedere, ma io “guardavo” perché la mente mi proiettava un’immagine di me che ormai non esisteva più.
Pensare alla mia nuova vita senza tacchi mi ha fatto spesso sentire buffa e goffa, in alcune situazioni finanche inappropriata. Per esempio, ricordo con simpatia quando una sera le mie migliori amiche mi proposero di andare a una festa. Evviva! Non vedevo l’ora. Avevo imparato a camminare senza stampelle da pochi mesi e l’idea di uscire e fare un po’ di vita mondana mi elettrizzava come un’adolescente al suo primo appuntamento.  Cercai di vestirmi in modo carino, ma nell’aprire la scarpiera la scelta era più o meno sempre la stessa: sneackers, ballerine. Pensai subito che forse nessuno mi avrebbe guardato i piedi e che la cosa più importante era sfoggiare il sorriso più bello. Indossai una camicetta attillata con una collana lunga colorata, un po’ di trucco, un tocco di gloss alle labbra e via. La compagnia e l’affetto delle mie amiche mi aiutò quella sera a essere, ancora una volta e nonostante tutto, protagonista di una serata importante. A nessuno importava che scarpe indossassi, nessuno notò il mio largo pantalone nero, in compenso mi fecero tanti complimenti per la collana  e per il sorriso. La gente ci vede in base a come noi ci poniamo. Maggiore è la stima che nutriamo di noi stesse, migliore è la percezione che la gente avrà di noi. Allora, di che parliamo?! Cosa vuol dire femminilità?
Sembrerà banale, e magari lo è, ma un sorriso è in grado di sprigionare più femminilità di un tacco a spillo. Difficile crederci, per chi è abituata magari a indossarli o per l’immagine femminile che ci viene spesso proposta, lo so bene! Ma, provate a immaginare una “musona” o una persona triste e negativa su un paio di tacchi e poi ditemi che effetto vi fa.
Se poi scegliete invece di mettere i tacchi solo per sembrare più alte, beh allora vi capisco! Siete assolutamente giustificate. Io ho risolto il problema così: vado da un tecnico e mi faccio fare le gambe di qualche centimetro più lunghe. Comodo no? In fondo, se ci pensate bene, con un paio di scarpe comode si evitano anche i rischi di incappare in brutte figure, si evitano possibili scivoloni o inutili e antipatiche storte alle caviglie. In sostanza, ci si sente più a proprio agio e si sorride molto di più.
Non potrò mai dimenticare le parole che mi scrisse un amico stilista qualche tempo fa: se osi con una scollatura apparentemente discreta, nessuno noterà le ballerine che avrai ai piedi.
“Donne, donne…. oltre le gambe c’è di più”, cantava la bella Jo Squillo. E’ proprio vero…
* Professionista nella moda, atleta paralimpica, presidente di “Disabili no limits”




viaggio nella fontiera : puntata VII l'allenamento


Le cause del mio blocco e del mio sblocco letterario le ho spiegate in questo post precedente Quindi cari lettori\trici non mi sembra il caso d'aggiungere altro Andiamo allora direttamente a quella che sarà la penultima puntata del mio racconto o pseudo racconto secondo i miei detrattori .





Dopo  che Jack  inizio a stasre meglio ed  a  riprendersi  per le ottime cure    dategli dal medico della tribu' che  noi uomini bianchi  chiamiano  con l'epiteto negativo di  stregone, ci incamminammo  verso la vallata di **** .
da  una pagina della scheda   del fumetto  Magico vento
 http://www.sergiobonellieditore.it/auto/cpers_index?pers=magico


