9.1.16

Il capolavoro del 1940 finalmente dal 11 gennaio nei cinema italiani nella versione che fu concepita dal regista. Un film realizzato nonostante i boicottaggi e le difficoltà che dopo 75 anni parla ancora al mondo

  da    (  dove  potete vederei video se  eventualmente  non gli vedesse  qui nel post   ) 




"Ogni somiglianza tra il dittatore Hynkel e il barbiere ebreo è puramente casuale". Con questo cartello inizia 
Il grande dittatore, il capolavoro di Charlie Chaplin che torna nelle sale italiane (una settantina di copie sparse per l'Italia, privilegiando i cinema di provincia) l'11 gennaio in versione restaurata e originale (e contemporaneamente in dvd) a 75 anni dalla sua prima uscita (New York, 15 ottobre 1940). Un cartello che può sembrare la prima battuta di un film comico, ma che in realtà rivela il senso profondo che il regista inglese dava a quel suo film tormentato, osteggiato, boicottato ma voluto profondamente. Il dittatore Hynkel è Adolf Hitler, il barbiere ebreo è Charlot. "Io non sono ebreo, ma il fatto di prendersela con una minoranza mi sta più a cuore dell’ideologia, più del movimento dei lavoratori, più di qualunque cosa - diceva Chaplin nel 1948, nel corso di un lungo interrogatorio desecretato dall'FBI alla fine degli anni Ottanta - Io non appartengo a gruppi, partiti o fazioni, non credo nel nazionalismo, mi considero un uomo e un artista libero, e soprattutto un cittadino del mondo".


4 giorni e un abisso: Chaplin vs. Hitler. Quattro sono i giorni che separano le date di nascita di Charles Chaplin (16 aprile 1889) e Adolf Hitler (20 aprile dello stesso anno). Da un lato, l'attore più celebre del mondo, dall'altro lato, il dittatore che ha incarnato l’idea stessa del male nel mondo. Ma molti altri sono gli aspetti che li accumunavano, non soltanto la data di nascita, non soltanto quei baffetti di scena che pare fossero il vero motivo per cui Hitler avesse messo al bando Tempi moderni e che facevano sostenere a Chaplin: "Mi ha rubato i baffi!". I vignettisti dell'epoca avevano sottolineato le due diverse "carriere" con ironia, mentre Hitler veniva bandito dall'Accademia d'Arte di Vienna, Chaplin dopo aver avuto successo a teatro, essersi trasferito a Hollywood a 24 anni è già famoso e pochi anni dopo fonda la sua casa di produzione; a 24 anni dopo aver fallito in tutto invece Hitler si dà alla politica e scrive "Mein Kampf"; Chaplin conquista il pubblico con La febbre dell'oro, produce Luci della città, Hitler nel 1939 attacca la Polonia, Chaplin dichiara guerra a Hitler. Hitler: il più grande errore della storia, Chaplin il più grande divertimento al cinema, conclude il vignettista.
Un té con Einstein. Pensare che Il grande dittatore sia una dichiarazione di guerra a Hitler per motivi di "baffetti" fa ridere, ma ovviamente non rende la statura del personaggio. La genesi di questa opera, atto di guerra ad un uomo che è un appello di pace al mondo, ha radici molto lontane fin dal 1931, quando durante un tour europeo Chaplin fu invitato a prendere un té a casa di Albert Einstein di cui il regista era un grande ammiratore. Da quello che si legge nel diario di viaggio l'incontro fu per Chaplin un'occasione per sviluppare il suo interesse per la materia socio-economica che avrebbe poi raccontata in Tempi moderni. Nel discorso finale del Dittatore, quel climax che sancisce il definitivo passaggio dal muto al parlato per Chaplin (Tempi moderni era solo cantato con la sequenza finale della Titina), riecheggiano gli scritti e i discorsi pubblici di Einstein a partire da quello storico del 1930 in cui lo scienziato parlò a milioni di ascoltatori in occasione dell'inaugurazione del Radio Show a Berlino: "La radio ha compiuto una funzione speciale e unica per riconciliare i popoli. Sta alla gente ora cercare di conoscersi l'un l'altro con l'aiuto dello specchio distorto della stampa quotidiana" diceva Einstein.

Video

Dall'11 gennaio, la Cineteca di Bologna porta in sala e contemporaneamente in DVD il nuovo restauro di "The Great Dictator – Il grande dittatore", nell'ambito del progetto di distribuzione deiclassici restaurati Il Cinema Ritrovato. E quel messaggio di pace, vivo oggi più che mai, verrà ascoltato dalla vera voce di CharlesChaplin: il film infatti sarà distribuito nella versione originale inglese con sottotitoli italiani.

Dittatori: da Napoleone a Hitler. L'humus filosofico, politico e sociale de Il grande dittatore ha radici lontane ma anche l'idea comica, il meccanismo cinematografico dello scambio di persona che sta alla base del film, il barbiere ebreo in tutto e per tutto identico al dittatore, che finisce per sbaglio a parlare alla nazione e a dire ciò che il suo cuore gli detta, era nella mente di Chaplin da tanto tempo. Era stato il regista e produttore Alexander Korda a suggerirgli una commedia sui dittatori basata sul vecchio escamotage dello scambio in stile "ricco e povero", in un primo tempo Chaplin aveva pensato a Napoleone che, esiliato a Sant'Elena, veniva sostituito da un sosia per rientrare in Francia poi però fu proprio la stampa (e i vignettisti satirici in particolare) a suscitare l'idea dal momento che ironizzavano sulla somiglianza tra Charlot e il Fuhrer già dal 1933. E così il 12 novembre 1938, tre giorni dopo la Notte dei cristalli, Chaplin fece richiesta di depositare il titolo The Dictator alla Library of Congress. Il regista era perfettamente consapevole dell'impresa che andava affrontando: era pronto ad investire personalmente due milioni di dollari nel progetto e, consapevole che in molti paesi in Europa e America Latina il film sarebbe stato proibito, aveva deciso di distribuirlo in modo autonomo e fuori dai circuiti commerciali (senza però poi rinunciare ad una serie di gadget e decorazioni a tema per le sale palloncini, stendardi e striscioni con la doppia croce oltre alle maschere del Fuhrer Hynkel). La mattina del 9 settembre 1939, otto giorni dopo lo scoppio della seconda guerra mondiale, Chaplin batté il primo ciak del film sul set del ghetto. Chaplin ebbe poi modo di dire che se avesse conosciuto l'orrore dei campi di concentramento non avrebbe realizzato il film, anche perché in una prima versione nel campo si svolgeva gran parte della storia, alcune delle sequenze poi non furono montate. Il regista scriveva "nel campo il piccolo Ebreo incontra persone stupende: i migliori musicisti, attori, scienziati. Sono tutti terribilmente abbattuti, ma non lui, che invece prende le cose come vengono".


