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4.7.25

Come nella migliore tradizione, la burocrazia italiana frena progetto valido, sostenibile e in grado di creare posti di lavoro e interesse turistico. il caso L'imprenditore Mario Gallo, detto "U caciardu", ha ideato e costruito il ferrociclo della Sila.

   da  Emiliano Antonino Morrone 

L'imprenditore Mario Gallo, detto "U caciardu", ha ideato e costruito il ferrociclo della Sila. È un prototipo, ma già può viaggiare sui binari della storica ferrovia San Giovanni in Fiore-Cosenza, che attraversa una natura meravigliosa. Come nella migliore tradizione, la burocrazia italiana frena anche in questo caso un progetto valido, sostenibile e in grado di creare posti di lavoro e interesse turistico. se e parla nell'articolo sotto preso dal corrierecdella Calabria





la lente di emiliano
Pubblicato il: 04/07/2025 – 7:21 
di Emiliano Morrone

Il ferrociclo della Sila, idea sostenibile e poetica In Calabria abbiamo tutto: storia, boschi, uomini capaci. Ci manca solo la decisione di pedalare

La ferrovia della Sila parte da San Giovanni in Fiore e si arrampica verso Camigliatello tra rettilinei e curve, gallerie robuste e improvvisi squarci di radura, la Lichtung cara a Heidegger. Il paesaggio sfida le parole per la sua bellezza sincera. La linea attraversa boschi fitti, taglia vallate larghe e silenziose, percorre come sentiero incantato il cuore dell’altopiano calabrese. Con una grazia classica, senza fretta, quasi a rispettare i tempi dilatati della montagna.




Più avanti, il tracciato scende verso la Presila e Cosenza, attraversando luoghi dove resistono tracce contadine, usanze tramandate, una civiltà di condivisione, rispetto, antica cortesia. A quella linea, oggi in parte dismessa, sono legate vicende, comunità e una natura che non ha ceduto al turismo di massa. È un’infrastruttura, se vogliamo chiamarla con un termine burocratico e parlamentare, che per molti versi rammenta il corso locale del Novecento: la fatica e l’ingegno di una gente di periferia, la memoria, le ingiustizie, la povertà e le lotte del popolo silano. È un pezzo di storia che resiste, anche per la permanenza di caselli ferroviari ancora intatti, in grado di restituire al Sud, offuscato dal capitalismo omologante, una prospettiva di autenticità e di sviluppo sostenibile.



Ci crede senza timori Mario Gallo, imprenditore di San Giovanni in Fiore sopra i 70 anni che non ha perduto la sua fame di idee. Dopo aver acquistato il catamarano “Caciarda”, così chiamato dal soprannome familiare, con cui gira le coste italiane assieme a gruppi organizzati, Gallo ha incanalato la sua energia verso un sogno nuovo: un prototipo di ferrociclo, un veicolo a pedali per viaggiare proprio su quei binari della Sila dimenticati. L’ha pensato come strumento per uno sviluppo dolce dell’altopiano, utile per l’escursionismo, per la raccolta dei funghi, per la contemplazione dell’intorno quando non arriva il treno storico. Con mente fervida e mani operose, questo anziano giovanile ha costruito, sperimentato e proposto il mezzo in questione. Ma è qui che l’Italia si scopre ancora immobile, complicata, autolesionista. Difatti, se da un lato la legge numero 128 del 2017 – voluta dall’allora ministro Dario Franceschini – riconosce le ferrovie turistiche e persino l’uso dei ferrocicli sulle tratte dismesse, dall’altro lato mancano ancora le condizioni attuative. Il testo c’è, approvato all’unanimità da Camera e Senato. All’articolo 10 si prevede la possibilità di utilizzare veicoli a pedalata naturale o assistita – i ferrocicli – sulle linee dismesse o sospese, purché in possesso dei requisiti tecnici Uni. È una norma all’avanguardia, pensata per dare – per dirla con Battiato – «un’altra vita» a centinaia di chilometri di binari abbandonati. Ma, come spesso accade, alle parole non sono seguiti i fatti. La norma tecnica è stata redatta con il contributo della Federazione italiana delle ferrovie turistiche e museali (Fiftm), dell’Agenzia per la sicurezza ferroviaria (Ansfisa) e del ministero dei Trasporti. Un tavolo tecnico è stato pure attivato, nello specifico tra gli enti preposti. Già nel 2019, peraltro, l’Associazione Ferrovie in Calabria, realizzò un prototipo avanzato di ferrociclo. Ora manca l’ultimo passaggio burocratico, ma nessun ente si assume la responsabilità di concedere le autorizzazioni. Tutti dicono Sì, ma nessuno firma. Tutti riconoscono l’opportunità, ma nessuno si prende il rischio. Dunque, le buone idee restano nel limbo, tra l’entusiasmo dei cittadini e l’inerzia degli apparati.
Intanto, non è stata ancora conclusa la ristrutturazione della tratta ferroviaria Cosenza-San Giovanni in Fiore. Il progetto, finanziato da Ferrovie della Calabria con fondi pubblici, doveva essere terminato entro il 2024, ma il tratto tra Camigliatello e San Giovanni in Fiore resta chiuso, inutilizzabile. Le traversine ci sono, le gallerie attendono la messa in sicurezza e i binari si arrugginiscono a poco a poco. Nonostante le promesse. Nonostante l’interesse crescente per il treno della Sila. Nonostante le decine di migliaia di turisti che ogni anno visitano l’altopiano, come pure documentato dagli studi dell’economista Unical Francesco Aiello. Il rischio concreto è che anche questo investimento si perda per mancanza di volontà politica o per pigrizia burocratica.
Eppure, ci sono esperienze che mostrano tutt’altro andazzo. In Francia, l’associazione Vélorail de France ha attivato oltre 60 linee per un totale di più di 1000 chilometri. Solo nella zona del Larzac, 17 chilometri di rotaie attirano migliaia di turisti al giorno nella stagione estiva e creano posti di lavoro stabili, microeconomie, identità condivise. In Italia, con oltre 1.500 chilometri di linee dismesse già mappate, si potrebbe fare molto di più. L’economista Roberto Ghiretti, in uno studio sugli impatti economici del turismo lento, ha dimostrato che l’interazione tra mobilità dolce, cultura locale e ambiente naturale produce effetti duraturi, distribuiti, stabili. Non effimeri, non drogati da grandi eventi oppure da speculazioni. Nel caso della Sila, la ferrovia storica è già legata a una narrazione di profondità che rinvia alla presenza in quei luoghi di Gioacchino da Fiore, il pensatore calabrese che nel XII secolo prefigurava un’epoca dello Spirito, in cui l’uomo avrebbe vissuto in pace con il creato. «Sarà allora il tempo in cui la legge sarà scritta nei cuori e non più su pietra», profetizzava l’abate calabrese nel Liber Concordiae. Non è forse questo il senso di una ferrovia riconsegnata ai cittadini, senza cemento, senza ruspe, senza devastazioni? Non sarebbe opportuno un binario che sia strada per le persone, perché tornino alla voce accogliente della natura, al fascino della realtà, della normalità e dell’esperienza tangibile?

Ecco perché serve oggi un impegno puntuale da parte della Regione Calabria, delle Ferrovie della Calabria, del ministero delle Infrastrutture. Occorre completare la ristrutturazione della linea Cosenza-San Giovanni in Fiore, attivare una sperimentazione del ferrociclo a partire dai prototipi già pronti, stabilire finalmente un ente preposto alle autorizzazioni e accompagnare le comunità in un percorso di valorizzazione vera e convinta. Perché, come ha insegnato il giornalista e scrittore Paolo Rumiz, viaggiare in treno significa riconciliarsi con il tempo e con lo spazio. E perché, come sa chi vive in montagna, quando una ferrovia riapre, riparte anche una comunità. In Calabria abbiamo tutto: storia, boschi, uomini capaci. Ci manca solo la decisione di pedalare.

