14.6.13

banditi ( o presunti tali ) senza tempo la storia di antonio bossu


dalla nuova sardegna del 27\5\2013


Le memorie in versi dell’ex detenuto

L’orgolese Antonio Bassu scontò un quarto di secolo per la strage di Monte Maore: a 91 anni ha deciso di scrivere un libro


ORGOSOLO Antonio Bassu?  ( foto  a  sinistra   )  Innocente. La vox populi non ha mai avuto dubbi, il paese sapeva e lui Graziato dal presidente della Repubblica Giovanni Leone nel 1974, l'ex carcerato affida ora al ritmo dei versi endecasillabi in ottava rima le sue memorie di miele amaro. Ci pensava da oltre trent'anni, ora non ha più dubbi: è giunta l'ora della narrazione poetica.A novantun anni suonati, la libertà per lui è sempre un cavallo veloce che non teme le discese ripide e salva il suo cavaliere intrepido. Lui, su cadderi (il fantino) di tante vàrdias paesane, è stato derubato di un quarto di secolo della sua esistenza: 25 anni meno 25 giorni. «Mi sarei dovuto presentare prima della strage di Monte Maore, ero latitante, accusato di reati minori – ricorda –. Non l'ho fatto perché il mio avvocato, il senatore orgolese Antonio Monni, in quel periodo era in vacanza in Svizzera». Nella sua casa del rione storico di Caspiri, zona di Monte Isoro, Antonio Bassu risponde volentieri alle domande.aveva le prove: 17 testimoni nuoresi in corte d'assise dissero a una voce che il giorno della strage di Monte Maore – tre carabinieri uccisi e un quarto reso cieco da una pallottola, il 13 agosto 1949, in una tragica rapina alla camionetta che trasportava le buste paga degli operai ogliastrini dell'Erlas – il pastore orgolese era con loro sull'Ortobene. Ma i giudici diedero ascolto soltanto al pm Francesco Coco: ergastolo, confermato in appello (con Coco pm anche nel giudizio di secondo grado) e in cassazione.
Quando è nata l'idea di domandare aiuto alle Muse?
«Nel 1982, quando lo Stato mi chiese il pagamento del vitto e dell'alloggio in carcere e un mio compaesano e coetaneo, Antonio Piras noto Pireddu che viveva a Bolotana, mi scrisse un sonetto consolatorio».
Le poesie parlano solo della vicenda giudiziaria?
«No, quando mai? Trattano della mia vita, dall'infanzia alla vecchiaia, con gli episodi più salienti. Del periodo in cui era ancora vivo mio padre: avevo quindici anni quando lui, reduce della grande guerra, morì prematuramente. Ci sono le stagioni vissute da servo pastore, a Nuoro e Orgosolo, e soltanto dopo le stagioni della mia disavventura nei penitenziari di Ventotene e di Porto Azzurro. Ma c'è anche dell'altro».
Cos'altro?
«Il mio paese, le corse dei cavalli, i murales, la decadenza».
Il degrado del villaggio natale?
«Sì, nell'attenuarsi progressivo della solidarietà e della comparsa di un malattia dello spirito. L'egoismo».
Come si vive il passaggio dalla libertà alla cella del carcere?
«Sei davanti a una scelta: reazione o rassegnazione. Se non reagisci sei perduto. Se a Lanusei stavo male, a Cagliari era molto peggio»
Perché peggio?
«In una cella teoricamente destinata a un solo prigioniero eravamo in tre, 24 ore su 24, tranne un'ora d'aria nei cunicoli, non ti dico in quali condizioni. Si doveva parlare a bassa voce, non mi potevo fare nemmancu una cantadedda, neppure una cantatina».
Cosa si prova a ripensarci?
«Non mi sembra vero di essere riuscito a sopportare tante privazioni».
Maltrattamenti?
«In tutta sincerità debbo dire: nessuno mi ha mai messo un dito addosso. Ma anch'io non ho mai mancato di rispetto a nessuno».
Nelle poesie degli ultimi anni due parole tornano più di altre: resurrezione e risorto...
«Sì, tornano. Istintivamente, è più forte di me. Stare in carcere è come essere morti e sepolti. La galera è una tomba. Venticinque anni là dentro hanno distrutto la mia giovinezza».
Di chi la colpa di questo dramma?
«Del sistema barbaro di una giustizia che riteneva delinquenti tutti gli orgolesi: forze dell'ordine e magistratura davano ascolto solo alle spie prezzolate, di mestiere».
Con qualche eccezione?
«Indubbiamente. Riconosco al famoso maresciallo Loddo un'onestà professionale al di sopra di ogni sospetto. Con me è stato corretto anche nella testimonianza davanti alla corte».
Assiste all'intervista Franco Buesca, un giovane pastore di Orgosolo che ha acquisito il merito di essere una sorta di enciclopedia vivente della storia del suo paese. 


