2.7.12

nuova archeologia [ vecchie bilance ]

Non sapevo che il proprietario della pizzeria  *****  cittadina   fosse un cultore   delle tradizioni  e  conservasse  esposte  su  una  mensola   dele  vecchie bilance .  Da me  fotografate  con il cellulare  


appena  ritrovo  , persa  o gettata in qualche  sgabuzzino  o ( spero di no  erano cari ricordi  di generazioni  ,) data  a qualche  ferro vecchio  e  svuota  solai  \  case   posterò  qui   sempre  su queste pagine  altre  bilance  più antiche  di queste .
Ora   qualcuno\a  di voi  lettori  fissi  ,  ma  anche occasionali  , mi dirà che sono nostalgico  e  che   dovrei  lasciarmi  alle  spalle il passato e vedere  avanti , vero ma  chi è   che non lo  è ?  . 

 
 

Infatti : 

 i giorni  passano ( e  se  li conti anche  le ore e minuti  ) 
 passano   tra le  cose belle  
e   momenti tristi 
Gli anni   scorrono tra 
mode  ,record 
e chiacchiere
Grandi imprese  e piccole
 sciocchezze 
riempiono le
nostre ore
Tutto  diventa  un ricordo che 
volte svanisce 
Ma 
i nostri sogni ed  utopie  non
se  ne vanno 
resistono  fieri ed indigesti per il potere
e agli indifferenti
a tempeste e
 cambiamenti 
Cercano il vento 
più alto   e volano 
liberi 
Nessuno
  li cancella
se   non vogliamo noi  

Poesia    deliberamente  tratta da  : 1) TOPOLINO 2953 - LONDRA 2012 CACCIA ALL'ORO - LONDRA IERI E OGGI ( copertina  a  destra) Testo di Roberto Gagnor disegni di Marco Mazzarello  ( I-2593 -3 )  ., 2)  dall'articolo  odio gli inifferenti di Gramsci  ( qui il testo  completo  e  qui una lettura  di fiorella Mannoia  )   
Le  altre  frasi in corsivo sono mie  

fax di un marito alla moglie e risposta della moglie




” Mia cara moglie, tu comprenderai che ora che hai 54 anni io ho dei bisogni che tu non puoi più soddisfare. Io sono felice con te ti considero una moglie meravigliosa e sinceramente spero che tu non prenderai male il fatto che quando riceverai questo fax io sarò all’hotel Confrot Inn con Vanessa, la mia segretaria di 18 anni. Non ti arabbiare sarò a casa a mezzanotte”.
Quando l’uomo arriva a casa trova un foglio sul tavolo nella sala da pranzo.
” Caro marito, ho ricevuto il tuo fax e non posso che ringraziarti per avermi avvertita. Approfitto di questa occasione per ricordarti che anche tu hai 54 anni. Inoltre ti informo che quando tu leggerai questo messaggio sarò all’Hotel Fiesta con Miguel, il mio istruttore di tennis, che come la tua segretaria ha 18 anni.
Visto che sei un noto uomo d’affari e in più, laureato in Matematica, potrai facilmente comprendere che noi ci troviamo in situazioni simili ma…. con una piccola differenza” 18 entra più volte nel 54 rispetto al 54 nel 18″……Quindi non mi aspettare prima di domani.

Ho 29 anni e sono docente all’Università storia di Valentina Cattivelli


Questa  foto  a  sopra   di un manifesto pubblicitario  , da me scattata  con il telefonino  , mentre   attendevo in lavanderia   di ritirare  una maglione   di mia madre  , sembra  confermare  la storia  che  riporto sotto tratta  dal corriere  della sera   online .
Questo dimostra  che   finalmente  c'è gente  che  sta smettendo di piangersi addosso  e  di parlare od imprecare  solo e  che  ora  di  


Ed  è questo  è il caso di questa storia   che vado a riportare  presa qualche  giorno fa  dal corriere della sera  online  


