10.1.11

la manomissione delle parole di Gianrico Carofiglio \ le parolesono importanti



Nei giorni scorsi mentre pranzavamo , durante  una discussione  (  non ricordo il contesto  , nè  di cosa si parlasse  ) , mi  è sfugita  questa   parola  : << [...] a me  mi [ ...]  >> sbagliata  grammaticalmente  , ma  ormai entrata  nel lessico  della  nostra lingua anche  scritta ( Ahi noi ) .
Tale  mio "  sproloquio " ha suscita  gli straili  ed il borbottio dei mie  , specie di mia madre ex  insegnate di lettere ala scuola media (  fortunatamente  in pensione dal 1994  e non spettatrice  attiva  o passiva del degrado linguistico  massmediatico  a cui  nolenti e nolenti   tutti  sottoscritto compreso  subiamo  o partecipiamo  in quest' ultimo quindicennio )  che non  sono espressioni d'usare mentre  si parla ( mi ricordano  le reazioni di mia nona paterna  quando usavo la parola  scazzottare  e simili ) e che la lingua  ( come non darle torto  )  si degrada  e e si impoverisce  . Questo  nostro "  battibecco " ha  creato la battuta  di mio fratello che si  pè messa  a parafrasare    ( lui che a differenza usa  scarsamenre  , quasi coe me  se  e avesse in odio \ in antipatia  ,  le citazioni  e  i riferimenti culturali )  questo scena  di Palombella rossa  noto film di nanni moretti


Dopo pranzo, mentre  camminavo (  mi sono deciso a uscire  a camminare  e  a  vincere la mia  apatia e richiudermi o per  cazzeggio  o  per  studio  subito al pc ,  ma  soprattutto  i guardami riflesso nel  vetro della  finestra   , notare mio autoscatto affianco , che non sono troppo in salute e  che il mio corpo  si sta deformando vedere   sotto foto fattami  da mio fratello con la mia   digitale    )