Le sue parole sono lo specchio esatto del sentire comunitario: «L'ischimus totus, l'ischit sa vidda: tziu Antoni est innossente (lo sa il paese intero: lo “zio” Antonio è innocente)».Uno dei testi più emozionanti tra le poesie di Antonio Bassu riguarda la liberazione, dopo la grazia firmata dal presidente della Repubblica: 26 ottave, 208 versi. Eccone una parafrasi italiana compatibile.«Era il 28 agosto 1974. Alle otto del mattino mi avviai verso il camerone dove cucivo palloni per tornei di calcio: il mio lavoro, a Porto Azzurro. Ero triste, da innocente condannato alla segregazione perpetua».Poche ore prima Antonio aveva fatto un sogno: «Sul fare dell'alba sentii una voce che mi chiamava e subito dopo vidi una figura candida come neve, simpatica e sorridente. Mi disse due parole: buona libertà. Mi sedetti e iniziai a lavorare. Non era facile, i punti dovevano essere lineari. D'un tratto sentii alcuni che dicevano: è arrivato un foglio di scarcerazione. Si erano fatte le nove e continuai a lavorare».Ed ecco la sorpresa: «Venne da me un guardiano e mi disse di andare con lui dal direttore».Il responsabile del penitenziario attendeva il prigioniero con il capo delle guardie. «Mi salutarono contenti e mi annunciarono la grazia. Non riuscivo a parlare per l'emozione. Feci un cenno di ringraziamento e andai a prepararmi: mi tolsi la divisa interna e indossai un abito da libero cittadino».L'addio alla reclusione è uno dei punti più intensi: «E pro s'ùrtima 'orta torro in cella/ cun sa divisa de su galeoto:/ in presse mi preparo su fagoto,/ mi retiro sa cosa pius bella./ Dae su muru ch'ispico una foto/ chi fit lughente coment'e istella/ sa chi m'at fatu sempre cumpagnia,/ sa figura fit sa 'e mama mia» (Per l'ultima volta rientro nella mia cella e mi preparo in fretta il fagotto. Ritiro la cosa più bella: da una parete stacco una foto luminosa come una stella che mi aveva sempre fatto compagnia: il ritratto di mia madre».Arrivò l'ora di salutare i compagni di pena.«Erano gli uomini con i quali avevo diviso il dolore e l'angoscia in quel luogo oscuro dove non esiste l'allegria: chi sconta una pena è come un cane legato a catena. Mi avviai verso il portone che si spalancava alla libertà. Superato l'uscio, mi voltai e feci il segno della croce con la mano sinistra».Con Bassu c'era un guardiano che lo doveva accompagnare fino al porto, dov'era pronta un'imbarcazione. Il prigioniero iniziava a respirare l'aria inebriante della libertà.Ricorda ancora Antonio Bassu: «La traversata da un porto all'altro durò due ore. Mi sentivo come un risuscitato, dopo 25 anni in una cella buia di appena quattro metri quadrati. In quel tempo il carcere era duro, ancora esistevano i mezzi di tortura: letti di forza e fruste di tutti i tipi permessi dal codice Rocco che alla prigionia aggiungeva isolamento e segregazione».Sbarcato a Piombino, Antonio andò dritto alla stazione. Sul treno trovò posto accanto a un finestrino: «Avevo un desiderio insopprimibile di vedere le bellezze della natura, per dimenticare il passato: mi sembrava di essere entrato in una vita nuova, come un uccello che esce dall'uovo».Poi l'imbarco, l'arrivo in Sardegna, l'incontro con la figlia Mara. Ma la scena più commovente è l'abbraccio con la madre, a Orgosolo.«La ritrovai vecchia e sfinita ma sempre amorosa e sorridente. Mi disse: adesso che sei tornato tu, in casa è ritornata l'allegria. E poi, come in un sussurro: quando morirò andrò via contenta».



13.6.13

Sulla scia della discriminazioneInvece di femminicidio si parli di donnicidio

  dall'unione sarda del 13\6\2013
Femminicidio è un neologismo che si sta imponendo nel linguaggio scritto e parlato. Come sempre accade quando una nuova parola entra nel lessico quotidiano si va a cercarne la paternità. Che raramente si trova. Nel caso in questione è figlia di ignoti o, forse, di molti genitori (il che è la stessa cosa), che l'hanno frettolosamente adottata e nutrita. Sono molti, infatti, a darle alimento nei media cartacei ed elettronici. Sull'onda emotiva di uccisioni efferate di donne se n'è fatto largo uso con l'intenzione di imporre una distinzione fondamentale tra l'ammazzamento di un uomo e quello di una donna.Oggi a tutto ciò che riguarda le donne viene dedicata un'attenzione particolare e una tutela riparatrice per i millenari torti da loro subiti. Il riconoscimento avviene, però, quando non ce n'è più bisogno. Quando le donne, con le loro forze psichiche e, in parte, anche fisiche, hanno conquistato le posizioni sociali che erano state loro precluse dalla sopraffazione del maschio. Non c'è attività lavorativa, da quelle professionali a quelle operaie, che oggi sia loro impedita. Occupano ruoli di primo piano nella politica, nell'amministrazione pubblica, nell'industria, nelle forze dell'ordine, nell'esercito, nella magistratura. Nonostante questi traguardi finalmente raggiunti si continua a considerare il sesso cosiddetto debole ancora troppo debole.Alcuni provvedimenti e leggi a favore delle donne sembrano più adeguati a salvare specie in via di estinzione che la dignità femminile. C'è una gara a chi meglio e più le soccorre. Uomini che non cedono loro un posto a sedere in autobus nemmeno su richiesta, riservano a loro corsie preferenziali nelle attività politiche e sociali, nelle quali ormai, se e quando vogliono, sanno non soltanto gareggiare, ma anche imporsi. Nelle liste elettorali deve esserci una percentuale minima di donne, ma non di uomini. Dove si possono esprimere due preferenze una deve andare a una donna, pena l'invalidità del voto preferenziale. Chiamiamolo pure antagonismo di genere: uomo e donna socialmente rivali invece che complici e collaborativi.È sancito l'obbligo della rappresentatività femminile nei consigli di amministrazione delle imprese, nelle giunte comunali, provinciali e regionali. Sappiamo della damnatio che colpisce quegli organismi che, pur non essendo obbligati a farlo, non accolgono donne nei loro apparati. Pare che loro, le donne, non siano in grado di emergere con le proprie forze e capacità e così gli uomini si degnano, con artifici e accondiscendenza, di proteggerle e di farle avanzare nella scala sociale. Ribadendo quindi la supremazia del Signore, che elargisce doni e benefici.Tutto ciò che riguarda le donne assume straordinarietà. Offenderne una è più grave che offendere un uomo. C'è già chi invoca pene più severe per chi uccide una donna. Il principio della parità sta diventando impari.La parola omicidio, coniata nel XIV secolo, è sembrata inadeguata perché nel suono ricorda l'uomo, non la donna. Bisognava perciò inventarne una più appropriata: “femminicidio”. Che però è lessicalmente errata. Di femmina, infatti, ce n'è una per ogni esemplare del regno animale; di donna, invece, ce n'è una sola, quella umana. Se proprio vogliamo continuare a discriminare, sostituiamo “femminicidio” con “donnicidio”. Parola sgradevole all'orecchio, ma lessicalmente giusta.

definizioni di mafie

La mafia non è un cancro che prolifera per caso su un tessuto sano. Vive in simbiosi con la miriade di protettori, complici, informatori, grandi e piccoli maestri cantori, gente intimidita o ricattata. Questo è il terreno di coltura di Cosa Nostra
                                      Giovanni Falcone