Tra censura e autocensura, la vita del Dittatore in Italia. Il film, che negli Stati Uniti rimase in cartellone per quindici settimane diventando uno dei più grossi successi commerciali di Chaplin, naturalmente ha avuto una vita travagliata nel nostro paese. Uscito verso la fine della guerra in una versione con didascalie fu un mezzo flop, Chaplin tentò di farlo arrivare nei cinema nuovamente nel 1960, ma fu bloccato dalla censura (temevano che i neofascisti che avevano attaccato le sale dove si proiettava Il generale della Rovere assaltassero le sale). Soltanto nel 1972, sulla scia dell'Oscar alla carriera a Chaplin e del Leone d'oro che la Mostra del cinema di Venezia per l'insieme della sua opera, il film riuscì nel nostro paese doppiato da Oreste Lionello con un buon incasso. Ma il film rispetto all'originale mancava di cinque minuti ovvero la scena di Hynkel che balla con la moglie di Napoloni, decisione che fu presa per rispetto ne confronti di Donna Rachele che era ancopra viva. Oggi il film torna nelle sale italiane esattamente come il suo regista lo aveva concepito e nella sua lingua originale.

Video

Dall'11 gennaio in sala nella versione restaurata e originale il capolavoro di Charlie Chaplin, messaggio di pace che 75 anni dopo è ancora attuale. Un progetto complesso, osteggiato anche negli Stati Uniti, complesso dal punto di vista cinematografico, completamente scritto e pianificato per la prima volta nella storia del regista. Spazio all'improvvisazione venne dato solo in due scene, due vere e proprie danze: la rasatura coreografata sulle note della Danza ungherese n. 5 di Brahms e quella di Hynkel alle prese con il mappamondo.

Video

Dall'11 gennaio in sala nella versione restaurata e originale il capolavoro di Charlie Chaplin, messaggio di pace che 75 anni dopo è ancora attuale. Un progetto complesso, osteggiato anche negli Stati Uniti, complesso dal punto di vista cinematografico, completamente scritto e pianificato per la prima volta nella storia del regista. Spazio all'improvvisazione venne dato solo in due scene, due vere e proprie danze: la rasatura coreografata sulle note della Danza ungherese n. 5 di Brahms e quella di Hynkel alle prese con il mappamondo.

La recensione di George Orwell. "Viviamo in un’epoca in cui la democrazia sta progressivamente scomparendo, il mondo è messo in scacco da dei ‘superuomini’, il concetto di libertà ci viene spiegato da capo e i "pacifisti" trovano argomentazioni per giustificare il rastrellamento degli ebrei. Nonostante tutto ciò, l’uomo comune si affida con fiducia e ostinazione ai principi in cui crede (evidentemente di matrice cristiana). L’uomo comune è più saggio dell’intellettuale, allo stesso modo in cui l’animale è più saggio dell’uomo. Qualunque intellettuale sarebbe in grado di imbastire un’incrollabile argomentazione a favore della soppressione del sindacato tedesco e della tortura degli ebrei. Ma l'uomo comune, che non è guidato dall’intelletto, che è dotato solo di istinto e tradizione, sa che "non è giusto". Più che nell’invenzione comica, credo che il fascino di Chaplin risieda nella sua capacità di riaffermare la verità – soffocata dal Fascismo e anche, ironia della sorte, dal Socialismo – che vox populi e vox Dei sono la stessa cosa, e che i giganti sono spesso delle carogne. (Time and Tide, 21 dicmbre 1940)
 

Napoli, forcella Don Berselli: "Dobbiamo imparare dalla camorra" Forcella, l'amara provocazione del parroco dopo l'omicidio di Maikol. Il prete accusa: "Le istituzioni brillano per la loro assenza"



ma  guarda  un po    cosa  si deve  fare  per   farti ascoltare  o  perchè  i media  ti diano ascolto  , visto che senza  provocazioni  non  ti  caga nessuno  . Ecco   perchè  Don Berselli  prete  di  forcella  dopo questi fatti  


ù


 ha  lanciato la sua  provocazione   che  è stata  fraintesa   , alemno da quei comenti che  ho letto  al vieo di repubblica  ( video sotto )   :


  • Ma perché stato e camorra sono antitetici? lo stato se ne frega e la camorra riempie un vuoto, poi entrambi passano all'incasso. Lo stato italiano è in metastasi mafio-camorrista. E' uno stato corrotto e corruttore all'ennesima potenza. Non è riformabile ma solo RIVOLUZIONABILE.
  • Non è una novità che la chiesa stia con i poteri forti . Pensate a cosa succede nelle processioni . punto
  • E' ormai arci risaputo che I parroci stanno con chi scuce più' "grana". Niente a che vedere con carità' e gente comune,solo benefici per I gestori del negozio chiesa


 trovate  qui   sotto   nell'articolo  di  http://napoli.repubblica.it/cronaca/
09 gennaio 2016

Napoli, Don Berselli: "Dobbiamo imparare dalla camorra"
Forcella, l'amara provocazione del parroco dopo l'omicidio di Maikol. Il prete accusa: "Le istituzioni brillano per la loro assenza"di 
ANTONIO DI COSTANZO
Don Berselli (  foto  sotto   ) , parroco di Forcella, usa un paradosso duro: "Quando mi dicono sei un prete anti-camorra io rispondo scherzando: "Vi sbagliate, io sono per la camorra. Da queste parti è la sola cosa che funziona"".
Ecci  La provocazione di padre Angelo Berselli: "Io sono a favore della camorra. E' l'unica cosa che funziona"


"Quando mi chiamano parroco anticamorra, io rispondo scherzando: ma quale anticamorra? Io sono a favore della camorra. E' l'unica cosa che funziona, dovremmo imparare: prendersi cura dei detenuti, fare attenzione alle famiglie. Ci sarebbero diverse cose da prendere ad esempio, ovviamente con un substrato morale completamente diverso". Lancia una provocazione padre Angelo Berselli, parroco della chiesa di San Giorgio Maggiore di Forcella. Usa parole dure per spingere le istituzioni a intervenire di fronte all'ennesima vittima innocente.(a


Ma che fa, elogia la camorra?

"Ovviamente la mia è una provocazione. Ma dico che dovremmo imparare dalla camorra che si prende cura dei detenuti, delle famiglie, di chi non ha lavoro. Ci sarebbero diverse cose da prendere a esempio, con un substrato morale completamente diverso".


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Ma che fa, elogia la camorra?
"Ovviamente la mia è una provocazione. Ma dico che dovremmo imparare dalla camorra che si prende cura dei detenuti, delle famiglie, di chi non ha lavoro. Ci sarebbero diverse cose da prendere a esempio, con un substrato morale completamente diverso".

Ma il primo problema non è proprio la camorra?

"Il primo problema è la violenza che noi respiriamo quotidianamente perché è diventata normalità che accadano queste morti: è il nutrimento di quel frutto maledetto che è la camorra".

Il suo sembra un discorso senza speranza.
"La sicurezza chi la deve garantire? Lo Stato o qualcun altro? Se non ci si affida allo Stato non avremo speranza, ma un esempio ce lo dà proprio il povero Maikol che era un bravo ragazzo che lavorava e vendeva i calzini per sfamare i figli. Il 20 per cento delle persone è cattivo, ma l'altro 80 per cento è composto da brave persone abbandonate. Con loro si potrebbe discutere, ma ne andrebbe conquistata la fiducia"

E invece?

