Nei giorni scorsi mentre pranzavamo , durante una discussione ( non ricordo il contesto , nè di cosa si parlasse ) , mi è sfugita questa parola : << [...] a me mi [ ...] >> sbagliata grammaticalmente , ma ormai entrata nel lessico della nostra lingua anche scritta ( Ahi noi ) .
Tale mio " sproloquio " ha suscita gli straili ed il borbottio dei mie , specie di mia madre ex insegnate di lettere ala scuola media ( fortunatamente in pensione dal 1994 e non spettatrice attiva o passiva del degrado linguistico massmediatico a cui nolenti e nolenti tutti sottoscritto compreso subiamo o partecipiamo in quest' ultimo quindicennio ) che non sono espressioni d'usare mentre si parla ( mi ricordano le reazioni di mia nona paterna quando usavo la parola scazzottare e simili ) e che la lingua ( come non darle torto ) si degrada e e si impoverisce . Questo nostro " battibecco " ha creato la battuta di mio fratello che si pè messa a parafrasare ( lui che a differenza usa scarsamenre , quasi coe me se e avesse in odio \ in antipatia , le citazioni e i riferimenti culturali ) questo scena di Palombella rossa noto film di nanni moretti
Tale mio " sproloquio " ha suscita gli straili ed il borbottio dei mie , specie di mia madre ex insegnate di lettere ala scuola media ( fortunatamente in pensione dal 1994 e non spettatrice attiva o passiva del degrado linguistico massmediatico a cui nolenti e nolenti tutti sottoscritto compreso subiamo o partecipiamo in quest' ultimo quindicennio ) che non sono espressioni d'usare mentre si parla ( mi ricordano le reazioni di mia nona paterna quando usavo la parola scazzottare e simili ) e che la lingua ( come non darle torto ) si degrada e e si impoverisce . Questo nostro " battibecco " ha creato la battuta di mio fratello che si pè messa a parafrasare ( lui che a differenza usa scarsamenre , quasi coe me se e avesse in odio \ in antipatia , le citazioni e i riferimenti culturali ) questo scena di Palombella rossa noto film di nanni moretti
Dopo pranzo, mentre camminavo ( mi sono deciso a uscire a camminare e a vincere la mia apatia e richiudermi o per cazzeggio o per studio subito al pc , ma soprattutto i guardami riflesso nel vetro della finestra , notare mio autoscatto affianco , che non sono troppo in salute e che il mio corpo si sta deformando vedere sotto foto fattami da mio fratello con la mia digitale )
ho riflettuto sul discorso avvenuto poco prima e su quanto diceva il mio professore di letteratura italiana , Nicola tanda ( foto a sinistra ) sulla neolingua e sulla standardizzazione politico e mediatica della lingua .
Dopo uno\ due respiri profondi , per evitare che i ricordi si trasformassero in malinconia e nostalgia , rovinandomi cosi la passeggiata ed evitare di tormentarmi , con storie e seghe mentali inutili e fuorvianti e di perdermi sullo stesso pensiero e meditare cambiando pensiero
Man niente non ci sono riuscito .
Mi è venuto in mente, non chiedetemi come perchè non saprei come ricostruire quel ragionamento non avendolo bloccato subito su cartaceo ma lasciatolo fluttuare nell'aria,in modo che fosse raccolto d'altri proprio come questo video che pubbliciza la presentazione del lbro il pettine senza denti di Eugenio Campus ( ne troverete fra qualche giorno l'intervista sui nostri blog , qui la trama e qui trovate le prime quaranta righe dell'opera che ........ ma no altrimenti vi svelo la suspence dell'intervista ) la trasmissione l'infedele de la7 andata in onda il 18\10\2010 e che potete trovate qui interamente o sul youtube a spezzoni in cui caro figlia parlava del suo ultimo libro le manomissione delle parole ( copertina sotto a destra ) che sta creando polemiche anche politiche sia destra che a sinistra .Galeotto fu , forse oltre al il pensiero \ elucubrazione derivato dalla discussione avuta con i miei e il ricordo del mio pof Universitario prima citrato ( e se non mi fossi bloccato delle prof di letteratura italiana avute nel quinquennio delle superiori ) anche : un articolo di giornale con una intervista o foto di G.Carofiglio non ricordo se a casa d'amici di famiglia in cui m'ero rifugiato per un acquazzone o un foglio portato ai miie piedi dal forte vento . Fatto sta che ciò mi ha riportato alla mente la risposta data quando Lenner posto la domanda 'dello scettico', ossia come fosse mai possibile che delle parole influissero radicalmente sulle condizioni quotidiane di una società; come potesse essere che " chiamare le cose con il loro nome è un gesto rivoluzionario".
