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17.11.25

L’avvocata dei bandi universitari . Il progetto di Stefania Flore: «A caccia di tutte le irregolarità»




NUOVA  SARDEGNA  17\11\2025


L’avvocata dei bandi universitari: «A caccia di tutte le irregolarità» . Il progetto di Stefania Flore: l’ultimo caso è un concorso per ricercatore a Cagliari
                            di Paolo Ardovino


Cagliari Avvocata con licenza di correggere. Penna rossa in mano, datele un bando e lei troverà le irregolarità da cerchiare. La cagliaritana Stefania Flore è diventata nota a livello nazionale per la sua storia clamorosa: ha dovuto vincere due volte un bando dell’università di Bologna per un assegno di ricerca. Alla prima le passa davanti una candidata neolaureata, lei trova delle irregolarità e l’ateneo fa un passo indietro e annulla il concorso. Al secondo tentativo vince. Ora sotto la lente d’ingrandimento è finita l’università di Cagliari.
Da un giorno all’altro è diventata paladina dei soprusi accademici e da qui nasce “Bandi università”, progetto che vede impegnata una rete di legali ed esperti in materia di bandi che ogni giorno setaccia online i concorsi lanciati dalle università. E la pesca, purtroppo, non è a vuoto. L’università della Campania “Vanvitelli” è stata costretta ad annullare un concorso proprio dietro segnalazione di Flore e co. Da più di un mese, invece, una pec attende risposta dal rettore dell’università di Cagliari. Sarebbero emerse irregolarità nel concorso per ricercatore di Unica, posto a tempo determinato in Diritto privato, con relazione finale firmata il 26 settembre.
Stefania Flore e Matteo Pisu, rappresentante del corso di laurea in Giurisprudenza e membro del Senato accademico, segnalano: «Tra le criticità figurano un errore aritmetico che avrebbe comportato un punteggio maggiore per la candidata risultata vincitrice; valutazioni incoerenti delle pubblicazioni scientifiche, con punteggi diversi assegnati alle stesse riviste a seconda del candidato e disparità nella valutazione delle relazioni a convegno, con stessi punteggi attribuiti a chi ha presentato due interventi e a chi ne ha presentati oltre venti». La segnalazione è arrivata al Mur. Flore e Pisu hanno chiesto chiarimenti al rettore e alla direttrice di dipartimento a Cagliari il 7 ottobre, «tuttavia senza ricevere ancora alcuna risposta».
Tramite la sua Capo di Gabinetto, il rettore di Unica Francesco Mola fa sapere che l’ateneo non può replicare non essendo Flore né Pisu direttamente coinvolti nella procedura concorsuale e pertanto non avendo alcun interesse diretto. Ma assicura: «L’ateneo sta in ogni caso analizzando gli atti concorsuali per altre necessità e fornirà tutte le risposte del caso alle persone direttamente coinvolte».
È l’ultimo caso su cui è al lavoro “Bandi università”. Dopo il suo, l’avvocata delle cause giuste aveva ricevuto la solidarietà di colleghi, aspiranti ricercatori, persone del mondo accademico sardo e nazionale: «Molte persone ti spaventano, ti dicono: vedrai che ti rovinano la vita o che ne risenti in salute. Io non l’ho vissuta così male. Vorrei che tante persone lo facessero, il problema di noi ricercatori è che non siamo uniti e non siamo coraggiosi». Da queste dichiarazioni sono passati alcuni mesi, nel frattempo ha dato vita al sito che funziona come un contenitore di tutti i bandi di ricerca che non vengono pubblicati sul sito del Ministero, e soprattutto che accoglie segnalazioni. Oltre a Stefania, «non voglio far passare il messaggio che sia da sola, affatto», è nata una rete di esperti. Con un principio chiaro: «promuovere il merito e l’importanza di denunciare nelle sedi competenti ogni ingiustizia subita, con azioni a costo zero».

16.11.25

Diario di bordo n 154 anno III Onifai A centosei anni si è dovuta recare all’ufficio postale per l’autentificazione di una firma per non perdere il diritto alla pensione ed altre storie burocrazia, integrazione tra culture , forza animale

fonte la nuova sardegna online


A 106 anni all’ufficio postale solo per autenticare una firma per  la  pensione .Il sindaco: «La nostra nonnina costretta a spostarsi nonostante le difficoltà»


La nonnina di Onifai Luisa Monne con il sindaco Luca Monne


Onifai 
centosei anni si è dovuta recare all’ufficio postale per l’autentificazione di una firma per non perdere il diritto alla pensione. È successo nei giorni scorsi nel piccolo centro della valle del Cedrino. La signora Luisa Manca, alla veneranda età di 106 anni e con comprensibili problemi di deambulazione, si è dovuta spostare seppur per poche centinaia di metri per assolvere a questa incombenza. A comunicarne la notizia il sindaco del paese Luca Monne. «Abbiamo assistito a un episodio che mette in luce come, nonostante le normative e le leggi a tutela delle persone con difficoltà motorie, spesso manchi una reale sensibilità e disponibilità ad applicarle in modo flessibile e umano – spiega il primo cittadino –. La nostra nonnina tzia Luisa con le sue evidenti difficoltà è stata costretta, nonostante tutto, a recarsi presso gli uffici postali per autenticare una firma, pena la sospensione della pensione». Come spiega ancora Monne è «Un compito che in condizioni normali sarebbe stato semplice, ma che in questo caso si è trasformato in una fonte di grande disagio e sconforto per lei e la sua famiglia. Con grande sforzo la signora ultracentenaria, è stata caricata in macchina per essere accompagnata allo sportello dimostrando, come spesso le frenesie burocratiche si scontrino con la realtà delle persone più fragili. Le leggi italiane prevedono norme di tutela per le persone con disabilità ma è evidente che in molti casi sarebbe necessario prevedere delle misure più flessibili e personalizzate – dice ancora il sindaco –. In questi casi, dovrebbe essere possibile usufruire di alternative come la delega, l’autenticazione a domicilio o procedure telematiche che evitino a persone come tzia Luisa di affrontare inutili fatiche e rischi. È fondamentale che le istituzioni, pur rispettando le normative, si mostrino più sensibili, pronte ad adattarsi alle esigenze di chi si trova in condizioni di vulnerabilità. Chiediamo quindi alle autorità e alle Poste Italiane di rivedere le proprie procedure, prevedendo misure di deroga e strumenti di tutela più efficaci, per evitare che episodi come questo si ripetano. La tutela dei diritti e della dignità di tutte le persone, soprattutto le più fragili, deve essere sempre una priorità affinché nessuno si trovi costretto a vivere situazioni di disagio o esclusione a causa di rigidità burocratiche. Questa non è assolutamente una critica nei confronti dell’ufficiale di Poste, che riceve direttive e si attiene alle normative e a tzia Luisa non possiamo che augurare che queste situazioni, se mai dovessero capitare, si verifichino per molti anni ancora». Per completezza d’informazione, occorre precisare che Poste Italiane si è immediatamente scusata per l’accaduto, e a riferirlo è lo stesso sindaco: «Capiamo le difficoltà ma siamo vicini alle persone, soprattutto alla nostra nonnina» conclude Luca Monne.