"Qui alla nostre spalle c'è il teatro Trianon chiuso. È il simbolo del fallimento delle istituzioni. Sono stato in parrocchie in tutti i quartieri ma devo dire che a Forcella c'è la situazione più difficile. Manca persino la camorra, quelle di oggi sono bande che tirano cocaina e vanno a sparare. Ai Quartieri spagnoli se accadeva qualcosa, almeno, sapevo contro chi prendermela. Qui no. I commercianti sono contenti: non pagano il pizzo perché non c'è nessuno che va a riscuotere. Ci sarebbe la possibilità di intervenire, ma i politici pensano ad altro, alle elezioni. Il risultato è che ci sono altri due orfani perché chi di dovere brilla per la propria assenza".

Il questore sostiene che c'è omertà e indignazione a orologeria.
"Ho letto l'articolo su "Repubblica", ma se lo Stato fa funzionare le telecamere non ho l'obbligo di indicarti un nome. Un uomo illustre ha detto che un popolo e una nazione civili non hanno bisogno che i cittadini facciano gli eroi. Nella mia parrocchia pur avendo pochi soldi ho otto telecamere che funzionano. L'altro giorno ho letto che hanno arrestato un camorrista che grazie a un sistema di videosorveglianza si rendeva conto di chi si avvicinava. Lo fanno loro e non lo possiamo fare noi? La faccenda è banale. Ma che ci vuole a far sistemare una telecamera e provvedere che funzioni? È mai possibile che in rioni come Sanità e Forcella non ci siano?".

Basta la videosorveglianza per evitare sparatorie e vittime innocenti?
"Se ci sono le telecamere un minimo di prudenza in più si usa, magari non si va a sparare in pieno giorno. Qui c'è la serenità di agire indisturbati. Queste sono morti annunciate. Bisognerebbe parlare di meno e agire
di più. Riprendiamo il caso del Trianon chiuso. Prima mandava i biglietti gratis in tutte le parrocchie e noi li distribuivamo alle famiglie. Era un modo per diffondere cultura. Oggi i ragazzi basano la loro esistenza sulla frase ripresa dalla televisione "e che ce ne importa!". Ma quello che è capitato a Maikol può accadere a tutti. Nessuno se ne può disinteressare, tutti ci devono mettere il proprio impegno, tutti devono fare la loro piccola parte".



G8 di Genova 2001 proposta indecente , il Governo offre 45mila euro di risarcimento alle vittime di Bolzaneto mi compro il tuo silenzoio per evitare figuracce all'estero . bello prima faccio e lascio fare cose bestiali e poi tento di comprarli perchè non mi s'accusi davanti al tribunale europeo per i diritti umani .




non c'è niente d'aggiungere a quanto ho detto nei titolo . a voi ogni ulteriore commento . Dico  solo   merda  feccia  non è degna   di  fare ruoli delicati  come    quelli delle nostre  forze  dell'ordine  alo stesso livello di quelli  che preferiscono obbedir  tacendo   e stare in silenzio davanti  alle nefandezze  dei loro colleghi . Un altra  cosa mi permetto 
d'aggiungere Se vogliono sbancarsi tirino fuori i soldi dei diretti interessati. Quelli pubblici sono nostri.

















LEGGI  ANCHE:
  • "Arriveremo a sbancarci, ma guai a introdurre il reato di tortura nel codice penale, come gli obblighi internazionali da noi contratti ci impongono e come ci chiedono da decenni le Nazioni Unite" scrive Susanna Marietti. Leggi il suo post sulla vicenda ---> http://bit.ly/1ZTIUle
  • Diaz, Strasburgo condanna l'Italia per "torture"  La Corte europea ci bacchetta anche perchè nel nostro Paese non esiste una legislazione sul reato di tortura. L'associazione Antigone: "Serve urgentemente una legge"
  dalla pagina facebook , La Cronaca Italiana ( https://www.facebook.com/gelocalcronacaitaliana ) gestita dalla redazione Agl di Roma no ricordo do preciso il quotidiano dell'articolo mi pare fosse il tirreno  











G8 di Genova, il Governo offre 45mila euro di risarcimento alle vittime di Bolzaneto
In una lettera inviata a Strasburgo e poi ai diretti interessati la proposta di 45mila euro di risarcimento dei danni morali per i 31 firmatari del primo ricorso per gli abusi commessi nella caserma di Genova durante il G8 del 2001 a Genova
09 gennaio 2016




GENOVA. Quarantacinquemila euro di risarcimento dei danni morali subiti dalle vittime delle violenze di Bolzaneto che hanno presentato ricorso alla Corte europea per i diritti dell'uomo. È la proposta di «conciliazione amichevole» presentata formalmente, in nome del governo italiano, dal ministero degli Esteri, competente per le cause davanti alla Corte di Strasburgo. La cifra è la stessa ottenuta da Arnaldo Cestaro , il manifestante vicentino che nel 2001, a 61 anni, venne picchiato durante l'irruzione della polizia alla Diaz.
La richiesta di "conciliazione" riguarda, per ora, il primo dei due ricorsi ancora pendenti per gli abusi commessi all'interno della caserma: i firmatari sono 31, per oltre la metà stranieri. Il secondo ricorso è stato presentato da altri 32 manifestanti. La lettera, scritta in inglese, è arrivata a Strasburgo ai primi di dicembre e nei giorni scorsi è stata resa nota ai diretti interessati, chiamati ora a decidere se accettare o meno e, quindi, se portare avanti o ritirare il ricorso. Prematuro indicarne l'orientamento, ma molti sarebbero decisi a dire «no».
Nel testo, il governo riconosce di non voler in nessun modo sminuire la «serietà e l'importanza degli episodi accaduti» a Bolzaneto e ammette gli abusi «gravissimi e deplorabili» commessi dagli operatori di polizia, che pure sarebbero stati condannati a «effettive sanzioni»: ma una nuova condanna del nostro Paese appare altamente probabile, visto che la Corte europea non decide sul risarcimento ma giudica se c'è stata tortura e se c'è stata poi una punizione effettiva dei responsabili da parte dello Stato. Con la sentenza Cestaro, Strasburgo aveva già riconosciuto l'esistenza di «un problema strutturale della legislazione italiana», che continua a mancare oggi come allora della previsione del reato di tortura e che comunque applica una prescrizione troppo breve a quello di lesioni. Né aiuta che molti dei condannati per i fatti di Bolzaneto siano tuttora in servizio. Entrambi i ricorsi sono stati presentati per la violazione dell'articolo 3 della Convenzione europea per i diritti dell'uomo che impone una punizione effettiva per i responsabili di tortura o trattamenti inumani e degradanti.
Per alcuni dei ragazzi torturati nella caserma di Bolzaneto questa proposta è già stata definita «indecente», come riporta il quotidiano La Repubblica citando gli avvocati di due giovani ragazzi pestati alla Diaz e poi rinchiusi a Bolzaneto: «Per i miei assistiti la risposta è un deciso no - ha sottolineato a Repubblica l'avvocato Riccardo Passeggi - Non abbiamo bisogno delle elemosine del governo italiano. Nessuno ha mai chiesto scusa per i fatti di Bolzaneto. Non solo, l'ordinamento giuridico italiano non ha mai introdotto il delitto di tortura nel codice penale».

