12.9.05

Senza titolo 792

 Salve a  tutti\e  voi cari amici   vicini e  lontani    appena  tornatri  o che partite  per le ferie    Rieccoci al consueto appuntamento  ( se voi avete   altri post  simili  ben  vengano in qualunque  momento   )    del lunedi  .


Prima   degli articoli di oggi   voglio però  L'introduzione d'oggi non serve per  spiegare l'articolo  ma  per  rispondere a  delle    email ( scusate  ma non  ho resisto  e  poi   è meglio soffernmarsi   a chiarire  che  lasciare delle ambiguità  o deimalintesi  , non  vi sembra  ? )   che stò ricendo  da quando   ho deciso di aprire   ispirato al bellissimo  blog  maree.splinder.com e  alle  lezioni  di  letteratrura  italiana  del prof  Nicola Tanda  e  di  filologia romanza   del prof  Paoolo Manichedda  . Alcune    d'esse  (  la maggior  parte   )  sono   d'approvazione  e  di metraviglia  , altre  (  ma che  ci volete fare  la mamma  dei cretini è sempre incinta  )    di  sfottò  del tipo : <<   sei troppo nostalgico  , troppo al passato  , ecc )  e\o provocatorie  : <<   come uno di sinistra  è passato a  destra  o  fà   la  politica della   destra ,ti contraddici , hai  buttato via  i tuoi ideali ,  ti  sei convertito    hai  voltato gabbana  , ecc )  . Ecco  la mia risposta  alla prinma   affermazione   E'   vero a  volte   sono un nostalgico  , ma  chi  non lo  è  , e  poi  è meglio     vivere nel  presente  con la  consapevolezza  delle  tue  origini   in  modo da  capire  chi  sei  e  dove  vai , piuttosto   che farlo    senza una  base  o meglio    senza   identità o   coscienza delle proprie  origini  .  Quindi  guardare  si  al futuro  , ma  senza   vivere  solo nel passato in maniera da  evitare inutile  nostalgie    e rimpianti    e  allo stesso tempo senza  dimenticarsi d'esso  . Per  quanto riguarda  la seconda   poso dire  che   il   scoprire  (  riscoprire nel mio caso  )  le proprie  tradizioni   non   è solo di una  parte  politica  \  ideologico    ma  lo diventa o puà  diventere  se   ci si chiuda  a riccio a  gli apporti  esterni   fondendosi    e  diventando tutt'uno con il razzismo e  la  xenofobia  della  legadi alcuni settori    di  An  oltre  ai  gruppi \  grupposcoli   della  destra extra parlamentare   o ,SIC ,   nell'antimericanismo  e attacchi ad  israele   a  senso unico  di  certe frangie di estrema sinistra   parlamentare  ed  extra parlamentare  . Cosi facendo  si rischia    che le radici  imputridiscano   se raxcchiuse   in qualcosa  . Io  ho risolto questo  problema  trasformandole  in seme  facendo  la   mia bandiera  ( anche  con questo  blog ) del  la  frase  dello  scrittore ( ne  ho parlato  neio precedenti post  )   Sergio Atzeni (1962-1995), che  affermava  : <<  ... Sono sardo, sono italiano,sono europeo >>     era un suo "credo", molto prima dell'avvento di Maastricht  ; e  da  questo  strofa   tratta   da un canto   anarchico \  libertario    del 1800 i pare  si chiami  Dimmi bel giovane per  il testo sezione  canti anarchicio  del sito  ildeposito  (  più  vote rifatto e riomaneggiato come  è tipico della canzone  di ptrotesta  , la  versione   che  qui  è riporto  è di Pietro   Gori     del 1904  intitolata   " Stornelli  dall'esilio "   trovate  qui il testo  integrale   )   che  dice  " nostra patria è il mondo intero, nostra speme la libertà "     unici rimedi  contro l'attaccamento estremizzato  conservatore e l'invenzione \ l'esaltazione localista    che  nè fa  un uso  strumentale   delle radici, contro il rapporto razzista sangue-suolo di infausta memoria (  leggi  fascismo e  nazismo ) .   Condivin parte    quanto   dice Melisssa P   nel  suo  ultimo libro :<<  (..)  Spesso sento dire  a  chi si è allontanato da casa per  troppo tempo che l'unico motivo  che  lo spinge  a ritornare  nella propria cuccia  è il bisogno d'impossesarsi dele proprie  radici  , di sviscerarle  dal terreno e appropiarsene  vivisezionandole . Radici? di che cazzo di radici parliamo ? Non siamo alberi siamo uomini  . uomini provenuti da  un seme e rimaniamo semi per  l'eternita  Semai  , forese l'unico  luogo dove abbiamo messo rafdici , è il ventre materno . E se un  giorno io vorrò ritornare  alle origini , se vorrò mangiare le mie   radici  , non dovrò farealtro che     squarciarti il ventre entrarci dentro con tutto il corpo e legarmi a te  con un filo ormai fittizio Ma non mi sevirebbe a  niente .Voglio  continuare ad essere  seme  .Voglio esere la mia origine  e la mia fine . e non voglio imputridire  dentro nessun terreno voglio che il vento mi trascini sempre >>        


                                                                                                                                                                                                                                                           D Dopo questa prolissa introduzione  ,  ne    chiedo scusa   ma   non riesco ad uccidere   o trasformare  la mia loggorea   ecco gli articoli   in questione   IL primo articolo  è tratto    dalla    ormai consueta      rubrica   del lunedi   la  nuova  sardegna   12\9\2005 ex miniera      che   diventerà ( speriamo il più presto possibile  )  patrimonio dell'Unesco   . IL  secondo  sempre  dalla nuova  sardegna  del      11\9\05  ma   dall'edizione  di Olbia - Gallura si parla    di una  serie  di manifestazioni      a  sostegno e    per  la raccolta di fondi per l’Auser    del AUser  concluse il  12\09\2005   




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<< La cava dei bronzi di rame   Gadoni, la miniera di Funtana Raminosa che vive come immersa nel passato adesso coltiva il sogno dell’Unesco    Nella montagna si nasconde un esteso giacimento di metallo con il quale i nuragici hanno fuso i loro piccoli guerrieri  >>



