7.2.13

Tracce d'amore



...Giostrai. 

Ne accarezzavo l'epidermide
di seta vagabonda,
sostavo ore e ore
nell'attesa dell'amato,
baciando
il cuore alato di trapezista
dal suo terreno cielo,
assaporando lentamente
i nostri rapidi sogni.
Notturni, irragionevoli,
colorati e folli,
dall'allegrezza sghemba di bimbo.
Un paradiso rotante,
un peccato che si fa riso,
un dolore che non t'accorgi,
amore intenso e precario,
stralunato e in bilico,
troppo vero, troppo vita.

Racconti di un viaggio (in bicicletta) dalla Spagna al Mali.




Visto che 




E' nata questa iniziativa Biciclette per l’Africa (The power of Bicycles)di The Bicycle Factory
E un iniziativa importante perchè come testimonia il video , L'Africa è come l'italia del II dopo guerra 
  (   i più anziani e i cinofili ricorderanno il film ladri di biciclette ) . Infatti : << Mentre in gran parte del mondo occidentale neonati movimenti popolari lottano per i diritti e la sicurezza dei ciclisti, nei paesi più poveri>> , secondo http://bicycletv.it/ da cui ho preso il video <<e la foto qui a  destra     la bicicletta è ancora molto di più di un semplice mezzo di trasporto. In Africa, per esempio, la maggior parte della popolazione vive nei villaggi e per rifornirsi di cibo,acqua, per arrivare in ospedale, per raggiungere la scuola utilizzare la bicicletta è l’unico modo possibile. >> Ed è grazie al progetto The Bicycle Factory lo scorso anno (2012) sono state prodotte ed inviate in Ghana, con l’aiuto economico di tanti piccoli sostenitori, 5.000 biciclette speciali chiamate Nframa, che nella lingua locale significa ‘vento‘, per via della libertà di movimento che queste biciclette permettono agli studenti che le ricevono. Le Nframa sono delle biciclette mono marcia costruite appositamente per adattarsi al terreno accidentato del paese. Il progetto The Bicycle Factory è attivo dal 2009 e sono già più di 9.000 le bici che complessivamente sono state messe a disposizione degli studenti del Ghana.Take iniziativa trova conferma indiretta in due viaggi fatti in bicicletta dall'Europa all'artica .

Ecco il manifesto dell'iniziativa  preso da   Google 

 




Questa   iniziativa  è rafforzata   da  due  viaggi  in bicicletta  dall'europa  all'Africa. IL primo  messo anche su carta più precisamente ne Il libro ‘Lentamente l’Africa’, racconti di un viaggio dalla Spagna al Mali, di Marianita Palumbo ( ne trovate la copertina  a destra e  la  foto  in basso  a  sinistra  e sotto un intervista presa  sempre    da http://bicycletv.it/  ) di è edito da Ediesse nella collana Carta bianca ed acquistabile direttamente su Amazon
IL secondo  (  tratto da  http://www.moodwheels.com/  )   dal  viaggio solitario di  Matteo pedala da solo, ma con lui lavorano persone speciali. Insieme a sua moglie, ha fondato Sport2build, un ‘organizzazione che offre “a tutti i bambini e ragazzi che si trovino in situazioni di emergenza, povertà e degrado sociale, in un contesto nazionale ed internazionale, un efficace strumento di sviluppo psico-fisico e sociale come lo sport.”
Quest’anno Matteo, per promuovere la sua Associazione e raccogliere fondi, ha percorso in bicicletta diversi paesi dell’Africa, quali Zambia, Malawi, Tanzania, Kenya, Etiopia, Sudan e Egitto. Per un’impresa del genere la sua bici era speciale: il materiale utilizzato lascia tutti a bocca aperta: carbonio, titanio, ergal e Japanium Z…..no.  Bambu! La bicicletta che ha accompagnato Matteo per oltre ottomila chilometri è costruita in bambu e pezzi di una vecchia mountain bike. Non si butta via niente.
IL primo Racconti di un viaggio (in bicicletta) dalla Spagna al Mali.Intervista all’autrice del libro ‘Lentamente l’Africa’ Marianita Palumbo di Francesco D. Ciani 