12.6.13

facebook non è solo feccia e stupidaggini ma anche emozioni , storie , filosofia

come  da  titolo ecco  una di queste  cose
 dall'amico facebookiano    e  compagno di  viaggio  Cla Quattrocento






voglio raccontare una piccola storia che mi ha dato insegnamento...
da fanciullo giocavo a calcio in una squadretta... facevamo il campionato anche noi con ltre squadre di fanciulli... ricordo che una stagione arrivammo primi insieme ad un'altra squadra... 
facemmo la partita di spareggio quindi...
la squadra contro di noi era forte e infatti ci prendemmo quasi subito il primo gooal...
non ci arrendemmo ...quella fu la partita piu bella che la mia squadra gicò..
si chiusero in difesa e noi perennemente all'attacco...
ci fu un fatto grave il piu forte di noi si smarcò e stava per segnare il pareggio...mancavano pochissimi minuti alla fine della partita e al limite dell'area un difensore opposto pur di fermarlo gli diede volontariamente un colpo sul naso...
gli ruppe il setto nasale a questo mio amico...
ricordo che stava per finire in rissa...ma fu proprio il contuso a sedare gli animi... si rialzò e volle continuare la partita con la maglietta fatta di sangue...
era incazzato nero e ci disse passatemi la palla in area... solo questo disse... fui proprio io a fare quel cross e lui segnò il pareggio... 
andammo ai suplementari e vincemmo noi per 3 a 1 
e io dopo quel giorno ho capito che arrendersi è una stronzata
infatti lo è STORIA VERA





Olbia Malata di sclerosi multipla, abbandonata dallo Stato

lo  che sono notizie  locali   ed all'ordine del giorno  in uno stato    che non rispetta le persone  e  taglia  ala  c...... per  non toccare  gli inutili  e  arcaici  privilegi  . ma  non riesco a smettere  d'indignarmi  
 dalla nuova  sardegna online  del  12\6\2013 


ARZACHENA. Barbara ha 18 anni, frequenta il liceo artistico di Olbia e da due anni convive con la sclerosi multipla. Al suo fianco la mamma, Anna Rita Demontis e il padre. Una convivenza con la malattia non facile. Un percorso in salita che spesso si scontra con la burocrazia, il sistema sanitario italiano, la freddezza dei numeri. In questi due anni mamma Anna Rita, bidella alla scuola media, ha usufruito dei benefici della legge 104. Per lei il diritto di assentarsi tre giorni al mese dal lavoro per accompagnare la figlia alle visite mediche. L’Inps dopo due anni ha levato questa possibilità alla mamma di Barbara. Secondo la commissione medica superiore che ha visitato la ragazza riconoscendole il 55 per cento di invalidità non ha più diritto al beneficio della legge 104. «Abbiamo scoperto la malattia di Barbara nel 2010 – racconta mamma Anna Rita –. Abbiamo presentato domanda di invalidità all’Inps. Ci è stato spiegato che fino ai 18 anni aveva diritto a un assegno di frequenza e alla legge 104, cioè alla possibilità per un familiare di assentarsi tre giorni al mese dal lavoro per accompagnarla alle visite mediche. Quest’anno ho ripresentato la domanda. Mia figlia è stata visitata prima dalla commissione medica locale che ha confermato purtroppo l’avanzamento della malattia. Barbara ha dei problemi alla vista, alle gambe. Poi dalla commissione medica speciale che ha assegnato a mia figlia una invalidità del 55 per cento e ci ha levato il diritto ai permessi dal lavoro retribuiti. Non le è stata riconosciuta la connotazione di gravità. Ho chiesto spiegazioni all’Inps. Mi hanno risposto che in base ai punteggi loro avevano elaborato quella valutazione».Anna Rita non ne fa una questione di soldi. Chiede solo di poter essere al fianco della figlia tre volte al mese senza rischiare di perdere il posto. «Io e mio marito lavoriamo – aggiunge la donna –. Non ci interessano assegni o contributi. Non è facile stare dietro a tutte le spese ma lo facciamo. L’unica cosa che non paghiamo sono le terapie mensili. Ma non importa. Purtroppo Barbara ha la sclerosi. Combattiamo contro la malattia, ma sappiamo che al momento ci sono solo cure palliative. Non capisco come l’Inps non riconosca la gravità di questa situazione e il diritto di una madre ad accompagnare la figlia alle visite. Già la prossima settimana per cinque giorni non potrò andare al lavoro. Barbara si diploma e ha gli esami. È la conclusione di un percorso non facile. Ma la scuola, i docenti, i compagni del liceo sono stati speciali con mia figlia. A ognuno di loro va il nostro grazie». (se.lu.)

Saviano: «La Costa Smeralda supermarket della droga». e poi dicono che in sardegna non c'è mafia

Mi sa  che  Pino Arlacchi   dovrà  riscrivere o aggiornare   il suo   libro  (  copertina  a destra  tratta  dal suo sito in cui  trovate  il libro in pdf  )   . Infatti questa intervista a  la  nuova sardegna   di Roberto Saviano  in tour in sardegna in questi giorni pere presentare  il suo ultimo libro  e l'arresto di Graziano Mesina    ex bandito  per  estorsione  e  droga    testimoniano il contrario 

L’autore di “Gomorra” analizza il ruolo di Graziano Mesina nel traffico della coca. «Lui era solo uno dei terminali, l’isola è per le cosche una piattaforma girevole»

SASSARI. La droga muove il mondo. La cocaina, in particolare, muove il mondo. Il traffico di stupefacenti è il cuore di un’economia criminale che ha infiniti collegamenti con quella legale. Niente sfugge al meccanismo infernale. Nessuna parte del mondo globalizzato ne è esclusa. Quindi neppure la Sardegna. Roberto Saviano, che queste cose le dice e le scrive,capita nell’isola mentre centinaia di carabinieri sono impiegati per arrestare Graziano Mesina, accusato di essere il capo di una banda dedita soprattutto allo smercio della droga. Inevitabile sentire l’autore di “ZeroZeroZero” (Feltrinelli)per un giudizio su ciò che sta accadendo.