Mi è venuto in mente, non chiedetemi come perchè non saprei come ricostruire quel ragionamento non avendolo bloccato subito su cartaceo ma lasciatolo fluttuare nell'aria,in modo che fosse raccolto d'altri proprio come questo video che pubbliciza la presentazione del lbro il pettine senza denti di Eugenio Campus ( ne troverete fra qualche giorno l'intervista sui nostri blog , qui la trama e qui trovate le prime quaranta righe dell'opera che ........ ma no altrimenti vi svelo la suspence dell'intervista ) la trasmissione l'infedele de la7 andata in onda il 18\10\2010 e che potete trovate qui interamente o sul youtube a spezzoni in cui caro figlia parlava del suo ultimo libro le manomissione delle parole ( copertina sotto a destra ) che sta creando polemiche anche politiche sia destra che a sinistra .Galeotto fu , forse oltre al il pensiero \ elucubrazione derivato dalla discussione avuta con i miei e il ricordo del mio pof Universitario prima citrato ( e se non mi fossi bloccato delle prof di letteratura italiana avute nel quinquennio delle superiori ) anche : un articolo di giornale con una intervista o foto di G.Carofiglio non ricordo se a casa d'amici di famiglia in cui m'ero rifugiato per un acquazzone o un foglio portato ai miie piedi dal forte vento . Fatto sta che ciò mi ha riportato alla mente la risposta data quando Lenner posto la domanda 'dello scettico', ossia come fosse mai possibile che delle parole influissero radicalmente sulle condizioni quotidiane di una società; come potesse essere che " chiamare le cose con il loro nome è un gesto rivoluzionario".
Carofiglio ha risposto citando una ricerca dell'antropologo Bob Levy, condotta ad Thaiti negli anni Cinquanta: lo studio ha rilevato come, ad un tasso di suicidi rilevantemente più alto di altre zone, si accompagnasse l'assenza di parole per indicare la sofferenza morale. Le esperienze della storia sembrano supportare la tesi per cui la mancanza di parole per esprimere i propri disagi e oggettivare, dunque, a sè e agli altri, la sofferenza costringa gli individui a esternare il proprio disagio su un piano diverso, quello della forza e dell'atto. Secondo Carofiglio, dunque, le parole, gonfie dei loro sensi, muovono dinamiche fondamentali per la società.
Rientrato al centro sono passto senza fare tappa a casa in libreria e me lo sono comprato .
Non sempre per parafrasare la famosa canzone Parole.....Parole di Mina le parole sono parole . Infatti oltre ad essere parole esse sono e possono come dice Lo stesso Carofiglio stesso sia nel libro di cui si sta parlando sia qui nell'introduzione alla presentazione del libro un arma lo strumento usata dai poteri forti cioè politico mediatici per opprimere nascondere e spacciarele loro b ... ehm... panzane per vere .
Rientrato al centro sono passto senza fare tappa a casa in libreria e me lo sono comprato .
Non sempre per parafrasare la famosa canzone Parole.....Parole di Mina le parole sono parole . Infatti oltre ad essere parole esse sono e possono come dice Lo stesso Carofiglio stesso sia nel libro di cui si sta parlando sia qui nell'introduzione alla presentazione del libro un arma lo strumento usata dai poteri forti cioè politico mediatici per opprimere nascondere e spacciarele loro b ... ehm... panzane per vere .
Un ottimo libro . Una sorta di ciambella di salvataggio in un mondo in cui le parole vengono manipolate e travisate, Gianrico Carofiglio ci ricorda in questo saggio che restituire loro il senso è il primo, indispensabile passo per fondare la verità: dei sentimenti e delle idee. La sua indagine si concentra su. una selezione di parole-chiave – “vergogna”, “giustizia”, “ribellione”, “bellezza”, “scelta” - e su un ambito a lui familiare, quello del linguaggio dei giuristi, che più di altri produce conseguenze concrete sulle persone e sul mondo. È un'indagine a un tempo linguistica, letteraria e storica - e dunque, inevitabilmente, critica e civile - che si dispiega attraverso il confronto con grandi autori e grandi testi: da Tucidide a Victor Klemperer, da Cicerone a Primo Levi, da Dante a Kavafis, da Italo Calvino a Piero Calamandrei alle pagine esemplari della Costituzione italiana.