 ho riflettuto  sul discorso  avvenuto  poco prima  e  su quanto diceva il mio professore di letteratura italiana  , Nicola  tanda  (  foto a  sinistra  ) sulla  neolingua  e  sulla standardizzazione  politico e mediatica  della  lingua .
Dopo uno\  due respiri profondi   , per evitare  che i ricordi si trasformassero in malinconia e nostalgia , rovinandomi cosi  la passeggiata ed  evitare  di   tormentarmi , con storie  e  seghe  mentali  inutili e fuorvianti  e  di  perdermi sullo stesso pensiero  e  meditare  cambiando pensiero 
Man niente  non ci sono riuscito  .
Mi è venuto  in mente, non chiedetemi come perchè non saprei come ricostruire  quel ragionamento non avendolo  bloccato subito su cartaceo   ma  lasciatolo  fluttuare  nell'aria,in modo  che  fosse raccolto d'altri  proprio  come    questo video che pubbliciza  la presentazione   del lbro il pettine senza denti di Eugenio Campus   ( ne troverete  fra qualche giorno l'intervista sui nostri blog , qui la trama     e  qui  trovate  le prime  quaranta  righe  dell'opera  che ........  ma no  altrimenti vi svelo  la suspence   dell'intervista ) la trasmissione l'infedele   de la7 andata  in onda il 18\10\2010 e che  potete trovate qui interamente  o  sul youtube  a spezzoni   in cui  caro figlia  parlava  del suo ultimo   libro  le manomissione delle parole  ( copertina  sotto  a destra  )  che sta  creando polemiche anche politiche  sia  destra che  a  sinistra .Galeotto  fu , forse oltre  al  il pensiero \  elucubrazione derivato dalla  discussione  avuta  con i miei e  il ricordo del mio pof Universitario prima citrato  (  e  se non mi fossi bloccato  delle  prof  di letteratura italiana  avute  nel quinquennio delle superiori ) anche  :   un articolo di  giornale  con una  intervista  o foto  di G.Carofiglio    non ricordo se  a  casa   d'amici  di famiglia in cui m'ero rifugiato per  un acquazzone  o un foglio portato  ai miie piedi  dal forte vento  . Fatto  sta  che   ciò  mi ha   riportato  alla mente la  risposta  data   quando  Lenner  posto la domanda 'dello scettico', ossia come fosse mai possibile che delle parole influissero radicalmente sulle condizioni quotidiane di una società; come potesse essere che " chiamare le cose con il loro nome è un gesto rivoluzionario".
Carofiglio ha risposto citando una ricerca dell'antropologo Bob Levy, condotta ad Thaiti negli anni Cinquanta: lo studio ha rilevato come, ad un tasso di suicidi rilevantemente più alto di altre zone, si accompagnasse l'assenza di parole per indicare la sofferenza morale. Le esperienze della storia sembrano supportare la tesi per cui la mancanza di parole per esprimere i propri disagi e oggettivare, dunque, a sè e agli altri, la sofferenza costringa gli individui a esternare il proprio disagio su un piano diverso, quello della forza e dell'atto. Secondo Carofiglio, dunque, le parole, gonfie dei loro sensi, muovono dinamiche fondamentali per la società.
 Rientrato  al centro  sono passto senza fare  tappa  a casa   in libreria  e  me lo sono comprato  .
Non sempre  per parafrasare  la  famosa    canzone    Parole.....Parole  di Mina  le parole  sono  parole  . Infatti  oltre ad essere parole   esse  sono e  possono  come   dice Lo stesso Carofiglio stesso    sia   nel libro di cui si sta  parlando  sia  qui nell'introduzione  alla  presentazione del libro    un   arma  lo strumento  usata dai poteri  forti  cioè politico mediatici  per opprimere nascondere  e spacciarele loro b ... ehm... panzane  per vere .
Un ottimo libro  . Una  sorta  di ciambella  di salvataggio  in  un mondo in cui le parole vengono manipolate e travisate, Gianrico Carofiglio ci ricorda in questo saggio che restituire loro il senso è il primo, indispensabile passo per fondare la verità: dei sentimenti e delle idee. La sua indagine si concentra su. una selezione di parole-chiave – “vergogna”, “giustizia”, “ribellione”, “bellezza”, “scelta” - e su un ambito a lui familiare, quello del linguaggio dei giuristi, che più di altri produce conseguenze concrete sulle persone e sul mondo. È un'indagine a un tempo linguistica, letteraria e storica - e dunque, inevitabilmente, critica e civile - che si dispiega attraverso il confronto con grandi autori e grandi testi: da Tucidide a Victor Klemperer, da Cicerone a Primo Levi, da Dante a Kavafis, da Italo Calvino a Piero Calamandrei alle pagine esemplari della Costituzione italiana.