No, non è facile trovare lavoro in Italia. Lo abbiamo detto e ripetuto su questo blog. Così accade che qualcuno vada all’estero oppure accontoni un sogno o una passione per cercare un impiego. Ma tra migliaia di giovani (e meno giovani) in cerca di un futuro, c’è chi  con impegno ci è riuscita. Valentina Cattivelli, 29 anni, racconta la sua esperienza come docente all’Università di Parma e Verona.Sono una ragazza fortunata. In tanti modi. Ho 29 anni e sono docente universitaria da 3. A contratto, si intende, ma pur sempre docente, con la responsabilità di un corso o di una relazione di tesi.
valentina Cattivelli
Immagino che molti lettori potranno pensare che io sia la solita raccomandata, con un cognome importante a spianarle la strada. Non è così. La mia famiglia ed io siamo quelli che il Manzoni definirebbe “genti meccaniche di piccolo affare”. Mi sono impegnata molto presto. Dopo il diploma di ragioneria, mi sono iscritta ad Economia. Ne sono seguite una laurea specialistica, un master in marketing territoriale ed un dottorato di ricerca in economia regionale e rurale (Agrisystem) presso l’Università Cattolica di Piacenza. Durante gli anni di studio, ho sempre lavorato come impiegata presso la Provincia di Cremona. In questo modo mi sono pagata gli studi che, altrimenti, avrei dovuto abbandonare. Per orgoglio, per necessità, non ho mai voluto pesare sui miei genitori che già mi hanno dato tanto. Sono stati loro a trasmettermi la passione per lo studio e per il sapere e ad infondermi lo spirito di sacrificio e la voglia di fare. Sono stati loro i miei prof più importanti e dei loro insegnamenti faccio continuamente tesoro. Per questo, per la pazienza e l’affetto che ogni giorno mi riservano io sarò loro eternamente grata.L’esperienza che ti cambia la vita l’ho avuta nel 2008, come regalo per il mio 26esimo compleanno.L’università di Ferrara mi ha conferito un incarico di docente a contratto presso la facoltà di Architettura per il corso di Economia applicata avanzata: 100 ore di didattica frontale, oltre sei ore di treno ogni volta per recarmi in università. Una scelta di coraggio non da poco quella di affidare un corso così importante ad una ragazza di 26 anni. E’ stata l’esperienza lavorativa più intensa della mia vita. Il primo giorno poi è stato il più divertente: lo stupore dei miei studenti si leggeva nei loro volti, per alcuni di loro poi ero più vecchia di soli due anni, per altri addirittura una coetanea. I loro commenti, alla fine, sono stati positivi, gratificanti. Molti di loro mi rimproverano “di essere troppo buona”, altri di “metterci troppa passione”.Da qui la volontà di non “accontentarmi” di un lavoro pubblico, sicuro, nei termini e nelle mansioni, ma di tentare la più complicata strada accademica. Sempre con la valigia in mano, alla ricerca di un incarico. Certo il rapporto è di uno a quaranta (un incarico affidato, quaranta domande presentate), non ho “sponsor”, ma solo il mio cv a presentarmi. Certo, il lavoro in Provincia mi dà quella sicurezza economica che altrimenti non mi consentirebbe di rincorrere il sogno di diventare prof universitaria a tutti gli effetti. Ora sono docente presso le Università di Parma e di Verona. In ottobre sarò relatrice della “mia” prima tesi.Questo lavoro mi appassiona, è la cura migliore alla mia fame di sapere. Mi piace il rapporto con gli studenti: mi arricchisce, mi stimola a fare meglio. Cerco di dare loro un aiuto concreto alla costruzione della loro formazione e della loro futura carriera con consigli, incoraggiamenti, suggerimenti, oltre che con modelli o teorie economiche. Aver finito da poco gli studi è un grande vantaggio: li capisco, capisco le loro incertezze o esigenze e cerco di aiutarli.Oggi penso che sia stato il “sogno” il mio punto di forza, l’energia e la luce con le quali lo descrivevo durante i colloqui.Perché, in fondo, hanno ragione Antonacci: “la passione è la forza che lega le teste e a quei corpi noiosi dà spirito e luce” o un altro mio giovane collega prof D’Avenia “I sogni veri si costruiscono con gli ostacoli, altrimenti non si trasformano in progetti, ma restano sogni. La differenza fra un sogno e un progetto è proprio questa”. Il mio sogno è diventato progetto, spero che un giorno diventi quotidianità.

Il giorno dopo


Com'è un campo di calcio dopo una sconfitta? Simile all'ultimo giorno di scuola: sempre troppo vasto, spianato, interminabile. Melanconico anche, certo: ma privo di quel brivido sottopelle, di quell'attesa nascosta e colma di felicità. Il campo dei perdenti è sgombro come il silenzio circostante: un rito si è sfilacciato, inevitabile.
Ieri siamo stati i perdenti. Sonoramente perdenti, di fronte alla possanza spagnola. Non poteva che andare così (forse abbiamo sprecato qualche palla, ma il risultato non sarebbe cambiato di molto). Ma una sconfitta del rito comporta sempre una rinascita: e chissà che non siamo usciti, finalmente, dall'adolescenza. Perché in questi ultimi giorni ho visto in campo più degli adolescenti che dei professionisti: e non alludo all'abilità tecnica, parlo del cuore. Il calcio italiano rifletteva una nazione allo sbando, lasciata per troppo tempo senza guida, ricca e giovinetta. E la nostra Nazionale ha cominciato timidamente a balbettare la propria umanità solo quando è stata portata in visita ad Auschwitz, a toccare con mano l'inimmaginabile, ancor prima che l'ignorato. Rivelando, a sé stesso prima che al mondo, d'esser figlio di madre ebrea, Mario Balotelli aveva cominciato a razionalizzare quella sua rabbia istintiva verso tutto e tutti. A capire, realmente, il senso della giustizia.
La nostra Nazionale si è pian piano ri-creata nel momento in cui si è sentita un insieme, e non soltanto un'unione di singoli. La nostra Nazionale, infine, s'è ritrovata orgogliosa di cantare l'inno nella squarciagola ingenuamente stonata di Buffon, memore dei suoi bisnonni eroi del Piave e non solo della moglie modella.
Una squadra, la nostra, che ha aperto gli occhi sul valore della sconfitta, sulla difficoltà della crescita. Forse questa consapevolezza è ancora in nuce, forse non durerà; vogliamo però ingenuamente sperarlo. In fondo, diventare autonomi è la più ardua delle battaglie. Nel calcio, e ancor più nella vita.

30.6.12

le cazzate di Borghezio su Balotelli






BALOTELLI - Al centro del dibattito c'è Mario Balotelli, l'attaccante protagonista della semifinale contro la Germania, nato da migranti ghanesi e poi adottato da una famiglia italiana. Il bomber vienepromosso anche dall'eurodeputato Mario Borghezio: «Balotelli è un padano con la pelle scura. Per me va benissimo». I padani che lo infastidiscono, precisa Borghezio, sono piuttosto quelli «che si sono compromessi con la n'drangheta, quelli li rinnego da un punto di vista razziale».

  corriere  della  sera Redazione Online
30 giugno 2012 | 16:56

gli europei non sono solo calcio ma anche altri sport oro italiano nel salto triplo



corriere della sera online del 30\6\2012


Europei, Donato oro nel salto triploIl 35 enne di Latina stacca tutti nella rassegna di Helsinki

29.6.12

nessun ismo

Prima di qualunque "ismo " c'è il contesto della vita e il contesto della vita è semplicemente tutto ciò che è richiesto per fare il prossimo respiro . Riguarda l'aria che respiri , l'acqua che bevi , la sicurezza che hai , l'educazione che puoi avere . tutte cose che condividiamo di cui la vita in nessuna cultura può fare a meno . Dobbiamo ripartire dal contesto della vita . il contesto dela vita non è un ismo ma è analisi del valore della vita Zeitgeist: Moving Forward - web film del 2011 diretto da Peter Josephhttp://it.wikipedia.org/wiki/Zeitgeist#Cinema

proteste creative Napoli Entrano in banca e si spogliano: "Volete lasciarci in mutande, ma noi la crisi non la paghiamo!"