Infatti Ibs lo ha cosai recensito : << «La ragione di questo libro – a un tempo politica, letteraria ed etica – consiste nell’esigenza di trovare dei modi per dare senso alle parole: e, dunque, per cercare di dare senso alle cose, ai rapporti fra le persone, alla politica intesa come categoria nobile dell’agire collettivo». Gianrico Carofiglio ci regala un saggio alla Borges, dall’impianto filologico rigoroso, sull’uso del linguaggio e sulle sue conseguenze nella nostra società. La diagnosi dello scrittore, magistrato e uomo politico barese, è che oggi si usino poche parole, di scarsa qualità e che la lingua utilizzata meccanicamente sia sciatta, banale e manipolata dall’ideologia dominante. Dato che la narrazione dei fatti non è un’operazione neutra, ma un tipo di comunicazione che crea la realtà definendo il mondo con i propri termini, secondo Carofiglio occuparsi del tema della scelta delle parole assume oggi una valenza cruciale, fondativa. Il meccanismo, infatti, può avere degli esiti concreti temibili: si pensi alle parole come premessa e sostanza di pratiche manipolatorie, razziste, xenofobe o criminali. Ad esempio, «espressioni come giudeo, negro, terrone, marocchino attivano immediatamente l’ostilità, creano un altro estraneo e da respingere». Ed è questa interferenza sulla realtà, questa vera e propria creazione di realtà fittizie che ogni giorno, secondo l’autore, spesso inconsapevolmente, sperimentiamo. Questa manipolazione occulta del linguaggio che in molti casi si fa violenza, è il male al quale bisogna porre rimedio.
La strada indicata dall’autore passa attraverso la cura, l’attenzione, la perizia da disciplinati artigiani della parola, sia nello scrivere che nel parlare, ma ancor più nell’esercizio passivo della lingua: quando ascoltiamo e quando leggiamo. Carofiglio sottolinea come nei sistemi totalitari si assista sempre all’impoverimento della lingua, alla scomparsa delle parole del dubbio in favore degli slogan del potere, al trionfo lento, feroce e impercettibile dei luoghi comuni che impediscono di ragionare. Questo libro sembra volerci avvisare del rischio imminente e già in atto del degenerare del linguaggio pubblico e politico, nel quale termini come “popolo, libertà, amore, democrazia” sono stati progressivamente usurpati e svuotati di senso. Se è vero, come sta scritto nell’incipit del Vangelo di Giovanni, che «in principio era il Verbo», la Parola, è a questo logos che distingue l’uomo da tutte le altre creature viventi che bisogna ridare linfa vitale. Carofiglio lo fa nella seconda parte del libro, dove compie un’indagine su alcune parole chiave quali “vergogna, giustizia, ribellione, bellezza” e “scelta”, parole primarie, spesso gravemente svuotate. Il suo tentativo è dunque quello di riempirle, restituire loro vita, perché le parole impoverite di senso sono, come scrisse il filosofo francese Brice Parain, "pistole scariche"[...] >>
La strada indicata dall’autore passa attraverso la cura, l’attenzione, la perizia da disciplinati artigiani della parola, sia nello scrivere che nel parlare, ma ancor più nell’esercizio passivo della lingua: quando ascoltiamo e quando leggiamo. Carofiglio sottolinea come nei sistemi totalitari si assista sempre all’impoverimento della lingua, alla scomparsa delle parole del dubbio in favore degli slogan del potere, al trionfo lento, feroce e impercettibile dei luoghi comuni che impediscono di ragionare. Questo libro sembra volerci avvisare del rischio imminente e già in atto del degenerare del linguaggio pubblico e politico, nel quale termini come “popolo, libertà, amore, democrazia” sono stati progressivamente usurpati e svuotati di senso. Se è vero, come sta scritto nell’incipit del Vangelo di Giovanni, che «in principio era il Verbo», la Parola, è a questo logos che distingue l’uomo da tutte le altre creature viventi che bisogna ridare linfa vitale. Carofiglio lo fa nella seconda parte del libro, dove compie un’indagine su alcune parole chiave quali “vergogna, giustizia, ribellione, bellezza” e “scelta”, parole primarie, spesso gravemente svuotate. Il suo tentativo è dunque quello di riempirle, restituire loro vita, perché le parole impoverite di senso sono, come scrisse il filosofo francese Brice Parain, "pistole scariche"[...] >>
La lettura del libro conduce da un termine all’altro, utilizzando i riferimenti e gli esempi più disparati, letterari, politici, poetici, filosofici. Ci si ritrova così a riscoprire il significato della parola “speranza” da un discorso di Barack Obama, di “bellezza” intesa come “saggezza” da un passo di Susan Sontag, o ancora di “scelta” come il contrario di “indifferenza” dalle pagine di una rivista di Antonio Gramsci, ecc . Il saggio chiude con una parte dedicata , un toccasana per me profano ed ostile alle caste ( la casta in questo caso ,nonostante abbia amici e parenti acvocati ) e il loro linguiaggio , come il burocratese incomprensibile ai più ed ostile , alle parole del Diritto e un corposo apparato di note bibliografiche, curato dalla ricercatrice di Filologia classica Margherita Losacco, << senza le cui intuizioni molti spunti del libro non sarebbero stati possibili.>> ( parole dell'autore ) .