Infatti Ibs lo ha  cosai recensito  : << «La ragione di questo libro – a un tempo politica, letteraria ed etica – consiste nell’esigenza di trovare dei modi per dare senso alle parole: e, dunque, per cercare di dare senso alle cose, ai rapporti fra le persone, alla politica intesa come categoria nobile dell’agire collettivo». Gianrico Carofiglio ci regala un saggio alla Borges, dall’impianto filologico rigoroso, sull’uso del linguaggio e sulle sue conseguenze nella nostra società. La diagnosi dello scrittore, magistrato e uomo politico barese, è che oggi si usino poche parole, di scarsa qualità e che la lingua utilizzata meccanicamente sia sciatta, banale e manipolata dall’ideologia dominante. Dato che la narrazione dei fatti non è un’operazione neutra, ma un tipo di comunicazione che crea la realtà definendo il mondo con i propri termini, secondo Carofiglio occuparsi del tema della scelta delle parole assume oggi una valenza cruciale, fondativa. Il meccanismo, infatti, può avere degli esiti concreti temibili: si pensi alle parole come premessa e sostanza di pratiche manipolatorie, razziste, xenofobe o criminali. Ad esempio, «espressioni come giudeo, negro, terrone, marocchino attivano immediatamente l’ostilità, creano un altro estraneo e da respingere». Ed è questa interferenza sulla realtà, questa vera e propria creazione di realtà fittizie che ogni giorno, secondo l’autore, spesso inconsapevolmente, sperimentiamo. Questa manipolazione occulta del linguaggio che in molti casi si fa violenza, è il male al quale bisogna porre rimedio.
La strada indicata dall’autore passa attraverso la cura, l’attenzione, la perizia da disciplinati artigiani della parola, sia nello scrivere che nel parlare, ma ancor più nell’esercizio passivo della lingua: quando ascoltiamo e quando leggiamo. Carofiglio sottolinea come nei sistemi totalitari si assista sempre all’impoverimento della lingua, alla scomparsa delle parole del dubbio in favore degli slogan del potere, al trionfo lento, feroce e impercettibile dei luoghi comuni che impediscono di ragionare. Questo libro sembra volerci avvisare del rischio imminente e già in atto del degenerare del linguaggio pubblico e politico, nel quale termini come “popolo, libertà, amore, democrazia” sono stati progressivamente usurpati e svuotati di senso. Se è vero, come sta scritto nell’incipit del Vangelo di Giovanni, che «in principio era il Verbo», la Parola, è a questo logos che distingue l’uomo da tutte le altre creature viventi che bisogna ridare linfa vitale. Carofiglio lo fa nella seconda parte del libro, dove compie un’indagine su alcune parole chiave quali “vergogna, giustizia, ribellione, bellezza” e “scelta”, parole primarie, spesso gravemente svuotate. Il suo tentativo è dunque quello di riempirle, restituire loro vita, perché le parole impoverite di senso sono, come scrisse il filosofo francese Brice Parain,  "pistole scariche"[...] >>
La lettura  del libro  conduce da un termine all’altro, utilizzando i riferimenti e gli esempi più disparati, letterari, politici, poetici, filosofici. Ci si  ritrova  così a riscoprire il significato della parola “speranza” da un discorso di Barack Obama, di “bellezza” intesa come “saggezza” da un passo di Susan Sontag, o ancora di “scelta” come il contrario di “indifferenza” dalle pagine di una rivista di Antonio Gramsci, ecc . Il saggio chiude  con una parte dedicata , un toccasana  per me profano ed ostile  alle caste ( la  casta in questo caso  ,nonostante  abbia amici e parenti acvocati  ) e  il loro linguiaggio  , come il burocratese  incomprensibile  ai più ed ostile  ,  alle parole del Diritto e un corposo apparato di note bibliografiche, curato dalla ricercatrice di Filologia classica Margherita Losacco,  << senza le cui intuizioni molti spunti del libro non sarebbero stati possibili.>> ( parole dell'autore  )  .
Finalmente  qualcuno che  usa lo stile   ed il linguaggio letterario , che è per  ricollegami a quando   diceva i  professore  Nicola  Tabda   a lezione  il più ricco ed  il più aperto al  mondo . Grazie Carofiglio   raffinato (  vedere  la sua intervista  a Luccarelli nella  puntata  sulla  sacra corona unita  )  giurista e affermato autore letterario,per  essersi  cimentato  con un libro  diverso dal suo genere abituale    e per  aver  esplorato ed averci guidato  nel  potere della parola, il suo valore manipolatorio, gli slittamenti semantici che i concetti subiscono. Attraverso lo studio di cinque parole chiave del lessico civile Carofiglio svela connessioni profonde e a volte insospettabili fra ambiti semantici solo apparentemente lontani.
Tale  libro oltre  aver suscitato  un forte mal di pancia nella casta politica  , specie  nel centro destra , quando  spiega meglio  che incerte trasmissioni tv  che  parlano  senza  dire niente , la differenza   fra  prescrizione  ( spacciata  dai potentie dai tg   loro servi   come assoluzione  ) ed  assoluzione ,  ha creato  anche divsioni fra lettori  . Eccone alcune prese  dal  sito della feltrinelli  e  da i bs   
 <<
roberto (29-10-2010)
Ennesima fatica dell'instancabile scrittore-parlamentare-magistrato (in congedo). Sicuramente meno inutile della saga del super eroe avvocato Guerriri ma pur sempre arrovellato su un tema di dubbio interesse. Sarebbe bello leggere, da chi si occupa della cosa pubblica, di realtà - e non di rappresentazione (parole) della realtà o, alternativamente, non leggere e immaginare che stia lavorando per noi: invece no. Comparsate in TV che sono ovviamente dei promo per i libri e libri che parlano di nulla. Ma di cosa ci lamentiamo? Siamo il paese del bunga bunga.>>
SolidaSissi (10-11-2010)