Il nome è poetico, da ode oraziana: Funtàna Raminòsa. Come quella letteraria di Bandusia è una sorgente che filtra tanta acqua fresca dai ghiacciai del Gennargentu. Ma questa è la montagna che nasconde anche un esteso giacimento di rame, il metallo col quale sono stati fusi i bronzetti nuragici e che ha battezzato la foresta incantata nel territorio di Gadoni. Oggi la Regione la vuol riportare - e ha in parte riportato - all’uso collettivo. Per ricordare come eravamo e come lavoravamo. Obiettivo: farne uno dei musei e una delle calamite più attraenti dell’archeologia industriale in Sardegna. Già oggi queste gallerie sono percorribili, messe in sicurezza. Attendono una cosa sola: i visitatori, gli studenti, i tecnici dell’ingegneria mineraria. Traguardo non proprio a portata di mano, ma da raggiungere costi quel che costi. È valore aggiunto per il turismo sardo. Ne parleremo più avanti. Un po’ di storia, per cominciare. Di questo tesoro si erano già accorti i primi invasori ed esploratori dell’Isola. Ne fanno fede la galleria Fenicia (negli atti ufficiali definita in francese, Phenicienne). C’è ovviamente la galleria romana (cantiere Sant’Eugenio) visto che almeno fin qui erano arrivati i centurioni e gli schiavi di Cesare e Pompeo. Ecco la galleria “Yvonne”, pare dal nome della bella moglie di uno dei direttori che si sono avvicendati da queste parti. Una pagina di storia tanto antica quanto affascinante per gli intrecci politici, economici, industriali e scientifici che suscitava. C’è una “permissione” allo sfruttamento dei minerali “dell’incontrada di Belvì” risalente al 26 giugno del 1517: il primo a beneficiarne è un certo Pietro Xinto. La miniera continua a imporsi a livello internazionale dopo il 1880, prima con gli scavi attribuiti a un ingegnere piemontese, Vincenzo Ridi, poi - nel 1886 - a un altro professionista-industriale sassarese, Luigi Satta Manunta che segnala il ritrovamento al collega Emilio Jacob. Dai tecnici si passa presto ai finanzieri quando, nel 1912, è un avvocato d’Oltralpe, Paolo Guinebertière ad acquisire tutti i permessi rilasciati. Ed è questa una delle tappe da globalizzazione di Funtana Raminosa. Sotto terra lavorano più di duecento persone, Gadoni è un polo di attrazione, chi lavora in miniera è ritenuto un fortunato perché “almeno lo stipendio arriva a casa ogni mese”. Gadoni è la Ottana, la Sarroch, la Portotorres di fine Ottocento e del primo Novecento. Le “cattedrali” non erano nel deserto ma dentro le viscere della terra. Guinebertière esporta il rame sardo nel mondo, soprattutto nel Regno Unito e in America. Qui il rame di Gadoni, di Funtàna Raminòsa, trova il suo grande sponsor: il presidente degli Stati Uniti Herbert Clark Hoover che prima di mettere piede alla Casa Bianca bada ai suoi affari di imprenditore, di finanziere nato a West Branch nello Iowa e presto estende i suoi interessi specifici di ingegnere minerario nella City londinese e nella sua America. È Hoover che conia il motto “The business of America is business”, gli affari dell’America sono gli affari. E Hoover - prima che sull’America si abbatta la grande crisi del 1929 - fa affari davvero, col rame sardo macina dollari e sterline, è lui a dire che “Sardinian copper is excellent” perché è più puro di altri, è duttile, si presta a tanti tipi di lavorazione. In questi anni l’avvocato Guinebertière arriva ad esportare negli States 63 mila tonnellate di prodotto. Come oggi cambiano proprietà le banche e le aziende, anche allora mutavano le sigle industriali. Viene costituita la “Société Anonyme des Mines de Cuivre de Sardigne”. Ne parla nel 1937 Vincenzo Ravizza nel volume “La Funtana Raminosa” edito dalla “Premiata Scuola Tipografica Salesiana”.
 Ne riferiscono in lungo e in largo le “Relazioni sul servizio minerario e statistico dell’industria estrattiva in Italia” redatto dal ministero dell’Industria e commercio fra il 1880 e il 1985 a cura del Poligrafico dello Stato.  E si ha notizia di tanti altri passaggi di mano. È lo stesso Ravizza, nel 1936, a sottrarre la miniera ai francesi e a costituire la “Società Anonima Funtana Raminosa” con investimenti negli impianti e in tecnologie estrattive. Le cose vanno bene per quattro anni fino a quando la società di Ravizza viene messa in liquidazione per passarne la gestione nel 1940 alla “Società Anonima Cogne-Raminosa”. È l’inizio della seconda guerra mondiale. I nuovi proprietari di Gadoni hanno ottime intenzioni, il rame sardo è molto richiesto dai mercati, funziona ancora l’effetto Hoover, vengono ordinati nuovi macchinari ad aziende tedesche. Ma la nave che li trasportava viene affondata da un siluro nelle acque del Mediterraneo.
 Il resto è storia recente e cronaca. Il Boom industriale diventa declino. Nel 1950 le concessioni minerarie passano alla Cuprifera sarda. Ma l’interesse per gli impianti della Sardegna centrale ormai va scemando. Molte professionalità cambiano lavoro. Gadoni, da paese di immigrazione, diventa paese di emigrazione. A poco serve se nel 1973 arrivano le Partecipazioni statali. Ma un fatto positivo avviene (ed è ciò che non è successo nel Sulcis-Iglesiente): la miniera viene ristrutturata, messa in sicurezza, gli impianti salvati ed ecco il miracolo di oggi: la miniera può essere visitata. Funtana Raminosa è stata visitata, nei giorni scorsi, dai consiglieri del Parco geominerario accolti dal presidente dell’Igea Franco Manca, geologo di Carbonia e da un altro geologo, Roberto Sarritzu, cagliaritano, responsabile del servizio minerario e del monitoraggio delle falde. Ci sono il presidente Emilio Pani col nuovo direttore Luciano Ottelli, Ivano Iai (ministero dell’Istruzione), Francesca Segni Pulvirenti (ministero Beni culturali), Giampiero Pinna, Nicolino Rocca e Giancarlo Pusceddu (rappresentanti della Regione). È un viaggio nella presitoria, nella storia e nella cronaca. Perché si è ripetuto che i bronzetti nuragici sono fatti di rame e il rame utilizzato era proprio quello di Funtàna Raminòsa. Si possono vedere le gallerie, le centinature, i martelli perforatori e soprattutto i macchinari utilizzati per estrarre il metallo. Tra i consiglieri del Parco c’è un ingegnere minerario dell’Università di Cagliari, Marcello Ghiani. Sprizza felicità mostrando macchine dell’Atlas Copco impiegate dalla fase della frantumazione dei minerali per arrivare alla macinazione, flottazione e filtrazione. Questo - dice Ghiani indicando un congegno - era un nastro trasportatore brandeggiabile, quello era un silos di alimentazione dei mulini a palle». E sono ancora visibili le “palle” di minerale, della dimensione di una pallina da tennis. Ai lati di un torrente detto Rio Saraxinus c’è la sala compressori. Qui si ingegnano due sorveglianti di Gadoni, Quinto Secci e Antonio Venier: fanno funzionare, esattamente come avveniva un secolo fa, un generatore elettrico alimentato dalle acque del torrente, c’è una grande ruota in ferro di almeno tre metri di diametro ed è trascinata da una cinghia di trasmissione in cuoio, il tutto per quell’acqua benedetta che scende ancora copiosa da questa boscosa montagna di incanto. Ora il silenzio diventa religioso perché tutti ammirano la cascata circolare interna alla miniera, le gocce sembrano fili d’argento illuminati sapientamente da fibre ottiche piccole come la punta di una penna biro. La magìa è quella del concerto d’acqua di Haydn. Franco Manca, presidente dell’Igea (Iniziative di gestione ambientale, 325 dipendenti in tutta l’Isola), fa notare “gli addensatori e i filtri per la disidratazione dei concentrati e le pompe per l’invio della torbida sterile al bacino di decantazione”. Un altro fabbricato multipiano: c’è il silos di alimentazione di un frantoio, qui arrivava il grezzo proveniente dai vari cantieri attraverso una ferrovia, la teleferica, mezzi gommati. Più avanti si separavano i minerali, in particolare la calcopirite, la blenda, la galena. Altra galleria, altra visione stupefacente. È la “Rampa Brebegargiu”, e così ci si rende conto dell’integrazione fra attività mineraria e bucolica con una galleria dedicata a sua maestà il pastore di pecore.Questa rampa - spiega Sarritzu - è l’ultimo importante scavo realizzato nella miniera che avrebbe dovuto riprendere l’attività estrattiva nel 1980». Così non è stato. Corsi e ricorsi industriali. Per cui dall’attività e dallo sfruttamento si passa all’archeologia. Qui ci sono macchinari unici al mondo. Vanno valorizzati, come fossero nuraghi moderni. E non è detto che questo trapasso non possa creare nuove forme di reddito. Nelle miniere francesi, austriache e tedesche è successo e succede da tempo. Ed è boom di visitatori con numeri che superano il mezzo milione annuo.
 Gli antichi bacini minerari sono diventati culturali e turistici. Perché in Sardegna no? A quando i percorsi geominerari e ambientali dal Sulcis alla Nurra? Gadoni è un paese dell’interno, fa parte della Barbagia di Belvì e del Bim, bacino imbrifero montano del Flumendosa. Un villaggio ordinato, per terra è difficile trovare una cicca. Ogni madre di famiglia pulisce con cura il selciato davanti alla propria abitazione. “La strada è pubblica ma è anche l’ingresso della mia casa, perché non devo tenerlo pulito?”, dice una donna in via San Pietro, tra casette basse, finestrelle piccole, infissi in legno. Il finito edile detta legga sul non finito, fiori e piante da frutto. In piazza ci sono ancora gli alberi con le susine viola e gialle, sono dolcissime, gustose. Al paese si arriva percorrendo la statale 128, prima di Aritzo deviazione a destra, al bivio di Cossatzu, sei chilometri di curve fra castagni secolari e noccioleti. In fondo la vallata del Flumendosa verso i tacchi di Seulo e la punta di Bruncu Sa Scova. Ma il paese si spopola. Quando la miniera era in attività gli abitanti arrivavano a 1250, adesso sono meno di mille, alta percentuale di anziani. «Oggi viviamo di pensioni, la produttività è modesta», dice l’ex sindaco Nicolino Rocca, medico, consigliere d’amministrazione del Parco geominerario. Qualcosa si muove. Ma se la miniera, come è possibile, dovesse diventare davvero una calamita che attrae visitatori, molto resta da fare. Si sta formando una buona schiera di piccoli manager. Due i panifici: quello di Caterina Secci e Gisella Dessì, specialiste nel pistoccu di alta qualità, coccoi e pane bianco di semola. L’altro forno è di Monica Abis, cinque dipendenti, pane tradizionale e una larga offerta di dolci tipici. È in leggera ripresa l’artigianato con le botteghe di Antonello Moro, Davide Castangia (rientrato da Cesano Boscone dov’era emigrato in cerca di lavoro), Adriana Mura fa cornici e vassoi. Due ristoranti-trattoria (di Telemaco Pilia e Christian Moro) e i primi due Bed and breakfast di Mario Cocco e Carlo Polla. Albino Moro, figlio di “Momorettu” confeziona salumi, salsicce e prosciutti. Ottimi. E poi? E poi, dicevamo, le pensioni. Oggi sono molte le case abbandonate. L’idea condivisa un po’ da tutti è quella di risanarle rispettando i modelli urbanistici e trasformarle poi in albergo diffuso. Con una integrazione di reddito che andrebbe spalmato fra molti: “Daremmo intanto un volto sempre più ordinato al paese, crescerebbe il decoro urbano e potremmo essere in grado di far pernottare qui decine di visitatori”, dice Rocca. Certo, non può essere solo questa l’unica ricetta per far rinascere un paese al tramonto. Come in tutti i centri dell’interno occorre ridare vita all’artigianato, soprattutto a quello artistico, collegandolo al turismo integrato all’archeologia industriale, alla valorizzazione dell’ambiente. Ma è necessaria anche una nuova organizzazione turistica. E se questa, pur tra cento stenti è possibile, è molto più impegnativo creare animazione economica e competenza diffusa da Santa Teresa di Gallura a Sant’Anna Arresi. E poi, si chiede un gruppo di giovani al bar Zelig: «Perché venire a Gadoni percorrendo strade tracciate due secoli fa e rimaste immutate, solo con un nastro d’asfalto a ricoprire la massicciata del tempo che fu? L’isolamento non si argina anche con vie di comunicazione agevoli ?”. La materia prima per creare moderne forme di reddito non manca. Le nuove tecnologie collegano anche Gadoni a New York in tempo reale. Si studia più di prima, cresce il numero dei laureati. Ma sarà necessario trovare un altro presidente degli Stati Uniti che, come Hoover per il rame, sponsorizzi la Sardegna di dentro per la sua storia millenaria? È la sperata rivoluzione prossima ventura. Per l’Unesco le miniere abbandonate sono patrimonio dell’umanità. Sono zone con una marcia in più. Ma il motore va acceso presto.