Finalmente qualcuno che usa lo stile ed il linguaggio letterario , che è per ricollegami a quando diceva i professore Nicola Tabda a lezione il più ricco ed il più aperto al mondo . Grazie Carofiglio raffinato ( vedere la sua intervista a Luccarelli nella puntata sulla sacra corona unita ) giurista e affermato autore letterario,per essersi cimentato con un libro diverso dal suo genere abituale e per aver esplorato ed averci guidato nel potere della parola, il suo valore manipolatorio, gli slittamenti semantici che i concetti subiscono. Attraverso lo studio di cinque parole chiave del lessico civile Carofiglio svela connessioni profonde e a volte insospettabili fra ambiti semantici solo apparentemente lontani.
Tale libro oltre aver suscitato un forte mal di pancia nella casta politica , specie nel centro destra , quando spiega meglio che incerte trasmissioni tv che parlano senza dire niente , la differenza fra prescrizione ( spacciata dai potentie dai tg loro servi come assoluzione ) ed assoluzione , ha creato anche divsioni fra lettori . Eccone alcune prese dal sito della feltrinelli e da i bs
<<
roberto (29-10-2010)
Ennesima fatica dell'instancabile scrittore-parlamentare-magistrato (in congedo). Sicuramente meno inutile della saga del super eroe avvocato Guerriri ma pur sempre arrovellato su un tema di dubbio interesse. Sarebbe bello leggere, da chi si occupa della cosa pubblica, di realtà - e non di rappresentazione (parole) della realtà o, alternativamente, non leggere e immaginare che stia lavorando per noi: invece no. Comparsate in TV che sono ovviamente dei promo per i libri e libri che parlano di nulla. Ma di cosa ci lamentiamo? Siamo il paese del bunga bunga.>>
SolidaSissi (10-11-2010)
Giuseppe Bottini (06-01-2011)
Ennesimo manifesto della "intellighenzia sinistrorsa" a senso unico. Demagogico e scontato l'attacco (ogni 10 pagine circa ) a chi impersonifica il "nemico" numero uno (Berlusconi). E' mai possibile scrivere un saggio senza rinunciare a nominare il Presidente del Consiglio ????????? Sembra un libro scritto da Travaglio, avrebbe avuto più senso. Inoltre, considerando che circa un quarto del libro è composta solo da bibliografia, peraltro neanche curata dall'autore forse è meglio che Carofiglio riprenda a narrare le gesta del suo Guerrieri
Voto: 1 / 5
Fabio De Rosa (06-12-2010)
Davvero noioso, brutto, una citazione dietro l'altra: il tipico libro che non sarebbe mai stato pubblicato se non ci fosse stato "l'avvocato Guerrieri". Una invettiva di un magistrato (o ex) contro Berlusconi, che nulla aggiunge a quanto gia' si sa; ne avremmo fatto volentieri a meno.
Voto: 1 / 5
alessandra (27-11-2010)
Un libro che ci aiuta a ridare senso alle parole. Un libro che spalanca delle porte là dove sembrava che ci fossero dei muri. Un libro civile e rivoluzionario. Dovrebbero farlo leggere nelle scuole.
