Mi scuso con i puristi degli spazi e nelle punteggiature per gli eventuali in essa e ed per gli eventuali errori battitura ma : 1) non avendo lo scanner , 2) non trovandolo online lo dovuto è non è stata una passeggiata visto che sono ben ( escluse le foto ) ben 7 pagine ritrascriverlo tutto
approfondimenti
Ansa, l'ultima zingara
a cura di Giovanna Boursier.
Nella notte del 31 luglio 1944 tutti i prigionieri Rom e Sinti
rinchiusi ad Auschwitz vennero sterminati.
Erano almeno 4500: furono eliminati in una notte. Ansa no.
Sopravvisse e venne rinchiusa nel lager di Ravensbrück.
Non poteva parlare con nessuno e nessuno poteva parlare con lei:
pena la morte.
Non credo sia importante o utile chiedersi quanto di vero ci sia in questa testimonianza, se Ansa sia esistita e se i fatti si siano svolti esattamente come sono raccontati. I dati storici ci sono: il 16 Dicembre 1942 Himmler ordino` la deportazione di tutti i prigionieri Rom e Sinti ad Auschwitz, in un campo speciale, il Lager E II Birkenau, lo Ziegunerlager. Qui, la notte del 31 luglio 1944 tutti i prigionieri ancora in vita vennero sterminati. Erano almeno 4500 persone, sole di fronte al loro agghiacciante destino, dovuto all'appartenenza ad un popolo.
Ma non fu solo Auschwitz. I Rom e i Sinti vittime del nazifascismo furono almeno 500.000, uomini, donne e bambini sterilizzati in massa,rinchiusi nei campi di concentramento, utilizzati come cavie negli
pseudo-esperimenti medici, morti di fame, di freddo, uccisi nelle camere a gas e nei forni crematori. Gli stessi uomini, donne e bambini che dopo la guerra non furono mai riconosciuti vittime,dimenticati o ignorati nei processi e nei risarcimenti.
La persecuzione di cui gli zingari furono vittime durante il nazismo ha radici profonde e anche attuali nella storia di questo popolo,nelle discriminazioni che da sempre ne segnano l'esistenza e non paiono destinate ad avere mai fine. Da qui la necessita` di colmare lacune insidiose, di far conoscere. Il dovere di testimoniare - come lo chiamava Primo Levi - il dovere di non lasciare che qualcuno dimentichi: la coazione a ripetersi dell'orrore fa risaltare l'impotenza, non solo politica, ma anche umana.
G. B.
Negli ultimi giorni di settembre nella baracca di Lucette arrivo` una nuova compagna. La nostra kapo` polacca la presento` al blocco riunito, gridando: "E' una sporca zingara, viene da Auschwitz. E' vietato parlarle. Se lei vi parlera`, sara` impiccata. Se voi le parlerete, cinquanta bastonate e tre giorni senza zuppa. Chiaro?".
Appena ebbe finito di tradurre l'interprete si avvicino` a Lucette e le sussurro` all'orecchio: "Fate attenzione, non sta scherzando.Rischia il posto, le SS l'hanno avvisata. Del resto la zingara non restera` che un mese. Fate attenzione soprattutto la notte: vi terra` d'occhio ed e` pericoloso".
Ansa - avremmo saputo il suo nome tre giorni dopo - era una rom della Germania settentrionale e poteva avere una trentina d'anni. Tutto, dilei, era scuro: gli occhi, la pelle, i capelli. Un vero pezzo di cuoio lucente. Alta, sottile, un po' curva, usava la pala e la zappa con sicurezza ed eleganza. Abbassava sempre gli occhi. Lucette, senza parlarle, le regalo` un cucchiaio col manico spezzato. La rom la ringrazio` con un movimento del capo e chiudendo gli occhi. La polacca le trovo` una scodella e Luise uno scialle.