 Durante il tragitto decisi di mettere da parte la mia logorrea per lasciare riposare Jack , non completamente ristabilito anche se in grado di viaggiare . In mezzo al silenzio della natura , mi ritornarono alla mente le polemiche che circolavano nell'ambiente culturale " civilizzato " sulla medicina medicina de nativi e e se il loro uomo medicina dovesse essere chiamato stregone o sciamano Iniziai a ricordare un discorso fra me e un mio commilitone quando ancora ero soldato  Io sono per quest'ultimo termine .Infatti io considero il termine "Stregone" è un termine obsoleto che in passato era utilizzato per indicare l'operatore di medicina e di magia, preferisco chiarmarlo o medico meglio sciamano.In realtà l'iconografia dello stregone ha causato secoli di confusione, suggerendo all'osservatore occidentale una visione distorta di una figura determinante all'interno della struttura sociale delle comunità indigene.Infatti la parola "stregone" richiama alla mente un'immagine a volte grottesca, che possiede ben poche connessioni con la realtà dei fatti; quando ciò accade gli aspetti materiali vengono enfatizzati al punto da porre in rilievo solo le caratteristiche più spettacolari, generalmente segnalate dall'abbigliamento, dall'apparato rituale, dai gesti.Ciò è dovuto all'abitudine tipica dell'uomo occidentale di collegare ogni realtà a lui insolita con un mondo fantastico, privo di concreti legami con la storia; lo stregone quindi, così come appare nel nostro immaginario, è il prodotto di una lettura irrazionale e sconclusionata delle informazioni, spesso anch'esse frutto di un'interpretazione arbitraria dei dati, provenienti dai primi viaggiatori ed esploratori occidentali. Uomini animati dallo spirito di avventura, nuovi eroi impegnati a "scoprire" altri Eden tra i "selvaggi". L'idea occidentale di "stregone" corrisponde quindi in realtà alla figura più concreta dello sciamano: un personaggio carismatico e importantissimo, intorno al quale si sviluppa l'universo magico e spirituale di intere comunità.
da  google 
Non è facile dare una definizione scientifica e soprattutto definita  ed  organica di quello che  è lo sciamanismo, poiché all'interno di tale esperienza sono attive espressioni rituali e complessi simbolici molto articolati  che  variano da  tribu  a tribu  . Ma  poi  mi chiedo   che importanza  ha   se uno viene  curato  dala medicina  uffficiale  o  da  quella non ufficiale, l'importante  è che  stia bene e  guarisca
Ecco che  avevo  finita  questo mia  elucubrazione, che arrivammo  alla radura,  ,  aiutati jack  a  scedere  dalla lettiga
da  yahoo
cavallo  e  lo sdraiati su un telo  ed  montai il nostro tepee .E preparai  gli impacchi e le medicazioni prescritte   per  jack . Mentre la medicina  faceva   effetto   costrui  un farestra  ed  un arco  per me  , perchè la migliore  la  lezione  è quella    in cui  due pesone  (  maestro ed  allievo  )  fanno le  cose  insieme . La  mattina  seguente dopo che  ritornai   da  un'e splorazione dei dintorni per procacciarci del cibo  ne  non mangiare  solo  carne sotto sale , trovai jack già in piedi e di comune accordo , decidemmo d'iniziare le lezioni \ l'addestramento di un novizio in vista della gara .
da  google
Iniziai subito spiegando , a   J come  si costruisce un arco   e la scelta  adatta   perchè esso sia  flessibile \  elastico    e resistente  alla stesso tempo  Jack sbufo   un po'  ed   addirittura  m'anticipo   perchè in quel periodo  che abbiamno passato  fra   gli indiani  qualcosa   aveva imnparato  . Allora  decidemmo d'andare  oltre  ed  iniziare  ad  usare  l'arco . Gli inzi  non furono incorraggianti , ed io ero  un po' preoccupato  non tanto per me  ,  anche  se per  e lingue biforcute  era  abbastanza  grave ) ormai  giunto al capolinea    della vita  , ma Jack  ormai  come un figlio per  me    . Come    quel figlio che non potei abbracciare  ed  istruire  ala  vita    dato che la  mia compagna e  il mio  figlio morirono di stenti durante  la fuga  dell'enessimo massacro  e violenze   delle  giubbe azzurre del colonello Jhon Chivington*  ancora più  degli altri  perchè : I nostri guerrieri troppo lontani sulla pista del bisonte* e  quindi  alla  tribu   rimanevano solo vecchi  domnne  e bambini  )
estraspolazione dal 1  video  
   che  a s'affacciava  diventare  un uomo . Cosa  che  non  avvenne  con il mio... .  Ma   non si può vivere   sempre  di ricordi  .... andiamo avanti


 estrapolazione dal  2  video 

Visto che J era  ormai  guarito ed era  ritornato  in forma  quiasi perfetta  oltre  a  tirare  d'arco  e alle  tecniche del corpo a  corpo   e  l'uso del pungale,  gli insegnai   anche  a costruirne  uno , iniziando   dalla scelta  dei materiali  .
Inizialmente   sia per  i postumi  \  effetti collaterali  delle  erbe , fu meno reattivo del solito .