Voto: 5 / 5
Arkadin arkadin70@yahoo.it (20-11-2010)
Bellissimo saggio sul significato dirompente dell'uso delle parolein politica. L'uso e l'abuso delle parole o meglio come scrive l'autore, la loro manomissione per fini non affatto pubblici, può riportarci indietro nella storia civile del paese, spingendoci verso un baratro di idee e valori. Per questo motivo le parole in politica non devono mai essere "manomesse" ma saggiamente preservate.
Voto: 5 / 5
ella (19-11-2010)
Sono convinta che la lettura di questo libro possa fare riflettere sul valore della comunicazione. Non è solo un manifesto antiberlusconiano: affronta una problematica particolarmente attuale in un periodo in cui si dà notevole importanza all'esteriorità. Il messaggio che mi pare di individuare è questo: riflettendo sul'uso del veicolo-parola, si presterà più attenzione anche ai contenuti. "In principio era il Verbo".
Voto: 5 / 5
SolidaSissi (10-11-2010)
Trovo abbastanza ingenerosa la critica un po' violenta di chi mi ha preceduto; e condivido quello che dice Martina sulle parole. Detto questo non possiamo negare che Gianrico Carofiglio sia un po' troppo presente sia a livello editoriale sia con le sue apparizioni su giornali e televisioni. Potrebbe preservare il suo lavoro stando un po' più dietro le quinte... Temo che alla lunga ci si possa stancare (io personalmente sto perdendo un po' di interesse). Venendo al saggio, ci sono parti interessanti e altre un po' deboli, quasi accademiche, con una prosa distante e poco omogenea. Mi sembra un po' rigido nella struttura, forse un po' scolastico e forse frettoloso. Molti degli spunti interessanti non hanno ricevuto un adeguato sviluppo e come per gli ultimi romanzi del Carofiglio alla fine si resta un po' delusi.
Voto: 2 / 5
Martina (01-11-2010)
Senza alcuna pretesa di fare una lezione, Carofiglio ci ricorda che le parole sono forza e civiltà. Sono spirito, ma mantengono il contatto, con la sostanzialità e l'ambiguità delle cose della natura.
Voto: 5 / 5
delusione
Scritta il: 31 dicembre 2010
Mi dispiace tantissimo ma questo libro non sono riuscito a digerirlo, anche nonostante l'aiuto della "pillola dell'ammirazione" che ho nei suoi confronti. Il libro mi sembra una raccolta di varie citazioni, un copia-incolla di frasi "riempitive" intervallate da pareri personali e opinioni politiche fuori luogo. Durante la lettura mi sono fermato più volte a controllare la copertina per assicurarmi che fosse sempre il Carofiglio autore degli altri splendidi libri. La considero una parentesi negativa e continuerò comunque a seguirlo.
ANTONIO
tonkio77
Come usare bene le parole
Scritta il: 15 dicembre 2010
Prendendo il via da riflessioni attuali e spunti storici, Carofiglio ci fa entrare nel mondo delle parole, del loro corretto uso e soprattutto della necessità di distruggerle per poi ricostruirle. Manipolare la comunicazione è prerogativa della mala politica e del potere pubblico, che però non lavora per il bene della comunità. Grande saggezza nelle parole dell'autore.
ILARIA
ilariagc
esempio di corretta comunicazione
Scritta il: 08 dicembre 2010
se tutti avessero la volontà di riflettere sulle sagge e, da me, pienamente condivisibili dissertazioni di Carofiglio senza essere travolti dalla superficilità, ipocrisia e volgarità che l'attuale classe politica governativa ci invade quotidianamente con i subdoli, ma potenti, mezzi di comunicazione di cui dispone, probabilmente, anzi sicuramente, vivremmo in una società migliore.Perchè la comunicazione in Italia non si assesta su questo livello?
ELSA
paolo947
Sagge riflessioni
Scritta il: 24 novembre 2010
Carofiglio, che fa dell'uso misurato della parola il suo credo letterario, disserta su uso e abuso dei termini che spesso il potere mette al proprio servizio. E che dire di parole ed espressioni di cui veniamo derubati perchè qualcuno le usa per beceri fini di parte?
MASSIMO
masrago
FONDAMENTALE. VERBO DA DIFFONDERE!