Graziano Mesina è stato un simbolo del vecchio banditismo sardo, legato in qualche modo ai valori della tradizionale società agropastorale sarda. Ora viene arrestato come capo di un'organizzazione che gestisce, secondo l'accusa, il traffico della droga nell’isola. Anche la Sardegna omologata all'orizzonte globale dell’economia criminale?
«La Sardegna è da sempre nello scacchiere delle mafie nazionali e internazionali. Da sempre è attraversata dal narcotraffico. Solo che oggi c’è un’operazione che fa notizia perché è coinvolto il furbissimo Grazianeddu, che sino a pochi giorni fa, ospite di un festival di storia, schermava le attività criminali di questi anni dietro la sua vicenda di bandito, insinuando la pittoresca interpretazione che, finita la miseria, in Sardegna non c’è più bisogno di fare sequestri. In questo modo mirava a giustificare il suo essere bandito come una scelta inevitabile negli anni di miseria. Detto questo, la Sardegna, essendo un’isola, è piena di porti e il trasporto marittimo è quello da sempre preferito dalle mafie, perché permette di spostare enormi quantità di droga – tonnellate e tonnellate – con un unico viaggio. Negli ultimi dieci anni la maggior parte (il 60%) della cocaina è stata intercettata in mare o nei porti».
La Sardegna come punto di passaggio dei traffici legati alla droga?
«Più che essere un punto di passaggio la Sardegna è una “piattaforma girevole” per la coca che va dal Sud America all’Europa; cosa che accade soprattutto d’estate, quando ci sono più imbarcazioni private che utilizzano i litorali sardi come punti d’appoggio. Ma la Sardegna è anche un punto di arrivo. Qui la coca si ferma e viene consumata. Ogni anno nell’isola arrivano tra i cinque e i seicento chili di cocaina e, secondo gli inquirenti, ci sarebbero (stima fatta per difetto) oltre diecimila consumatori. D’estate, con i turisti, i consumatori raddoppiano, per un giro d’affari di oltre duecento milioni di euro l’anno. I corrieri sbarcano a Cagliari, Sassari, Olbia, Alghero, moltissimi nell’arcipelago della Maddalena. La Costa Smeralda diventa un supermarket della coca. Quello che i sardi ancora non sanno è che stanno per diventare, se non lo sono già, una sorta di garage di stoccaggio della coca, perché la conformazione geografica della vostra regione permette di nascondere grandissime partite di droga: gli stazzi della Gallura e gli ovili della Barbagia sono zone di stoccaggio. Con i metodi usati un tempo per presidiare i sequestrati, si presidia la coca. Soltanto qualche giorno fa, per fare un esempio vicinissimo nel tempo, a Golfo Aranci, sulla banchina, all’arrivo del traghetto della Sardinia Ferries proveniente da Livorno, in una Volkswagen, nascosti sotto i sedili, sono stati scoperti cinque panetti di cocaina. Al volante c’era un cagliaritano che da anni vive a Civitavecchia: l’uomo è subito sembrato nervoso, ecco perché l’auto è stata sottoposta al controllo dei cani antidroga. Cinque panetti, quindi cinque chili, che una volta tagliati sarebbero diventati quindici, per un valore di oltre un milione di euro. La coca era destinata alla costa Smeralda: era il primo arrivo per questa estate».
Quanto incide il silenzio, anche in Sardegna, sulla crescita delle realtà criminali come quella che sembra emergere dalle indagini su Mesina e la sua banda? Non le sembra che sulla Sardegna ci sia come un cono d'ombra che tiene l'isola fuori dalla grande informazione nazionale?
«Il silenzio incide moltissimo nel rendere meno efficace l’opera di contrasto delle organizzazioni criminali. A dimostrazione del fatto che in Sardegna la coca è di casa, lo scorso ottobre a Olbia, in una casa di campagna in località Lu Mungoni, è stato scoperto un piccolo stabilimento che veniva usato per ricristallizzare la cocaina, cioè per portarla dallo stato liquido allo stato solido attraverso sostanze chimiche. C’era un gruppo di narcotrafficanti, attivi tra il Sud America, la Liguria e la Sardegna, che impregnava di cocaina liquida le tele dei quadri per il trasporto dal Sud America all’Italia, in modo da poter passare senza problemi i controlli doganali. Poi a Olbia la coca tornava allo stato solido nel laboratorio di Lu Mungoni e alla fine era spacciata principalmente nel mercato dell'isola. Il silenzio sulle vicende sarde ha avuto come effetto, in questi anni, l’assenza di un contrasto vero delle potenti organizzazioni criminali. Nel caso di Mesina, va sottolineato che le due organizzazioni che sono state scoperte e sgominate con l’operazione di questi giorni non sono le più pericolose. Mesina si è inserito nel traffico di stupefacenti sfruttando, per attivare legami con la ’ndrangheta, il suo carisma. Mesina non si è mai pentito, è riuscito – uso una parola del modo criminale – a “fottere” perché ha fatto il gioco del dissociato: non si è pentito, moralmente si è dissociato, è tornato alla vita “civile”, a fare affari senza dover denunciare nessuno. Ma continuava a essere un riferimento e quindi ha iniziato a ricevere coca da distribuire alle strutture territoriali per lo spaccio. Grazianeddu è diventato il mediatore. Il cono d’ombra cui lei fa riferimento esiste: ci vorrebbe una presa di coscienza e di responsabilità, che però non arriva».
  tale intervista rilasciata  da saviano    viene  confermata     anche da  :  
1)  da questo articolo  del 11\6\2013  sempre  dellla  nuova  
L’Anonima della cocaina 
Il traffico di stupefacenti collante tra malavita sarda, ’ndrangheta e mafie emergenti 
l’arresto di grazianeddu 


di Pier Giorgio Pinna wSASSARI Forse non c’era bisogno di una conferma tanto eclatante. «Si sa da tempo che i canali della droga portano dalla Sardegna a Milano, con saldature tra personaggi della vecchia mala sarda e boss mafiosi emergenti», commenta un investigatore. Ma certo l’arresto di Mesina e del suo esercito di presunti complici fa riflettere a fondo. Intanto, perché costringe gli inquirenti a rispolverare i faldoni sulle ultime inchieste da cui sono scaturiti collegamenti con la ’ndrangheta. Poi, perché getta luce non tanto sul ruolo dei corrieri – da sempre semplici pedine in una scacchiera molto più ampia - ma soprattutto sugli affari illeciti, da centinaia di milioni all’anno, che legano calabresi, albanesi, barbaricini, capi delle aree cagliaritane a maggior tasso di criminalità. Infine, perché, indirettamente, quest’ultimo blitz dei carabinieri svela aspetti inediti nel sotterraneo spaccio di coca, eroina, ecstasy, anfetamine. Terreno di coltura. La Sardegna è un mercato appetibile per

11.6.13

il bullismo non è educazione

Al  mio post  precedente  su tali tematiche  , m'ero dimenticato  d'aggiungere
L’educazione è il grande motore dello sviluppo personale. È grazie all'educazione che la figlia di un contadino può diventare medico o un bambino povero il presidente di una grande nazione.
                                  Nelson Mandela
  

10.6.13

nuovi casi di bullismo con aggiunta d'insulti ( non nuovi a dire il vero ) contro i sardi

Lo  so che saranno news  locali  o piccole news o nerws  a  cui ormai ci siamo  assuefatti  . Ma  spesso le cose  ignorate  \ regalate , salvo eventi eccezionali  come il caso  di Valentina Picchio , dalla stampa  nazionale   in piccoli  articoli di cronaca  o  sui  giornali locali  , sono sintomo di un crisi sociale  sempre  più dilagante   non corretta  (    anche se le speranze  sono ridotte  al lumicino per poterlo fare  ancora ) in tempo  , visto  che già un  altro poeta della canzone italiana    ne  aveva  fatto  una canzone

                                        video non ufficiale 

 in merito . Un fenomeno dilagante  , spesso  come  riportato  sotto  , viene  confuso   con bravate  ( prima news  )  o  peggio  esasperato da razzismo ed  xenofobia  oltre  che  da  stupido  e becero   campanilismo  \  provincialismo  dettato  da antiche pregiudizi  ( seconda  news  ) .