 Ma  poi  si riprese  e  inizio  a  fare  progressi   sempre  maggiori    grazie  al carattere tenace  e  alla  sua forza  di volonta ed  imparo e progredi alla  svelta  



  arrivando persino  a  superare  il maestro 
Arrivo  cosi il giorno della  gara 

* personaggio realmente esistito qui la sua biografia ed autore del massacroSand Creew da cui Fabrizio De André incise prendendo ispirazione da un detto sardo: "Chistu tucca punillu in cantzone", gli eventi memorabili vanno tramandati con canzoni, perché non se ne perda il ricordo, e proprio in disonore di Chivington scrisse la canzone Fiume Sand Creek.
* citazione  De Andreiana

  fonti d'ispirazione   e riadattamernto nonche   di news
  • IL 12° episodio   l'eredita  di Zodiacus  (  testo Bruno sarda -Disegni Massimo de  Vita  ., da  topolino n 1791  25  marzo 1990 )  tratto  dalla  sagas  di  Topolino    Alla  ricerca  della pietra  zodiacale     da  cui  ho preso  con  scansione   e  auto fotografando    gli ultimi  tre  disegni   


16.3.13

anche i matrimoni si fanno online Italia-Bangladesh, le nozze via Skype

cazzeggiando  su repubblica .it    vedo questo video ,di  un matrimonio  indiretta  su Skype  . Incuriosito

  leggo  il giornale  d'oggi  e  riporto l'articolo  qui  sotto  .  Questa  vicenda   mi ricorda  sia il film    (  foto sotto al centro preda  da  wikipedia  )   con Alberto Sordi   , visto  qualche tempo  fa ,Bello, onesto, emigrato Australia sposerebbe compaesana illibata




sia   quiesto 'interessante  articolo    che  riporto  in parte  sotto

Le mogli per corrispondenza 


  di  Mauser  fonte  www.farwest.it 

Indubbiamente quello di sposarsi dopo aver creato un minimo di relazione con la futura sposa è un aspetto della vita normale, per cui il fenomeno di cui parliamo in questo articolo era spesso collegato alla fascia medio-bassa della popolazione.
Privi delle doti necessarie a intrattenere una signora o per mancanza di queste, alcuni uomini iniziarono a ordinare le spose ad amici e conoscenti in trasferta fuori città come noi ordiniamo cartoline e souvenirs agli amici in vacanza. «Trovami una moglie disponibile ed io me la sposo!» era pressappoco la richiesta.
Questi amici fuori sede, chiamiamoli così, intrallazzavano presso le loro conoscenze della città di destinazione, si informavano se una qualche fanciulla fosse stata disponibile, dopodichè prendevano accordi con la di lei famiglia circa il mantenimento, la dote e la forma legale del matrimonio.   continua    qui  sul sito

Ma ora  veniasmo all'articolo  tratto  da    da  repubblica  del 16\3\2013

di VLADIMIRO POLCHI

In un appartamento di Dhaka (capitale del Bangladesh), Henrietta si sposa alla presenza di testimoni e del delegato di governo. Il suo futuro marito Bidrohi è a 7mila chilomentri di distanza in un ufficio di Roma. A collegarli due computer portatili e una connessione internet. Il loro "sì" commosso è viaggiato veloce sulle onde di Skype .

In un appartamento della sua città in Bangladesh Henrietta è con i testimoni e il delegato di governo. Il marito Bidrohi è in un ufficio di Roma
QUANDO Bidrohi si è sposato non mancava nulla. Né i testimoni, né il completo scuro, né la sua voce rotta dall'emozione. Mancava giusto la sposa. O meglio, Henrietta c'era, elegantemente vestita, ma la sua voce era lontana più di 7000 chilometri. Mentre Bidrohi sedeva in un ufficio di Roma, la sua futura moglie stava in un appartamento di Dhaka, capitale del Bangladesh.A collegarli due computer portatili e una connessione Internet. E così il loro "sì" commosso è viaggiato veloce sulle onde di Skype. È la nuova "moda" esplosa tra le comunità migranti: i matrimoni a distanza.distanza.«Nelle comunità bengalesi,indiane e pakistane in Italia —racconta Shobin Islam, segretariodell’associazione Italia-Bangladesh — i fidanzamenti a distanza sono cosa comune.La novità sono le nozze via internet:una pratica in nettacrescita». Il fenomeno è diffusoanche negli Usa, come testimoniaun recente articolodel New York Times: i “proxymarriages” tradizionalmenteriservati ai militari in missionesi stanno ora estendendoanche alle comunità immigrate.In alcuni Paesi, infatti, imatrimoni a distanza sono legalmentericonosciuti, comenel caso del Bangladesh: «In Italia --conferma Shobin--so di almeno una decina di coppie bengalesi che si sono unite via Skype».

