21.5.14

[ cari giornalisti i rai e mediaset reprise ] cari giornalisti cartacei e televisivi , e popolo della rete finitela d'alimentare il feticismo sulla strage di tempio pausania

concordo con l'amico Duca Di La Naciola L'unica certezza è che sulla tragedia di Tempio, da domenica, i giornali ( e le voci su fb e non solo ) ne hanno detto di stronzate con l'unico scopo di vendere qualche copia in più.... — triste. Generando equivoci che se non fossero in questa situazione sarebbe comici , come quello che alle 10.30 di sera ( il giorno prima del funerale ) la gente credeva che la chiesa con le salme fosse ancora aperta . e ci fermava per chiedere informazioni dov'erano  le  salme  . Quindi  ribadisco   quello che  ho detto ieri in questo post  : 


  
specie   dopo che  l'assassinino  ( sempre   presunto tale  , perchè anche  se   ha confessato rimangono dubbi  sulla complicità  e  su altri lati poco  chiari  )  e  oggi s sono  svolti i  i  funerali
  finitela  con articoli e  titoli  da  sciacalli   che  non  aggiungono niente al news  in  se  o alimentano solo la morbosità    e  sono  no fuorvianti  .


Es  l'articolo  della  nuova d' ieri  che il titolo diceva  : << una  storia  con la  Zanzani ?  [ una  delle tre  vittime  ]  >>
 invece l'articolo  collegato diceva  tutt'altro  .

  a chi mi dice  sono  giornalisti fanno il loro lavoro  , e simili    riporto quii  una discussione  avuta  su  fb




Quindi Basta    diamoci una bella calmata  e  finiamola  .
Faccio mie  le parole  dell'amico Sergio Pala.
affrontare il dramma su face.. ed anche in questi giorni di immenso dolore, rabbia, incredulità e sgomento c'è chi ha voglia di mettersi a polemizzare, litigare, offendere...quando credo che la massima forma per il rispetto del dolore sia il SILENZIO...

Nella chiesa di San Paolo i funerali dello storico allenatore dell’Olbia. Una vita dedicata ai valori sani dello sport Una maglia bianca per l’addio a Palleddu

leggendo  , le cronache   spesso feticiste  , della strage  di tempio  pausania  ,  sulla  nuova   nuova  sardegna  Olbia-Gallura  del  20\5\2014  mi sono imbattuto  in questo articolo  .
Descrive  un epoca   di mezzo  fra calcio puro e calcio  corrotto , cioè u quando la corruzione stava iniziando a prendere  piede  ecco  perchè  come tag  ho scelto  calciopoli antelitteram  )  . Insomma un epoca   che  se  ne và  e  che  rimane  solo nei ricordi   .


Nella chiesa di San Paolo i funerali dello storico allenatore dell’Olbia. Una vita dedicata ai valori sani dello sport Una maglia bianca per l’addio a Palleddu

OLBIA Non ha fatto in tempo a rivedere l’Olbia nella serie C unica. La sua Olbia è uscita troppo presto dai playoff per un posto nel calcio che conta. Quel mondo in cui lui, Palleddu Degortes, l’aveva portata nel 1968. Più forte degli avversari, più forte della slealtà sportiva del Latina. Perché, calcisticamente parlando, il suo nome sarà per sempre legato a quell’impresa. L’Olbia del primo boom economico che salta il Tirreno per sfidare Ascoli, Siena, Empoli, e poi il Genoa... Una piccola, grande epopea. Perché sì, è stato l’allenatore di molte squadre, dalla Nuorese al Calangianus, e ovunque ha lasciato un grande ricordo, ma Palleddu è l’Olbia, come dimostra la maglia bianca sulla sua bara, ieri pomeriggio, nella chiesa di San Paolo stracolma di persone arrivate per dargli l’ultimo saluto. Non può che essere così, con quel cognome, Degortes, così terranovese, lui che è nato quando la città si chiamava ancora Terranova, appunto.

 Non può che essere così perché quella promozione, nel caldo 1968, ha proiettato l’Olbia, piena di olbiesi, nel migliore calcio italiano. La serie C, allora, era una cosa seria. Così come, con la riforma che partirà proprio nella prossima stagione, vuole tornare a essere. Il Nespoli, a quel tempo, era sempre pieno in ogni ordine e grado, come dicevano i vecchi cronisti. I bianchi giocavano nel girone F della serie D. Contro Tempio, Calangianus, Carbonia, e poi Rieti, Tevere Roma e Latina. E proprio contro i laziali, l’Olbia di Palleddu, si giocò la promozione. Con un finale da thriller. Olbia-Latina all’ultima giornarta. Con la vittoria dei rivali per 2-1. Con l’Olbia che aveva mancato il salto di categoria. Ma quel campionato non era regolare. Troppi sospetti, tutti sul Latina. Una piccola Calciopoli con alcuni decenni d’anticipo. Ci vollero molti elementi, per ristabilire la verità e dare all’Olbia ciò che le fu ingiustamente sottratto. Palleddu e con lui il presidente, Elio Pintus, combatterono una lotta apparentemente persa.


