29.3.16

i valori della rivoluzione francese libertè legalitè fraternitè sono ancora validi ? se,mbra di no visto che Parigi non illumina come ha fatto per gli attentati di Bruxelles la Torre Eiffel con i colori del Pakistan.

colonna sonora d'oggi :

Proprio come la  sigla dei Griffin (  vedere   url  sopra  )   dopo questo  fatto  mi chiedo  elucabrando   : ma  che  fine hanno fatto  il vcalori   della rivoluzione francese  libertè  legalitè  fraternitè  ? . Ma  soprattutto  questa  e' la prova provante  per  chi  ha  ancora il prosciutto negli occhi che   esistono  solidarietà ( e vittime ) di Serie A  e  di serie  B .
Va bene  che  come  dice  il sindaco di Parigi  : <<   "L'illuminazione della Tour Eiffel è un gesto eccezionale".>> ma però    dev'esserlo per tutti  e  non  solo per  uno \  due si  e per  gli altri  no  specie  quando si tratta  d'attentati cosi vili ed infami , e secondo alcuni ( mica  tanto ) complottisti fatti fare  su commissione  per  giustificare la guerra  e la politica accentratice  dell'occidente    in medio oriente  . Ho , per  parafrasare una  famosa  canzone,  perso le parole   e non so che altro dire . e  vi rimando a tale articolo

Parigi non illumina la Torre Eiffel con i colori del Pakistan. La protesta della rete: "Il dolore è uguale ovunque"

Pubblicato: Aggiornato:
EIFFELL
La torre Eiffel si è illuminata con i colori della bandiera belga per commemorare le vittime degli attacchi terroristici del 22 marzo, ma non si accenderà con i colori del Pakistan colpito da un terribile attentato che ha ucciso a Lahore oltre 70 persone, tra le quali 30 bambini.

"Nel mondo ci sono regolarmente attentati e rendiamo omaggio alle vittime in altri modi", spiegano all'Hotel de Ville, la sede del Comune di Parigi, aggiungendo: "Gli attentati di Bruxelles hanno una portata molto particolare perché abbiamo un legame particolare con Bruxelles". E ancora: "L'illuminazione della Tour Eiffel è un gesto eccezionale".
La decisione però non piace a numerosi utenti di Twitter, che continuano a chiedere alla sindaca Anne Hidalgo di ripensarci.
"Il dolore di una madre è lo stesso in Belgio, a Parigi o in Pakistan", scrive una donna:

@Anne_Hidalgo la douleur d'une mère est la même en Belgique à Paris ou au non. ??la tour Eiffel aux couleurs du Pakistan merci
Tuttavia una immagine del celebre monumento parigino in bianco e verde, i colori del Pakistan, sta facendo credere a numerosi internauti che Parigi abbia voluto omaggiare le vittime pakistane. Ma non è così. E non è nemmeno un fake.

Come ricostruisce il sito Mashable, l'immagine è reale e risale al 2007, quando la torre usò questi colori per il campionato mondiale di rugby: verde per il colore del prato, bianco per le righe sul terreno.
Era molto difficile non farsi trarre in inganno, specialmente perché la prima a twittare la foto della torre Eiffel falsamente "abbigliata" con i colori del Pakistan è stata una giornalista pakistana, corrispondente per la Reuters, che comunque aveva usato la formula dubitativa:


Is that the Eiffel Tower lit up in colours?
 

Molti hanno cominciato un vero e proprio mail-bombing nei confronti della Hidalgo, più o meno replicando la stessa richiesta: "Allora questa sera illuminiamo la torre Eiffel con i colori del Pakistan?"

Alors , comment ça se passe, ce soir on met la tour Eiffel au couleur du Pakistan ?

28.3.16

BOLZANO Bolzano, mendicante finto invalido: «Lo faccio per i miei figli»

BOLZANO

Bolzano, mendicante finto invalido: «Lo faccio per i miei figli»

All’incrocio tra via Mayr Nusser e ponte Loreto simula spasmi e zoppica . L’ammissione: «So che è sbagliato, ma nessuno ascolta la mia storia»
 
BOLZANO. Una storia di inganno e disperazione, nascosta nelle pieghe del fenomeno dei mendicanti sempre molto discusso a Bolzano . La storia di un’invalidità simulata per intenerire i passanti perchè non c’è tempo di raccontare la propria storia di povertà. Chi frequenta l’incrocio tra via Mayr Nusser e ponte Loreto conosce un mendicante con il bastone che si apposta sempre, intorno a mezzogiorno, nei pressi del semaforo. Presenta un’evidente zoppia alla gamba destra e soffre di spasmi alla testa. Peccato che tutto questo sparisca in un video che una nostra lettrice, Dany Calabrese, ha girato in via Alto Adige dove si vede l’uomo camminare senza alcun problema. Com’è possibile l’invalidità a comando? Lo abbiamo chiesto direttamente a lui che, dopo un attimo di resistenza, ha ammesso di fingere. «Ho due bambini e sono senza soldi. Cerco di guadagnare qualcosa per la mia famiglia e sono costretto a fare questo. Onestamente non rubo e non faccio del male».


Un’attività, quella dell’elemosina, che lo occupa tutti i giorni. «Vengo sempre qui al semaforo e in una giornata riesco a guadagnare circa dieci euro». Almeno questo dice lui. «Pochissimo, ma è tutto quello che riesco a permettermi». Non è l’unico, in famiglia, a utilizzare la tecnica della finta malattia. «Anche mio padre, in Romania, finge di avere dei problemi ad entrambe le gambe. Ripeto, cerchiamo di trovare un modo per sopravvivere senza dover delinquere». D’accordo, ma perché imbrogliare i cittadini? «Nessuno ha voglia o tempo di ascoltare la storia di un uomo in difficoltà». Un giornale è un buon modo per farla sapere. «Sì, ha ragione. Io sono un cittadino romeno che da anni vive a Bolzano. I miei bambini stanno a casa, in Romania: non ho occasione di vederli ma voglio aiutarli comunque. Non c’è lavoro, non c’è niente. Io sono sostanzialmente un povero». Anche lui arriva dal discusso parco Stazione . «Dormo lì e di giorno mi sposto. Di questi soldi tengo lo stretto necessario per me, il resto lo mando a casa». Raccontare la propria storia può aiutare più di fingere lungo la strada malattie inesistenti. Strappiamo la promessa, in cambio, di chiedere aiuto onestamente. Tra inganno e disperazione.