È il caso appunto di Bidrohi e Henrietta: musulmano lui,cristiana lei.





 La loro pare una storia da film: «Ho lasciato il Bangladesh otto anni fa — ricorda Bidrohi — facevo il giornalista, ma ero perseguitato dai fondamentalisti che hanno bruciato la mia biblioteca.

Sono arrivato a Roma come rifugiato e oggi lavoro come mediatore culturale per una cooperativa. In patria ho lasciato la mia fidanzata. Nel 2010 l’ho ritrovata su Facebook e l’unico modo per portarla in Italia era il ricongiungimento familiare



. E dunque  sposarla». Ma Bidrohi non può rimettere piede in Bangladesh,troppo pericoloso. E allora? «La soluzione è arrivata dal web. L’11 gennaio 2011 ci siamo sposati via Skype. Lei era a Dhaka a casa di un’amica buddista, con due testimoni, un avvocato e un impiegato del governo. Io ero a Roma negli uffici di due amici che lavorano per Blog. tv». Le nozze, legalmente registrate in Bangladesh,hanno consentito agli sposi di ricorrere al ricongiungimento familiare. E così dal 12 marzo 2012 Henrietta vive a Roma col suo Bidrohi.
«Siamo di fronte a una sorta di matrimoni per procura — ragiona Mara Tognetti, che insegna Politiche migratorie alla Bicocca di Milano — che si avvalgono delle nuove tecnologie.
È un’ulteriore declinazione di quello spazio affettivo transnazionale che si va diffondendo: nuove modalità di fare famiglia non più connotate dal vivere sotto lo stesso tetto. Certo — aggiunge Tognetti — dietro queste nozze a distanza possono talvolta celarsi matrimoni di comodo,per garantire l’ingresso
in Italia dei migranti». Resta  il fatto che nel nostro Paese i matrimoni misti e tra stranieri sono in forte aumento,«per questo dobbiamo guardare  con attenzione a questi fenomeni, che possono anticipare tendenze future».

a volte basta un niente per sboccarti [ riprende il mio racconto vbiaggio nella frontiera ]

Ascoltando le colonne sonore di  questi  film   :  per un pugno di dollari , per qualche dollaro in più , c'era una volta il west , giù la testa  che  hanno caraterizzato  ( come credo  anche per  voi  genmerazioni precedenti   )  la mia  infanzia  e la mia adolescenza    mi ritorna il proposito di riprendere  e  portare  al termine   il racconto  "  viagfgio  nela  frontiera   " intgerrota  per  la tesi  , cambio blog   e  specialmente  blocco creativo .
Ora   chi mi segue sia  quando  ancora  il blog  si chiamava  cdv.splinder.com e sia  adesso     che  si chiama ulisse-compagnidistrada.blogspot.com avrà letto le puntate precedenti ( che  trovate  qui    e qui  se  non avete  voglia   di cercare    fra i risultati  del "  motorino  " di  www.ulisse-compagnidistrada.blogspot.com )  del racconto  viaggio nella frontiera ambientato nel west .  Tornato  dal mercato   solo andato  a cercami  le  puntate precedenti   ne trovate  sotto il riepilogo  dell'ultima  puntata  (  ch chi volesse   leggersela o rillegerla la  trovatre integramente    qui

(...)  Visto il  clamore e la  fortuna sfacciata dalla nostra parte ( come se  qualcuno la sù ci  avesse voluto aiutare  ed  avesse avuto  pietà  di noi  o  magari ritiene che il nostro tempo non è ancora  giunto )  grande  Naso decise di credermi .Osservo ancora il tatuaggio e la collana  di jack, guardò negli occhi  i nostri salvatori : cerbiatta che.. , coda di lupo , lo stregone e disse  << ok  a fine mese c'è  un torneo fra i vari gruppi della mia tribù , la  il tuo amico bianco ,  mezo scalpo , potra  dimostrare  quello che tu dici .La gara  sarà a due prove ,   tiro semplice e  tiro  al volo . Basta  che  ne vinca  una sola è avrete  salva la vita . Se poi  vincerà  in tutte  e due  prometto  solennemente di portare in consiglio  che seppelirò per sempre finchè sarò in  vita   e lo lascerò  scritto a miei successori ( salvo ovviamente  per difesa o violazioni da parte dei bianchi )  cesserò ogni ostilità e  ogni razzia verso gli uomini bianchi e  tutte le tribù , compresa la tua , oh saggio  ballaconilupi  .
Siete liberi di rimanere qui  , se vi aggradà e credo che a mia figlia cerbiatta fara piacere  andare a trovare  la  tua  famiglia  .L'importantee   è che vi presentiete alla gara.
Vidi che  jackaveva bisogno di cure e decidemmo di rimanere  uno  \  due giorni 