da   I segreti della casta 


Stamani un centinaio di studenti e precari  ha occupato per oltre due ore la sede centrale della BNL Paribas nella centralissima via Toledo a Napoli. Trenta persone sono entrate all'interno finchè la security non è riuscita a bloccare le porte. 
Fuori la banca gli striscioni: "Diritti Contro Profitti", "Occupy Banche", mentre all'interno lo striscione "PAGHINO I RICCHI". La BNL fa parte del gruppo Paribas che è una delle dieci multinazionali che concentra il potere della grande finanza internazionale. 
Dentro la Banca è stata aperta una tenda, sono stati distribuiti ai clienti volantini per domani e lanciati cori sul diritto all'insolvenza contro l'aggressività di Banche, Equitalia e governi liberisti della crisi. 
Alla fine, malgrado la crescente tensione con la security e le minacce di far entrare la celere all'interno, gli attivisti si sono spogliati, restando in mutande e reggiseno per simboleggiare"volete lasciarci in mutande, ma noi la crisi non la paghiamo!".
L'occupazione è durata dalle 11.00 alle 13.30, dopo di che un breve corteo ha attraversato via Roma con un irruzione anche dentro Cariparma e infine si è concluso con l'assedio alla sede centrale di Equitalia.
L'iniziativa anticipa la manifestazione di domani (ore 16 partenza corteo piazza Garibaldi) con partecipazioni da varie città del Sud contro Monti e i governi della speculazione finanziaria, contro la riforma sulla precarietà della Fornero, contro i metodi di Equitalia e per la sanatoria dei debiti dei ceti popolari. 

Comitato promotore manifestazione 30 giugno a Napoli

ecco perchè buffon uscito incazzato dalla partita


28.6.12

La rabbia


Ma sì, ci sta: troppi simboli, e noi, in fondo, viviamo di metafora. Trasliamo, interpretiamo. Forse per debolezza, forse per eccesso di sensibilità. Così umani. Ma come rimanere insensibili, vorrei dire inerti, di fronte a quella micidiale doppietta di Balotelli? Il simbolo è lui e se lo merita tutto. Non perché in campo fosse solo, tutt'altro. C'eravamo tutti, invece, accorpati, massicci, soprattutto rabbiosi. Ma Mario è un'occasione troppo ghiotta, e forse facile, per lasciarsela sfuggire. E' l'italiano nuovo, l'italiano nero, o negro, ed ebreo, contro la Germania. Si può resistere? No che non si può.

In campo, io non tifosa, e proprio perché non tifosa, ho visto finalmente l'Italia. Balotelli è un riassunto di quest'Italia. Non completo, si spera, ma vivo. E' il ragazzaccio intemperante, che spoglia il bel corpo annichilendolo però in una smorfia caricaturale degna di Big Jim. (Ma ammonirlo? Scherziamo!) E' il tenace che reagisce d'istinto: s'aggrappa al suo paese, spesso con lui ingrato, con tutte le forze della spontaneità irrequieta. Ineducato, diretto, passionale, dionisiaco tanto quanto Pirlo è apollineo e neoclassico. Se c'era un tedesco stasera, l'ho visto in Andrea e in quel volto mezzo sfingeo mezzo contadino di Buffon, uno che non ride mai, che forse esiste solo sul campo, ma le cui parate valgono tre gol.
Ho scritto "c'eravamo", perché mi sono immedesimata anch'io in quegli assist, l'ho vissuta anch'io quella sofferenza. So bene che è solo una partita, che i problemi si riproporranno domani, ma che dico, adesso, prima di coricarmi. Ma non cedo al moralismo d'accatto. Il cuore necessita di passione per ripartire. E di momenti completamente spaziati, lineari, fisici. Di prorompenza ed effluvio.
I ragazzi tedeschi, più giovani, più riposati e più in forma dei nostri, sono ovviamente incolpevoli delle scelte del loro governo. Ma alla logica dei simboli non possono sottrarsi nemmeno loro. E, in quella squadra meno composita della nostra, io non riuscivo a non vedere l'Europa vincente. Forse, l'unica Europa. L'unica che conti, che venga considerata realmente tale. Non potevo sopportarlo: come europea, come democratica, come italiana.
Mario Balotelli è stato la risposta visiva a quest'Europa asettica, prepotente, unidirezionale, rigida dominatrice dell'unica razza del mercato. Esagero, probabilmente: concedetemelo, stasera gira così.
Rabbia, dunque, perché rabbia ci voleva, ci vuole, una rabbia entusiasta e perseverante. I ragazzi del gol hanno fatto la loro parte. Tocca a noi concretizzare, materializzare quella rabbia e quell'entusiasmo nella lotta quotidiana dell'esistenza di cui l'incontro di calcio è - ci risiamo - l'ovvia metafora. Un riposo alla tensione, ogni tanto, è necessario. E' come il sorriso per strada d'un affascinante sconosciuto. Ritempra il nostro cuore. Adesso, però, voltiamo pagina, e proseguiamo.

27.6.12

Luigi Sartor e Vincenzo Sarno, il ritorno alle cronache degli ex bambini prodigio

se  invece  i  grandi club  di  spendere miliardi  in  giocatori  stranieri pescassero  nei vivai , negli oratori  , nei campi di periferia   troverebbero  degli ottimi giocatori  come quiesti  



Luigi Sartor e Vincenzo Sarno, il ritorno alle cronache degli ex bambini prodigio

Seppur per motivi diversi, Luigi Sartor e Vincenzino Sarno, ex bambini d'oro del calcio, tornano a far parlare di sè