Bortigiadas

Per  chi vista la  distanza  (  e.e mancanza  di tempo, infatti era  durante il periodo natalizio dal 19  dicembre  al 6  gennaio )      non è  potuta  venire  ala mostra  organizzata  da noi La Sardegna Vista da Vicino sul paesaggio  urbano   nel nord  sardegna   ecco le mie  foto  fatte   a  Bortigiadas   con degli inediti   cioè foto  non presenti alla mostra











8.1.16

come fare a non essere qualunquista quando la legge viene interpreta a cazzo ? Video hard in rete, dipendente Actv licenziato: ma il giudice lo indennizza con 20 mensilità

qualcuno \a mi sa dire come fare a non essere qualunquista davanti simili notizie sui paradossi della nostra giustizia e le sue interpretazioni a .... . davanti a news come questa  dove  chi è  complice   viene  sospeso dal lavoro , chi  invece è   materialmente responsabile  non  gli fanno  un ....  anzi lo risarciscono

da http://nuovavenezia.gelocal.it/venezia/cronaca  d'oggi  

Video hard in rete, dipendente Actv licenziato: ma il giudice lo indennizza con 20 mensilità
Addetto alla centrale operativa, diffuse sul web le effusioni di una giovane coppia appartata nel sottopasso del tram e ripresa dalla videosorveglianza interna
di Roberta De Rossi




MESTRE. Due ragazzini che amoreggiano nell’ascensore del sottopasso del tram - a Mestre - convinti di essere invisibili. Invece le telecamere di sicurezza di Actv li inquadrano, rimandando le loro effusioni sui monitor della centrale operativa dell’azienda: gli addetti ai controlli non si limitano a qualche battuta di cattivo gusto, ma uno di loro riprende la scena, che inizia a circolare di cellulare in cellulare e poi finisce in rete. È accaduto a marzo 2015. Subito era arrivata la reazione di Actv, con la denuncia penale alla Polizia postale per diffusione di materiale riservato e provvedimenti disciplinari molto netti: licenziamento in tronco per il dipendente che aveva diffuso il videoin rete e demansionamento per il collega che l’aveva registrato.
L’uomo ha, però, fatto ricorso al giudice del lavoro e lo ha vinto: il tribunale di Venezia - sottolineano gli avvocati Cravotta e Salvalaio - ha dichiarato l’illegittimità del licenziamento, in quanto sanzione sproporzionata ai fatti.
Il rapporto di lavoro è comunque finito, il dipendente "guardone" non tornerà in Actv, ma l’azienda lo dovrà indennizzare con il pagamento di 20 mensilità. Confermato il demansionamento del collega, che è così tornato a fare l’autista.
Nella squallida vicenda avevano avuto una parte altri due dipendenti Actv - che avevano ricevuto il video e l’avevano condiviso tra loro, attraverso il cellulare - raggiunti da una sanzione disciplinare più lieve (la sospensione temporanea dal lavoro), perché non direttamente coinvolti nell’aspetto più grave della vicenda: la diffusione di materiale riservato. Le immagini del circuito di videosorveglianza di Actv sono, infatti, accessibili solo alla magistratura, in caso di indagini in corso. La legge sulla privacy proibisce qualsiasi diffusione privata dei video: da qui anche l’indagine penale a carico dei quattro, per la
quale si attendono le decisioni della Procura e che potrà aprire la strada alle richieste di risarcimento delle due giovani vittime del “furto” delle loro immagini, finite in rete. Nel caso specifico, ad aggravare la posizione degli indagati il fatto che una delle parti lese fosse minorenne.

“Sì” a via Nencioni, la doppia intitolazione batte la burocrazia La strada di Fucecchio porterà il nome di Nedo, sopravvissuto a Mauthausen e del padre Giuseppe che morì nel lager: il 27 l’inaugurazione. Il Comune strappa l’ok due anni dopo la prima istanza bocciata dalla Prefettura perché erano trascorsi meno di 10 anni dalla morte



quando la storia e la memoria batte la burocrazia MEMORIA

“Sì” a via Nencioni, la doppia intitolazione batte la burocrazia

Fucecchio: la memoria di Nedo Nencioni è nascosta da quella brutta plastica nera dei sacchi della spazzatura. A 70 anni dalla fine della guerra quest'uomo speciale non avrà una strada a suo nome.

 finalmente  dopo  una tenace  battaglia    vedi articolo     sopra si è  arrivati   all'epilogo della vicenda 
  da   http://iltirreno.gelocal.it/empoli/cronaca/  del  8\1\2016 

La strada di Fucecchio porterà il nome di Nedo, sopravvissuto a Mauthausen e del padre Giuseppe che morì nel lager: il 27 l’inaugurazione. Il Comune strappa l’ok due anni dopo la prima istanza bocciata dalla Prefettura perché erano trascorsi meno di 10 anni dalla morte
di Marco Sabia
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FUCECCHIO. Nedo Nencioni, l'ex deportato a Mauthausen e morto nel 2012, avrà finalmente la “sua” strada nel Comune di Fucecchio. L'amministrazione fucecchiese, infatti, ha ottenuto il nulla osta da parte della prefettura di Firenze, che ha accettato la proposta di intitolare la via (in zona Samo) a Nedo e Giuseppe Nencioni, il padre del superstite che morì di stenti nel campo di Ebensee-Mauthausen, pochi giorni prima che la guerra - almeno in Europa - finisse.

Il                                 cartello con il fazzoletto dell’Aned, a destra Nedo Nencioni

