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25.8.25

Diario di bordo n 144 anno III cosa implicano i gruppi mia moglie e simili ., perchè il caso marta sardo per una presunta molestia mentre Valentina Murenu minacciata di fare la fine di giulia cecchetin ha meno visibilità ?

immagine creata     tramite  meta IA
Questo   numero della  rubrica non periodica  diario  di bordo  approfondisce  e  replica alle contestazioni  sui  due  fatti salienti della  scorsa settimana   ma  che ancora   ache  se  in  misura  calante   tngono banco   sui  social e   sui media 1)    la  pseudo chiusura  ,  visto che continua  su telegram o snapchat del  gruppo (  mandrillli  arrati )  mia  moglie ., 2)  della  dubbia  molestia   denunciatra  da  Marta Sardo  e la  scarsa  visibilità social e mediatica      delle minacce  queste serie e  preoccupanti  << ti faccio fare la  fine  di Giulia  Cecchetin , ecc >>  fatta a  Valentina Murenu 
Inizio    il  primo   post  suggerendo a  voi lettori    quest interesante  e notevole articolo  del portale www.vistanet.it/ che   dovrebbe     rispondere   alla domanda  che sorge da    casi    come questi  : 
Cosa può fare in concreto una vittima? L'abbiamo chiesto a uno dei maggiori esperti di diritto penale dell'informatica, Francesco Paolo Micozzi . Ora lo so che m'ero promesso di non parlarne più . Ma ho ricevuto email in cui mi s'accusa d'essere bigotto e un falso libertario ,  che  non si può  trasgredire  ,   ecc . Ora rispondo che ciascuno di noi è libero di fare con il proprio partner ciò che gli s'aggrada perchè ciò che per ciò che magari per te va bene non va bene per me o viceversa . Ma l'importante come ho detto nei  post  precedenti soprattutto in particolare questo ci dev'essere consenso reciproco fra i due membri della coppia . Infatti Il gruppo ( eufemisticamente parlando ) "Mia moglie" e simili sollevano gravi implicazioni sociali, tra cui:

1. Violazione della privacy e del consenso
Infatti la condivisione di immagini intime senza consenso costituisce una violazione della privacy e della dignità delle persone coinvolte.
2. Cultura dello stupro e misoginia
Il gruppo sembra promuovere una cultura che oggettifica le donne, riducendole a oggetti di piaceremaschile senza riguardo per il loro consenso o dignità.E quindi si puo parlare di stupro virtuale
3. Perpetuazione di stereotipi dannosi
La comunità del gruppo sembra sostenere stereotipi sessisti e misogini, come l'idea che il valore di una donna sia legato al numero di partner sessuali avuti.come i peggiori film /video erotici / porno

idem precedente
4. Impatto sulla salute mentale
Le donne lo stesso dovrebbe valere nel caso di noi uomini ) coinvolte potrebbero subire gravi danni psicologici, come ansia, depressione e trauma, a causa della violazione della loro privacy e della condivisione non consensuale delle loro immagini.
5. Normalizzazione della violenza virtuale  e magari di quella  fisica \  reale 
La diffusione di contenuti intimi senza consenso può normalizzare forme di violenza virtuale e contribuire a una cultura in cui tali comportamenti sono visti come accettabili.
6. Sfide per la giustizia e la legge: La chiusura del gruppo su Facebook e la sua migrazione su piattaforme come Telegram evidenziano le sfide nella regolamentazione e nella persecuzione di tali comportamenti illegali online.

In sintesi, il gruppo "Mia moglie" rappresenta un fenomeno complesso che tocca questioni di consenso, privacy, cultura sessista e impatto sulla salute mentale, richiedendo una risposta multifacética per affrontare queste implicazioni sociali negative.

Per  il secondo    argomento  concordo tranne   nella  difesa ad  oltranza  del medico con quanto dice Maria vittoria dettoto ( trovate l'articolo sotto ) . Nonostante Io sono sempre dalla parte delle donne, e non smetterò mai di ribadirlo. Il rispetto è fondamentale in ogni contesto e le battute fuori luogo non vanno mai giustificate credo che ultimamente si stia andando un po’ oltre.Capiamoci: una frase idiota può ferire, soprattutto in momenti delicati, ma non possiamo definirla molestia. Usare parole così forti per episodi che restano comunque di maleducazione o scarsa professionalità rischia di essere un’offesa per chi ha subito davvero violenze o abusi.  Per questo   sono stato :  attaccato, accusato   di  essere  da @winylovecraft di thereads   d'essere  GianCazzo  ( riferimento all'ex  della  Meloni )  di  fare  mansplaining   solo perchè  ho messo il lik  del  post  precente    come  commento ad  un altro  in  cui le  vittima  di molestie  \ battutine simili  sempre  in ospedale   e il cui  cui chirurgo anni dopo   è stato arrestato per  violenza  di genere sulle  elle  pazienti ., di incorerenza visto  che  tratto    e denuncio in più post  femminicidi  , violenze  digenere  ,  sessismo , ecc    per  aver  espresso dubbi  nel post precedente   sulla  denuncia    di Marzia  sardo  . Soprattutto che  ho minizzato il  caso    considerandolo    semplicemente  come battuta sessista  . Vero . Il   problema  è    come  chiamare   certi comportamenti  per  quello  che  sono    visto  il  labilissimo  confine  \  limite   tra  :  molestia, insulto ,battuta sessista  Nel caso in questione    vero o falso che sia  questa frase, detta in un contesto medico, ha violato il confine tra professionalità e rispetto. Anche se non c’è stato contatto fisico, la frase ha avuto un impatto emotivo forte sulla  ragazza , tanto da spingerla a denunciare pubblicamente l’accaduto. È un esempio di come una “battuta” possa essere percepita come molestia verbale, soprattutto se detta da una figura in posizione di potere. Quindi   mi  chiedo  : <<  Cosa distingue una molestia da un insulto o da una battuta sessista ? >> .  La domanda  elucubratroria   non è solo teorica. Ecco cosa  mi ha  risposto  **** È urgente, concreta, e ci riguarda ogni volta che qualcuno dice “era solo uno scherzo”.Il caso di Marzia Sardo, che ha denunciato una frase sessista ricevuta durante una TAC (“Se ti togli il reggiseno ci fai felici tutti”), ha sollevato un polverone. Alcuni l’hanno definita “esagerata”, altri hanno parlato di “molestia verbale”. Ma cosa rende una frase molesta🔍 Non è solo questione di parole Una molestia non è definita solo dal contenuto, ma dal contesto, dal ruolo di chi parla, e soprattutto dalla percezione di chi riceve. Una battuta sessista, detta in un ambiente medico da un operatore sanitario, non è solo fuori luogo: è una violazione del rispetto dovuto alla persona. Non serve il contatto fisico per sentirsi violati. Basta una frase che trasforma un momento vulnerabile in uno spazio di imbarazzo o paura. In un  tuo post  su  fb   hai citato Valentina Murenu, minacciata di “fare la fine di Giulia Cecchettin”. Una frase che evoca violenza esplicita, eppure ha ricevuto meno attenzione mediatica. Perché? Forse perché la molestia “sottile”, quella che si maschera da ironia, ci riguarda più da vicino. È più diffusa, più quotidiana, e ci costringe a guardarci allo specchio.

Dove sta scritto che siccome sono una donna devo per forza prendere le parti di un’altra donna? Per me le donne vittime di violenza sono altre, non Marzia Sardo



In riferimento a quanto dichiarato dalla sottoscritta dalla prima ora sul “caso” della presunta molestia sessuale subita al Policlinico Umberto I da Marzia Sardo, vorrei sottolineare alcune cose.