Giuseppe Bottini (06-01-2011)
Ennesimo manifesto della "intellighenzia sinistrorsa" a senso unico. Demagogico e scontato l'attacco (ogni 10 pagine circa ) a chi impersonifica il "nemico" numero uno (Berlusconi). E' mai possibile scrivere un saggio senza rinunciare a nominare il Presidente del Consiglio ????????? Sembra un libro scritto da Travaglio, avrebbe avuto più senso. Inoltre, considerando che circa un quarto del libro è composta solo da bibliografia, peraltro neanche curata dall'autore forse è meglio che Carofiglio riprenda a narrare le gesta del suo Guerrieri
Voto: 1 / 5

Fabio De Rosa (06-12-2010)
Davvero noioso, brutto, una citazione dietro l'altra: il tipico libro che non sarebbe mai stato pubblicato se non ci fosse stato "l'avvocato Guerrieri". Una invettiva di un magistrato (o ex) contro Berlusconi, che nulla aggiunge a quanto gia' si sa; ne avremmo fatto volentieri a meno.
Voto: 1 / 5


alessandra (27-11-2010)
Un libro che ci aiuta a ridare senso alle parole. Un libro che spalanca delle porte là dove sembrava che ci fossero dei muri. Un libro civile e rivoluzionario. Dovrebbero farlo leggere nelle scuole.
Voto: 5 / 5

Arkadin arkadin70@yahoo.it (20-11-2010)
Bellissimo saggio sul significato dirompente dell'uso delle parolein politica. L'uso e l'abuso delle parole o meglio come scrive l'autore, la loro manomissione per fini non affatto pubblici, può riportarci indietro nella storia civile del paese, spingendoci verso un baratro di idee e valori. Per questo motivo le parole in politica non devono mai essere "manomesse" ma saggiamente preservate.
Voto: 5 / 5

ella (19-11-2010)
Sono convinta che la lettura di questo libro possa fare riflettere sul valore della comunicazione. Non è solo un manifesto antiberlusconiano: affronta una problematica particolarmente attuale in un periodo in cui si dà notevole importanza all'esteriorità. Il messaggio che mi pare di individuare è questo: riflettendo sul'uso del veicolo-parola, si presterà più attenzione anche ai contenuti. "In principio era il Verbo".
Voto: 5 / 5

SolidaSissi (10-11-2010)
Trovo abbastanza ingenerosa la critica un po' violenta di chi mi ha preceduto; e condivido quello che dice Martina sulle parole. Detto questo non possiamo negare che Gianrico Carofiglio sia un po' troppo presente sia a livello editoriale sia con le sue apparizioni su giornali e televisioni. Potrebbe preservare il suo lavoro stando un po' più dietro le quinte... Temo che alla lunga ci si possa stancare (io personalmente sto perdendo un po' di interesse). Venendo al saggio, ci sono parti interessanti e altre un po' deboli, quasi accademiche, con una prosa distante e poco omogenea. Mi sembra un po' rigido nella struttura, forse un po' scolastico e forse frettoloso. Molti degli spunti interessanti non hanno ricevuto un adeguato sviluppo e come per gli ultimi romanzi del Carofiglio alla fine si resta un po' delusi.
Voto: 2 / 5

Martina (01-11-2010)
Senza alcuna pretesa di fare una lezione, Carofiglio ci ricorda che le parole sono forza e civiltà. Sono spirito, ma mantengono il contatto, con la sostanzialità e l'ambiguità delle cose della natura.
Voto: 5 / 5

delusione
Scritta il: 31 dicembre 2010

Mi dispiace tantissimo ma questo libro non sono riuscito a digerirlo, anche nonostante l'aiuto della "pillola dell'ammirazione" che ho nei suoi confronti. Il libro mi sembra una raccolta di varie citazioni, un copia-incolla di frasi "riempitive" intervallate da pareri personali e opinioni politiche fuori luogo. Durante la lettura mi sono fermato più volte a controllare la copertina per assicurarmi che fosse sempre il Carofiglio autore degli altri splendidi libri. La considero una parentesi negativa e continuerò comunque a seguirlo.

ANTONIO
tonkio77
Come usare bene le parole
Scritta il: 15 dicembre 2010

Prendendo il via da riflessioni attuali e spunti storici, Carofiglio ci fa entrare nel mondo delle parole, del loro corretto uso e soprattutto della necessità di distruggerle per poi ricostruirle. Manipolare la comunicazione è prerogativa della mala politica e del potere pubblico, che però non lavora per il bene della comunità. Grande saggezza nelle parole dell'autore.

ILARIA
ilariagc
esempio di corretta comunicazione

Scritta il: 08 dicembre 2010

se tutti avessero la volontà di riflettere sulle sagge e, da me, pienamente condivisibili dissertazioni di Carofiglio senza essere travolti dalla superficilità, ipocrisia e volgarità che l'attuale classe politica governativa ci invade quotidianamente con i subdoli, ma potenti, mezzi di comunicazione di cui dispone, probabilmente, anzi sicuramente, vivremmo in una società migliore.Perchè la comunicazione in Italia non si assesta su questo livello?

ELSA
paolo947
Sagge riflessioni

Scritta il: 24 novembre 2010

Carofiglio, che fa dell'uso misurato della parola il suo credo letterario, disserta su uso e abuso dei termini che spesso il potere mette al proprio servizio. E che dire di parole ed espressioni di cui veniamo derubati perchè qualcuno le usa per beceri fini di parte?