I "non compiti" per Pasqua: "Giocate e guardatevi intorno"




"Quali compiti hai assegnato ai tuoi studenti per le vacanze di Pasqua?". E' questa la domanda rivolta dalla pagina Facebook "Your Edu Action", community di insegnanti, educatori e alunni, ai professori  Alcuni di loro hanno condiviso le loro direttive per le vacanze pasquali nei commenti. Quelli che hanno raccolto maggior successo, neanche a dirlo, sono stati i compiti che in realtà poco (o niente) hanno a che vedere con lo studio. "Stai all'aria aperta, guardati intorno (la primavera porta novità)", si legge su una lavagna. Segue un invito altrettanto allettante: "Gioca con i tuoi amichetti, divertiti con la tua famiglia e leggi a piacere (non solo dai libri di testo)".
oppure  

urile a resaponsabilizzare e un metodo per evitare che assumano atteggiamenti bullistici e prepotenti , ma soprattutot cadano nele devianze ( alcool e droghe ) fin da giovanissimi . le altre le  trovatre  qui

Macchina del tempo. Una vincita al Totocalcio nel 1955 e la foto ricordo in piazza a Fucecchio. Le due sorelle Rosita e Fiorella tornano in sella alla vespa


sottofondo musicale
quest'anno si celebrano  i  70  anni della  vespa  e  di cui   ci saranno mostre  e  e concerti  per  celebrare  quello    che  ha cambiato  (  vedere  primo documentario sotto  )     diventando un mito la storia      del nostro paese 

da  http://www.unionesarda.it/articolo/cronaca  del 27\3\2016


gregory peck e audrey hepburn su una vespa in vacanze romane
               Gregory Peck e Audrey Hepburn su una Vespa in "Vacanze Romane"


La Vespa, lo scooter più famoso e venduto al mondo con 18 milioni prodotti ad oggi, festeggia 70 anni. Il compleanno si celebra il 23 aprile: quel giorno, nel 1946, fu depositato a Firenze il brevetto per una "motocicletta a complesso razionale di organi ed elementi con telaio combinato con parafanghi e cofano ricoprenti tutta la parte meccanica".

Una Vespa 98, il primo modello prodotto
Una Vespa 98, il primo modello prodotto 
 
La Piaggio celebra il suo scooter mito proponendone una versione celebrativa, in uscita a metà anno, caratterizzata da cromie speciali. E sempre per il 70/mo il gruppo si prepara a inaugurare in aprile il nuovo stabilimento automatizzato di verniciatura a Pontedera (Pisa), storica sede della Piaggio e storica fabbrica delle Vespe. Anche la festa si farà in casa a Pontedera: il 22 aprile anteprima con l'inaugurazione al museo Piaggio della mostra 'In viaggio con Vespa. Un'avventura lunga 70 anni', dal 23 al 25 aprile raduno degli appassionati, con vespisti in arrivo dall'Italia e dall'Europa, il 24 concerto di Enrico Ruggeri

La Vespa Primavera
La Vespa Primavera 
 
La Vespa contribuì a rimettere in moto l'Italia uscita dalla guerra ma che poi, fabbricata dall'India al Brasile, diventò simbolo di libertà e fenomeno di costume, leggenda vivente dell'ingegno e del design italico, copiata in mille modi ed esposta al Moma di New York. E campionessa di vendite, con oltre 18 milioni di di esemplari venduti dappertutto.
Era lo scooter destinato a diventare il più famoso al mondo, nato dall'intuito di Enrico Piaggio, che voleva riconvertire l'azienda di aeroplani di famiglia, e dal genio di Corradino D'Ascanio, ingegnere aeronautico che non amava la motocicletta: insieme al disegnatore Mario D'Este, ne progettò una, l'Mp6, che ne avesse le prestazioni ma con la "popolarità della bici e l'eleganza e la comodità dell'automobile". Eliminò la catena - sporcava -, optò per una scocca portante a presa diretta, mise il cambio sul manubrio per una guida più agevole, creò una sospensione a pantografo mutuata dai carrelli degli aerei per facilitare il cambio gomma. A battezzarla ci pensò Piaggio: la forma ampia ma dal vitino stretto gli sembrò una vespa.

La Vespa Gts 300
La Vespa Gts 300 
 
Il primo modello uscito dallo stabilimento di Pontedera, che non ha mai smesso di fabbricarla, fu la Vespa 98cc. Duemila esemplari la prima produzione del '46, più che quadruplicati l'anno dopo quando esce la 125, non una motocicletta - recita la pubblicità - ma piuttosto una piccola vettura a due ruote, un milione a 10 anni dal debutto. I vespisti 'dilagano', anche fuori confine: nel 1950 parte la produzione in Germania, nel 1953 sono diecimila le stazioni di servizio nel mondo e i Vespa club, ideati dallo stesso Piaggio, contano 50.000 iscritti (oggi sono 60.000), mentre nel 1951 alla Giornata italiana della Vespa sono in 20.000. 'Per il vostro lavoro, per il vostro svago Vespizzatevi' è lo slogan-imperativo in quegli anni della casa di Pontedera che anche nelle campagne pubblicitarie fa storia, segnando i cambi d'epoca. Tra tutte la più famosa, e surreale, 'Chi Vespa mangia le mele (chi non Vespa no)', inventata nel 1969 da Gilberto Filippetti: divide il mondo e 'schiera' lo scooter con i giovani. Tra i testimonial invece i migliori rimangono Gregory Peck e Audrey Hepburn in Vacanze romane, anche se son decine le pellicole che l'hanno immortalata.

Un" Vespino", il mitico 50 Special
Un" Vespino", il mitico 50 Special 
 
La Vespa insomma fa boom, anche in modelli, versioni e varianti: più di 150 in 7 decenni. La più ricercata dai collezionisti è la 125 U (che sta per utilitaria): lanciata nel 1953 per far concorrenza alla Lambretta Innocenti, estetica spartana ma costo ridotto, è prodotta in soli 7.000 esemplari.
Le più longeve la mitica 125 Primavera (varo 1968) e la successiva Px (1977), il vespone che vanta il primato di singolo modello più venduto: 3 milioni. C'è il vespino 50, ultima creatura di D'Ascanio per fare a meno della targa quando diventa obbligatoria per le cilindrate superiori: 3,5 milioni commercializzati in più versioni dal 1963, tra cui l'ET4 del 2000, che promette 500 km con un pieno. L'ET4 125 nasce invece nel cinquantenario: è la prima spinta da un motore a 4 tempi e ridà anche fiato all'azienda - due ruote targato più venduto in Europa nel '97 e '98 - che sta attraversando anni difficili dopo quelli d'oro, e chiude il secolo passando addirittura al fondo tedesco Morgan Greenfell. Con Roberto Colaninno nel 2003 Piaggio torna italiana e poi in utile.