IL bullismo sia via web che di persona è figlia del mobbing,che i ( grandi ) usano azioni di tortura psicologica che nei molti casi si arrivi al ( suicidio
). Quando    si capirà che    che i maltrattamenti che siano eseguiti dai fanciulli che dagli adulti hanno la stessa valenza e risultato (suicidio dei danni provoca danni imprevedibili ,ma con tutti i casi di suicdio sia dei minori o adulti come succede anche in caserme ,oltre che in tutti i luoghi di lavoro . Quindi   s'aspetta con ansia che si prenda   seriamente il problema che non si può aspettare altro tempo.
La rete è un potente strumento di espressione delle opinioni, di interazione.sociale, di emancipazione e di arricchimento culturale, ma può anche diventare
un mezzo per diffondere stereotipi, meccanismi discriminatori e intolleranza.Le cronache, purtroppo, ci raccontano sempre più spesso storie, a volte
drammatiche, di giovani o di minoranze vittime di insulti, dileggio,diffamazione, persecuzione attraverso il web.
Ecco perché è importante sensibilizzare gli utenti, soprattutto giovani, ad un uso responsabile della rete, come sta facendo il Consiglio d’Europa con la
campagna No hate speech. Iniziativa che non intende limitare la libertà di espressione on line bensì favorire un utilizzo consapevole del web. A voi ulteriori   commenti  alle  news  sotto    riportate 

 

                                        video ufficiale

 dall'unione sarda  online 


Legato all'albero durante la ricreazione  A 10 anni vittima dei compagni a Firenze



Un bimbo di 10 anni è stato legato ad un albero ed offeso durante la ricreazione da un gruppo di compagni di scuola a Firenze in una specie di "gioco della guerra" che sarebbe poi degenerato in vere e proprie forme di bullismo.
L'episodio, riportato oggi dal quotidiano La Nazione, ha suscitato proteste e prese di posizione proprio alla vigilia della presentazione della relazione del garante per l'infanzia e l'adolescenza domani al Senato. 
BULLISMO, UNA FOTO SIMBOLO
L'episodio di Firenze è stato segnalato dal legale incaricato dalla famiglia del bimbo alla dirigente scolastica e non è escluso che nei prossimi giorni venga decisa la presentazione di una denuncia, anche perche il bambino è ricorso alle cure mediche per i lividi del "gioco". Intanto sulla vicenda è intervenuto il deputato del Pd Edoardo Patriarca: "Mi chiedo dove fossero gli insegnanti e perché si è intervenuti così tardi. Purtroppo il bullismo sta aumentando nella nostra società, anche, a volte, per una scarsa percezione della gravità del fenomeno anche da parte degli insegnanti che spesso non hanno gli strumenti per valutare se si tratti davvero di bullismo o di bravate giovanili". "E proprio nella scuola - dice Paola Ferrari De Benedetti, portavoce dell'Osservatorio Nazionale Bullismo e Doping - il luogo in cui si manifesta il bullismo occorre intervenire. La scuola con gli insegnanti, i dirigenti e personale non docente è il luogo migliore dove iniziare a fare prevenzione per far capire agli alunni che è il bullismo è un comportamento assolutamente sbagliato".




L'offesa sul web: "Sardi stupra-pecore"  scatena insulti e bullismo su Facebook

Insultano i sardi, si ribella e gli rubano l'identitàGli amministratori di una pagina Facebook definiscono i sardi «stupra-pecore», un ragazzo si ribella e i titolari della pagina lo “cyber bullizzano”.Su una pagina Facebook "Sfigati Ignari II" gli amministratori del gruppo definiscono i sardi "stupra-pecore", un ragazzo si ribella all'offesa e parte il "cyber-bullismo" contro di lui.
Gli amministratori di una pagina Facebook definiscono i sardi «stupra-pecore», un ragazzo si ribella e i titolari della pagina lo “cyber bullizzano” prendendogli una foto, pubblicandola e mettendogli in bocca parole che non ha mai detto. Il caso ha suscitato le proteste di tante persone che hanno letto e che subito hanno inviato messaggi di protesta sia per la frase contro il popolo isolano che per il trattamento riservato al giovane.
Il gruppo "Sfigati Ignari II" è seguitissimo su Facebook (117 mila utenti): uno spazio dove è possibile pubblicare foto divertenti, curiose, spesso ridicole trovate nel web che poi si commentano ironicamente.
Ma qualche giorno fa durante una chat privata, gli amministratori del gruppo, hanno apostrofato offensivamente i sardi chiamandoli "stupra-pecore".
Il post con l'offesa è stato subito pubblicato da qualche utente sulla pagina pubblica del gruppo: da qui sono partiti gli insulti di risposta. Tra questi, viene preso di mira un ragazzo di 22 anni di Cagliari. Qualcuno va nel suo profilo, prende alcune foto e le pubblica nella pagina, inserendo all'interno alcune frasi poco gentili e facendo credere che sia il giovane a scriverle.
Insomma un classico caso di cyber-bullismo. Per il momento non è partita nessuna denuncia alla Polizia postale.FACEBOOK. Gli amministratori del sito: la nostra è una pagina provocatoria. .LA PAGINA   (  vedere  foto    a destra  ) La vicenda nasce nel gruppo intitolato
“Sfigati ignari II”. Una pagina famosissima, seguita da 117 mila utenti. Uno spazio dove è possibile postare foto curiose, divertenti, spesso ridicole, scovate nell'universo di internet, che poi vengono sistematicamente derise da tutti gli “affezionati” del gruppo. Scherzi accettabili, fino a quando non si arriva alle offese o non si trascende nel cyber-bullismo.LA VICENDA Gli amministratori dello spazio, di cui non si conosce l'identità, durante una “chat” privata con un utente apostrofano in malo modo i sardi. Poi la conversazione (insulto compreso) viene copiata e postata pubblicamente. Immediate le reazioni.CYBER BULLISMO Fra tutti i contestatori, uno dei più accaniti è un ragazzo cagliaritano di 22 anni, che a quel punto viene preso di mira. Alcuni suoi commenti di critica vengono cancellati. Dopo di che qualcuno va nel suo profilo, prende alcune foto e le pubblica nella pagina, inserendo al loro interno alcune frasi poco carine e facendo credere a tutti che è stato il 22enne a scriverle. «Vi voglio dare dei consigli per essere fighi come me - è scritto nelle foto pubblicate - Allora dovete sapere solo una cosa: non sarete mai al mio livello, quindi rinunciateci sfigati». E alcuni utenti ci cascano, almeno leggendo i commenti. Pensano che sia davvero il cagliaritano ad aver agito in quel modo. Un classico episodio di cyber bullismo. Di fatto un furto d'identità, evento ormai sempre più comune all'interno del mondo del web. Il 22enne scrive all'amministrazione del social network chiedendo di rimuovere sia la foto pubblicata senza il suo consenso, sia la frase contro il popolo sardo. Niente da fare. Nessuna denuncia, per adesso, è stata inoltrata alla Polizia postale da parte sua.I COMMENTI Tante le persone che si lamentano: «Diteci quello che volete - scrive una ragazza - tanto ogni estate vi vediamo in massa nelle nostre spiagge». Le proteste arrivano soprattutto dal popolo femminile: «Che senso ha offendere i sardi - dice Beatrice - I veri ignoranti sono proprio coloro che parlano così come hai fatto tu». E ancora: «Ma perché creare odio contro qualcuno solo perché è sardo, napoletano, torinese, bolognese - sottolinea Marco - la violenza è il linguaggio di chi non ha nulla da dire». I titolari della pagina, lette le proteste, chiariscono: «Questa è una pagina provocatoria. Gli sfigati sono quelli che abboccano e insultano».
Piercarlo Cicero







