27.3.24

cosa è l'amore ?

dopo lavicenda   del  ragazzo gay  cacciato da casa  ed ospitato  da un prof  (  ne  ho parlato nel  precedente  post   )   credevo di avere le risposte  cosa è l'amore cioè   quelloe  proposte  da  questo  reel https://www.facebook.com/reel/893087732615373 ma   soprattutto  da questo   video  sempre  di di   story impact  italia  

  
 Essere una coppia significa poter contare l'uno sull'altro. Non dovremmo nascondere chi siamo o i nostri problemi quando siamo in relazione, la relazione è fiducia, supporto, altruismo... non ci si dovrebbe mai sentire giudicati, ma compresi e supportati. Non dovremmo avere paura di confidarci ma dovremmo sentire che quella è proprio la persona su cui fare affidamento e che qualsiasi cosa accada, è qui, vicino a noi, presente... Lo sbaglio più grande che possiamo fare, è paragonare la relazione attuale con quelle precedenti perchè ogni amore è unico...

ma poi si scopre che esso è anche malattia , possesso ed ossessione come questa vicenda




Zio ucciso dal nipote perché aveva una relazione con la ex. Il dramma della 37enne: «Mi aveva chiesto di sposarlo»




Gelosia, amore e morte. Sono i contorni dell'omicidio di Cesano Boscone, sobborgo di Milano, in cui Antonio Iannetti, 29 anni, ha confessato di aver ucciso lo zio Roberto Parisi, 41 anni. La lite fatale tra i due parenti è arrivata al culmine di una storia tormentata, segnata da una relazione amorosa che ha diviso una famiglia.
La gelosia per l'ex
«Sono stato io, l'ho ucciso io, non volevo ammazzarlo», queste le parole di Iannetti durante l'interrogatorio. La causa scatenante dell'omicidio è stata la relazione tra Roberto Parisi e l'ex compagna del nipote, una donna di 37 anni, che andava avanti da settembre. Nonostante la fine della loro storia, Ianetti non riusciva a accettare questo nuovo rapporto, tanto che la donna ha raccontato di essere stata costantemente tormentata dall'ex: «Non avrai mai una vita con lui finché ci sarò io», le ripeteva, come riporta oggi Il Giorno.
L'omicidio
La lite tra i due uomini si è svolta lunedì 25 marzo, in un'area poco frequentata del comune, dove zio e nipote si erano dati appuntamento per discutere. Le parole hanno lasciato il posto alla violenza, con Iannetti che ha sferrato a Parisi sette coltellate mortali. Dopo il delitto, Ianetti ha chiamato l'ex fidanzata per confessarle l'omicidio, poi si è costituito alle autorità, guidandole al ritrovamento dell'arma del crimine.
Una tragedia annunciata
Dal racconto della donna al centro della contesa emerge la cronaca di una tragedia annunciata: «Erano otto mesi che ci tormentava - ha detto la 37enne -. Roberto aveva anche pensato di denunciarlo. Diceva cose spaventose, avevamo paura di quello che poteva fare. Fino alla sera del delitto ha continuato a dirmi: 'Te lo faccio portare sulla coscienza, a tua figlia racconterai che la colpa è solo tua». Il rapporto tra i due era cominciato a settembre, ma era «speciale»: «Anche se stavamo insieme da pochi mesi, a gennaio mi aveva chiesto di sposarlo»

Pontedera, studente confessa di essere gay: i genitori lo cacciano da casa, lo ospita un prof


da  leggo.it    e   da  Il Tirreno  del  24\3\2024


«Figli gay qui non li vogliamo». Proprio quando aveva trovato il coraggio di confidarsi a cuore aperto con la famiglia, un ragazzo di 18 anni si è visto chiudere le porte in faccia da mamma e papà a causa del suo orientamento sessuale. La confessione avrebbe innescato una serie di incomprensioni tra il figlio e i genitori culminate nella richiesta di
lasciare la casa di 
Pisa dove viveva.
Ospitato dal prof
Rimasto senza una casa e senza soldi, il giovane la cui storia è raccontata oggi su Repubblica, ha vagato alla ricerca di un rifugio temporaneo, appoggiandosi alla generosità di conoscenti. La svolta è arrivata grazie al supporto ricevuto da uno sportello locale contro le discriminazioni e dall'incredibile solidarietà di alcuni professori della sua scuola. Uno di questi docenti, dimostrando un'empatia e un supporto concreti, ha offerto al ragazzo una stanza nella propria abitazione, consentendogli così di continuare gli studi fino al conseguimento della maturità. 
La frattura con la famiglia
«Mi hanno detto di andarmene perché tra i figli non andavo bene» ha raccontato il giovane agli operatori dello sportello Voice di Pontedera ripercorrendo la profonda frattura con la famiglia e le incomprensioni, in particolare con la mamma e la sorella. Una rottura che sia gli operatori sia l'insegnante hanno provato a risanare coinvolgendo gli assistenti socialiani, ma neanche questo sforzo ha portato ai risultati sperati.  
Il supporto
Emiliano Accardi, coordinatore di Voice, ha evidenziato l'importanza del gesto del docente che ha ospitato il ragazzo: «È stato un gesto non scontato e importante. Il nostro centro intanto continua a offrire il servizio psicologico. Abbiamo un gruppo di esperti, anche per gli aiuti legali e per questioni inerenti il lavoro». Questa storia non è un caso isolato, ma rappresenta una delle tante situazioni difficili affrontate da giovani che si trovano a navigare i pregiudizi legati all'orientamento sessuale e all'identità di genere. Voice, insieme ad altre realtà associative, svolge un ruolo cruciale nell'offrire supporto e orientamento non solo ai giovani in difficoltà, ma anche alle loro famiglie. «Sono venuti alcuni genitori perché il loro figlio ha chiesto di avviare un percorso di transizione di genere e avevano bisogno di strumenti per capire come affrontare al meglio questa fase», aggiunge Accardi, sottolineando l'importanza di un impegno collettivo nella promozione dei diritti e nella sensibilizzazione culturale contro ogni forma di discriminazione.

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 Ha solo 18 anni ed è rimasto in città perché un suo insegnante si è offerto di ospitarlo fino alla Maturità