Scritta il: 08 novembre 2010
Consociamo ed apprezziamo l'autore dei romanzi che vedono protagonista l'avvocato Guerrieri, ma qui ci troviamo di fronte al magistrato e al Cittadino Carofiglio ( foto al centro )
Finalmente qualcuno che usa lo stile ed il linguaggio letterario , che è per ricollegami a quando diceva i professore Nicola Tabda a lezione il più ricco ed il più aperto al mondo . Grazie Carofiglio raffinato ( vedere la sua intervista a Luccarelli nella puntata sulla sacra corona unita ) giurista e affermato autore letterario,per essersi cimentato con un libro diverso dal suo genere abituale e per aver esplorato ed averci guidato nel potere della parola, il suo valore manipolatorio, gli slittamenti semantici che i concetti subiscono. Attraverso lo studio di cinque parole chiave del lessico civile Carofiglio svela connessioni profonde e a volte insospettabili fra ambiti semantici solo apparentemente lontani.
Tale libro oltre aver suscitato un forte mal di pancia nella casta politica , specie nel centro destra , quando spiega meglio che incerte trasmissioni tv che parlano senza dire niente , la differenza fra prescrizione ( spacciata dai potentie dai tg loro servi come assoluzione ) ed assoluzione , ha creato anche divsioni fra lettori . Eccone alcune prese dal sito della feltrinelli e da i bs
<<
roberto (29-10-2010)
Ennesima fatica dell'instancabile scrittore-parlamentare-magistrato (in congedo). Sicuramente meno inutile della saga del super eroe avvocato Guerriri ma pur sempre arrovellato su un tema di dubbio interesse. Sarebbe bello leggere, da chi si occupa della cosa pubblica, di realtà - e non di rappresentazione (parole) della realtà o, alternativamente, non leggere e immaginare che stia lavorando per noi: invece no. Comparsate in TV che sono ovviamente dei promo per i libri e libri che parlano di nulla. Ma di cosa ci lamentiamo? Siamo il paese del bunga bunga.>>
SolidaSissi (10-11-2010)
Giuseppe Bottini (06-01-2011)
Ennesimo manifesto della "intellighenzia sinistrorsa" a senso unico. Demagogico e scontato l'attacco (ogni 10 pagine circa ) a chi impersonifica il "nemico" numero uno (Berlusconi). E' mai possibile scrivere un saggio senza rinunciare a nominare il Presidente del Consiglio ????????? Sembra un libro scritto da Travaglio, avrebbe avuto più senso. Inoltre, considerando che circa un quarto del libro è composta solo da bibliografia, peraltro neanche curata dall'autore forse è meglio che Carofiglio riprenda a narrare le gesta del suo Guerrieri
Voto: 1 / 5
Fabio De Rosa (06-12-2010)
Davvero noioso, brutto, una citazione dietro l'altra: il tipico libro che non sarebbe mai stato pubblicato se non ci fosse stato "l'avvocato Guerrieri". Una invettiva di un magistrato (o ex) contro Berlusconi, che nulla aggiunge a quanto gia' si sa; ne avremmo fatto volentieri a meno.
Voto: 1 / 5
alessandra (27-11-2010)
Un libro che ci aiuta a ridare senso alle parole. Un libro che spalanca delle porte là dove sembrava che ci fossero dei muri. Un libro civile e rivoluzionario. Dovrebbero farlo leggere nelle scuole.
Voto: 5 / 5
Arkadin arkadin70@yahoo.it (20-11-2010)
Bellissimo saggio sul significato dirompente dell'uso delle parolein politica. L'uso e l'abuso delle parole o meglio come scrive l'autore, la loro manomissione per fini non affatto pubblici, può riportarci indietro nella storia civile del paese, spingendoci verso un baratro di idee e valori. Per questo motivo le parole in politica non devono mai essere "manomesse" ma saggiamente preservate.
Voto: 5 / 5
ella (19-11-2010)
Sono convinta che la lettura di questo libro possa fare riflettere sul valore della comunicazione. Non è solo un manifesto antiberlusconiano: affronta una problematica particolarmente attuale in un periodo in cui si dà notevole importanza all'esteriorità. Il messaggio che mi pare di individuare è questo: riflettendo sul'uso del veicolo-parola, si presterà più attenzione anche ai contenuti. "In principio era il Verbo".