Quella dell'intitolazione della strada è una storia che ha avuto un percorso a dir poco travagliato, visto che fu l'ex sindaco Claudio Toni - a inizio 2014 - a proporre di intitolare una strada al "guardiano della memoria " Nencioni: cartello che fu fisicamente installato in piazza Boncristiani a Fucecchio, coperto con un sacco nero nell'attesa che la prefettura desse l'ok per l'intitolazione della strada. Un ok che, tuttavia, non arrivò, perché non erano passati i dieci anni necessari dalla scomparsa, fattore a cui si deroga soltanto se si tratta di un personaggio di caratura nazionale, come successo - ad esempio - con Aldo Moro e Enzo Biagi.
L’allora prefetto Varratta quindi respinse il progetto fucecchiese ma l'amministrazione non si arrese: grazie anche alla collaborazione dell'Aned (con una corposa documentazione) nell'autunno 2015 fu inoltrata una seconda proposta alla prefettura fiorentina, con l'opzione dell'intitolazione congiunta padre-figlio per bypassare il vincolo dei dieci anni dalla morte. Toni, nel frattempo, in merito al diniego della prefettura aveva parlato di «burocrazia che uccide i sentimenti». Nell’attesa di un parere positivo della prefettura l'amministrazione - insieme all'Aned - affisse il fazzoletto dell'associazione deportati sul cartello. Nedo Nencioni, che era nato a Livorno, aveva, per tutta la sua "seconda vita", raccontato nelle scuole dell'Empolese Valdelsa gli orrori vissuti nei lager nazisti. Lui e suo padre finirono a lavorare in una galleria dove venivano costruiti i tremendi razzi V2 di Werner Von Braun, che il Terzo Reich lanciava su Londra per sfiancare gli indomiti inglesi. Ai tipici pigiami a righe bianconere i nazisti appesero il triangolo rosso, quello che contraddistingueva i prigionieri politici.
Nedo fu anche costretto a vedere il padre spegnersi lentamente: nonostante fosse relativamente giovane (40 anni) i devastanti carichi di lavoro e le angherie infami delle guardie finirono per uccidere l'ex operaio delle vetrerie Taddei, la cui unica "colpa" era quella di aver scioperato. Oggi - che tutti e due sono venuti a mancare - per loro è arrivato un riconoscimento di pace e conforto, verrebbe da dire, perché da quando la strada verrà inaugurata (presumibilmente il 27 gennaio, nel “Giorno della memoria”) padre e figlio avranno un simbolo che riconosce loro quanto hanno dovuto passare in quegli anni così sempre. All'amministrazione fucecchiese va riconosciuto di non aver mollato dopo il no iniziale della prefettura.
Una vittoria, dopo due anni di travaglio: «Questa intitolazione - sottolinea l'assessore Alessio Sabatini - è una dovuta riconoscenza verso la famiglia Nencioni, per ciò che Nedo è riuscito a trasmettere, con passione e chiarezza, in decenni di costante impegno soprattutto con i giovani e le scuole».
«Lo scorso anno - continua il sindaco Alessio Spinelli - nel “Giorno della memoria”, rendemmo omaggio a Nedo ponendo il fazzoletto dell’Aned, a lui tanto caro, sul cartello installato ormai due anni fa al Samo, in attesa dell’autorizzazione prefettizia. L’autorizzazione è finalmente arrivata e di questo sono veramente felice perché personalmente mi sono incontrato più volte col nuovo prefetto di Firenze Alessio Giuffrida per sostenere la nostra causa. Ora spero che l'inaugurazione si possa fare proprio per la prossima giornata della Memoria».

LA COMMOZIONE DEI FIGLI

Se l'amministrazione fucecchiese non ha gettato la spugna dopo il primo rifiuto da parte della prefettura, c'è da dire anche che i figli di Nencioni - Vasco e Luciano - hanno fatto di tutto per far capire che il loro padre avesse i meriti sufficienti per l'intitolazione della strada.
I due - nel gennaio dello scorso anno - si recarono nella nostra redazione, per raccontare la vita "straordinaria" del loro genitore, che dopo essere sopravvissuto era tornato a fare il vetraio, utilizzando il tempo libero per andare nelle scuole a spiegare la triste epopea nazista, vissuta in prima persona.

                                   Luciano e Vasco Nencioni (Foto Agenzia Carlo Sestini)



In quei giorni - dopo il no della prefettura - c'era comprensibile delusione: «Nostro padre - raccontarono - è andato per 60 anni nelle scuole a raccontare la sua prigionia, ma a noi non diceva niente. Andò in prigionia che era vetraio e tornò dalla guerra a fare il vetraio. Altri usarono quello che era successo per fare carriera. Lui no. Passava il tempo libero a incontrare gli studenti, gli operai. Senza mai mancare ad un pellegrinaggio nei lager». Oggi, invece, c'è commozione nelle parole dei figli, che hanno ricevuto la bella notizia mercoledì sera, a Epifania quasi conclusa: «Non ho pianto - racconta Luciano - per pudore ma ho provato una grandissima emozione quanto il sindaco Spinelli mi ha detto che la prefettura aveva accettato. Mio padre ha passato anni a raccontare la sua esperienza mentre nostro nonno non l'abbiamo nemmeno potuto conoscere, perché nei lager ha trovato la morte. Quanto siamo contenti? Da uno a dieci almeno venti. Fucecchio ci ha fatto trovare un fantastico regalo nella calza della befana: vogliamo ringraziare tutti quelli che ci hanno aiutato e li aspettiamo il 27 gennaio per l'inaugurazione».

qualcuno che non applaude ad un funerale . i funerali di Silvana Pampanini

dopo  la  camera  ardente  semi  deserta che      ha  visto  la mancanza  (  come  cazzarola  muore  un icona del  nostro cinema  ) delle istituzioni, assenti i parenti e assenti anche i colleghi. Questi ultimi hanno preferito ricordarla davanti alle telecamere, partecipando magari alla trasmissione di RaiUno «La vita in diretta», piuttosto che presentarsi davanti al feretro e dedicarle un ultimo pensiero.  Anche al funerale  ( 1   )    sembra   la stessa cosa  solo parenti ed  amici  

aveva  ragione  il maestro Faber  



un anno fa la strage di Charlie a Parigi

  sono ancora  scosso che non riesco a     trovare le parole  .  Lascio   che  a parlare   siano oltre  i  miei interventi che feci un ano fa    a caldo li trovate  con i tag  ( dopo  JE SUIS  CHARLIE, # JE NE SUIS  PAS  CHARLIE, # JE  SUIS  CHARLIE, )   anche  questo bellissimo intervento  di 

scongiurare che accadano ancora cose terribili anche e soprattutto a quelli che sentiamo lontani, quelli con cui, a un primo sguardo, non ci identifichiamo. Sennò è troppo facile, soffrire e indignarsi solo per chi ci assomiglia. Io non "ero" Charlie Hebdo, non lo sono mai stata, ma non c'era bisogno di approvare o stimare quel giornale per decidere di fare di tutto perché non succeda più. Ai Charlie Hebdo e a tutti gli altri a cui succede ogni giorno. Io non sono loro, non sono "tutti gli altri", e magari questi altri non mi assomigliano, magari qualcuno degli altri non mi piace nemmeno. E farò comunque tutto quello che posso per proteggerli. Questo per me è il senso di umanità; non "essere qualcun altro", ma "stare con qualcuno che magari non ti assomiglia nemmeno un po', ma che deve avere i tuoi stessi diritti".

  che riassume   il mio  modo di pensare    e perchè  continuo ad  usare  un vecchio lo slogan  degli anni 70\80n nè con le  br  nè  con lo stato 

7.1.16

cristiani confusi Le sentinelle in piedi in preghiera per chiedere la grazia a Dio:”ti preghiamo perché la legge sulle cosiddette unioni civili non passi

Segnalo questo bellissimo , ringrazio l'amico ritrovato Maurizio Benazzi per averlo messo sula sua bacheca, articolo preso da http://blog.retelabuso.org del 5\1\201

Le sentinelle in piedi in preghiera per chiedere la grazia a Dio:”ti preghiamo perché la legge sulle cosiddette unioni civili non passi”