PONTEDERA. Ha confessato la sua omossesualità e la sua famiglia l’ha cacciato di casa. Gli hanno sbattuto la porta in faccia. «Niente figli gay, vattene», hanno detto. Ha solo 18 anni, fra pochi mesi dovrà sostenere l’esame di maturità. È rimasto in città perché un suo insegnante si è offerto di ospitarlo fino al diploma. «Da quando ho fatto coming out come
transgender durante una riunione di lavoro mi è arrivata la lettera di licenziamento. Qualche giorno dopo, nonostante l’azienda stia continuando ad assumere. Nessun collega dice niente», si sfoga un altro ragazzo. «Nostro figlio non vuole indossare il grembiulino blu, vuole quello rosa. Siamo in difficoltà. Non sappiamo come comportarci», raccontano due genitori. Queste sono solo alcune delle voci che rivelano l’omotransfobia nascosta nei luoghi di lavoro, nelle pareti domestiche e anche in altri contesti come la scuola.
Sos diritti
Storie di disagio, esclusione, mobbing, silenzi. Dove la discriminazione sommerge la vita reale delle persone, giovanissime e meno giovani, nelle loro relazioni familiari e di vicinato, negli ambienti che frequentano o dai quali vengono allontanate o precluse. Un micro-mondo in cui l’orientamento sessuale o l’identità di genere diventa, a prescindere dalle capacità del lavoratore, dalla necessità dell’istruzione, dal bisogno di affetto, un ostacolo, spesso un bersaglio. E questi episodi succedono. Chi ne è vittima si sente isolato e se ne vergogna. Chi invece vorrebbe essergli di appoggio è confuso, non sa come muoversi e come comportarsi.
Team di aiuto
Ecco perché avere a Pontedera un centro di riferimento che accoglie i ragazzi in difficoltà, rifiutati dalle famiglie, allontanati dai datori di lavoro o dagli amici perché gay, trans, lesbiche, è importante. Per le persone Lgbt+ ma pure per i loro genitori, i colleghi, i compagni di banco e i loro insegnanti, la porta del centro Voice è sempre aperta. Nato nell’ottobre 2022, il progetto, che ha il parternariato del Comune e dell’Unione Valdera, promosso da Arci Valdera, è finanziato dall’Unar, Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali ed è gestito da avvocati, psicologi, assistenti sociali, educatori e mediatori linguistici. Una squadra di esperti che, al Poliedro, in piazza Berlinguer, offre ascolto, informazione, sostegno legale e psicologico e si batte contro il bullismo, le minacce, le criticità che sorgono dalle discriminazioni motivate dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere. «In questi mesi – dice il coordinatore del servizio Emiliano Accardi – abbiamo accolto e appoggiato 24 persone che sono arrivati da noi, a volte sotto l’anonimato, altre direttamente, con dubbi e incertezze durante un percorso legato alla transessualità, alla loro identità di genere. Abbiamo sostenuto tre famiglie alle prese con problemi e dubbi, dopo che il figlio aveva dichiarato la propria omosessualità. Altrettanti i casi di consulenza lavorativa, una decina per quella legale e otto per quella psicologica». Ci sono ferite lunghe da sanare, rifiuti che non si dimenticano ma che si può cercare di superare e nodi complicati da sciogliere. «Fra questi, quello che capita più di frequente è la questione che riguarda in che modo spiegare di essere gay. Una ragazzina – continua Accardi – è stata intercettata tramite chat, poi sostenuta e messa in contatto con i servizi sociali perché voleva suicidarsi. Era in depressione, né lei né la madre erano riuscite a parlare con il padre perché avevano paura della sua reazione».cardi
Sistema di protezione
Allo sportello invece, uno dei pochi in Toscana e l’unico in provincia di Pisa, che riceve le segnalazioni anche da tutta la zona del Valdarno, gli obiettivi che si vogliono perseguire sono quelli legati alla valorizzazione delle differenze, al rispetto e alla prevenzione di gravi situazioni. «Ci impegniamo – aggiunge Maria Grazia Rossi dell’Arci Valdera, con delega alle pari opportunità e alle politiche di genere – per tutelare la libertà di espressione e per creare una società dove c’è spazio per tutti. Il centro vuol dar voce, proprio come dice il nome, alle vittime di odio e intolleranza. L’idea è quella di lavorare in rete con il territorio perché spesso le problematiche sono proprio culturali. Nel senso che la discriminazione passa dalla non conoscenza. Quando però riusciamo a coinvolgere con i laboratori che proponiamo nelle scuole, tanto per fare un esempio, le classi e gli amici scatta un sistema di difesa, vicinanza e protezione spontaneo che rispecchia nel micro cosmo quello che potrebbe riproporsi nella quotidianità».

il crepuscolo anzi meglio il tramonto dei quotidiani cartacei

 Non sono  giornalista   ne pubblicista   ma  mi piace  scrivere  e fare  contro inchieste   o colaborare  con esse  come h o  fatto in passato  . Chi  mi segue   lo  sa .  Quindi condivio     l'articolo   , riportato   sotto  ,  di Massimo  fini   dice  la  verità   oltre   a  confermare  il perchè non ho  , anche se  l'avevo semre  desiderato  ,   scelto di  diventare  giornalista   vero e proprio .  Inoltro anch'io  sono legato  ai giornali di carta   essendoci nato e  cresciuto con essi 



                                           Il Fatto Quotidiano, 23 marzo 2024



Con un documentato articolo sul Fatto Nicola Borzi ha confermato, dati alla mano, quel fenomeno che per la verità tutti noi sperimentiamo ogni giorno ictu oculi: la crisi delle edicole. Nell’ultimo quadriennio le edicole sono scese da 16mila a 13.500 circa, ma il fenomeno ha radici molto più lontane, nel 2002 i punti vendita in Italia erano 43mila, ora sono scesi a 23mila.
Nella mia zona, piazza Repubblica e dintorni a Milano, fino a una decina d’anni fa c’erano cinque edicole. Oggi ne sono rimaste due. Una proprio accanto a casa mia è gestita da un bangla che per tenersi in piedi lavora dal primissimo mattino a mezzanotte, ma è ugualmente in grave difficoltà perché da lui molti giornali non si trovano o perché non glieli mandano o per qualche altro motivo. L’edicola più importante della zona sta in via Vittor Pisani, ma se la cava vendendo gadget, giocattoli, biglietti tramviari.
La crisi delle edicole è uno dei segnali, forse il più indicativo, della corrispondente crisi dei giornali. Era abitudine, un tempo, vedere gente al bar che leggeva i giornali o altri che passeggiavano con il giornale in mano. Mi capita, a volte, che qualcuno che non mi ha riconosciuto mi fermi e mi dica fra l’ammirato e il meravigliato: “ma lei è uno che legge ancora i giornali?”. Il Corriere della Sera e la Repubblica vendevano, fino a non molti anni fa, mezzo milione di copie. Oggi sono attestati intorno alle 200mila copie o poco più, e molte di queste te le sbattono in faccia, gratuitamente, nei grandi alberghi o sui Frecciarossa, e il motivo è che per farsi pagare la pubblicità devono mantenere, sia pure in modo artificioso, un certo livello.
Come la tv finì per spazzar via, in un periodo che va da metà degli anni Sessanta ai primi Novanta, i quotidiani del pomeriggio, il Corriere Lombardo, la Notte, il Corriere d’Informazione, così l’avvento del digitale sta spazzando via i giornali. Il lettore, giovane ma non solo giovane, è abituato a un’informazione immediata e molto più stringata. Non ci sono più i grandi reportage del tempo che fu. Il Diario di Enrico Deaglio (1996-2009) ha tentato coraggiosamente di riprendere quella formula, ma alla fine ha dovuto cedere. Gli editori, tutti tesi a risparmiare, riluttano a mandare in giro inviati che molto spesso sono free lance pagati niente. Il Corriere di Cairo, tanto per fare un esempio, a un collaboratore che ha scritto magari un’intera pagina dà dai 30 ai 50 euro. Quando lavoravo all’Europeo negli anni Settanta noi giornalisti, oltre a prendere un ottimo stipendio (nel mio caso un milione e passa, che corrisponde a diecimila euro attuali) potevamo contare su un borderò praticamente illimitato. Ogni spesa che fosse destinata a rendere il pezzo migliore era legittima (che poi molti colleghi su quei borderò si siano comprati la seconda o la terza casa è un altro discorso, fa parte del malvezzo italiano di fare la cresta sulle note spese che vediamo oggi in piena azione non solo nei giornalisti - Minzolini docet - ma nei politici e in qualsiasi amministratore pubblico). Alberto Ongaro, che si occupava di viaggi esotici, affittò per un milione di allora una baleniera, un altro che doveva intervistare Farah Diba le fece arrivare un cesto di tremila rose.
Nel giornalismo di carta stampata non ci sono più i grandi personaggi, i Bocca, i Montanelli o, per tornare un poco più indietro, i Curzio Malaparte che con i suoi reportage, i suoi libri (La pelle, Kaputt, Tecnica di un colpo di Stato) o i suoi commenti (Battibecco) ha influenzato buona parte del giornalismo a lui contemporaneo o successivo (vedi Oriana Fallaci) o, per tornare ancora più indietro, Edoardo Scarfoglio. Oggi, in linea di massima, se un giornalista è noto lo è per le sue apparizioni nei talk, che si sono moltiplicati nel tempo ma sono anch’essi in caduta libera negli ascolti. I giornalisti fra i 30 e i 40 anni hanno capito come si fa: di base certo ci dev’essere un giornale, poi si partecipa a quanti più talk possibile, infine si scrive un libro, molto probabilmente una cazzata, di cui comunque i colleghi parleranno. Che questo sia un esempio di buon giornalismo ho molti dubbi. Gli influencer hanno preso il posto dei giornalisti, sono loro le star. Chiara Ferragni ha quindici milioni di follower, Marco Travaglio, che è forse il giornalista più noto oggi in Italia, mi pare due o tre. I giornali sono fatti male? Sì, sono fatti male. C’è una prevalenza dei commenti, quorum ego, sulla cronaca, intendo la cronaca in presa diretta, che era abitudine, anzi obbligo, per la mia generazione e alcune successive. Desolanti sono gli spazi dedicati alla cultura, tanto che capita spesso che i direttori, non sapendo a che altro santo votarsi, ripubblichino estratti di scrittori o giornalisti del passato più o meno immediato, Buzzati, Montanelli la stessa Fallaci. La crisi dei giornali non investe in egual misura i libri. Il libro è un prodotto fisico, tattile, come i giornali certo, ma pensato per una più lunga durata. Puoi fare note e osservazioni anche lunghe a margine (le potresti fare anche sugli e-book, ma viene molto meno spontaneo) e comunque, in ogni caso, ci puoi arredare la tua libreria. Anche se nel disastro generale vediamo in certe biblioteche private libri che del libro hanno solo la copertina. Poi nell’editoria libraria accade una cosa curiosa: non c’è praticamente italiano che non abbia scritto un libro. Spesso mi arrivano a casa libri di autori sconosciutissimi che sperano in una recensione. Grandi case editrici, come la Mondadori, si sono ridotte a far pagare gli aspiranti autori, cosa che facevano un tempo case editrici infime e spesso truffaldine. Se aumentano gli autori, diminuiscono però i lettori. I “lettori forti”, quelli da cento libri l’anno, sono in estinzione per ragioni d’età. Come se la cavano allora gli editori? Sperando che fra la pletora di libri che caccian fuori uno diventi un best seller, e con questo si ripagano gli altri, o pubblicando per la scolastica o cartoni animati per bambini che vanno sempre forte.Ma qui di giornalismo non resta davvero più nulla. Spesso vengono da me dei giovani (io ho in genere un pubblico giovane, a parte dei fanatici pleistocenici che mi seguono dai tempi dell’Europeo) che mi chiedono come si fa a entrare in giornalismo. Io li gelo subito dicendo loro che mancano del primo requisito del giornalista: il fiuto. Se lo avessero non vorrebbero entrare in un mestiere morente.