Un prototipo della Vespa Mp6
Un prototipo della Vespa Mp6 
 
E la Vespa torna a viaggiare: in un decennio trip! lica le vendite (complessivamente quasi un mln e mezzo, 166.000 l'anno scorso) e le fabbriche. Allo stabilimento di Pontedera si affiancano prima quello vietnamita di Vinh Phuc, poi quello indiano di Baramati. Nel 2003 nasce la Granturismo, la più grande e potente, nel 2012 la 946 che rievoca nel nome il suo anno di nascita ma guarda al futuro e nel 2015 esce in una nuova veste firmata da Giorgio Armani. Affiancata, in commercio, dalla Primavera, la Sprint, la gamma Gts dalla grande scocca.
Un'avventura lunga 70 anni, celebrata con una versione speciale, in uscita a metà anno, caratterizzata da cromie uniche, e festeggiata in casa, a Pontedera, con l'inaugurazione del nuovo stabilimento automatizzato della verniciatura, un raduno internazionale dal 23 al 25 aprile e la mostra, al museo Piaggio, 'In Viaggio con la Vespa', inaugurazione il 22.
Protagonisti le imprese di chi, come Giorgio Bettinelli, ci fece più giri del mondo macinando 254.000 km, ma pure le gite fuori porta e le vacanze al mare in sella al mitico scooter: Piaggio ha lanciato una raccolta per selezionare foto, video e testimonianze di 200 appassionati e convinti che, per dirla con la pubblicità, [  vedere  primna  canzone  sopra  ] Con Vespa si può.


Avendo solo  , e che belli  ,  ricordi  indiretti  ( mio padre  e mio zio  che mi  raccontavano da bambino le  rivalità \  contrapposizione  fra  vespa e lambretta  ,  il  film   " il  grande blek   "  ,  le pagine ad essa  dedicate in enzo biagi  in  storia  d'italia a  fumetti   volume  4    italiani  sempre  a  fumetti   )  ed  le  canzoni citate  sopra   racconto  tale storia 

Le sorelle fucecchiesi Rosita e Fiorella in Vespa come 61 anni fa

Una donna trova la foto scattata a mamma e zia vicino al Ponte Mediceo nel 1955 e il club organizza lo scatto-bis

FUCECCHIO. Correva l'anno 1955. Nei cinema si faceva la fila per vedere Gioventù Bruciata con James Dean, la Fiat si accingeva a lanciare sul mercato i primi esemplari della Seicento, in parlamento si fronteggiavano senza farsi tanti complimenti democristiani e comunisti.
Erano gli anni della ricostruzione che precedette il boom economico degli anni Sessanta, il fascismo era ormai solo un brutto ricordo, la disoccupazione era una parola sconosciuta e la gente trovava nuovi punti di aggregazione nei bar, dove la sera i primi apparecchi televisivi in bianco e nero davano le immagini di Lascia o Raddoppia, condotto da Mike Bongiorno ad inizio carriera… lì le persone giocavano al Totocalcio - o meglio alla Sisal, come ancora veniva chiamata la schedina. E ogni tanto qualcuno vinceva… pochi e fortunati quelli che facevano 13, molti di più coloro che riuscivano a centrare il 12, i quali - anche se vincevano di meno - potevano così togliersi una piccola soddisfazione economica.


  ed invito  a  questi due documentari 










non so che altro dire

chi lo dice che il vandalismo sia solo male ? Livorno In piazza della Repubblica abbattuta la spalletta, sotto c'è un tesoro di monete

non tutti i mali vengono per nuovere  infatti è stata una sorpresa per Pasqua. Le monete sono state coniate nel 1859, forse lasciate lì dai muratori che realizzarono l'opera


LIVORNO. Due fattori umani, come la stupidità e la curiosità, portano a raccontare la storia che ha colorato questa Pasqua livornese. Tutto avviene lungo i fossi che separano la Fortezza da piazza della Repubblica, dove durante la notte di venerdì qualcuno ha fatto crollare uno dei blocchi in pietra della spalletta. Un vandalo, che con la sua bravata ha danneggiato sia una delle imbarcazioni ormeggiate là sotto sia la passerella che corre a filo d’acqua. Un gesto sconsiderato che ha dato però l’occasione ad uno dei proprietari delle barche, Domenico Sicilio, di dare sfogo alla sua curiosità.

 
L’uomo è andato a vedere il buco lasciato sulla spalletta armato di cacciavite, per provare a capire come fossero riusciti a sradicare il blocco. Ma anziché delle prove, ha trovato un piccolo tesoro: alcune monete antiche coniate nel 1859, alla vigilia dell’Unità d’Italia, forse le hanno lasciate sotto al masso come segno di buon auspicio i muratori che costruirono la struttura.
A chiamare i vigili urbani, nella prima mattinata di ieri, è stato uno dei proprietari delle barche ormeggiate sotto la spalletta di piazza della Repubblica, spiegando che sia la passeggiata sia una delle imbarcazioni erano state danneggiate dal blocco caduto giù e poi sprofondato sul fondale del fosso, distruggendo tutto quello che ha trovato lungo il suo volo.
Una volta sul posto, la polizia municipale ha dapprima messo in sicurezza il tratto e poi ha dato il via ai rilievi, ipotizzando da subito che si trattasse di un atto doloso.
Una teoria che ha trovato sempre più conferme: non solo perché sul buco lasciato dal blocco nella spalletta ci sono segni simili a quelli che potrebbe lasciare un piccone, ma anche perché è pensare che sia bastato un po' di vento per far cedere un masso in pietra come quelli che costeggiano i fossi.
E mentre la polizia era impegnata a ricostruire l’accaduto cercando eventuali tracce del colpevole, Sicilio, proprietario di una delle barche ormeggiate (per sua fortuna uscita incolume dall'episodio) è andato a curiosare sul buco rimasto aperto con un cacciavite e scavando nella polvere con un cacciavite ha trovato delle monete di due secoli fa, insieme ad un vecchio crocifisso e un bottone, questo invece di età molto più moderna.
Sono da 5 e 10 centesimi, il conio porta la data del 1859 e lungo i bordi si legge “Vittorio Emanuele Re d'Italia” e “Governo Provvisorio della Toscana”: monete che risalgono ai governi provvisori che fecero da apripista all'Unità d'Italia (avvenuta nel 1861).
Ma come sono finite là sotto? Secondo i funzionari del Museo di Storia Naturale di Livorno, che si sono presi in cura le monete almeno in questo primo momento per le analisi del caso, ipotizzano che possano essere state lasciate lì alla fine del lavori della costruzione della spalletta, avvenuta più o meno in quegli anni, postuma rispetto alla realizzazione di piazza della Repubblica che invece viene datata intorno al 1830 (all'epoca chiamata dei Granduchi). In questo quadro, combacerebbero anche le date, sia della realizzazione della spalletta sia del conio di queste monete.
Al termine di una grande costruzione, infatti, gli operai lasciavano delle monete sotto le ultime pietre sia come portafortuna, sia per lasciare un segno della loro opera.
Che stesse cercando proprio queste monete la persona che ha gettato di sotto il blocco? Una sorta di tombarolo appassionato di storia che anziché bazzicare i cimiteri costeggia i fossi?
Possibile, ma sconveniente per il vandalo, dato
che il loro prezzo sul mercato dei collezionisti non è poi così sconvolgente. Ma in ogni caso, resta una traccia del passato livornese, custodito lungo lo scorrer dei fossi, che ritorna a galla.