Primo:
 non è scritto da nessuna parte che siccome sono una donna, devo per forza difendere o prendere le parti di un’altra donna, nella fattispecie Marzia Sardo, se quanto da Lei dichiarato o il suo comportamento successivo alla pubblicazione del suo video, non mi ha convinto dal primo minuto.


La mia esperienza di donna di quasi cinquant’anni al di fuori del mio lavoro di cronista, mi insegna che sopratutto nei casi di violenza sessuale occorre conoscere entrambi le versioni, della vittima e del presunto aggressore. In questa vicenda al momento conosciamo solo quella della signora Sardo che ha diffamato pubblicamente e messo alla gogna un professionista di fronte a tutta Italia e di questo si assumerà le responsabilità. In sede civile e penale.


Personalmente continuo a stare dalla parte del tecnico.

Secondo:
In nessuno degli articoli/post/video inerenti la suddetta giovane ho criticato la donna in merito alle sue scelte sessuali o politiche, che non mi interessano e non concernono il tema trattato nel suo video diventato virale Tantomeno ho postato sue foto alludenti ad atteggiamenti o espressioni sessuali usati dalla ragazza nei suoi profili social che tutti abbiamo visto e non mi interessano. Ognuno della sua vita fa quello che vuole, non sta certo a me criticarla o giudicarla in merito a questo.

Ma non fatene una vittima.

E questo è il terzo punto che ha la stessa importanza del primo. Da anni e anni come donna, madre, cronista mi occupo di violenza di genere sulle donne. Che sia fisica o psicologica per me hanno sempre avuto lo stesso peso.

Sul tema ho promosso manifestazioni, convegni, raccolte fondi per le donne vittime di violenza, scritto centinaia di articoli su donne violentate, derise, ammazzate. Prendendo le loro parti anche quando lavoravo per conto di altre redazioni o direttori. Esponendomi pubblicamente sempre a fianco delle donne realmente vittime di violenza e facendo di questo una battaglia personale.
Per me vittima di violenza è Tina Sgarbini la donna e madre di tre figli uccisa strangolata avantieri.. E’ Giulia Tramontano, e’ Giulia Cecchettin, e’ Francesco Deidda.
Di questi cognomi ne abbiamo una lunga serie in Italia perché come ho sempre detto non abbiamo pene sufficientemente dure nei comfronti degli assassini, molestatori o stalker.Non certo Marzia Sardo.


Ora Il fatto che la  ragazza  studi recitazione non significa che stia necessariamente  fingendo come dicono molti . Io non so se è vero quanto dice la ragazzae  chi  abbia  ragione  o meno  , ma se è vero il tecnico in questione dovrebbe essere quantomeno ammonito e se  recidivo  cacciato 
 Il problema non è lo scherzo, ma le parole che si usano in esso  perché ognuno di noi ha una sensibilità diversa e ci sono luoghi  e posti che dovrebbero essere protetti e tutelati . Tra questi c’è anche l’ospedale. Il fatto che lei manifesti la propria preferenza sessuale non significa che la gente sia autorizzata ad utilizzare frasi sessiste e, onestamente, poco divertenti per le donne . Se fosse stato un uomo le avrebbero detto la stessa cosa? Credo che non sia giusto prendere parte in una situazione del genere, soprattutto perché se si prende posizione e poi si scopre che ciò che è accaduto é vero ancora una volta si sta dando la colpa alla vittima. Sarà chi di competenza a fare le dovute indagini, evitiamo di giudicare prima di sapere, mettendo sempre forza dalla parte di chi (in teoria) é in torto. Quindi   non si sa se  tale  accusa  sia vero o meno  e   su  cui  ho espresso dubbi vedere post   precedente  , visto che al momento abbiamo sentito solo la dichiarazione della ragazza. << A me delle sue scelte sessuali non interessa nulla>>---  sempre la Dettoto  -- << tant'e' che non ne ho parlato da nessuna parte. Ho preso la parte del medico perché se anche avesse avuto la ragione nel sentirsi offesa, con il comportamento che ha avuto sputtanando il medico pubblicamente, deridendo chiunque la pensasse diversamente da lei, è passata dalla parte del torto e a giudicare dalle migliaia di persone che l'hanno criticata, non sono la sola a pensarla in questo modo. >>  . Come  lei   , anche   se   non  al suo livello  << Mi batto da tutta la vita con azioni, scritti, convegni, raccolte fondi contro la violenza sulle donne. Ed il comportamento di persone come questa ragazza poi fanno mettere in dubbio anche chi la violenza la subisce veramente è non viene tutelata. Né prima, né dopo la denuncia. >>
Ma  soprattutto,e qui chiudo  almeno spero  su questa  vicenda,mi fa specieed rabbia   che Valentina Murenu, dopo aver ricevuto serie minacce (  vedere sotto il video   scaricato dalla  rete  ) durante la sua diretta Istagram, non abbia avuto la stessa "visibilità" sociale mediatica   avuta   dalla Sardo . 



Non voglio sminuire il malessere di nessuno, ma a una le hanno detto che l'avrebbero bruciata con l'acido e tanto altro, l'altra racconta un fatto accaduto. Una non piange, sta zitta e ascolta, dice solo che tutto quello che viene detto sarebbe stato materiale in più per la denuncia, l'altra non denuncia subito,ma  lo fa   due  ore  doopo  pubblicando  un video . Il mondo dei social e dei media   è veramente strano .  ecco  cosa    ho  imparato  da   questo  caso  e  dela discussione   avuta    vedere righe precedenti   che  🧠 Serve una nuova grammatica del rispetto . Non possiamo più permetterci di archiviare certe frasi come “goliardia”. Serve una nuova grammatica del rispetto, che tenga conto del contesto, del potere, e della sensibilità. Serve ascoltare chi dice “mi sono sentita violata” senza metterlo in discussione.Soprattutto  riuscire  a  distinguere  quando  è  vero è  falso  o  quando   lo  si  fa per  avere notorietà  Ma  sopratutto 
 
 
[....]

  co questo  è tutto  

Mestieri usuranti, chirurgie medievali, strane tribù imboscate, diamanti nascosti, giochi domestici, pranzi riciclabili e gabbie d’acqua



Pace in salita Putin viaggia con un assistente che raccoglie le sue feci e le riporta a Mosca


Potrebbe passare alla storia come il mestiere più usurante di tutti i tempi: l’uomo che raccoglie le feci di Putin. Il presidente russo – come scritto dalla stampa britannica e ripreso dal resto del mondo – viaggia con un team incaricato di una delicatissima missione: recuperare, sigillare e riportare a Mosca ogni sua produzione intestinale. Già nel 2017 alcuni giornalisti avevano raccontato dell’ossessione del Cremlino per la materia organica del capo, custodita in appositi contenitori sterili. Nel 2018 comparve il “bagno portatile” personale. L’ossessione ha un senso: nessun Paese straniero deve mettere le mani su campioni biologici che potrebbero rivelare lo stato di salute dello zar, tra tremori sospetti e gonfiori di viso che hanno alimentato teorie su cancro e Parkinson. Putin soffre più l’analisi delle feci che le sanzioni e questo peculiare bisogno si traduce in mestiere: al suo seguito ci deve essere un assistente dedito al recupero degli scarti. Una straordinaria opportunità professionale


Turchia Il business delle cliniche per diventare più alti: una tortura pericolosissima in cambio di pochi centimetri

“Allungarsi” di qualche centimetro è possibile, ma più che un intervento chirurgico si passa per una tortura medievale. In Turchia, già patria degli innocui trapianti di capelli, le cliniche come Wanna Be Taller accolgono pazienti da mezzo mondo: gambe spezzate, ferri infilati nelle ossa, mesi di fisioterapia e dolore, tutto in nome di una manciata di centimetri in più. Lo racconta un’inchiesta del Guardian. Frank, 38 anni, ex “uomo basso” di 1,70, ha speso 32 mila dollari per guadagnarne quasi 8, deciso a “superare” la moglie Emilia. Ogni giorno ha girato la chiave del suo fissatore esterno, spingendo le ossa a crescere millimetro dopo millimetro, fino a un ricovero d’urgenza per embolia polmonare. Non è un caso isolato: uomini già oltre il metro e ottanta si fanno allungare per inseguire lo standard dei 190 cm. I rischi, però, sono enormi: coaguli, tendini che non si adattano, dolori cronici, e in rari casi la morte. Il mercato globale del limb lengthening varrà 8,6 miliardi entro il 2030.