Che l’aria che tira in questi ultimi tempi nel Paese nei confronti della questione LGBT non sia delle più liberali lo si è capito da tempo (basti pensare a cosa è successo agli amici di Gayburg), ma adesso stiamo toccando, permettetemi il termine, il fondo.
Tutti conoscono le Sentinelle in piedi e tutti sanno che si fermano nelle piazze delle varie città italiane con in mano un libro per protestare contro il riconoscimento dei diritti civili alle persone LGBT.
Dopo un periodo di silenzio, dettato anche al fatto che il loro modo di scioperare non attirava più l’attenzione che speravano, sono tornati all'attacco cambiando linea guida, ma non scopo finale. Questi fantomatici gruppi di credenti hanno scelto di tornare in piazza lasciando a casa i libri e portando con loro le preghiere. Sì, avete capito bene. Fino al 30 gennaio, infatti, le Sentinelle occuperanno i centri urbani per pregare affinché il loro Dio faccia loro la grazia e blocchi il ddl Cirinnà e salvaguardi, così, la famiglia tradizionale.
“Dobbiamo chiedere, chiedere, chiedere con tutte le forze a Lui che intervenga.” – sostiene la giornalista e scrittrice vicina a Minif pour Torus, Costanza Miriano spiegando il motivo di questa nuova insensata azione – “Lo fa solo se noi gli chiediamo di farlo. Dobbiamo farlo fino a spolmonarci, appoggiandoci alle parole di Gesù: chiedete e vi sarà dato, bussate e vi sarà aperto, cercate e troverete. Dobbiamo chiederlo con fede cieca.”
Sul sito delle sentinelle in piedi è stato affissa una sorta di agenda in cui ognuno può inserire la propria disponibilità a pregare in nome della discriminazione (60 minuti al giorno) in modo da riempire ogni ora del giorno e impedire, così, che si verifichino dei buchi durante la giornata. Inoltre, sempre sul sito, è stato pubblicato il testo della preghiera le sentinelle dovranno recitare a gran voce a partire dal prossimo 5 gennaio.

La supplica ha il seguente testo:

“Ora, Maria, ti preghiamo perché la legge sulle cosiddette ‘unioni civili’ non passi. Te lo chiediamo da ora fino al giorno fissato per l’approdo in parlamento e per i giorni della discussione. Con fiducia e insistenza ci uniamo per chiedere il tuo aiuto.”

Di fronte a tutto questo, un semplice essere umano che può dire? Vedere gente che invoca l’aiuto di un Dio che ha mandato il proprio figlio per la salvezza di tutti gli essere umani non è un controsenso? Nominare il suo nome per il proprio resoconto personale, non è peccato (Vedi il secondo dei dieci comandamenti – ‘Non nominare il nome di Dio invano’)? Un cattolico, per essere un bravo cristiano, non dovrebbe volere il bene di tutti, o mi sono perso qualcosa? E poi, cara Sentinelle, se c’è già il PD che rema contro al ddl Cirinnà, avete davvero bisogno di disturbare Dio che ha già tanto a cui pensare per concentrarsi anche sulla vostra maniacale voglia di discriminazione?
Ascoltatemi, rimanete a casa a ripararvi dalle intemperie dell’inverno e vedrete che, anche senza questa iniziativa promozionale, verrete accontentati ugualmente dal PD. In fondo la storia di questo Paese è destinata a ripetersi sempre allo stesso modo.

Purtroppo.
Fonte: huffingtonpost.it

Aggiungo a  quanto già detto   nell'articolo più precisamente : << Un cattolico, per essere un bravo cristiano, non dovrebbe volere il bene di tutti, o mi sono perso qualcosa? >>  che  anche   gli esponenti  delle maggiori religioni  monoteiste  ( Cattolici , ebrei , buddisti , mussulmani  ) nel videomessaggio del Papa: "Dialogo porti pace"e  che  credono nell'amore 




disdascalia  del  video
In esso   Per la prima volta, le consuete intenzioni di preghiera mensili formulate dai pontefici e diffuse dal Vaticano, arrivano mediante un videomessaggio. Nel suo breve discorso, pronunciato in spagnolo e tradotto in 10 lingue, Francesco auspica: "Il dialogo sincero tra uomini e donne di religioni differenti porti frutti di pace e giustizia". E le immagini mostrano anche ebrei, buddisti e musulmani che dichiarano la fede nel loro dio e nell'amore: "La maggior parte delle persone sulla terra - spiega il pontefice nel video - si dichiarano credenti. E questo dovrebbe portare a un dialogo tra le religioni. Non dobbiamo smettere di pregare per questo e collaborare con chi la pensa diversamente". Al termine del messaggio, nel video si vedono quattro mani che tengono un Gesù bambino, un Buddha, una Menorah ebraica e un Tasbeeh



La scimmia si fa un selfie, guerra legale per i diritti d'autore sulla foto

 L'unico commento  che mi  viene  da  fare    leggendo  la  vicenda  sotto riportata  è    lostesso che  ho fatto  sul gruppo dell'associazione  di cui faccio parte  :



attenzione se le scimmie ( fra cui il sottoscritto Emoticon smile ) vi rubano la macchina e poi ci fanno un selfie poi qualcuno scrive su wikipedia dell'accaduto , poi è un caos per i diritti

 da l'unione  sarda  7\1\2016  12:42



la foto del macato pubblicata su wikipedia
La foto del macato pubblicata su Wikipedia
I macachi non possono rivendicare i diritti d'autore su una fotografia. La notizia arriva dagli Stati Uniti, dove un giudice ha dato ragione al fotografo David Slater in seguito a un contenzioso legale con Wikipedia.Cinque anni fa il sito della più grande enciclopedia online ha pubblicato una curiosa immagine di un macaco che prese la macchina fotografica di Slater e fece alcuni selfie. Una di quello foto è stata pubblicata online e attribuita al macaco.Il fotografo ha rivendicato i diritti, ma un'associazione animalista si è opposta citando in giudizio il fotografo. Il giudice ha però respinto l'istanza sostenendo le leggi sul copyright non vanno riconosciute agli animali.La battaglia legale continua, ma Wikipedia non ha rimosso la foto. E' cambiata la didascalia: "Autoscatto di una femmina di cinopiteco (Macaca nigra) effettuato nel Sulawesi Settentrionale, in Indonesia. Il cinopiteco ha rubato la macchina fotografica dal fotografo David Slater e si è fotografato con essa".

6.1.16

"Meglio morta che senza dignità": giornalista siriana ( Ruqia Hassan ) uccisa dall'Isis

Ascoltando la versione di Dignity ( bob dylan ) rifatta da De gregori leggo questa triste notizia che cade a pennello con tale canzone

L'UnioneSarda.it » Cronaca » "Meglio morta che senza dignità": giornalista siriana uccisa dall'Isis
CRONACA » SIRIA