 (redazione@corrierecal.it)

Manuale di autodifesa I consigli dell’esperto anti aggressione Antonio Bianco - puntata n XXXIII SE UN LADRO ENTRA IN CASA VOSTRA, NON AFFRONTATELO



una puntata , quella di questa settimana ,   tenuta  sul il settimanale   Giallo  all'interno  il Manuale di autodifesa I consigli dell’esperto antiaggressione Antonio Bianco istruttore dei carabinieri, della polizia penitenziaria e dei vigili del fuoco, è ufficiale della Croce Rossa. tenentebianco@gmail.com
P.s  per  chi vuiole approfondire l'argomento  trova  sotto     dei link  


Siete a casa tranquilli e vi state rilassando dopo una giornata di lavoro. All’improvviso sentite un rumore
sospetto che vi porta a pensare che qualcuno possa essersi introdotto in casa vostra. Potrebbe essere un ladro?Ancora una volta la regola è “vietato fare l’eroe”. Insomma,anche se vi sentite forti e sicuri di voi stessi, siate prudenti.
Prima di tutto non accendete luci in casa, non fate rumori e non fate nemmeno movimenti bruschi. Visto
che siete le persone che meglio conoscono la vostra abitazione, individuate un luogo sicuro in cui potervi nascondere, meglio ancora chiudendovi a chiave, se possibile. Verificate che il vostro cellulare sia in modalità silenziosa:nel caso in cui non lo fosse, cambiate immediatamentel’impostazione e chiamate il 112 sottovoce, senza farvi sentire. Se non vi sentite sicuri a parlare, chiamate e restate in
linea. Alla polizia è sufficiente per localizzare la vostra posizione e intervenire in vostro soccorso. Se il vostro cellularesupporta il servizio, inviate un messaggio di emergenza.Per nessuna ragione al mondo affrontate il ladro. Nonurlate e non minacciatelo, perché potrebbe essere armato o
sotto l'effetto o di alcol o di stupefacenti, che potrebbero alterare le sue capacità reattive e mettervi in ulteriore pericolo.
Se invece siete fuori casa e vi accorgete di come qualcuno si sia introdotto nella vostra abitazione, non entrate, perché il malvivente potrebbe trovarsi ancora in casa.
Chiamate il 112 e allontanatevi a distanza di sicurezza, possibilmente osservando da una posizione che vi garantisca protezione, e attendete l’arrivo delle forze dell’ordine. Dopo l’arrivo della polizia, seguite le indicazioni che i militari vi daranno. Una volta al sicuro, non spostate e non toccate nulla, perché rischiereste di compromettereeventuali tracce che il ladro potrebbe avere lasciato dietro
di sé. Fate l’inventario di ciò che manca e presentate denuncia. Se vi sentite turbati, non abbiate timore di condividere le vostre paure e di farvi aiutare.

Momo Elmaghraby, il razzismo da bambino: “Se succedeva li picchiavo. Alla boxe grazie a una rissa”


fonte  repubblica  tramite  msn.it  


Momo Elmaghraby, il razzismo da bambino: “Se succedeva li picchiavo. Alla boxe grazie a una rissa”






                          Mohamed ‘Momo’ Elmaghraby_momo elmaghraby© fornito da La Repubblica

“In Egitto ci sono nato e vissuto i primi 12 anni, dopo non ci sono più tornato. Non avevamo tanto, ma sono cresciuto con le nostre tradizioni culturali e religiose. Poi, una volta arrivato in Italia, la mia vita non è stata sempre facile”. Quella di Mohamed ‘Momo’ Elmaghraby, 29 anni, professione pugile, è una storia che parte da lontano, cerca tante strade – non sempre comode – e finalmente imbocca quella del lieto fine: “Ho una compagna, abbiamo un bambino che ha appena compiuto un anno e stiamo aspettando una bambina. Lavoro come fattorino in un centro culturale perché con la boxe, almeno ai miei livelli, non si campa. Me lo dico da solo, ho proprio messo la testa a posto”.
In Italia una partenza problematica
In mezzo parecchie problematiche: “Una volta arrivato in Italia sono iniziati i problemi. I miei genitori non andavano d’accordo. Mia madre è tornata con il resto della famiglia in Egitto e con mio padre non parlavo. Quindi, sono finito in una comunità fino a quando, all'età di 18 anni, ne sono uscito e mi ha ospitato in casa sua un amico".
“Il razzismo? Solo tra bambini”
La classica fase senza punti di riferimento in cui la sciocchezza è dietro l'angolo: “Ho fatto tanti casini, diciamo che ero un ragazzo vivace che non rispettava le regole. Bevevo, fumavo, mi buttato in tutte le risse”. Una integrazione problematica e sullo sfondo l’ombra del razzismo: “Un po’, ma solo da ragazzino. Non sapevo la lingua e mi prendevano in giro per quello e per le mie origini. Finiva sempre allo stesso modo, gli alzavo le mani e la piantavano”.
"Notato durante una rissa, così ho iniziato con la boxe”
Le sliding doors sono arrivate dal pugilato. “Ero a Monza, in stazione, coinvolto in una rissa. Mentre facevo a botte mi ha notato una persona che lavorava in una palestra con Matteo Salvemini, negli anni Ottanta campione d’Europa dei pesi medi. Mi ha detto che potevo far confluire tanta rabbia su un ring”. E sul ring ha funzionato, se è vero che sabato catalizzerà l’attenzione del pubblico milanese nella riunione organizzata da Taf – The Art of Fighting – al Centro Pavesi nella rivincita contro Stiven Leonetti (primo incontro vinto da Momo tra mille polemiche). Il match è caratterizzato da feroce rivalità: “C’è un vero astio. Niente di specifico, sono quelle cose che nascono dal nulla. Poi io ho messo del mio, esagerando un po’ sui social per tenere alta l’attenzione”.
“Sognare con giudizio, aspiro a essere al vertice in Italia”
Momo ha un idolo (“Mike Tyson, mi è sempre piaciuta la sua voglia di emergere dal basso”), ma ha i piedi ben saldi per terra: “Sognare va bene, ma bisogna farlo con obiettività. A disputare un titolo mondiale non penso ci arriverò mai. Mi basta essere uno dei migliori in Italia e magari farmi rispettare all’estero”. Parole da uomo tranquillo: “Ma solo grazie alla boxe che mi ha dato una sistemata, altrimenti i guai si sarebbero sprecati”.

A Solarussa una piazza per Roberta Zedda, uccisa 22 anni fa nell'ambulatorio del paese Il fratello: «Sento vivo dentro di me il ricordo di quel giorno