Maryland Corsa con la spesa, cambio di pannolino e basket col cesto dell’immondizia: gli sport delle Olimpiadi dei papà


Le Olimpiadi sono per ragazzi, i Dad Games per uomini veri. Si svolgono nel Maryland, Stati Uniti: si affrontano padri di famiglia alle prese con discipline che solo loro possono comprendere fino in fondo. La più dura? La “One-trip Grocery Bag Relay”: portare quindici buste della spesa in un solo viaggio, senza mollare o perdersi nulla per strada. Don Alley, 46 anni e quattro figli, ha chiuso la prova con il ginocchio sanguinante e una dichiarazione da grintoso padre di famiglia che in realtà sogna il divano: “Sono fortissimo, ho energia da vendere”. In programma ci sono anche il basket nel cestino della spazzatura, la gara di cambio pannolino e il concorso sulle acconciature delle figlie. I giudici erano i bambini stessi, i peggiori: inflessibili e spietati nel distribuire voti e commenti. Alla fine nemmeno una medaglia d’oro, solo pacche sulle spalle e complimenti familiari. Il messaggio non è difficile da decrittare, in società dove si nasce (e cresce) sempre di meno, diventare genitori è una corsa a ostacoli.


California Rimane bloccato per due giorni all’interno di una cascata, alla fine viene salvato con l’elicottero

Un uomo è rimasto bloccato per due giorni dietro una cascata californiana, come in un videogioco di sopravvivenza dove non si poteva ripartire dal via. Ryan Wardwell, 46 anni di Long Beach, stava scendendo in corda doppia lungo le celebri Seven Teacups quando la potenza dell’acqua lo ha scaraventato via dalle corde, parcheggiandolo in una grotta fradicia dietro il muro d’acqua. Gli amici, più prudenti, si erano fermati prima, lasciando un biglietto sulla sua auto: “se domani è ancora qui, chiamate aiuto”. I soccorsi lo hanno cercato con droni e infrarossi, un elicottero della polizia lo ha issato fuori in una scena da action movie. Disidratato, infreddolito ma con ferite minime, Wardwell ha raccontato di aver passato 48 ore senza possibilità di scaldarsi né asciugarsi, tentando invano di uscire dalla trappola d’acqua. La contea ha parlato di “stunning survival story”, straordinaria storia di sopravvivenza, ma nella stessa gola tre persone sono annegate solo nell’ultimo anno.



L’esperimento dei “garbage cafè”, i ristoranti dove il cibo si paga consegnando spazzatura riciclabile


La via indiana al riciclo passa per i “Garbage Cafe”, locali dove paghi il pasto con la plastica usata invece che con soldi. Ad Ambikapur la regola è semplice: un chilo di bottigliette corrisponde a un pranzo completo, mezzo chilo alla colazione. Lanciato nel 2019 con lo slogan “più spazzatura, più gusto”, è un’ambiziosa strategia per combattere fame e inquinamento insieme. Rashmi Mondal, collezionista di bottigliette abbandonate, prima vendeva la plastica per 10 rupie al chilo. Noccioline. “Ora do da mangiare alla famiglia scambiando plastica”, dice. Il caffè sfama 20 persone al giorno e ha raccolto 23 tonnellate di plastica dal 2019. Su 226 tonnellate l’anno prodotte in città, è come svuotare il mare con un cucchiaino, ma l’esempio è potente. A Delhi però non ha funzionato: in città erano stati aperti 20 locali così, ma li hanno chiusi tutti. La gente è più ricca e meno bisognosa: non si mette a raccogliere rifiuti per un piatto di riso.


Arkansas Esiste un parco dei diamanti, dove ognuno può armarsi di setaccio e andare a cercare il proprio tesoro


Tre settimanedi tende, terra sotto le unghie e punture d’insetto. Micherre Fox, 31 anni, newyorkese con master fresco in tasca, ha deciso che l’anello di fidanzamento non si compra: si scava. La sua storia l’ha raccontata al New York Times. Lo scenario è il “parco dei diamanti” in Arkansas. Sveglia alle cinque, 15 dollari d’ingresso, setacci e fango. Voleva un diamante vero, strappato alla terra, simbolo di un matrimonio costruito con fatica. All’ultimo giorno, pronta a ripiegare su un’ametista di consolazione, inciampa in quella che sembra rugiada su una ragnatela. Ma non evapora, non si stacca: è un diamante bianco, 2,3 carati, il terzo più grande trovato quest’anno. Potrebbe valere fino a 50 mila dollari, ma lei sostiene che il valore è altro: “Era impossibile, e l’ho fatto. È il lavoro quotidiano che tiene insieme le cose, non i soldi”. Al parco vale la regola più antica del mondo: “finders, keepers”: chi trova, se lo tiene. La fortuna ha sorriso a una donna che si è sporcata davvero le mani.


Scozia Una donna texana è data per dispersa, ma si è unita a una tribù ebraica africana che vive nei boschi di Edimburgo


Scomparsa dal Texas, riapparsa in Scozia come ancella di un re autoproclamato e decisamente bizzarro: la parabola di Kaura Taylor, ora ribattezzata Asnat, ha tratti surreali. La donna è stata ritrovata in una foresta scozzese con il “Regno di Kubala”, guidato da King Atehene (ex tenore d’opera) e da sua moglie, Queen Nandi. Si definiscono discendenti di un’antica tribù ebraica africana, costretta all’esilio da quattro secoli, con l’obiettivo di “riconquistare la terra rubata” e ricostruire Gerusalemme, ma a Edimburgo. Le autorità li vogliono sfrattare, ma loro non riconoscono leggi diverse da quelle di Yahowah: vivono in tende senza muri, bevono acqua di sorgente e resistono – evidentemente hanno la pelle dura – “protetti dal Creatore”. Così una texana può riscoprire se stessa in un regno afro-ebraico in una foresta del Regno Unito. Asnat non ha nessuna intenzione di tornare a casa: “Non sono affatto dispersa. Lasciatemi in pace, sono una persona adulta, non una bambina disperata”.




speranza per i distratti Quel portafoglio ritrovato dopo 10 anni dal meccanico (sotto il cofano dell'auto)