  Ma alla fine il muro di omertà che aveva coperto il Latina iniziò a vacillare. Tutto cominciò a Tempio, in casa dei rivali per eccellenza. Con i galletti giocava un olbiese, Balzano, e fu lui a capire che il Latina aveva comprato alcuni suoi compagni (non galluresi) perché perdessero. Quello squarcio divenne poi una rottura quando il presidente del Tempio, Gianni Monteduro, fece collaborare tutti i suoi uomini. Venne fuori che il Latina aveva barato, e la federazione lo punì: 13
in una  foto recente 
punti di penalizzazione, promozione annullata. L’Olbia andò in serie C. Per merito. Perché Palleddu, come tutta la sua vita ha poi confermato, era un uomo giusto. Non a caso, ormai fuori dal giro per limiti di età, andò a insegnare calcio ai ragazzi della comunità Arcobaleno di don Raffatellu. Una meravigliosa esperienza, per un uomo che amava il sociale e trasmetteva valori sani, veri. Il suo primo anno in serie C fu straordinario. L’Olbia arrivò settima, in un girone dominato dall’Arezzo e in cui c’erano Ascoli, Massese, Prato, Pistoiese, Viareggio, Ravenna... Tutte grandi città, rispetto alla piccola Olbia di allora. Era l’Olbia di Bruno Selleri, di Pelè Marongiu, di Benvenuto Misani. Ma era, soprattutto, l’Olbia di Palleddu. Che ora, lassù, tornerà a indossare quella maglia candida come la sua anima. (g.pi.)

20.5.14

cari giornalisti di rai e mediaset



Cari giornalisti seri e non seri di raimediaset . la volete finire con questo sciacallaggio e.lasciare in pace i parenti e conoscenti delle vittime e noi tempiesi ? Speriamo che gli arrestino gli altri due \ tre della banda . Cosi almeno questo feticismo mediatico e e la morbosità mista ad ipocrisia e falsità della gente finirà . Ormai è sempre più un apparire a tutti i costi , infatti in piazza 'è il camion fisso della rai , tanto da far saltare il mercatino della coldiretti , e la gente bramosa d'essere intervistata o d'apparire in tv appostata . videocraty insegna




. Ce si ritorni nei bar e negli altri luoghi alle vecchie e a volte anche noiose discussioni .

19.5.14

in una scuola media di Forlì.Guarda foto hard in classe. Il prof gli sequestra il cellulare. Ma la madre si presenta a scuola in compagnia di un avvocato e ha denunciato l'insegnante per furto


prima di coricarmi leggo  sulla mia bacheca  di fb    , questa  news   che  trovate  sotto 
  Non so  che  se  ridere o  piangere,  conferma  uno dei motivi principali   per cui ho tardato a laurearmi in lettere  e   non ho scelto la  carriera  dell'insegnante  .

Un giovane alunno di una scuola media di Forlì è stato sorpreso dal professore mentre guardava foto hard sul cellulare.
A quel punto l’insegnante gli ha sequestrato il telefonino, chiedendo che a ritirarlo venisse uno dei genitori. Fino a qui nulla di strano. Solo che la madre dell’alunno si è presentata nell'istituto in compagnia di un 


da  http://www.ilgiornale.it/

avvocato e ha accusato il professore di furto. A riferire l'accaduto è il sindaco di Forlì, Roberto Balzani. Secondo il racconto del primo cittadino, la madre avrebbe anche difeso il figlio sostenendo che le foto incriminate non erano poi così hard, dato che la donna immortalata "aveva anche il perizoma".
"Siamo a questo punto, la giuridificazione dei rapporti sociali sta raggiungendo il suo apice. L’apice del grottesco. Genitori che non accettano le punizioni inflitte ai figli forse perché non le hanno mai ricevute o forse perché non sanno leggere la realtà. Così, nella virtualità più assoluta, si consumano le nostre vite. Con i 
da  http://www.forlitoday.it/
dirigenti scolastici assediati dagli avvocati (senza scrupoli), le insegnanti che si disperano, gli studenti che cercano di approfittare della falsa protezione dei genitori... Si, bisogna atterrare sul pianeta scuola. La nostra base è aggredita da un virus devastante", ha commentato il sindaco Balzani.
Infatti lo stesso Balzani a www.romagnanoi.it/    afferma  : << Siamo a questo punto - dice Balzani - la giuridificazione dei rapporti sociali sta raggiungendo il suo apice. L’apice del grottesco. Genitori che non accettano le punizioni inflitte ai figli forse perché non le hanno mai ricevute o forse perché non sanno leggere la realtà. Così, nella virtualità più assoluta, si consumano le nostre vite. Con i dirigenti scolastici assediati dagli avvocati (senza scrupoli), le insegnanti che si disperano, gli studenti che cercano di approfittare della falsa protezione dei genitori... Sì, bisogna atterrare sul pianeta scuola. La nostra base è aggredita da un virus devastante”. >> 
 Il post del sindaco è stato , sempre  secondo   romagnanoi  ,  condiviso oltre 200 volte e sono una settantina 
i commenti. Molti se la prendono con le famiglie incapaci di educare i ragazzi e con la madre: “Chiamare un avvocato per il “sequestro” di un cellulare è esagerato considerando che forse la cosa è stata fatta per potare l’accaduto all’attenzione dei genitori. Cerchiamo di insegnare valori ormai persi ai nostri figli” dice il primo. Ma c’è chi mette in dubbio il provvedimento: Un insegnante che sequestra il cellulare - scrive Fabri - chiedendo ai genitori dello studente di ritirarlo è un pessimo insegnante. Fossi stato io il genitore, non sarei andato certo con l’avvocato. Non sarei proprio andato. Se un docente non riesce neppure a gestire un episodio simile senza intermediazione della patria potestà, significa semplicemente che ha sbagliato mestiere”. E cosa avrebbe fatto? Gli chiedono. “Coinvolgere i genitori, nel caso specifico, è l’unica cosa che non avrei fatto mai”. Per Maria Rosaria invece la colpa resta delle famiglie: “posso non essere d’accordo con il metodo, ma quando l’insegnante prende una decisione nei confronti degli alunni, i genitori hanno il dovere di sostenere l’insegnante, altrimenti gli alunni non avranno più rispetto per lui e gli insegnamenti non avranno più valore”. 
Concludo  approvando  quanto dice l'utente  tim burton su http://www.forlitoday.it nei  commenti 