Voto: 5 / 5
SolidaSissi (10-11-2010)
Trovo abbastanza ingenerosa la critica un po' violenta di chi mi ha preceduto; e condivido quello che dice Martina sulle parole. Detto questo non possiamo negare che Gianrico Carofiglio sia un po' troppo presente sia a livello editoriale sia con le sue apparizioni su giornali e televisioni. Potrebbe preservare il suo lavoro stando un po' più dietro le quinte... Temo che alla lunga ci si possa stancare (io personalmente sto perdendo un po' di interesse). Venendo al saggio, ci sono parti interessanti e altre un po' deboli, quasi accademiche, con una prosa distante e poco omogenea. Mi sembra un po' rigido nella struttura, forse un po' scolastico e forse frettoloso. Molti degli spunti interessanti non hanno ricevuto un adeguato sviluppo e come per gli ultimi romanzi del Carofiglio alla fine si resta un po' delusi.
Voto: 2 / 5
Martina (01-11-2010)
Senza alcuna pretesa di fare una lezione, Carofiglio ci ricorda che le parole sono forza e civiltà. Sono spirito, ma mantengono il contatto, con la sostanzialità e l'ambiguità delle cose della natura.
Voto: 5 / 5
delusione
Scritta il: 31 dicembre 2010
Mi dispiace tantissimo ma questo libro non sono riuscito a digerirlo, anche nonostante l'aiuto della "pillola dell'ammirazione" che ho nei suoi confronti. Il libro mi sembra una raccolta di varie citazioni, un copia-incolla di frasi "riempitive" intervallate da pareri personali e opinioni politiche fuori luogo. Durante la lettura mi sono fermato più volte a controllare la copertina per assicurarmi che fosse sempre il Carofiglio autore degli altri splendidi libri. La considero una parentesi negativa e continuerò comunque a seguirlo.
ANTONIO
tonkio77
Come usare bene le parole
Scritta il: 15 dicembre 2010
Prendendo il via da riflessioni attuali e spunti storici, Carofiglio ci fa entrare nel mondo delle parole, del loro corretto uso e soprattutto della necessità di distruggerle per poi ricostruirle. Manipolare la comunicazione è prerogativa della mala politica e del potere pubblico, che però non lavora per il bene della comunità. Grande saggezza nelle parole dell'autore.
ILARIA
ilariagc
esempio di corretta comunicazione
Scritta il: 08 dicembre 2010
se tutti avessero la volontà di riflettere sulle sagge e, da me, pienamente condivisibili dissertazioni di Carofiglio senza essere travolti dalla superficilità, ipocrisia e volgarità che l'attuale classe politica governativa ci invade quotidianamente con i subdoli, ma potenti, mezzi di comunicazione di cui dispone, probabilmente, anzi sicuramente, vivremmo in una società migliore.Perchè la comunicazione in Italia non si assesta su questo livello?
ELSA
paolo947
Sagge riflessioni
Scritta il: 24 novembre 2010
Carofiglio, che fa dell'uso misurato della parola il suo credo letterario, disserta su uso e abuso dei termini che spesso il potere mette al proprio servizio. E che dire di parole ed espressioni di cui veniamo derubati perchè qualcuno le usa per beceri fini di parte?
MASSIMO
masrago
FONDAMENTALE. VERBO DA DIFFONDERE!
Scritta il: 08 novembre 2010
Consociamo ed apprezziamo l'autore dei romanzi che vedono protagonista l'avvocato Guerrieri, ma qui ci troviamo di fronte al magistrato e al Cittadino Carofiglio ( foto al centro )
che ci conduce, con grande chiarezza, e con molte citazioni esemplari, alla riflessione sulla situazione drammatica del nostro paese per mezzo (tra l'altro) della manomissione del linguaggio. "Oltre la sciatteria, la banalizzazione, l'uso meccanico della lingua, esiste però un fenomeno più grave, inquietante, pericoloso: un processo patologico di vera e propria conversione del linguaggio all'ideologia dominante. Un processo che si realizza attraverso l'occupazione della lingua, la manipolazione e l'abbusivo impossessamento di parole chiave del lessico politico e civile" (basti pensare all'uso e l'abuso del termine "popolo"). Il gioco di sconfinamenti (locuzione che l'autore prefersice a quella di "saggio") si articola in circa 120 pagine (il secondo contributo è molto più tecnico e si riferisce a "le parole del diritto") approfondendo cinque parole (concetti) fondamentali: Vergona - Giustizia - Ribellione - Bellezza - Scelta. Si tratta di un contributo fondamentale per capire a fondo cosa è accaduto, sta accadendo e potrebbe accadere in Italia. Gli amici di Feltrinelli sono certamente interessati al ruolo della parola ("in principio era il verbo"), ma dovrebbero compiere lo sforzo di far leggere questo testo a chi non ha ancora compreso e si lascia manipolare dalle parole. E' bello ritrovare insieme Socrate, Platone, Levi, Bob Dylan, Henley (Invictus) e John Keating (protagonista de "L'attimo fuggente"). La lettura è coinvolgente, emozionante ed epica. Ripeto: fatelo leggere e... "scetateve guaglione"!