26.3.24

Fuori i bimbi e le scolaresche , dentro chi paga Il museo degli uffizi di Firenze

  sono talmente  schifato      che  non so  che  altro  aggiungere  in    quanto ha  già    detto tutto   qullo che    c'era  da dire   L'articolo   di tommaso montanari  

FOTO ANSA
Primo in Italia La Galleria degli Uffizi di Firenze è il quinto museo più visitato al mondo

Se davvero sarà l’ex direttore degli Uffizi Eike Schmidt a guidare la destra fiorentina contro la candidata del renzianissimo Pd fiorentino, sul piano della politica del patrimonio culturale si tratterà di un derby in famiglia. E non solo perché Schmidt reca impresso il “bacio della morte” che gli dette Dario Franceschini scegliendolo come uomo-simbolo della sua scellerata riforma dei musei (quella che Gennaro Sangiuliano continua ad attuare entusiasticamente), ma anche perché (al di là delle schermaglie di potere) gli Uffizi di Schmidt e i musei comunali di Nardella sono stati governati nello stesso modo: malissimo. Questo “modello Firenze”, che unisce destra-destra e sinistra-destra, prevede che i musei siano visti, e gestiti, come “macchine da soldi” (parole con cui Renzi sindaco illustrò il suo progetto per gli Uffizi), e dunque abbandonati al mercato e al turismo intensivo che ha fatto sparire Firenze come città.

La conseguenza è che i fiorentini sono espulsi dal loro patrimonio, e che la prima relazione a saltare è proprio la più vitale, democratica e carica di futuro: quella con la scuola. Le scuole, nei musei fiorentini, non sono oggi ospiti graditi.

Nei musei (comunali e statali) non sono ammessi gruppi più grandi di 15-20 persone: il che non permette la visita a una classe media. E i musei più frequentati, come gli Uffizi, accolgono prenotazioni per gruppi scolastici di sole 15 persone ogni 30-45 minuti. Dividere una classe in due gruppi a 45 minuti di distanza significa dover utimattina

’’lizzare due guide, uscire con 4 o 6 docenti e non poter spiegare le stesse cose a tutti, lasciando un gruppo ad attendere per strada per tre quarti d’ora. E per di più i musei rendono obbligatorio l’uso degli auricolari, che costano 1,5 euro l’uno e impediscono una vera lezione collettiva con i bambini. E, d’altra parte, non si può più far sedere educatamente per terra, a gambe incrociate e davanti alle opere, i bambini piccoli: perché “non è decoroso”, e perché i turisti non possono farsi selfie davanti ai quadri. A saltare è dunque quella relazione sentimentale – tra corpi, collettività, spazio museale e opere – la cui costruzione è di gran lunga più importante delle poche parole appiccicate ad ogni quadro visto. Alcuni (il Museo del Novecento, per esempio) aprono la mattina alle 11: ma i bambini della primaria alle 12.30 al massimo devono essere a mensa! Nelle chiese ormai musealizzate (alcune dello Stato ma date in gestione al Comune) si paga anche sopra gli 11 anni (6 euro a bambino!). A Palazzo Vecchio le prenotazioni dalle 9.45 alle 12.00, e dalle 14 alle 15.30 (le sole utilizzabili dalle classi della scuola primaria) da quest’anno sono riservate a coloro che fissano percorsi a pagamento con MUSE, la cooperativa renziana che gestisce le attività educative nei musei civici. E siccome per fissare il pulmino comunale e per avere il permesso di uscita dalla scuola serve indicare una data certa e un luogo certo da visitare, non si può neanche uscire di scuola per tentare la fortuna di accedere senza prenotazione nel palazzo di tutte e tutti.

Tanti anni fa, una anziana insegnante mi raccontò come il padre, contadino anarchico mugellano, ogni domenica si mettesse il vestito della festa, caricasse la figliola sul calesse e la portasse non alla messa, ma agli Uffizi, dicendole: “Sono tuoi, e sono sacri”. Qualcosa di non molto diverso l’ha scritto Antonio Tabucchi, rivolgendosi proprio ai giovani fiorentini: “Mio zio mi prendeva per mano, e mi faceva camminare nel corridoio del Vasari. Questo è un luogo sacro, mi diceva, ricordatelo bene”.

L’articolo 3 della Costituzione affida alla Repubblica il compito di “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana…”. Il patrimonio storico e artistico della nazione (menzionato – caso unico al mondo – tra i principi fondamentali della Carta) è precisamente uno degli strumenti che permettono di rimuovere quegli ostacoli. Ebbene, pensate ai bambini fiorentini che appartengono alle famiglie dei nuovi italiani: ospiti tollerati a stento nella città del lusso, e che proprio nella scoperta che i famosi musei di Firenze appartengono anche a loro potrebbero trovare una qualche fiducia in un futuro di giustizia e inclusione. È a questo che dovrebbero servire i musei: alla costruzione di una nuova coesione sociale, non ad alimentare un turismo di puro, rapacissimo, consumo. Ma mentre i musei di Nardella tenevano fuori le scuole, gli Uffizi di Schmidt diffondevano le foto di Chiara Ferragni davanti alla Venere di Botticelli, per “raggiungere i giovani”, trattati come compratori di pandori.

La morale è inquietante: nei musei di Firenze bisognerebbe cambiare tutto, ma visto il pensiero unico che vede il patrimonio non come ossigeno, ma come petrolio, il rischio concreto è che, chiunque vinca le elezioni, non cambi nulla.