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 Cento anni di cemento, mattoni e tanto cuore: la storia della famiglia Rasenti

Olbia Cento anni tondi tondi e una città che, per certi versi, è diventata così grande anche grazie a loro. Perché è dal 1925 che i Rasenti ci mettono cuore, cemento, ferro e mattoni. Stessa licenza, stessa linea di sangue. Dal nonno con la bombetta ai nipoti che parlano di materiali da costruzione ecosostenibili. In mezzo c’è un secolo di storia e di vita familiare: Terranova che si trasforma in Olbia, il dopoguerra, il boom del turismo e una città in continua espansione. «Quando nonno Giuseppe aprì la sua attività Olbia era tutta lì, c’era soltanto quello che oggi chiamiamo centro storico» sottolineano i nipoti Pietro e Giuseppe Rasenti. Tutto cominciò in via De Filippi. Poi, molti anni dopo, il trasloco in fondo a viale Aldo Moro.
«In via De Filippi non ci stavamo più. E soprattutto non passavano più i mezzi. Andavano bene i carretti e i camioncini, ma ce lo vedete voi un autotreno passare in quella strada?». Naturalmente no. Olbia è cambiata e in parte sono cambiati anche loro. Ma la missione – un secolo dopo – resta ancora la stessa: vendere materiale edile e, da qualche tempo, anche elementi di arredo. Pure la passione è sempre la stessa, identica a quella che, un secolo fa, spinse Giuseppe Rasenti a creare una attività tutta sua.
La storia La famiglia Rasenti è presente a Olbia dai primi decenni del Settecento. Due secoli più tardi, invece, la svolta imprenditoriale. «Fu nostro nonno a fondare l’impresa, anche se prima ancora, verso la fine dell’Ottocento, i nostri bisnonni aprirono una rivendita di tabacchi in corso Umberto – racconta Pietro –. Per quanto riguarda la nostra attività, tutto cominciò con un deposito di legname. Presto, però, arrivò il materiale da costruzione più classico: mattoni, cemento, ferro. Il deposito si trovava in via De Filippi, nell’area oggi occupata dalla banca. Poi il trasferimento in viale Aldo Moro, era il 1978». Negli anni Sessanta l’impresa passò nelle mani dei figli di Giuseppe: Tonino e Alvaro, conosciutissimi a Olbia. Dagli anni Novanta, invece, opera la terza generazione: Giuseppe e Manlio, figli di Alvaro, e Pietro e Angelica, figli di Tonino. Trasformazioni e passaggi di consegne che hanno contribuito all’espansione di Olbia.
Perché sono centinaia (se non di più) gli edifici della città – ma anche del borgo di Porto Rotondo – che sono stati costruiti con il materiale acquistato dai Rasenti. «Ma naturalmente, negli anni, è cambiato tutto – ricorda Pietro –. Nel dopoguerra, per esempio, gli olbiesi venivano da noi, prendevano il materiale, si costruivano la casa e poi pagavano piano piano. Non c’erano le banche, bastava una stretta di mano. A Olbia ci si conosceva praticamente tutti. Un tempo la manodopera costava molto meno dei materiali. Oggi, invece, accade l’esatto contrario».
Rasenti oggi Dal 2007 la Rasenti materiali da costruzione spa – che festeggia il centenario proprio in queste settimane – fa parte del consorzio BigMat, con oltre mille punti vendita e 577 soci in sette Paesi. L’azienda olbiese – che in viale Aldo Moro conta sia uno showroom che un negozio di materiali – vanta una ventina di dipendenti e un fatturato di circa sei milioni di euro.
Una attività che continua naturalmente a seguire tutte le trasformazioni del mercato e anche dei materiali richiesti per la costruzione. «Sicuramente tante cose sono cambiate dopo la grande crisi del 2008 – ricorda Pietro Rasenti –. Il mercato si è spostato non tanto sulla costruzione del nuovo ma sulla ristrutturazione. È significativa anche l’evoluzione dal punto di vista dell’innovazione dei materiali. Oggi si parla di cappotto, di isolamento, di ecosostenibilità». «Poi, ovviamente, dagli anni Ottanta-Novanta è cambiata anche l’estetica – sottolinea Giuseppe –. Una spinta di questo tipo, a Olbia, è arrivata soprattutto dalla vicina Porto Rotondo e dalla Costa Smeralda. Realtà internazionali che fatto sicuramente la loro parte nel modo di concepire la casa anche in città».


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Senegalesi, cinesi e sassaresi ridipingono la staccionata di corso Vico: "Esempio di vera integrazione"







Sassari Le signore distribuiscono dolcetti, succhi e caffè tipico del Senegal, i ragazzi armeggiano con rulli, pennelli e vernice bianca, i bambini giocano e mangiano. C'era proprio aria di festa, in occasione del progetto "Scuola della comunità" dell'istituto comprensivo San Donato, con il finanziamento della Fondazione di Sardegna, il patrocinio del Comune e la collaborazione di comitato Centro Storico, comunità senegalese e cinese e di cittadini e associazioni come Il Cenacolo. Un'idea semplice, ma efficace: con i materiali acquistati e donati dalla comunità cinese, la comunità senegale si è messa al lavoro per imbiancare la staccionata che costeggia corso Vico. Nelle prossime settimane, artisti e bambini si dedicheranno a riempire di colori e opere la staccionata. "Un messaggio di pace nel viale delle Rimembranze, dove ogni albero rappresenta un caduto in guerra" ricorda il presidente del comitato Centro Storico Giovanni Ruiu. "L'obiettivo è quello di rigenerare questo tratto di corso Vico coinvolgendo chi vive nel centro storico" spiega la dirigente dell'istituto comprensivo Patrizia Mercuri. Una rigenerazione che, nella strategia del Comune, passa anche dal nuovo mercato di corso Vico: "La settimana prossima pubblicheremo la graduatoria definitiva e già da subito potrà partire il mercato, ogni venerdì dalle 8 alle 14". Insieme a Qiu Zhongbiao, rappresentante della comunità cinese, anche Mor Sow, maestro di musica e presidente dell'associazione Amico del Senegal - Batti cinque: "Siamo qui per dimostrare non solo che ci siamo, ma anche la nostra disponibilità a lavorare per rendere più bello il centro storico di Sassari". (a cura di Davide Pinna)