MASSIMO
masrago
FONDAMENTALE. VERBO DA DIFFONDERE!
Scritta il: 08 novembre 2010

Consociamo ed apprezziamo l'autore dei romanzi che vedono protagonista l'avvocato Guerrieri, ma qui ci troviamo di fronte al magistrato e al Cittadino Carofiglio ( foto al centro )


che ci conduce, con grande chiarezza, e con molte citazioni esemplari, alla riflessione sulla situazione drammatica del nostro paese per mezzo (tra l'altro) della manomissione del linguaggio. "Oltre la sciatteria, la banalizzazione, l'uso meccanico della lingua, esiste però un fenomeno più grave, inquietante, pericoloso: un processo patologico di vera e propria conversione del linguaggio all'ideologia dominante. Un processo che si realizza attraverso l'occupazione della lingua, la manipolazione e l'abbusivo impossessamento di parole chiave del lessico politico e civile" (basti pensare all'uso e l'abuso del termine "popolo"). Il gioco di sconfinamenti (locuzione che l'autore prefersice a quella di "saggio") si articola in circa 120 pagine (il secondo contributo è molto più tecnico e si riferisce a "le parole del diritto") approfondendo cinque parole (concetti) fondamentali: Vergona - Giustizia - Ribellione - Bellezza - Scelta. Si tratta di un contributo fondamentale per capire a fondo cosa è accaduto, sta accadendo e potrebbe accadere in Italia. Gli amici di Feltrinelli sono certamente interessati al ruolo della parola ("in principio era il verbo"), ma dovrebbero compiere lo sforzo di far leggere questo testo a chi non ha ancora compreso e si lascia manipolare dalle parole. E' bello ritrovare insieme Socrate, Platone, Levi, Bob Dylan, Henley (Invictus) e John Keating (protagonista de "L'attimo fuggente"). La lettura è coinvolgente, emozionante ed epica. Ripeto: fatelo leggere e... "scetateve guaglione"!
>>
Un libro che si legge in fretta  per i motivi suddetti , e mi ha  ridato la voglia di leggere .Argomento  complesso spiegato  in parole semplici ed  efficaci .
Il libro gode della simpatica condizione di essere stato citato prima della sua stesura.
In "Ragionevoli dubbi" del 2006, il protagonista si imbatte in un libro, La manomissione delle parole, appunto, allora soltanto un espediente letterario. Così troviamo scritto in "Ragionevoli dubbi": "Le nostre parole sono spesso prive di significato. [...] Per raccontare dobbiamo rigenerare le nostre parole. Dobbiamo restituire loro senso, consistenza, colore, suono, odore. E per fare questo dobbiamo farle a pezzi e poi ricostruirle. La parola manomissione ha due significati, in apparenza molto diversi. Nel primo significato essa è sinonimo di alterazione, violazione, danneggiamento. Nel secondo, che discende direttamente dall'antico diritto romano (manomissione era la cerimonia con cui uno schiavo veniva liberato) essa è sinonimo di liberazione, riscatto, emancipa.". Dopo tre anni, lo scrittore ha creduto vi fosse l'urgenza di scrivere quel libro.
Un opera   Senza  spocchiosa  intellettuale  e senza vanagloria ed  egocentrismo come dimostra   anche  quando  per motivi legati  al libro  in questione deve far riferimento ad un suo romanzo precedente  : << Autocitarsi è un operazione piuttosto inelegante , che di regola andrebbe evitata  . In questo caso , pero  la citazione che segue , tratta  dal romanzo "  ragionevoli dubbi " , è davvero indispensabile  per  spiegare la genesi di questo piccolo volume   e il suo stesso titolo (...)  >> ( cap 1 pag 9 del suo libro  ) . Grazie  , e  detto questo  concludo , all'autore   (  uno dei pochi )  che ha   avuto  il coraggio  di  chiamare  le cose con il loro nome  senza  girarci attorno e usare  tanti voli pindarici  .
A voi decidere se  leggerlo o meno 

Nessun commento:

non so chi è peggio tra trap e neomelodici ( ovviamente senza generalizzare ) "Frat'mio", "Lione", "Amo'": i post che esaltano gli omicidi, a Napoli, e le armi «facili» nelle mani dei ragazzi

Dice: «Gli zingari». Dove hai preso la pistola? «Dagli zingari». E sarà pure vero. E se è vero, certo non lo ha scoperto guardando Gomorra, ...