‘‘ Gli Uffizi sono una macchina da soldi, se li facciamo gestire nel modo giusto

Quale cultura? Gli Uffizi di Schmidt e i musei targati Pd sono stati governati nello stesso modo p

risse di madri alla materna , puzioni seriali , rìtessitrici instancabili , funerali indecorosi e porno , tatuaggi d'altro liverllo , rapinatrici spirituali , vendette postume

 


Peppino Valarioti Il racconto di Carmela e l’amore che la ’ndrangheta non ha ucciso

 


Lo so, avete ragione. Ne è passato ormai di tempo dalla giornata della memoria “delle vittime innocenti di mafia”. Era giovedì scorso. Roba ormai stravecchia per i quotidiani. Il fatto è che il 21 di marzo porta con sé ogni anno centinaia di piccole storie sconosciute, autentiche pepite che, come per una legge di gravità, sfuggono all’occhio dei mezzi di informazione; e che sono in grado invece di suscitare l’attenzione di “non giornalisti” come il sottoscritto.Così fra le tante possibili dei giorni scorsi ce n’è una che mi si è ficcata nella memoria e proprio non se ne vuole andare, anche se è vecchia, addirittura di mercoledì pomeriggio. Ed è quella raccontata da una donna del Sud con la quale non ho mai parlato ma a cui ho voluto istintivamente bene. Si chiama Carmela, Carmela Ferro. È stata lei ad aprire il seminario pomeridiano di Libera riservato ai familiari delle vittime. Una grande esperienza di incontro e di autocoscienza, se così si può dire, che si svolge a porte chiuse. Carmela è salita sull’altare bellissimo di Santa Maria in Trastevere sedendosi accanto a Daniela Marcone, la responsabile della “memoria” o dei “familiari” dell’associazione di don Ciotti. E forse per la prima volta si è raccontata. Asciutta, composta, l’emozione rigettata a fatica, così da potere tornare tra i banchi della chiesa senza singhiozzi. È stata la prima volta che l’ho sentita. Carmela era la fidanzata di un simbolo dell’antimafia calabrese, Peppino Valarioti. Stesso nome di un simbolo dell’altra antimafia, quella siciliana, Peppino Impastato. Storie per tanti aspetti gemelle: stessa età (trent’anni) e stesso periodo di uccisione: il 1980 il secondo Peppino, il 1978 il primo. A far da teatro, anche in Calabria, un luogo simbolico del potere mafioso sul mar Tirreno, sempre sotto i 15 mila abitanti, Rosarno qui e Cinisi lì. Storie quasi parallele di due giovani “divisivi”, visto che il Peppino calabrese, insegnante, faceva politica anche lui, da segretario della locale sezione del partito comunista. Come non pensare alle somiglianze? Come non cogliere però anche, con qualche malinconia, la forza immensa del cinema nel regalare a uno rispetto all’altro una memoria collettiva di leggenda nelle nuove generazioni ?
Ascoltavo dunque con qualche impalpabile senso di colpa Carmela, i capelli gentili e ingrigiti, mentre raccontava la sera di quell’11 giugno: la cena passata in un ristorante tra amici a festeggiare un sucelettorale ottenuto sull’onda di una grande mobilitazione antimafiosa, costellata da incendi e altre intimidazioni. Mi sembrava di vedere Peppino mentre lei lo raccontava con parole lente e precise. Di vederlo avviarsi solo in un viottolo a prendere l’auto per tornare a casa, abbattuto alla schiena dai sicari che l’avevano atteso nel silenzio. Raccontava Carmela agli altri familiari, con una qualche tenerezza, che il suo Peppino era morto sentendo il profumo delle zagare poiché il ristorante era in un agrumeto. E lo diceva come se volesse malinconicamente spiegarci che era morto ricevendo quasi una carezza dal destino. Tanto più che l’ultimo rumore che aveva sentito era stato quello delle onde, mandatogli dal mare illuminato di stelle lì accanto. Questo lei sapeva con certezza. Una cosa invece non sapeva e non potrà mai sapere. Quale fosse stato il suo ultimo pensiero “su questa terra”. Chissà se era stato per lei.Quando l’ha detto ho sentito la potenza di un amore irriducibile sollevarsi da quell’altare di Trastevere. Credo, così mi è parso, l’abbia avvertita anche la presidente della Commissione parlamentare antimafia, Chiara Colosimo, che dalla prima fila seguiva la testimonianza con rispetto ed emozione, nonostante le arrivasse da una storia “divisiva”. A dimostrazione che a dividere, di fronte alla mafia, non possono mai essere le idee politiche. Pensateci: Falcone e Borsellino, dalla Chiesa e La Torre. A dividere è altro.

razzismo nello sport . secondo voi è più grave che l'insulto venga da un giocatore o dai tifosi ? oppure sono entrambi gravi ?

   

  

secondo me    non esiste    nessuna  differenza  sono entrambi   i casi  

Chi è Islam Khalilov, il 15enne che ha salvato 100 persone a Mosca nell’attentato

da  fanpage.it
Fino a pochi giorni fa la sua era la vita di un 15enne come tanti altri di Mosca, passata tra la scuola e gli amici, ma venerdì c'era anche lui al Crocus City Hall di Krasnogorsk mentre gli attentatori freddavano a sangue freddo centinaia di persone. Islam Khalilov, questo il nome dell'adolescente, era al lavoro – part-time – come guardarobiere del teatro e nei minuti che hanno seguito la carneficina ha guidato un gruppo di spettatori verso una porta che conduceva a un edificio adiacente portando al sicuro almeno 100 persone. Solo più tardi ha pensato a se stesso.
Islam Khalilov ha raccontato gli interminabili minuti della strage di Mosca. "All’inizio ho sentito dei suoni strani provenire dal primo piano. Ho pensato che fosse arrivato un gruppo rumoroso". Ma poi ha capito: "Ho realizzato che se non avessi reagito subito avrei perso la mia vita e quella di molti altri", così ha guidato centinaia di persone verso la salvezza. Prima dell’assunzione aveva seguito un corso di salvataggio: "Al tempo ci avevano spiegato cosa fare in caso di emergenza, per questo sapevo dove portare le persone per metterle al sicuro"."Quando sono arrivato davanti alla porta che portava all’altro edificio mi sono immaginato i terroristi che arrivavano dalle scale o dall’ascensore uccidendoci tutti con le raffiche di mitra o lanciando una granata. Per fortuna non è successo, sono riuscito a far uscire tutti", ha concluso. Per questo è stato premiato dal club dello Spartak Mosca con una maglietta e l’abbonamento alle partite mentre il rapper russo Morgensten ha promesso di donargli un milione di rubli (circa 10 mila euro) per il suo gesto . I bello è che si chiama Islam. Verrà onorato nella moschea di Mosca. Chi spalleggia l’islam politico, chi tifa jihad sappia che nella mattanza contro i “cristiani infedeli” rischiano di morire anche musulmani. Il che ci dimostra come il terrorismo  in questo  caso quello religioso  sia la più grande delle pazzie umane   soprattutto    quando   non c'è nessun  regime  oppressivo o forza  d'occuppazione   miliitare  Forse , secondo alcuni , più della guerra fatta con gli eserciti.