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Crudeltà sugli animali
Olbia, cagnolina trovata senza le zampette posteriori: la storia di Giada, simbolo di resistenza

La Lida: «E’ stata abbandonata in campagna. Ci siamo chiesti come abbia fatto a sopravvivere»





Olbia Si chiama Giada, pesa cinque chili, e quando i volontari della Lida di Olbia l’hanno vista per la prima volta non riuscivano a credere che fosse ancora viva. La cagnolina è stata trovata sola in campagna, con le zampette posteriori amputate, le ossa esposte, costretta a muoversi trascinandosi sui moncherini. Una scena difficile da reggere anche per chi è abituato a intervenire nei casi più estremi.
La sua storia è stata raccontata in un post dalla Lida, che definisce l’immagine di Giada «un grido silenzioso di sofferenza» e allo stesso tempo un esempio di forza: «Ci siamo chiesti come abbia fatto a sopravvivere da sola in quelle condizioni». Nessuno conosce ancora cosa le sia accaduto né da quanto tempo vagasse ferita nella campagna.
A dare l’allarme è stato un volontario, contattato da chi aveva notato la cagnetta spostarsi con evidente difficoltà. «Si muoveva sui moncherini, mostrando una tenacia incredibile», raccontano dal rifugio I Fratelli Minori. Le foto inviate alla Lida, guidata da Cosetta Prontu, hanno gelato i volontari: «Ci siamo sentiti paralizzati dall’impotenza e dalla tristezza, capendo che la sua vita dipendeva da un gesto di umanità».
Il recupero è avvenuto subito. E mercoledì mattina, 12 novembre, Giada è arrivata al rifugio, accolta – scrivono – «con un abbraccio d’infinito amore e premura». Adesso verrà visitata da un chirurgo ortopedico per valutare la possibilità di un intervento che le consenta di iniziare un percorso di recupero. Un cammino che sarà lungo e complesso, fatto di cure, medicazioni e adattamento, ma che la Lida si dice pronta ad affrontare «passo dopo passo».
È l’ennesimo episodio di crudeltà registrato nel territorio. Solo poche settimane fa l’associazione aveva salvato cinque cuccioli chiusi in un sacco di juta, abbandonati in una campagna olbiese e recuperati appena in tempo. Un caso che aveva suscitato forte indignazione e riacceso il dibattito sulla tutela degli animali e sulla necessità di maggiore responsabilità da parte dei proprietari.
Il messaggio della Lida, oggi, è lo stesso: Giada è una sopravvissuta. «Un esempio vivente della forza della vita, una piccola guerriera», la definiscono. Animale «speciale», uno di quelli che molti chiamano «con un angelo custode». L’associazione invita tutti a non restare indifferenti: «Ogni gesto può fare una differenza enorme. Il vostro supporto è un messaggio potente: esistono ancora speranza, compassione e amore incondizionato».
Il rifugio chiede ai cittadini di diffondere la storia della cagnetta e, per chi può, di contribuire alle cure. «Facciamo in modo che senta questo amore in ogni passo verso il suo lieto fine», si legge nel post. «Perché, nonostante tutto, Giada non ha mai smesso di lottare».




Ci sono voluti dei mesi e almeno due rinvii, ma alla fine ieri sera siamo riusciti ad assistere su Rai 3 a quel capolavoro senza tempo eppure attualissimo che è “No Other Land”.


 premetto che  non ho  avuto  il coraggio    di rivederlo  perchè   come  ho già   detto   da qualche  parte  sui social 

io l'ho  visto  in streaming   e  posso   dirti   di  prenditi prima  e   dopo   una  tisana  pe  far  passare  la  rabbia  perch è molto    crudo  e  duro .  e  tieni  a  porta  di mano  i  fazzoletti   perchè  in  certe  scene  si piange  (  almeno  per  me è stato  cosi )    tantissimo  

Infatti Sia  Lorenzo  Tosa  : « [... ] Raramente ho visto un documentario capace di unire senza apparente contraddizione la più alta grazia alla più spietata e raccapricciante delle denunce sulla violenza inumana dei coloni israeliani. L’arte al servizio della verità, e viceversa. Ora forse è più chiaro a tutti quelli che lo hanno visto perché hanno fatto di tutto perché non lo vedeste.Da stasera nessuno potrà più dire: non sapevo. Non ci sono più alibi. Non ci sono scuse.Certa gente, anche qui in Italia, non ci dovrebbe dormire la notte. Invece non ci dormiremo noi, come ieri e come domani.Loro, tranquilli,
dormiranno benissimo.» 
Sia  Roberto D'Adorante : «Anche se ci hanno provato in tutti i modi a nasconderlo, “No Other Land” è arrivato nelle nostre case. E chi lo ha visto stasera su Rai 3 non potrà più dire di non sapere.Un film che non si limita a denunciare: mostra. Senza retorica, senza filtri, senza indulgenza. È difficile chiamarlo “documentario”, perché va oltre: è una prova, una memoria incisa nella carne della storia.La grazia delle immagini convive col gelo della realtà: case che si sbriciolano, vite strappate e un silenzio che pesa come macerie. Quel silenzio è il motivo per cui molti non volevano che vedessimo questo film.Ma adesso lo abbiamo visto.E se loro, qui, come altrove dormiranno sereni nonostante tutto, noi stasera no. Né domani.Perché l’indifferenza non è un’opzione.Nessuno può più dire: “Non lo sapevo”.»   confermano   quando   dicevo   negli articoli  precedenti 



15.11.25

la moda ha comprato anche la cultura vegana ? Dieta green, boom dei ristoranti vegani In costante crescita la domanda di residenti e turisti: l’offerta in città si adeguaper moda ? ?

Leggo   su  lunione sarda 15\11\2025  che  Fino a dieci anni fa trovare un piatto vegano a Cagliari era una sfida.