   Cartellino rosso alla madre per avere dato un cellulare a un ragazzino delle medie e per sminuire l'autorità del suo Maestro (ma lo sa che così facendo alleva un futuro viziato disadattato?). Cartellino rosso all'avvocato "morto di fame" che si presta alla pantomima.Solidarietà al Professore, mestiere difficile se fatto con professionalità e poco retribuito, specialmente nelle scuole medie.Se ci sarà denuncia si spera in Magistrati col buon senso.....si spera....sarà??? Ma ce ne sono?

con    questo vado a nanna   augurandovi  a  tutti\e voi  cari  lettori\ itrici  la  buonanotte

  


«Insegniamo ai giovani la passione per la libertà»

.
Molti mi diranno   guarda  che il  25  aprile   era  il mese  scorso  , ma  io ne  infischio  e le riporto lo stesso , perchè   non perda il ricordo degli eventi  .Ma  soprattutto  perchè  : 1)  la  guerra  di liberazione  \    la resistenza ne bene  e   nel  male  è l'ossatura del nostro paese    ed  è collegata  al  2  giugno  ovvero alla nascita  della  repubblica  ., 2)  perchè non si ripeta mai  più ,  la  vicenda  narrata  nel film l'onda  dimostra  come sia possibile  , un altra  dittatura  .  
 ti potrebbe intreressare  
http://it.wikipedia.org/wiki/Lidia_Menapace


da la   nuova  sardegna   online  del 19\5\2014


di Anna Sanna

All’Università di Sassari la presentazione del libro “Io partigiana”. «Inclusione e pacifismo le linee guida per costruire la democrazia del futuro».


Lidia Menapace
SASSARI. Staffetta partigiana, classe 1924, nome di battaglia “Bruna”. Impegnata nell’associazionismo cattolico e fondatrice del Manifesto. E poi senatrice della Repubblica, pacifista e femminista militante. Lidia Menapace arriva a Sassari per presentare il suo ultimo libro “Io, partigiana. La mia Resistenza”. L’appuntamento è domani alle 17.30 nell’Aula magna dell’Università di Sassari: l’incontro è organizzato dall’Anpi (l’Associazione nazionale partigiani d'Italia), Comitato provinciale di Sassari. In “Io, partigiana”, Lidia Menapace racconta la sua Resistenza, i tanti episodi di eroismo personale e collettivo. Il suo impegno continua ancora oggi nel Comitato nazionale dell’Anpi e nelle lotte che ogni giorno porta avanti, perché «nuove forme di assolutismo e di oppressione sono possibili, per cui è sempre attuale una nuova Resistenza».

C’è stato un momento determinante in cui ha capito che doveva fare qualcosa contro il fascismo e il nazismo ?
«Il fatto che mio padre, che era stato richiamato in servizio nell'estate del 1943, sia stato deportato come Imi (internati militari italiani n.d.r.) nei campi di concentramento in Germania, mi impose moralmente di fare qualcosa di pratico e non solo di pensare e parlare contro il nazifascismo. Considero il rifiuto di aderire alla Repubblica sociale italiana da parte di circa 800mila militari italiani deportati in Germania, forse la maggiore espressione della Resistenza da parte del popolo italiano. Essi resistettero pur essendo sottoposti a continue richieste di aderire alla Repubblica di Salò, per poter tornare a casa: rifiutarono, con gravissimi rischi, se si pensa che circa 80mila di loro morirono in prigionia».

un gruppo di partigiani nella  Val d'Odossola


Il suo libro è rivolto alle ragazze e ai ragazzi. Le testimonianze della Resistenza come possono aiutarli a orientarsi nel mondo di oggi?
«Conoscere è la prima e più importante premessa del capire e avere elementi per decidere. Se le generazioni che seguirono quella resistenziale nulla sapessero di quegli anni, non potrebbero nemmeno accorgersi se nuovi pericoli di autoritarismo e involuzione del livello di libertà politica dovessero affacciarsi nel nostro paese enel mondo. Sull'ignoranza non si costruisce nulla di degno».

Il contributo delle donne alla lotta di liberazione è stato fondamentale.
«La presenza delle donne fu effettivamente essenziale, ma avvenne in forma di emancipazione. Il movimento di emancipazione fu bloccato dal fascismo e l'Italia rimase indietro rispetto ad altri paesi europei, così si dovette ricominciare: il cammino fu lungo e aspro e non è terminato. Comunque l'esperienza resistenziale fu una grande scuola di emancipazione, avvenuta in circostanze dure e difficili».

Nel libro l’immagine della Resistenza è ben poco militare. Lei per scelta non trasportava armi, e gli atti eroici che racconta sono quelli della gente comune.
«Pensare di narrare la Resistenza come l'ultima guerra del Risorgimento è sbagliato, credere di poter narrare la "memoria condivisa" di un evento che non fu condiviso è addirittura un falso storico e una strumentalizzazione. Se si interrogano coloro che fecero la Resistenza si avranno narrazioni di pericoli, sacrifici, fame, freddo, torture, stragi, non di campi di battaglia separati dalle città e dalle campagne: la guerra arrivò dentro casa, e costrinse tutte e tutti a fare i conti con ciò che avveniva e con la propria responsabilità. Su tutte queste esperienze si formò una coscienza collettiva che si diffondeva clandestinamente e continuamente».