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 Ma quei mestieri sono da salvare  Artigiani all’opera all’Auchan. Raccolta di fondi per l’Auser  


OLBIA                                                                                                                                                                                                                                   Oggetti intagliati nel legno,  o specchi di  legnoe  pietra   (  come questo  nella  foto  tratta dal sito   www.sardegnacreazioni.it) centrotavola ricamati o all’uncinetto, strumenti per aggiustare gli orologi. Sono i simboli di alcune arti ormai in estinzione, incapaci di mantenere il passo con la concorrenza e con la tecnologia.
 Ed è proprio il desiderio di non dimenticarle che ha ispirato la mostra inaugurata ieri nella galleria Auchan e aperta al pubblico per tutta la giornata di oggi che ospita alcune esposizioni di oggetti dell’antico artigianato; assenti gli artigiani della pasta e delle pelli per alcuni problemi organizzativi.
 Nel mondo dell’artigianato ci sono tradizioni tramandate di padre in figlio: come il lavoro all’uncinetto e ai ferri che Vilma Ghigliano apprese dalla nonna quando aveva sei anni. «E’ un’arte bellissima - spiega - che coltivo da tanto tempo. Mi rilassa, mi aiuta a dimenticare i brutti pensieri e poi mi da soddisfazione: con un po’ di impegno si riescono a fare dei lavori molto belli».Il rimpianto della signora Ghigliano è quella di non avere delle figlie alle quali insegnare quest’arte. «Per questo spero di riuscire a organizzare un corso di uncinetto all’interno dell’Auser: è un peccato che tradizioni come queste vadano perdute». Salvatore Pireddu, invece, incarna due arti ormai in via di estinzione: scalpellino per alcuni anni, in seguito a un incidente sul lavoro divenne orologiaio dopo aver seguito un corso in Svizzera. «Lo scalpellino è un mestiere che ancora esiste, ma in maniera completamente diversa - spiega -: noi eravamo dei taglia sassi e con le nostre mani e l’aiuto di piccoli strumenti modellavamo la dura pietra. Certo gli oggetti che realizzavamo non erano perfetti, ma in ognuno di essi c’era la nostra mente e il nostro cuore». L’uso delle macchine ha poi reso meno faticoso questo mestiere, ma secondo l’ex scalpellino lo ha privato dell’anima. Nella mostra all’Auchan, però, Salvatore Pireddu ha voluto esporre gli strumenti della sua seconda arte, quella dell’orologiaio, e una collezione di orologi e cronografi degli anni trenta e quaranta. «Era un lavoro di precisione - spiega l’ex orologiaio - che non esiste più, soppiantato dalla tecnologia e dalle produzioni giapponesi ».
 


In  corso di riscrittura     e di correzione  dello sfasamento         del template e degli  eventuali errori  d'ortografia   mi sono accorto  di   aver dimenticato  un articolo  interessante   che  inizialmente  ritenevo di scarso interesse  , ma  poi  rillegendoli mi sono sembrati   di notevole  interesse  e  ho deciso di metterli     che  riguarda    rubrica bi settimanale    il silenzio e la parola   sempre  di lunedi  della  nuova  sardegna  tenuta  da paolo Pillonca . Esso parla     dello studio  storico  e  filologico  sulle origini del  nome  dela  cittadina di Tortoli   fatto     dallo  scrittore tortoliese   il primo è una recensione  -intervista    , il secondo  di una  sua "£ biografia " . 




Come i punti-luce che rischiarano gli angoli oscuri degli edifici antichi - altrimenti destinati a rimanere per sempre nel buio - i libri di storia locale, quando sono confortati da documenti inoppugnabili, svolgono una funzione di alto rilievo: fortificare i ricordi deboli e regalare conoscenze nuove alle comunità con poca memoria di sé. Da qualche lustro, in Sardegna si è iniziato a mettere mano a questo lavoro, in più luoghi. Partiamo dall’Ogliastra con Albino Lepori di Tortolì, 52 anni, laurea in Economia, funzionario della dogana, autore di diversi libri. Uno è fresco di stampa “Tortolì e la sua gente”, grafica del Parteolla, 490 pagine. sempre


la passione innanzi tutto o che cosa?
 «E proprio una passione e si accompagna alla curiosità di indagare i luoghi dove sono stato. A Oristano ho lavorato per nove anni e ne ho tratto il mio primo libro, ‘Temi sull’Oristanese’. Poi è venuto il lavoro sul mio paese natale e quello sul vino. Sono un sommelier».
 -Perché un secondo libro su Tortolì?
 «Il mio lavoro, nel 1991, è stato il primo a parlare della storia del paese, in assoluto. Il secondo completa in parte i libri di Virgilio Nonnis. Non siamo in concorrenza: Nonnis parla della gente di Tortolì che ha conosciuto e ne fa un quadro molto convincente, io completo la sua opera partendo dal periodo romano, con i due personaggi storici tortoliesi di cui è stato rinvenuto il congedo, i marinai della flotta del Miseno Numitorio Tarabone e suo figlio. Dopo la mia notizia, a Tarabone è stata dedicata una via. Questo è il primo tortoliese e quindi uno dei primi ogliastrini storicamente attestati. Siamo nel 187 dopo Cristo».
 -Come fa a dire tortoliesi?
 «O vi si erano stanziati con la flotta o sono tornati a Tortolì dopo il congedo. Se sono ritornati probabilmente erano ogliastrini, d’altra parte in Ogliastra sono stati ritrovati altri due diplomi di questo tipo, ma di marinai appartenenti ad altra flotta».
-Venendo a secoli più vicini a noi, cosa ha trovato?
 «A parte il Medioevo, ho completato il quadro con le genealogie e con un censimento di fine 1700 dove sono riportate tutte le famiglie. Abbiamo un quadro di Tortolì al 1780 e possiamo conoscere tutti i ceppi familiari che vivevano nel mio paese in quel tempo. Partendo dal censimento, ho ricavato tutti quelli che sono arrivati a Tortolì dal 1780 al 1915, 135 anni di storia. Una curiostà: ho individuato il cognome forse più antico del mio paese, Murreli».
-Antico quanto?
 «Quasi settecento anni».
-Andando per archivi, quali sono le difficoltà maggiori per un ricercatore?
 «Non sempre si può cercare ciò che si desidera. Molte volte ci si deve basare solo sugli inventari, schedari, cataloghi e promemoria. Importanza notevole hanno i Quinque libri, i registri delle parrocchie. Per me il problema è stato che a Cagliari i Cinque libri dell’Ogliastra non ci sono».
-Il suo tempo libero dove va a finire?
 «Negli ultimi due anni ho trascorso il sabato mattina all’Archivio di Stato, oltre che il martedì ed il giovedì pomeriggio, giorni di apertura serale. I pomeriggi domenicali li ho passati all’Archivio dei Mormoni sfogliando i registri anagrafici di Tortolì».
-Che c’entrano i Mormoni?”I Mormoni hanno microfilmato i registri anagrafici di tutto il mondo: con una semplice richiesta e il pagamento di circa tre euro si può far arrivare a Cagliari, in via Peretti, anche la bobina di Tortolì».
-Altre carte?
 «Una fonte importante, la segreteria di Stato del periodo sabaudo. Vi si trovano molte informazioni. Inoltre i testamenti: non sono soltanto nell’archivio di Stato ma anche nei Cinque Libri. Io ne ho trovato uno di un notaio tortoliese del 1600».
-Quale diffusione, per i libri di storia locale?
 «Il mio libro sull’Oristanese è stato acquistato a Oristano e provincia. Questo di Tortolì è in tutte le librerie, sta andando molto bene».
-Esiste una ricetta che favorisca il gradimento da parte dei lettori?
 «Direi il carattere popolare. Scrivendo il primo libro mi ero posto proprio il problema di essere il più semplice possibile e nello stesso tempo di trasmettere il maggior numero di informazioni. La gente legge poco. Volevo dare la possibilità ai tortoliesi di leggere un libro: devo dire che ci sono riuscito».
-Come fa ad esserne sicuro?
 «Il primo libro ha venduto più di duemila copie soltanto a Tortolì. Non sono poche. Con questo secondo sono entrato più in profondità negli argomenti ma ho cercato di conservare la semplicità di scrittura».
-Preferenze dei lettori?
 «Sembrerà strano, ma gli alberi genealogici interessano moltissimo. Come pure i racconti dell’ultima parte, tratti da documenti dell’Archivio di Stato, dalle cause civili e penali. Un esempio è la storia di Efisia Cardia, una ragazza imprigionata dai genitori per quindici anni perché era rimasta incinta di un ragazzo di famiglia plebea all’inizio dell’Ottocento».
-Da chi era costituita due secoli fa la popolazione di Tortolì?
 «Molti lavoratori delle campagne venivano da fuori, troviamo parecchi giardinieri di Barisardo e diversi pastori arzanesi. Pietro Ferreli di Arzana aveva il bestiame nella tanca di San Salvatore, poi si è fermato a Tortolì e ha dato origine al grande ceppo dei Ferreli tortoliesi: informazioni che dànno un’idea degli interscambi».
-I libri non si scrivono per far denaro. Quale può essere, allora, la gratificazione interiore per chi si dedica a questa passione?
 «Il libro su Tortolì l’ho riletto almeno venti volte, ogni volta che lo rileggo è come se non l’avessi scritto io. La gratificazione? Aver dato la possibilità ai miei compaesani di leggere queste cose. Io sono innamorato del mio paese forse perché ne sono stato sradicato presto. La gratificazione è anche quella di aver visto la firma di mio nonno che non ho conosciuto perché è morto nel 1924. Durante l’elaborazione del libro ho vissuto un film in diretta, il migliore della mia vita».
-Che tiratura avete fatto?
 «Mille copie. Il primo problema è coprire le spese. In questo lavoro è già intervenuta la Comunità Montana e la Provincia. Il presidente Piero Carta è stato molto sensibile». 