25.3.24

reportage da primaverain giardino 2024 22-23 marzo a donigala fenughedu

 Anche  quest'anno  abiamo  partecipato  a 


con le  nostre  camelie  







le  altre  in questi due mie    post    1  2   su   facebook


alla   23  manifestazione Primavera in Giardino (  locandina  in alto   al centro  )    tenuta  dopo Milis   anche   quest'anno  al Ros’e Mari Farm & Greenhouse di Donigala fenughedu ( cabras )   

 

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dalla  https://www.sardegnainblog.it/17772/primavera-in-giardino/


Tra le novità di quest’anno anche ben 6 nuovi vivai, tra frutti antichi italiani, piante acquatiche e tanto altro ancora.Il Simposio:

Confermati anche gli importanti simposi, che acquistano un’importanza sempre più centrale nella manifestazione vivaistica oristanese, che quest’anno ruota attorno al tema del “Giardino“. Si parlerà infatti di come la concezione e progettazione dei giardini sia cambiata nei secoli, tanto da essere considerati parte importante per il proprio benessere psichico e fisico. Non per nulla si parlerà anche di nuove idee di giardini sostenibili.Sabato mattina, 23 marzo 2024, da non perdere la “Lectio Magistralis” con James Basson, fondatore insieme ad Hellen Basson di “Scape Design”. I due paesaggisti inglesi pluripremiati, si occupano di design e progettazione di “Giardini sostenibili adatti al clima Mediterraneo“.
E poi a parlare di giardini ci sanno tanti altri ospiti di rilievo ed esperti del settore, come:

Filippo Pizzoni importante architetto paesaggista,
Margaret Scaramella, Dott. Naturalista e Garden Designer
Marco Scano, titolare di “Pratobello” con dottorato di ricerca presso l’Università di Sheffield.

E poi il “Salotto Verde“, guidato dalla giornalista Mimma Pallavicini, che ospiterà discussioni, presentazioni di libri, laboratori pratici e incontri con studiosi e maestri giardinieri.Mostre, installazioni paesaggistiche e animazione per bambini:In programma anche mostre di cianotipi di piante sarde, pittura botanica, fotografia e animali da giardino, oltre a installazioni paesaggistiche a tema nel parco di Ros’e Mari.In più, per coinvolgere tutta la famiglia, ci saranno giochi e animazione a tema dedicati ai più piccoli, che saranno così introdotti alla conoscenza della magia della natura e al rispetto dell’ambiente.

Tale  fiera    Con i suoi appuntamenti di approfondimento e confronto con esperti del settore, sta diventando punto di riferimento anche in Europa e richiama un pubblico appassionato. Infatti  è È stato un grande successo per il pubblico, per i neofiti, ma anche per gli esperti e gli studiosi”, ha detto ancora Lucia Schirru  a  https://www.linkoristano.it/. “Rispetto allo scorso anno c’è stato un leggero incremento, anche se dobbiamo considerare che quest’anno l’appuntamento ha coinciso con la domenica della palme e con altre manifestazioni in zona che hanno sicuramente determinato le presenze ma     di poco   visto che  sabato   siamo dovuti rimanere   30  in più   perchè c'era  ancora  genete  che  venica  ad acquistare  .E domenica   ciabbiamo messo mezz'ora per  uscire   dal  Rosemary   e poter  immetterci  sulla  131   e rientrare   a casa .“Sta diventando l’appuntamento di inizio primavera”, ha detto Mimma Pallavicini, storica giornalista del verde in Italia e da anni “madrina” della manifestazione, ricordando la presenza di ospiti internazionali: “Abbiamo invitato il famoso architetto inglese James Basson, riconosciuto a livello internazionale, e l’architetto paesaggista Filippo Pizzoni, vicepresidente della Società orticola della Lombardia, che si occupa di progettazione di giardini e di restauro di parchi storici e fa parte del Fai. Rimanendo sul locale, è intervenuta l’archeologa Maria Mureddu: ha parlato di come le piante hanno interagito con l’archeologia, un lavoro molto interessante che non fanno da altre parti, e Giovanni Rivieccio, il killer delle orchidee, che conoscono ovunque”.Anche tra gli espositori c’è chi è arrivato da lontano: “Da Sciacca in Sicilia è arrivato il più importante produttore di erbe aromatiche e da Roma chi ha portato una collezione di gerani, che le persone hanno molto apprezzato”, ha detto ancora Mimma Pallavicini”.“La manifestazione ha attirato anche chi si occupa di paesaggio”, ha sottolineato la giornalista Pallavicini. “Primavera in Giardino, anche grazie a Leo Minniti, sta diventando un laboratorio di paesaggio che mette la Sardegna in un contesto europeo”. Una    due giorni ricca  di  emozioni  e  arricchimento  (  anche se  impegnato   nella  vendità ho poturo  girare poco  e   chiaccherare    poco  con i vicini )  .

Abbiamo  conosciuto   e rafforzato   con  alcuni   i legami    con   nostri  vicini   i  toscani  in particolare    con   : Vivai  bel  fiore    frutti    antichi  (  https://www.vivaibelfiore.it/  )   e   terre  cotte   di Vasco  Venturi  .  Eravamo  talmente  stanchi   che  appena  rientrati nel Bellissimo   BB  torremannnai Rosalba loi e  Luigi Pinna  (https://www.facebook.com/torremana.cabras  )   Situato a Càbras, a 13 km dal sito archeologico di Tharros, il Torremana )offre il check-in e il check-out express, camere anallergiche, un giardino, un salone in comune la connessione WiFi gratuita in tutte le aree.   di    due  persone  squisite  ed  in gamba        Gentilissimi    ospitali  e  ottimi cuochi    con colazioni abbondanti  ,   e  dolci  fatti   in  casa   .  Un vero peccato    non poter  chiaccherare  di  più    e tratternerci  nel piccolo  ma   splendido  giardino  





da TORREMANA B&B (Cabras, Sardegna): Prezzi e Recensioni 2024 (tripadvisor.it) per le  altre  foto  del BB  


speriamo   se babbo   ad  82  anni  ha  voglia  di continuare  a   fare   le  camelie    di   poter  continuare  ad  andare  

DIARIO DI BORDO N°40 ANNO II comunità ebraica e israele dovrebbero fare pace con le loro contraddizioni il caso di Alessandro Orsini ., No’ all’agnello per Pasqua: la scelta di un ristorante di Battipaglia., lezione di kate midlenton all morbosità dei media .

Dopo le denunce della comunità ebraica il pm della Procura di Roma, Erminio Amelio, ha aperto due fascicoli per istigazione all’odio razziale per il professore Alessandro Orsini e Gabriele Rubini, noto come Chef Rubio. L’indagine per istigazione all’odio razziale di Orsini e Chef Rubio Il 24 gennaio scorso la comunità ebraica di Roma, con il presidente e legale rappresentante della comunità, Victor Fadlun, assistito dall’avvocato Roberto De Vita, ha depositato in questura due esposti: «Per plurime e reiterate condotte integranti i reati di propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale, etnica e religiosa e per diffamazione aggravata». Le denunce effettuate dopo i post di Chef Rubio e Alessandro Orsini Al centro delle due querele ci sarebbero i post dello chef, compreso un: «coltello antisionista con manico in legno d’ulivo» pubblicato su X e poi anche il post in cui il professor Orsini, all’indomani del 7 ottobre, avrebbe definito «una rivolta» il massacro di Hamas.  Nella denuncia a carico del professor Orsini: «C’è un’opinione chiaramente animata da un pregiudizio antisemita nei confronti di Israele e che, dopo il 7 ottobre, la reiterata e costante ripetizione di determinati pensieri, anche attraverso il sapiente accostamento di fatti non veri con fatti veri e di elementi travisati, mira a creare una vera e propria giustificazione delle operazioni terroristico-stragiste di Hamas, attribuendo agli israeliani e agli ebrei in quanto tali la responsabilità nella causazione degli eventi di tale gravità. Ed è bene notare e sottolineare come il professore Orsini compia questa operazione il 7 e l’8 ottobre, ben prima della reazione militare israeliana». Nel caso di Rubio, viene affermato che: «Tutti i commenti, soprattutto quelli successivi al 7 ottobre, sottolineano ed evidenziano il concetto di sionismo= terrorismo. Il post del coltello assumerebbe ulteriore e autonoma rilevanza in termini di pericolosità istigatoria oltre che discriminatoria per odio antisemita».
 Posso  capire  che  Orsini  non piaccia  o  non   si  vada  d'accordo .  Ma la comunità ebraica   prima di  chiedere  la   la chiusura  dei suoi  social   e denunciarlo per  istigazione  all'odio  razziale  per  aver  scritto   di Netanyhau  le  stesse  cose   che  scrivono   diversi  giornali  israeliani   .  La  comunità  ebraica    e  gli  stessi  israeliani   dovrebberoi oltre a fare  pace con il  proprio  cervello     con  se  stessi   perchè  :  In realtà Orsini negli anni, oltre a collaborare con l’ambasciata d’israele, è intervenuto più volte per condannare l’antisemitismo. Il 7 novembre 2019 su Facebook, in relazione agli insulti ricevuti dalla senatrice Liliana Segre, scriveva che “devi essere un menomato . Nel libro Isis (Rizzoli, 2018), a pagina 47 sosteneva che “credere che tutti i mali del Medio Oriente siano colpa di Israele significa credere che in M-O esista solo il conflitto israelo-palestinese”. L’8 novembre 2023, poi, proprio nel corso della presunta “campagna antisemita”, Orsini pubblicava un post dal titolo “ebrei persone meravigliose”.Ora  saranno  i pm a stabilire se il professore ha superato il confine della legittima opinione, scadendo nella discriminazione razziale (o nella sua istigazione).Per la   denuncia   dello che f Rubio   sono  d'accordo con loro  perchè  pur  essendo antisionista   considero    estremo   ill suo  gesto è il suo discriminare   i   sionisti  perchè , va bene  criticare  le  loro idee    \ pensiero , ma arrivare  a   :  fare  ungesto  simile    e ad isolarli   significa   abbassarsi al loro livello  . infati    il  conduttore tv Chef Rubio che, tra i vari post, ha scritto che “la colonia illegale sionista va smantellata, i suoi sostenitori isolati e il sionismo bandito dal mondo”, pubblicando la foto di un coltello da cucina con la scritta “coltello antisionista”.