Fédérique la belga approfitto` di una siesta dei due sorveglianti per avvicinare Ansa che scavava nell'ultima trincea. La nostra kapo` si riparava dalla pioggia sotto il grande mucchio di assi della prima
trincea e quindi, anche sporgendosi, non riusciva a vedere Fédérique ed Ansa. Credo di non aver mai avuto cosi` paura in vita mia, neanche nelle evacuazioni per i bombardamenti. Appoggiate sulla loro zappa Féderique e Ansa parlavano senza timore. Io ero rigida sulla zappa: da un momento all'altro le SS potevano uscire dalla baracca o la kapo` poteva alzarsi. Dopo circa mezz'ora, Fédérique si allontano` da Ansa che riprese il suo lavoro. Fédérique, col viso rilassato, disteso - non le avevo mai visto un'espressione cosi` serena -, non staccava piu` gli occhi dal profilo sottile della giovane rom.
"Allora, cosa fa?", "Diccelo!", "Vogliamo sapere". Ma Fédérique rispondeva cosi` a tutti: "Piu` tardi, piu` tardi!"."La sera stessa, in un angolo del blocco, mentre Ansa e tutte le donne estenuate cercavano di addormentarsi, Fédérique la belga racconto` a me e Lucette la storia di Ansa, "l'ultima zingara di
Auschwitz". Un racconto che mi sconvolse fino alle lacrime. Fu l'unica volta che piansi durante la prigionia, e senza che questo avesse nulla a che fare con l'emozione o il sentimento: erano lacrime di rabbia.
Lacrime di odio. Anche oggi, quando mi capita di incontrare per strada una zingara "dalla pelle di cuoio", devo voltarmi per non scoppiare insinghiozzi. Ansa, la bella zingara che credeva di essere l'ultima zingara sulla faccia della terra !
Ridevano.
Urlavano.
"Ansa - comincio` Fédérique - e` l'ultima zingara rimasta in Europa.Tutti quelli della sua razza, neonati, bambini, adolescenti, uomini, donne, giovani e vecchie, sono stati sterminati ad Auschwitz. Tutti.
Nelle camere a gas. Nessuna esitazione. Tutti. Gli zingari arrivati ad Auschwitz sono stati radunati in un campo speciale, un campo familiare: lo Zigeunerlager, il campo zingaro, un campo dentro il campo, con il suo filo spinato, i suoi posti di guardia, la sua porta.
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il simbolo che identificava i rom nei lager |
Un campo _meraviglioso_, per gli altri prigionieri, dove gli zingari hanno tenuto i loro vestiti e gli strumenti musicali. E c'erano una scuola e un asilo per i bambini. I pasti non erano migliori che ad
Auschwitz, ma piu` abbondanti perche` c'era maggior sorveglianza e quindi minor saccheggio".
Ansa non aveva mai vissuto in una roulotte. Suo padre, un rom, aveva sposato una cittadina tedesca e, alla nascita di Ansa, si erano trasferiti in una piccola casa con giardino. Il padre di Ansa era elettricista. A vent'anni lei si era sposata col figlio del panettiere. Avevano vissuto felici fino allo scoppio della guerra. Il marito di Ansa faceva le consegne del pane con un piccolo furgone. Avevano due bambini. "Poi - aveva raccontato Ansa - mio marito era andato soldato. Un buon soldato. Era venuto due volte in licenza.Avevamo fatto lunghe passeggiate nei campi. L'ultima volta aveva dei papaveri e io ho fatto per lui una collana di paglia. Un mese dopo mi hanno portato i suoi documenti e un po' di denaro. Era stato ucciso in Russia e seppellito laggiu`. Era morto ufficiale.
Circa un anno dopo,sono venuti a casa mia. Era mattina presto. Avevano le pistole.Ridevano. Urlavano: 'Allora zingara, ci nascondiamo con la marmaglia!'. Ho potuto portare dei vestiti per i piccoli. In prigioneci sarebbero stati altri zingari. Custodivo i documenti di mio marito sotto la maglia. Molte volte ho ripetuto alle guardie: 'Sono tedesca,mio marito era ufficiale. E' morto in Russia. E' stato decorato'.