9.6.13

NonSoloAnimali: ARRIVA DALL' INGHILTERRA SKIMUNE, IL METODO ALTERNATIVO ALLA VIVISEZIONE .

Arriva dall’Inghilterra “Skimune”, nuovo test cutaneo basato su cellule immunitarie ed epidermiche di origine umana, in grado di verificare le reazioni di sensibilizzazione dovute a farmaci e cosmetici.  da

http://nonsoloanimali-franci.blogspot.it/2013/06/arriva-dall-inghilterra-skimune-il.html

8.6.13

ma basta con le missioni all'estero . perchè l'italia si ritiri deve morire qualche figlio dei politici ?


hai ragione l'amico  Pino De Noia quando dice





Ma basta!Non ci crede "piu' nessuno" alle missioni di pace,che sono pero' "sottoforma di guerra".Lo sa' pure mia nipote che deve compiere 8 anni che è tutto per interessi economici e non per missione di pace.Sa pure che è tutto un introito economico per la costruzione e la vendita delle armi.Nazioni...o una nazione,come L'Italia, che si ritiene pacifista dovrebbe uscire fuori da situazioni belliche...I ragazzi muoiono,e dispiace,..."ma loro se ne fottono"...non serve a niente "la medaglia al valore"...Quei soldi che si spendono,e sono tantissimi, per mantenere tutti i militari nelle varie zone di guerre...piu' che altro zone d'interessi,quest'ultimi tra l'altro di altri paesi,Usa in primis,si spendessero per creare: LAVORO,CIVILTA',SVILUPPO,PACE E LIBERTA'. 

6.6.13

toto riina nel nuovo carcere di sassari ? la sardegna ancora una volta come destinazione di feccia

leggendo  online  sia  lanuovasardegna (  da cui  ho tratto foto ed  asrtticolo  )  sia  l'unione sarda  la  news  in questione

Mi viene  in mente   tale  scena,  del  film cento passi     :<<  (  ... )   diciamolo  una volta per tutte che noi siciliani [ sardi ] la mafia la vogliamo. Ma non perché ci fa paura, perché ci dà sicurezza, perché ci identifica, perché ci piace. Noi siamo la mafia >>  dal film  , eccetto  la  frasi  tra parentesi  (  qui il resto del  monologo ) oppure   chi non ha  voglia  o tempo  d'andare   a vedere l'url  la  trova  qui sotto




 Scusate  questa  mio sfogo  .  Eccovi la news 
CAGLIARI. «Occorre fermare immediatamente l’arrivo di Riina e di metà di Cosa Nostra in Sardegna e a Sassari. Bisogna opporsi con tutte le forze ad una decisione dissennata che rischia di provocare un danno gravissimo all’isola sia sul piano sociale, che economico e d’immagine. È un errore sotto ogni punto di vista, tecnico e politico. Significa considerare la Sardegna una colonia dove tutto è consentito». Lo ha detto oggi in una conferenza stampa radiofonica su Radiolina in collegamento da Bruxelles il professor Pino Arlacchi, esperto sul contrasto alla mafia, assieme al deputato Mauro Pili (Pdl) da tempo in prima linea nel contrasto della decisione di trasferire in Sardegna oltre 600 mafiosi di cui 300 del regime 41 bis. Arlacchi, una delle massime autorità mondiali in tema di sicurezza umana, presidente dell’Associazione per lo studio della criminalità organizzata, amico dei giudici Falcone e Borsellino, è stato presidente onorario della Fondazione Falcone, tra gli architetti della strategia antimafia italiana negli anni novanta del XX secolo e consigliere del Ministro degli Interni. Ha redatto il progetto esecutivo della DIA, la Direzione investigativa antimafia (Dia), agenzia interforze coordinata a livello centrale. Arlacchi è quindi sceso in campo a sostegno di una mobilitazione bipartisan intrapresa da Pili il quale ha annunciato che «è dato per scontato negli ambienti penitenziari il trasferimento in Sardegna del boss dei boss Totò Riina, che dovrebbe arrivare entro il mese nel carcere di Bancali a Sassari». Arlacchi ha quindi lanciato un appello alle forze istituzionali: «Serve una posizione netta del Consiglio regionale e della Giunta. Occorre far valere davanti al Ministro e al Governo le ragioni di un’isola che non può essere trattata in questo modo. A Roma non possono pensare che i sardi strilleranno e poi si adatteranno. Significherebbe far vincere la politica coloniale dello Stato verso la Sardegna. Questo muro deve essere eretto immediatamente. Se a Sassari e Cagliari non ci saranno resistenze sarà difficile impedire che anche la Sardegna finisca nelle mani di cosa nostra».
Il presidente della Provincia di Sassari, Alessandra Giudici, interviene a proposito delle rivelazioni fatte da Pino Arlacchi, delegato Onu per la lotta contro le mafie ed espero mondiale di sicurezza, secondo cui sarebbe imminente l’arrivo nel nuovo carcere di Sassari di Totò Riina e di altri boss mafiosi. «L’annuncio di un esperto autorevole come Arlacchi rispetto all’imminente arrivo nel nuovo carcere di Bancali dei boss mafiosi e camorristi, a iniziare da Totò Riina, purtroppo non ci sorprende ma ci rammarica molto - commenta Giudici - perché è l’ennesimo schiaffo che subiamo da Roma». «Abbiamo manifestato apertamente la nostra opposizione sin dal momento in cui si progettava il carcere e si ipotizzava la realizzazione di un braccio destinato al 41 bis - spiega la presidente della Provincia di Sassari - ma la tardiva e laconica risposta avuta dal ministero di Grazia e Giustizia era stata la palese dimostrazione che la volontà della comunità locale, che immaginiamo sempre di rappresentare e tutelare quando ci rivolgiamo alle altre istituzioni, non viene mai tenuta nella minima considerazione».
«Il fatto che il finale di questa vicenda non sia affatto sorprendente, non ci impedisce comunque di continuare a batterci e a denunciare che si sta commettendo un errore gravissimo, rischiando di mettere a repentaglio la salute di un territorio che finora non ha mai avuto a che fare con la mafia, spiega il presidente della Provincia. Chi ha preso questa decisione deve essere messo nelle condizioni di tornare sui suoi passi - conclude Alessandra Giudici - o di assumersi pubblicamente le responsabilità delle proprie scelte e di spiegarne le motivazioni».