Abbiamo recentemente letto e molto apprezzato il libro ‘Lentamente l’Africa’, racconti di un viaggio (in bicicletta) dalla Spagna al Mali. Scritto e pedalato da Marianita Palumbo e Tobias Mohn. Studente di ingegneria ambientale e viaggiatore in bicicletta fin dall’età di 15 anni quest’ultimo, italiana ma parigina d’adozione, antropologa e documentarista Marianita. Questo è stato per lei il primo viaggio in bicicletta.Abbiamo fatto una chiaccherata con Marianita per soddisfare alcune nostre curiosità Come ha fatto Tobias a convincerti ad avere il tuo battesimo da ciclo viaggiatrice proprio in Africa e con un percorso così lungo e complesso?
video cattura  dal  promo del libro su  http://bicycletv.it/videos/



Mi hanno prima di tutto convinto i suoi racconti del viaggio in Asia, un anno, da solo. Non facevo che ascoltare e già incominciavo a viaggiare! Ero invidiosa della sua esperienza e allo stesso tempo appena abbiamo deciso che saremmo partiti ho smesso quasi di pensarci. La decisione era stata presa, aspettavo solo il momento di partire! Siete partiti dal fare pochi km al giorno per arrivare poi a farne anche più di 400 in soli due giorni di viaggio. Come é stato possibile?I primi giorni in Spagna sono serviti anche per allenarci. Io non volevo che le sensazioni di un continente nuovo si confondessero troppo con quelle di un mezzo di trasporto nuovo. E stato utilissimo, anche se davvero faticoso, trovarsi subito davanti le prime montagne! Partire dal piu’ difficile, mentalmente, per essere preparati alla discesa piatta vero sud! Pochi km quindi, e senza fretta, per cominciare, per imparare a usare i pedali, perché il corpo si adattasse al ritmo, e la mente alla fatica! Tobi ne aveva già fatti molti di viaggi in bici, ma anche lui era fermo da un po, quindi il divario tra noi non era cosi’ grande, anche se lui ha comunque dovuto avere pazienza e sorbirsi le mie crisi! E poi, come per magia, tutto inizia a funzionare e si smette di pensare alla bici come ad un mezzo più faticoso degli altri. Altre montage, quelle del marocco e poi il vento contrario ci hanno fatto rallentare ma poi, in Mauritania, il vento era buono ed era come volare! Ed effettivamente abbiamo raggiunto un Massimo giornaliero di piu’ di 200 km e per due gironi di seguito. Tante ore sulla bici, vento giusto che soffiava verso sud-ovest, una grande costanza nel ritrmo, e la nécessita di arrivare alla méta per ritrovare un nostro compagno di viaggio, ecco come é stato possibile! Il corpo é una machina talmente sofisticata: dopo poco si adatta e non credo di essere mai stata meglio fisicamente che durante quei km in bicicletta!
  Come’é andata a livello di visti, di permessi, di frontiere? É stato semplice o avete avuto complicazioni? Abbiamo fatto tutti i visti necessari in anticipo a Parigi, anche se quasi tutti, all’epoca, si potevano fare direttamente alla frontiera. La cosa da tenere in conto é che le regole cambiano velocemente: per esempio, per la Mauritania non avevamo fatto nessun visto perché ci avevano detto, appunto, che lo si poteva fare direttamente entrando. Ma bisogna, anche durante il viaggio stesso, informarsi non appena si é nelle grandi città, per approfittare ed eventualmente cambiare rotta. Noi, per esempio, arrivati a Marrakesh, siamo dovuti ritornare a Rabat (non é raccontato nel libro) perché solo li ci avrebbero fatto il visto per la Mauritania! Quindi é bene informarsi in anticipo e restare informati lungo il percorso! C’é stato un momento in cui scrivi che, se vi foste fermati per riposare e qualcuno vi avesse girato le bici dall’altra parte, non vi sareste accorti della differenza di paesaggio e sareste ritornati indietro. Com’é pedalare per ore nel deserto con nulla intorno oltre la sabbia? E’ allo stesso tempo estraniante e incredibilmente intenso. I gesti si ripetono all’infinito, i pensieri ti portano lontanissimo. Il cervello si metta a funzionare in maniera incredibile (forse per l’ossigeno? Forse per il paesaggio infinito?). E poi il ripetersi dei giorni, degli incontri, fa