 fonte  unione  sarda  4\7\2025

Tre luglio del 2003: nell'ambulatorio della guardia medica di via Garibaldi venne uccisa la dottoressa Roberta Zedda, per mano di quello che doveva essere un paziente in cerca di cura.
Il Comune ora, a distanza di 2  anni dall'assassinio, ha deciso di intitolare una piazza
del paese alla memoria di Roberta. L'inaugurazione e la benedizione della piazza di fronte al Comune avverrà proprio il 3 luglio. L'iniziativa è promossa dall'amministrazione comunale di Solarussa, in collaborazione con il Comune di Sanluri e la Federazione Nazionale dell'Ordine dei Medici.
Era il 3 luglio 2003, un giovedì di passione: la dottoressa di Sanluri,
Roberta Zedda, viene assassinata nell’ambulatorio di guardia medica a Solarussa dove prestava servizio. Ieri a 22 anni esatti da quel disastro, l’Amministrazione comunale di Solarussa le ha dedicato la piazza principale del paese, di fronte al Comune, e una scultura realizzata su progetto di Roberto Virdis.
La cerimonia«Solarussa - dice il sindaco, Mario Tendas - a Roberta Zedda stimata e benvoluta da tutti aveva intestato l’ambulatorio dove ha sacrificato la vita per servire la comunità e con una targa il defibrillatore donato dal comitato di San Gregorio. Oggi le dedichiamo la piazza principale e la scultura a ricordo della professionista gentile e garbata». Il fratello della dottoressa, Antonello Zedda, non ha parole: «Vorrei evitare di fare dichiarazioni, preferisco rimanere in silenzio». Parole di dolore esprimono i colleghi intervenuti alla cerimonia voluta dall’intera amministrazione. Presenti le autorità provinciali, consiglieri regionali, il presidente nazionale dell’Ordine dei medici, Filippo Anelli, e quello provinciale, Antonio Sulis. Tantissima la folla unita nella preghiera durante la messa celebrata da don Mariano Pili nella chiesa della Madonna delle Grazie: pace, perdono, Dio ti salvi.
La tragedia
Né Dio né gli uomini quel 3 luglio di 22 anni fa hanno fermato la mano impazzita di Mauro Zancudi, il ragazzo che armato di un coltello a serramanico si era scagliato contro Roberta Zedda che con tutte le forze cercava di respingere le sue folli avances, come racconterà dopo poche ore dall’omicidio ai carabinieri. Il pubblico ministero chiederà l’ergastolo, si chiuderà con la condanna a 30 anni.
Le due mamme
Ma torniamo al 3 luglio 2003. Le telefonate di due mamme ai carabinieri si incrociano nel cuore della notte, tra il 2 e il 3. Una arriva da Solarussa: «Mio figlio è strano, agitato. Non vorrei che gli sia successo qualcosa, vi prego venite a casa».
Poco prima ai militari un’altra donna in ansia telefonava da Sanluri: «Da ore non abbiamo notizie di mia figlia, è il medico di guardia notturna a Solarussa. Potete andare a controllare in ambulatorio?». Partono le pattuglie. L’ambulatorio è illuminato ma il medico, la 32enne Roberta Zedda, non apre e non risponde al telefono.
La scoperta
Sfondano la porta, la trovano per terra, il corpo trafitto da coltellate (più di 20 diranno i medici legali), sangue dappertutto. Una pattuglia piomba nella casa del ragazzo nervoso, turbato. «Racconta ai carabinieri cosa ti è successo», implora la mamma. I militari capiscono e dopo dieci ore di interrogatorio avranno la conferma. «Sì, sono stato io. Ho bussato, mi ha aperto, sono entrato, ho chiesto la ricetta, ero solo». L’aggressione, la difesa, le coltellate.
Sogni infranti
Roberta, laureata da 4 anni, sempre sorridente e disponibile con chi la notte bussava alla porta dell’ambulatorio privo di sistemi di sicurezza (le guardie e le telecamere arriveranno solo dopo) aveva accettato quel lavoro pericoloso che, aveva confidato a un’amica, avrebbe fatto in attesa della specializzazione in malattie infettive. Non è andata così, i sogni si sono spenti in un luglio d’inferno, a due passi dalla piazza per sempre di Roberta Zedda, la ragazza in camice bianco assassinata in una notte nera.



In realtà sono stati però i cittadini a voler mantenere vivo il ricordo della dottoressa. Tempo fa l'amministrazione aveva promosso un sondaggio finalizzato ad individuare figure illustri a cui intitolare alcune vie e piazze del paese. Oltre il 40% dei 484 cittadini coinvolti nell'indagine ha indicato il nome di Roberta Zedda come meritevole di essere inserito nella toponomastica comunale. E ora il volere dei cittadini si concretizza.


L'intitolazione a Solarussa (foto Pinna)

Un specchio circolare che rappresenta due comunità: Solarussa e Sanluri, sopra tante rose bianche donate dai bambini. Due paesi che 22 anni fa, il 3 luglio del 2002, piansero per la morte della dottoressa Roberta Zedda, uccisa nell'ambulatorio della guardia medica di via Garibaldi. Morì a soli 33 anni per mano di quello che doveva essere un paziente in cerca di cura. Da stasera a Solarussa c'è una piazza dedicata alla sua memoria. Si trova davanti al Comune.
È stata inaugurata alla presenza delle autorità ma soprattutto dei cittadini. Sono stati loro del resto a voler mantenere vivo il ricordo della dottoressa di Sanluri.
Tempo fa l'amministrazione aveva promosso un sondaggio finalizzato ad individuare figure illustri a cui intitolare alcune vie e piazze del paese. Oltre il 40% dei 484 cittadini coinvolti nell'indagine ha indicato il nome di Roberta Zedda come meritevole di essere inserito nella toponomastica comunale. E oggi il volere dei cittadini si è concretizzato.
«Nonostante sia passato un lasso di tempo così lungo da quella tragedia che ha spento i sogni della giovane dottoressa nel nostro paese è rimasto un legame stretto, forte e indelebile - ha detto il sindaco Mario Tendas - Vorrei inoltre che questa piazza diventi uno spazio su cui riflettere, un punto di partenza».
L'iniziativa è stata promossa dall'amministrazione comunale di Solarussa, in collaborazione con il Comune di Sanluri e la Federazione Nazionale dell'Ordine dei Medici. Alle 18,30 è stata celebrata la messa, poi la cerimonia di intitolazione. Era presente anche l'architetto Roberto Virdis che ha ideato la scultura in memoria alla dottoressa. «Il suo non è stato sacrificio inutile - spiega invece Filippo Anelli, Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri - Sono state tante le iniziative organizzate da quell'omicidio per sensibilizzare sul tema della violenza nei confronti degli operatori sanitari. Nessuno deve morire sul posto di lavoro. Una situazione inaccettabile, soprattutto nel campo della sanità dove c'è dedizione e altruismo».
Presente ieri anche la mamma di Roberta, Eifisiana, assieme al fratello Antonello che, con gli occhi lucidi, è intervenuto per salutare tutti i presenti: «Sento vivo dentro di me il ricordo di quel giorno, di mia sorella Roberta, anche se la sua assenza domina da 22 anni». E poi ha letto una poesia come se stesse parlando proprio lei, Roberta: «A voi che restate vorrei dire che sto bene ma non posso. Sono quel che ero nel vostro ricordo. Cercatemi nel cielo, fra le stelle, quando la notte è profonda io sono la scintilla». E l''applauso ha riempito la piazza.

3.7.25

conti con passato \ frammenti di un incubo in una notte di mezza estate .

colonna  sonora 

With A Little Help From My Friends- cover  di Joe Cocker [2]
let  it  be   The Beatles [1]
Nostalgia  canaglia -  albano e romina [4]
anima  mia    i cugini di campagna
La  notte -Aris[6]
LA STRADA - MODENA CITY RAMBLERS [5]


L'altra notte   non riuscendo a predere   sonno dal caldo   dopo la lettura  dei n  465 e 466   di  dylan  dog  e  quest'altra  storia    avvicente  nel   essere  surreale  ho iniziato     ad  avere  un incubo  trasformartosi  per   circa  una  mezzora  in un dialogo interiore   prima     che  venissi avvolto dalle braccia di
morfeo    ( che  sono riuscito ,  no so neppu,re  io come   e perchè     uno  dei mie tanti  automatismi   a  bloccare    su carta   e  che qui riporto più o meno  fedelmente  )  Ed  ecco  che il mio  grillo parlante  inizia    a farmi l'interrogatorio   e inizare  una  discussione    , ispirata   alle  letture    citate  principalmente  le  due  storie  di Dylan  Dog :  Se la  notte  chiama  ( n 465 )   e il seguito  chi è sepolto in  questa  casa (  n 466  )   . 