 adesso  vi lascio  e  vado   a  cercare  sia  fonti   ed  immagini per  cui  ispirarmi per le puntate   seguenti   vi lascio  con  la bellissima





  a presto 

15.3.13

chi fa da se fa per tre ricavare un tavolino da un vecchio pneumatico


da  https://www.facebook.com/greenme.it più  precisamenre  qui

Avete bisogno di qualche idea per arredare la vostra casa omeglo il vosdtro giardino  visto che  secondo molti i pneumatici puzzano sono tossici  ? Voglio proporvene una davvero originale :) Ecco come ricavare un tavolino  da un vecchio pneumatico Realizzarlo è semplice: occorre lavare un pneumatico e munendosi   (  nel caso questo fosse  bucato o  lesionato  )  di colla attaccatutto o graffette   . Poi si prende   di qualche metro di corda, lo si  ricopre in modo da nascondere la superficie originale. Una volta ricoperto per intero, bisogna fissare alla base dei piedini di legno o gomma (se non li avete potete sostituirli con dei vecchi barattoli resistenti o tronchi di rami  spezzati   oviamente  ripuliti da  cortecggia   o sassi   o  pezzi di  vecchi mobili ).


una prima vittoria della biblioteca condominiale di via rembrant 12 a Milano

apro il  secondo   account  di  facebook ( http://www.facebook.com/redbeppeulisse2 il primo  è pieno ) e da  , vedere  post  precedenti ( chi non avesse  tempo o voglia   di cercarli   trova  un sunto nel video sotto )   , Biblioteca Rembrandt 12  Leggo   questa bella notizia 
  
 ALT   fermi tutti  .
Per  chi  non spesse  di cosa  stiamo parlando  o  l'avesse dimenticato  o  non  avesse  voglia  d'andare in archivio  e  cercare i  post in cui  si parla  di ciò  ecco qui  sotto  un  sunto  della vicenda  

 

l'ormai prossimo topolino n 3000

il 22 maggio " il mio settimanale " preferito   topolino toccherà il n 3000.
 Png  da  https://www.facebook.com/notes/mickey-mouse-mystery-magazine/artibani-racconta/511733058859006
.Un grande traguardo per un fumetto cosi longevo sia se si tiene conto delle edizioni Nerbini degli anni 30\40 ( qui e qui ulteriori dettagli ) sia quelli Mondadori ( anni 50 fino al 1988 ) quelli della walt disney italia 1988 ad oggi .Infatti già circolano alcuni post nostalgia come questo 
 su http://devilsfruit.forumcommunity.net/?t=52521956

Io son letteralmente cresciuto a pane e Topolino, custodisco ancora gelosamente tutti i numeri che ho acquistato e collezionato negli (e ancora adesso, una tantum, per sfizio lo prendo ancora) anni, e questo 3000 lo sto aspettando da anni, non vedo l'ora che esca! 
Spero solo che non sia una delusione... il 2500 era carino, ma a mio parere il 2000 è praticamente inarrivabile... doppio (quasi 400 pagine!), con bellissime storie e tante chicche all'interno, tra cui diversi omaggi da parte di alcuni autori storici... 
Io son letteralmente cresciuto a pane e Topolino, custodisco ancora gelosamente tutti i numeri che ho acquistato e collezionato negli (e ancora adesso, una tantum, per sfizio lo prendo ancora) anni, e questo 3000 lo sto aspettando da anni, non vedo l'ora che esca!  Spero solo che non sia una delusione... il 2500 era carino, ma a mio parere il 2000 è praticamente inarrivabile... doppio (quasi 400 pagine!), con bellissime storie e tante chicche all'interno, tra cui diversi omaggi da parte di alcuni autori storici...  prossimi numeri tondi, sempre ammesso che la cadenza resterà settimanale e con l'uscita al mercoledì, si faranno attendere: il numero 3500 dovrebbe uscire il 25 dicembre 2023 mentre per il 4000 se ne riparlerà addirittura il 25 luglio 2033.E voi? Qual è il vostro rapporto con il "Topo"? Lo leggevate da bambini, lo leggete tuttora? Prenderete anche voi questo speciale Topolino 3000?