Il suo impegno non si è fermato a quegli anni e continua ancora. Cosa significa costruire la libertà e la democrazia oggi ?
«La democrazia è sempre in costruzione, dato che l'orizzonte dei diritti e delle libertà si espande e rinnova. In primo luogo credo sia necessario usare un linguaggio inclusivo, dato che il linguaggio è lo strumento più significativo dell'appartenenza alla specie umana: bisogna sempre dire donne e uomini, ragazze e ragazzi, bambine e bambini. Inoltre, se si vuole respingere la nota affermazione di von Clausewitz, secondo la quale "la guerra è la politica continuata con altri mezzi", bisogna mettere tra politica e guerra uno stop assoluto, dire che ripudiamo la guerra perché vogliamo un mondo nel quale le relazioni tra persone vengano regolate dal diritto, non dalla guerra. Inoltre, poiché il modo capitalistico di produrre nuoce al pianeta, bisogna costruire una alternativa di sistema fondata su relazioni ricche, belle, nonviolente. I tre problemi fondamentali sono dunque l’enorme diseguaglianza tra i generi nel mondo, il pericolo di guerra e la salvaguardia della natura».

Cosa pensa delle recenti proposte di riforma del Senato e della legge elettorale? Secondo lei sono in linea con gli intenti delle madri e dei padri Costituenti ?
«Sono contraria alla proposta di controriforma del Senato, che accresce l'area di chi esercita un potere senza essere eletto/a. Se l'assetto costituzionale appare farraginoso perché ripetitivo, si può modificare la distribuzione delle competenze tra Camera e Senato, o ridurre il numero e i compensi degli elett/e. Sia la questione del Senato sia la legge elettorale, che offre premi a chi non raggiunge nemmeno lontanamente la maggioranza dei voti, sono opposti allo spirito con il quale lavorarono i padri e le poche madri costituenti. Se comunque un articolo deve essere modificato o meglio cancellato, è l'articolo 7 che costituzionalizza il Concordato e conserva privilegi inammissibili per la chiesa cattolica. Sono molti i paesi cattolici che non hanno concordato e i paesi democratici di solito non lo hanno, dato che la libertà religiosa è ormai considerata una delle fondamentali».

25 Aprile, Alfredo, Angelo e Mariano: le storie dei finanzieri che liberarono l'Italia

La Guardia di Finanza ha deciso di festeggiare il 25 aprile con le testimonianze dei familiari di ufficiali e sottoufficiali che collaborarono alla liberazione dell'Italia. Tra le storie raccontate, quella del brigadiere Mariano Buratti, che formò una cellula di partigiani nella Capitale; o il tenente Angelo Gracci, tra i primi a entrare a Firenze il giorno della sua liberazione; e, ancora, il generale Pasquale Debidda, che murò una bandiera tricolore nei sotterranei della scuola Allievi della Guardia di Finanza di Roma per sottrarla alla furia nazista


Prodotto dal Comando Generale della Guardia di Finanza. Direzione editoriale Vito Augelli. Scritto e diretto da Piergiuseppe Cananzi


18.5.14

la verità fa male e fa paura ? perchè pubblichi le foto di tuo figlio in rete e poi t'indegni quando senti ai tg d pedofili che fregano su internet le foto di bambini per i loro turpi usi ?

la gente è strana , mette foto dei loro bambini ( poi si scandalizza e s'indigna quando sente che ci sono pedofili che prendono le foto dal web e per i loro turpi passioni ) però poi gli fai notare di non lamentarsi se tale foto verrrà usata datali depravati \ malati e ti cancellano sia dai contatti sia smettono di seguirti . se questo è il prezzo per gli spiriti liberi ben venga . qualcuno lo avevo previsto 40 anni fa 

i Dottori le Dicevano che non Avrebbe Mai Camminato ma Lei Diventa CAMPIONESSA OLIMPICA Grazie alla Madre!

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<< che  io possa  vincere   ma se  non ci  riuscissi   , che  io possa  tentare  con tutte  le mie forze  . >>Giuramento   dell'atleta   Special olympics.


mai perdere la speranza  . Non esiste  la  previsione assoluta .  e  questo caso lo dimostra.




Tutti le dicevano che non avrebbe mai camminato né parlato eppure la Madre ha sempre creduto in sua figlia fino a portarla alla partecipazione delle olimpiadi come atleta! Una storia bellissima e commovente che ci insegna quanto sia forte l'amore di una madre verso i propri figli.

"Non sono un artista io documento intervista al maestro della fotografia Gianni Berengo Gardin e Laurea ad honorem a su puzonarju, fotografo dei rapaci domenico ruiu

la  prima storia    viene da       rainews  24


Parlas  de . "Il libro dei libri" ultima fatica  uscita  di recente  di Gianni Berengo Gardin, edito da Contrasto. Riunisce un'ampia raccolta della produzione editoriale di un maestro della fotografia italiana, che si racconta in questa intervista di Cristina Bolzani. 

La seconda  dalla  nuova  sartdegna  online  

Laurea ad honorem a su puzonarju, fotografo dei rapaci Dopo quarant’anni di attività documentaristica, il 28 il riconoscimento dell’Università di Sassari-Nuoro a Domenico Ruiu