 Oggi, invece, la città è tra le più attive d’Italia, con locali, eventi e community che ne fanno un piccolo laboratorio del cambiamento. Dai ristoranti del centro storico ai market specializzati, fino alle iniziative che riuniscono la comunità come il “Veganuary”, l’offerta è cresciuta di anno in anno, non solo per chi segue una dieta specifica ma anche per chi sceglie di provare una cucina differente.
Il grande interesse
Secondo alcuni esperti del settore, il fenomeno ha avuto un’impennata quattro, cinque anni fa, cavalcando l’interesse sempre maggiore delle persone. «Ho notato viaggiando che la scena di Cagliari è molto più avanti rispetto ad altre città italiane. C’è molto interesse da parte dei ristoratori nel cercare di proporre alternative migliori», racconta Valentina Mele, foodblogger, proprietaria della pagina Instagram VegantasteCagliari.
I piatti vegetali
Nel capoluogo ristoratori e imprenditori hanno colto l’evoluzione delle abitudini alimentari aprendo spazi dedicati all’alimentazione vegetale e alla sperimentazione gastronomica. «La domanda negli ultimi anni è cresciuta tantissimo, potrei dire circa del 30% ogni anno», spiega Valentina Puddu, titolare del ristorante Cavò Bistrot: «C’è ancora chi è diffidente ma nel 99% dei casi, dopo aver rotto il ghiaccio, sono soddisfatti». E Paolo Mantovani del ristorante Gintilla: «L’alternativa veg qua cavalca l’interesse delle persone, basta entrare anche nei grandi supermercati per vedere le scaffalate di prodotti vegani». Ugualmente Adelina Coccodi di Coccodi, il dolce e il salato: «La richiesta è aumentata», e Annalaura Caboni della pasticceria Sienda: «Ci sono sempre più vegani e di conseguenza aumenta la domanda».
Il mercato
Negli ultimi anni anche il turismo ha giocato un ruolo importante. L’arrivo di visitatori stranieri ha spinto diversi locali ad ampliare il menù con alternative plant-based. «La nostra clientela è principalmente nord europea», dice Puddu. «È un cambiamento che si sta stabilizzando e sarà in crescita, anche perché più sostenibile», spiega Nicola Deagostini, titolare del market SardegnaVeg. E i numeri parlano chiaro: nell’ultimo anno il consumo dei prodotti vegani su Glovo è aumentato del 116% in Sardegna, come ha riportato la piattaforma durante l’ultimo “Veganuary”.
Diffidenza da superare
Eppure, il sospetto non è svanito. I professionisti del settore ammettono che il grande pubblico diffida del “vegano”. Spiega Mele, «molte volte è più facile non utilizzare la parola vegano, perché spaventa, come se si trattasse di piatti non accessibili a tutti». Negli ultimi anni, «c’è comunque un interesse sempre maggiore, e a Cagliari è facile andare in qualsiasi posto e trovare l’opzione vegana. Nonostante il pubblico sia ancora un po’ diffidente sempre più persone sono curiose di provare».

Prima    riportare   le  mie opinioni    Sfatiamo l'articolo    il    mito   ( come riporto  nell'articolo     sotto    riportato   )    da  quel che  ho appreso    chiaccherando  \  scambiandoci opinioni    con amici vegani    La cucina vegana può favorire il

dimagrimento, ma non è una garanzia automatica: dipende da come viene seguita. Ecco  che  L'Ia (  il  ricorrevi con  spirito critico🧠  e  verificandole  empiricamente     cioè  mangiando 😁😇 in questo caso  ,  non è poi  negativo  )  

🌱 Perché la dieta vegana può aiutare a dimagrire

  • Basso contenuto calorico: frutta, verdura, legumi e cereali integrali hanno in media meno calorie rispetto a carne, latticini e prodotti trasformati.

  • Alto apporto di fibre: le fibre aumentano il senso di sazietà e regolano la digestione, riducendo la probabilità di eccessi.

  • Minore consumo di grassi saturi: eliminando prodotti animali si riduce l’assunzione di grassi che favoriscono l’aumento di peso.

  • Alimenti più nutrienti e meno densi di calorie: piatti vegetali ben bilanciati possono fornire vitamine e minerali con un apporto energetico moderato.

⚠️ I limiti e i miti

  • Non tutti i piatti vegani sono ipocalorici: patatine fritte, dolci vegani ricchi di zuccheri o pizze con formaggi vegetali molto grassi possono far ingrassare quanto le versioni tradizionali.

  • Serve equilibrio: una dieta vegana improvvisata può portare a carenze (proteine, vitamina B12, ferro) e non necessariamente a dimagrimento.

  • Il dimagrimento non è automatico: se le porzioni sono abbondanti o si scelgono cibi vegani molto elaborati, il bilancio calorico resta positivo e il peso non cala.

📊 Sintesi

  • È vero che la cucina vegana può favorire la perdita di peso, grazie a fibre, minor densità calorica e riduzione dei grassi saturi.

  • È un mito pensare che basti “essere vegani” per dimagrire: la differenza la fanno le scelte alimentari quotidiane, la qualità degli ingredienti e lo stile di vita complessivo.

  • Per dimagrire in modo sano, la dieta vegana deve essere bilanciata, varia e controllata nelle porzioni.

quindi  il  parere    che  mi sono  fatto  leggendo l'articolo    riportato  e  l'aumento   nella grande distribuzione   di prodotti vegani    è  che      il  boom dei ristoranti vegani  puo  essere inteso    sia   ( come  credo  )una  nuova  moda   che   fa  diventare  una cultura     condivisibile o meno   elitaria      in   cultura  di massa  ovvero  moda   , sia  allo   stesso  tempo   una  presa  di coscienza  alimentare   globale  . E per     voi ?


cosa è la morte ? Roberto Demontis medico legale : «Sfido ogni giorno i misteri della morte»


La morte è dunque un fenomeno complesso in quanto  ha  doverse sfaccetture   in senso  : 

  • Biologico, come cessazione delle funzioni vitali. la morte è l’estinzione dell’individualità corporea: non tanto dei singoli elementi che compongono il corpo, quanto delle relazioni vitali tra organi e funzioni.La medicina ha ridefinito nel tempo i criteri di diagnosi di morte, soprattutto con l’avvento di tecniche come la rianimazione cardio-polmonare e i trapianti di organi.Oggi si distinguono concetti come morte cerebrale (cessazione irreversibile delle funzioni del cervello) e arresto cardiaco, che hanno implicazioni etiche e giuridiche.

  • Filosofico, come limite e possibilità ultima dell’esistenza.Nella filosofia antica, la morte era spesso vista come passaggio o dissoluzione in un ciclo cosmico di rigenerazione.In una prospettiva dualistica, l’uomo è corpo mortale e anima immortale: la morte riguarda solo la parte corporea.L’esistenzialismo (Heidegger in particolare) la interpreta come “situazione-limite”, la possibilità ultima che condiziona l’intera esistenza.Per molti pensatori, la morte non è solo fine, ma anche ciò che dà senso alla vita, perché ci obbliga a confrontarci con la finitezza

  • Sociale ed etico, come evento che richiede rituali, norme e riflessioni collettive.In   sintesi \  altre parole, la morte non è solo la fine della vita, ma anche un orizzonte di senso che plasma il modo in cui viviamo, pensiamo e ci relazioniamo.Infatti  la morte è anche un fatto sociale: ogni cultura ha rituali funerari che trasformano l’evento naturale in un processo simbolico e comunitario.In bioetica, la definizione di morte è stata ridiscussa con le nuove tecnologie mediche: condizioni come lo stato vegetativo mostrano come la vita biologica possa continuare senza coscienza.Questo apre dilemmi su cosa significhi davvero “essere vivi” e su chi abbia il diritto di decidere quando la vita è conclusa.