Ridevano sempre. Nessuno mi ascoltava.
Poi un giorno, eravamo certamente piu` di cento, ci hanno mandati ad Auschwitz dove gli zingari erano radunati in un angolo del campo. Al nostro arrivo, gli uomini ci rassicurarono: ' Non vi succedera` nulla.Non ascoltate le menzogne. Qui starete bene'. E diedero latte epoltiglia di mais ai bambini. I bimbi nel campo cantarono per noi.Riuscirono persino a coinvolgere qualche donna in una danza. Gli
uomini applaudirono. Ci diedero coperte e panni. Il giorno dopo sapevo gia` tutto sul crematorio, i convogli, le camere a gas camuffate come docce. Vennero due zingari tedeschi. Si sedettero sul letto per interrogarmi.. Avevano un grande quaderno nero e quello che non parlava prendeva appunti. Dissi: ' Non voglio finire nelle camere a gas coi miei figli'. Mi risposero: ' Gli zingari non vanno nelle camere a gas. Saranno liberati alla fine della guerra. Forse anche prima. Preparano una citta`. Con i tram.' Scrissi loro il mio nome.
Presero i documenti di mio marito.Qualche tempo dopo una SS chiamo` il mio numero. Mi condusse in un ufficio dove un ufficiale stava in piedi col suo caschetto e i guanti.Quando entrai saluto` militarmente. Aveva i documenti di mio marito sul tavolo. Mi disse che ero stata arrestata per errore, ma che la Germania era riconoscente ai suoi eroi, ai morti per la patria.
Entrarono altre due SS, due ufficiali. Uno ripete` che c'era stato un errore, che io non ero una zingara come le altre, che presto sarei stata liberata e avrei ritrovato i parenti di mio marito. Ma prima era necessario che l'ospedale verificasse se potevo ancora avere figli.Risposi che, dato che mio marito era morto, non volevo altri figli.Uno degli ufficiali, il piu` alto, che stava preparando molti fogli,mi disse: 'Resterete una settimana all'ospedale. Non e` pericoloso.
Dopo non potrete piu` avere bambini e sarete liberata'.Mi obbligarono a firmare i fogli e mi caricarono su un'auto. Chiesi di vedere i miei bambini ma quello alto mi rispose che altre donne avevano gia` avuto l'incarico di prendersi cura di loro. Mi portarono in una stanza dove c'erano altre donne, giovani e vecchie, soprattutto ebree, qualche zingara. Percepivo la presenza della morte.
Avevo paura. Un'infermiera mi spiego` come sarebbe stata la sterilizzazione. Piansi. Non volevo farlo. Gridai. Mi picchiarono. Mi trascinai fino alla porta ma una guardiana mi stordi`. Mi accasciai si una sedia. Il giorno dopo fui sterilizzata. Mi aprirono e ricucirono.
Piansi per tanti giorni.
Tutte
storie
Poi ritrovai i miei bambini al campo degli zingari. Erano dimagriti,ma andavano a scuola e io tornai piu` calma. Eravamo tutti vivi esani. Non volevo piu` tornare dove ero stata cosi` torturata. Glizingari che si occupavano del nostro campo vennero a trovarmi e mi diedero una ventina di lettere scritte piccole su brandelli di carta.
Ce n'erano per tutte le citta`. 'E' perche` sarai liberata. Devi recapitare questi messaggi'. Accettai. Misero i fogli nelle mie scarpe, nascosti nella suola. Aspettai. Aspettai. Aspettai ancora. Un
giorno mi chiamarono. L'ufficiale alto - all'ospedale veniva chiamato dottore - mi disse che avevano verificato l'indirizzo dei miei parenti. Che era vero e che loro mi aspettavano. Mi raccomando`,soprattutto, di non dire mai una parola su Auschwitz: gli ebrei, i forni crematori, il gas, erano tutte storie. Erano tutte storie, confermai. Mi disse che l'ospedale doveva verificare che fossi guarita. Io non volevo tornarci. Disse che era obbligatorio,altrimenti 'non sarete liberata'. I medici mi esaminarono per due giorni. C'erano altre zingare che erano state sterilizzate come me.