.... che stronzo che sono stato  con  XXXXX  quanto l'ho fatta   soffrire  .  adesso la  chiamo  o le  mando un watsapp   (  guardo l'orologio  della mia  radio sveglia   e mi  accorgo che    è mezzanotte passata  )  e

decido  di rinviare la  cosa   a  domani   .  E penso   forse  è meglio  di no  .    ci ho  già provato altre  volte   ma  sono tutte  andate  a vuoto  . ormai è meglio farmene  una  ragione  e   fare  un  bel  Let it be* 

Vedo  che  c'è qualcosa   (  in sottofondo da un locale   vicino  si sente   , non so se  una radio o ua  cover band   With A Little Help From My Friends- cover  di Joe Cocker  **)  del tuo passato  oscuro  che  hai rimosso   ma  che  vuole  tornare  in superficie  ?

Già  è cosi  . ma per poterlo  o archiviare o  rimuoverlo   devo ricordare  insomma  prendere  in mano il mio destino  . Infatti come    per le  decisioni   ed  il vivere la  tua  vita   \  opera  d'arte   , non si può   sempre  restare  chiusi in una stanza  \ comfort  zone    e  lasciare  che  siano essi  a   decidere  per  noi  ....   anche se per  proteggerti  . 

Quindi stai dicendo    che  ... 

E'arrivato   il  giorno   in cui il passato (  o almeno una parte  d'esso )  insime  agli errori e  ai sensi  di colpa  \  rimorsi  e rimpianti   e  paure  va messo  da  parte   e lasciare      che sia l'oblio  a  decidere   cosa  farne  . Evitando   che  essi\e  siano la  nostera  unica  compagnia  

 Ho  idea    che  tu   stia  parlando non in generale ma    di una questione personale  .

Beh  si  .....

Sappi  che   noi non siamo  le nostre paure  , non siamo  che  gli altri\e  vedono in  noi  

Esatto  . non permetterò al mio  passato   di condizionarmi  

Lo stai ripundiando  \  condannandolo ?

  No  tranquillo  . Ho già fatto , autocritica  ,  se  intendi questo ,    tempo fa    Insomma  ci ho  già  fatto   i conti   . Ho deciso cosa  archiviare  e cosa  lasciare  andare nello  spazio  per  andare  avanti e non rimanere  imprigionato  in una  nostalgia  canaglia [4]e  fare  pace con me  stesso e  perdonarmi . Se poi a qualcuno  darà fastidio  si volti  dall'altra  parte . E  non mi faccia  domande    inutili  e ... io  ho già   dato e non ho  più  , almeno credo ,   di cui vergognarmi e  di cui recriminare   \    darmi addosso e     crocifiggermi  . 

che ire amico mio buin viaggio e buona fortuna anzi meglio Good Night, and Good Luck.  non perdiamoci  di vista 

mai dire  mai   ormai fa  parte di  me   nella buona e  nella  cattiva  sorte  😂🤔🤗😇

Ora sei libero d rimanere  con me  o d'andare per  la tua strada .

ok . spero  un giorno   di   ricontrarti   un  giorno lungo la strada [5]

❤🙄🤔e  chi  lo  sa   mai  dire  mai  

Adesso ti saluto  visto che  morfeo è arrivato  e  come diceva  una vecchia canzone :  (.... ) E resto sola con me\La testa parte e va in giro\In cerca dei suoi perché\Né vincitori né vinti\Si esce sconfitti a metà\L'amore può allontanarci\La vita poi continuerà (.... )[6 ]

In Italia abbiamo davvero un problema di FEMMINICIDI e di violenza sulle donne o è solo allarmismo ?.

Ho trovato un appiglio per ripondee a coloro che mi dicono che non c'è un emergenza femminicidi \ violenza sulle donne .
Ora Lo so che il video non è aggiornato con gli ultimi dati da dicembre 2024 a giugno 2025 . Ma basta è avanza anche se secondo alcuni\e : « Una cosa è lavorare per ridurre un problema, un’altra è dichiarare
l’emergenza! » . Infatti negli ultimi anni, il dibattito attorno alla violenza di genere ha assunto una posizione sempre più centrale nelle discussioni pubbliche, suscitando domande fondamentali: la violenza di genere è davvero un problema diffuso o è esagerata dai media? E se è un problema, cosa si sta facendo per affrontarlo? Dati allarmanti evidenziano che milioni di persone in tutto il mondo subiscono abusi fisici, psicologici o economici basati sul genere, ma non mancano le critiche sul modo in cui questa emergenza viene rappresentata o affrontata. Qual è il reale impatto sociale, economico e politico della violenza di genere? Quali soluzioni concrete possono essere adottate per contrastarla in modo efficace


Il fatto che per alcuni\e NON sia un’emergenza non significa automaticamente che non sia un problema serio . Un problema può benissimo esistere senza essere un’emergenza.

CONDANNATO CON L'ACCUSA DI PEDOPORNOGRAFIA PER DETENZIONE E SCAMBIO DI FUMETTI EROTICI GIAPPONESI . DIVERSA INTERPRETAZIONE GIURIDICA SULLA PEDOFILIA TRA ORIENTE ED OCCIDENTE O UGNORANZA CULTURALE ?

Non ho lettto nè le carte processuali nè estratti i merito su tale notizia .

Una sentenza della Corte di Cassazione segna un punto di svolta nella lotta alla pedopornografia, estendendola al mondo dei fumetti erotici, in particolare ai manga giapponesi.                              Un uomo è stato condannato in via definitiva per detenzione di materiale pedopornografico costituito da dieci immagini virtuali, realizzate con la tecnica del fumetto, che raffiguravano minori di 18 anni coinvolti in attività sessuali. Ad aggravare la sua posizione, il fatto di averle inviate al profilo Facebook e all’indirizzo di posta elettronica di una minore. L’uomo è stato denunciato e ora condannato in via definitiva a dieci mesi di reclusione e al pagamento di 1.400 euro di multa. Per i giudici della Suprema Corte, la pedopornografia non richiede che le immagini rappresentino minori reali. Anche detenere fumetti erotici che raffigurano personaggi minorenni che sembrano reali configura il reato. 


Ma    tale  sentenza mi sermbra  assurda  ed  ridicola  , Perchè  fra  i  due protagonisti  :   colui  che   ho mandato  \  messi  su facebook   taliu  immagini    e colei  \  colui  a  cui erano  destinate  potrebbero   avere  non ncessariamente   un rapporto  pedofilo   ma   la  passione   per  i manga ( in  questo    caso )   o anime  giapponesi    a sfondo erotico  , dove  la  concezione  dei rapporti  erotici   tra persone   minorenni    non sono  a  differenza       dell'occidente   intrinsi di    morbosità  e di pedofilia  . Voi cosa ne  pensate  ?