In altre parole, sintetizzando , la morte non è solo la fine della vita, ma anche un orizzonte di senso che plasma il modo in cui viviamo, pensiamo e ci relazioniamo.


dopo questo  sproloquio \  spiegone     ecc cosa  ne  pensa  

  unione     sarda 15\11\2025  


Roberto Demontis: «Sfido ogni giorno i misteri della morte»




La decisione è di fine anni Settanta: «Mi laureo in Medicina e poi faccio il medico legale», pensò l’adolescente cagliaritano Roberto Demontis. A dire il vero, non l’ha solo pensato: l’ha proprio fatto. Galeotto fu il telefilm “Quincy”: «Lo guardavo, mi appassionava come riuscisse a risolvere i casi di omicidio più complicati studiando la scena del delitto e il cadavere della vittima».
D’accordo, ma da adolescenti tutti pensiamo di fare il pompiere oppure il cantante, l’attore o il Papa. Lei si è immaginato fra i cadaveri, peraltro frutto di morti violente.
«Evidentemente sì, visto com’è andata. E non me ne sono mai pentito: la medicina legale è estremamente interessante, difficile e richiede molto rigore. E dà risposte, questo mi piace».
Cambiano i tempi, e con essi cambiano le “scuole di pensiero”: qualche decennio fa il medico legale era uno che «tagliava cadaveri» e la gente lo guardava con qualche brivido. Poi dagli Stati Uniti sono arrivate le serie tv in cui il coroner (il medico legale, appunto) era protagonista, risolveva i casi giudiziari più intricati e in qualche caso - come ad esempio il dottor Donald Mallard, serie tv Ncis - il personaggio del coroner è stato disegnato con i tratti del genio, coltissimo in tutti i settori e dotato di grande senso di umanità. «Ma quelli sono telefilm», ridacchia Roberto Demontis, 63 anni, cagliaritano, che il coroner («No, il medico legale», corregge lui) lo fa dal 1992. Sposato, tre figli, laureato a Cagliari, specializzato a Roma all’Università di Tor Vergata, dottorato in Criminalistica e master in Odontostomatologia forense, ora è direttore della struttura complessa di Medicina legale dove ha sei colleghi su cui contare e ha sede all’Oncologico Businco di Cagliari, quindi all’Arnas Brotzu. Però è un medico universitario, infatti insegna all’Ateneo cagliaritano. Ama ridere e scherzare, adora i momenti di leggerezza, ma spacca la sua vita in due: quando si lavora e quando non si lavora. Riuscendo a essere due persone simili, ma non le stesse. In poche parole, «in sala autopsie ci mando il dottor Demontis, mai Roberto». Tant’è vero che, una volta, gli capitò di fare la perizia necroscopica a un parente: «Lo feci senza pensarci. Lo feci e basta. Così come l’oncologo davanti al paziente bambino senza più speranza, anche il medico legale dev’essere impassibile».

Quanto interferiscono le emozioni, nel suo lavoro?

«Il giorno in cui mi coglierà un’emozione, smetterò di fare le autopsie e i sopralluoghi sulla scena del crimine».

Addirittura.
«Il principale segreto del nostro lavoro è non provarle proprio, le emozioni, perché conducono su piste sbagliate. Io analizzo, ho un corpo da intervistare con gli occhi, da osservare nel dettaglio, da leggere attraverso esami di laboratorio che richiedono tempo come ad esempio quello tossicologico. Devo studiare dove sono le ferite per ricostruire la dinamica del delitto, assegnare le posizioni di vittima e assassino nella scena del crimine, capire chi e che cosa ha ucciso una persona. E anche se è realmente un omicidio. A proposito: l’analisi del luogo del delitto è importante quanto l’autopsia, infatti chiedo sempre di poterla vedere prima che le forze dell’ordine e perfino la Scientifica della polizia o i Ris dei carabinieri possano modificarla. Ci sono dettagli decisivi, e il medico legale fa la sua indagine sulla base di parametri diversi da quelli utilizzati dagli investigatori».

I medici legali delle serie tv americane parlano con i cadaveri e sostengono che, in qualche modo, rispondano.

«Nei telefilm tutto si può fare, ma poi la vita vera è un’altra cosa. Non parlo con i morti ma è vero che in un certo senso loro lo fanno con me, ovviamente non con le parole. Osservandoli, scopro tante cose di loro in generale, a partire dalle malattie di cui soffrivano, e soprattutto come sono deceduti».

Ma ci saranno “pazienti” speciali. I bambini, ad esempio.

«No, nessuno può essere speciale. Io cerco tracce sempre, e sempre le seguo per scoprire la quantità massima di verità possibile. Il metodo non deve cambiare, a meno che non ci siano nuovi strumenti d’indagine forense: ca mbia solo chi ho sul tavolo e io mi concentro sul lavoro. Poi, ripulisco la mente e non ci penso più».

Ma ci sarà pure un caso che ricorda più di altri.

«Ovviamente sì, tutti ricordiamo le anomalie statistiche e le stranezze che troviamo nel nostro lavoro. Posso dire di quell’autopsia in cui ho visto una cosa nuova: l’assassino scuoiò il volto della vittima. Essendo un regolamento di conti fra criminali, il senso era: “Hai perso la faccia”. E poi un caso nell’Oristanese: un cadavere fatto a pezzi e sparso all’aperto. Passai quindici giorni a cercarli e raccoglierli. Ancora: mi accorsi, dall’esame della scena del crimine, che l’assassino era claudicante: lo indicavano le impronte. Ed era così, fu arrestato e condannato».

Quando un suo esame è stato decisivo per trovare il colpevole?

«I nostri esami lo sono spesso. Una volta, un caso che si stava per archiviare come suicidio è divenuto un’indagine per omicidio. In generale, il medico legale è spesso determinante».

E capita che il medico legale faccia prosciogliere un sospettato?

«Eccome: spesso troviamo gli assassini, in altri casi capiamo che il sospettato non è l’assassino».

Il suo primo caso?