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leggo  sul  web    che   Un ristorante di Battipaglia non serve agnello in occasione delle festività di Pasqua. Questa la decisione del ristorante Ex Voto di Battipaglia che in occasione della domenica delle Palme e della Santa Pasqua non servirà il classico agnello pasquale. Una scelta particolarmente apprezzata dalla comunità animalista ( vegna soprattutto ) che – da anni – si batte per cancellare la tradizione di consumare carne di agnello in occasione delle festività pasquali.Scelta che ha creato e crea polemiche perchè a pasqua é si mangia l’agnello come tradizione infatti Nel Nuovo Testamento, Giovanni Battista accoglie così Gesù: «Ecco l’Agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo!”, prefigurandone il ruolo sacrificale per la redenzione dell’umanità. Proprio “come agnello condotto al macello”, come profetizzava Isaia (Isaia, 53,7). »Ora come è La libertà è sacra anche quella come dicono alcuni : ‹‹ di non frequentare locali del genere che penalizzano onesti lavoratori già fatto con i sapientoni nel periodo del covid . I pastori soprattutto in continente devono già combattere con le mode ambientaliste pro lupo salvo poi criticare i cani da guardiania perche pericolosi. ›› è altrettanto sacra quella sia ei ristoratori di non servirlo . oppure quello che prediliggo io il buon senso cioè il ristoranre dovrebbe anche accontentare tutti sia gli animalisti ed i vegani ( veri o modaioli ) sia i " carnivori " \ tradizionalisti .

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Kate Middlenton : << ho un tumore e faccio la chemioterapia non pediamo mai la speranza >> Un messaggio ( vero o falso , poco spontaneo secondo alcuni come questo e quest altro articolo di https://www.thesocialpost.it/ ) , ma che oltre ad essere un messaggio a tutti i malati , lo è anche alla stampa più morbosa ed ai complottisti che trovano voce ed amplificazione in essa . Ilnoltre il modo in cui Kate Middleton, non la Principessa del Galles ma semplicemente Kate, ha raccontato al mondo di avere un cancro e di sottoporsi alla chemioterapia racconta, in fondo, molto più di noi che di lei. Di una società e un giornalismo che, per settimane, ci hanno propinato ( ed ancora   continuano ) ogni singola teoria complottista su una foto (come se fosse un affare di Stato), costringendola di fatto a rendere pubblico ciò che è o dovrebbe essere la cosa più intima e privata che esista. E non c’è Corona o popolarità che tenga.

23.3.24

"E allora le Foibe?" Tutto quello che devi sapere prima di celebrare il venetennale del giorno del ricordo ovvero il 10 febbraio

Quest'anno     si celebrano i vent'anni  dell'istituzione    ( legge 30 marzo 2004 n. 92 ) del   10 febbraio cioè   il Giorno del Ricordo . Esso è uno  di quei   pezzi  storia nazionale   Italiana    che non passa  e  che ritorna   ritorna  periodicamente   trastrumentalizzazioni  della destra  (  ed non  solo   purtroppo    visto  i  fraintendimenti  )  ex  e  neo  fascista parlamerntare  ed  extra  parlamentare . Lo  scopo  di questo  revisionismo   becero   che  non ha  niente  di  storico  ed  è propaganda   degna    della  guerra  fredda   che  ne  ha  sporcato la memoria  \  il ricordo   dei eventi  del confine  orientale  dal 1866-1918 al 1974\89      ed  usato a scopo politico  \ propagandistico     .  Infattti   c'è una   modalità ( salvo  eccezzioni  )    di commemorazione che ogni anno  dal  giorno  dell'istituzione  ,   rischia  di far passare i fascisti per vittime, e quel che è peggio tutte le vittime per fascisti. Però ricordare è giusto, ed è per questo che   condivido  questo video  di Saverio Tommasi : per darvi i numeri reali o  quantro meno   vicini   al vero   , ma  sorattutto   i contesti in cui avvenne quello che viene definito "il dramma delle foibe"   seguito poi dall'esodo  . Perché i morti vanno rispettati tutti, ma la Storia non è innocente. Non sono uguali i fasciti e coloro che resistevano all'occupazione fascista  ,  anche  se  hanno in comune    le nefandezze   commesse  
                                                            


Ma  soprattutto    come ho già detto nei post  sul    giorno  del ricordo   2024  in particolare    nel  post  a mente  fredda  :ì  (  « Come si possono comprendere i fatti che commemorano? È possibile spiegarli astraendoli dal loro contesto e osservandoli con la sola lente delle “vittime ? »   ) la retorica   della  memoria  \ de ricordo    è  un esercizio   vano  ed  inutile     ch  finisce  per  diventare mezzo di propaganda  ed  arma  \  strument idelogico    da  usare   contro  il  tuo  nemico ed  arma di distrazione di massa vedere il video di Caterina Guzzanti ed allora le foibe
Infatti   come riporta    : << Smemorate commemorazioni. Perché le foibe sono uno sprofondo di omissioni >>   articolo   di huffingtonpost.it del 12\2\2024  

Se si affrontano i drammi della storia, bisogna ricordare tutto: che cosa fecero i fascisti in Istria, la Shoah, che cosa i comunisti, la lotta fra Stalin e Tito e il ruolo del Pci, la guerra  fredda  , l'esodo , ecc  Ancora oggi, troppe reticenze  ed strumentalizzazioni da   una parte  e dall'altra  