                                                     Ruqia Hassan




"Se mi prenderanno, mi taglieranno la testa, ma meglio una testa tagliata con dignità che vivere con umiliazione".
Scriveva così la giornalista e attivista Ruqia Hassan, prima che il sedicente Stato islamico (Is) la uccidesse. Abu Muhammed, fondatore della rete di attivisti Raqqa viene massacrata nel silenzio, ha raccontato che più volte, prima di morire, la giovane aveva parlato di minacce ricevute dai jihadisti.
La giornalista, di origini curde, era nata nel 1985 nei pressi di Kobane e avava studiato filosofia ad Aleppo. Era ormai l'unica donna reporter indipendente a Raqqa, la capitale siriana del califfato dell'Is. Fino all'ultimo ha sfidato i jihadisti con denunce e cronache piene di ironia, che pubblicava sul Web.
Poi è stata scoperta e arrestata, lo scorso agosto. Infine è stata giustiziata, come hanno annunciato gli attivisti dell'organizzazione Syria Direct.
Ruqia, che a volte scriveva con lo pseudonimo di Nisan Ibrahim, sarebbe stata uccisa diverso tempo fa, forse già a settembre, ma solo nei giorni scorsi l'Is avrebbe confermato la sua uccisione alla famiglia, affermando che si trattava di una "spia". Il quotidiano britannico 'The Independent' pubblica l'ultimo post su Facebook della giovane reporter, risalente a luglio. Sulla stretta dell'Is contro Internet, Ruqia scriveva: "Forza, tagliateci Internet, i nostri piccioni viaggiatori non se ne lamenteranno". (Hay-Rzz/Adnkronos)

dopo le feste si rincomincia

Il mio editoriale   ( come lo chiamano i miei  )  d'oggi  è deliberatamente tratto   da quello ( http://www.topolino.it/archivio-post/topo-3137/   vedee copertina  sotto  al centro  )  di Valentina de  Poli


Come recita lo strillo di copertina è arrivato il momento di farci coraggio e di dare… un calcio alle feste!I più saranno tristissimi e già nostalgici dei giorni allegramente   passati, capricciosi e appesantiti da un panettone  ( e non solo  )  di troppo. Però, pensate: dal 6 gennaio in avanti ricominciano tante cose belle.Per gli appassionati di calcio, riparte il campionato di serie A (lo scrivo in modo sentito poiché dalle mie parti da giorni c’è chi sta facendo il conto alla rovescia…) che corrisponde a un altro appuntamento classicissimo di inizio anno: l’album Calciatori delle figurine Panini, che trovate in regalo con questo numero del Topo.Ripartono anche le attività extra scolastiche e professionali di tutt  grandi e piccini  : pallavolo, nuoto, basket, karate, yoga, calcetto ma anche musica, canto, teatro... Non sentite anche voi il bisogno di muovervi, muovervi e zampettare?E poi, naturalmente, si torna in classe (e al lavoro). Noi vi abbiamo immaginato come leoni pronti a ruggire, grintosi e pieni di energia.Per cui, quest’anno, anziché il solito consiglio a base di sorrisi davanti allo specchio, quello che vi suggerisco per il 7 gennaio è di mettere i piedi giù dal letto con un roboante ROAAAAARRR! e di lanciarvi fieri e regali verso la vostra nuovissima giornata ... 



Una prova di cover dedicata alle figurine , con Paperino in posa da campione. Per “colpa” di Paperoga non è andata a buona fine…





concludo con quiesta storia presa dalla nuova sardegna   del 05 gennaio 2016

Sassari, lo zampognaro che da 30 anni rallegra il Natale in città
La storia di Sergio Poliferro, 77 anni. Per lui la Sardegna è ormai un appuntamento fisso





SASSARI. Ormai, da trenta anni a questa parte, non c’è Natale che Sergio Poliferro, sessantasette anni, non venga a Sassari per rendere un po’ più allegre le feste. E come tradizione eccolo nuovamente in città, con la sua barba bianchissima, il cappello scuro, seduto nel piazzale del supermercato Auchan, a suonare la sua zampogna, o l’organetto o la batteria. «La Sardegna per me è un appuntamento fisso – dice – e Sassari in particolare. Qui la gente è molto cordiale, simpatica e soprattutto generosa. Per me è un piacere trascorrere il Natale in questa città». 


E da qualche anno anche la moglie Piera, col quale è legato da trentacinque anni, ormai lo segue in tutti i suoi spostamenti. E lo accompagna anche nelle sue prestazioni musicali, con gli strumenti a percussione.ergio Poliferro e la moglie Piera resteranno in città sino all’Epifania, dopodiché ritorneranno nel loro paesello di Castel San Vincenzo, in provincia di Isernia, nel Molise. In attesa che arrivi nuovamente il Natale, per rifare le valigie, caricare tutti gli strumenti, e ritornare nella loro amata Sassari.

contaminazioni ed emozioni . musicali e culinarie

anche  i https://it.wikipedia.org/wiki/Talent_show in questo caso    Masterchef   giunto alla  5 edizione  posso   ( sia  che  si finga  che  si faccia sul serio )  insegnare qualcosa  .In esso   c'è  una dolce ragazza che è passata dall’avere un brutto rapporto col cibo (“non traevo godimento dal mangiare”) a presentare un bellissimo piatto ai giudici. Che tra l’altro doveva essere anche buono, dato che è passata alla fase successiva del programma conquattro sì. “Mi dà grande soddisfazione sapere che cucinare può salvare una vita”, ha spiegato Joe dopo aver capito quanto i fornelli siano stati la migliore terapia per la commossa fanciulla.






L'UnioneSarda.it » Spettacoli »   del  5\1\2016 "Nanneddu meu" in versione sardo-irlandese con Cogar Cèlii e Ballade Ballade Bois




Prima si sono sfidati al bancone del bar, poi sul palco per una jam session che ha sancito l'incontro del folk sardo con quello irlandese. E' nata così un'originale versione di "Nanneddu meu" durante la rassegna Bal Folk che si è tenuta a Pra Catinat in Piemonte.
I protagonisti dell'insolito duetto sono i sardi Ballade Ballade Bois e gli irlandesi Cogar Célii Band. "E' un gruppo che proviene da Galway - dice Fabio Calzia, chitarrista della formazione isolana - vengono spesso in Italia. Si tratta di Maidhc O Heanaigh (flauto), Mick Clancy (bouzouki) e Liam King (organetto). Li abbiamo incontrati al Gran Bal Trad, il più grande festival dedicato al Bal Folk in Italia. L'anno scorso abbiamo stretto una bella amicizia e abbiamo condiviso il finale del nostro concerto suonando una versione improvvisata di Barones sa Tirannia".
Quest'anno la collaborazione si è ripetuta."Dopo una

storie d'umanità da gente che non t'aspetti e dalle persone anziane



la prima che prova a far piazza di luoghi comuni ( molti anche veri purtroppo , esperienza personale ) dei cacciatori

Essa è avvenuta in Ogliastra , dove due cacciatori,, hanno liberato un muflone che era rimasto intrappolato con una zampa in una recinzione. Per tranquillizzare l'animale, i due lo hanno accarezzato e coccolato. Poi, dopo una foto ricordo, lo hanno liberato. Il video è stato pubblicato sulla pagina Facebook Cacciatori di Sardegna e in poco tempo ha fatto migliaia di visualizzazioni






la seconda da L'UnioneSarda.it » Cronaca » del 5\1\2016

la maestra Dorina fa 90 anni e riceve gli auguri del Papa: e lei regala al Comune 550 foto






dorina mereu

ORISTANO
C'erano anche tanti ex alunni per festeggiare i 90 anni di Dorotea Mereu, insegnante di generazioni di oristanesi all'asilo infantile Sant'Antonio.
E proprio in quella scuola, oggi diventata sede della pinacoteca e della biblioteca, c'è stata una grande festa per la maestra, conosciuta da tutti come Dorina, che ha scelto di regalare al Comune un archivio di 550 fotografie.
Una delle foto donate dalla maestra al Comune