«L’autopsia di un feto morto in utero».

Niente vi sarà risparmiato.

«È nelle cose: siamo medici legali».

Le donne non uccidono?

«Pochissimo, generalmente per difendersi da mariti o compagni violenti. Usano armi bianche, cioè lame».

Eliminano quelli che poi, se non lo fanno, le uccidono?

«In certi casi, sì».

Gli assassini sardi sono più o meno cattivi rispetto alla media?
«Il numero degli omicidi è stabile da una ventina d’anni. È cambiato il movente: prima era per punire l’abigeato, o per le faide, invece ora sono appunto più passionali, legati a tradimenti, senza differenze per il grado di crudeltà rispetto al resto d’Italia».

Tanti cervelli, in giro, sono rovinati da abusi di alcol e droghe, soprattutto nell’adolescen
za.
«Vero, e questo ha un peso sugli omicidi: non controllano la violenza e i danni creati dalle sostanze in giovane età sono ben presenti per tutto il resto della vita».

Passiamo alle tristezze non dei morti, ma dei vivi. Lei è assessore alle Politiche sociali del Comune di Sinnai. Dove trova la forza
?
«Mi realizzo quando riesco a compiere un progetto. Ad esempio, Sinnai è stato uno dei primi Comuni cardioprotetti, perché abbiamo fatto installare i defibrillatori in giro. Poi organizziamo corsi di primo soccorso ed è un mondo di vivi che mi aiuta a compensare quello dei morti. In Comune ho una buona squadra, e un’altra ce l’ho nella struttura complessa di Medicina legale».

Lei è credente. Trova mai Dio durante le autopsie?

«No, mai. Trovo indizi e prove, sono concentrato su quello perché è ciò che mi si richiede, quindi devo mantenere la freddezza. Devo affermare qualcosa solo quando trovo i riscontri e quindi sono focalizzato sulla ricerca».

Però, in un corpo martoriato dalla violenza, almeno Satana qualche volta l’avrà intravisto.

«Non ho di queste frequentazioni, nemmeno sul lavoro. L’ho detto: se un giorno mi ritrovassi a provare qualche emozione durante un’autopsia o l’analisi di una scena del crimine, quello sarà il mio ultimo giorno sul campo e lascerò lavorare solo la mia squadra. Fede, emozioni, per il medico legale sono sovrastrutture, dunque un lusso che non si può permettere. Solo le prove hanno diritto di parola, in questo lavoro dove l’ego si deve annullare. Poi spegni la luce nella sala e te ne vai, e a quel punto vivi tutte le emozioni che vuoi, ma con una regola: finita l’autopsia, io manco mi ricordo il volto della persona che avevo sul tavolo, con due vantaggi. Il primo è poter avere una vita totalmente al di fuori di questo, l’altro è di dare al pm o al giudice un supporto credibile e scientifico per trovare l’assassino. Quello giusto».

non ti censuro ma ... faccio in modo che lo vedo pochi il caso in rai di No Other Land documentario israeliano - palestinese del 2024 oscar 2025

Come avevo detto precedentemente in diversi post alla fine andrà in onda. Infatti Dopo due rinvii, infiniti tentativi di boicottaggio, questa sera su Rai 3, alle ore 21.25, sarà trasmesso “No other land”, il film documentario Premio Oscar sull’occupazione illegale dei coloni israeliani in Cisgiordania.
Io l' ho visto in streaming io l'ho visto in streaming e non credo  di (  non  per  mancanza  di  coraggio   ed  insensibilità  )   che   non so  se  riuscirò  a  rivederlo   .  Posso dire   a chi  ancora     non lo ha  visto   di prendere prima e dopo una tisana pe far passare la rabbia perch è molto crudo e duro . e tenete a porta di mano i fazzoletti perchè in certe scene si piange ( almeno per me è stato cosi ) tantissimo . È, come ho già detto precedentemente in queste pagine , un film di una bellezza e una crudeltà feroci che tutti dovrebbero vedere, senza preconcetti, senza paraocchi.Non potendolo più oscurare, nel dubbio, lo hanno collocato tra “Ballando con le stelle” e “La Ruota della Fortuna”. Domani potranno dire che interessava a pochi, che non è andato poi così bene. Solo in Italia invece di valorizzare questo capolavoro, si fa di tutto per nasconderlo, rinviarlo, limitarlo. Se c’è una cosa che, da cittadini, possiamo fare, è vederlo o rivederlo ( i più coraggiosi ) " legalmente . Fare in modo che altri lo vedano. Parlarne, discuterne. Farlo arrivare.Fare Servizio Pubblico in supplenza del servizio pubblico.

14.11.25

cosa non si fa per portare acqua al proprio mulino l'uso strumentale della figura di paolo borsellino e giovanno falcone er il referendum sula separazione delle carriere

  fonte dagospia  

“NEL 1991 PAOLO DISSE DI ESSERE ESPLICITAMENTE CONTRO LA SEPARAZIONE DELLE CARRIERE” - SALVATORE BORSELLINO, FRATELLO DEL MAGISTRATO UCCISO ALLA MAFIA, RIFILA UNO SCHIAFFONE AI MAL-DESTRI CHE TIRANO FUORI IL SANTINO DEL GIUDICE A LORO USO E ABUSO: “MIO FRATELLO TIRATO IN BALLO NEL DIBATTITO SULLA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA? È UNA COSA CHE NON PIACE AFFATTO, NON È UTILE. TUTTO FA PARTE DI UNA MANOVRA PER CERCARE DI MINARE IN QUALCHE MANIERA L’INDIPENDENZA DELLA MAGISTRATURA. PER QUESTO AL REFERENDUM VOTERÒ SICURAMENTE NO…”

Da “Un giorno da Pecora”

 

SALVATORE BORSELLINO

La posizione di Paolo Borsellino sulla separazione delle carriere? “Sono stato io che ho trovato in un libro, in cui sono raccolti i suoi scritti, questo suo intervento, se non sbaglio nel 1991 a Bari, in cui Paolo dice esplicitamente di essere contro la separazione delle carriere e parla della politica che vuole intervenire in questo senso”. Lo dice a Rai Radio1, ospite di Un Giorno da Pecora, Salvatore Borsellino, fratello di Paolo, intervistato da Giorgio Lauro.“E’ evidente che allora però le condizioni erano diverse, si stava riformando il codice penale ad esempio, e quindi non è una situazione che si può rispecchiare in quella attuale

 

salvatore borsellino a un giorno da pecora

Oggi le condizioni sono diverse e si parla di altre cose”, ha proseguito Borsellino a Rai Radio1. Le da’ fastidio che suo fratello venga tirato in ballo nel dibattito sulla riforma della Giustizia  ?

