18.1.11

perchè la chiesa non ammette l confessione fra te e dio ma tramite interposta persona del sacerdote


ecco cosa ha postato sulla mia bacheca un mio amico e compaesano sacerdote



Per i ragazzi che non si vogliono confessare:
«Confessarmi, e perché?
Tanto Dio mi conosce già e sa già tutto quello che combino… poi Lui è infinitamente misericordioso e ci perdona sempre! È molto meglio, più personale, più intimo, pentirsi da soli a fondo e chiedere scusa direttamente a Dio… ».
Immagina di avere una fidanzata: tu le v...uoi bene e lei ne vuole a te. Ma un giorno ti trovi in un locale con i tuoi amici ed “ecco!”: noti una ragazza in un angolo che ti sta guardando con aria interessata; in questo momento viene a galla tutto il tuo orgoglio maschile e ti butti: «State a vedere come la conquisto!». Un po’ a gesti e un po’ con quelle quattro frasi di inglese o francese che ricordi, le offri da bere... e accetta!
Ma di colpo ti si gela il sangue nelle vene: vedi dall’altra parte della sala la tua fidanzata, che è appena arrivata con le sue amiche, e ti gli accorgi subito che vi ha già visto! Cosa fai?… Dissimuli immediatamente! Ma poi? Quale di queste due soluzioni sceglieresti dopo, dato che ami la tua fidanzata e il flirt con quell’altra era soltanto uno scivolone momentaneo:
1) pensi: «Lei lo sa, quindi mi dovrà capire e mi perdonerà. Io non devo fare assolutamente niente».
2) senti il bisogno sincero di correre da lei e dirle: «Scusami: so che sono stato stupido, ma è soltanto una svista del momento, una leggerezza … è successo così e cosà, per questo e per quest’altro … allora, mi perdoni?».
La seconda, giusto? E se per caso lei non ti dicesse nulla, ma semplicemente si girasse dall’altra parte voltandoti le spalle in silenzio e lasciandoti lì da solo, forse questo non sarebbe peggio che ricevere uno schiaffo?
Il fatto è che noi uomini siamo in realtà come la cioccolata, che è un composto di latte e cacao. L’uomo è un impasto “psico-somatico”, come si dice in psicologia: abbiamo una dimensione fisica, sensibile, somatica, e un’altra intellettuale, spirituale, psichica, che sono intimamente connesse. E lo possiamo verificare facilmente: pensi a un panino al prosciutto e ti viene subito l’acquolina in bocca (effetto fisico di una realtà psicologica); soffri il mal di denti e sei giù di morale tutto il giorno (effetto psichico di una realtà fisiologica).
Nell’esempio della fidanzata a te non basta supporre che lei dopo ti perdonerà: innanzitutto senti il bisogno di dirle in modo umano, sensibile, quello che ti è successo; e poi vuoi udire dalle sue labbra, in modo sensibile, che è disposta a perdonarti. Siamo uomini e abbiamo bisogno di garanzie di stampo umano che ci diano delle sicurezze.
Dio lo sa: per questo che lo consideriamo davvero un bravo psicologo! Lui sa che noi siamo deboli e possiamo cadere, non una, ma decine di volte. E quindi ha trovato uno strumento con il quale possiamo avvicinarci a Lui e dirgli a parole, umanamente: «Signore, sono stato uno stupido, lo riconosco. Ho fatto questo, quello, e quest’altro ancora. Mi perdoni?». E poi arriva in modo sensibile, udibile, la risposta di Dio: «Io ti perdono...».
Dio in tutta questa faccenda è così bravo che una rinomata psicologa nordamericana, Karen Horney, basandosi su dati puramente clinici, è giunta ad affermare che «una sola confessione ben fatta sortisce lo stesso effetto terapeutico di tre interi anni di psicoanalisi»... e lei non è credente! Mentre Paul Tournier, uno psichiatra svizzero calvinista, ha scritto che «c’è una moltitudine di gente “depressa” che nel fondo desidera soltanto confessarsi».
Ma allora la confessione per un cattolico è la stessa cosa della poltrona dallo psichiatra per gli altri? Paul Tournier dice di sì, e in parte ha ragione: hai notato che fino a non molto tempo fa nei Paesi cattolici non c’era una grande diffusione dei consultori psichiatrici?... ma spesso i paragoni zoppicano. La confessione non si riduce a una sessione di psicoterapia.