morire per troppo amore degli animali Insegue il cane in tangenziale: uccisa. Lo strazio di parenti e amici M investita mentre cercava di recuperare l’animale sfuggito, che avrebbe regalato oggi alla figlia

l'unica  risposta  che mi  do  a questa  mia elucubrazione    : fanatismo o amore ? incoscienza . Infatti  essa  è   una  storia  d'amore  e d'incoscienza   e di troppo amore    verso gli aninmali . Le  foto  dell'evento ,che trovate  sotto ,sono troppo   sckoccanti ed  non aggiungono niente  se  non morbosità  inutile  . Quindi  preferisco non riportarli  (   chi  interessa le  trova qui )



da  http://gazzettadimodena.gelocal.it/modena/cronaca/ del 27.3.2016
IMODENA.
 Il cagnolino scappa nel giardino dietro alla monumentale Villa Laura di via Barchetta e, risalite le frasche di un canale, si infila nella tangenziale che scorre proprio di fianco. soccorritori tentano un’iniezione di adrenalina sul posto ma poi decidono di portarla immediatamente al pronto soccorso di Baggiovara, più attrezzato. In ospedale Manuela è rimasta un’ora tra le cure disperate dei medici che le hanno praticato il massaggio cardiaco. Finché, alle 15.30, hanno dovuto constatare il decesso, certificato un’ora dopo. Manuela era morta in conseguenza di numerosi traumi, in particolare uno gravissimo alla testa.
Sul posto sono accordi subito parenti e amici, all'ospedale regnava la disperazione tra l'incredulità generale: "non può essere successo", si ripetevano. Ai genitori è toccato il riconoscimento.
Manuela lascia una figlia piccola con la quale abitava in via Verne, una strada di edifici nuovi non lontana dal giardino in cui ha fatto l’ultima passeggiata con l’amica e il nuovo amico a quattro zampe.
Il magistrato di turno, il pm Lucia De Santis, ha ordinato in serata il trasferimento della salma: le onoranze Gianni Gibellini hanno trasportato il corpo all’istituto di Medicina Legale dove resterà a disposizione per eventuali accertamenti autoptici.
Stando alle prime ricostruzioni della polizia stradale di Modena, intervenuta subito dopo l’incidente, la tragedia si è consumata verso le 14.20 di ieri in una giornata, la vigilia di Pasqua, che per Manuela doveva essere tutta di festa: la giovane infatti in mattinata si era recata al canile municipale per prendere un carico un randagio. Lo avrebbe regalato a sua figlia. Una vera sorpresa di Pasqua.
Nel primo pomeriggio, assieme all’amica, è andata a far sgambare il cane nel giardino dietro l’ingresso di Villa Laura, a fargli fare i primi giochi, le prime corse del cane nella sua nuova zona, lungo i campi. Ma il cane si è avventurato troppo tanto da finire con un balzo in tangenziale tra le auto che gli arrivavano incontro.

Celeste, la cagnolina scappata alla...
Celeste, la cagnolina scappata alla sua padrona in tangenziale è stata ritrovata
Manuela lo ha visto risalire in fretta le frasche del canalone separatorio dalla tangenziale e poi più niente. Temendo per la sua incolumità, lo ha inseguito insieme con l’amica. Quando ha scavalcato il guard rail, è arrivata una Megane, guidata da un 31enne modenese, che ha travolto Manuela sbalzandola di alcuni metri e lasciandola a terra tramortita. Anche se è riuscita a trovare le forze per dare tempestivamente l’allarme, l’amica è tuttora in stato di choc, così come il guidatore dell’auto.
Manuela, impiegata nel settore controllo qualità in una ditta in via De Nicola ai Torrazzi, lascia una bambina piccola. Sul luogo dell’incidente, per i rilievi previsti dalla legge, ha proceduto la polizia stradale di Modena.
Il cagnolino, una femmina di nome Celeste, è poi stato ritrovato. Subito è arrivato anche il cordoglio del Canile Intercomunale dove Manuela aveva adottato il cane poco prima.

26.3.16

Paolo Poli Il più pagano dei cristiani se n'è andato proprio un venerdì santo.

IL più pagano dei cristiani se n'è andato proprio un venerdì santo. Atterrava nella mia Milano ogni anno, ed era sempre goduria. Amore ricambiatissimo: teatro Carcano sempre pieno. Amichevolmente, sensualmente, riverentemente pieno. Paolo Poli era il nostro attore più italiano ed europeo, la nostra coscienza sottotraccia, libero e leggiadro, il Machiavelli del palcoscenico. Ma senza cattiveria, semmai con amabilissima perfidia. Perché Paolo, a differenza del suo concittadino Niccolò, buono lo era. Poli s'è incuneato lungo il periglioso Novecento col suo metro e novanta d'irriverenza, femminilità, preziosismi letterari e battuage. È stato l'omosessuale (o l'invertito, ecco) quando non si poteva esserlo ma lui ci riusciva ogni volta, e smaccatamente. È stato il travestito senza mai diventar maschera, c'era lui non dietro, ma in mezzo, oltre quelle piume. Mica gli serviva, l'ambiguità. È stato tradizione quando trionfavano le avanguardie che sapevano di vecchio e le sbaragliava immancabilmente. È stato il nostro maestro (maestra) dalla penna rossa, ci faceva il ripasso, ma no, la lectio magistralis su Palazzeschi Parise Artusi Pascoli (ma si, pure Manzoni) e mamme e Italia porcella ipocrita contadina e futurista, pacchiana nel suo virilismo in stivaloni neri. E fustigata (in tutti i sensi) nei cinemini di periferia, che' quelli erano il nostro vero confessionale. Paolo, hai avuto una vita lunghissima, ma eri un non concluso tanto straripava il tuo pozzo nero!!! (Così avrebbe esclamato monsieur Proust). E adesso chi riempie il nostro orfelinato? Oh beh ci arrangiassimo, e hai ragione, dato che abbiamo saputo applaudirti, scroscianti, solo a teatro, per poi continuare a indossar maschere nella vita. Addio, caro signore. La terra ti sia lieve.