Dalle immagini, nascerà una mostra che raccoglierà i ricordi di tantissimi oristanesi, la maestra infatti ha avuto ben duemila cinquecento alunni, dagli anni Quaranta agli anni Ottanta quando l'asilo ha chiuso i battenti.


se non riuscite a vederlo lo trovate qui alla fonte originale

Per Dorina stamattina gli auguri del sindaco di Oristano Guido Tendas, che le ha consegnato una targa ricordo e dell'arcivescovo Ignazio Sanna, che le ha fatto recapitare dal Vaticano gli auguri di Papa Francesco.E' un compleanno speciale quello che ha festeggiato Dorotea Mereu, per tutti gli oristanesi Dorina.
Per i suoi 90 anni, compiuti ieri, ha fatto un dono alla città che lo custodirà e valorizzerà attraverso l'archivio storico comunale: un archivio di 550 fotografie sullo storico Asilo infantile di S. Antonio dagli anni '40 agli anni '80.
Maestra Dorina le ha consegnate al sindaco Guido Tendas in una cerimonia pubblica, alla presenza dell'Arcivescovo Ignazio Sanna, e dei suoi tantissimi bambini, oggi adulti e qualcuno anziano, che si è tenuta in quegli stessi locali dell'Hospitalis Sancti Antoni dove per decenni ha lavorato allevando ed educando decine di bambini oristanesi. Monsignor Ignazio Sanna le ha consegnato gli auguri di Papa Francesco.Dorotea, conosciuta come Dorina, nasce a Tramatza nel 1926. Nel 1940, spinta dall'amore per i bimbi, chiede alle suore dell'ordine "Figlie della Carità" di poter entrare nell'asilo come assistente, ma con le sue attitudini darà un contributo fondamentale alla formazione dei bambini riuscendo anche a farli partecipare allo Zecchino d'oro e al Cantabimbo negli anni '80.

Pavia Si prostituisce per pagarsi le slot Impiegata 50enne perde lavoro e liquidazione per il gioco d’azzardo, ora è in comunità terapeutica



Leggendo la storia che trovate sotto ---- presa come sempre dalla pagina facebook di geolocal ( gruppo repubblica-l'espresso ) mi viene da dire ci manca solo che gli adolescenti iniziano a spacciare o a farlo anch'essi per avere i soldi da giocare e siamo a cavallo . Maledetti siano i governi che lo hanno permesso di renderlo legale Va bene c'era la motivazione, almeno quella positiva , di toglierlo alle mafie , ma cosi si è caduti dalla padella alla brace ed adesso rimediare è un casino . E nessuno ha il coraggio di metterci le mani .




da http://laprovinciapavese.gelocal.it/pavia/cronaca/ del 5\1\2016
di Maria Grazia Piccaluga.





PAVIA
Trenta euro in contanti. Il prezzo della disperazione e della dignità perduta. La somma per cui un’impiegata cinquantenne di Pavia, schiava dell’azzardo e dei videopoker, si vendeva ai frequentatori di alcune sale gioco quando, a metà mese, aveva già “bruciato” tutto il suo stipendio . Con quei soldi - che faceva subito convertire in gettoni - tornava a sedersi, per ore, davanti a una slot.
Una schiavitù durata molti mesi, in cui ha dilapidato tutte le sue sostanze, ha perso il lavoro, ingannato i familiari, arrivando anche a tentare di togliersi la vita.
Poi il cambio di rotta. L’incontro con gli operatori del centro di ascolto anti slot della Casa del Giovane. Ora è ospite di una comunità terapeutica, sottoposta a un trattamento di “disintossicazione” dalla dipendenza dal gioco. E ha trascorso, per la prima volta dopo anni, un Natale diverso.
La sua storia inizia come quella di tante altre persone “contagiate” dalla ludopatia: un Gratta & Vinci ogni tanto, con la certezza che oltre quel confine non si andrà. Invece la tentazione un giorno spinge l’impiegata cinquantenne in un bar, dove si siede davanti a una slot. Il primo gettone, ne è sicura, sarà anche l’ultimo. Invece ne compra un altro e un altro ancora.
Diventa il suo modo per trascorrere il tempo quando esce dall’ufficio, nei pomeriggi tutti uguali. Chiude la porta della sua casa silenziosa, dove vive sola, e si infila in un bar che abbia le macchinette.
Non si vergogna nemmeno più che qualcuno la possa riconoscere. E’ troppo presa dalla smania di vincere, ipnotizzata dal rullio colorato della slot, cullata dal ritmo cadenzato e metallico delle monete che cadono nella macchina.
Poi passa al videopoker e alla videolottery, entra anche nelle sale gioco. Il suo stipendio da impiegata, racconterà poi agli operatori del centro di ascolto, termina già nei primi giorni del mese. In una settimana di euforia gioca 15mila euro. Bussa alla porta delle sorelle, elemosina soldi al padre al quale, confesserà più tardi, ha anche sottratto tutto l’oro di famiglia per poi rivenderlo. Collane e anelli della madre defunta, ricordi di una vita che non si è fatta il minimo scrupolo a barattare con dei soldi freschi da giocare. «Perché la malattia – confermano gli addetti ai lavori che lavorano nella struttura pavese – ti annebbia la mente. La disperazione rompe gli argini e non chiede il permesso. Non suona il campanello, non ti avvisa ma ti schiaccia. C’è chi dilapida tutti i risparmi, si vende la casa, i gioielli, inventa furti e rapine. Prima delle feste c’è persino chi si è venduto il cane».
Sul lavoro l’impiegata rende sempre meno, arriva persino a rubacchiare. E alla fine viene licenziata. Ma lei polverizza il Tfr in poche ore. E’ in quel preciso momento che scende all’inferno e abbandona l’ultimo briciolo di dignità. Si vende agli uomini che gravitano attorno al mondo dell’azzardo per poche decine di euro. Ma quello è anche il momento in cui, toccato il fondo, decide che è giunto il momento di risalire. E bussa alla porta della Casa del Giovane.









LEGGI ANCHE:

Febbre da gioco, in provincia di Pavia 912 locali con le slot

Ecco la mappa dei locali in cui si gioca. La più alta concentrazione, come intuibile, a Pavia, Vigevano e Voghera. Seguono Stradella, Broni, Mortara e Sannazzaro




5.1.16

epifania tutte le feste si porta via

  ti potrebbero interessare  questi due   mie precedenti  scritti    ed essere  utili anche per  le prossime festività natalizie


  1. una favola   da  raccontare    se  si lamentano , ma  anche  no   per  i pochi regali ricevuti alla befana 
  2. La mia guida al natale e alle festività 205\2016 [ come sopravvivere alle festività ] parte 2 III ° befana \ epifania FINE
con gli anni  il mio  immaginario di befana è cambiato   ecco  com'è adesso alla soglia   dei 40  .





Posted by Caffeina on Sabato 2 gennaio 2016



Posted by Caffeina on Sabato 2 gennaio 2016

L’AQUILA E LA BAMBINA CIECA

da  Claudia Pasquariello 18 dicembre alle ore 15:10 · Il vento sussurrava tra i pini della montagna, portando con sé gli echi di un mondo ...