 NUORO. Laurea magistrale ad honorem a su puzonarju Domenico Ruiu  ( foto  a  destra  ) Sassari, dipartimento di Agraria, attraverso il corso gemmato nuorese in Scienze ambientali e forestali. Una laurea conquistata sul campo, nel vero senso della parola, per il fotografo naturalista, o meglio: «naturalista fotografo», come già nel 1993 lo definiva Fulco Pratesi nella sovraccoperta di uno dei tanti capolavori firmati da Ruiu, I miei rapaci. E proprio i “suoi rapaci”, il loro ruolo ecologico e soprattutto la loro conservazione, saranno i protagonisti della lectio doctoralis che su puzonarju terrà il prossimo 28 maggio, alle 11,30, nell’aula magna dell’ateneo turritano, davanti al rettore Attilio Mastino, al direttore del dipartimento di Agraria Giuseppe Pulina e al presidente del corso di laurea in Scienze ambientali e forestali Pietro Luciano.
. Dottore, d’ora in avanti. Così vuole l’università di
Una laurea che arriva dopo quasi quattro decenni spesi a documentare con passione sconfinata l’ambiente naturale della Sardegna e non solo. Classe 1947,
diploma in Ragioneria, una vita da impiegato pubblico, Domenico Ruiu ha iniziato a girare in lungo e in largo armato di reflex nel 1977. Ma è da sempre, fin da quando era un adolescente che passava le estati all’Ortobene, che questo eterno ragazzino puzonarju che ora scrive libri e usa il computer si lascia andare alle emozioni forti davanti a un comunissimo esemplare di passerotto o a un maestoso e raro avvoltoio monaco, un gipeto, una poiana, un gheppio, uno sparviero, un astore, un falco pellegrino, un’aquila reale... oppure davanti a un grifone. Sua maestà il grifone. Il rapace che ha segnato l’esordio editoriale di Domenico Ruiu, nel 1981. Caro grifone, il titolo di quel primo libro che gli valse anche un servizio sulle pagine di Epoca. Numerosi i saggi fotografici pubblicati nel corso degli anni.



Dopo Caro grifone sono arrivati titoli come Compagni di viaggioSupramonteIl mufloneIl fenicotteroI miei rapaciSu puzonarjuSu MonteObiettivo aquilaLa Sardegna, fino alle ultime due novità, l’impegnato Ali sul fiume, sulle tematiche ambientali della valle del Rio Posada stravolta dall’alluvione di novembre scorso, e il monumentale Il fotografo dei rapaci. The photographer of birds of prey
Librone da collezione, quest’ultimo, tiratura limitata, 1.250 copie numerate e firmate dall’autore. 
È proprio nel corso della presentazione di questo volume, nell’università di Nuoro a marzo del 2013, che è saltata fuori la prima idea di attribuire la laurea magistrale ad honorem a Domenico Ruiu. Lui si era subito seduto, quasi accasciato: «In qualsiasi modo vada a finire, grazie» aveva detto convinto che la proposta non sarebbe andata in porto. Poi, invece, è arrivato il sì unanime del senato accademico. Due giorni fa il decreto ministeriale.

Aggiungo  a   quanto  già detto   dall'ottimo articolo  ivi     riportato   che  Ruiu    se  lo merita , proprio tale riconoscimento  . Infatti  nelle sue  foto  c'è  una  conoscenza   del territorio  fatta  sul campo  e   non come  certi burocrati  solo  sulle carte  e  o  sul pc  . Finalmente  si dà la laurea  honoris  causa  ad uno che  se  lo merita e non  ad i soliti noti  , raccomandati  . Quello che  non  capisco , ma  come spesso accade  la risposta  vola  nel vento  ,  è  come mai   gli venga  concessa  non   fin dal 3  libro  ma   ora  . 
Un  fotografo  che   applica   quello che dice   Berengo  Gardin , vedere   intervista  riporta   nelle righe  precedenti  . 

[ post notturno ] Scampia, l’oasi di calcio in un deserto incompreso e IL LUNGO VIAGGIO Da Praga a Tempio in bici per rivedere un vecchio amico

non riuscendo a prendere  sonno  , mi  metto a cazzeggiare e in rete   e    trovo  queste  due storie

  la   prima storia    viene da   repubblica  online di qualche  giorno  fa  




NAPOLI - C’è un quartiere a Napoli che ha assunto l’immagine mediatica del potere della camorra. Si chiama Scampia, per molti è solo una periferia all’insegna del degrado e soprattutto un grande supermercato di droga a cielo aperto. In realtà Scampia è ben altro, è un cuore pulsante di solidarietà, impegno sociale, vitalità, partecipazione e voglia di riscatto. Non bisogna fermarsi alla superficie, alla crudeltà che fa notizia, alla sensazione di perdizione che questa periferia trasmette, quasi come se fosse un altro mondo, un quartiere fuori le mura di cinta della città di Napoli. Se ci s’immerge nella vita di Scampia, si notano varie oasi di resistenza al degrado,avamposti di una battaglia generale contro l’abbandono sociale. Tra quelle di maggior successo, c’è una che utilizza il calcio, lo sport più popolare, l’attività per eccellenza degli scugnizzi, per reagire alle prospettive di vita che sembra disegnare lo strapotere della camorra