                                © Daniela Tuscano










I

25.3.16

VINCENZA SICARI: MORTE DI UNA CAMPIONESSA ABBANDONATA DA TUTTO E DA TUTTI ( Fidal e stato italiani ) e le due italiane ritornate salkve ma con mezzi prori dall’inferno di Bruxelles, ignorate dall’ambasciata e dal governo

Oltre  al discusso   caso dei  Maro ( su  cui non mi pronuncio  il processo d'arbitrato  è ancora  in corso ) e  di quello diu Giulio Regeni     ci sono  anche altre due storie   : 1)  il dramma della  ex  maratoneta  vincenza  sicari , forse non ha vinto un premio importante  , 2) la  storia  di  due italiane    scampate   all'attentto di Bruxeels  e    rientarate  in italia   con mezi di fortuna ,  che l'ambasacata italiana   e  lo stato italiano  se  ne sono fregate   (     scometto   che  se  fossero morte   i nostri politicanti   si  sarebbero precipitate   in parata   ai loro funerali  )   di  due  ragazze     che dimostrano  che  lo stato e la diplomazia  italiana   fanno sempre  più schifo e  sono allo sbando    tanto   da creatre  i  soliti commenti imbeli ed  exenofobici  e  le  accuse  di qualunquismo quando lo facciamo notare .
Iniziamo    dalla  prima
   news  trattya  dai seguenti articoli :
A) http://www.atleticalive.it/22526/il-dramma-della-maratoneta-sicari-su-repubblica-mi-sento-morire-e-non-so-perche/
B ) http://www.osservatoreitalia.it/mobile/index.asp?art=7101


Il conto corrente a cui indirizzare le vostre donazioni è intestato a: Vincenza Sicari. IBAN: IT68B0709221900000000105881

E’ tutto il dramma della maratoneta Vincenza Sicari, costretta in un letto di ospedale con un male misterioso di cui ancora non si conoscono le origini, ma che non le darebbe le forze nemmeno di camminare. Queste le sue parole riferite a Capodacqua all’interno del pezzo:
“Sono qui in questo letto; non mi posso muovere; mi sento morire giorno dopo giorno e non so neppure il motivo”
Vincenza Sicari, come viene spiegato su Repubblica, è una maratoneta più volte azzurra, appena 36enne, che al suo attivo vanta anche la partecipazione alle Olimpiadi di Pechino, proprio nella maratona (giunse 29ª con 2h33’31”), e con una partecipazione anche in Coppa Europa (nel 2008) sui 5000. Vincitrice della Turin Marathon nel 2008, e campionessa italiana nei 10.000 nel 2004.Ora, si spiega, sta combattendo la battaglia più dura della sua vita, ovvero quella con un male sconosciuto,
quella che viene definita una degenerazione neuromuscolare di cui non si comprenderebbero le cause. Il male la costringe a letto, senza poter aver le forze per alzarsi. Nell’articolo si spiega come si stiano cercando collaborazioni mediche specialistiche che non arriverebbero. E così questo è il suo lamento:
“Mi sento morire giorno per giorno senza poter fare nulla. Vorrei almeno sapere con certezza che ho”.
Della vicenda si starebbe interessando anche il Presidente del CONI, Malagò. La degenerazione fisica sarebbe iniziata nel 2013: prima una spossatezza frequente, l’impossibilità di correre… anche di camminare, la scoperta di un tumore al timo, la successiva rimozione che non le avrebbe consentito lo stesso di alzarsi dal letto. Oggi, scrive Capodacqua, Vincenza Sicari pesa 40 kg. Questo si legge nel commento finale:
“Vorrei almeno fare tutte le analisi e le ricerche che possano portare ad una diagnosi, mi sento venir meno giorno dopo giorno. Non so se resisterò e fino a quando”.


VINCENZA SICARI: MORTE DI UNA CAMPIONESSA ABBANDONATA DA TUTTO E DA TUTTI

di Roberto Ragone

Questo è il titolo che tutti noi ci auguriamo di non dover mai leggere su di una pagina di giornale.
Vincenza Sicari, 37 anni due giorni fa, lodigiana, una splendida carriera alle spalle come maratoneta – ne ha vinte ben cinque, ventinovesima alla maratona olimpica di Pechino del 2008 – è ora inchiodata in un letto all’Ospedale di Pisa, aggrappata con disperata  determinazione a quella vita che sente sfuggirle minuto dopo minuto, mentre un male sconosciuto la sta divorando. Ma di che cosa è malata Vincenza? Questa è la faccenda più straziante. Il fatto è che non si sa quale sia la terribile malattia che la sta distruggendo, e i medici in Italia hanno alzato bandiera bianca, dopo aver compiuto tutti gli accertamenti possibili. “Vi prego,  - è il suo appello - aiutatemi. Il mio è un calvario, sto andando incontro alla morte. Ed ogni minuto che passa capisco che è una sensazione terribile…”. Nessun ospedale ha saputo darle una diagnosi. Né le Istituzioni, così pronte a polemizzare su farmaci ‘non conformi’ per fare gli interessi delle lobby, hanno risposto al suo appello.
Pare che fare le ricerche per una sola persona non valga la pena, non sia conveniente. “Le Istituzioni? Certo, ho sentito anche il ministro Lorenzin – le sue parole – mi ha detto di chiamare la direttrice sanitaria della Regione Toscana, ma qui non si muove nulla.” Nessuna voce neanche dal mondo dello sport. “Non ho ricevuto alcuna telefonata da parte della FIDAL, e quando ho chiamato il Centro Sportivo dell’Esercito, per il quale ho corso anche a piedi nudi e anche di notte, mi hanno risposto ‘Chiama Malagò’. Il presidente del CONI, almeno lui, ha capito, si è interessato. Gli avevano garantito la massima assistenza quando sono stata ricoverata a Roma, e invece nulla. E lui, mortificato, mi ha detto: ‘Cosa devo fare?’”
Il tempo passa, e Vincenza peggiora sempre più. Tutto questo è iniziato nel 2013, andava ancora bene, poi ha incominciato ad avere febbre, spossatezza, fino a che – lei, maratoneta – a non riuscire a camminare neanche per brevi percorsi. La prima diagnosi parla di ‘malattia degenerativa neuromuscolare’, ma niente di più. Viaggi in tutta Italia, in cerca di soluzione, invano. Anzi, a Roma le hanno anche detto che non poteva rimanere in ospedale, costava troppo per il Servizio Sanitario Nazionale – vedi i tagli sconsiderati e orizzontali – e il posto letto andava liberato.
Ciò che rimane è quella prima diagnosi e una TAC che parla di tumore al timo, nulla di più. Ora è a Pisa, ad aspettare chissà cosa, forse la morte, visto che ormai pesa meno di 40 chili ed è assolutamente immobile. Le rimangono la fede e la forza di volontà.  E così Vincenza è costretta, come tanti altri in questo bel Paese, a rivolgersi all’estero. Solo che i mezzi per farlo non ci sono. Per questo lanciamo un appello per una colletta che le consenta di raggiungere un Centro in cui possano trattare la sua malattia in modo adeguato, mentre in Italia l’impressione è che ognuno abbia voltato la testa dall’altra parte, in attesa che accada l’irreparabile, e così ognuno potrà tirare un sospiro di sollievo, visto che la sua presenza è diventata scomoda per tanti. Chi può fare qualcosa per Vincenza, lo faccia subito.