Luigi Sartor e Vincenzo Sarno, il ritorno alle cronache degli ex bambini prodigio
Luigi Sartor e Vincenzino Sarno. Nell’ultimo mese mi sono imbattuti in due nomi che da un po’ erano lì nella mia memoria ma che, nondimeno, annegati com’erano in una marea di altri volti e nomi da un po’ non venivano a galla.E’ successo che l’altro giorno stavo guardando la festa del Lanciano calcio, appena promosso in serie b, i calciatori erano in campo festanti, un giornalista intervistò uno, credo il capitano o comunque uno carismatico, che poi introdusse un piccoletto e disse qualcosa come “qualcuno dice che lo stiamo ancora aspettando. Io dico che è arrivato, ha fatto i gol quando servivano”. 
Poi cominciò a parlare il secondo e in sovraimpressione spuntò il nome Vincenzo Sarno.                                                       Ora, per chi è appassionato di calcio, il nome di Vincenzo Sarno può anche essere associato ad una fiaba. Quale? Non lo so. 
Di fatto, Vincenzino Sarno entrò nella case degli italiani nel 1999, a soli 11 anni, quando fu ingaggiato per 120 milioni di lire dal Torino e si trasferì al nord, da Secondigliano, per giocare al calcio. In tele si parlava di lui come del nuovo Maradona, associazione facile per un talento napoletano basso di statura e mancino.
Le cose non sono andate come ci si aspettava e il ragazzino cominciò a girare per l’Italia; adesso con un suo bellissimo gol ha contribuito alla promozione del Lanciano calcio che si ritroverà a giocare, per la prima volta, in serie b. Il talento è arrivato a maturazione? Staremo a vedere. 
E luigi Sartor? Luigi Sartor la serie A l’ha giocata eccome, ha vinto un Europeo Under 21, tre volte la Coppa Uefa, diverse volte la Coppa Italia. Insomma, Luigi Sartor ha fatto un bella carriera in serie A.
 Una carriera che rischia di essere sporcata dal recente coinvolgimento nelle indagini per le vicende delle scommesse legate al calcio.
Ma che c’entra Vincenzo Sarno con Luigi Sartor? Luigi Sartor divenne famoso, prima ancora di arrivare in serie A, perché venne pagato un miliardo di lire nel 1992, la cifra più alta pagata per un minorenne.
Tutti i ragazzi che iniziano giocare a calcio sognano di avere offerte e opportunità come quelle che hanno avuto Luigi Sartor e Vincenzo Sarno

saranno le donne che ci aiuteranno ad uscire dalla crisi ? le donne di Vega










da http://www.sullanotizia.com/index.asp




Le donne di Vega


Cinque donne hanno avuto un ruolo importante nel lancio di Vega, il vettore spaziale italiano




Le donne Vega, le chiamano così. Chi chiamano così? 
Sono dette così le donne che lavorano allo sviluppo di Vega, il vettore spaziale italiano. Quindi stiamo parlando di ricerca aerospaziale, mica cosa da ridere, e loro si chiamano Giovanna Manca, Laura Cospite, Francesca Lillo, Claudia Di Trapani e Sara Corsetti. 
E di questi tempi possono essere una istantanea che non potrà che fare del bene all’Italia e la tanto vituperata ricerca italiana che, nonostante tutto, mi sente di dire, ogni tanto ottiene qualche bel risultato. 


Dopotutto una volta, neanche tanto tempo fa, gli italiani dicevano la loro nell’ambito dell’aereonautica, basti pensare a Umberto Nobile. Giovanna Mancas’è commossa a lancio avvenuto in quel di Kourou, nella Guyana francese, e insieme a Claudia Di Trapani ha messo sotto stress il vettore, simulazione dopo simulazione.Francesca Lillo è invece laureata in chimica e all’interno del gruppo si occupa dei propellenti solidi. Sara Corsetti che con i suoi 29 anni è la più giovane del gruppo che si occupa di varie cose, anche della sicurezza dei satelliti ospitati nel vettore. A capo del gruppo c’è Luara Cospite, che del progetto Vega sa tutto in quanto veterana del primo giorno del progetto stesso. Mi scuso con loro se ho attribuito competenze e mansioni inadeguate, non era questa l’intenzione. Mi premeva invece sottolineare come la giusta combinazioni di cervelli e risorse finanziarie possa far nascere e crescere qualcosa di buono anche da noi in Italia, senza che i cervelli stessi debbano per forza trovare risorse finanziarie solo ed esclusivamente all’estero. 




Massimo Bencivenga



italia - germania una grande sfida fra ricordi indiretti e diretti


il primo è la semifinale  del mondiale  del messico   1970  ricordato indirettamente sono del 1976 attraverso i miei genitori e io mediocre film omonimo sotto una sintesi e qui la versione integrale del primo grande scontro mondiale . Esso come i successivi è tratto da La Grande Storia della Nazionale Italiana di Calcio" Storiadelcalcio2012




il secondo la  finale , con la  quale  l'italia conquisto il  suo III  titolo mondiale  , di Spagna  1982 ,  da  entrambi  avevo  6  anni 




la  terza semi  finale   mondiale 2006  vissuto direttamente  


26.6.12

assonanze curiose fra due persone [ io e il calcio reprise ]


 questo video suggeritormi dal amico e nostro utente matteo tassinari  mi ha fattto : 1) ricordare il film   di cui  lui cita  lo spezzone ., 2) ha  confermato ulteriormente il mio rapporto d'amore & odio con il calcio  di cui   ho parlato precedentemente  su queste pagine

una sentenza illuminata TRIESTE. Condannato ospedaleDa anni in coma per un errore medico avrà uno “stipendio”


