di Alessandro Marzo Magno
L'eroe del liceo Marco Polo, il ragazzo che si oppose alle leggi razziali, riemerge dalle brume della storia. FinalmenteLudovico Spròcani, detto Vico, ha un volto e una storia. D'altra parte niente di strano che i suoi familiari non sapessero nulla di cosa fosse accaduto all'esame di maturità classica del 1939: da uomo riservato qual era, non l'aveva mai raccontato. L'ebrea veneziana protagonista di quell'episodio era Giuliana Coen, che dopo aver sposato Guido Camerino ed esser divenuta una stilista, sarebbe diventata famosa come Roberta di Camerino.Nel suo libro di memorie, R come Roberta, pubblicato nel 1981, spiega com'era andata: «Quella mattina entriamo in classe e assisto alla prima sorpresa. Tutti i banchi sono in fila, come sempre. Ma ce ne sono due in un canto, un po' scostati. Io faccio per sedermi a caso, quando mi arriva alle spalle un professore e mi dice: No, laggiù per favore, e indica uno dei banchi messi da parte. Quasi nessuno si accorge di quel che sta accadendo perché c'è il solito trambusto, gli amici cercano di stare insieme, c'è chi cambia idea all'ultimo momento, chi baratta il suo con un altro posto. Alla fine siamo tutti seduti. C'è un attimo di silenzio, finalmente. Ed è in quel momento che, da un banco centrale, si alza un ragazzo. Non è bianco, è un mulatto. Alza la mano, per poter parlare. È il figlio di una principessa eritrea e d'un generale italiano. Volevo sapere perché quei candidati son tenuti da parte. Ha una voce sonora, un accento romanesco, ma elegante. Il professore ha un momento d'imbarazzo, ma si riprende. Sono privatisti. Il mulatto sorride. Certo: privatisti. Ma perché sono ebrei, non è vero?. Questa volta l'imbarazzo del professore è più evidente. Se è per una questione di razza, nemmeno io sono ariano, come certo non vi sarà sfuggito, non è vero? Perciò, con il suo permesso.... Ma non aspetta il permesso di nessuno. Prende l'ultimo banco della fila, che era vuoto, e lo spinge verso i nostri, di lato. Allora accade l'imprevedibile, davvero. Tutta la classe si alza, prendono anche il mio banco. In un niente la classe è tornata normale: tutti i banchi tornano in tre file, noi siamo con gli altri. Il giovane mulatto, prima di sedersi a sua volta, fa un rigoroso inchino al professore. C'è un attimo di silenzio. L'insegnante è turbato. Si leva gli occhiali, passa una mano sugli occhi. Poi, quasi parlando a se stesso, ma lo sentiamo benissimo dal posto, si lascia scappare un: Vorrei abbracciarvi tutti quanti».
IL PROTAGONISTA
Il ragazzo mulatto che si alza per primo e scatena una reazione da Attimo fuggente è Vico Sprocani; il registro della maturità dice che è nato a Cheren (colonia eritrea) oggi Keren e che viene promosso a settembre dopo aver ridato l'esame di matematica e fisica. Giuliana non è l'unica Coen a dare l'esame: c'è anche Lilla (sua grande amica, ma non parente) e un'altra privatista ebrea si chiama Nelly Basevi.
Di Sprocani non si sapeva altro, se non che nel dopoguerra diventa direttore a Venezia di un giornale dell'Uomo Qualunque, la formazione politica che ebbe grande successo nelle elezioni del 1946, e poi si trasferisce a Gallarate con la moglie veneziana. Ora, grazie a un articolo su internet e a un messaggio su Facebook, è possibile ripercorrerne la vita.
Sprocani durante la guerra è ufficiale di cavalleria e va a combattere in Russia. Quando torna si laurea in giurisprudenza a Padova e va a fare pratica nello studio legale Dian, di fronte al teatro Goldoni. Conosce quella che diventerà sua moglie, Adalgisa Cendali, zia di Giancarlo e Andrea Faccini, ovvero coloro che hanno rintracciato chi scrive e che raccontano la storia del congiunto. Nel frattempo Vico era rimasto orfano di madre e poco prima di sposarsi perde anche il padre. Dopo il matrimonio, siamo all'inizio degli anni Cinquanta, si trasferisce a Gallarate dove fa l'agente di commercio. Giancarlo Faccini, che diventa direttore acquisti della Coin, lo incontra quando va per lavoro a Milano (poi si trasferirà a Monza con la famiglia).
IL LEGAME CON VENEZIA
Vico e Adalgisa rimangono legati ai loro parenti veneziani: d'estate vanno in vacanza al Lido, d'inverno a Falcade, dove acquistano una casa. Come spesso accade alle coppie senza figli, si affezionano moltissimo ai nipoti. Andrea è il primo nato tra i nipoti e ricorda le partite a briscola con lo zio che amava giocare a carte, mentre non amava affatto perdere.
Era un uomo affabile, generoso, riservato, istruito, di portamento quasi aristocratico (un vero ufficiale di cavalleria, si potrebbe dire), amava lo sport e praticava il tennis. Parlava poco di sé: oltre a non aver mai detto nulla dell'episodio del Marco Polo, l'unica cosa che raccontava della campagna di Russia era il pericolo dei gatti selvatici che attaccavano in branchi (ma non costituivano l'unico rischio per i soldati in Russia). I vecchi amici di Gallarate lo ricordano alto, elegante, e sottolineano che la moglie era una donna bellissima. Fumava sigarette svizzere.
Gli piaceva socializzare e odiava le discriminazioni. Mantiene per sempre il vizietto di intervenire per evitare i soprusi. Sprocani era un convinto monarchico, disprezzava Vittorio Emauele III, mentre apprezzava moltissimo Umberto II che considerava «il suo re» e andava tutti gli anni a trovarlo a Cascais, in occasione del compleanno. Proprio durante uno di quei viaggi, mentre si trovava a tavola con l'ex sovrano esiliato, Vico Sprocani muore all'improvviso. Era il 1983. La moglie va in Portogallo per riportarlo in Italia e seppellirlo nella tomba di famiglia, nell'isola di San Michele. Poco tempo dopo la vedova lascia Gallarate e si trasferisce a vivere con la sorella a Mestre, dove muore nel 2015.
IL RICORDO
Sprocani non aveva discendenti diretti e i parenti della moglie oggi vivono tra Monza, Mestre e il Lido di Venezia. Nessuno di loro conosceva la storia della maturità del 1939, tra l'altro Giuliana Coen Camerino nel suo libro non faceva il nome dell'eroico compagno di scuola. Chi scrive l'aveva intervistata nella sua casa di Lugano nel marzo del 2009 poco più di un anno dopo è morta e la stilista aveva rivelato il nome del giovane; l'allora preside del Marco Polo aveva recuperato i verbali di quella maturità. Ora, quasi dieci anni più tardi, il cerchio si chiude e il «ragazzo mulatto» ha un nome, un volto e una storia. E tutti dovremmo ringraziarlo per quello che ha fatto
Soprattutto in periodo , in italia , dove nessuno o quasi s'oppose . in quanto la maggior pare rimasero zitti ed indifferenti