Se autorità di governo e alte cariche istituzionali affrontano i drammi della storia bisogna fare i conti con essi in modo completo e quindi alla fin fine oggettivo, andando al di là delle rotture e delle divisioni derivanti da una guerra civile – quella del 1943-45 – che tuttora esercita la sua influenza nella lotta politica in Italia. Se si condanna la Shoah, allora bisogna dire con chiarezza che la sua responsabilità primaria è stata di Adolf Hitler e del nazismo ma che il fascismo diede una copertura prima con le leggi razziali del 1938 poi con quello che fece la Repubblica di Salò. Se si condannano le foibe bisogna dire con chiarezza che la loro responsabilità fu di Tito e dei comunisti jugoslavi.
Ciò detto bisogna anche fare i conti con quello che avvenne prima degli anni Trenta e poi nella seconda metà degli anni Quaranta. Negli anni Trenta ci fu la repressione fascista contro gli slavi che è stata indubbia e molto grave ma che non può essere invocata come giustificazione delle foibe e della espulsione degli istriani dalla terra in cui erano nati. D’altra parte, Tito era anche uno non scherzava. Quando Stalin disse che se avesse mosso un mignolo lo avrebbe spazzato via, Tito giocò d’anticipo e fece fuori larga parte dei comunisti jugoslavi più legati a Stalin. Quelli che di essi non furono eliminati finirono in un’isola, la cosiddetta Isola Calva dove il trattamento era molto pesante. In quell’isola finirono anche i comunisti italiani mandati dal Pci dopo la rottura fra Stalin e Tito per fare azione di spionaggio a favore del Pcus. Ovviamente il Pci dovette stendere un velo di silenzio su tutto ciò.
Ciò detto se si condannano Tito e i comunisti jugoslavi bisogna anche parlare del comportamento di Palmiro Togliatti e dei comunisti italiani negli anni Quaranta. Prima della rottura fra Stalin e Tito, Togliatti coprì completamente Tito, i comunisti italiani attaccarono gli esuli istriani considerati dei fascisti. Su tutta quella vicenda è poi calato il silenzio anche perché Tito ruppe con Stalin e quindi ci fu per lui la copertura degli americani e qui in Italia anche della Dc. Da tutto ciò derivò il silenzio durato tanti anni sulle foibe, su Fiume, su Pola, su tutto quello che è accaduto in quelle terre sottoposte ad una successione di persecuzioni di opposto segno. Per andare oltre questi terribili drammi bisognerebbe dare conto di essi in modo completo esprimendo i giudizi conseguenti senza alcuna reticenza nei confronti di chicchessia.


21.3.24

Scandalo a Olbia, le navi romane scoperte e poi abbandonate a marcire per anni ....

.....Stavano piu' al sicuro e meglio conservate in fondo al mare...per carita' manco i tesori riusciamo a valorizzare!!


la nuova  sardegna  del  21\3\2024

Olbia
È il cimitero della storia. Sembrano mummie, corpi putrefatti, ma in realtà sono i legni marci delle navi romane. Esatto: quelle che erano state trovate 25 anni fa davanti al municipio, nello scavo che ha poi dato vita al tunnel che scorre di fronte al centro storico. Tra il 1999 e il 2001 gli archeologi ne trovarono 24. Tre sono esposte nelle sale del museo archeologico, le altre sono qua, all’interno dell’area dell’ex artiglieria di Santa Cecilia. In mezzo alle erbacce, tra i rifiuti, abbandonate sotto il sole e la pioggia. Legni molli, sgretolati, larve, qualche fungo, pezzi di plastica. Sono le navi dell’impero romano lasciate marcire chissà per quanto tempo. Forse tre o addirittura quattro anni
 L’erba cresce sempre più alta e i rumori della città sono solo un lontano sottofondo. Le auto che scorrono sulla lunga sopraelevata, una musica che arriva dalle finestre lasciate aperte di una casa vicina. Poi basta. Le casse bianche sono avvolte da un luttuoso e drammatico silenzio. È il cimitero della storia. Sembrano mummie, corpi putrefatti, ma in realtà sono i legni marci delle navi romane. Esatto: quelle che erano state trovate 25 anni fa davanti al municipio, nello scavo che ha poi dato vita al lungo e profondo tunnel. Le stesse che avevano gonfiato il petto di una città che aveva improvvisamente scoperto di possedere un patrimonio praticamente unico al mondo. Ne avevano trovate 24. Tre sono esposte nelle sale del museo archeologico, le altre sono qua. In mezzo alle erbacce, tra i rifiuti, tragicamente abbandonate. Alcune casse sono coperte dai teloni, altre sono invece scoperchiate. E dentro si vede tutto. Legni molli, sgretolati, larve, qualche fungo, pezzi di plastica. Sono le navi dell’impero romano lasciate marcire sotto il sole e la pioggia chissà per quanto tempo. Forse tre o addirittura quattro anni. È il lato oscuro della città dei boom economici e demografici: i pezzi più pregiati della sua storia dimenticati sotto il cielo della vecchia Artiglieria, in mezzo a due dei quartieri più popolosi della città, a una manciata di metri dal prato e dalle gradinate dello stadio Bruno Nespoli. È l’altra faccia di una Olbia che da oggi, ripensando a quel che resta del suo antico passato, scoprirà forse di essere un pochino meno felice.
Scandalo a Olbia, le navi romane scoperte e poi abbandonate a marcire per anni

L’Artiglieria È da decenni che la grande area della vecchia Artiglieria di Santa Cecilia, sotto la sopraelevata che collega via Vittorio Veneto con via Roma, è utilizzata come magazzino della storia. Un capannone, un tempo usato come deposito militare e infine dato alla Soprintendenza, custodisce infatti tutto ciò che negli anni è stato trovato nel sottosuolo olbiese. Poco è stato portato al museo, il grosso è tutto qua. E qui dentro erano stati conservati anche i relitti delle navi, molte romane e alcune medievali, trovate nello scavo del tunnel. I pochi archeologi della Soprintendenza, nel Paese della cultura che finisce sotto le scarpe, hanno sempre faticato per salvaguardare il tesoro della città. L’Artiglieria, per esempio, è stata invasa dall’ondata di piena dell’alluvione del 18 novembre 2013. E mai è stata realmente protetta e custodita. Basta sfogliare le cronache per ricordarsi di ciò che è accaduto negli anni. Incendi, furti, capannoni occupati da senzatetto, roghi per scaldarsi. Solo per miracolo le navi romane sono sempre riuscite a salvarsi. Poi l’idea di riqualificare l’area e restituirla alla città. Nel 2017 il polmone verde dell’ex Artiglieria era passato dalla Regione al Comune per la cifra simbolica di un euro. Nel frattempo la Soprintendenza era riuscita a ottenere un finanziamento di 700mila euro per il restauro e la trasformazione di due capannoni in una sorta di piccolo polo museale. Da tempo il cantiere è in corso e sul cancello dell’artiglieria è appeso un cartello con il logo del ministero della Cultura, più un rimando al segretariato regionale della Sardegna. C’è scritto anche «Lavori di adeguamento e fruizione». Dentro c’è chi lavora.




Tour della vergogna L’Artiglieria non è mai stata un luogo inaccessibile, nonostante la mole di reperti archeologici che custodisce. Il discorso vale per il passato e anche per il presente. Non serve dunque essere Diabolik per intrufolarsi dentro. Proprio accanto al sottopasso di via Amba Alagi, sulla sponda del rio Gadduresu, inizia per esempio un sentierino disseminato di rifiuti. Poco più avanti c’è la base di uno dei piloni della sopraelevata. Forma una specie di ponte sul fiume: un salto e si è dentro l’artiglieria. In un angolo si può incontrare una giovane coppia in cerca di intimità. Poi l’erba alta e infine una stradina in terra battuta che punta verso i grandi alberi di eucalipto e i capannoni sgangherati dell’Artiglieria di Santa Cecilia. Attorno ancora un po’ di rifiuti, bottiglie di birra, pacchetti di sigarette, cartoni di vino scadente. Siamo a pochi passi dal tesoro archeologico della città. Ed ecco che, poco lontano dal cantiere in corso, cominciano a spuntare le prime sagome bianche. Inizialmente sembrano poche, poi invece ci si accorge che sono decine. Sembrano bare. Sono le casse di legno dentro cui sono custodite, smontate pezzo per pezzo e un tempo numerate, le navi romane. Per anni le stesse casse si trovavano al coperto, dentro i capannoni, ma adesso invece sono fuori, all’aperto, sotto il sole e sotto la pioggia. Il motivo non è noto. Ma non sarebbe una novità: a quanto pare sono anni che le navi romane sono abbandonate a loro stesse qui all’aria aperta. Come se niente fosse. Come vecchi mobili smontati e fatti a pezzi in attesa che passi il camion per la raccolta dei rifiuti. Direzione: discarica.