 Si chiama Arci Scampia la creatura costruita da volontari, maestri di calcio, dirigenti che hanno intrapreso e vinto una sfida collettiva. Il factotum è Antonio Piccolo, in passato portiere con trascorsi in Serie D e nei campionati dilettantistici, oggi simbolo di questa splendida esperienza. Per tutti quelli che, quando pensano a Scampia, immaginano solo droga e violenza, consiglio un viaggio a Napoli con destinazione Via F.lli Cervi, 8. Troverete un centro magnifico con tre terreni di gioco in erba sintetica, un’area d’allenamento per i portieri e un campo di pallavolo. Ma com’è nata questa struttura? Qual è il suo percorso? Come ha acquisito il ruolo di oasi in un deserto incompreso?
Tutto è nato nel 1986, mentre la città di Napoli s’apprestava a godere le magie di Maradona, si lavorava all’idea di una scuola calcio a Scampia partendo da un circolo Arci. L’inizio dell’avventura è romantico, si comincia al “Monterosa”, un campetto in terra battuta realizzato con l’impegno di alcuni volontari che decidono di strappare una zona all’abbandono. La struttura non ha mura di cinta, reti che separano l’impianto. Al primo giorno al campo si presentano solo sette bambini, figli di amici di Antonio Piccolo, che aveva diffuso l’iniziativa in tutto il quartiere. C’è la paura di fallire, di spegnere il fuoco di quell’impresa molto prima che si riesca a realizzarla, a viverla. A Scampia, però, non si molla e gradualmente le soddisfazioni cominciano ad arrivare.
L’Arci Scampia s’iscrive al campionato Giovanissimi regionali ma, mentre s’allenava al “Monterosa”, giocava a Villaricca. Contemporaneamente l’impresa del “Monterosa” non s’arrestava, il terreno di gioco viene allargato, diventa regolamentare. In pochi mesi l’impianto nato dalla passione dei cittadini diventa un punto di riferimento, il luogo di ritrovo per il quartiere nel weekend.
Molto presto l’avventura al “Monterosa” arrivò, però, al capolinea, il campo polveroso servì per sistemare gli abitanti delle “Vele”. Allora l’Arci Scampia è costretta a ripartire, gli allenamenti si svolgono ai campi di calcetto G.P. mentre le gare agonistiche si disputano allo “Stornaiuolo” a Secondigliano. E’ una vita in salita quella dell’oasi in un deserto incompreso, una battaglia costante per restare in vita e svolgere un lavoro sociale che coinvolge sempre più bambini. Nel frattempo continuano le battaglie per lo stadio “Comunale” di Scampia, che sarà poi costruito nel 2008. Un’opera ancora da perfezionare poichè non c’è il manto erboso che darebbe lustro all’impianto.
L’Arci Scampia è una realtà ambiziosa e ha sempre creduto in un sogno: una struttura propria, un punto di riferimento che valorizzi il faticoso ma emozionante impegno quotidiano al fianco dei ragazzi del quartiere. Si tratta di un’attività diversa rispetto alle altre scuole calcio, c’è un’attenzione spiccata verso i valori dello sport e l’aspetto culturale; infatti, è un appuntamento annuale il tour al “Maggio dei Monumenti”.
Il calcio può sottrarre persone alle insidie della strada, insegnare comportamenti di vita, mettere sulla buona strada, l’Arci Scampia è la dimostrazione concreta di tutto ciò.
La battaglia per il centro sportivo dura molti anni ma ad un certo punto si apre lo spiraglio; la Dott.ssa Diletta Capissi mette in relazione la scuola calcio napoletana con la Fondazione Banco di Napoli, la prima istituzione a credere concretamente nell’iniziativa. Poi arriverà il contributo della Fondazione San Paolo di Torino e della Regione Campania. L’Arci Scampia presenta una richiesta per uno spazio abbandonato che gli viene assegnato. Tocca poi al loro impegno trasformarlo nell’”oro sociale” che rappresenta questa struttura dopo vari anni dalla sua apertura. Il centro di Via F.lli Cervi apre nel 2006 ma Antonio Piccolo e i suoi compagni d’avventura devono fare i conti con uno scempio vergognoso: cani randagi, atti vandalici e scene di degrado profondo. Chi si ferma è perduto e l’impegno dell’Arci Scampia continua, raddoppiando le forze per far crescere una realtà che coinvolge sempre più bambini.
La svolta arriva tra il 2008 e il 2010, con il progetto “Campioni nella vita” sostenuto dalla Fondazione Cannavaro-Ferrara e dalla Vodafone. Così il centro è potenziato e diventa il gioiello dei giorni nostri, un’imponente oasi in un deserto che resta incompreso ma che ha un punto di riferimento solido per il proprio riscatto. L’Arci Scampia continua a crescere, conta circa cinquecento ragazzi mantenendo i costi d’iscrizione bassi per conservare la sua grande anima sociale. C’è, però anche un grande lavoro tecnico, realizzato da circa quaranta collaboratori, molti volontari. Un laboratorio di calcio, come dimostrano i risultati sportivi, anche in questa stagione gli Allievi Regionali stanno disputando i play-off, e i tanti talenti costruiti con un rapporto consolidato con il Napoli. Allegra, in prestito al Pavia, e Izzo, in comproprietà con l’Avellino, sono i volti-simbolo di una splendida storia dal Sud. Un’avventura di periferia, un’oasi di un deserto incompreso che ha scelto il calcio per combattere una guerra con ignoranza e degrado al centro del proprio quartiere.



la  seconda   dalla  nuova  sardegna  del  16\05\2014  cronaca  di Olbia-  Tempio  

IL LUNGO VIAGGIO
Da Praga a Tempio in bici
per rivedere un vecchio amico

TEMPIO E’ arrivato da Jicin( Praga) a Tempio in bicicletta, per trovare un amico. Il protagonista della storia è Ivan Pirko, ingegnere in pensione di 72 anni, appassionato di lunghi viaggi in bicicletta. Stavolta “il giovanotto” ha compiuto il viaggio con un suo amico, Mirec Jiran di 70 anni. L’amico tempiese è invece il professor Augusto Carta, noto camperista, conosciuto a Praga nel 1989. Ivan Pirko ha al suo attivo una serie di primati, in bici, fra cui anche un titolo di campione del mondo over 50 nel 2010.(a.m.) 