Dicevano: 'Tra due giorni saremo libere e ci daranno del denaro'. Poi fu rimandata al campo zingari. Gli uomini che si occupavano di noi dissero: 'Ora non resta che aspettare'. Aspettai ancora per tutto l'inverno, e la primavera.
In estate, un mattino, chiamarono di nuovo il mio numero. Mi portarono da un fotografo e poi mi chiusero in una cella. Rimasi al buio per una settimana, forse due. Poi arrivo` un ufficiale. Mi disse:
'Sei fortunata. Sei l'unica zingara sopravvissuta ad Auschwitz'. Non capii. Lui rideva: 'Il campo degli zingari non c'e` piu`. Sono passati tutti per il camino. Non resti che tu'. Allora capii. Gridai: 'I miei figli! I miei figli! Voglio vedere i miei bambini! Vogliotornare al campo degli zingari!'. Mi gettai su di lui, attaccandomi ai suoi vestiti. Piangevo e urlavo. Non potevano avere fatto questo.Tutto il campo degli zingari. E i miei poveri bambini che avevanocosi` sofferto? Tutto il campo degli zingari! Entrarono due prigionieri e mi presero. L'ufficiale disse: 'Presto sarai libera,potrai tornare a casa. Ma non dovrai parlare'. Io non ascoltavo.Piangevo. Mi schiaffeggio`. Non rideva piu`: 'Se parlerai finirai
nella camera a gas'. Ma per me era uguale. Urlai: 'Portatemi al gas!Mio marito e` morto, i miei figli sono morti. Voglio andare nella camera a gas'. L'ufficiale se ne ando`. I prigionieri mi calmarono.
L'ufficiale torno`: 'Non andrai al gas. Vivrai per tuo marito, per il suo ricordo. Per aiutare i tuoi parenti. Forse potrai risposarti.''Faro` cio` che volete', risposi. Lui aggiunse: 'Presto sarai libera.
Ma prima dovrai lavorare un mese in un campo. Per dimenticare. E non dovrai dire nulla a nessuno. Se parlerai non sarai liberata'. E partii per Ravensbrück, con un convoglio di donne. A Ravensbrück un
ufficiale che aveva i documenti di mio marito mi diede una tavoletta di cioccolato: 'Non devi parlare. Niente. Nemmeno l'operazione. Ti mettero` in un buon kommandos'.""Ansa, che credeva di essere l'ultima zingara vivente, rimase con noi una quindicina di giorni. Fédérique, Lucette ed io chiedemmo, con la mediazione di alcuni vecchi del blocco e dei responsabili politici,soprattutto russi e comunisti, che nessuno mai le rivolgesse la parola o le rispondesse anche se interpellato. Questo valeva la sua vita.
Doveva uscire. Per poter raccontare. Noi - soprattutto Lucette - le avevamo creato intorno una solidarieta` vera. Persino la polacca aveva acconsentito a dare ogni giorno due patate e una razione di pane per lei. Un giorno i russi le portarono un dolce secco e mezzo salsicciotto. Ansa, quel giorno, pianse. Poi parti`. Rivedro` fino alla morte quel suo ultimo gesto, quello sguardo pernoi. Si volto`. Chiuse gli occhi due volte. Sollevo` leggermente la mano destra, poi chiuse il pugno. Non sorrise. C'era un po' di sole e la pelle del suo viso risplendeva come ebano. Fédérique sussurro`:"Buona fortuna, Ansa".Credo davvero che sia stata liberata. Ho poi saputo che piu` di cento zingare deportate ad Auschwitz, tutte sterilizzate al blocco 10,sopravvissero alla liquidazione dello Zigeunerlager.