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Lo scrittore tortoliese è stato a Salerno, Napoli e Firenze, poi il ritorno nell’isola, e la passione per gli archivi    L’odissea negli uffici della dogana prima del salto  «Continuo il lavoro di Nonnis, ma il mio modello è don Cocco»

 



CAGLIARI. Albino Lepori è nato a Tortolì nel 1953. Nella cittadina costiera ha vissuto fino all’età di 14 anni, «poi siccome in Ogliastra non c’era l’istituto dei ragionieri e stava nascendo l’industrializzazione, io avevo una zia a Macomer e sono andato a studiare nel centro del Marghine». Inizia una vita di spostamenti, lui la racconta così.
 «A Macomer mi avevano messo in una classe di pendolari, mi son trovato isolato anche perché a quell’età si sente il distacco dagli amici d’infanzia. Allora sono voluto andare via ed ho ripiegato su Nuoro dove mi sono diplomato, poi mi sono laureato a Cagliari in Economia e commercio. Qui mi sono fermato, con la parentesi del servizio militare: sono stato a Salerno, Napoli e Firenze che mi ha aiutato molto a crescere». Assunto come «addestrando per diventare funzionario della direzione generale della banca nazionale del lavoro», viene mandato a Verona come sede di prima assunzione. Prima di partire, da buon sardo, si era coperto le spalle «dando un altro concorso per avere la possibilità di rientrare in Sardegna». Il concorso riguardava le dogane ed era riservato ai laureati. Memore dei periodi trascorsi a Macomer e Nuoro, Albino Lepori volevo un posto di mare. «Sono stato chiamato alla dogana di Oristano, quando avevo già la casa a Cagliari. Per nove anni ho fatto il pendolare, Cagliari-Oristano-Cagliari. Nel 1989 finalmente sono rientrato a Cagliari dove ho prestato servizio alla dogana. Adesso, dal 1992, sono alla direzione regionale dell’agenzia delle dogane e mi occupo di contenzioso, faccio l’avvocato della dogana sarda, seguo i rapporti con l’avvocatura dello Stato, i procedimenti giudiziari e così via». Il rientro a Cagliari gli dà modo di frequentare «centri di consultazione che in altre città non ci sono, come l’archivio di Stato e la biblioteca universitaria». Luoghi molto importanti per l’ultimo libro su Tortolì ma anche per quello su Selegas. Racconta Lepori: «In pratica il libro su Selegas è servito come prototipo per poi fare il lavoro su Tortolì, che come argomenti si presta molto di più di un paesino come Selegas. Intanto, per Selegas, ho cominciato a sondare gli archivi, e quindi a non prendere cose scritte da altri ma a trovare notizie nuove ed elaborarle. Contemporaneamente scrivevo su alcune riviste: Quaderni Oristanesi, Il giornale della Trexenta, l’Ogliastra e Studi Ogliastrini».
 Tra le scoperte cagliaritane, Albino Lepori ne privilegia una: «È stato molto proficuo l’incontro col Centro sardo studi genealogici, nel 1997: è veramente un’associazione fatta apposta per chi ama approfondire gli argomenti di cui stiamo parlando. È un gruppo composto da persone veramente serie e qualificate. Mi sono stati molto utili, mi hanno fatto crescere e dato consigli, abbiamo scambiato opinioni. Qui in questo lavoro infatti comincia ad esserci un abbozzo di genealogia. Anche il colloquio continuo con studiosi del livello di Lorenzo Del Piano, Marcello Lostia, Vittoria Del Piano, Francesco Floris, Pino Ledda e Sergio Serra mi aiuta ed incoraggia». Ma il pensiero finale di Lepori va «ad una persona molto importante che ha scritto su tutti i Comuni dell’Ogliastra, il canonico Flavio Cocco di Gairo Sant’Elena, un ricercatore infaticabile e metodico, di grande rigore intellettuale: per me è stato un vero caposcuola».



ecco un altra  articolo    sempre    dala nuova sardegna   stavolta  dalla  rubrica  estiva  del 13\9\2005  e  sempre riguardante le miniere 

 

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   APPROFONDIMENTI 



 

PRIMO ARTICOLO                                                    




  • STORIA                                                                                                                                                                                                                                          per  informazioni  sulle ex miniere della sardegna   e  sulla storia  del movimento operaio sardo,le sue  lotte,ecc  . ; e questo altro  qui  sulla miniera  dell'articolo    http://tinyurl.com/apooj



  • LETTERATURA                                                                                                                                                                                                                                  il figlio di  bakunin di sergio Atzeni    qui  una   lettura radiofonica  e  qui per    trama del romanzo 



SECONDO  ARTICOLO



  • artigianato sardo  vendita  e  qacquisti


http://tinyurl.com/7gxgv                                                                                                                                                                                                                 http://tinyurl.com/e3s3m                                                                                                                           http://tinyurl.com/c8p2n                                                                                          


                                                                



 

Senza titolo 791




Camminando nel sentiero della vita

Camminando nel sentiero della vita
si alternano gioia e dolore

Al bivio,impauriti dal soffrire
ci si siede sulla panchina
a leccarsi le ferite
per la sofferenza dell’inganno
e sogni infranti come calici di cristallo,

siamo rami in balia del vento
stremati dal tempo
sradicati con violenza
per terra sbattuti
calpestati dall’indifferenza

Tutto passa
dalle corse da bambini
alle stagione dell’amore
solo il tempo potrà guarire…

Attratti da un sogno
l’incertezza
nel seguire la strada del cuore

Il calore di una mano
accompagna il passo

tra un attimo e l'altro della vita
c'è una speranza che attende un'altra speranza

se solo, si ha la forza
di coltivare nel proprio giardino
il fiore dell’amore



* I versi in corsivo son di Romano battaglia

Senza titolo 790

Ho appena ricevuto l'invito...ed ho accettato. Grazie per evermi contattata...

Senza titolo 789

 
Io sono verticale
 
Ma preferirei essere orizzontale.
Non sono un albero con radici nel suolo
che succhia minerali e amore materno
cosi' da poter brillare di foglie ogni marzo,
e nemmeno sono la bella di un'aiuola
che attira la sua parte di Ooh, dipinta di colori stupendi,
ignara di dover presto sfiorire.
Confronto a me, un albero e' immortale
e la corolla d'un fiore non alta, ma piu' sorprendente,
e a me manca la longevita' dell'uno e l'audacia dell'altra.
Questa notte, sotto l'infinitesima luce delle stelle,
alberi e fiori vanno spargendo i loro freschi profumi.
Cammino in mezzo a loro, ma nessuno mi nota.
A volte penso che mentre dormo
forse assomiglio a loro nel modo piu' perfetto-
con i miei pensieri andati in nebbia.
Stare sdraiata e' per me piu' naturale.
Allora il cielo e io siamo in aperto colloquio,
e saro' utile il giorno che restero' distesa per sempre:
forse allora gli alberi mi toccheranno e i fiori
avranno tempo per me.