si che ci si crea le proprie abiturini, si addomestica il paesaggio e ci si fa addomesticare. Come avete fatto per i rifornimenti di acqua e di cibo? Avevamo comprato delle piantine IGN francesi abbastanza dettagliate per calcolare le tappe per il rifornimento di cibo e acqua. Ma la cosa più importante é approfittare di qualsiasi occasione per fare rifornimento, chiedere allé personé che si incontrano, e calcolare bene le distanze sul conta km. Noi non avevamo GPS, o meglio ne avevamo uno ma che é tornato indietro intatto perché non era abbastanza sofisticato per servire veramente quindi non lo abbiamo mai usato.
  Ci sono stati momenti, tanti km, in cui non avevate nemmeno asfalto ma dovevate spingere le bici sulla sabbia a mano. É stata dura? Durissima! Fisicamente e mentalmente, ma poi alla fine sono dei pezzi di strada di cui ti ricordi tutto, assolutamente tutto! E una ginnastica fisica e mentale che ti fa entrare dentro il paesaggio. Come avete fatto con i contanti? Li avete portati tutti con voi o avete prelevato man mano? Ci siamo portati dietro un po di soldi ma non molti e poi, come per acqua e cibo, appena si poteva, soprattutto nelle città piu grandi, ritiravamo. Anche per questo bisogna informarsi prima e avere carte di credito che funzionano. Se no ci sono i sistemi di trasferimento di soldi che funzionano ovunque ma costano un po! Che medicinali avete preso o vi siete portati per un viaggio del genere? Avevamo un kit di sopravvivenza, devo dire abbastanza fornito, antibiotici di base (pillole e pomata per le ferrite), disinfettanti e repellenti per le zanzare. Ci eravamo fatti consigliare da amici medici cosa portare. e poi un médicinale anti malaria che abbiamo iniziato a prendere avvicinandoci alle zone a rischio, evendola già provao a parigi per controllare gli effetti collaterali. Dopo quanti mesi riesci ad immergerti e perderti totalmente nel paese che ti ospita,in un viaggio del genere? Credo che la bici sia un acceleratore del costante processo di immersione che si subisce in un viaggio. Ma per esempio io la uso per le mie esplorazioni urbane a Parigi e ci vuole un attimo, anche solo venti minuti di pedalate, per immergersi in modo nuovo in un luogo che si conosce già! Per questo viaggio in Africa io ho percepito ad un certo punto che mi sentivo a casa, e questo a piu’ della meta del viaggio. E stato come scomparire, in un certo senso, come se mi sentissi fusa all'esperienza che stavamo facendo, che non c’era più  distanza, in un certo senso. Com’é tornare alla realtà dopo 5 mesi di immersione in terra africana? E stato tutto velocissimo. Sorvolare al contrario gli spazi che avevamo attraversato in bici é stato un po come una catarsi. E poi una volta atterrata sono stata ringhiottita dal quotidiano. Il moi sguardo su certe cose era cambiato, ovviamente, e forse la cosa piu’ bella é stata capire che quest’esperienza eccezionale mi aveva soprattutto insegnato a viaggiare anche stando fermi, a meravigliarsi di tante piccole cose anche del quotidiano, e non, come si potrebbe credere, a sminuire il quotidiano. La differenza tra viaggiare in bici, lentamente e viaggiare con altri mezzi? E ovviamente lo sforzo fisico ma non solo. Anche la maniera di mettersi in gioco in un paese che non si conosce. Ci si espone, si dipende molto dal contesto che si attraversa e allo stesso tempo si é liberi di spostarsi autonomamente. Con gli altri mezzi quello che é fantastico é condividere il mezzo di trasporto con le persone del posto. Ed è una cosa fondamentale anche quella: capire come la gente si muove localmente!Chiuderei con il tuo punto di vista sulla differenza tra il viaggiare e l’essere a casa. Essere in viaggio vuol dire negoziare costantemente la propria presenza in un contesto che non si conosce, imparare a “stare”, imparare a interagire. Credo che per i viaggiatori, al contrario, essere a casa vuol dire dover preparare chi ci sta intorno alle nostre assenze, condividendo le proprie esperienze, che è sicuramente una delle regioni dell’esistenza di questo libro.