Che ruolo gioca il sacerdote nella confessione? Innanzitutto è un giudice. Quando commetti qualcosa di negativo molte volte ne esci confuso, turbato, tanto che non sai davvero se ciò che hai fatto è molto grave, se non lo è... non sai nemmeno con chiarezza ciò che è o non è grave. Il sacerdote, come giudice, aiuta a calibrare la serietà di ciò che hai compiuto.
Un giudice di solito condanna chi viene rinvenuto colpevole, ma tu entri nel confessionale confessandoti subito come colpevole! E il sacerdote non è li per condannare, perché oltre al fatto di essere un giudice è anche un medico: egli ha la missione di sanare, di curare e di perdonare. Uno psicologo può cercare di farti dimenticare o di farti superare ciò che è successo, ma non potrà mai dire: «Io ti assolvo». Forse è per questo che, mentre molti cattolici abbandonano la confessione, molti eminenti psicologi ne sottolineano l’importanza.
Come ti ha insegnato a camminare la tua mamma? Innanzitutto ti ha messo in piedi sul tappeto del soggiorno (in modo che tu non ti facessi male) e poi ti lasciato andare, hai fatto due o tre passettini... e “pum!”, hai sbattuto il naso per terra. E poi cos’è successo? Tua mamma ti ha messo forse in castigo perché eri caduto? No! Ti ha rimesso in piedi, e questa volta di passi ne hai fatto tre o quattro, e poi quattro o cinque … e quando hai attraversato d’un fiato tutto il soggiorno ha chiamato le amiche e le vicine per fargli vedere che il suo bambino sapeva camminare!
Nella vita cristiana siamo tutti bambini. Cristo lo sa, e per questo il confessore non dev’essere soltanto un giudice e un medico, ma deve diventare anche un consigliere. Non c’è cosa peggiore che ritornare una e più volte a dire sempre le stesse cose, per il fatto di aver inciampato sempre sullo stesso sasso. Il confessore, in qualità di consigliere, cerca di aiutarti a scoprire qual è la radice dei tuoi difetti e a tracciare un piano di vita per superare poco a poco le tue mancanze…
- Come vanno le cose a casa?
- Male, Padre! Non appena io e mia mamma entriamo in contatto, facciamo subito cortocircuito.
- D’accordo, allora questa settimana prova a fare questo e quest’altro…
La settimana dopo ritorni e:
- A casa, malissimo! Come prima: dopo la confessione i primi giorni le cose andavano bene, ma poi...
- Fermo là, non vedi che almeno un paio di giorni buoni ci sono stati?! Allora c’è un piccolo progresso, perché prima non ce n’era stato neanche uno, no?! Dunque questa settimana cercheremo di far sì che questi due giorni diventino tre o quattro. E così poco a poco riusciremo a domare questo tuo caratteraccio!
(Leggi parte terza
Dio non ha bisogno di intermediari, è vero. Se Lui sa già quello che c’è dentro di te, e sa già addirittura quello che ti fa vergognare di più, allora non ha certo bisogno della tua confessione. Sei tu che ne hai bisogno! Per tutti i motivi che abbiamo visto: qualcuno ha detto che se non esistesse la confessione, bisognerebbe inventarla! Il sacerdote, oltre a poterti dare un aiuto personale come giudice, medico e consigliere, ha anche un’altra funzione.
Quando ti fa male il dito mignolo del piede non ne risente soltanto il dito: sei tu che non riesci più a camminare! Prima di un compito in classe, quando ti senti un nodo allo stomaco e non riesci neppure a deglutire, non ti viene in mente di dire che il tuo stomaco è nervoso: sei tu ad essere sulle spine! Vale a dire: il corpo intero soffre le conseguenze di quella piccola ferita o di quel momento di agitazione.
Molti pensano che i peccati siano una faccenda personale: sono nostri e basta. Se essi recano danno a un’altra persona, le chiediamo scusa e chiudiamo il discorso. In fin dei conti sono io a doverci pensare, a rivedere le mie posizioni e a correggermi, punto. Perché dovrei complicare la situazione mettendoci in mezzo un sacerdote?