“E’ una cosa che non piace affatto, non è utile, si deve discutere di adesso, senza tirare fuori le dichiarazioni di mio fratello o di Falcone per cercare di influire su una cosa attuale che ha condizioni ben diverse”. Lei come voterà al referendum sulla riforma? “Assolutamente contro la separazione delle carriere.



 

Si parla di questa ma il tutto fa parte di una manovra per cercare di minare in qualche maniera l’indipendenza della magistratura. Per questo - ha concluso Paolo Borsellino a Un Giorno da Pecora - votero’ sicuramente no”.

Manuale di autodifesa I consigli dell’esperto anti aggressione Antonio Bianco PUNTATA LVII° SE GIRATE IN LUOGHI ISOLATI NO A TACCHI E GONNE STRETTE




Premesso che non esiste alcun tipo di giustificazione per chi commette violenza, di qualunque tipo essa sia, va detto che il nostro abbigliamento può avere un ruolo importante nel caso in cui ci si ritrovi a essere vittima di un’aggressione. Scegliere con attenzione cosa indossare e cosa lasciare invece nell’armadio può aiutare a muoversi con disinvoltura e sicurezza. Meglio optare sempre per vestiti che consentono movimenti rapidi e agili: pantaloni o gonne non troppo strette e scarpe chiuse, che
permettono di correre o di reagire in tempi veloci in caso di pericolo. Tacchi alti e indumenti eleganti possono limitare i movimenti e attirare un’attenzione indesiderata, soprattutto quando ci si trova in luoghi isolati. Questo, lo ripetiamo ancora una volta, non signica che una vittima di un’aggressione “se la va a cercare” se sceglie un paio di tacchi o un vestito elegante, ma è indiscutibile come in caso di pericolo le scarpe da ginnastica risultino più comode per darsela a gambe. Se potete scegliere, lasciate a casa borse troppo pesanti e troppo grandi, che rischiano di intralciare i movimenti e rendono più complicato tenere le mani libere. Meglio portare uno zainetto piccolo o una borsa a tracolla, che se indossati in modo sicuro consentono di portare con sé soltanto l’essenziale, come telefono, documenti, chiavi e magari lo spray al peperoncino. Se camminate in zone poco illuminate, può tornare utile indossare qualche dettaglio riflettente o un accessorio chiaro, che possa essere visto anche da lontano, pur senza attirare troppo l’attenzione. Non indossate troppi gioielli e lasciate le cuffie in tasca. Un abbigliamento pratico, che è in grado di trasmettere determinazione e sicurezza, può far desistere eventuali malintenzionati. Infine, tenete a mente due concetti che non ci stancheremo mai di ripetervi: mostrare sicurezza, camminando con passo deciso, sguardo alto e consapevolezza del proprio corpo trasmette forza e controllo. L’obiettivo è la vita: verifcate sempre di essere nelle condizioni migliori per fuggire.

CRONACA NERA E PROCESSI IN TV: L’ENNESIMA “AUTHORITY” INUTILE ECCO DOVE TAGLIARE ALTRO CHE SUI SERVIZI ESSENZIALI

 


Una serialità malata si sta impossessando, come un demone, della televisione italiana. Da tempo ne occupa sempre più i programmi, sia quelli dell’informazione sia quelli dell’intrattenimento, non risponde a regole deontologiche giornalistiche, né a valutazioni morali, si fa beffe delle raccomandazioni di qualsivoglia autorità siano esse culturali, religiose o politiche, è ligia soltanto alla regola commerciale dell’audience. Questa serialità malata distorce la percezione della realtà, inquina il dibattito pubblico: trasforma il video in un moderno patibolo che taglia le sue teste davanti agli spettatori-tricoteuses. O se volete in un tribunale quotidiano con il “gentile pubblico” nel ruolo di giudice.

Questa malattia si chiama cronaca nera, genere che un tempo fu filone pregiato del giornalismo nazionale forgiando fior di professionisti, poi divenne anche discussa materia televisiva, comunque con orari e spazi definiti nel palinsesto, ma che oggi imperversa come una pandemia, senza soluzione di continuità, mattina, pomeriggio e sera, sugli schermi della tv italiana. Abbiamo in passato già notato come da almeno due decenni i telegiornali italiani siano di gran lunga i primi in Europa per le notizie di nera, un fatto che negli ultimi tempi sta assumendo (vedi il Tg1) proporzioni davvero preoccupanti, soprattutto se si pensa alla caduta verticale del numero reale dei crimini commessi nel Paese. Ciò si affianca naturalmente alla nota e ricorrente tematizzazione sul genere dei contenitori pomeridiani. Ma in questi mesi l’omicidio della povera Chiara Poggi, meglio noto come “caso Garlasco”, tornato a galla per via di nuove indagini, senza dubbio rinnova, per le modalità con cui è raccontato, la sensazione di una grave degenerazione.

Eppure l’istituzione che vigila sulla comunicazione aveva a suo tempo individuato il pericolo ed emanato precise indicazioni, indicazioni che però nessuno ha rispettato (e, aggiungiamo, nessuno si adopera per far rispettare). Nel 2008 infatti l’agcom, con delibera n. 13, aveva avvertito sui rischi della creazione di “un foro ‘mediatico’ alternativo alla sede naturale”. Con una specie di “rappresentazione para-processuale, che giunge a volte perfino all’esame analitico e ricapitolativo del materiale probatorio”, l’autorità sosteneva che la televisione rischiava “seriamente di sovrapporsi alla funzione della giustizia” e, perdipiù, che “effetti coloriti o teoremi giudiziari alternativi o rappresentazioni suggestive” prevalessero “sull’obiettiva informazione”. Insomma già allora l’agcom metteva in guardia dal rischio che la tv amplificasse “a dismisura la risonanza di iniziative giudiziarie”, stimolando una “attenzione distorta, insistente e talora parossistica” verso “taluni pur gravi fatti delittuosi”, una scelta “ispirata più dall’amore per l’audience che dall’amore per la verità”. Per questi motivi, continuava l’agcom, “va evitata un’esposizione mediatica sproporzionata, eccessiva e/o artificiosamente suggestiva delle vicende di giustizia”. L’ente, dunque, invitava la cronaca giudiziaria a “sempre rispettare i principi di obiettività, completezza, correttezza e imparzialità dell’informazione e di tutela della dignità umana, evitando tra l’altro di trasformare il dolore privato in uno spettacolo pubblico che amplifichi le sofferenze delle vittime”, o peggio porti a forme di “divizzazione dei soggetti del processo”. La delibera si concludeva con l’invito alle tv a redigere al più presto un codice di regolamentazione in materia. Codice di autoregolamentazione che, ça va sans dire, a oggi naturalmente non esiste (o se esiste, peggio, viene ignorato). Sarebbe auspicabile allora che l’autorità alzasse la voce per mettere argine a questa deriva e che la Vigilanza, per le sue competenze, facesse altrettanto.