Sylvia Plath
1961

11.9.05

Ricordando l'11 Settembre 2001


corrieredellasera.it

Senza titolo 788


Renoir


Rime della Vita Nuova 
DANTE AI FEDELI D'AMORE 
A ciascun'alma presa e gentil core
nel cui cospetto ven lo dir presente,
in ciò che mi rescrivan suo parvente,
salute in lor segnor, cioè Amore


Già eran quasi che atterzate l'ore
del tempo che onne stella n'è lucente,
quando m'apparve Amor subitamente,
cui essenza membrar mi dà orrore


Allegro mi sembrava Amor tenendo
meo core in mano, e ne le braccia avea
madonna involta in un drappo dormendo.


Poi la svegliava, e d'esto core ardendo
lei paventosa umilmente pascea:
appresso gir lo ne vedea piangendo


[Vita Nuova III 10-12]

10.9.05

Senza titolo 787

 

 

Chi lo  ha detto che  gli eroi  sono solo  quelli  costruiti dai media  o  dal potere . In cui  strumentalizzano  ( indipendentemente dal colore  politico \  ideologico     sia  chi relamente  è  erore  copme  i pompieri del  11  settembre  (  non metton  nessuna  foto   perchè credo  che  visto che domani  è  il  4  anniversario di tale  evento    ci saranno dei vostri post  con magari dele  foto     )   come  quelli di nassirya  . che   con  le  loro  amplicazioni e  falsificazioni nascondono la verità  e quindi   :  <<  Sarebbe bello che ognuno abbracciasse suo fratello,\ che ci sentissimo tutti uguali senza divisioni razziali.\ Non deve esistere il bello,\ il brutto,\ il buono o il farabutto.\ Allora  basta con le guerre per rubare solo  terre  >>  ( Poesia lasciata da Valentina,12 anni, figlia di un carabiniere.  fra i messsaggi per  i caduti   di nassyria  Ansa, 17 novembre2003 ore 19,21  )  i mveri motivi    che  sono all'origine  di  tale  avvenimento  .

A   volte succede  che esitono persone  che    sono come   come il film   " erore per  caso"  o eroi  come   quello    di  questa  storia  di cui riporto   qua   l'articolo   tratto  da  un giornale locale della  mia regione purtroppo (  ormai   come  il 90%  dei  giornali online  a pagamento   )    che  spesso   vengono dimenticati o sminuiti  dai media   mentre  altri   vengono  amplifiati per  coprire   scomode  verità   come    quelle  di  un vero  eroe Calipari  ucciso   secondo la version ne  ufficiale  dal  fuorcop  amcio  (  versione    che viene smentita  anzi  smontata   se  si mettono a  confronto   le  due  versioni  quella  italiana  e  quella   americana ,  ma  se  l'italia non insiste  con gli Usa  finiràò per  diventare  la versione  definitiva  e  il caso archiviato  ) ; Oppure   dimenticati   dall'oblio del  tempo  fenomento   naturale  ,   ma  evitabile   se  noi lo vogliamo  in quanto  un a èpersona  muore  quando  ne  muore  il ricordo  ,  come  Padre  Massimiliano   Kolbe   che  Ad Auschwitz morì prendendo il posto di un condannato a morte. Nel 1982 è stato proclamato santo e martire.  trovate  oltre che  nel collegamento ipertestuale  precedente  qui altre  news  su  di lui     Adesso bado alle  ciancie  e veniamo al l''articlo in questione 

 

 

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Barbone coraggioso muore per salvare l’amica      Si gettò nelle acque del porto, stroncato da una polmonite     Il commosso saluto di parenti e amici all’ex pescatore cagliaritano  

 

Cagliari. Voleva salvarla. Non ci ha pensato nemmeno due volte a buttarsi nell’acqua limacciosa del porto per cercare di riportare a terra sana e salva la sua compagna di vagabondaggio e forse di qualche bevuta. Per ironia della sorte ora lei è fuori pericolo. Ma lui non ce l’ha fatta. Avantieri sera, dopo dieci giorni di ospedale, forse provato dopo l’estremo tentativo di salvare la donna, è deceduto in un letto del San Giovanni di Dio. Si è spento in tarda serata Angelo Cao, 53 anni, ex pescatore, cagliaritano (  foto  a  sinistra  ) . Un piccolo eroe sconosciuto che non ha avuto l’onore della ribalta o la fortuna di vedersi riconosciuto pubblicamente il suo gesto audace e di coraggio. Sono passati circa dieci giorni da quell’incidente. I due stavano passeggiando sulla banchina troppo vicini all’acqua, quando la donna ha perso l’equilibrio ed è finita in mare. Angelo non ha perso tempo, si è gettato in suo aiuto e ha rischiato a sua volta di annegare nelle acque del porto. Solo la prontezza di un vigile del Fuoco del distaccamento del porto, Filippo Serreli, che a nuoto li ha riportati a terra, era riuscito a evitare il peggio. La donna si è ripresa subito, ma le condizioni dell’uomo erano invece apparse gravi. Una volta a terra, infatti, si era resa necessaria la respirazione bocca a bocca. Poi la corsa con l’ambulanza al San Giovanni di Dio, dove l’ex pescatore era giunto in stato di incoscienza. Quel tuffo in mare gli era costato un principio di annegamento. Non era la sua donna, quella ragazza. Solo una semplice conoscenza nata da una chiacchiera a passeggio tra le banchine del Molo Calata Darsena, a pochi metri dalla sua casupola. Del resto era fatto così Angelo Cao, 53 anni, cagliaritano. Aveva un pensiero gentile per tutti. E tutti lo rispettavano al porto: vigili, poliziotti, portuali. Graduati o persone comuni, come lui, che da qualche anno aveva scelto la vita del clochard, senza mai rompere del tutto il legame con la sua famiglia. Mercoledì, dieci giorni dopo quel tragico incidente Angelo è morto forse a causa di quella imprudenza che gli è costata la vita. Due giorni di rianimazione al san Giovanni di Dio, altri nove nel reparto di Patologia Medica, dove è sopraggiunta una broncopolmonite che se l’è portato via. A piangerlo sono accorsi in tanti ieri pomeriggio nella chiesa della Medaglia Miracolosa dove era nato e cresciuto assieme a due sorelle e un fratello. «Era troppo buono, e poi quel gesto eroico, ma i poveri muoiono così, dimenticati da tutti». Paolo, un cugino, ha gli occhi lucidi. E come lui tanti altri: la moglie, che ha accettato con rispetto la sua scelta di vita pur restandogli legata, la madre, i sei figli, quattordici anni il più piccolo, ventinove la più grande, gli amici e parenti. Commossi hanno voluto portargli l’ultimo saluto.Gente brava, dicono della famiglia nel quartiere. Qualcuno un po’ sfortunato. Anche il figlio maggiore, Roberto, che sta scontando al carcere di Is Arenas una condanna a pochi mesi, è riuscito a ottenere il permesso di partecipare ai funerali. «Ciao papino, fai da bravo», hanno gridato tra le lacrime le figlie, quando la salma ha lasciato la chiesa. «Era ben voluto da tutti al porto, Angelo e anche in famiglia - racconta uno zio - aveva un sorriso per tutti. Si era costruito la sua casupola di fronte alla caserma dei Vigili del Fuoco. Lì non dava fastidio a nessuno. Anzi si rendeva utile. Nessuno li lesinava un sorriso o una parola buona». Aveva scelto di vivere così, da clochard. Libero. Vicino ai pescherecci allineati lungo le banchine, piccole imbarcazioni con cui per anni è uscito in mare a pescare triglie e gamberoni. Se n’è andato in silenzio senza clamore né notorietà. Qualche bella corona di fiori adagiata sul carro funebre ed un lungo e sentito applauso ha accompagnato l’uscita della bara dalla chiesa. Come si conviene ad un vero piccolo eroe.


Maria Grazia Marilotti  

 

  non  trovando   frasi ad effetto o citazioni   concludo qui il post  d'oggi    in attesa  dei vostri  commenti  e  delle vostre  cruitiche  .  sempervoster  cdv  ( ulisse *  nei  newsgroups  \ usnet  )

Senza titolo 786

Lupi solitari.

Abbandonati al destino

di un antico inverno.

Raggelati nel freddo

graffiante di ogni sfumatura,

inseguono le proprie storie.

Raccontandosi ad ogni sguardo.