TRIESTE Non potrà lavorare e guadagnarsi da vivere per un errore dei medici, e allora sarà la struttura sanitaria a dovergli un vitalizio, uno «stipendio» mensile di 1.500 euro che riceverà dal giorno in cui compirà 25 anni. La decisione, innovativa e inedita, è stata presa dal Tribunale civile di Trieste, al termine di una causa intentata all'Istituto pediatrico «Burlo Garofolo» dalla famiglia di un bambino di sei anni, in stato vegetativo permanente dal 2007 per un errore nel corso di un intervento chirurgico.
Il piccolo, a un anno e mezzo, fu operato per un “ascesso retrofaringeo” - un accumulo di pus nella zona posteriore della gola - che gli impediva di deglutire e di respirare bene. Secondo quanto accertato durante il processo, al termine dell'operazione sarebbe stato compiuto un errore da parte del medico anestesista, che bloccò l'afflusso di sangue al cervello causando lo stato comatoso al bambino.
Il procedimento si è incentrato sulla ricostruzione dell'accaduto e sull'esistenza o meno di un errore da parte dei medici. A un certo punto è stato ipotizzato che il piccolo fosse stato vittima di una malattia contratta dopo la nascita, ma il giudice ha deciso diversamente.
La sentenza - che è stata depositata in cancelleria il 29 maggio scorso ed è stata notificata alle parti all'inizio del mese di giugno - ha così disposto per la famiglia, residente in provincia di Udine, il diritto a ricevere il vitalizio a titolo di danno patrimoniale per tutta la durata della vita, per l'impossibilità del figlio a trovare un lavoro per sostenersi. Il danno non patrimoniale a favore dei genitori è stato invece valutato in 2,5 milioni di euro e verrà liquidato in una soluzione unica, al netto dell'«acconto» già versato di 250 mila euro. «È la prima volta», ha sottolineato il legale della famiglia, Matteo Mion. «La famiglia - ha precisato - ha lottato per avere la verità, e questo è più importante del denaro. È una sentenza illuminata che viene a lenire - ha puntualizzato - una situazione che purtroppo è comunque tragica».

25.6.12

chi dice che i writer e i murales sono vandali dice ...





Contemporaneamente  alla  legalizzazione  ( ed  era ora  )  all'ordine del giorno negli Usa  e negli altri paesi europei  , arriva  la legalizzazione  delle opere  murarie  dei writer  prodigalmente  graffiti  (  qyui   il sito  non lo fa copiare   e  non riesco a  catturarlo e  blogger  non permette  \o forse  sono io che non riesco a farlo   a mettere  il file  pdf    )  qui l'url preso da  repubblica  del 24\6\2012  sia  ha  in sardegna  , più precisamente  ad Orgosolo  , un lieto  ritorno ed un restauro  e  nuove creazioni  dei famosi Murales  


la  nuova sardegna  online 25 giugno 2012



Francesco Del Casino  Foto  al centro  e sotto    )   


ritorno a OrgosoloDopo anni in cui aveva soltanto restaurato vecchi lavori, ha creato nuove opere partendo da un omaggio a De Seta  e non solo 

N.b le    ora poichè le altre  foto dei  i murales  sono una più bella ed  mi è  difficile scegliere   le riporto tutte    sotto  alla  fine del post   quindo continuiate a  leggere  ovviamente i diritti sono della nuova sardegna


Tutto è cominciato con l'idea di rendere il giusto tributo a Vittorio De Seta, il regista di "Banditi a Orgosolo" scomparso nel novembre scorso. Calabrese di nascita ma orgolese a buon diritto, e non solo per la cittadinanza onoraria che gli è stata attribuita pochi anni prima della morte, De Seta è l'autore di un film che per il paese barbaricino è ancora una sorta di monumento nazionale, la storia narrata quasi in prima persona di una stagione di povertà e di violenza, quella della fine degli anni Cinquanta, che prima di allora i media non avevano mai saputo o voluto raccontare. Mancava, a Orgosolo, tra le centinaia di murales, uno che raffigurasse il grande regista, che nell’ultima visita aveva donato al comune la sceneggiatura originale del film e altre testimonianze del set. L’idea di fare un piccolo museo con questo e altro materiale del film si è persa nei meandri della burocrazia, o forse per colpa di una disfida politica in nome dell’alternanza tra destra e sinistra che a Orgosolo, di elezione in elezione, è rigidamente osservata.Così ci ha pensato Francesco Del Casino, il padre del muralismo di Orgosolo, a ricordare De Seta con un’opera realizzata proprio nella facciata di quel museo mai nato. Ma Del Casino è uno che non si risparmia, e nel giro di qualche giorno ha affrescato quasi tutta la strada .Gli altri murales sono nati un po’ per associazione di idee. Ecco infatti apparire sui muri di una via parallela a Corso Repubblica il volto intenso di Gian Maria Volonté, accompagnato da una poesia scritta dalla figlia Giovanna Gravina a poche ore dalla morte, il 6 dicembre 1994, durante le riprese in Grecia di un film diretto da Anghelopulos. Il legame con De Seta e “Banditi a Orgosolo” è presto detto: nel film, girato in presa diretta con dialoghi in sardo e doppiato in italiano secondo le consuetudini dell’epoca, a prestare la voce al protagonista Michele è proprio un giovanissimo Volonté, anche se non compare nei titoli di coda. L’altro omaggio a “Banditi a Orgosolo” riguarda il bambino, il fratello minore del latitante. Come è noto De Seta scelse gli attori tra la popolazione del paese. Il pastorello che venne “scritturato”, Peppeddu Cuccu, è oggi ritratto in una scena del film del 1959 e, accanto, in un’immagine tratta da “Sonetàula”, l’opera di Salvatore Mereu ispirata al romanzo di Peppino Fiori. Dopo anni di dura emigrazione, Peppeddu Cuccu vive di nuovo a Orgosolo. Il regista dorgalese, alcuni anni fa, mentre girava un documentario sui luoghi di “Banditi a Orgosolo” accompagnato proprio da De Seta, lo conobbe e gli promise che avrebbe ritagliato per lui un ruolo nel suo prossimo film. E così è stato. Gli altri murales realizzati in

il gay pride non sono solo esisbizionismo od ostentazione





Ogni qual volta che ci sono manifestazioni come i gay pride scoppiano le consuete polemiche per fortuna minoritarie ma ur sempre discriminatorie . Come dicevo dal titolo tali manifestazioni non sono solo , come possono sembrare all'apparenza ( e d'essa ingannati , come succedette al sottoscritto , per gay pride del 2000 , ipotesi poi cambiata dopo aver conosciuto i ragazzi del MoS-movimdento omosessuale sardo -- presenti nella sua facoltà e dopo aver visto il film philadelphia diretto da Jonathan Demme ed interpretato da Tom Hanks. ) depravazione ed esibizionismo Se addirrittura il portale Google di solito molto conservatore ha : 