IL SOLE, LA LUNA, LE STELLE Una meridiana a Olzai. Il piccolo centro barbaricino come il magico Stonehenge

Appena giunto alla fattoria didattica di Barbara Rubiu in quel di Olzai, mi è apparso, quasi d’incanto, uno Stonehenge in miniatura (nella foto di Gianfranco Palma) dove, grazie al talento dell’esperto in gnomonica Pino Amico e all’estro artistico di Gian Piero Zedde, all’interno di un cerchio megalitico, si trova un orologio solare con tanto di mesi, di ore e di curve solari incisi su piccole mattonelle di ceramica incastonate su piastrelle basaltiche. L’ora locale si individua con la proiezione dell’ombra della persona che si piazza sopra al mese in corso lungo una striscia in direzione nord- sud. In questo
sito sembra di essere di fronte a un antico tempio megalitico immerso tra olivastri plurisecolari e ginestre in fior dove Pino Amico ha tracciato mesi e ore poi artisticamente rappresentate da Gian Piero Zedde che ha coniugato arte, astronomia e natura, usando strumenti fortemente identitari come l’acqua e la pietra o le lastre di granito, conficate come preistoriche perdas fitas, e intervallate da zampilli d’acqua delicatamente profumati dagli oli essenziali che Barbara ha estratto dalle sue erbe officinali. L’ora sarà approssimativa, non sarà precisa, al minuto: a questo ci pensano gli orologi- premette, il giorno dell’inaugurazione di questo speciale sito, Pino Amico che parla del movimento della Terra attorno al Sole, di equinozi e solstizi, di afelio e perielio, di fusi orari, ora solare e ora legale. Tutte premesse per indicare come funziona questa originale e artistica meridiana per il calcolo dell’ora del giorno, quella stessa ora che un tempo il contadino intuiva osservando il Sole per sapere quando doveva desinare o rientrare in paese col carro a buoi. Oltre alle erbe officinali sapientemente lavorate ora Barbara Rubiu potrà contare anche su questa opera d’arte per incantare nella sua fattoria didattica grandi e piccini puntando sulle risorse del terriotrio, l’identità e la conoscenza.

17.5.14

THE BUTLER UN NUOVO FOREST GUMP ?



Come musica  di sottofondo   Giacomo  Spano -Eremo 2014 
  ti potrebbe   interessare  

http://it.wikipedia.org/wiki/Eugene_Allen (il protagonista  che ha ispirato il film  ) 

In uno  dei miei  noiosi  sabati     sono riuscito a  vedere   ( ogni  volta  che lo chiedevo a noleggio , non mi  va   di vedere  un film  appena  uscito   in streaming  o scaricato  dala rete , aspetto possibilmente    che esca  in dvd  o  ache  sia  pssato massimo 4\5 mesi  prima di  vederlo  in rete  )  )  questo film  

 trailler  ufficiale


in italiano  

 devo dire che l'ho trovato bellissimo e molto emozionante…..un cast di attori veramente fantastico…..bravissima a mio parere Oprah Winfrey nei panni della moglie del maggiordomo…..da vedere in silenzio…..e  con i  sottotitoli  per  non perdere  una  virgola   ....  per capire la storia d America ed imparare ad accettare etnie diverse dalla nostre…..perchè in tutti noi c e' un qualcosa di bello, nonostante il colore diverso della pelle….. Cast ed interpretazione degli attori eccezionali! Un film emozionante,commovente,significativo...insomma bellissimo! 
Un giovane bambino un tempo era schiavo nei campi di cotone di Macon, Georgia. Qualche anno dopo sarebbe entrato alla Casa Bianca e avrebbe servito 7 presidenti degli Stati Uniti, per 34 anni. Si chiamava Eugene Allen  ( vedere  url opra  )  e il suo nome è ormai entrato nella storia.
“The Butler – Un Maggiordomo alla Casa Bianca”, con il suo cast stellare sa toccare l’anima di chi lo guarda, facendogli vibrare per un solo ma intenso istante il cuore.
Un film molto bello! uno di quei film che ti fa capire che nazione e l'america dove conta la meritocrazia e i sacrifici vengono ripagati.
gli argomenti trattati in sottofondo sono tantissimi ( il kkk,l'uccisione  di Martin Luter king e  di Malcom X  , il  vietnam  ,  l'avvento delle black panther, l'apartheid, le presidenze controverse di johnson  e  nixon ), premettendo che il film mi è piaciuto molto, ho trovato qualche leggerezza nel trattare la figura di kennedy, dipinto come un bonaccione in preda alle sue lune o l'anima magnanima di johnson, cosa sulla quale si può dibattere parecchio ( ma non mi sembra  il caso ) .Ma  il  film  è  è ben fatto, anche se  nel finale si dilunga un po' troppo, ma  ma  ciò  non toglie  niente  anzi   è  un valore  aggiunto  .Emozionante se fosse finito qualche minuto prima, comunque è cosigliato, come al solito il trend è quello di un film americano, con tutte quelle sviste forzate su alcuni temi, è un film che vuole far forza sull'emozione per ribadire un concetto, non sempre è una strategia vincente per le nuove generazioni, al tempo l'ultima parola




colonna   sonora  

CD: 1
1. Rodrigo Leao - Louis Leaves
2. Gladys Knight - You And I Ain'T Nothin' No More
3. The Meditation Singers - I'M Determined To Run This Race
4. Faye Adams - Hurts Me To My Heart
5. Dean Martin - Ain'T That A Kick In The Head
6. Shorty Long - Function At The Junction
7. Patti Drew - Tell Him
8. Dinah Washington - I'Ll Close My Eyes
9. James Brown - Out Of Sight
10. Fantasia - In The Middle Of The Night
11. People'S Choice - Party Is A Groovy Thing
12. Gladys Knight - You And I Ain'T Nothin' No More

  azzeccattisima  e non ovvia    e scontata  (  come è  avvenuto per   forest  Gump  )   come   nota  dalla   scerlta dai titoli  . Peccato  solo  Soul  e Gospel . 