Quel portafoglio ritrovato dopo 10 anni dal meccanico (sotto il cofano dell'auto)
Storia di Redazione Buone Notizie corriere della  sera    tramite msn.it 
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Mai perdere le speranze, distratti di tutto il mondo: c'è chi il portafoglio lo ritrova anche dopo dieci anni, o meglio glielo ritrova addirittura il meccanico riparandogli l'auto. E poi glielo restituisce. È successo in Minnesota, dove il meccanico Chad Volk stava sostituendo la ventola di raffreddamento di una Ford Edge del 2015, quando qualcosa che avrebbe dovuto incastrarsi continuava a scontrarsi con qualcosa che lo impediva: «Ci ho trafficato un po' per scoprire cos'era perché lì per lì non si vedeva - ha detto Volk a Cbs News - ma alla fine da sotto una sporgenza è saltato fuori un portafoglio». Con dentro 15 mila dollari, una patente del Michigan, un biglietto della lotteria, 275 dollari in carte regalo Cabela's e un tesserino identificativo di un dipendente Ford: mister Richard Guilford. Che si è visto restituire tutto quanto. E quando è successo gli è anche tornata in mente la storia di com'era andata
Era il 2014 e Guilford quel giorno, non avendo tasche nei pantaloni della tuta di lavoro, si era messo il portafoglio in un taschino della blusa. A un certo punto si accorse di non averlo più. E pensò che gli fosse caduto mentre era chino a lavorare su un'auto. «Era una Flex», disse ai colleghi. Che lo aiutarono a controllare. Purtroppo senza risultato. Un po' perché lui pensava che gli fosse caduto su qualche sedule, non dentro al motore. Ma soprattutto perché l'auto era un'altra: una Edge rossa. Successivamente venduta e spedita in Arizona, e da qui venduta di nuovo per finire in Minnesota. E dopo 151 mila miglia di vita certificate dal contachilometri è approdata nell'officina Volk di Lake Crystal. Il cui titolare ha rintracciato Guilford su Facebook e l'ha chiamato: «È tuo questo portafoglio?». E l'altro è scoppiato a ridere: «L'hai trovato in macchina?».
Mister «Big Red», così lo chiamano gli amici per la sua stazza, ancor più che per i soldi recuperati si è detto felice per la storia in sé: «Ti fa riacquistare la fiducia nell'umanità quando la gente ti dice: Ehi, hai perso questo, l'ho trovato e te lo riporterò». Ancora più incredibile è come abbia fatto a sopravvivere alla neve e alla pioggia nella Terra dei Mille laghi o, peggio, al caldo del motore di un auto sotto il sole dell'Arizona.
La catena Cabela's, che vende articoli per l'outdoor, ha dichiarato le carte regalo da 250 dollari rimangono valide. I numeri sul biglietto della lotteria invece sono troppo sbiaditi per riuscire a leggerli. Oggi Guilford ha 56 anni, non lavora più alla Ford e fa il banditore part-time. «Lascerò tutto nel portafoglio così com'è - ha detto - e lo terrò a casa in una vetrinetta: sarà per i miei figli, perché raccontino la storia un giorno ai miei nipoti. Ci piacciono molto le storie. Mi piace raccontare storie.





24.8.25

sally rooney e gli intellettuali italiani contro la politica israeliana su gaza

Sally Rooney è una scrittrice irlandese tra le più lette, apprezzate e vendute al mondo.Con una decisione assolutamente radicale e politicamente fortissima ha annunciato che devolverà tutti i proventi delle trasposizioni Bbc dei suoi libri alla causa palestinese e, in particolare, al gruppo di attivisti Palestine Action.Un gesto di estremo coraggio ed enorme generosità.
Eppure, per questo, Sally Rooney rischia di essere incriminata per terrorismo nel Regno Unito con una pena fino a 14 anni di carcere, perché Palestine Action è stata inserita arbitrariamente dal governo nella lista delle organizzazioni terroristiche e chiunque la sostenga è considerato penalmente perseguibile.
Siamo al punto di considerare terroristica un’associazione che non ha mai commesso un atto di violenza
contro una persona fisica ma solo azioni simboliche e atti dimostrativi nei confronti di aziende e sedi che sostengono apertamente, economicamente e militarmente il genocidio a Gaza.
Siamo al punto di criminalizzare chi denuncia il genocidio, invece di condannare uno Stato genocida e i suoi complici.Sally Rooney non solo non si è piegata, ma si è assunta pubblicamente la responsabilità politica e legale delle sue azioni con una risposta che è un manifesto di Resistenza.“Palestine Action non è un gruppo armato. Non ha mai causato morti e non pone alcun rischio per la pubblica sicurezza.Tra i suoi metodi rientra la violazione della proprietà privata, cosa che è ovviamente illegale. Ma se uccidere 23 civili in un sito di distribuzione degli aiuti umanitari non è terrorismo, come possiamo accettare che invece sporcare con della vernice spray un aereo lo sia? Le proteste rispettose della legge non sono riuscite a fermare il genocidio. Più di 50 mila bambini sono stati uccisi o feriti. In quale momento, se non in questo, la disobbedienza civile è giustificata?”Ecco quello che mi aspetto che faccia e dica oggi un’intellettuale.




Si stanno moltiplicando gli appelli di personalità della società civile e dello spettacolo a sostegno di Global Sumud Flotilla, la spedizione navale internazionale che si prepara a rompere l’assedio israeliano su Gaza carica di aiuti umanitari e cibo. Solo nelle ultime ore e negli ultimi giorni hanno preso coraggiosamente posizione - sì, perché ci vuole coraggio - tra gli altri lo storico Alessandro Barbero, il fumettista Zerocalcare, il gruppo musicale I Patagarri, quelli che al Primo maggio hanno cantato “Free Palestine”, gli attori Elena Sofia Ricci, Claudio Santamaria e Anna Foglietta, donna straordinaria che è ormai a tutti gli effetti un’attivista per Gaza e per i bambini palestinesi (e non solo). A loro, a tutti loro, voglio dire Grazie per averci messo la faccia, la propria visibilità, per la madre di tutte le cause oggi. Con Global Sumud Flotilla. Con chi è ancora capace di essere umano.

denuncia o visibilità ? molestia o battuta rozza e maschilista ? il caso marta sardo di tik tok




Marzia Sardo ( foto sopra ) , la 23 enne che ieri ha denunciato una presunta molestia durante una tac a Roma, ha chiuso i commenti sotto il suo video su Tik Tok,
in quanto è stata ricoperta di insulti. 


 da   msn.it  

Denuncia di una 23enne. "Molestata in ospedale prima di fare una Tac"

[..] L'episodio a dir poco spiacevole è stato denunciato da Marzia Sardo, una studentessa, in un video che è presto diventato virale sui social. La giovane si riprende mentre è ancora in ospedale, la sera del 21 agosto, e con la voce rotta dal pianto racconta: "Mi portano a fare una Tac al cranio. Avevo la mascherina perché avevo anche un sospetto di Covid e un tecnico mi dice di togliere gli orecchini e di togliere la mascherina che ha il ferretto. Io gli chiedo ingenuamente: Ma allora devo togliere anche il reggiseno?. Lui risponde: No, no, la Tac è solo al cranio. E poi aggiunge guardando i suoi collegi, erano tutti maschi: Certo, poi se lo vuoi togliere ci fai felici tutti". Marzia nel video annuncia di volersi rivolgere all'ufficio reclami della struttura ospedaliera, ma aggiunge di non avere molta fiducia sul fatto di essere ascoltata e per questo spiega di aver scelto di girare il video quasi in diretta "sperando che si possa diffondere questa notizia" perché "quando succedono queste cose non bisogna fare silenzio". "Sono stanca di dovermi interfacciare ogni giorno con queste cose, anche in un ambiente ospedaliero che dovrebbe essere sicuro - conclude la ragazza -. Che cosa vi passa per la testa quando pensate che questa cosa sia normale? Che ci si possa ridere su?".