Per poterla aiutare oltre ai pensieri positivi, oltre che a pregare per lei, oltre che ad inviarle messaggi solidarietà, presenza, è possibile fare una donazione al seguente IBAN: IT68B0709221900000000105881 intestato a Vincenza Sicari per contribuire alla ricerca e cercare di inviare le sue biopsie all’estero e dare speranza per migliorare le sue cure.


LA  SECONDA  


Fiorano: «Nell’inferno di Bruxelles, ignorate dall’ambasciata»

La testimonianza delle due ragazze dell’attacco terroristico a Zaventem. «Ci dicevano solo “in bocca al lupo”: per tornare in Italia ci siamo arrangiate »



FIORANO. «Eravamo da un hostess per farci stampare i biglietti per tornare in Italia quando una ragazza è piombata di fianco a me dicendo “voglio un biglietto adesso per andare a casa, c’è stata un’esplosione”. Una massa di gente ha cominciato ad arrivare correndo; dopo mezzora di confusione ci hanno fatto evacuare tutti con ordine fuori dall’aeroporto».
Stefania Ziribotti, insieme all’amica Silvia Ricci, entrambe fioranesi, si trovavano all’aeroporto internazionale di Bruxelles proprio nel momento dell’esplosione, di ritorno da un viaggio a New York. Sono arrivate a Milano la notte successiva, attese con preoccupazione dalle famiglie.
«Siamo atterrate alle 7,30 per fare scalo, ma per fortuna invece di uscire dal gate per poi rientrare dalla zona partenze, siamo rimaste dentro; il nostro gate era il più lontano dall’esplosione. Dopo circa 2 ore in un’area fuori dall’aeroporto ci hanno portati tutti con dei bus alla stazione dei treni, c’era molta confusione e paura, ci dicevano tutte cose diverse, noi abbiamo preso il treno per Leuven. Qui abbiamo aspettato tre ore in una piazza; la polizia ci ha detto di stare ai lati così nel caso fosse successo qualcosa sarebbe stato più facile scappare; qui abbiamo incontrato un’altra ragazza italiana, Sandra, che ci ha aiutate tantissimo. Dopo ci hanno messo per mezzora in una stanzina dove la gente del posto ci ha aiutato a trovare una sistemazione in un hotel lì vicino». Qualche tentativo di ottenere assistenza dall’ambasciata italiana, Stefania e Silvia l’hanno anche fatto, ma inutile: «Noi la sera ci siamo messe subito a cercare una soluzione per tornare a casa il giorno dopo. La Farnesina e l’ambasciata non ci hanno aiutato per niente, anzi l’unica cosa che ci dicevano era “in bocca la lupo” oppure “potete tornare a casa come volete, a vostre spese e a vostro rischio e pericolo”. Perciò noi la mattina dopo alle 6,30 abbiamo preso un treno da Leuven a Monaco e poi da lì abbiamo preso un aereo per Milano dove ci aspettavano i nostri genitori; anche l’altra ragazza è tornata a casa con noi».
I momenti di paura non sono mancati: «Passavo da momenti di panico – spiega Stefania - a momenti in cui mi dicevo, bene stai calma vai avanti che finirà tutto. Ci siamo rese meglio
conto dell’accaduto in hotel a Leuven, perché nel momento dell’emergenza pensi a troppe cose in una volta e vuoi solo andare via da lì». La mattina dopo il ritorno Stefania è già sul posto di lavoro, niente pause: «È inutile stare in casa a pensare e piangere: voglio tornare alla normalità».



22.3.16

BRUXELLES 22/3/2016

BRUXELLES 22/3/2016



 
Ho sperato 
Perché marzo è pazzo
In un giorno nuovo
In un oceano di pace.
Ma ho pianto
Perché marzo è folle
E nell'ibrido delirio
Ha travolto il cielo
Ho sperato, ma non oggi
Nemmeno oggi
È una buona giornata

© Daniela Tuscano

21.3.16

Michael Grab, l'artista che mette le pietre in equilibrio per ritrovare la pace interiore


https://it.wikipedia.org/wiki/Pietre_in_equilibrio descrive benissimo gli artisti balancer come MIcheal Grtab
gravityglue.com. sito di Michealk Grab


Seguite il progetto Gravity Glue su Facebook e guardate il video che dimostra la straordinaria abilità di Michael Grab.



 da  http://www.greenme.it/vivere/arte-e-cultura/17318-pietre-equilibrio-michael-grab