In caso di violenza non conta il tempo di reazione: la Cassazione sul caso del sindacalista e della hostess di Malpensa

  RIEPILOGHIAMO 

Il sindacalista della Cisl era stato assolto in primo grado al Tribunale di Busto e poi anche in Appello, con la motivazione che la reazione della vittima non era stata immediata. La suprema corte ha ordinato di rifare l'appello e ha chiarito i termini della questione


da  MetropolitanMagazine  tramite  msn.it

Il ritardo nella reazione della vittima non può più essere utilizzato per negare la violenza subita. Lo ha affermato la Corte di Cassazione, annullando la precedente assoluzione in primo grado al Tribunale di Milano e poi in Corte d’Appello e disponendo un nuovo processo d’appello in merito a un caso emblematico avvenuto all’aeroporto di Malpensa.
Il pronunciamento risale al febbraio scorso e riguarda il caso della hostess molestata da un sindacalista della Cisl in servizio a Milano Malpensa, durante un incontro tra i due per affrontare un problema di lavoro.
Nella motivazione la suprema corte chiarisce che il “ritardo nella reazione della vittima”, “nella manifestazione del dissenso”, è “irrilevante ai fini della configurazione della violenza sessuale”, perché la “sorpresa” di fronte a comportamenti impropri può porre la vittima nella “impossibilità di difendersi” nell’immediato.
Il caso Malpensa è una storia che comincia (e purtroppo non finisce 😢😁🙄🤔) con il consenso (mancato): un concetto tanto semplice quanto ostinato da far passare in un’aula di giustizia. Non è difficile: un corpo che si blocca non acconsente.  Infatti la vicenda del caso Malpensa e la questione più ampia del consenso .Questa storia  ( in realtà è  storiaccia  ) non è un caso isolato. È un manuale di come la violenza sessuale viene ancora letta nei tribunali italiani: con lo sguardo puntato sulla vittima, a cercare quanto si è mossa, quanto ha urlato, quanto ha fatto per “meritarsi” di essere creduta. Un sindacalista, una hostess, venti secondi in un ufficio. Lei paralizzata, con una cartellina in mano. Per i giudici di primo e secondo grado quei venti secondi sarebbero stati abbastanza per dire di no, per scappare, per reagire. Non è successo. Quindi, per loro, non c’è violenza.La Cassazione, almeno, ricorda una cosa ovvia: la sorpresa, lo choc, la paura possono bloccare. Si chiama freezing.
Fenomeno   che  La scienza , soprattutto   quelle  sociali  , lo dice da decenni, le donne lo sanno da secoli. Ma i tribunali continuano a misurare la legittimità del trauma con un cronometro  . Infatti  c’è un vizio di fondo: in Italia la vittima deve dimostrare di aver fatto di tutto per sottrarsi. Non basta dire “non lo volevo”. Deve mostrarlo in modo performativo, come se fosse una dimostrazione atletica di dissenso. Se non urla abbastanza forte, se non reagisce abbastanza in fretta, se non morde, allora è colpa sua.



 È un principio antico come   fa  notare il  commento  di  . « Il “Caso Malpensa Hostess”, quando dobbiamo ancora una volta spiegare il consenso » su Metropolitan Magazine. quello in cui  la donna che subisce deve essere la donna giusta, la vittima ideale. Il diritto penale occidentale (lo scrivono giuriste come MacKinnon o Smart) non è mai stato neutro. È uno strumento di controllo. La violenza sessuale non punisce solo l’aggressore: giudica nonostante   le  diverse  riforme  anche la moralità di chi subisce. « Nessuna donna reagisce come la legge vorrebbe? Allora c’è un problema con la leggeNon esiste un unico modo di reagire. Lo dicono le ricerche sul trauma, lo dice la clinica, lo dice l’esperienza di chiunque abbia ascoltato una donna raccontare uno stupro o un’aggressione. Eppure nelle   aule  di tribunaliu , troppo spesso purtroppo, la reazione viene interpretata: se non c’è, è sospetta. Se c’è, dev’essere spettacolare.Il freezing smonta questa finzione: mostra che un corpo può dire no senza urlare. Può dire no restando immobile. Può dire no senza dare spettacolo di eroismo. E questa realtà non piace a un sistema giudiziario che, di fatto, continua a pretendere di giudicare le donne prima ancora che i colpevoli.  Ora  Il processo si rifarà, ma è utile così ?  Secondo  , da  profano  , Il nuovo processo è un segnale, non una soluzione. La legge c’è, la giurisprudenza pure. Ma la mentalità resta. Fino a quando ci sarà chi continuerà a confondere l’assenza di reazione con il consenso, ogni donna saprà che entrare in un’aula significa ancora dover difendere la propria credibilità  \  reputazione , non denunciare un reato. Un corpo che si blocca non “mente” nè esprime un quale “tacito consenso”. Però, quel corpo freezato, si ritrova comunque contro un’intera cultura e  mentalità   che non vuole credergli.

2.7.25

“Prima viene la salute, poi il servizio”: il discorso agli allievi, costato l’incarico al generale Oresta -. criminalità organizzata è il primo obiettivo del protocollo d'intesa siglatocon TikTok contro contenuti che esaltano criminalità

Quest’uomo si chiama Pietro Oresta, è un generale dei carabinieri. Poco fa è stato rimosso senza tante spiegazioni dal suo incarico di comandante della Scuola Allievi Marescialli e Brigadieri di Firenze. La sua “colpa”? Un discorso meraviglioso, commovente rivolto agli allievi che tutti dovrebbero ascoltare e per cui, in un Paese normale, avrebbero dovuto premiarlo



"Dovete curare prima voi stessi. Attenti alla salute, poi al servizio". Sarebbero state queste le parole, pronunciate venerdì scorso nella cerimonia di saluto ai marescialli del 12° corso, che avrebbero portato alla rimozione del generale Pietro Oresta dal comando della Scuola Allievi Marescialli e Brigadieri di Firenze. Frasi che non sarebbero state gradite ai piani alti del Comando generale dell’Arma, che poi ha deciso di rimuoverlo domenica."Sappiate che è impossibile che vi venga chiesto qualcosa che non si possa fare" e "ricordatevi, come peraltro detto a una cerimonia, che il vostro benessere, e quello dei vostri familiari, la nostra vita è superiore a qualunque istruzione o procedura".
Il discorso è stato pronunciato dal generale davanti agli allievi, e dopo appena 72 ore è stato esautorato. Dal diretto interessato non c'è stato ancora alcun commento, ma stando ad alcune testimonianze, riportate dalle agenzie sembra sia rimasto molto scosso per l'accaduto. Fino ad ora non ci sono state comunicazioni ufficiali da parte del Comando generale, e non c'è certezza che vi sia una correlazione tra la sua rimozione e le parole pronunciate agli allievi che si congedavano dopo l'ultimo corso che forma i nuovi sottufficiali, ma di sicuro la tempistica è sospetta.
A denunciare l’accaduto, come riportato anche da Qn, è il sindacato dei Carabinieri Unarma. “Una frase talmente scandalosa che, a quanto pare, è bastata per determinare il suo esautoramento dall’incarico dalla Scuola”, dice il segretario generale Antonio Nicolosi. “Una riflessione sulla salute e sul benessere psicofisico dei militari è oggi considerata forse troppo pericolosa? – si domanda il sindacalista -. Quando un generale parla ai suoi uomini come un padre, e non come un algoritmo, scatta subito la reazione: via". Unarma domanda dunque provocatoriamente "se non fosse più comodo per tutti un comandante che parli solo di ‘sacrificio”’, ‘onorate la divisa’, e ‘prima il dovere, poi (forse) il vostro cuore’. Ma chi conosce davvero la realtà dei reparti, sa che oggi i problemi di burnout, stress, suicidi e disagio psicologico tra i militari non sono un’invenzione sindacale: sono una ferita aperta". Il sindacato attacca poi in comandante generale accusato di volere “ufficiali-soldatino, che tacciano, obbediscano e non si preoccupino troppo del benessere del personale".
"Unarma – conclude il segretario – difende chi ha il coraggio di dire la verità. E la verità è che servire lo Stato non può voler dire annullarsi, ammalarsi, spegnersi. Chi prova a cambiare le cose dall’interno viene allontanato. È una lezione chiara, ma non accettiamo che diventi la regola".