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Genova - Ennesimo “tiro mancino” di Google, che per celebrare l’orgoglio omosessuale fa ai navigatori un regalo nascosto: digitando le parole “Gay Pride”, “Lgbt”, “Gay”, “Lesbian” e “Ny City Gay Pride”, sotto alla casella di ricerca apparirà una cornice variopinta nei colori dell’arcobaleno.
Questo “easter egg” - letteralmente “uovo di pasqua”, come vengono chiamati i contenuti “bonus” che i programmatori nascondono nei loro software - è un omaggio che il colosso di Mountain View ha fatto alla comunità omosessuale in occasione del Gay Pride che si è tenuto a New York domenica 24 giugno, e che attesta nuovamente la sua già manifesta posizione nei confronti dei diritti omosex.
Solitamente “riservato” dal punto di vista dell’ideologia politica, nel 2008 Google ha fatto un’eccezione ed è “sceso in campo” per dichiarare pubblicamente l’opposizione alla California Proposition 8, il referendum che si è tenuto il 4 novembre 2008 in cui si chiedeva l’abolizione del diritto al matrimonio per coppie omosessuali. Lo stesso Sergey Brin firmò il post pubblicato nel blog: «Ciò che spinge Google a opporsi pubblicamente alla proposta è l’effettoagghiacciante e discriminatorio che avrebbe su molti dipendenti. Anche se rispettiamo entrambi i punti di vista sulla proposta, riteniamo comunque che si tratti di una fondamentale questione di uguaglianza».
«Speriamo che gli elettori della California - si concludeva il post - non votino per la Proposition 8, perché non si dovrebbe eliminare il diritto fondamentale che tutti hanno, a prescindere dalla loro sessualità, di sposare la persona che amano».Leggi l'articolo completo: Google rende omaggio al Gay Pride | High Tech | Il Secolo XIX

>>

Ora cercando in rete articoli su tale eventi ho trovato questo qui 
di Riccardo Ghezzi © 2012 Qelsi

Esposto un cartello contro Israele al gay pride di Roma. Perché non vanno a sfilare a Teheran?
23 giugno, 2012 


In mezzo a una selva di bandiere di Sinistra e Libertà, che già di per sé non risultano anomale in una manifestazione teoricamente apolitica come il gay pride, spunta il cartello “Boicotta il turismo in Israele.
La foto immortala un momento del gay pride che si è svolto a Roma, e ci suscita alcuni interrogativi.
Come mai i gay se la prendono con Israele, unico Paese del medio-oriente a non considerare l’omosessualità fuorilegge?
Hanno forse paura di esporre cartelli contro l’Iran e altri Paesi islamici nei quali è prevista la condanna a morte per gli omosessuali?
Lo sanno, i signori del gay pride, che gli omosessuali palestinesi sono costretti a fuggire in Israele per non rischiare il carcere?
Una manifestazione così carnevalesca che chiede uguaglianza mentre ostenta diversità non è già sufficientemente poco credibile, senza bisogno di rovinarla ulteriormente con proclami e bandiere politiche che denotano in primis grande ignoranza sulla situazione stessa dei gay nel mondo?
Per la cronaca, lo scorso 8 giugno si è tenuto un gay pride a Tel Aviv, ancor più pomposo e partecipato di quello di Roma.
Probabilmente nessuno ha esposto un cartello con l’invito a boicottare Israele. Sarebbe stato il colmo.
Ma se i gay che hanno sfilato a Roma detestano Israele, potrebbero compiere un gesto di estremo coraggio: organizzare un gay pride a Teheran. Portando anche il cartello anti-Israele, se vogliono.
Lo attendiamo per il prossimo anno



Ora può darsi che abbia ragione che il gay pride sia di una sola parte politica e culturale , perchè sono convinto che tali manifestazioni debbano essere di tutti\e e al di spora delle ideologie , cosi come la lotta con la stupida e l'ignoranza omofoba . Ma l'articolo in se non è completamente obbiettivo perchè : 1 afferma che la sinistra odia israele senza spiegarne il perchè . Infatti Come boikottavamo il turismo in sudafrica e i diamanti durante l'apartheid, << Secondo Massimo Mele leader del Mos >> oggi si chiede di boicottare il governo di destra israeliano che ha rinchiuso la palestina in un immenso lager a cielo aperto. Io sono stato 7 volte in Palestina e diversi mesi a Tel Aviv con Queer for peace, la rete internazionale gay, lesbica trans contro la guerra e abbiamo fatto diversi workshop con i bambini palestinesi sulla diversità. Sono il primo a dirti che Israele non rispetta le risoluzioni dell'ONU, che le colonie sono avamposti di guerra totalmente illegali (condannati anche dall'Europa e dagli USA), che la politica israeliana di distruzione delle organizzazioni laiche palestinesi e il suo sotegno a quelle fondamentaliste ha provocato la vittoria d hamas ecc ecc ecc. 2 )   mostra il pride solo ed esclusivamente come qualcosa di depravato quando << Il pride è una manifestazione per la liberazione da tutte le oppressioni come quella di Israele sulla Palestina, o quella dei fondamentalisti musulmani sulle donne e sui gay. >>. Informazioni parziali sulla Palestina  . Ecco che  chiacchierando  ho  ho chiesto a Massimo : << fra le tante discriminazioni israeliane ( ovviamente senza generalizzare perchè anche fra israeliani ci sono tipi che sono contrari a queste cose commesse dal loro stato ) verso i palestinesi c'è anche questa . Lo sanno, i signori del gay pride, che gli omosessuali palestinesi sono costretti a fuggire in Israele per non rischiare il carcere? >>  .
Lui  <<   Cosa che è vera, la società palestinese, da 50 anni sotto occupazione e in lotta per l'esistenza, non ha avuto grandi possibilità di sviluppare una cultura di rispetto delle differenze, in più, la politica israeliana di annientare le organizzazioni laiche, come il Fronte popolare per la liberazione della palestina, ha permesso ai fondamentalisti di salire al potere in seguito al disgusto per la politica dell'OLP di Arafat che era pieno di persone corrotte e che collaboravano con Israele. Quindi, una mentalità un pò arretrata, come la Sicilia di una ventina di anni fa, un'occupazione militare che crea disoccupazione e miseria e impossibilità a spostarsi da una città all'altra per i check point ed il muro. Non cercheresti anche tu di fuggire verso Tel Aviv??? Cmq in Palestina non rischiano nessun carcere, vige la legge Giordana in materia e non c'è nessuna illegalità nell'omosessualità. Rischiano però discriminazioni, aggressioni e allontanamenti dalla famiglia, a volte anche violenti .