Senza titolo 785

Poichèmolte  email  di  gente  che  ha letto il   post precedente  mi hanno   chiesto   cosa stà succedendo in niger   e  un utente  di it.media.tv  dove  ho postato il precedente post    si  è preoccupato più a    come scrivevo ( errori di battitura  a causa  della mia  forte  miopia e    le  congiuntiviti )  che   a quello che  c'era  scritto  : infatti  hai scritto  : <<dioboia vuoi imparare a scrivere? torna a scuola. >>  per  fortuna  gli hanno risposto per  le rime  : <<   Vedi come agisce e reagisce il classico italiota a constatazioni del come siamo presi per il culo ? Si diletta a dileggiarti da fanciullo. E lo fa xchè a lui del Niger o di altri argomenti serii non gliene frega niente e non tollera che te possa  criticare che la tv metta in primo piano argomenti come il pettegolezzo di una coppia di per se insignificante nelle sue manfrine. Lui, come almeno la metà degli italiani, si nutre avidamente di trash. E la tv li accontenta.  riporto  qui da  indymedia  ( una  delle poche  fonti mediatiche alternative  alla dittatura  e  al sciacallaggio mediatico   )  su quello che stà succedendo in Niger    la cui causa     responsabilità  è dovuta  ai nostri governi  e  al Nord  del modo 


Catastrofe NON naturale


Niger, tre milioni e mezzo di morti di fame; drammatica la situazione anche in Mali e nei paesi vicini.Lancia l'allarme l'inviato Onu Jean Ziegler; non lo raccoglie nessuno. Tre milioni e mezzo di nigeriani stanno per morire di fame, incapaci ormai persino di coltivare i campi. Il mondo non trova diciotto milioni di dollari, il governo non distribuisce le scarse scorte per non turbare i prezzi di mercato. L'allevamento è stato messo in ginocchio dalla privatizzazione del servizio veterinario voluta dagli organismi internazionali e il governo ne condivide le dottrine. La popolazione, che l'anno scorso ha subito l'invasione di locuste, muore in silenzio. La stampa non ne parla, i media tacciono. Fino a sei settimane fa non era arrivata una donazione: ora che giungono le immagini dei bambini morti di fame, qualcosa si muove, mentre ormai è vero dramma e milioni di persone sono in fin di vita nell'indifferenza totale.Questo accade mentre i paesi sviluppati riducono gli aiuti fino a cifre ridicole, impegnati come sono a portare la civiltà e a difendersi dal "terrorismo". Il lato tragico di queste crisi è che vengono monitorate minuto per minuto, e lasciate incancrenire semplicemente ignorandole.Un nuovo modo di operare la pulizia etnica di quelle popolazioni che vivono nelle aree politicamente ininfluenti del paese; giocato addirttura con il rifiuto degli scarsi aiuti internazionali.Se si fosse risposto all'allarme in tempo sarebbe bastato 1 dollaro a persona per rimediare, ora ne sono necessari 80.Ogni anno muoiono circa 5 milioni di persone per fame, quelli indicati dall'allarme sono esclusi dal "solito" tributo annuale alla nostra indifferenza.

Mi presento così

IRAQ/ITALIA
«Non è reato finanziare la resistenza». Vittoria degli antimperialisti
Il tribunale del riesame di Perugia annulla il sequestro dei documenti relativi al conto corrente su cui il Campo antimperialista raccoglie soldi per la resistenza irachena. E' lo stesso conto che da mesi fa gridare allo scandalo 44 deputati americani secondo i quali quella raccolta fondi sarebbe una «campagna di finanziamento del terrorismo». Le pressioni americane avevano convinto la Farnesina a negare il visto a nove iracheni invitati ad un convegno organizzato (anche) dal Campo. Ora il castello crolla: secondo il riesame le accuse di «terrorismo» contro questo gruppo sono tanto vaghe da non sostenere neppure un provvedimento di sequestro.



Salve a tutti, mi presento con questo post preso direttamente dal Manifesto.

9.9.05

Senza titolo 784

tolleranza ground zero
L’invasione dei bambini diversi

“I bambini islamici frequentino le scuole statali!” Parola del ministro Pisanu. Non mi meraviglia affatto che l’illustre servo dello stato (con delega alla repressione politica e alla violenza fisica) voglia combattere la libertà d’istruzione, soprattutto se di religione diversa da una cristiana. Quello che mi turba maggiormente nella dichiarazione del suddetto figuro è il concetto “bambini islamici”.
L’essere umano, ci insegnano i nostri fondamentalisti cattolici, nasce dal concepimento, a partire dalla prima cellula embrionale. E in quanto essere umano, l’embrione gode dei diritti della persona. C’è un grande però. Anche le intolleranze religiose, etniche e razziali nascono con la vita. Si è, quindi, islamici, negri o, perché no?, poveri sin dal concepimento. Embrione nero, feto povero, bambino islamico.
Cosa bisogna fare con i “bambini islamici”? si chiede oggi in Tv anche un’altra serva dello stato (con delega all’indottrinamento e alla disciplina mentale), la ministra Moratti. La sua risposta è stata la solita cozzaglia di cazzate maternamente buoniste verso il ‘diverso’. Ma quello che si legge tra le righe è che è iniziata una campagna di “deislamizzazione” del paese, nella quale si punterà alla riconversione culturale (e forse anche religiosa) proprio dei più piccoli. Non una integrazione, che procede per vie proprie generando soluzioni diverse da caso a caso, ma una vera e propria assimilazione, una costrizione all’identità.
E poco importa se si tratta di figli di famiglie credenti o meno, poiché provengono dall’area islamica, quindi sono mussulmani per decreto dell’Ministro dell’Interno (quello che si occupa di immigrazione). Oggi tocca ai “bambini islamici”, domani ai “bambini non credenti”, dopodomani ai “bambini diversi”.

Senza titolo 783


www.photoforum.ru


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Mare, padrone dei miei pensieri...


pacatezza della mia anima  gaia.


Spesso ti sogno e in te mi specchio.


Silente ascolto il tuo respiro.....


 il tuo vociar è un pianto....


la tua risacca una carezza....


...che mi avvolge il cuore.


Sei la mia dolce speranza....


la mia passione....


I miei palpiti....


lievi ...


vigorisi...


forti....


Mi immergo in te


e...  diventi il mio uomo


che lambisce il mio ventre...


vezzeggia i miei seni...


ed io calma e sicura


accolgo il suo abbraccio


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Silvana Bilardi

Sognare fa bene..

 


Lasciate sempre un pokino di spazio per i vostri sogni..


Kiss Shally http://spaces.msn.com/members/vivy1980/


ancora su gli sciacalli dela tv

Man  mano  che  guerdo i  tg o leggo i  giornali ( quotidiani e  settimali  )   m'accorgo  che  il  discorso  che  fanno    : Giulietto Chiesa (  foto prima  foto  a dfestra  )   fondatore   di Megachip  e  i suoi soci \  iscritti  e  un gionalsta scomodo   di scuola montanelliana -- e  che  , sembra un  paradosso  ma  putroppo  non  lo è  , scrive   una rubrica ( bananas  )  sull'unità  un giornale  d'origini  comuniste  -- Marco  travaglio (  foto a  destra  da me scatata  dopo la presentazione  del suo libbro  il 7\9\205  nella mia citttadina  )     ad  su  come  i media  amplicano e    certe news    che  sono  solo semplicemente  cronaca   non è  più  elitario   ma  è sempre  più attuale  . Infatti  leggo  proprio innquesti giorni  su un giornale  ( non ricordo  se  un quotidiano locale  o nazionale  )  questa news   che   conferma   quello che dicevo prima   e   lo ripeto il  n°392  "dite la vostra"di Alan Ford  sia  più attuale   che  mai  .  Tutti i  TG   della ( ex )  rai e della  mediaset (  o   raimediaset  tanto  sono la stessa cosa  )    e della  la sette compresa  puntano sul gossip  . Ora  direte  questa   non è  una  novità  che  se  nè  sempre parlato e  i tg  gli hanno sempre  dato  ,  ma  ultimamente    le  tv  gli stanno dedicando  sempre  più  tempo a  scapito  delle otizie  più importanti  . Ne  è  un esempio inmportante    l'ultimo  e  forse  almeno  fin 'ora   quello di cui si parla  di più fra  questi   pettegolezzi la  battagli a legale  per  l'affido  delal figlia   fra il  cantante    Eros  ramazzotti  e  la  ex  mogliie la condutrice  tv   Michelle Hunziker  (  ancora  solo  all'inizio  che palle  chi  sà quanto durerà  e   per  cosa  verra usato  per  coprie  quale  magagna  o fatto scomodo e  grave  )  . Infatti    secondo  l 'associazione, Msf ( medici senza  frontiere ) --- estranea in quanto una Ong   alla  tv e  ai media   quindi al "circuito" dell'informazione --- che   denuncia la  gravissima  emergenza  umanitaria   del Niger   c'è  : << Scarsa attenzione alle gravi emergenze umanitarie . Ne hanno parlato la Bbc, la Cnn e i principali network di tutto il mondo, ma le televisioni italiane no. Ai nostri tg -   sempre  secondo la  denuncia  di Medici Senza Frontiere - interessa più il gossip sui vip che la morte per fame di milioni di persone, per la maggior parte bambini».  Infatti  è  da qualche mese in Niger e nei Paesi del Sahel- ricorda l’associazione - imperversa una delle più gravi emergenze degli ultimi trent’anni che  riceve << interesse quasi nullo dalle emittenti televisive nazionali >>secondo i  dati dell’Osservatorio di Pavia - resi noti dalla  stessa  Msf - mettendo assieme, nei mesi di luglio e agosto, i tg di Rai, Mediaset e La7, la percentuale del tempo dedicato all’emergenza fame e denutrizione in tutta la zona del Sahel è solo dello 0,1%. Vale a dire che su quasi 436 ore di notizie, appena 19 minuti sono stati dedicati «alle migliaia di bambini vittime innocenti di una crisi evitabile. Negli stessi mesi circa 10 mila bambini gravemente malnutriti sono stati curati da Msf». I risultati dello studio registrano tutt’altra tendenza per le notizie di gossip e sui vip. Il totale del tempo dedicato a tali argomenti è di 11 ore e 35 minuti. 7 ore e 22 minuti, invece, sono state riservate al delitto di Brescia e 2 ore e 15 minuti a servizi sugli animali domestici. Dallo studio risulta inoltre che i Tg Mediaset sono stati totalmente disinteressati dedicando al Niger un solo minuto su Canale 5, mentre Italia 1 e Rete 4 non hanno montato neanche un secondo. I tre Tg Rai hanno diffuso notizie sull’emergenza per 10 minuti, di cui 6 trasmessi dal Tg3. Il Tg di La7 si distingue per gli 8 minuti di servizi sul tema. Concludo  con quanto  dice  Stefano Salvi, direttore generale di Msf Italia « non solo continueremo ad assistere le popolazioni in pericolo ma non smetteremo nemmeno di denunciare il silenzio colpevole che uccide le vittime una seconda volta ».Con  questo eè tutto  . meditate  gente  meditate 
 
 

Senza titolo 782

Addio...

