i comunisti non mangiano solo bambini la storia di Ettore sarti monarchico salvato da Togliatti il leader del pci



"A cavallo contro Stalin poi mi salvò Togliatti"



Ettore Sarti, 90 anni, sopravvissuto dello storico Savoia A Isbuschenskij l´ultima battaglia del famoso reggimento.  "Il Migliore mi disse: mi servono sette operai. Se vuoi restare vivo lavora all´archivio della Rivoluzione d´Ottobre". "Tornato in Italia trovai un paese in macerie. Per sopravvivere diventai agente segreto per il Partito comunista"
 Da cavalleggero del Reggimento Savoia a "007" del Pci nel referendum contro la monarchia. Da protagonista delle ambizioni di conquista di Mussolini a deportato nei campi di prigionia russi. «Sarei finito nei gulag siberiani, se non mi avesse salvato Palmiro Togliatti». Ettore Sarti, novant´anni, è stato, suo malgrado, protagonista di alcuni dei più drammatici eventi del secolo scorso. Ed ha partecipato alla battaglia di Isbuschenskij, quando per l´ultima volta nella sua storia la cavalleria italiana si lanciò alla carica, come in guerra ottocentesca, per rompere l´accerchiamento nemico. Sarti ricorda quei giorni nella sua casa di campagna alle porte di Roma, davanti agli occhi sgranati del nipotino e con alle spalle la Croce al Merito di Guerra, la foto di un giovane soldato in sella a un bel cavallo di nome Morello e l´attestato a Cavaliere della Repubblica. «Era l´autunno del 1943. Dopo due anni di guerra e di prigionia, venni ricoverato con pochi altri soldati italiani sopravvissuti in una scuola elementare di Gorki, 150 chilometri a nord di Mosca. Come prigioniero di guerra ero destinato a un campo di lavoro dell´Unione Sovietica. Ma avvenne un miracolo. Palmiro Togliatti venne a trovarci e ci disse: "A Mosca servono sette operai per costruire l´Archivio Storico della Rivoluzione d´Ottobre. È la vostra possibilità di rimanere vivi". Insieme a due elettricisti, due stuccatori e un carpentiere, venni scelto come uno dei due idraulici e scampai al gulag».
L´avventura russa di Ettore Sarti era iniziata il 29 novembre 1941. Figlio di un calzolaio romano, Sarti si ritrova a Milano, nella caserma del Savoia Cavalleria. «Partimmo per il fronte russo con 5 squadroni e 1300 cavalli stipati in 25 vagoni ferroviari. Giunti a Timisoara, in Romania, ci venne ordinato di abbandonare le carrozze merci, perché i treni dovevano essere utilizzati dall´esercito tedesco. E così proseguimmo a cavallo: nella neve e nel ghiaccio cavalcammo 20 giorni consecutivi, 1200 chilometri nel cuore dell´impero Sovietico».
Il momento della verità arriva all´alba del 24 agosto 1942. È estate, ma le temperature nella campagna di Isbuschenskij, un villaggio in un´ansa del fiume Don, sono sotto lo zero. «Alle prime luci del giorno giunse per il secondo e terzo squadrone l´ordine di attacco» racconta Sarti. «In formazione a scacchiera, con le sciabole sguainate, ci lanciammo al galoppo contro l´artiglieria russa. Moltissimi di noi furono falciati dai proiettili. Ma riuscimmo a conquistare le trincee nemiche e a prendere prigionieri centinaia di soldati russi. Fu l´ultima, vittoriosa carica del reggimento Savoia Cavalleria».
Ma nell´autunno del 1942 i russi scatenarono la controffensiva che avrebbe annientato le forze nazi-fasciste sul Fronte Orientale. «Un mese dopo la carica di Isbuschenskij, venni fatto prigioniero insieme ai commilitoni sopravvissuti. E per noi tutti, giovani tra i 18 e i 20 anni, iniziò un viaggio allucinante. Prima 225 chilometri a piedi, con 20 gradi sotto zero. Poi il trasferimento su vagoni merci fino ai confini della Siberia: a centinaia, in condizioni disumane, morirono assiderati su quel treno. A Kyrof, ottocento chilometri a nord-est di Mosca, venimmo ricoverati in un ospedale militare. Pesavo 39 chili, avevo la pellagra e un inizio di congelamento alla gamba destra. Si diffuse il colera e, dopo qualche mese, di noi italiani eravamo rimasti in vita solo una ventina. Per scontare la quarantena dopo l´epidemia, venni trasferito nella scuola elementare di Gorki, dove incontrai Togliatti».
«Per alcuni mesi lavorai come idraulico a Mosca alla costruzione dell´Archivio storico della Rivoluzione d´Ottobre. Poi il Migliore ci aiutò a raggiungere l´Uzbekistan, dove ciascuno di noi sarebbe stato ospitato da una famiglia di contadini. Iniziò allora il periodo più felice della mia vita. Nel villaggio di Gakula, a 2500 chilometri di Mosca, in Asia centrale, incontrai il paradiso terrestre. Poche famiglie generosissime. Una natura rigogliosa. Tanto da mangiare. Un´economia che si reggeva sul baratto. Nessun militare, nessuna autorità, non un´eco della guerra».
Tornato in Italia, Sarti trova un Paese in macerie, la madre vedova e cinque fratelli da mantenere. «Mi venne in mente di chiedere nuovamente aiuto a Togliatti» racconta. «Lo cercai nella sede del Pci: mi riconobbe e mi condusse al ministero dell´Interno. Lì mi fece firmare un foglio e mi consegnò un tesserino: ero diventato l´agente segreto "7 Pinguino". Da quel momento viaggiai in tutta Italia, da Udine a Marsala, per consegnare documenti aggiornati per la campagna elettorale del referendum sulla Monarchia. Anche se ho partecipato all´ultima carica della cavalleria monarchica, ma mi considero tra quelli che hanno contribuito a far nascere la Repubblica».


P.s
 

le foto provengon dal gruppo facebbok : << Isbuscenskij, l'ultima carica di cavalleria della Storia. Savoia Cavalleria >> che trovate qui  curato da  Stefano Piro Melandri (Italy)

Commenti

Anonimo ha detto…
scusa ,,ma non ho voglia di leggere il testo,,, la foto sopra e' del gargnanese Alessandro Bettoni

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