«Come stanare gli incendiari» La via della (vera) lotta al fuoco







N.b Le foto ivi riportate , non sono  dell'articolo ma prese dalla rete , in quanto  non so per  quale arcano motivo   da un paio di mesi   nelle  edizioni free del quotidiano  cioè quelle disponibli dopo  le  19 non compaiono  le  foto  degli articoli  

Ma ora  bado alle  ciancie   ed m'avvio a raccontare  .   

Un altro problema   oltre all'abbandono degli animali  è quello degli incendi  . Ecco la storia  di chi lotta   contro il fuoco  
unione  sarda del 24\6\2012

È uno dei cento investigatori criminali d'Italia. I serial killer non c'entrano e nemmeno i buonissimi ragazzi che massacrano i genitori nella quiete delle pareti domestiche. La sua specialità è un'altra, incandescente: gli incendi. Studia, come dicono gli addetti ai lavori, la sindrome dell'incendiario.Trentatré anni, romano, Marco De Sisto è laureato in Psicologia, tesi sui comportamenti autolesionistici col fuoco. In Sardegna, e non solo, l'argomento è caldo, anzi caldissimo. Appena comincia l'estate si vacilla sulla solita altalena fatta di speranza e paura: sarà una stagione devastante oppure ce la caveremo con una quantità fisiologica di roghi? Di indagini, o intelligence, come dicono oggi, non si parla. A differenza della caccia a un assassino, quella ad un incendiario non prevede nessuna tecnica investigativa salvo quella dettata dalla fortuna. E solo allora si parla di arresti, si sbatte sui giornali nome e foto del mostro che ha appiccato l'incendio.De Sisto viaggia in un'altra dimensione, segue una rotta decisamente nuova. La sua plancia di comando è al sedicesimo piano di Bourke street, a Melbourne, un palazzone del Central business district, cuore commerciale della città. Ambiente minuto e prevedibile: scrivania, computer, molto disordine, moltissimi libri, carte sparse a piacere.Il pizzetto risorgimentale gli dà un'aria risoluta, decisa. Ma dev'esserci qualcosa di più se fa il pendolare con l'Italia nella veste di prof e consulente delle squadre che si occupano di incendi. Esordio volontario coi Vigili del fuoco, ha sgombrato il campo dagli equivoci con un saggio che risale al 2005. Si intitolava: piromane o incendiario? «Di solito si usano, sbagliando, questi due termini come sinonimi».Nel tempo, insomma, s'è convinto che per debellare gli incendi non bastano le campagne pubblicitarie sui giornali, l'arruolamento in massa di precari, le assunzioni nel Corpo Forestale dettate più da ragioni clientelari che da bisogni veri e propri. L'australiano Bushfire cooperative research centre gli ha finanziato uno studio per disegnare l'identikit dell'incendiario-tipo, non confonderlo col piromane e, soprattutto, organizzare la prevenzione.La risposta, dice lui, è «squisitamente investigativa: se vuoi evitare o ridurre la piaga degli incendi devi capire contro chi stai combattendo». Significa, e la cosa riguarda qualunque Paese del mondo, tratteggiare la psicologia e gli impulsi di chi sceglie il fuoco per farsi giustizia o per mettere a segno una vendetta, aprire la strada a una speculazione edilizia o danneggiare un concorrente.Secondo De Sisto, che viaggia un po' dappertutto per tenere corsi di aggiornamento alle forze dell'ordine, il vero problema è «liberarsi dalla logica, generalista e banale, della lotta agli incendi per aprire un fronte nuovo». Servirebbero, in pratica, gruppi di specialisti che conoscano bene la terra in cui lavorano e il labirinto di interessi che la attraversa. «Io penso a una sorta di procura antincendi, a un team di detective e non di pompieri».


Cominciamo dall'apocalisse di tre anni fa.
«Da queste parti quell'incendio si chiama Black saturday, Sabato nero. È stato uno dei più devastanti nella storia dell'Australia. Febbraio 2009, Melbourne, Stato del Vittoria. Il bilancio è impressionante: 173 morti, circa 7.500 persone rimaste senza un tetto con un totale di duemila case completamente distrutte e 45mila ettari di terreno devastati. Questo è stato il Black saturday».
L'Italia se la passa decisamente meglio.
«È il terzo Paese europeo più colpito dagli incendi boschivi. Tra il Duemila e il 2008 se ne sono verificati poco meno di ottomila. Le fiamme hanno divorato qualcosa come ottantacinquemila ettari di vegetazione. Ogni anno nel mondo ne vengono inceneriti non meno di 350 milioni».
Qual è la differenza tra piromane e incendiario? «Sono figure che presentano dinamiche motivazionali profondamente differenti. L'incendiario appicca un incendio per tornaconto personale (vendetta, business, protesta o per mascherare altri reati). Il piromane invece lo fa per via di un deficit nel controllo degli impulsi. Metterli sullo stesso piano è come paragonare un drogato ad uno spacciatore».