Le cose non sono così semplici. Innanzitutto quel sacerdote rappresenta Qualcuno al quale tu hai recato un danno con quei peccati: lo hai fatto crocifiggere. Va presa sul serio quell’affermazione che recita: “Egli ha caricato su di sé i nostri peccati, è stato castigato a causa delle nostre colpe”. L’unica ragione per la quale tu non devi soffrire le conseguenze del peccato, è perché le ha sofferte Lui. Tu hai la possibilità di metterti in ginocchio e di ricevere il perdono dal sacerdote grazie al fatto che un Altro, per amore, ha preso il tuo posto sul patibolo. Sarebbe un atto di cinismo senza paragone quello di dire - di fronte ad un gesto così magnanimo da parte sua - «Se Dio mi ama, allora perché non mi risparmia anche l’umiliazione di dover riconoscere i miei peccati di fronte ad un altro uomo?!». Credo che sia di elementare nobiltà d’animo l’essere disposto a riconoscere da uomo, davanti a Lui ed a un suo rappresentante, che gliene hai combinato una grossa. È strano che ci faccia arrossire il fatto di dover ammettere qualcosa che invece non ci ha causato nessuna vergogna al momento di compierla…
Apparteniamo al Corpo Mistico. Proprio come a nessuno verrebbe in mente di dire: “Il rene di Pierino è ammalato” ma “Pierino sta male”, così nemmeno i nostri peccati sono estranei al resto di questo corpo mistico. È tutto il corpo che ne risente. Pecchiamo contro “il Capo” di questo corpo - che è Cristo (Lui ha detto: tutto ciò che fate a uno di questi miei piccoli, lo avete fatto a me) - e contro tutto il resto del corpo. Allora è logico che anche tutto il corpo debba partecipare nella guarigione della malattia.
Nei primi secoli del cristianesimo questa realtà veniva sottolineata molto, perché la confessione - che veniva concessa una volta sola dopo il battesimo - era pubblica: il peccatore si riconosceva colpevole davanti a tutto il popolo di Dio - che era allora molto piccolo - e veniva espulso dall’assemblea fino al momento in cui, dopo aver compiuto una dura penitenza, veniva ammesso di nuovo nella Chiesa ed era perdonato pubblicamente dal vescovo, come rappresentante di Dio e del popolo. Questa prassi diede luogo ad abusi, per ciò poco a poco si diffuse la confessione privata così come oggi noi la conosciamo. Ma anche oggi il peccatore confessa le sue mancanze a Dio in presenza di un testimone, e il sacerdote non rappresenta soltanto Dio, ma anche tutto il resto della Chiesa, e ti perdona come rappresentante di entrambi.
Ora sì, per un momento dobbiamo rinfrescare alcune nozioni di teologia. Ricordi quella volta che calarono un paralitico dal tetto della casa di Simon-Pietro per portarlo da Gesù? C’era talmente tanta gente nella casa che non riuscivano ad avvicinarsi in un altro modo; dal suo lettuccio quel poveretto chiedeva a Gesù di avere misericordia di lui, e Cristo davanti a tutti - scribi e farisei compresi - gli disse: «Figliolo, i tuoi peccati ti sono perdonati». Che scandalo! Chi può perdonare i peccati se non Dio soltanto? Gesù, sapendo quello che stavano pensando, domandò loro che cosa fosse più facile: se dire a quell’uomo “i tuoi peccati ti sono perdonati” oppure “alzati e cammina” …
E tu, cosa risponderesti? Logico: la prima! Perché se dico in pubblico al paralitico: “Alzati e cammina” e non funziona, faccio una figuraccia davanti a tutti; ma se gli dico: “I tuoi peccati sono perdonati” e non funziona, non se ne rende conto nessuno! Allora Gesù disse: «Perché sappiate che il Figlio dell’Uomo ha il potere di perdonare peccati, a quest’uomo io dico: alzati, prendi il tuo lettuccio, e cammina». E il paralitico, con grande sorpresa di tutti, si alzò e cominciò a saltare di gioia.