Mi chiedevo perchè Cammariere avesse iniziato il suo concerto con due canzoni di un altro Sergio...

io che amo solo te/ e non ti lascerò/ non ti perderò/ per cercare nuove avventure...
c'è gente che ama mille cose....

partirà/ la nave partirà/ dove arriverà/ questo non si sa
sarà come l'arca di noè/ il cane il gatto io e te


poi l'ho capito,putroppo...

Sei andato via senza far rumore.
Addio Sergio

non bisognerebbe ma non sempre ci si riece

Carissimi \e


Lo so   dovrei lasciare perdere  e  cestinare  detterminate   email  , cosa  che farò visto che la maggioranza  sono di persone in malafede  ,  e  che  dovrei seguire l'esempio    dell'avvelenata  di Guccini ( evito di  riportare ie il link perchè   è stato da   me più  volte  riportato in questo blog e  poi lo trovate fra le faq  )  , ma  non ci riesco  . Sperando che questa sia l'ultima volta  che  debba mandare  a  vaffanculo vfncl  lo faccio  utilizzando  loa  rubrica   quotidiana  del fronte del video di maria Novella Oppo   sull'unità di oggi  9\IX\2005 intitolata Te la do io l’America : <<  GIOVEDÌ È TORNATA finalmente l'informazione televisiva. E non solo con Matrix su Canale 5, ma anche con uno Speciale di Gaia e Primopiano su Raitre.Equi, con la conduzione di Maurizio Mannoni e Mario Tozzi, ci è stato spiegato quali cause abbiano reso tanto disastrosa l'alluvione di New Orleans. E cioè la scelta della destra Usa di decurtare tutte le spese pubbliche, comprese quelle ambientali. Abbassando le tasse ai più ricchi, rifiutando gli accordi di Kyoto e finanziando ricerche scientifiche di comodo (petrolifero), per dimostrare che l'effetto serra non esiste. All'inviato
di Repubblica, Rampini, che documentava questi fatti, ilministro La Malfa dallo studio ha replicato che, sì, va bene, noi europei certe cose non le capiamo,ma le sue erano tesi antiamericane. La solita solfa: chi attacca Bush è antiamericano. Perciò i primi antiamericani sono proprio gli americani, visto che Bush è in minoranza nel suo Paese. Mentre i veri amici dell'America sono LaMalfa, Berlusconi e Ferrara, chesono in minoranza in Italia. >> a  voi  decidere    se sonoa nti  Americano oppure  no  . Mi raccomando  se  o  fate  via  email  o qui  cercate  ( anche  se  d'opinioni contrarie   alle  mie  non impoprta  anzi meglio voci  contrarie  ceh appiattite  come  le pecore  a  quello  che io dico   )d'essere i più costruttivi  possibili nelle  critiche    GRAZIE 


Senza titolo 781




La fine

Ascolta
la voce malinconica del mare
senti
il vento carezzare
piano le fronde
il cielo piange lacrime amare e
la notte ne è testimone

La pace abbandona la mia anima

la morte mi aspetta al varco
non so più sfuggire a ciò che ho prolungato
ma che non posso evitare

8.9.05

Senza titolo 780

Sono immagini perse.

Destinate a navigare

in un’altra realtà.

Un luogo sinistro

ed affascinante.

Un mondo

dimenticato dai suoi re.

Venti misteriosi

in continuo mutamento.

Sfere occulte

che si avvolgono

nel silenzio di ogni cuore.

Senza titolo 779

Come  volevasi  dimostrare    gi  sciacalli   della  tv  ( ovviamente  cercando di evitare   dele  gneralizzazioni   )  dei media  (come  le persone  in malafede   vedere post precedente ) non  si  smetiscono mian  , Infatti  cazzeggiando  , anzi  che studiando  su  repubblica news  leggo questa  notizia  bolzano Ucciso bimbo, la madre confessa poi si lancia da una finestra  e sul  televideo rai delle  18.30 leggo : << Bimbo ucciso,Landolfi: Tv si autolimiti "Questo ennesimo raccapricciante episodio che ha come vittima un bambino,  ucciso tra le mura domestiche,deve trovare un'informazione, soprattutto tele- visiva, attenta e consapevole delle potenzialità del proprio ruolo". Lo ha   detto il ministro Landolfi,riferendosi  al bimbo ucciso dalla madre a Merano Il ministro ha quindi invitato"il giornalismo ad autolimitarsi per impedire   che si possa instillare in psicologie   fragili effetti emulativi.Il diritto di  cronaca è sacro,ma lo è anche il dovere di preservare il valore della famiglia >> Peccato  che tale  appello si  già  ( e credo  che lo sarà  anche stasera e domani   nei prossimi  tg e   giornali   )  caduto nel  vuoto fdato  che  il  Tg 2  delle  18.30 siinera  già buttato  sulla  news  mettendola    in  apertura per  coprire le magagne di Fazio   o per  fare  sciacallaggio  ? Ecco  che  in un clima  come  questo  i  piccoli fatti  diventano grandi news  e i grandi fatti  piccole  news  il  fumetto di  Alan Ford risalente  aòl febbraio 2003  di cui  ho   precedentemente  parlato    qui qui   sia  ancora  più   che mai attuale  . meditate  meditate  gente  .


 semprevoster Cdv


Senza titolo 778


  da  indymedia 


Il 10 agosto 2005, nel 60esimo anniversario del bombardamento di Hiroshima e Nagasaki, Turi, siciliano 52enne ex operaio della FIAT a Torino, e' entrato nella base militare di Woensdrecht, nel sud dell'Olanda, e con un martello di 15 chili ha distrutto due caccia-bombardieri militari F16. Turi e' ora in sciopero della fame, detenuto nel carcere olandese di Breda. Il 1 settembre, data della sua prima udienza in tribunale, Turi ha contestato l'imparzialita' del giudice facendo cosi' rinviare il processo di una settimana. Nel frattempo e' tenuto in isolamento e gli viene impedito anche l'incontro con il suo avvocato. Turi rivendica la tradizione dei '''Plowshares''', un gruppo di attivisti per la pace che si ispirano alla profezia biblica di Isaia "E sbatteranno le loro spade nei vomeri e non impareranno mai più la guerra". La stessa bibbia usata da Bush per benedire le crociate occidentali in medio oriente. Il martello usato per distruggere gli F16 proveniva da Assisi e secondo lo stesso Turi godeva della benedizione di San Francesco.


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e  dalla  Nw   di Ecumenici \ Leonhard Ragaz  http://ecumenici.altervista.org/html/ ( Foglio elettronico indipendente: sei anni di attività della newsletter ecumenica più diffusa in Europa e alle spalle oltre 100 anni di riferimento alla teologia sociale, pacifista e non violenta evangelic  )  trovo questa stupenda  poesia  che  riassume il mio modo di credere    in Dio e il  mio essere  spirito  libero  \  cane  sciolto 




Dorothee Solle, teologa protestante)


 


Non credo



al diritto dei più forti,
al linguaggio delle armi,
alla potenza dei potenti.
Voglio credere
ai diritti dell'uomo,
alla mano aperta,
alla potenza dei non-violenti.
Non credo alla razza o alla ricchezza,
ai privilegi, all'ordine della forza e dell'ingiustizia:
è un disordine.
Non credo di potermi disinteressare
a ciò che accade lontano da qui.
Voglio credere che il mondo intero
è la mia casa e il campo nel quale semino, e che tutti mietono ciò che tutti hanno seminato.
Non credo
di poter combattere altrove l'oppressione, se tollero l'ingiustizia qui.
Voglio credere che il diritto è uno,
tanto qui che altrove,
che non sono libero finché un solo uomo è schiavo.
Non credo che la guerra e la fame siano inevitabili e la pace irraggiungibile.
Voglio credere all'azione semplice,
all'amore a mani nude,
alla pace sulla terra.
Non credo che ogni sofferenza sia vana.
Non credo che il sogno degli uomini resterà un sogno e che la morte sarà la fine.
Oso credere invece, sempre e nonostante tutto, all'uomo nuovo.
Oso credere al tuo sogno, o Dio,
un cielo nuovo, una terra nuova dove abiterà la giustizia