VANE PAROLE SPETTACOLARIZZARE DELITTI E PROCESSI È PERICOLOSO, DICE L’AGCOM

basta dare spazio alle .... di Vanacci



Inizialmente   avevo   preparato    il  post    odierno      con   relativo  commento   all'ennesima  uscita   di vanacci .  mai  poi  ho cambiato idea . Lo   so     che     l'indifferenza  e  il  silenzio  hano  permesso   alle  dittature   di   resistere  per  anni . Ma    come  dice   su  facebook  

La sinistra  e   i media    passano  troppo tempo a inseguire qualsiasi rutto di questo soggetto.È perdita di tempo.Questo soggetto qua non ha politicamente niente da dire, scrive malissimo, non ha argomenti, trasuda libri non letti ed è un mix marginale di luoghi comuni, rabbia, bassezze, qualunquismo becero e vuoto contenutistico. L’incarnazione da bar sport 2.0 dell’italiano medio al suo minimo.Però ha anche dei difetti.Lasciatelo ai suoi soliloqui da nostalgico caricaturale: non merita neanche il vostro sdegno. È solo un napalm57 uscito (un po’) dall’anonimato, ma finisce lì.Che la tranvata monumentale in Toscana gli sia  lieve 




Il post    potrebbe    concludersi    qui  ma  purtroppo    non riesco  a      non  chiedermi :  Cosa c’entra la nomina a direttrice musicale di un teatro con la vicepresidenza di una Regione?  Cosa c’entra la pelle nera, l’essere biondi, bianchi, cristiani, musulmani, africani ??  Vannacci è talmente ossessionato dal colore della pelle da non riuscire a concepire che Mia Diop è stata nominata perché capace, meritevole di un incarico che non è tecnico ma POLITICO, espressione di idee e cultura per fortuna lontane anni luce da Vannacci.
Povero Generale, ancora non si è ripreso dall’accoglienza antifascista di Livorno (la città di Diop) e soprattutto dalla batosta presa in Toscana, dove non l’hanno votato manco i leghisti.Se ne faccia una ragione, (ex) generale, prima o poi.


Disertare la Storia: fra gossip e memoria

eccovi una  serie  di  pensieri  sparsi  







 Di nuovo , salvo eccezioni,none potendo usare troppo la faziosita o l'obbiettività , si diserta la Storia si riduce alla cronaca nera soprattutto quella nera o gossip. Infatti i capi servizio dei media e i pubblicitari hanno già pronto isolito pezzo e sponsor sulle festivita natalizie anticipate


come si può ricordare qualcosa che non s'è compreso non è improprio fare memoria se non c'è verita ?appunto è ricordano che si ricerca la verità per me significa questo fare memoria non retorica e ipocrita . Perchè è proprio nel passato che si celano le risposte del presente .



Non tutti i misteri possono essere spiegati altrimenti non rimane più niente da scoprire ed approfondire




12.11.25

Destre fra: sesso, tabu , il caso Valditara e a nuova legge sull 'educazione affettiva sessuale a scuola


 il  ministo dell’Istruzione Valditara ha avuto il coraggio di presentarsi alla Camera e accusare apertamente le opposizioni di “sfruttare un tema così delicato come quello dei femminicidi”.Lo ha detto davvero purtroppo .E ancora, in particolare:“Sono indignato che abbiate detto che questa legge impedisca la lotta contro i femminicidi.Vergognatevi".
No, Spettabile signor ministro, ci dovremo vergognare noi come cittadini italiani di un governo che, nel 2025, non ha ancora capito che la violenza di genere o femminicidi non si combattono (solo) con le pene o con nuove leggi , ma si previene con una vera educazione sessuo-affettiva nelle scuole in grado di rendere i nostri ragazzi adulti di domani consapevoli, rispettosi, a proprio agio con la propria affettività, nel rapporto col proprio corpo e col mondo. Non con la foglia di fico il consenso dei genitori .Ripeto foglia di fico , perchè non tutti i genitori soprattutto quelli pro vita , o legati al passato vogliono o sanno educare i loro pargoli ... ehm... figli su tali argomenti . Inoltre certi genitori ( ovviamente senza generalizzare \ fare di tutta un erba erba un fascio ) hanno pauyra che i figli m mettano indiscussione precocemente la loro autorità e si faccio le proprie esperienze prima dei 18 anni . Quindi solo pochi daranno il consenso ad approfondire tali argomnti . E sì, tutto questo ha profondamente a che fare coi femminicidi. È l’inizio di tutto. E non lo dico io ma tonnellate di studi scientifici re sociologici che la parte politica che ella degnamente rappresenta ignora, disconosce, schernisce.
Ministro Valditara, porti rispetto alle opposizioni democratiche. Ma soprattutto mostri rispetto a chi, come il padre di Giulia cecchetin per esempio, sta combattendo una battaglia culturale per aver un Paese evoluto, civile, non retrogrado, che non abbia paura di parlare di sesso, di consenso, di rispetto, di affettività.E mi rifiuto di vergognarmi di questo.Quindi finiamola di vere strumentalizzazioni dove non ci sono

N.B
proprio mentre finivo questo post passa alla radio , coincidenza o casualità Non Insegnate Ai Bambini di Giorgio Gaber

quando il porno era trasgressione . Mrs. Playmen, su Netflix la serie con Carolina Crescentini e Filippo Nigro

incuriosito dal battage pubblictario,  dallla  memoria  diretta  (  ero  adolesciente   nellì'ultimo  periodo    di playmen  ) ed indiretta,  dai  risultati   trovati  in rete   e i ricordidei miei genitori,ecc ho  iniziato a   guardare  Mrs. Playmen, su Netflix la serie con Carolina Crescentini e Filippo Nigro . 

Già dalla prima puntata promette bene , ci sono tutti gli elementi ( suspense , sensualità , erotismo non troppo volgare , curiosità del vedere come la vicenda è stata addatta dalla storia vera di Adelina Tattilo, ecc ) per vedere gli altri episodi ci sono appunto .

Pietro Sedda il designer, artista e tatuatore di fama mondiale racconta i suoi nuovi progetti

   Dopo  la  morte  nei  giorno scorsi  all'età  di  80 anni   di  Maurizio Fercioni ( foto sotto  a  sinistra )  considerato il primo t...