Ecco la mia risposta


Lo  che  come dicono  i miei vecchi  sono ormai grande  quasi  alla soglia dei  40   e  dovrei smettere di comprare  e leggere  fumetti  e passare  a letture  più serie  . Ma  è più forte  di me  . E poi e  grazie  al topo   ehm topolino  e i fumetti della Bonelli   che  ho iniziato ad appassionarmi  ulteriormente  alla letteratura  e  al cinema  . 
Ora  non lo colleziono più per  motivi  economici e  di  spazio  nella  libreria  , ma  mi piace   conservare  alcuni numeri  ( come   i n  2737, 2808,2969 e  altre  che ora  non ricordo  neppure  dove  sono  finite   nel caos  della libreria  )  . Non sono solito conservare i gadget  perchè  non ho nipoti     ma  uno  lo tego  e lo uso  come porta  fortuna (  o ninnolo come lo chiama mia madre   )  


E poi con topolino  ci sono cresciuto , anche se  per motivi  € e  non   me n'ero allontanato ( perdendo magari storie  bellissime  ) concentrandomi su  Martin Mystere  e dylan Dog   dal 1993  per  via    a  volte  capita  in  qualunque  fumetto o cartone  animato della monotonia   e ripetitività dei finali o nele tematiche .Per   poi  rientrare  dopo  aver letto  alcune storie  su tiopolino raccolta  del periodo perso   ed  altri n   da mia nipote   acquisita (  la  figlianipote  di un cugino in primo di mio padre  )  venendomi  i sensi di colpa  d'avermi perso il  n 2000   e  ho rincominciato  nel  2007\8   sia  per la  curiosità   di vedere   come   topolino  avrebbe  messo in opera   il romanzo e  il  film il signore  degli anelli  . Curiosità in parte  è  una mezza delusione  anche  se  l'ho conservata   perchè certe storie   della saga  sono stupende e sia  come  sono state sceneggiate  sia come sono disegnate    ( ma  questa  è un altra storia   )   della  mezza cagata pazzesca  della  serie  Wizzard of  Micky .

Ora  come l'autore  del post citato   mi chiedo  come  sarà  il n 3000 e  se  le  anticipazioni  di 

(....)  Acqua sotto i ponti ne è passata tanta, e altrettanto inchiostro sulle tavole. Qualcuno non c’è più, altri sono arrivati. Le loro opere restano tutte e, anzi, ogni tanto spunta persino ancora fuori qualcosa (Romano Scarpa è fra questi). Del nuovo numero con tre zeri e un tre in cima se ne parla, com’è naturale, da tempo, e su internet le discussioni aperte sono diverse. Si intensificheranno man mano che la data si avvicinerà. E’ un bel traguardo, per una pubblicazione, e sarà una bella soddisfazione per Direzione, Redazione e Autori, festeggiarlo degnamente. I nostri cugini francesi l’hanno fatto nel 2009 (click qui), giacché Paul Winkler fece uscire il primo numero di quella rivista nel lontanissimo 21 ottobre 1934. Per l’italiano Topolino libretto bisognò attendere il primo dopo guerra, nel 1949, in aprile. Ma Topolino era già stato un settimanale edito da Nerbini, nel Natale del 1932. Ottanta anni fa. Questo potrebbe spingere la Disney italiana ad anticipare di qualche mese, in tutto o in parte, i festeggiamenti? O saranno tutti in prossimità del mese di uscita? Ancora un poco di pazienza e lo sapremo.

aspettiamo allora  ed  piombare in edicola  a  comprarlo concludo   canticchiando  questa    famosa  canzone     di  Eugenio Finardi    che   mi è ritornata  alla mente  , mentre  scrivevo ( e cercavo news  )  questo  post




buona  giornata   a  tutti\e   amici  e nemici del fumetto  


LE ANIME BELLE ESISTONO E RESISTONO ... Lei si chiama Chiara Trevisan, ha 46 anni e di mestiere legge libri agli sconosciuti.

  da   Mauro Domenico Bufi    21 dicembre alle ore 11:05   il suo carretto carico di libri, frasi, parole, storie. In testa un buffo cappell...