"A cavallo contro Stalin poi mi salvò Togliatti"
17 Gennaio 2011
| Ettore Sarti, 90 anni, sopravvissuto dello storico Savoia A Isbuschenskij l´ultima battaglia del famoso reggimento. "Il Migliore mi disse: mi servono sette operai. Se vuoi restare vivo lavora all´archivio della Rivoluzione d´Ottobre". "Tornato in Italia trovai un paese in macerie. Per sopravvivere diventai agente segreto per il Partito comunista"
Da cavalleggero del Reggimento Savoia a "007" del Pci nel referendum contro la monarchia. Da protagonista delle ambizioni di conquista di Mussolini a deportato nei campi di prigionia russi. «Sarei finito nei gulag siberiani, se non mi avesse salvato Palmiro Togliatti». Ettore Sarti, novant´anni, è stato, suo malgrado, protagonista di alcuni dei più drammatici eventi del secolo scorso. Ed ha partecipato alla battaglia di Isbuschenskij, quando per l´ultima volta nella sua storia la cavalleria italiana si lanciò alla carica, come in guerra ottocentesca, per rompere l´accerchiamento nemico. Sarti ricorda quei giorni nella sua casa di campagna alle porte di Roma, davanti agli occhi sgranati del nipotino e con alle spalle la Croce al Merito di Guerra, la foto di un giovane soldato in sella a un bel cavallo di nome Morello e l´attestato a Cavaliere della Repubblica. «Era l´autunno del 1943. Dopo due anni di guerra e di prigionia, venni ricoverato con pochi altri soldati italiani sopravvissuti in una scuola elementare di Gorki, 150 chilometri a nord di Mosca. Come prigioniero di guerra ero destinato a un campo di lavoro dell´Unione Sovietica. Ma avvenne un miracolo. Palmiro Togliatti venne a trovarci e ci disse: "A Mosca servono sette operai per costruire l´Archivio Storico della Rivoluzione d´Ottobre. È la vostra possibilità di rimanere vivi". Insieme a due elettricisti, due stuccatori e un carpentiere, venni scelto come uno dei due idraulici e scampai al gulag».
L´avventura russa di Ettore Sarti era iniziata il 29 novembre 1941. Figlio di un calzolaio romano, Sarti si ritrova a Milano, nella caserma del Savoia Cavalleria. «Partimmo per il fronte russo con 5 squadroni e 1300 cavalli stipati in 25 vagoni ferroviari. Giunti a Timisoara, in Romania, ci venne ordinato di abbandonare le carrozze merci, perché i treni dovevano essere utilizzati dall´esercito tedesco. E così proseguimmo a cavallo: nella neve e nel ghiaccio cavalcammo 20 giorni consecutivi, 1200 chilometri nel cuore dell´impero Sovietico».
Il momento della verità arriva all´alba del 24 agosto 1942. È estate, ma le temperature nella campagna di Isbuschenskij, un villaggio in un´ansa del fiume Don, sono sotto lo zero. «Alle prime luci del giorno giunse per il secondo e terzo squadrone l´ordine di attacco» racconta Sarti. «In formazione a scacchiera, con le sciabole sguainate, ci lanciammo al galoppo contro l´artiglieria russa. Moltissimi di noi furono falciati dai proiettili. Ma riuscimmo a conquistare le trincee nemiche e a prendere prigionieri centinaia di soldati russi. Fu l´ultima, vittoriosa carica del reggimento Savoia Cavalleria».
Il momento della verità arriva all´alba del 24 agosto 1942. È estate, ma le temperature nella campagna di Isbuschenskij, un villaggio in un´ansa del fiume Don, sono sotto lo zero. «Alle prime luci del giorno giunse per il secondo e terzo squadrone l´ordine di attacco» racconta Sarti. «In formazione a scacchiera, con le sciabole sguainate, ci lanciammo al galoppo contro l´artiglieria russa. Moltissimi di noi furono falciati dai proiettili. Ma riuscimmo a conquistare le trincee nemiche e a prendere prigionieri centinaia di soldati russi. Fu l´ultima, vittoriosa carica del reggimento Savoia Cavalleria».
Ma nell´autunno del 1942 i russi scatenarono la controffensiva che avrebbe annientato le forze nazi-fasciste sul Fronte Orientale. «Un mese dopo la carica di Isbuschenskij, venni fatto prigioniero insieme ai commilitoni sopravvissuti. E per noi tutti, giovani tra i 18 e i 20 anni, iniziò un viaggio allucinante. Prima 225 chilometri a piedi, con 20 gradi sotto zero. Poi il trasferimento su vagoni merci fino ai confini della Siberia: a centinaia, in condizioni disumane, morirono assiderati su quel treno. A Kyrof, ottocento chilometri a nord-est di Mosca, venimmo ricoverati in un ospedale militare. Pesavo 39 chili, avevo la pellagra e un inizio di congelamento alla gamba destra. Si diffuse il colera e, dopo qualche mese, di noi italiani eravamo rimasti in vita solo una ventina. Per scontare la quarantena dopo l´epidemia, venni trasferito nella scuola elementare di Gorki, dove incontrai Togliatti».
«Per alcuni mesi lavorai come idraulico a Mosca alla costruzione dell´Archivio storico della Rivoluzione d´Ottobre. Poi il Migliore ci aiutò a raggiungere l´Uzbekistan, dove ciascuno di noi sarebbe stato ospitato da una famiglia di contadini. Iniziò allora il periodo più felice della mia vita. Nel villaggio di Gakula, a 2500 chilometri di Mosca, in Asia centrale, incontrai il paradiso terrestre. Poche famiglie generosissime. Una natura rigogliosa. Tanto da mangiare. Un´economia che si reggeva sul baratto. Nessun militare, nessuna autorità, non un´eco della guerra».
Tornato in Italia, Sarti trova un Paese in macerie, la madre vedova e cinque fratelli da mantenere. «Mi venne in mente di chiedere nuovamente aiuto a Togliatti» racconta. «Lo cercai nella sede del Pci: mi riconobbe e mi condusse al ministero dell´Interno. Lì mi fece firmare un foglio e mi consegnò un tesserino: ero diventato l´agente segreto "7 Pinguino". Da quel momento viaggiai in tutta Italia, da Udine a Marsala, per consegnare documenti aggiornati per la campagna elettorale del referendum sulla Monarchia. Anche se ho partecipato all´ultima carica della cavalleria monarchica, ma mi considero tra quelli che hanno contribuito a far nascere la Repubblica».
Tornato in Italia, Sarti trova un Paese in macerie, la madre vedova e cinque fratelli da mantenere. «Mi venne in mente di chiedere nuovamente aiuto a Togliatti» racconta. «Lo cercai nella sede del Pci: mi riconobbe e mi condusse al ministero dell´Interno. Lì mi fece firmare un foglio e mi consegnò un tesserino: ero diventato l´agente segreto "7 Pinguino". Da quel momento viaggiai in tutta Italia, da Udine a Marsala, per consegnare documenti aggiornati per la campagna elettorale del referendum sulla Monarchia. Anche se ho partecipato all´ultima carica della cavalleria monarchica, ma mi considero tra quelli che hanno contribuito a far nascere la Repubblica».
P.s