Come dicevamo, il timing lascia pochi dubbi sulla vicenda. È molto difficile che possa essere stato un normale avvicendamento, anche perché non è stato indicato il suo successore. Un indizio dell'irritazione dei superiori del generale, può essere rintracciato nelle parole pronunciate dal Comandante Generale dell'Arma dei Carabinieri Salvatore Luongo, nel discorso fatto lunedì scorso a Padova durante la cerimonia di avvicendamento al vertice del comando interregionale Vittorio Veneto: "Per me, sostanzialmente, la disciplina è il collante di una organizzazione complessa, specialmente se gerarchicamente strutturata". E ancora: "Essa non è mera osservanza di regole, ma è consapevole condivisione di un ideale superiore, che guida il comportamento di ogni carabiniere anche oltre l’orizzonte della convenienza personale". Difficile non interpretare queste affermazioni come collegate, anche se indirettamente, all'episodio di Firenze.
Chi è e che cosa ha detto il generale Oresta
Il generale Pietro Oresta si era insediato alla Scuola nel 2023. L'anno successivo aveva dovuto gestire la delicata vicenda del suicidio di una allieva carabiniera di 25 anni, dopo il quale la procura di Firenze aveva aperto anche un’inchiesta, archiviata pochi giorni fa.
Quel caso ha sollevato inevitabilmente il tema della salute mentale tra i giovani che intraprendono la carriera militare. Probabilmente Oresta pensava a quell'allieva e a quella tragedia, mentre venerdì scorso pronunciava il suo discorso, davanti ai neo marescialli e alle loro famiglie. "Batman, Robin, Rambo, non ce ne frega niente, bisogna fare le nostre cose, quando arriverete al reparto, la prima cosa da fare è vedere dove sta la palestra, dove sta il centro estetico, dove sta il distributore con la benzina più economica, dove sta l’agenzia di viaggio, poi faremo le nostre cose, le faremo bene, faremo quello che è possibile, ma la vita e la famiglia sovrastano a ogni costo qualunque procedura o indicazioni". Il suo discorso è circolato in rete, ricevendo commenti di apprezzamento, anche da parte di appartenenti alla forze di polizia.Parole stupende, attualissime, necessarie, che rovesciano la narrazione tossica della divisa e della patria come unica missione, in un mondo in cui burnout, suicidi, disagio psicologico sono un problema enorme nei reparti - come ha denunciato il sindacato Unarma. Eppure oggi, in questo Paese al contrario, queste parole sono considerate ufficialmente scandalose, così tanto da meritare l’espulsione. Voglio esprimere la più sincera e totale stima e solidarietà al generale Oresta per quello che ha detto e quello che gli è costato in questo Paese irrecuperabile.
Le reazioni
"Non riesco a credere, spero non sia vero che il generale Oresta sarebbe stato rimosso per avere esortato gli allievi carabinieri a curare la salute mentale prima del servizio. Cresce la consapevolezza, nascono iniziative come quella sul Diritto a stare bene, e stiamo ancora così?", è il commento sui social del senatore del Pd Filippo Sensi.

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Una foto o un video che esalta un boss, un hashtag o un brano musicale che ammicca alla criminalità organizzata, contenuti che denigrano chi ha combattuto o lotta contro le mafie: contro la diffusione di questo tipo di messaggi scendono in campo la Commissione parlamentare Antimafia, presieduta da Chiara Colosimo, e TikTok con un protocollo d’intesa per rafforzare l’impegno congiunto nella promozione della cultura della legalità e nel contrasto ai contenuti che esaltano, o sostengono, la criminalità organizzata sulle piattaforme digitali.




La lotta alla mafia passa per i social network, dove le organizzazioni criminali si "raccontano" e cercano proseliti tra i ragazzi più giovani, senza mediazioni. Tanto che la commissione Antimafia, presieduta da Chiara Colosimo, ha deciso di stringere un'alleanza con una delle piattaforme più usate dai giovanissimi per contrastare queste forme di proselitismo.
Di mafia non si parla mai abbastanza, la guerra sotterranea tra magistratura vecchia e nuova a caccia dei veri responsabili della stagione stragista dei primi anni Novanta non aiuta la chiarezza, né certe battaglie di retroguardia a difesa di chi ha indagato a lungo piste affascinanti ma nate morte solo a scopi politici.
In questo caos i boss ci sguazzano, anzi giocano a sfidare lo Stato e a promuovere la propria identità criminale, denigrando chi è morto per combatterla. L'altro giorno a Palazzo San Macuto è stato firmato un Protocollo di intesa con TikTok Italia, che ha 23 milioni di iscritti, e l'Antimafia. "Mentre si racconta di una mafia che non spara più e che si occupa sempre piu' di affari, la reazione emotiva alle stragi degli anni passati si va affievolendo e i ragazzi non solo non restano lontani da certi fenomeni ma sembrano addirittura subire una sorta di fascinazione del male, alimentata dalla retorica dei soldi facili, denuncia la Colosimo. L'obiettivo del protocollo da un lato è sostenere TikTok nella limitazione delle immagini che vengono divulgate e dall'altro invitare i ragazzi a fare la propria parte", sottolinea Colosimo che a sua volta ha ora deciso di sbarcare su TikTok dove "segnalerò i contenuti che a mia volta mi verranno segnalati".

Che i social siano il nuovo ufficio di collocamento delle mafie lo sostiene anche un recente report - Le mafie nell’era digitale, che Marcello Ravveduto, professore di public and digital history dell’Università di Salerno - il mafioso diventa un personaggio che racconta la sua vita come in un reality costruito sull’estetica del potere. I nuovi adepti sono "mafiofili", affascinati dalle dinamiche spregiudicate, vere o verosimili tipo Gomorra, in cui soldi, donne e potere arrivano senza studiare e senza lavorare, come denuncia da tempo anche il mass mediologo antimafia Klaus Davi. È una post-verità che mescola miti e algoritimi, leggende e personaggi veri, in cui la mafia viene esibita come un marchio. Come Emanuele Sibillo, il capo della “paranza dei bambini”, ucciso nel 2015 a 20 anni, diventato una sigla, Es17.
Secondo Ravveduto tra i video che inneggiano alla vita da mafioso ci sono le scarcerazioni, le riprese live degli arresti, la vita delle persone ai domiciliari, i reel delle mogli che vanno a trovare i mariti in carcere, l’utilizzo nei post di specifici hashtag, brani musicali o emoji come la catena (rappresenta il legame con il clan), il leone (il capo), la siringa (la vendetta), il ninja (la lotta armata) e il cuore azzurro (il sangue blu della nobiltà), ma anche i video accompagnati da canzoni con testi che parlano di bambini pronti a morire e di polizia da combattere, oggi affollano i social network quasi indisturbati.
TikTok fa sapere di rimuovere "proattivamente il 97,1% dei contenuti che violano le policy relative a comportamenti violenti o criminali, con l'81,2% di questi contenuti rimossi prima che ricevano visualizzazioni. Per quanto riguarda le organizzazioni violente e che incitano all'odio, TikTok rimuove proattivamente il 99,1% dei contenuti che violano le policy, con il 70,6% di questi contenuti rimossi prima che ricevano visualizzazioni". Ma questo non basta: dopo aver inquinato l'economia legale la mafia sta conquistando anche i social network.