L'incendiario può essere considerato un malato?
«Dipende dai casi e, soprattutto, da cosa intendiamo con il termine malato. Un soggetto che per qualche migliaio di euro appicca un incendio causando danni irreversibili all'ecosistema nonché la morte di centinaia di esseri viventi è un malato o un sano delinquente?»
Sul piromane invece non ci sono dubbi, andrebbe curato come un maniaco sessuale.
«Negli ultimi anni si è evidenziato un forte collegamento tra il piromane e la sua sfera sessuale compromessa. Di fatto, per questo genere di persone appiccare un incendio e assistere poi al divampare delle fiamme rappresenta lo stesso identico piacere e coinvolgimento provato durante un orgasmo».
Il confronto col maniaco sessuale regge?
«Direi di no. Siamo molto distanti dal poterlo collegare ad un maniaco sessuale proprio per l'oggetto del desiderio. Per un piromane il fuoco è e sarà sempre la più bella ed eccitante delle donne, l'unica che valga veramente la pena possedere».
C'è una confessione che l'ha colpita?
«Anni fa sono riuscito a convincere un piromane a vuotare il sacco. Ma sto parlando di un-piromane-uno. Bisogna tener presente che nella stragrande maggioranza dei casi siamo di fronte invece a un incendiario, cioè un individuo che ha un interesse preciso a scatenare il fuoco. Il nostro lavoro è capire quale sia questo interesse».
Risalire insomma al movente.
«Certo. Ed è per questa ragione che da tempo mi batto perché l'apparato investigativo venga rafforzato, migliorato e adeguato alla gravità di un fenomeno che ha dimensioni internazionali».
Il caso più eclatante?
«Credo risalga alla primavera del 2009 quando una stazione radio-televisiva mi ha chiesto di tracciare il profilo di un ragazzo accusato di uno degli incendi scoppiati durante il Black saturday. Ricordo bene quella vicenda: il movente era la vendetta nei confronti della sua ex fidanzata, una volontaria dei Vigili del fuoco».
Esiste una classificazione degli incendi?
«A livello mondiale oggi è ormai accettata una distribuzione precisa delle cause degli incendi: volontari (o dolosi), involontari (o colposi), naturali e non classificabili (o di dubbia attribuzione). Le medie a livello internazionale registrano un 50 per cento di cause volontarie, 25 per cento involontarie, 3 per cento naturali e il restante 22 per cento non classificabili. Tutto diventa però più complicato quando vogliamo analizzare le motivazioni che si nascondono dietro un incendio. Ogni realtà ha storie e sviluppi diversi: ecco perché un investigatore deve avere innanzitutto un'eccellente conoscenza del territorio».
E i casi di incendio-suicidio?
«Al di là della forma e dell'atto che il suicidio assume, ciò che accomuna tutti i tentativi di darsi la morte tramite il fuoco sembra essere una marcata volontà di autopunizione. Due studiosi, Barnett e Spritzer, scoprirono fin dal 1994 che gli incendiari erano tra i pazienti con più precedenti per tentato suicidio e per automutilazione».
Come mai?
«Questi soggetti ritengono di poter cancellare ogni traccia di sé attraverso il suicidio. L'aspetto su cui mi soffermerei è proprio questa ambivalenza: da una parte far finta di non essere mai esistiti riducendo in cenere se stessi e il proprio ambiente; dall'altra invece offrire uno spettacolo talmente brutale e spaventoso (come quello di bruciare vivi) che rimarrà sempre impresso nella mente».
Quali sono le abitudini-tipo dell'incendiario?
«Difficile, e a mio avviso perfino scorretto, generalizzare. Dipende che tipologia di incendiario vogliamo prendere in esame. Ovviamente le abitudini e gli stili di vita di un uomo d'affari saranno molto diversi da quelli di uno che vuole soltanto vendicare un torto subìto o che magari vuole protestare contro un sistema che non condivide».
Ma qual è la molla che fa scattare l'idea del fuoco?
«La più disparata. Si passa dal businessman che brucia un'area boscata per poi costruirci sopra una zona residenziale e quelli che invece sentono voci d'angelo o di demoni che li invitano, fino a costringerli, ad appiccare un incendio».
La legislazione è adeguata all'emergenza-fuoco?
«Assolutamente no. Ma l'apparato legislativo non è altro che il risultato di una scarsa presa di coscienza dell'immensa gravità del fenomeno degli incendi, soprattutto boschivi».
Servirebbero squadre investigative specializzate?
«È il mio più grande desiderio, insieme al sogno di riuscire a farne parte. Ma credo che tutto questo resterà una dolcissima utopia ancora per molti anni».
Perché?
«Basti dire che si è cominciato a parlare di investigazione-incendi soltanto a partire dalla fine degli anni '80. Prima d'allora l'argomento era ignoto in tutto il mondo per la semplice ragione che l'unico obiettivo era quello di organizzarsi per spegnere le fiamme e salvare più vite possibile. Ancora oggi ci sono molte resistenze a porsi in un'ottica investigativa».
Come mai?
«Per la semplice ragione che, a livello internazionale, tuttora si ritiene che il 30 per cento degli incendi abbia una causa non ben definita».
E invece?
«Non voglio sostenere che gli incendi siano soltanto dolosi. Ma dico che le ricerche hanno ormai dimostrato che, in tutto il pianeta, oltre il 90 per cento degli incendi è da considerarsi provocato dall'uomo. Di questi, quasi il 60 per cento sono intenzionali, cioè dolosi. Le conclusioni sono sconfortanti: il fatto è che non si vuole capire».
Cosa non si vuole capire?
«Continuare a parlare di prevenzione e di lotta antincendio è oggi assolutamente inutile visto che le statistiche attribuiscono a ragioni dubbie o non accertabili un rogo su due. Non riesce a passare l'idea che dietro gli incendi, in particolare quelli boschivi, c'è troppo spesso la mano di un criminale. E allora mi domando: vogliamo veramente ridurre il numero degli incendi? Investighiamo, non c'è altra scelta».
A proposito: il fuoco appiccato dai pastori è tradizione o crimine?
«La pastorizia è senza dubbio una risorsa vitale. In questo contesto il fuoco - come strumento culturale - non è altro che il fratello maggiore della pastorizia. La protegge, le dà sicurezza fino al punto di garantirne la stessa sopravvivenza. Però fin dal 1756 l'utilizzo del fuoco per rivitalizzare i pascoli è considerata una pratica proibita e pertanto perseguibile dalla legge».
Non è una contraddizione, questa?
«Il mondo è pieno di contraddizioni, a volte la risposta giusta non è sempre quella più logica ed evidente. Uno zingaro che ruba è un delinquente o una persona che rispetta la lunghissima tradizione delle sue radici culturali? Un circense minorenne che non va a scuola per diventare un'attrazione da circo è un fuorilegge o un ragazzo talentuoso che onora la storia della sua famiglia?»