La ragazza, che ha denunciato tutto in un video diventato virale, sta predisponendo una denuncia da inviare all’Urp dell’ospedale romano. Il Policlinico, intanto, ha aperto un’indagine interna. L' attrice romana ( mah io non lo ho mai vista o sentita nominare neppure su video emozionali di story impact o kiko.co ) , si trovava ricoverata in ospedale Umberto I di Roma a seguito.di una emicrania.Giunta nella sala tac, si è trovata davanti ad un tecnico radiologo ed altri colleghi maschi dell'uomo. La ragazza ha domandato al tecnico se avesse dovuto levarsi il reggiseno prima ha detto no poi il tecnico avrebbe risposto: "Se vuoi levarti il reggiseno, ci fai tutti contenti".La ragazza ha interpretato la frase come una molestia sessuale nei suoi confronti. Ma anziché rivolgersi immediatamente all'ufficio reclami, a distanza di due ore dall'accaduto, ha pubblicato un video di denuncia del fatto nel suo profilo Tik Tok che diventa virale. Ecco alcuni degli insulti rivoltigli da Leo stessa riportati nel suo profilo Ig.




A leggere i commenti sotto questo post non mi stupisco , da uno che lotta continuamente contro il suo maschio alfa , che abbia dovuto sospendere  quelli  al suoi  post  . Quello che mi  soprrende di più sono i commenti femminili, molti proprio vergognosi: ma ora  mi chiedi  voi, donne, non avrebbe dato fastidio una battuta simile in ambito ospedaliero con tutti uomini presenti? O chela  facciano o   l'abbiano fatta a vostra figlia, a vostra madre? E voi uomini... se l'avessero fatto alla vostra compagna, alla vostra moglie, alla vostra figlia ? .
Come dice **** << che ho sempre avuto il seno importante, ho sofferto fin da ragazzina i commenti che mi facevano per strada, vergognandomi fino ad indossare poi sempre qualcosa di largo per nasconderli.>> Metterei come suggerisce certi uomini che non riescono a controllarsi davanti ad una dottoressa, con la stanza piena di donne, che facesse una battuta sulla piccolezza dei loro genitali e poi fare un video iagnuccolo su social vediamo se succede la stessa cosa o peggio . ma poi riflettendoci è meglio di no . uno il perchè lo spiega beissimo la Giornalista M.vittoria Detotto

 

 se di molestia o di battuta rozza e volgare si tratta dipende dai punti di vista . Per  me   è  una   battutta sessista    e  maschilista . Anche  se   come  fa  notare   su thereads  

il  confine  tra  battuta  becera  da  maschio  alfa   e  mlestia  è  assai labile  .
La ragazza oltre a piangere ( comprensibilmente ) avrebbe dovuto segnarlo alla direzione e non solo   sui social con tutti i rischi boomerang che ci sono  rischiando anche oltre  che ( vedere il  video sopra )   gogna mediatica  per lei e   per  lui  , una denuncia    con processo per  diffamazione . 

23.8.25

Sassari Susanna Sechi racconta la vita nella sua bottega in viale Italia «Così resisto ai colossi da più di sessant’anni»., L’impresa Fabio, il barista sassarese coi muscoli di ferro: al traguardo dell’Ironman con i Quattro mori

la  nuova  sardegna  23\8\2025


«Così resisto ai colossi da più di sessant’anni»Susanna Sechi racconta la vita nella sua bottega in viale Italia
                           di Carolina Bastiani

Susanna Sechi racconta la vita nella sua bottega in viale Italia
22 agosto 2025 20:294 MINUTI DI LETTURA




Sassari A muoversi tra bancone, ceste e scaffali pieni, al civico 50 di viale Italia, c’è Susanna Sechi, titolare del piccolo “Frutta e verdura”, che sulla strada si affaccia con un’esposizione di pere. «Basta così signora Mari’? Se lascia il prezzemolo in questa bustina in frigo si conserva meglio». La posizione centralissima del negozio sicuramente ha aiutato, ma il fatto che si trovi lì dal 1960 non può essere un caso. Dietro c'è cura, capacità di adattarsi, cortesia e tanto sacrificio. Dall'aspetto un po’ vintage, l’immagine che lascia non è quella di un mondo lontano e sbiadito, ma di un luogo vitale, che è riuscito a competere con i grandi supermercati, senza farsi travolgere dai cambiamenti dei consumi, che hanno allontanato e pare stiano riavvicinando le persone ai negozi di quartiere. Negozi piccoli ma forniti di prodotti freschi di qualità, dove si compra meno e più spesso, anche per ridurre gli sprechi. Ma dove si scambiano anche confidenze e opinioni. Proprio come da Susanna Sechi. La sua presenza è confortante non solo per gli anziani, ma anche per gli universitari, che lo frequentano numerosi. Così come per chi, di passaggio tra i tanti studi medici della zona, si ricorda che a casa non ha niente per il pranzo. E infatti, il via vai è continuo, persino ora che Sassari è quasi deserta.
«Io ho sessant'anni e lavoro qui da 27 – racconta la signora Sechi – ma in questo negozio ci sono cresciuta. Mia madre da piccola mi teneva dentro a un cesto». Il “Frutta e verdura” è stato aperto oltre sessantacinque anni fa dal padre originario di Nulvi e dalla madre di Gadoni, quando viale Italia era ancora una periferia. E di quel periodo conserva quasi tutto, tranne l’ingresso che allora era in legno. «Questi palazzi ci sono cresciuti intorno – continua – qui era aperta campagna». Da allora di cemento ne è stato colato e insieme alla città è cambiata anche l’attività. «Quando lo gestivano i miei – dice – non c’era così tanta merce. Loro tenevano frutta, verdura, acqua e un po’ di scatolame e vino, mentre io ho aggiunto diverse cose, anche ascoltando i clienti. E poi ho messo gli scaffali». E così tra susine, pere, fichi e uva di produzione propria – in inverno ci sono limoni e arance – si trovano biscotti, sughi pronti, bibite, frutta secca e legumi. Di quelli sfusi, da comprare all’etto. «Da “pronto soccorso” qual era, dove si acquistava solo quello che mancava è diventato un posto dove si riesce a fare la spesa».
E forse il segreto della sua longevità sta nella capacità di rinnovarsi. «Ma dipende anche da come ti comporti», puntualizza Susanna Sechi. Nel suo negozietto, infatti, sono ancora vive quelle relazioni sociali che forse ormai resistono solo nei piccoli paesini. Così, mentre riempie le buste con mezzo chilo di taccole, sei pesche e un po’ di pane fresco, scambia quattro chiacchiere con i clienti. Qualcuno si lamenta della politica, altri le raccontano i fatti propri. E viceversa. È un vero e proprio punto di riferimento per il quartiere. «Mi conoscono tutti – dice – in tanti mi hanno visto crescere. Non ho neanche bisogno di mettere il servizio di fermoposta, la gente si fida e fa arrivare i pacchi qui, come a casa».
Eppure, Susanna Sechi non se la sentirebbe di lasciare l’attività ai suoi figli. Ma non perché si fatichi a tirare avanti. «Ricordo che i miei genitori ebbero qualche difficoltà solo quando, tanti anni fa, in via Amendola aprì uno dei primi supermercati, che causò dei fastidi anche ad altri negozi qui intorno. Ce n’erano tanti prima». Si riferisce all’apertura di Multineddu, proprio dove ora c’è un altro supermercato della grande distribuzione. «Al di là di normali alti e bassi, però, noi abbiamo sempre lavorato». Semplicemente, dunque, Susanna non vorrebbe che i suoi figli facciano i suoi stessi sacrifici. «Non è vita, non ho conosciuto riposo, nemmeno con la testa – dice – Tutte le mattine mi alzo prestissimo per andare al mercato a Predda Niedda a comprare i prodotti e poi rimango qui fino a sera, sei giorni su sette, quasi tutto l'anno. Per loro vorrei qualcosa di diverso». E a chi le chiede quando farà le ferie, ricordandole che è agosto, risponde: «Tra sette anni, quando andrò in pensione».