 


Senza titolo 777

Ho creato un nuovo blog dedicato agli AFORISMI. E' aperto a tutti quelli che ne faranno rischiesta. Sono sempre stata una mia passione gli aforismi, si meritavano un blog tutto per sè :)


www.aforistico.splinder.com

news allucinante

 dalla   nuova sardegna  d'oggi  8\09\2005

 

  riporto questa news  agghiacciante  è a  dir poco   senza  commenti perchè certe  news  ti lasciano l'amaro in bocca  o  senza parole  tanto  da  nonnriuscire  ad trovare le  parole  per  commentare  tale  situazione   e  condannare   l'inciviltà  di certa  gente 

 

Olbia-Sassari a piedi per farsi rimpatriare  
Affamato e pieno di piaghe è stato ricoverato in ospedale   
Sfruttato come servo pastore e mai pagato Oggi forse sarà espulso 
 
SILVANA PORCU 

 

 SASSARI. Dalla Romania fino a Oristano per un lavoro, ma il viaggio più faticoso è stato quello da Olbia a Sassari. A piedi. Per Iacob, 20 anni, il miraggio erano seicento euro al mese, promessi ma mai ricevuti. Senza un centesimo è stato scaricato al porto di Olbia. Ha dormito dove capitava e poi si è incamminato verso Sassari. Un viaggio che gli ha divorato i piedi, consumati fino alla carne. Il ragazzo, ricoverato al pronto soccorso dell’ospedale Santissima Annunziata di Sassari, racconta la sua storia iniziata l’8 luglio a Onesti, la città rumena dove abita con i genitori adottivi. «Io lavoravo da un idraulico - dice mentre si accarezza i piedi, gonfi e impacchettati nelle garze -. Un giorno un amico che lavorava in Sardegna mi ha parlato della paga che si riceveva qui e così dopo un po’ ho deciso di partire». Seicento euro in Romania si guadagnano con due mesi di stipendio da statale. Una cifra da ricchi. Con la sua valigia Iacob passa la frontiera, attraversa l’Ungheria e arriva a Roma. Con la nave va a Olbia poi raggiunge Oristano con il treno. «La persona per cui dovevo lavorare mi aveva pagato tutto il viaggio - spiega in un italiano stentato - e appena sono arrivato, il 12 luglio, ho cominciato subito ad accudire gli animali». Per Iacob inizia la vita del servo pastore. Nessun foglio da firmare, nessuna stretta di mano. Solo una zappa, il trattore e il mangime. Dalla mattina alla sera per sette settimane Iacob ha curato il bestiame e arato il terreno, ha sistemato la campagna e fatto tutto quello che gli veniva chiesto. L’unico intervallo sono i pasti e qualche sigaretta, regalata dal suo datore di lavoro. O quasi. Dopo un mese e mezzo Iacob non ha ancora ricevuto un soldo e chiede spiegazioni a Sebastiano, il «padrone» di cui il giovane conosce soltanto il nome. L’uomo risponde che la cifra è cambiata. I seicento euro sono diventati 350. Ma bisogna anche togliere le sigarette, altri cento euro in meno. Iacob, arrivato con un sogno in tasca, prova a insistere per essere pagato. Ma Sebastiano non vuole sentire ragioni. Prendere o lasciare. A lui non interessano le speranze di questo ragazzo che ha lasciato la famiglia per inseguire un sogno, non gli interessa neanche sapere che i genitori del giovane, ai quali lui vuole portare quel gigantesco stipendio promesso, sono la sua famiglia adottiva, perché Iacob fino a tre anni fa ha vissuto in un istituto. Il giovane rumeno capisce che la promessa è solo un inganno e prende l’unica decisione possibile: rimettersi in strada verso casa. Dato che non ha un soldo, accetta il passaggio di Sebastiano: l’uomo si offre di accompagnarlo fino a Olbia e pagargli il viaggio di rientro. «Non mi ha mai trattato male - continua Iacob -. Solo che non mi ha mai pagato». Lo dice con un sorriso triste, la delusione stampata sulla faccia. Anche perché la parte peggiore del suo racconto deve ancora arrivare. «Siamo arrivati al porto di Olbia - dice mentre cerca le parole giuste - e lì Sebastiano mi ha detto di aspettare un attimo: doveva guardare gli orari delle partenze». E invece è stato lui a prendere il largo. Dopo avere scaricato Iacob nel bel mezzo del porto, è rientrato in macchina e ha ripreso la via di casa. Il pastore, dopo avere sfruttato per settimane il lavoro di un giovane straniero, l’ha lasciato su una strada, senza pagargli nulla di quello che aveva guadagnato con più di un mese di lavoro. E infrangendo anche quell’ultima promessa di un biglietto verso Civitavecchia per rientrare in Romania.A Olbia non ho mangiato per quattro giorni - dice quasi con imbarazzo -, poi ho trovato la Caritas e per due volte mi hanno dato il pranzo. E di notte ho dormito su un camion che era parcheggiato lì». Iacob, privo di documenti, gioca quella che pensa sia l’ultima carta: andare dai carabinieri per essere rispedito a casa. «Mi hanno detto che dovevo chiamare un amico per poter rientrare in Romania, ma io non avevo soldi per telefonare». Una motivazione che non ha smosso nessun animo: «Sono stati chiari: “Trova una persona, oppure tra due giorni ti facciamo così”» spiega mettendo i due polsi uno vicino all’altro. Iacob prova a rivolgersi a un rumeno che vende fazzoletti a un semaforo di Olbia. Il connazionale gli consiglia di andare a Sassari, «perché i tempi per l’espulsione sono più brevi» gli dice. «Ho chiesto un passaggio a qualche automobilista ma le persone volevano soldi». Al giovane non resta che mettersi in cammino. Qualcuno gli ha detto che le due città distano poco più di una decina di chilometri, al massimo dodici. Non immagina che siano più di cento. E così venerdì scorso questo piccolo Forrest Gump in versione rumena inizia l’ennesimo viaggio a bordo delle sue scarpe. Ma a differenza del protagonista del film di Robert Zemeckis, Iacob sa perfettamente perché lo fa: vuole tornare a casa, scappare da questa spirale che l’ha intrappolato in un posto sconosciuto e senza neanche un soldo per comprarsi qualcosa da mangiare. «Venerdì ho fatto sessanta chilometri a piedi e poi ho dormito in un campo» racconta. Sabato ha ripreso il cammino «anche se qualche volta mi fermavo, mi facevano male i piedi». Dita e talloni sono ridotti a carne viva, ma Iacob non ha scelta, deve arrivare a Sassari se vuole uscire da questo incubo. A quindici chilometri dalla meta, per strada, incrocia un pullman in arrivo da Olbia. Lo guida lo stesso conducente che l’aveva visto incamminarsi dal porto. «Si è fermato e mi ha accompagnato fino alla città». Qui Jacob dorme su una panchina della stazione, non riesce più a muovere un passo. Una persona lo nota e, sentita la sua storia, si offre di portarlo a mangiare qualcosa «ma io non potevo muovermi». All’uomo basta un’occhiata ai piedi per capire che Iacob ha bisogno di cure. Lo porta immediatamente al pronto soccorso. Quando parla di questi piccoli gesti lo sguardo si illumina. E viene fuori un piccolo sorriso: «Anche qui in ospedale sono stati gentili. Mi hanno anche regalato un paio di scarpe». A Sassari finalmente ha saputo che potrà rientrare nel suo paese. Forse già domani, con i piedi fasciati e un sogno ridotto a brandelli, ripartirà verso casa. In tutto questo tempo ha sentito i suoi familiari solo una volta. «Mi è dispiaciuto sentirli piangere ma ora tornerò a casa». È risoluto e felice, questo ragazzo, che il 30 agosto, mentre dormiva per strada, ha trascorso il suo ventesimo compleanno lontano da tutto. La convinzione in questo momento è una sola: «Non tornerò mai più qui. Voglio andare dalla mia famiglia, rivedere i miei amici. Volevo lavorare e guadagnare un po’ di soldi. Adesso voglio solo ripartire».

Senza titolo 776


In Cina nulla di nuovo. I poveri continuano ad essere trattati da paria. I sacerdoti arrestati, come se fossero pericolosissimi omicidi. Il genocidio tibetano procede nell'indifferenza


E con la complicità di Yahoo, i dissidenti arrestati. E' possibile che nessuno osi alzare la voce nei confronti delle Multinazionali Internet, che si fanno complici della censura e di un regime nemico di Dio e dell'Uomo ?

in tempo di crisi e di fame busa e non si vuole emigrare meglio addattarsi a tutti i tipi di lavoro anche queli per cui non abbiamo studiato la storia di La scommessa di Paolo Ladu, noto “Cipolla”: lava vewtri da 40 anni

  dala nuova  sardegna   9\1\2025  di Valeria Gianoglio Nuoro La bottega di Paolo Ladu, noto “Cipolla  "è un furgone vissuto, un ampio...