DIARIO DI BORDO N 133 ANNO III . il seno di una donna non è solo pornografia ., La morte di una donna vale per la giustizia italiana tre anni di carcere. Probabilmente neanche quelli. ., ginnastisca ritmica uno sport solo femminile ? il caso di ,Samuele Poletto

 qualche tempo   fa  fb  mi rimosso una  foto di  una  donna  a senso nudo .  L'aslgoritmo   o colui   chelo  aggiorna    non  capisce      che  Il seno non è solo un qualcosa di volgare esso è anche lo strumento con il quale le nonne e le madri hanno ( e continuano ) a nutritrei propri figli . Per la donna è sinonimo di femmilita', bellezza, amore. Per noi uomini una delle forma d'attrazione . Infatti

da cronache dellla sardegna di Maria Vittoria Dettoto

Ieri ho incontrato una mia coetanea.Una donna che ho sempre considerato una donna molto in gamba. Ad un certo punto mi rivela con estrema naturalezza, di aver subito l'amputazione di entrambi i seni per un tumore. Mi mostra le cicatrici. Resto scioccata, perché non avrei mai immaginato che le fosse successo nulla di simile.
La vita però le ha permesso comunque di allattare suo figlio, avendo riscontrato il tumore pochi anni dopo.Ora ovviamente non potrà più farlo.E non potrà magari esibire il suo seno, senza vergogna. O forse si?Mi sono occupata di donne che hanno subito una mastectomia anche ad entrambi i seni, le quali con orgoglio si sono fatte fotografare per contest fotografici completamente nude.Fa più effetto un seno nudo con o senza cicatrici? Io dico con. Perché dietro quelle cicatrici c'è tanto dolore.L'amputazione di parte della femmilita' di una donna, che per fortuna non si esplica solo attraverso un seno ma è molto, molto di più. Colgo l'occasione per salutare tutte e tutti coloro che soffrono di questa patologia, che colpisce anche gli uomini. Siete un esempio per tutti.E colgo anche l'occasione per ribadire un concetto: non aspettiamo il presentarsi del problema per fare un controllo. Prevenire è meglio che curare. Sempre.

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niente d'aggiungere al titolo ed articolo , anch'esso di del sito \ pagina facebook cronache della sardegna , se non il fatto che a prescindere che la vittimas sia uomo o donna la pena per l'omicidio stradale e no solo è troppo bassa
La morte di una donna vale per la giustizia italiana tre anni di carcere. Probabilmente neanche quelli.
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La donna che vedete in foto si chiamava Ambra De Dionigi. Aveva 29 anni. Era solare, buona, eccentrica. Amava gli animali, in primis il suo cane ed i viaggi. Il 22 dicembre 2024 dopo aver trascorso una serata con gli amici, era uscita a fare una passeggiata a Nibionno in provincia di Lecco. Camminava sul ciglio della strada, illuminata dai lampioni. Un furgone bianco guidato da un 50enne della provincia di Monza l'ha investita e l'ha uccisa, senza neanche fermarsi a soccorrerla. Lasciata li sola al freddo dell'antivigilia di Natale, quando poi è stata ritrovata esanime.Quando l'investitore è arrivato con il furgone nella ditta per la quale lavorava, non ha saputo giustificare come mai fosse ammaccato.
Le telecamere di sorveglianza della zona dell'investimento, l'hanno però ripreso chiaramente mentre investiva Ambra

I rilievi degli inquirenti sul furgone non hanno lasciato dubbi, anche perché il ciondolo della donna era rimasto incastrato nel parabrezza del furgone. L'uomo che ha sempre dichiarato di non essersi accorto di nulla a febbraio è stato arrestato e messo ai domiciliari. Ha patteggiato la pena e ieri è stato condannato a tre anni di reclusione. Tre anni che probabilmente neanche si farà avendo presentato istanza di revoca della misura cautelare, sulla quale il giudice che sta seguendo il caso si è riservato di decidere. Questa è la giustizia italiana. La morte di una donna vale meno di niente.
Foto: Ambra De Dionigi



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Capisco che fra uomini e donne ci siano come i tutte le cose delle differenze fisiche e psicologiche . Ma qui si va oltre si sconfina nella disparità e perchè no nella disegualglianza . Qui , come da tag , tale separazione la si può considerare tabù . Infatti se gi uomini e le donne sono uguali pur nella loro diversità perchè un ragazzo ( o viceversa ) puà fare certi sport ed altri no ? Perchè si parlòa tanto di eguaglianza tra uomo e donna , ma un ragazzo no può fare ginastica ritmica , metre una ragazza si ? Il caso di Samuele: talento fuori dal comune, ma la sua disciplina in Italia non è per i maschi: «Ma non ci fermeremo»Il 12enne talento scaligero costretto a emigrare in Spagna per gareggiare: «Da noi la disciplina è chiusa ai maschi: cambiamo rotta»


da https://www.larena.it/argomenti/sport/altri-sport/ del 24 giugno 2025   tramiter google news 

                              Francesca Castagna





Ha dodici anni, un talento fuori dal comune e un sogno: gareggiare ai massimi livelli nella ginnastica ritmica.
Non è solo questione di preparazione, allenamenti e disciplina, però. Perché Samuele Poletto è un maschio, e la disciplina in Italia non prevede competizioni maschili. Comincia tutto da qui.
Dalla volontà di cambiare le cose, che diventa un obiettivo anche per mamma Giulia e per l’allenatrice Silvana Laborde, che al fianco di Samuele vogliono far sentire la loro voce. Alla Libertas Lupatotina, società in cui è tesserato, ha cominciato a otto anni, sotto la guida di Giulia Signorini, e con tenacia è arrivato al livello agonistico. «Stavo cercando uno sport nel periodo di pandemia, ho trovato su YouTube un video di ginnastica ritmica e ho detto a mia mamma “voglio fare questo”. Non mi sono chiesto, all’inizio, se potevo gareggiare», racconta lui.
Che reclama il sacrosanto diritto di poter competere e che di fatto ha già iniziato a farlo. Prima attraverso gare organizzate dagli enti di promozione, rientrando nei ranking femminili, poi approdando in Spagna.



«Serve tempo e che le persone si ribellino. Basta pensare al caso del nuoto sincronizzato. Per me non ci sono limiti, e le sue compagne lo accettano pienamente. Ringrazio la nostra splendida società, e una mamma che nemmeno si è domandata se la ginnastica fosse... per maschi oppure no» continua Silvana Laborde, l’agguerrita allenatrice di Samuele, nonché giudice federale.
La Federginnastica, seguendo la linea internazionale, resta ferma sulle gare femminili. «Abbiamo scritto una lettera al precedente presidente federale Gherardo Tecchi ma ci è stato risposto che non sono interessati a far gareggiare Samuele perché non è previsto dalla federazione internazionale. Ma non ci fermiamo, scriveremo anche al neo presidente Andrea Facci».
Nel frattempo si sono creati i ponti con la Spagna, dove invece le gare maschili sono riconosciute da una decina d’anni. Samuele viene tesserato con la società iberica Club Purpurjna, con cui disputa una prima prova regionale, e in seguito partecipa all’Almerigym, gara internazionale con più di cento ginnasti maschi provenienti da Francia, Spagna, Grecia, Andorra. Si apre un mondo di possibilità ma anche una corsa contro il tempo. «Il punto è che Samuele è ancora piccolo, per essere così bravo. Dobbiamo poter sfruttare la sua età, bisogna intanto andare a farsi vedere e raccogliere premi. Dobbiamo partire da quello che abbiamo, cioè un ginnasta bravo».
Con un programma di livello assoluti, che corrisponde a una Serie C italiana e un mese e mezzo di preparazione serrata, Samuele conquista un primo e due secondi posti con fune, palla e nastro. Nemmeno i suoi attrezzi preferiti. «In più ha potuto allenarsi con Ivàn Fernàndez, diamante della Purpurjna. E abbiamo portato a casa una consapevolezza diversa».
In Spagna si è svolta anche una tavola rotonda da cui è nato un gruppo con l’obiettivo di cambiare le cose. Attraverso il sostegno di sponsor si vuole arrivare a livello internazionale, attraverso istanze legali, per chiedere il rispetto dei diritti umani in termine di partecipazione sportiva. «Noi stessi cerchiamo sponsor per sostenere le spese dei viaggi, in questo momento a carico nostro»

1.7.25

paparazzi un mestiere al capolinea << Addio scoop ha vinto Istangram >> i maestri dell'obbiettivo frezza e la fata commentano l'evoluzione

 come  cambia   il giornalismo  soprattutto quello che   un tempo  si chiamava   cronaca  rosa o meglio Gossip  