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idem 

L’impresa
Fabio, il barista sassarese coi muscoli di ferro: al traguardo dell’Ironman con i Quattro mori

                                     di Luca Fiori
Il 43enne si è fatto valere in Svezia tra 2000 super atleti di tutto il mondo


Sassari 
Quando ha alzato la bandiera dei “Quattro Mori” sul traguardo di Kalmar in Svezia, il vento che lo aveva tormentato per ore finalmente si è inchinato e lo ha lasciato in pace. Lì, in mezzo ad atleti provenienti da tutto il mondo, c’era un solo sardo. E quel sardo era lui: Fabio Casu, 43 anni, barista di Sassari, marito, padre e Ironman. Non il favorito, non il professionista. Ma l’uomo che ha trasformato ogni pausa pranzo, ogni mattina rubata al sonno, in un mattone di questa impresa sportiva, che pochissimi sassaresi prima di lui possono dire con orgoglio di aver concluso.




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«È stato il terzo Ironman della mia vita, forse il più duro, ma anche il più bello», ha scritto Fabio sui social. «È stata un’impresa sfidarmi di nuovo. La mente si ricordava tutto, ma il corpo no - racconta al tavolino del suo bar, il Caffè Centoundici in viale Umberto – e quindi ho dovuto fare tutto da zero. Otto duri
mesi di preparazione per arrivare su quel tappeto rosso a 43 anni. Ho usato tutto per riprenderlo: la forza, le gambe, la testa e poi il cuore. Tutto ciò merito di mia moglie Silvia che mi è stata vicinissima in questa dura preparazione. La mia forza. Ringrazio tutti gli amici che mi sono stati vicino in questo fantastico viaggio indimenticabile».



L’Ironman non è una gara qualunque: 3,8 chilometri di nuoto, 180 di bici, 42 di corsa, la distanza della maratona. Un viaggio estremo che mette alla prova corpo e mente. Fabio lo ha affrontato per la terza volta, dopo Cervia (2017) e Barcellona (2019), scegliendo questa volta Kalmar, in Svezia. E il Nord non gli ha risparmiato nulla: nella frazione ciclistica il vento ha trasformato ogni chilometro in una battaglia.



«Il mio obiettivo era il personal best», racconta. «Ma con quelle condizioni era impossibile. Ho chiuso in undici ore e trentasette minuti». Non il tempo sognato, ma un traguardo che pesa come il ferro. Perché un Ironman non si misura solo con il cronometro: si misura con la forza di non mollare mai.Fabio quella forza l’ha costruita con costanza, tra il lavoro al bar gli allenamenti. Dodici ore dietro il bancone ogni giorno, e poi dieci, dodici ore di allenamento a settimana. «Mi ritaglio due ore a pranzo, poi il sabato e la domenica mattina – spiega Fabio – non è facile, ma quando hai una passione vera il tempo lo trovi. Cosa mangio? Due mesi prima della gara, tolgo sale, alcol e dolci e aumento frutta, riso e proteine con pochi grassi. Una birretta? Sì una ogni tanto me la concedo».

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Sposato da tredici anni, padre di un adolescente che nuota da quando aveva tre anni, Fabio porta con sè la famiglia in ogni passo: «Durante la corsa pensi a tutto. Alle persone che ami, a chi ti aspetta al traguardo, ai sacrifici fatti per arrivare lì. Sono queste cose che ti fanno resistere».La bici è la sua arma preferita: «Sono nato in campagna, a La Landrigga. Da bambino passavo le giornate in sella». Ma la più dura è sempre la corsa, quella che arriva quando sei già stremato. A Kalmar ha affrontato il vento, la fatica e la solitudine. E quando il traguardo è apparso, ha tirato fuori la bandiera dei Quattro Mori: «Ero consapevole di essere l’unico sardo in gara. Quella bandiera è identità, orgoglio e sacrificio».Ora Fabio pensa alle prossime sfide: a fine settembre l’“Escape from Asinara”, a ottobre il Challenge Forte Village, che affronterà per la settima volta. Il barista fa tutto con le sue forze, anche economiche. Non ha sponsor, ma ha qualcosa di più: la determinazione di chi ogni giorno serve un caffè con lo stesso rispetto con cui affronta l’oceano e la strada. E se vi chiederete che sapore ha un espresso preparato da un Ironman, passate da lui al bar in viale Umberto 111, per vedere da vicino anche i suoi muscoli di ferro.




22.8.25

Sulle Alpi si scioglie la Storia: 140 mila bombe ed residuati bellici della grande guerra in otto anni


Dai ghiacci alpini che si sciolgono e dalle montagne che si sgretolano, spunta un tesoro di dolore e di ricordi lontani. Sono i cimeli della Grande Guerra, tragica epopea di un massacro che vedeva contrapposti gli eserciti del regno d’italia e dell’impero austroungarico. Un secolo abbondante è trascorso, è venuta un’altra guerra mondiale, ma i nevai hanno continuato a custodire ordigni di morte e oggetti di vita ordinaria in trincea. Adesso che il ghiaccio si ritira è sempre più frequente il ritrovamento di proiettili, bombe, gavette, munizioni ed esplosivo, che fanno tornare alla memoria pagine di Storia e di sangue in Trentino e in Alto Adige.

A partire dalla Val Martello, una laterale della Val Venosta che sale da Laces verso il Parco dello Stelvio,

i militari del 2º Reggimento Genio Guastatori Alpini, che fa parte della brigata “Julia”, hanno cominciato da fine luglio un lavoro ad alto rischio. Sulla base delle segnalazioni che arrivano da alpinisti e camminatori, individuano i residuati bellici e li mettono in sicurezza. I ritrovamenti servono però anche da indicatore dei luoghi dove se ne possono trovare degli altri, pericolosi per chi li trova e li maneggia, visto che il potenziale può essere rimasto intatto a dispetto del tempo.Il quartier generale delle operazioni è a Trento, ma le operazioni si svolgono con il supporto degli elicotteri del 4º Reggimento Altair dell’aviazione di stanza a Bolzano, adloClima I ghiacciai in ritirata restituiscono cimeli, spesso pericolosi: il Genio Alpini riceve le segnalazioni e sale in quota per sminare destrati per le difficili missioni in alta quota. Si tratta quindi di una collaborazione tra Esercito,Aviazione, Protezione civile regionale e altre forze dell’ordine. 

IL lavoro che viene svolto dagli artificieri non si limita alla rimozione, ma si basa su un consolidato meccanismo di segnalazione. Nell’area di competenza del 2. Reggimento, che copre le due province autonome di Trento e Bolzano, dall’inizio dell’anno sono stati neutralizzati 190 residuati bellici di vario calibro. Vengono portati in cave predisposte e fatti brillare.I militari spiegano che gli ordigni possono sembrare innocui, ma in realtà l’esplosivo che si trova al loro interno non si degrada e mantiene intatta la carica. Per questa ragione le indicazioni che vengono fornite sono tassative. Nessuno pensi di portarsi a casa un ricordino della Grande guerra, deve evitare di toccarlo e avvertire allo stesso tempo i carabinieri. Da loro verrà messa in moto la macchina di intervento specializzato che prevede la catalogazione degli ordigni e la valutazione sul modo migliore per il trasporto a valle e la distruzione. Quando possono essere conservati, finiscono in uno dei tanti musei di guerra di cui sono disseminate le località alpine.

scorso anno l’operazione “Carè Alto” si era svolta in alta quota sul gruppo dell’adamello. Aveva portato al recupero di 53 granate d’artiglieria che erano in ottimo stato di conservazione e si trovavano nelle zone di Bocchetta del Cannone (2.850 metri) e Cima Pozzoni (2.915 metri). Nel 2022 gli ordigni recuperati erano stati 785, nel 2021 erano stati 340. Nel 2023, nella sola zona della Vedetta di Nardis, sono stati trovati addirittura 1.039 ordigni. Secondo i calcoli del Genio guastatori, dal 2017 al 2024 sono stati rinvenuti ed estratti ben 141 mila ordigni in tutta la regione Trentino Alto Adige.