5.6.13

il sughero esempio d'industrializazione che non rovina e non snaturilizza ( o quasi ) gli antiche mestieri



in sotto fondo l'ecco  finale  della canzone  le radici e le  ali dei the  gang  e  a seguire la  canzone    Le radici ca tieni dei Sud sound system

stavo  scegliendo per fare  una  slideshow  sul mio  youtube  con  alcune  foto  della mostra  \ presentazione tenuta dall'amico  roberto  graffi  il  16\5\2013  alle  cantine surrau  ( arzachena  ) . Qui le  foto  di giancarlo deligios videoproduzioni autore  del filmato che trovate  sotto  




http://www.vignesurrau.it/  e  qui  la loro pagina  facebook   dove  è stata presentato il suo   lavoro  fotografico sul sughero  .  E mi è ritornato in mente  : 1)  che non  ho svelato l'oggetto   di tale  tempo fa   su queste pagine  ., 2)   che  la mia  video  intervista  su  una delle  sue precedenti mostre tenute  a   tempio pausania   dello  stesso lavoro  , ma  ambientazione diversa  ,quiz    che  feci nel lontano 2009  e   di cui parlai qui era per  sbaglio stata  cancellata  dal mio canale  di youtube  .

per  approfondire



  cosa  è il sughero  , lavorazione  , caratteri  botanici  ,  usi, ecc  


http://it.wikipedia.org/wiki/Quercus_suber  

http://www.centralsughero.it/pro-di-la.php    
http://www.allsardinia.it/sughero.htm
http://www.allsardinia.it/sughera.htm
http://www.allsardinia.it/varieta.htm  
http://www.softwareparadiso.it/studio/materiali-sughero.htm 
http://www.allsardinia.it/utilizzi.htm      
 http://www.sughero.org
 pannelli sughero
 sughero isolante 
pavimento sughero
http://www.haisentito.it/articolo/estate-insegna-sughero/1563/

  


Nel post  d'oggi oltre al reportage  della mostra  del 16\5\2013     trovate  una  nuova intervista  con le stesse  domande ed  altre  allo stesso roberto ( scusandomi per  la pessima  ripresa  , ma  avevo  una digitale  nuova  , una  G12  ( foto  a destra presa da  google  ) 



Iniziamo  però  con la  soluzione  , scusandomi per  il ritardo    del  quiz  che  proposi  qui L'oggetto  rappresentato   ( ripropongo qui  al centro  le due  foto   del post  in  questione    vedere  url   riga precedente  ) 



  esso  è la  classica   nappedda, costituita da un solo pezzo di sughero grezzo, è il recipiente più semplice usato nei tempi più antichi , Serviva   per attingere acqua di sorgente  fonte   (  da  http://www.allsardinia.it/sughero.htm  ).  Era  uno  dei tanti usi  del sughero   quando  l'economia  della sardegna  in particolare  in gallura  era  un economia di auto sussistenza  (  ne  riparleremo  nei  prossimi post  )   . Ed  era  uno  dei tanti  elementi   che  si    ricavavano dal sughero     gli esempi  più noti   sono  (  tratto da   http://forum.sardegnaland.it/topic-sardegna-IL-sughero-di-Sardegna
- lu bugnu, è un grosso cilindro di sughero grezzo munito di base, utilizzato già nell’antichità a seconda delle dimensioni come arnia per le api o come contenitore di derrate alimentari

- la jona, costituita da un mezzo cilindro di sughero grezzo munito di due semicerchi (cameddi) chiodati all’estremità con chiodi di ginepro, è un oggetto di origini antichissime usato nelle vendemmie per il trasporto dell’uva. Per la raccolta se ne utilizzava uno più piccolo chiamato junedda
- l’uppu, piegato con acqua bollente fino ad assumere una forma cilindrica e munito di base e di un manico di ginepro, veniva usato nell’antichità per attingere acqua
, piegato con acqua bollente fino ad assumere una forma cilindrica e munito di base e di un manico di ginepro, veniva usato nell’antichità per attingere acqua
- lu barili, costituito di sughero grezzo munito di basi chiodate con chiodi di ginepro, è un ottimo contenitore termico per acqua, vino e altre bevande
- lu banchittu, è un piccolo sgabello costituito da bande di sughero femmina chiodate fra loro ad incastro con due lastre piane dello stesso sughero chiodate alle basi
- la bancaredda, simile allu banchittu ma di dimensioni molto più grandi in modo da consentirne l’uso come tavolo, la base inferiore può anche mancare
- il sedile rustico, con la stessa struttura dellu banchittu ma con l’aggiunta di uno schienale e due poggia gomiti
- il porta lenza, costituito di sughero femmina, ha forma rettangolare dello spessore di qualche centimetro e un profilo "a vita" in modo da consentire l’avvolgimento del filo.
per  gli altri vedere url  sopra 