Cimitero della storia Difficile capire se le navi trovate 25 anni fa siano tutte qui. Basta però sapere che le casse sono decine. Diverse quelle coperte, molte anche quelle senza alcun tipo di protezione. E dentro lo spettacolo è da brividi. Alcune sono piene d’acqua e il fasciame annega in mezzo alla melma, agli insetti e a una plastica diventata quasi poltiglia. In altre casse, invece, non c’è neanche più l’acqua, che almeno poteva servire per rallentare il processo di rovina. E quindi i resti delle navi che ai tempi degli imperatori solcavano le acque del Mediterraneo sono secchi, sgretolati, in alcuni casi sono diventati grigi. Sono circondati dalla plastica ormai in mille pezzi dei teloni che servivano per sigillare e proteggere in qualche modo le casse. Tutto attorno ancora i rumori lontani di una città che non sa. Che ignora totalmente che la grande flotta del passato è stata affondata sotto il suo naso. Come i Vandali nel 450 dopo Cristo, ma stavolta niente guerre e nessuna città da incendiare e da radere al suolo: solo il risultato di un presente che non ha saputo proteggere il suo passato, fino a perderlo per sempre.

20.3.24

DIARIO DI BORDO N°39 ANNO II gli intoccabili Agnelli , “Era nuda, non vogliamo la salma di una peccatrice” Studentessa iraniana morta in auto col fidanzato, l’allucinante risposta di Teheran alla richiesta di rimpatrio della famiglia.,ministri pompieri

#Vespa aveva  fatto  riprendere la  vila  #elkann  con una drone , ma la famiglia   protesta    e la #Rai fa  sapere     che   pur   avendo ragione    non tramettera  il  video  . Per non disturbare  .  Ma   
 La  puntata  di #portaaporta  sull'inchiesta   #Elkann sparice  da  rai  replay   ed  il garante  della  privacy  indaga  sulle riprese   ( mai trasmesse  )    dal drone . Chi  toccai fili   muore 




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Era nuda, non vogliamo la salma di una peccatrice” Studentessa iraniana morta in auto col fidanzato, l’allucinante risposta di Teheran alla richiesta di rimpatrio della famiglia
MARZO 20, 2024 2 MINUTE READ di Marta Lima per Il Secolo d’Italia




“Restituiamo l’onore a Vida e aiutiamo la famiglia a riportare la salma in Iran, ha diritto ad essere seppellita”. È l’appello disperato di un amico di Vida Shahvalad, la giovane studentessa iraniana uccisa con il fidanzato, Luigi Nocerino, dai gas di scarico dell’auto nella periferia nord di Napoli. Il corpo della ragazza è stato “rifiutato” dall’Iran con una motivazione orripilante: “Era una peccatrice”. Per il solo fatto di essere venuta in Occidente per studiare.
La ragazza iraniana morta a Napoli col fidanzato e rifiutata dall’Iran
Tre giorni fa Vida era stata trovata esanime, in un’auto, con il fidanzato, 24 anni, anch’egli esanime. Vida, 20 anni, iraniana, regolarmente in Italia per studiare, era morta probabilmente a causa dei gas di scarico della vettura nel garage dove si trovava l’auto dei due, sotto casa di lui, di proprietà del padre, a Secondigliano, periferia settentrionale di Napoli. La coppia aveva chiuso la saracinesca alle spalle della macchina e l’aveva lasciata con il motore acceso, probabilmente per far sì che funzionasse il riscaldamento. Non avevano fatto i conti con i gas di scarico della macchina che hanno riempito il box e poi l’abitacolo della macchina.
Le salme sono state sequestrate e portate al Policlinico dove verranno sottoposte ad autopsia. Vida era iscritta all’università ma nel suo paese d’origine, l’Iran, la notizia della sua morte è stata data descrivendola come una ragazza «di facili costumi», come ha raccontato al Mattino il suo amico Ahmad Bahramzadeh, 28 anni, che studia odontoiatria a Pisa. E i familiari della vittima non riescono ad ottenere il trasferimento della salma nel paese. Nel servizio della tv Iran International si dice che la studentessa è «morta soffocata a Napoli» e che i due «erano seminudi» e «probabilmente stavano per avere un rapporto sessuale, ma a causa del monossido di carbonio hanno perso i sensi e poi la vita». Ma non è vero: i ragazzi erano vestiti.
A scoprire i due cadaveri era stato il padre di Vincenzo. Vani i soccorsi del personale del 118, che ha potuto solamente constatare il decesso dei giovani. La Procura ha aperto un’inchiesta e, dopo l’esame esterno delle salme, il pm di turno – fascicolo aperto dal sostituto Maria Sofia Cozza – incaricherà il medico legale per l’autopsia. L’ipotesi principale porta comunque gli inquirenti ad ipotizzare una tragedia, anche se saranno valutate tutte le altre piste.

 Alle   teste  calde      del #governo  che  evocano   le  #Br  per limitare l'acccesso   alle  università   risponde  la #Bernini  : <<  niente  limiti  non #drammatizziamo  >>. Una  ministra  sensata    c'è 



19.3.24

Dona un rene al figlio 20enne nel giorno della Festa del papà: la storia di Cristian e Leonardo



emozionante storia di Cristian Baruzzo che dona un rene al figlio Leonardo, di 20 anni. Succede ad Albiano Magra, in provincia di Massa-Carrara. Nel giorno della festa del papà, Cristian ha donato un rene a Leonardo, nato con una insufficienza renale cronica. La mamma: “L’augurio più grande va a un super papà oggi, un grande guerriero come suo figlio”.

L’operazione chirurgica

Festa del papà particolare per Cristian Baruzzo, che oggi, martedì 19 marzo, si sta facendo operare all’ospedale Cisanello di Pisa. Sta donando un rene al figlio Leonardo, ventenne, nato con una grave insufficienza renale. Per via di questa malattia, il figlio ha dovuto subire vari interventi. Nel frattempo, comunque, il giovane ha avuto una vita normale, che l’ha portato a diplomarsi e fare sport come tanti.
Due anni fa, però, un blocco renale ha reso necessario il trapianto. È iniziato così il lungo percorso verso l’intervento, intrapreso insieme ai genitori, che si sono sottoposti a tutti gli accertamenti del caso. Alla fine è risultata una compatibilità proprio col papà Cristian.
“Avrei tanto voluto essere compatibile, invece quello adatto era il padre, che è risultato compatibilissimo. Appena lo ha saputo non ha esitato un attimo e ha accettato di donare una nuova vita a suo figlio”. Questo il commento della mamma, Monia Piva, titolare di una scuola di ballo ad Albiano Magra dove lavora anche Leonardo.
La “sorpresa” per la Festa del papà
In realtà Cristian sapeva già da tempo che l’operazione si sarebbe tenuta nel giorno della Festa del papà. Ancora la mamma: “Il padre lo ha saputo mentre era in settimana bianca e ha subito smesso di sciare, per evitare di farsi male e impedire nuovamente l’operazione”.
Cristian e Monia sono separati. “Il mio ex marito ha tirato fuori forza e coraggio, per ridare la vita a nostro figlio. Noi abbiamo divorziato tanti anni fa: se in passato i due erano lontani, il percorso del trapianto li sta avvicinando molto. Cambia il modo di vedere le cose”.
L’augurio della mamma su Facebook
“Auguroni a tutti i papà del mondo, al mio papà ovunque lui sia…ma l’augurio più grande va a un super papà oggi, un grande guerriero come suo figlio”. Ha scritto così sul suo profilo Facebook mamma Monia.

L’AQUILA E LA BAMBINA CIECA

da  Claudia Pasquariello 18 dicembre alle ore 15:10 · Il vento sussurrava tra i pini della montagna, portando con sé gli echi di un mondo ...