Un film  sublime  . commovente  . cupo  . malinconico .Alcuni  lo considerano  un feuleitton  come  questa recensione su http://www.mymovies.it/  ma in realtà se  si  guarda  fino in fondo    non lo è per  niente e   se lo è non è  né melenso  né  sdolcinato  . Infatti  : <<  se  la definizione di genere  narrativo è di  per se   piuttosto problematica  >>  in  a partire  da   Aristotele  ci sono   con alterno successo arrovvelati  >>  
<<  di fatto  >> -- come  dice   ancora  GianMaria Contro  nel'introduzione dell'ultimo album le  storie    della Bonelli -- << chiunque  s'avventuri    su quest sdrucciolevole   terreno   finisce  per  illustrare [ come sto  facendo io   ]  i proprio punto di vista   appoggiandosi   alla  provvidenziale stampella  di esempio  concreto >> e facendo dei confronti   spesso impropri  come faccio io  nel  titolo del post  




14.5.14

'Il razzismo e l'imbecillità ? Si combatte con l'ironia' La risposta di Barbara Ababio, candidata sindaco in una roccaforte leghista di Porcìa (Pordenone),


Offese pesanti, attacchi inconsulti al suo colore delle pelle, bersaglio delle offese più becere. Ma lei, giovane di origini ghanesi in corsa con Sel per la carica di sindaco nel comune di Porcìa (Pordenone), reagisce con una campagna elettorale all'insegna dell'intelligenza: 'Il nero snellisce'di Angelo Mastrandrea


                                  Barbara Ababio


L’offesa più gentile è “non ho pregiudizi per il colore della sua pelle ma per le idee che certa gente ha”. Ma sul profilo Facebook (e su altre bacheche virtuali) di Barbara Alabio, nata a Palermo 23 anni fa da genitori ghanesi, commessa in un centro commerciale, mediatrice culturale e candidata sindaco di Sel nella roccaforte leghista di Porcìa (Pordenone), si trova di molto peggio: chi scrive “dalla faccia è tutto 
un manifesto della sua campagna  elettorale  gli altri li trovate
qui  http://tinyurl.com/kolxjxe

un programma”, chi la invita a prendere un barcone e tornarsene a casa e chi ha postato la foto di una scimmia.
Da quando si è ritagliata un ruolo pubblico, Ababio è bersagliata dal razzismo più becero, come a suo tempo l’ex ministro dell’Integrazione Cécile Kyenge (le due donne sono spesso accomunate negli epiteti xenofobi) o il calciatore del Milan Mario Balotelli.
All’Espresso racconta: “Appena mi sono candidata sono cominciati a piovermi addosso insulti di ogni genere. Ho scoperto che in questa terra il razzismo è sottile: non puoi oltrepassare una certa linea. Insomma, commessa sì, sindaco no”. Qualche mese fa, spiega, quando si è rivolta a un agente immobiliare per affittare un’abitazione si è vista sbattere la porta in faccia, “perché la gente non vuole affittare la casa a extracomunitari”,

All’Espresso racconta: “Appena mi sono candidata sono cominciati a piovermi addosso insulti di ogni genere. Ho scoperto che in questa terra il razzismo è sottile: non puoi oltrepassare una certa linea. Insomma, commessa sì, sindaco no”. Qualche mese fa, spiega, quando si è rivolta a un agente immobiliare per affittare un’abitazione si è vista sbattere la porta in faccia, “perché la gente non vuole affittare la casa a extracomunitari”, e a poco è servito spiegare che lei è italiana a tutti gli effetti e il Ghana, patria dei suoi genitori, lo ha visto solo in fotografia. Ora che è in piena campagna elettorale, le accade di essere insultata anche per strada. “Ma quello che più mi colpisce è la diffidenza che sento nei miei confronti. Addirittura c’è chi è arrivato a definire la mia candidatura come una provocazione. Perché non si pensa la stessa cosa di altri candidati che sono bianchi, maschi e italiani?”.
Barbara Ababio vive da dieci anni a Porcia. Dal circolo in cui è impegnata come interprete e mediatrice culturale è nata l’idea di presentare una lista multietnica, in un comune guidato da due legislature da un sindaco leghista: su 24 candidati, 15 sono “nuovi italiani”. Vengono dal Burkina Faso e Togo, dall’Algeria e dalla Tunisia, dalla Turchia, dal Bangladesh e dalla Repubblica Dominicana, tutte “persone nate qui, che a volte non hanno alcun legame con la terra d’origine e che hanno voglia di fare politica dove sono nati e vivono”.

Il 25 maggio dovrà vedersela con una destra divisa - Forza Italia da una parte, Lega e Fratelli d’Italia dall’altra – ma anche con il Pd che “non ha voluto le primarie” e con il Movimento 5 Stelle: in tutto sono sette gli aspiranti sindaci che si sfideranno al primo turno.

Agli attacchi razzisti ha deciso di replicare “usando questo bellissimo colore che porto addosso, il nero, come un punto di forza”. Lo ha fatto con ironia e intelligenza, con slogan quali “Il nero snellisce”, sottotitolo “i costi della politica per i cittadini”, “Nero su bianco” per promettere maggiore trasparenza, “Lista nera” per condannare le discriminazioni, o “Fuori i neri”, dove per nero si intende il lavoro sommerso, il precariato e le delocalizzazioni (con riferimento al caso della non lontana Electrolux).


LE VITTIME DI UN PREDATORE SESSUALE NON HANNO ETÀ + Manuale di autodifesa I consigli dell’esperto anti aggressione Antonio Bianco colpire alle aprti sensibili del corpo punta XII

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