Mettere le pietre in equilibrio per ritrovare la pace, ci avevate mai pensato? Il fotografo di origini canadesi Michael Grab ha iniziato ad esplorare l'antica arte del disporre pietre e sassi in equilibrio nell'estate del 2008 durante un'escursione presso il Boulder Creek, in Colorado.
Negli anni ha sviluppato una vera e propria passione per questa forma d'arte. In breve tempo per l'artista mettere sassi e pietre in equilibrio è diventata una forma di meditazione. Durante i suoi esercizi non era raro che una piccola folla di persone si avvicinasse incuriosita per ammirare le sue opere.
Grab è attirato soprattutto dalla precarietà delle sue creazioni. Per renderle immortali sfrutta le proprie abilità di fotografo, che gli permettono di scattare immagini spettacolari che tutto il mondo può ammirare grazie alla condivisione sul web e sui social network. L'arte di mettere le pietre in equilibrio si chiama stone balancing.
La sua ricerca dell'equilibrio nell'arte riflette il desiderio di mantenere un punto fermo nella vita nonostante le numerose sfide che tutti noi dobbiamo affrontare. Ma come fa a realizzare le sue opere che ci lasciano senza parole? Molte delle sue sculture apparentemente sfidano la gravità e sembrano quasi provenire da un altro pianeta. Si potrebbe pensare che siano stati utilizzati dei collanti o altri supporti esterni, ma è così. Grab infatti sottolinea che l'unico fattore che mantiene le sue creazioni in equilibrio è proprio la forza di gravità. Pietre e sassi si supportano l'un l'altro. La capacità dell'artista è quella di accostarli scegliendo dei punti di contatto ben precisi per garantire l'equilibrio della struttura. Ad esempio in alcune pietre sono presenti delle rientranze o dei solchi naturali molto utili da questo punto di vista.





















20.3.16

C’è ancora un’Italia che lascia la chiave sulla toppa di casa


Di Helmut Leftbuster, da  http://www.qelsi.it

12788076_231517407195232_1338697863_nE vogliamo raccontarvela, consentendovi di accompagnare la lettura con una bella carrellata di immagini consultabili sul nostro blog.
L’Irpinia è una terra ruvida, montagnosa, ma bellissima e densa di tesori storici, artistici e naturalistici: si va da Benevento, popolosa provincia che vanta monumenti importanti come l’arco di Traiano e la chiesa di santa Sofia, alla piccola Altavilla, che già nel nome desta quelle reminiscenze araldiche ghibelline che hanno forgiato la storia Europea, per poi arrivare sino a Castelpoto, il paese della “salsiccia rossa”, sulle cui sponde fluviali riposa Manfredi di Svevia, l’imperatore < > cantato da Dante nel III canto del Purgatorio.
Le sinistre Gole di San Barbato ospitano il “Noce di Benevento”, sabbatico sito arboreo di derivazione longobarda che ispirò musicisti del calibro di Paganini e Sussmayr.
Solopaca è un gioiello di gotico e romanico che si estende per lungo su un crinale del monte Taburno; il lago di Telese, pur minuscolo, è di interesse geologico straordinario per la sua profondità e per il suo complesso sistema di cavità sotterranee. Castelvenere ha una tradizione enologica che risale ai Romani, così come gli acquedotti della zona, parte delle cui vestigia impeccabilmente conservate circondano la basilica di Prata di Principato Ultra, fra le pochissime a constare di catacombe collocate a ferro di cavallo alle spalle dell’abside.
Tocco Caudio è un borgo montano di poche anime ove gli abitanti non rinunciano ad abbellire scorci e fontane con fregi comunali pregni di storia e ove persino i “murales”, anziché descrivere il solito ciarpame esotico, decantano le gesta passate ed i trascorsi del luogo.
Sin qui, solo piccoli cenni delle ricchezze avvistate in questa porzione di Sannio denominata Irpinia; eppure, nonostante tanto valore, prestigio e natura, tale nome, Irpinia, rievoca nell’immaginario comune per lo più malcostume politico, ruberie sui fondi per il terremoto, degrado e immondizia; insomma, il solito nichilismo mediatico partigianamente incapace di vedere il sole dietro qualche nube.
Ebbene, noi l’abbiam visitata di recente, e al di là di quanto già entusiasticamente descritto, siamo rimasti sbalorditi dalla qualità della vita della gente comune.
Naturalmente non ci riferiamo ad auto di lusso o a piscine con idromassaggio; ci riferiamo al potersi ancora immergere in una dimensione umana che temevamo scomparsa per sempre, fagocitata da conformismo e globalizzazione.
Altro che arretratezza; qui i nonni ancora sanno raccontare ai nipoti cosa significasse sudarsi da vivere: osservando le scanalature istoriate sul granitico orlo di un pozzo dallo scorrere quotidiano della corda che reggeva la secchia, ragioniamo su quale brutta strada sia stata intrapresa in nome di quel “progresso” e di quei “progressisti” che l’acqua ce la stanno privatizzando e riempiendo di cloro.
E’ stato sorprendente aggirarci fra i vicoli udendo echeggiare voci di bimbi che corrono dietro ad un pallone felici, esattamente come accadeva nell’Italia di cinquant’anni fa’. Chiedere informazioni e ricevere l’offerta d’essere accompagnati personalmente sino al sito desiderato, è da queste parti ancora realistico, come incrociare paesani accoglienti e sempre pronti ad offrirci un buon bicchiere di vino, o commercianti vogliosi di regalarci assaggi delle loro specialità locali.
Che meraviglia poter fare la spesa dal droghiere “latte e diversi”, dove il pane sa ancora di pane e il formaggio di formaggio, senza doverci smarrire in quegli hangar senz’anima gremiti di “umani” ma deserti di “umanità” che sono gli attuali ipermercati e megastore.
Certo, il cibo genuino, lasciato fuori dal frigo, andrà a male dopo poche ore, cosa alla quale non siamo più abituati: ma forse, anziché stupircene, dovremmo domandarci perché, invece, quello che ci propinano le multinazionali si mantiene inalterato per settimane.
Del resto, prendersi cura dei sudati viveri della nostra dispensa dovrebbe essere mansione a cui riservare più tempo di quello che i “tempi moderni” ci inducono a fare.
La domanda sorge quindi spontanea: c’abbiamo davvero guadagnato, come qualche capra modernista ci bela da mane a sera, a vivere così come ci siamo ridotti a vivere?!
Proseguendo il nostro giro, gli anziani del posto ci salutano e ci sorridono ovunque rivolgendocisi con quel simpatico “voi” di ventenniana memoria, così elegante ed affettuoso al contempo, quanto odioso agli spocchiosi radical-chic metropolitani che preferiscono usare il “lei” per tenere le distanze con chi ha le mani sporche di terra.
Sia ben chiaro, non staremo qui a fare un melenso elogio meridionalista e dal sapore pasoliniano; la nostra vuole solamente essere una riflessione umana e sociologica personale fatta ad alta voce; l’attenta descrizione di uno stato d’animo frutto di percezioni emotive e stimoli culturali regalatici visitando un’Italia inspiegabilmente fuori dalle rotte, eppure ben più italiana di tante mete sponsorizzate dagli apparati turistici fighetti e di regime. Anzi, se dovessimo racchiudere in una esclamazione tali percezioni diremmo: “che bello, sembra di stare in Italia!”
A tal proposito un dettaglio ci ha particolarmente colpito aggirandoci per i borghi irpinici: niente inferriate alle finestre e, sovente, porte socchiuse e chiavi sulle toppe. Ebbene, che cosa può spingere a lasciare la chiave sulla toppa di casa, se non un naturale afflato familiare e fiduciario verso la maggior parte delle persone che transitano fuori? Infondo si tratta comunque di estranei; già, ma all’interno di una comunità coesa e organica alla storia e alla portata dell’abitato, grosse sorprese non dovrebbero essercene, e quand’anche ce ne fossero sarebbero eccezioni a cui far fronte con i gendarmi locali di collodiana memoria. Ebbene, per comprendere la differenza, proviamo a fare un ragionamento del genere su quartieri di Roma, Milano, Genova, Firenze: dove vi sentireste più sicuri a passeggiare? E perchè? E’ bene farsi qualche domanda, ogni tanto, non credete?!
Qualche benpensante obbietterebbe che la chiave qui la lasciano sulla toppa perché tanto non c’è nulla da rubare; beh, nelle città globalizzate, anche quando non c’è nulla da rubare, stuprano, ammazzano e se non trovano nessuno occupano: una bella differenza!