>>
Un libro che si legge in fretta per i motivi suddetti , e mi ha ridato la voglia di leggere .Argomento complesso spiegato in parole semplici ed efficaci .
Il libro gode della simpatica condizione di essere stato citato prima della sua stesura.
In "Ragionevoli dubbi" del 2006, il protagonista si imbatte in un libro, La manomissione delle parole, appunto, allora soltanto un espediente letterario. Così troviamo scritto in "Ragionevoli dubbi": "Le nostre parole sono spesso prive di significato. [...] Per raccontare dobbiamo rigenerare le nostre parole. Dobbiamo restituire loro senso, consistenza, colore, suono, odore. E per fare questo dobbiamo farle a pezzi e poi ricostruirle. La parola manomissione ha due significati, in apparenza molto diversi. Nel primo significato essa è sinonimo di alterazione, violazione, danneggiamento. Nel secondo, che discende direttamente dall'antico diritto romano (manomissione era la cerimonia con cui uno schiavo veniva liberato) essa è sinonimo di liberazione, riscatto, emancipa.". Dopo tre anni, lo scrittore ha creduto vi fosse l'urgenza di scrivere quel libro.
Un opera Senza spocchiosa intellettuale e senza vanagloria ed egocentrismo come dimostra anche quando per motivi legati al libro in questione deve far riferimento ad un suo romanzo precedente : << Autocitarsi è un operazione piuttosto inelegante , che di regola andrebbe evitata . In questo caso , pero la citazione che segue , tratta dal romanzo " ragionevoli dubbi " , è davvero indispensabile per spiegare la genesi di questo piccolo volume e il suo stesso titolo (...) >> ( cap 1 pag 9 del suo libro ) . Grazie , e detto questo concludo , all'autore ( uno dei pochi ) che ha avuto il coraggio di chiamare le cose con il loro nome senza girarci attorno e usare tanti voli pindarici .
A voi decidere se leggerlo o meno
Un libro che si legge in fretta per i motivi suddetti , e mi ha ridato la voglia di leggere .Argomento complesso spiegato in parole semplici ed efficaci .
Il libro gode della simpatica condizione di essere stato citato prima della sua stesura.
In "Ragionevoli dubbi" del 2006, il protagonista si imbatte in un libro, La manomissione delle parole, appunto, allora soltanto un espediente letterario. Così troviamo scritto in "Ragionevoli dubbi": "Le nostre parole sono spesso prive di significato. [...] Per raccontare dobbiamo rigenerare le nostre parole. Dobbiamo restituire loro senso, consistenza, colore, suono, odore. E per fare questo dobbiamo farle a pezzi e poi ricostruirle. La parola manomissione ha due significati, in apparenza molto diversi. Nel primo significato essa è sinonimo di alterazione, violazione, danneggiamento. Nel secondo, che discende direttamente dall'antico diritto romano (manomissione era la cerimonia con cui uno schiavo veniva liberato) essa è sinonimo di liberazione, riscatto, emancipa.". Dopo tre anni, lo scrittore ha creduto vi fosse l'urgenza di scrivere quel libro.
Un opera Senza spocchiosa intellettuale e senza vanagloria ed egocentrismo come dimostra anche quando per motivi legati al libro in questione deve far riferimento ad un suo romanzo precedente : << Autocitarsi è un operazione piuttosto inelegante , che di regola andrebbe evitata . In questo caso , pero la citazione che segue , tratta dal romanzo " ragionevoli dubbi " , è davvero indispensabile per spiegare la genesi di questo piccolo volume e il suo stesso titolo (...) >> ( cap 1 pag 9 del suo libro ) . Grazie , e detto questo concludo , all'autore ( uno dei pochi ) che ha avuto il coraggio di chiamare le cose con il loro nome senza girarci attorno e usare tanti voli pindarici .
A voi decidere se leggerlo o meno
Nessun commento:
Posta un commento