LA  nuova  SARDEGNA  29\6\2025


 
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Una galleria d’arte per cambiare vita., La biblioteca di Chiaramonti? Si sposta al mercato La biblioteca di Chiaramonti? Si sposta al mercato Un incontro tra libri, ambiente e comunità per comunicare iniziative di lettura

  fonti unione  sarda  e  nuova  sardega  del 1\7\2


C’è una nuova luce tra le pietre secolari di Villasalto: è quella che filtra dal grande portone di Su Crociu e accende le sale dell’ex falegnameria diventata “Sa Buttega”, galleria d’arte contemporanea nata dall’iniziativa di Angelica Manca e del marito Paul Frank Wagner, una coppia che si è trasferita in paese dagli Stati Uniti. Un progetto di vita prima ancora che culturale, cominciato con l’acquisto dell’immobile nel gennaio 2023, un anno di restauro meticoloso e il t
rasferimento definitivo nel febbraio 2024
La scelta
«Desideravamo un paese raccolto e autentico, ricco di tradizioni, un luogo da poter chiamare casa e dove dare radici a nostro figlio Kai, di 11 anni», dice Angelica Manca. L’incontro con Villasalto è stato un colpo di fulmine: l’edificio, incastonato fra le strade acciottolate a pochi passi da piazza Italia, custodiva ancora i segni del suo passato artigiano. «Attraverso il grande portone si accede a un cortile rigoglioso, ogni pietra porta i segni del tempo come se custodisse storie dimenticate». Da qui l’idea di un restauro rispettoso — pietra locale e làderis di terra cruda — che conservasse la memoria del luogo trasformandolo in spazio culturale aperto. “Sa Buttega” oggi vuole essere «un punto di riferimento, prima per Villasalto e poi per il Sud Sardegna, dedicato alla condivisione, alla creatività e alla valorizzazione delle identità locali». Mostre, laboratori e residenze d’artista si intrecceranno con le feste del paese: la sagra di Santa Barbara, Su Sinnadroxiu dove il latte diventa formaggio, Is Animeddas coi suoi scambi di dolci. L’obiettivo è «usare il linguaggio universale dell’arte per raccontare l’autenticità».
La comunità
«Siamo stati accolti dalla popolazione e dalla pubblica amministrazione, entrambe entusiaste delle nostre idee» raccontano, aggiungendo di sentirsi «specchi e finestre»: specchi che riflettono la bellezza già presente, finestre che la collegano al mondo esterno. Uno dei momenti più significativi è quando il figlio Kai, dieci anni all’arrivo, ha colto l’essenza del progetto: «Mamma, ora capisco perché siamo venuti a vivere qui. Se non ricordiamo la bellezza di questo luogo, rischia di essere dimenticata per sempre». Guardando avanti, la posizione strategica di Villasalto — porta del Gerrei a mezz’ora da Cagliari — può attrarre viaggiatori in cerca di esperienze genuine. «Oggi, più che mai, abbiamo bisogno dell’autentico». Radicati in un paese «ricco delle cose essenziali: tradizioni, cultura, amicizia, ospitalità e solidarietà », i Manca non pensano ad altri traslochi: «Villasalto è diventata la nostra casa ».

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La biblioteca di Chiaramonti? Si sposta al mercato



Un incontro tra libri, ambiente e comunità per comunicare iniziative di lettura soprattutto sui temi dell’ecologia e della sostenibilità

Chiaramonti Ha riscosso un notevole successo venerdì mattina la prima giornata dell’iniziativa “La biblioteca al mercato”, svolta nel mercato rionale in piazza Costituzione nell’ambito del progetto “Impronte leggere – Un passo alla volta per cambiare il mondo” promosso dalla biblioteca comunale in collaborazione con lo Sbangl (Sistema bibliotecario dei Comuni dell’Anglona e della Bassa Valle del Coghinas), la Comes (Cooperativa mediateche sarde) e l’Unione dei Comuni dell’Anglona.
Un incontro tra libri, ambiente e comunità per comunicare iniziative di lettura soprattutto sui temi dell’ecologia e della sostenibilità. Un’occasione anche per divulgare le attività della biblioteca e coinvolgere il maggior numero di persone. «All’inizio ero un po’ scettica _ ha detto la responsabile Caterina Marrone _, invece le persone hanno risposto benissimo. Nonostante il caldo, in tante si sono avvicinate al nostro banchetto, chiedendo informazioni e suggerimenti di lettura per l’estate. Molte hanno preso libri in prestito e abbiamo addirittura fatto nuove iscrizioni». L’iniziativa della biblioteca al mercato, che in diversi luoghi è già una consuetudine consolidata e si accompagna ad altre iniziative delle biblioteche appartenenti allo Sbangl per il progetto “Impronte leggere” (dai laboratori eco di Laerru a quelli di Bulzi e Tergu), è stata anche occasione per distribuire la “Guida ai servizi” con una breve storia della biblioteca, ora al numero 16 di via Vittorio Emanuele, e una descrizione di tutte le attività adatte a qualsiasi tipo di lettore, da quello tradizionale a quello più social e interattivo. Per info: tel. 079 568025; e mail chiaramonti@sbangl.it - o  bibliochiaramonti@tiscali.it, su Facebook e Instagram. 


Dolci e narcotiche gocce ---- mario domina blog la bottedidiogene

“Marx and Heine on a Walk” painting by Alisa Poret, USSR, 1960

 «La religione è il sospiro della creatura oppressa, il sentimento di un mondo senza cuore» – Marx scrive questa frase nel 1843, in un articolo di critica alla filosofia del diritto di Hegel; la frase, quantomai evocativa, si conclude con la celeberrima metafora della religione come oppio del popolo. Quel che molti non sanno, è che l’immagine non è farina del sacco di Marx, ma dell’amico poeta Heine, che in quel periodo frequentava a Parigi, da esule. Non solo: l’intenzione di Heine appare quasi opposta a quella di Marx (o, per la precisione,
all’interpretazione che se ne è per lo più data).Basti leggere il testo di Heine, che risale al 1840: «Il cielo fu inventato per uomini ai quali la terra non offre più nulla… Viva quest’invenzione! Viva una religione che all’umanità sofferente versò nell’amaro calice alcune dolci e narcotiche gocce, oppio spirituale, alcune gocce di amore, speranza e fede!».Ovviamente Marx, con afflato meno poetico, è più interessato ad una analisi socio-antropologica della religione, ad indagarne la funzione sociale ed, eventualmente, il suo farsi ostacolo dell’emancipazione. Appare cioè chiaro che a Marx – già qui incline al materialismo – interessi poco brandire la bandiera dell’ateismo, e molto di più fare analisi in vista di un’eventuale prassi (che non significa che Marx non fosse ateo, ma lo era a modo suo, per posizione più che per negazione).La domanda che possiamo farci oggi, in un’epoca in cui la religione (e il cielo esaltato da Heine) hanno perduto del tutto la loro funzione consolatoria, e d’altra parte non esiste più, almeno nell’immediato, alcuna fede o speranza più mondana di radicale trasformazione della società, così come fu il comunismo per oltre un secolo – è la seguente: quali altre costruzioni immaginarie o fedi hanno preso il loro posto, quali dèi o miti offrono ciò che la terra non sa più offrire?Non posso pensare che sia solo il denaro.

Manuale di autodifesa I consigli dell’esperto anti aggressione Antonio Bianco puntata n LX IMPARATE A “LEGGERE” IL LINGUAGGIO DEL CORPO

 Il linguaggio del corpo da solo non basta a prevenire femminicidi o violenze, ma può essere un segnale precoce utile se integrato con educ...