Non c’è solo la montagna. Nel 2021 e 2022 il cantiere del Waltherpark ha portato alla luce a Bolzano due bombe inesplose risalenti alla Seconda guerra mondiale. Lo scorso febbraio, nella zona industriale di Bressanone Sud è stata trovata una bomba d’aereo americana, poi disinnescata dai guastatori e fatta brillare in una cava a Naz - Sciaves. A gennaio, durante i lavori del cantiere del bypass ferroviario di Trento, sono emerse dal terreno munizioni del Secondo conflitto bellico, che hanno richiesto anche l’intervento dei Vigili del fuoco per la messa in sicurezza.

Le ricerche vengono estese ai laghi e ai bacini idrici, grazie alla collaborazione dell’esercito con la Marina militare. A intervenire nel Garda e nel lago di Torbole sono stati alcuni mesi fa gli specialisti del Comando Subacquei e Incursori (COMSUBIN). In quel caso erano state rinvenute quattro bombe a mano risalenti alla Prima guerra mondiale, due bombe da fucile modello “Zeitzunder Grenade” e due proiettili d’artiglieria dell’ultima guerra.

in una relazione quando non c'è consenso non c'è gioco che conta ., amicizia vera ., orgogio sportivo fotonsimbolo dibautocensura

Avevo   deciso di autocensurarmi e  lasciare     che  questa storiea  finisse  nell'oblio  per il bene   delle  vittime  e per  evitare  che  diventasse  morbosità   ma  soprattutto  perchè non avevo  altro d'aggiungere  a quanto detto nei precedenti 
post  :   il primo ( questo limitato da blogger nostate Non ci sono parole troppo oscene e non solo parolacce fra i contenuti sensibili quindo per leggerlo cliccatre su ok voglio leggerlo )  ma  soprattutto il secondo   
Ma per il  fatto  che  ,  purtroppo   da il Fq   d'oggi  


“Mia moglie” chiuso da Fb riapre subito su Telegram
M. LAI


Fidanzate, mogli, compagne, amiche e sconosciute immortalate di nascosto, in momenti intimi, dall’obiettivo invadente dello smartphone e poi offerte dai propri partner, come carne da macello, sul gruppo Facebook “Mia moglie”. A condividere e commentare le immagini, diffuse senza il consenso delle donne fotografate, 32 mila utenti, tutti uomini, che però, nella giornata di mercoledì, si sono visti chiudere la pagina dalla Polizia Postale di Roma. La chiusura, scattata a seguito di diverse segnalazioni, non ha tuttavia scoraggiato la pratica e, nel giro di poche ore, sono sorte decine di gruppi alternativi e canali Telegram per raccogliere “l'eredità” del gruppo Facebook, attivo dal 2019. Dopo che il caso è esploso – finendo anche sul sito del Financial Times – molte donne finite a loro insaputa sul gruppo si sono riconosciute e hanno sporto denuncia. I reati a carico dei sedicenti membri della comunità online – i cui nomi sono oggetto di una dettagliata informativa della procura – vanno dalla diffamazione alla diffusione di materiale intimo senza consenso. Al centro degli interessi perversi dei maschi della community, tuttavia, non c’era solo il corpo delle donne in quanto tale, ma anche la loro vita sessuale, perché si sa, nella cultura dello stupro, meno rapporti sessuali una donna ha avuto e più acquisisce pregio agli occhi del maschio. “Una body count 1 (l’espressione allude al numero di partner sessuali, nda) ha un valore aggiunto che non la rende scambiabile” scrive infatti un utente. Le polemiche scatenate dalla vicenda si sgonfieranno con gli ultimi strascichi di agosto, ma il tema dell’educazione sessuale e affettiva torna, ancora una volta, al centro del dibattito pubblico e politico italiano


Ma soprattutto   oltre all'articolo citato sopra a farmi cambiare idea  e  desistere dall'autocensurami   sono state :


                                             Foto simbolo di autocensura


 La lettura su fb non ricordo su quale account mi  pare di Lorenzo Tosa   che riporta   il post threreads  della   testimonianza    di una  delle  vittime    su   ( vedere  sotto  )  e questo  commento  sulla  bacheca  dello  stesso  Lorenzo Tosa 
Non si ha più il senso del pudore, i social e la realtà virtuale hanno distrutto ogni etica morale...non si è più capaci di vivere una vita fatta di normalità e quotidianità. La mia paura è più grande è per i nostri figli, stiamo lasciando loro un mondo marcio...

oltre  a  chiedermi Ma quanto può sentirsi devastata una donna di fronte ad una roba del genere? E siccome hanno capito, continuano da un'altra parte. Che schifo! A volte davvero meglio sole che accompagnate a esserei di così bassa lega . Ma soprattutto commentando, come jessica.novaro, la storia sotto : ‹‹ Belli di mamma ma perché se è solo un gioco lo fate di nascosto? » ho deciso di continuare a parlarne per un ultima volta .


No, non è solo “un gioco”.
E non è neppure solo una pagina virtuale in cui tutto nasce e finisce lì, come molti avevano creduto, sperato d continuano a credere Dietro gruppi come “Mia moglie” e simili ci sono le vite delle persone. C’è, ad esempio, una donna, Anna (nome di fantasia),



due figli e dieci anni di matrimonio alle spalle, che si è ritrovata sbattuta lì sopra a sua insaputa nella sua intimità violata, stuprata virtualmente da suo marito e da decine di migliaia di maschi ..... perversi E, quando ha chiesto spiegazioni al marito (come se potessero esistere delle spiegazioni), lui ha risposto con una frase agghiacciante nella sua banalità del male: “Era solo un gioco”.Un “gioco”.Questa non è la risposta di un mostro ma di un maschio analfabeta affettivo, spaventosamente incapace di concepire un rapporto sessuale e affettivo sano e funzionale ma soprattutto consensuale da schiavo e dipendensente della pornografia Ed è un problema enorme, esteso, diffusissimo e infinitamente più grande e complesso per una società. Spero arrivi ad Anna, in questo momento, un abbraccio forte, umano. Che sappia che non è sola.


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Ci tango a ringraziare le decine di migliaia di persone che ieri hanno letto ed apprezzato la condivisione  dell'articolo    di cronachedellasardegna   di maria  vittoeria  dettoto   lo trovate  sul  suo sito e  o  da  noi.    su Jakub Jankto.
E ribadisco un concetto: se Jankto è stato il primo calciatore professionista della serie A che si è pubblicamente dichiarato omosessuale, il Cagliari calcio è stata la prima squadra che gli ha dato fiducia e rinnovandogli il contratto dopo il suo coming out ha creato,  speriamo  sia  seguito  da  altre squadre , un precedente, una forma di integrazione  ed  inclusione  risettosa  e non ipocrita  \  pulicoscienza della quale tutti/e noi dobbiamo andare fieri/e.
Grazie dunque al Cagliari calcio ed ancora tanti auguri a Jakub per un futuro roseo con suo figlio a Praga.