Quindi Cristo ha dimostrato che può perdonare i peccati. Ma non ha conservato per sé questo potere: sapendo che doveva partire da questo mondo, disse agli apostoli: «Ricevete lo Spirito Santo! A chi rimetterete i peccati saranno rimessi, e a chi non li rimetterete non saranno rimessi». E agli stessi apostoli disse: «Andate e fate discepoli tra tutte le nazioni». Ma quegli undici poveri uomini non erano capaci di andare “in tutte le nazioni”: non sarebbero stati capaci neanche di andare in tutte le nazioni che si conoscevano in quel momento! Per questo Gesù sicuramente non si stava riferendo unicamente a quegli undici uomini fisici, ma anche a tutti coloro ai quali questi a loro volta avrebbero delegato la missione e il potere che Lui aveva affidato loro, affinché non venisse a mancare a nessuno, nei secoli futuri, la Verità, il perdono e la salvezza.
Ed effettivamente lungo una linea ininterrotta per venti secoli di storia, a partire da Cristo e fino all’ultimo dei sacerdoti oggi ordinato, è stato trasmesso mediante l’imposizione delle mani questo potere di perdonare i peccati.
Ci sono dei sacerdoti odiosi, è vero. Ci sono dei sacerdoti indegni, è vero. Quando Napoleone minacciò il Legato Pontificio che avrebbe annichilito la Chiesa una volta per tutte, questi gli rispose: «Ma Imperatore, se nemmeno noi ecclesiastici ci siamo riusciti in diciassette secoli!». Nonostante ciò, qualsiasi sacerdote ha il potere di ripulire la tua anima dal peccato e di renderla pura come era nel giorno del tuo battesimo.
Che cosa penserà di me il prete? È davvero triste sapere che c’è molta gente che dopo aver avuto la disgrazia di peccare, e che nonostante provi poi l’anelito sincero di venire perdonato, non abbia il coraggio di entrare nel confessionale per timore o per vergogna. E che cosa penserà mai di te il sacerdote?
Ti ricordi la parabola del figliol prodigo? Parla di quel giovane che era partito da casa per avventurarsi lungo le strade del mondo. Fece fuori rapidamente tutto ciò che di buono possedeva ed era. Arrivò però il momento in cui, sentendosi totalmente vuoto, decise di ritornare indietro - quello del Vangelo ebbe fame, ma tu sai a quale tipo di fame io mi riferisco: quella che senti quando ti guardi allo specchio e vedi soltanto due occhi tristi -. Allora pensò di fare ciò che nei suoi panni avrebbe fatto qualsiasi altro giovanotto: preparò delle scuse… «Andrò da mio padre e gli dirò: padre ho peccato contro il cielo e contro di te. Non sono più degno di essere chiamato tuo figlio; trattami come l’ultimo dei tuoi servi». E si mise in marcia. Suo padre era distrutto: la nostalgia del figlio lo portava tutti i giorni a scrutare quella strada dalla quale l’aveva visto scomparire. E quando il figlio gli apparve all’orizzonte, il padre gli corse incontro, lo abbracciò e lo baciò. Il figlio commosso cominciò a balbettare il discorsetto che si era preparato, ma il padre non lo lasciò nemmeno finire, e comandò di fare festa. Perché? Lo dice lui stesso: «Perché questo mio figlio era morto ed è tornato alla vita, si era perso ed è stato ritrovato!».
Cioè al padre importava poco il male che suo figlio aveva compiuto. Ciò che più gli stava a cuore era che fosse tornato! Succede la stessa cosa con Gesù: è proprio quel ciò che ci vuole insegnare con questa parabola. E vale anche per qualsiasi altro confessore degno di tale nome.
Non riuscirai a sorprendere facilmente un confessore che abbia alle spalle un certo numero di “ore di volo”. Noi uomini abbiamo davvero poca immaginazione nel commettere i peccati! Dio sa quanto ci costa tirare fuori i nostri stracci sporchi, ma si rallegrerà molto del fatto che tu lo voglia fare. Perché con questo tipo di sudiciume succede ciò che avviene nelle ferite: nascondi dentro la sporcizia e si crea un’infezione... Metti tutto allo scoperto! Io ti assicuro che la più grande soddisfazione che provo da sacerdote è quella di poter restituire la pace ad un’anima angosciata a causa degli errori commessi. E quanto più grandi sono, e quanto più lontano è il punto di partenza, maggiore gioia sperimento come sacerdote al momento di dare la pace di Cristo a questa povera persona.
Non pensare che il tuo peccato sia “troppo grande”: dev’essere ancora inventato il peccato che il sangue di Cristo non possa lavare!Mostra tutto

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