chi ha ucciso rino gaetano ? Bruno Mautone pubblico un altro saggio in mertio

 ti potrebbero interessare  i mie precedenti articoli  suul  primo libro di Bruno Mautone  :

Bruno Mautone, avvocato del Foro di Salerno, autore del saggio 'Rino Gaetano, la tragica scomparsa di un eroe”.(  ne  ho  parlato   nei post  precedenti   cercateli in archivio  o nei link sopra  )  ha   scritto   un  nuovo  saggio inchiesta   sull'alone    di mistero    che  c'è  sula  morte  di rino Gaetano  . La Presentazione del libro sarà alla prestiogiosissima vetrina del Salone Internazionale del Libro di Torino, prossimo 16 maggio. Sarà  un bestseller   come il precedente  ?      ci saranno  come il precedente   volume  che  ha suscitato diverse polemiche, specie con la famiglia di Rino Gaetano, certa che nessun mistero aleggi dietro quell’incidente stradale. In particolare è la sorella Anna che si è detta scettica della ricostruzione dell’avvocato Mautone, augurandosi, in una intervista tutt’ora reperibile in rete, che quel clamore postumo cessasse presto.?   Quyel che  si  può  dire   è  che   è  difficile discernere, nella prematura fine dell’artista, quali siano le suggestioni e quali i dati oggettivi.  Viste le troppe stranezze   qui elencate    in un intervista dallo stesso Mautone 
Il lettore e i tanti estimatori della musica e dei testi di Rino Gaetano, invece, potranno farsene una propria idea partendo, magari,   dalla  lettura  o rilettura  del preceente libro  e  \o dalla presentazione  del nuovo

come fare nuova musica partono dai classici . Gli “Ergot project” rivisitano i Beatles .

Ieri  19 marzo allo  chopin pub  di  Tempio Pausania  si  tenuto  , peccato che  causa  festa  di compleanno \ omonomastico   ho potuto vedere  solo le  ultime    tre  canzoni  , si  è tenuto  il concerto presentazione  del  cd Beat-Less (  copertina  a  destra  )  dei Ergot project. 
 IL  gruppo nasce da un’idea del bassista e produttore sardo Christian Marras: trattasi di un
Ergot Project è perciò una sorta di ‘factory’ dove il gruppo di lavoro, diretto e seguito da Christian Marras, varia in continuazione a seconda delle necessità permettendo di ampliare i confini di sperimentazione sonora e artistica. In questa occasione Ergot Project è composto da Christian Marras (Chapman Stick e direzione artistica), Daniela Pes (voce), Riccardo Nieddu (chitarre), Daniele Pala (batteria), Roberto Schirru (batteria, synth e programmazioni), Eros Cristiani (Fender Rhodes, synth e programmazioni), Andrea Pica (mix e mastering). L’artwork è opera di Ombretta Salis.
‘'collettivo’' aperto a molteplici espressioni artistiche, che intende avere come unica finalità la totale anarchia creativa nella creazione di nuove produzioni musicali.Il  primo disco    s'inserisce  nel genere  dei  dischi tributo . Ma  La curiosità e la voglia di destrutturare alcuni brani  (  i  meno toccati  dal genere   coover  \  tributo )   storici dei Beatles porta alla pubblicazione del primo album dal titolo “Beat-less”, a ennesima dimostrazione del fatto che i brani dei Fab Four sono opere senza tempo, adattabili e riarrangiabili in qualsiasi contesto musicale.
  sempre  da  https://www.facebook.com/Ergot-project-1563797827177248/?fref=ts
 Questo disco, a dispetto del nome, trova proprio nel beat, inteso come ritmo, uno dei suoi punti di forza. Restano riconoscibilissime, ovviamente, le melodie portanti e i ritornelli, ma tutto ciò che vi gravita intorno è stato completamente rivisitato e  smitizato  in una personalissima chiave heavy-electro-prog. Un tributo inaspettato e interessante, che stupisce ad ogni ascolto per le  qualtà poliedriche  ed  anarcoide  del  gruppo   che : <<  mette insieme musicisti che incarnano stili e tendenze differenti e che fanno della loro duttilità una sorta di marchio di fabbrica. Un po’ come accade alla tempiese Daniela Pes, la cui voce, magistralmente incastonata nella formazione degli Ergot, va oltre i timbri del suo più classico repertorio jazz  >> ( la  nuova   sardegna del 17\3\2016 )  e  con risultati promettenti . L'evento di   Tempio,  e  del    25 marzo the Hor Sassari 9 aprile Devil kiss Olbia ,  se è vero, come molti sarebbero disposti a giurare, che la strada degli Ergot project potrebbe essere lunga ed e promettente  . Secondo me   ne  sentiremo parlare  ancora   perchè  non si tratta  di  una semplice  coover nband  \   band  tribute .

 concludo   con   l'annuncio preso dala  loro bacheca  fb 

Chi volesse acquistare una copia fisica del nostro album può farlo
contattandoci su questa pagina, oppure all'indirizzo ergotproduction@gmail.com, oppure durante i nostri show di presentazione album, in alternativa da domani anche tramite il distributore ufficiale (www.btf.it ). 
 che  altrodire  buon ascolto 

la chiesa prointa ad un passo indietro sull'ora direligione a scuola

   Per qualcuno era una noia mortale, un’imposizione statale   e  poi  dei genitori in un’Italia, quella degli anni precedenti  al  rinovo  ...