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Il sassarese Spissu scende in campo con Polonara: la maglia "33" in onore dell’amico che sta affrontando la leucemiaUn legame di vicinanza e affetto nato alla Dinamo e rimasto ben saldo negli anni

Marco Spissu con la 33 di Achile Polonara (foto Italbasket)



L'amicizia è nata a Sassari, ai tempi della Dinamo, ed è rimasta ben salda anche dopo, tanto che i due vengono chiamati dai tifosi Gaspare e Orazio. E Marco Spissu alla vigilia del torneo amichevole di Atene di stasera tra Italia e Lettonia (ore 19) ha deciso di mettere da parte l'abituale numero 0 per indossare la maglia numero 33 di Achille Polonara.
Un gesto significativo per l'ala che ha scoperto di avere la leucemia e si è sottoposto alle cure che gli impediscono di essere con la squadra azzurra agli Europei. Di affetto Polonara ne ha ricevuto tantissimo, a cominciare dal ct Pozzecco, suo coach a Sassari, per finire ai giocatori non solo italiani e ai tifosi.
L'iniziativa del play sassarese Marco Spissu va però oltre: è come dire che Polonara scende in campo con la nazionale.

non importa la sua fede politica \ ideologia , o il suo essere servo , abbia il coraggio di dirlo. Feltri attacca l’ipocrisia su Pippo Baudo: “Da dimenticato a colonna nazionale”



Vittorio Feltri  non mi sta  tanti  simpatico per la  sua  faziositè ed il  suo servilismo  padronale ma la critica il culto mediatico postumo per Pippo Baudo: “In vita dimenticato, ora celebrato ossessivamente. È il segno della nostra ipocrisia collettiva” l'ha  azzeccata  . Finalmente  uno  dell'informazione      che ha il  coraggio di  dirllo  . E di  contestare  Il culto postumo .
Dopo la morte di Pippo Baudo, il dibattito mediatico non si è fermato un attimo:
immagine  creata   con meta IA
 funerali in diretta televisiva, speciali, servizi, ricordi e persino articoli sul patrimonio del presentatore. Una narrazione che, secondo Vittorio Feltri, ha assunto i contorni di una vera e propria “santificazione postuma”. 
Infatti  su  fb      ho  scritto   e  poi   rimosso    che :  ‹‹  Basta   parlare di Baudo  .   non  sapendo   piuù cos  dire    doiranno  quante  volte  è andato al cesso ›› Come  me nell’editoriale pubblicato su Il
Giornale, il giornalista non ha usato mezzi termini: «La santificazione postuma di Pippo Baudo, che in vita era stato ridotto quasi all’oblio, è un esercizio nauseante di ipocrisia collettiva».
“Dimenticato quando era vivo”
Per Feltri, il problema sta nel divario tra la grandezza del personaggio e il trattamento che gli è stato riservato negli ultimi anni: «Baudo è stato protagonista assoluto della televisione per decenni, ha dato volto e voce all’intrattenimento italiano, ha incarnato il modello del nazional-popolare. Poi, una volta archiviata la sua stagione, nessuno se n’è più occupato. Silenzio assoluto. Non se ne è parlato per lustri, come se fosse un soprammobile dimenticato in soffitta». Da qui l’amara constatazione: «Perché la Rai non gli ha riservato attenzione quando era vivo, relegandolo piuttosto a comparsate marginali, trattandolo quasi come un reperto archeologico?».
L’accusa di ipocrisia
Il fondatore di Libero ha sottolineato come l’attuale ondata di celebrazioni dica molto più sulla società italiana che sul presentatore stesso: « La verità è che ci ricordiamo delle persone solo quando non ci sono più, e questo non è omaggio, è scherno. […] Siamo ipocriti? Indifferenti? Probabilmente entrambe le cose. Siamo un popolo che celebra la memoria per non dover affrontare la realtà. Preferiamo piangere i defunti piuttosto che rispettare i vivi». E ha concluso con una frase tagliente: «Così è andata con Baudo: da ‘vecchio arnese’ dimenticato a ‘colonna della Nazione’. Un teatro che dice molto più di noi che non di lui ».

21.8.25

portotorres cerco camerieri meflio non sardi sardi chi odiano i sardi ., Da Cenerentola a regina la favola del Campanedda Il sogno nato dopo uno spuntino è diventato una realtà del calcio regionale., ed altre storie dalla sardegna .,


 





Il pompiere che ama volare Silvio Zoncheddu ha percorso 116 chilometri col parapendio: record sardo



E pensare che è cominciato tutto per caso. «Era il 1993 e mentre stavamo facendo un’escursione nelle campagne di Dolianova, un amico mi chiese “perché non fai un corso di parapendio?”». E così che Silvio Zoncheddu, 58 anni, vigile del fuoco, ha cominciato a volare e da allora non si è più fermato. Più di trent’anni su nel cielo, inanellando un successo dietro l’altro: l’ultimo qualche giorno fa quando ha stabilito il nuovo record sardo di volo in parapendio percorrendo 116,18 chilometri.
La storia
«Quando il mio amico mi chiese se volessi fare il corso gli chiesi di spiegarmi in che cosa consistesse», racconta. «Lui già era un paracadutista e un deltaplanista, io non sapevo nulla. Mi convinse e feci il corso. Appena toccato questo “giocattolo” rimasi folgorato. Adesso sono 32 anni che volo e sono felicissimo». Dopo il corso, Zoncheddu viaggia per specializzarsi sempre più, «per rapportarmi con piloti più esperti sono andato a Castelluccio, in Umbria, che era un po’ la mecca del volo in quegli anni. Ho iniziato a seguire i veterani e imparare da loro e intanto facevo qualche lavoretto, come il fly taxi, accompagnando i piloti nei loro spostamenti. Tra loro c’era Gimmy Pacher, quello che vinceva tutto. Diventammo amici e oggi per me è come un fratello. Teniamo insieme anche dei corsi sulla sicurezza in volo».
Il lavoro di vigile del fuoco arriva dopo, nel 1996, quando già volava. «Amo il mio lavoro, sono orgoglioso di quello che faccio e ho un rapporto meraviglioso con i colleghi. Ma solo quando volo ho una sensazione di estrema libertà che mi fa stare bene».
Il record sardo di volo lo aveva già stabilito qualche tempo fa arrivando a 108 chilometri. «Ma il 31 maggio sono stato superato da un altro pilota che è arrivato a 109. E siccome sono molto competitivo ho deciso di fare di più e così sono arrivato a 116,18 chilometri». La partenza da Bortigali «studiando il meteo e i venti. Il primo giorno non è andata bene così ci ho provato il successivo quando proprio i venti hanno creato una convergenza particolare con una velocità media superiore a 30 km orari. Così da Bortiogali, sono arrivato a Santu Lussurgiu, da qui sono tornato indietro seguendo la catena del Marghine in direzione Pattada e poi di nuovo a Bortogali».
Fare parapendio in Sardegna non è facile «perché non offre distanze ampie e c’è la variabile dei venti. Diciamo che il discorso è diverso se percorri l’arco alpino». Volare, «ti da una sensazione bellissima ma non direi che è un modo di evadere dalle cose difficili che vedo nel mio lavoro. È importante imparare a gestire tutto.
Di campionati Xc Sardegna, ne ha vinti 16, compreso quello dell’anno scorso e se vincerà quello di quest’anno arriverà a 17. «Quello che mi stimola è la concorrenza con tanti bravi piloti come Marco Spano e Mario Mele, solo per citarne alcuni. Mi stanno con il fiato sul collo e questo mi spinge a impegnarmi per fare sempre meglio e per continuare a volare». Su nel cielo, verso la libertà.

Jakub Jankto ha pagato la scelta di essere libero. La sua omosessualita’.Non gli infortuni…

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Maria Vittoria Dettoto

Pietro Sedda il designer, artista e tatuatore di fama mondiale racconta i suoi nuovi progetti

   Dopo  la  morte  nei  giorno scorsi  all'età  di  80 anni   di  Maurizio Fercioni ( foto sotto  a  sinistra )  considerato il primo t...