Roberto Grtaffi  è riuscito   con L'arte della lavorazione del sughero in Sardegna-The art of cork manufacturing in Sardinia. Con DVD è riuscito a bloccare un mondo quasi scomparso quello del sughero e della sua lavorazione che unisce artigianato e industria . concentrandosi sui tappi del sughero che è forse l'aspetto maggiormente conosciuto dei derivati del sughero.  << Un'avventura emozionante all'interno  >> http://www.inmondadori.it  << di un universo poco conosciuto: il sughero e la sua lavorazione. >> . Attraverso il filmato ( che ho ripreso con Download Hwelper opzione di mozzilla firefox  dalla  pagina di facebook del regista      )


e le  foto    che  trovate qui sul sito di roberto  Esso ( insieme al video  di Giancarlo.Deligios che vedete sopra )     risponde a  delle  domande    :  Chi sono gli uomini che confezionano manufatti con questo particolare materiale ?   Quali sono i metodi di lavoro  ?  Quale fatica si cela dietro ogni singolo pezzo, dal semplice tappo agli oggetti dell'artigianato  ?   Una galleria fotografica,ed un dvd  contenente  un excursus completo che rivela un mondo costellato di curiosità, industriosità e laboriosità. << L'autore  con le sue immagini, >>  sempre  secondo  inmondadori.it <<  si concentra sui volti, sulle gestualità, sui

3.6.13

TATUAGGI PERICOLOSI PER LA SALUTE? LO STUDIO DI UN RICERCATORE SARDO

È partito da un ricercatore di Jerzu lo studio sulla pericolosità dei tatuaggi. Si chiama Giorgio Usai, il preparatore atletico che ha lanciato l allarme sulla incompatibilità tra i tatoo e le prestazioni sportive degli atleti.





Il trenino verde e il sogno arrugginito



da lanuovasardegna online del 3\6\2013  di Giovanni Bua  

           Il trenino verde e il sogno arrugginito



Sembra figlio di nessuno il trenino verde. 

Come sottolineato in un’inchiesta delle scorse settimane del nostro giornale, firmata da Sandro Macciotta: «L’Arst lo gestisce tra enormi difficoltà ma non lo promuove. L’assessorato al Turismo, che di questo “attrattore” di viaggiatori e curiosi dovrebbe essere il massimo valorizzatore, si piega invece alle resistenze di un sistema Regione a compartimenti con scarsa capacità di interagire tra assessorati, enti e comunità locali. E così il Trenino verde langue. Mancano vagoni, locomotive e automotrici. E anche le linee hanno bisogno di controlli e urgenti lavori». Un dato su tutti: l’anno scorso sulla Mandas-Arbatax ci sono stati tre deragliamenti senza conseguenze per le persone, ma il problema sicurezza inizia a essere una priorità. E così il parco storico di locomotive a vapore e carrozze Bauchiero (tutte legni e ottone) dei primi del Novecento arrugginisce fermo in gran parte nei depositi, insieme al gran sogno che questo trenino sembrava rappresentare. Non sono passati nemmeno 20 anni infatti da quella domenica di aprile del 1994, quando la vecchia Reggiana 400 aveva ripreso, dopo 100 anni, a sbuffare nelle salite tra il Sarcidano e la Barbagia. Nella “strana ferrovia” che D.H Lawrence aveva descritto nel suo Mare e Sardegna: «Si sfreccia con noncuranza – scrisse l’autore dell’amante di lady Chatterly – su per colline e giù per valli attorno a curve improvvise». La stessa che “la tigre d’Ogliastra” Samuele Stocchino assalì con la sua banda, in perfetto stile indiani e cow boy, almeno tre volte nel 1917, con il nostrano Jasse James che attendeva nei pressi di Arbatax l’arrivo dello scalcinato convoglio, ampiamente annunciato da alti e nerissimi sbuffi.
Un percorso tutto cuore e memoria, fuliggine e speranza. In cui l’Esit, guidato allora da un giovane e rampante Luigi Crisponi, attuale assessore regionale al Turismo, investì tantissimo, per dare nuova vita al turismo delle fiere e superbe bellezze del nostro interno. Un grande progetto, che oggi arrugginisce, insieme a Elsa e Wally, alla Goito (locomotore del 1893) e ai vagoni Breda e Bauchiero. Vittime di un sistema che non riesce a valorizzare quello che già c’è. E men che mai a sognare.
Infatti   ciò viene confermnato dalla    toccante   testimonianza \ commento  Gianni Dessì  rilasciata   20 maggio 2013 alle 18:18
  1. ho trascorso i miglioti anni della mia carriera di macchinista a sassari alla condotta di Elsa e Wally dal giorno della riesumazione dal vecchio deposito di Sorso all’ultimo viaggio rientrando da una gita da Palau.
    Allora ero fiero di essere un ferroviere, fiero di rientrare nero e sporco di carbole perchè ti gratificavano i complimenti dei viaggiatori che felici all’arrivo in stazione scendevano dalle carrozze e si avvicinavano alla locomotiva per salutarci con un caloroso arrivederci hanno distrutto un sogno !
    Abbiamo fatto gite di ogni genere, SPOT pubblicitari ,ma sopratutto diverse edizioni del TELETHON, e la migliore in assoluto è stata quella con il supporto di Andrea PARODI Cecilia CONCAS e Giuseppe MASIA che da Palau a SS adogni fermata si esibivano mentre gli abitanti del posto versavano al funzionario della BNL un contributo per la ricerca sulla distrofia.
    Son cose che mi rimarranno sempre nel cuore, nello stesso cuore che oggi si ratrista nel vederle tutti i giorni in questo piazzale sporche arrugginite e cannibalizzate.

2.6.13

come farei senza le nuvole ?

leggendo    questo  post (  che  poi  era una  domanda \  riflessione  che mi viene  ogni  volta  che  piove  o  vedo  nuvole  )  : <<    Che cosa sarei, che cosa farei senza le nuvole ?Trascorro la maggior parte del tempo a guardarle passare. Cioran  >>  dalla bacheca    facebook  della mia  amica  Chicca Signorina Fantasia
ho ricordato  questa  canzone   che poi   non è altro  che la risposta  ed  un estensione dello stesso tema  



perchè al femminismo serve capire gli uomini e al maschilismo capire le donne consigli perchè il 25 novembre sia tutto l'ano e non solo la classica giornata palla

Il 25 novembre è una giornata specialeo almeno dovrebbe esserlo , poiché si celebra la Giornata Internazionale per l’Eliminazione della ...