La  seconda   tratta  da  http://www.moodwheels.com/ è quella  di Matteo Sansonetti   (  foto  sotto a destra  tratta  da  una video intervista  fattagli  l'amnno scorso  da Jean Claude Mbede Fouda  per  Afrikitalia LiveTV )  che  dopo aver ceduto il suo studio di commercialista  a Legnano   7  anni  fa  parte per lo Zambia e fonda  la  onlus   http://www.sport2build.org/ che  si occupa  di fare dello sport  uno strumento  di pace ed integrazione per  i bambini africani  creando occasioni  d'amicizia  e crescita  tenendoli lontano  d'abbandono e criminalità .
Infatti offre “a tutti i bambini e ragazzi che si trovino in situazioni di emergenza, povertà e degrado sociale, in un contesto nazionale ed internazionale, un efficace strumento di sviluppo psico-fisico e sociale come lo sport.”
Quest’anno Matteo, per promuovere la sua Associazione e raccogliere fondi, ha percorso in bicicletta diversi paesi dell’Africa, quali Zambia, Malawi, Tanzania, Kenya, Etiopia, Sudan e Egitto. Per un’impresa del genere la sua bici era speciale: il materiale utilizzato lascia tutti a bocca aperta: carbonio, titanio, ergal e Japanium Z…..no.Bambu! La bicicletta che ha accompagnato Matteo per oltre ottomila chilometri è costruita in bambu e pezzi di una vecchia mountain bike.

N.b  le  foto sono dell'articolo intervista    che  trovate  qui sotto  di  www.moodwheels.com

Cosa è stato necessario fare per prepararti a questo “giretto in bici” di ottomila Km?                          La preparazione è stata soprattutto mentale, si mi sono allenato ma non tantissimo, non ho fatto diete,anzi mangiavo tutto e di più perchè sapevo che prima o poi l’Africa mi avrebbe mangiato ! Alla fine sono arrivato tiratissimo !

3.2.13

10 febbraio foibe ricordare a 360 gradi


Dopo  la  giornata  della memoria  (  27  gennaio  ) ecco  un altra  giornata \  ricorrenza che  non mi va  di celebrare  ( perchè non c'è  niente  da  celebrare smiley grumpy ) ma  solo  di ricordare (  quello  si perchè soltanto dopo  che  si è ricordato   a 360  gradi   tali tristi avvenimenti  si potrà  celebrare triste angel ) .    
Io  ricordo  e ne parlo lo stesso  nonostante   ( ormai ci ho fatto il callo angel )  mi capiti   tutti  gli anni,   da  quando  è  stato istituito  il ricordo e da quando  ne  ho preso coscienza direttamente e  ne parlo e ricordo ( almeno ci provo ) a  360  gradi   tali avvenimenti sul blog , di  venire,  con commenti ai  post   che  scrivo per   tale  data  considerato fascista  dai  duri e puri (  gli irriducibili )  amici  e  compagni di viaggio  appartenenti    dell'estrema  sinistra  , e comunista    da  quelli   di destra specie  quella  estrema  e in maniera  virulenta    \  faziosamente  anticomunista    . 
Ora molti  di voi , specie  quelli nuovi  si chiederanno , perchè allora  ricordi  e  parli di tali eventi  ? 1) l'eventualità più verosimile è quella del giudizio storico che ci chiederà conto per aver permesso una civilissima e democratica barbarie per aver  dimenticato o peggio  guardato altrove ., 2)  La storia fatta di silenzi, di falsificazioni, di mistificazioni, non è maestra di vita. 3)   questa  non è mia  è preda  da  un luogo   dove  si è smarrita   anche l'ultima  briciola   di ciò che rende uomini  >>n° 289  di Martin Mystere  . Ma  soprattutto  Perchè tali tragedie  non vanno  dimenticate   perchè  è solo coltivandone il ricordo  a 360   chi se  frega  se , come mi è successo  per le  critiche  ricevute  al  mio post  di due  anni fa  su tale  data , in cui   mi hanno accusato   di non voler  riconoscere   i crimini   di tito  e del comunismo  e di fare da scaricabarile denunciando  solo  quelli del  fascismo   .
Tesi che   io smentisco   come potete  vedere  da link  sotto  ( oltre a quelli presenti nel post prima citato  ) sotto riportati e  da questa  testimonianza  (  ne  ho parlato in uno dei post  del blog  che  trovate      cercando   nel motorino    che  trovate a  destra   in alto se digitando la  parola  foibe  appena  aprite  www.ulisse-compagnidistrada.blogspot.com  )   << Ora non sarà più consentito alla Storia di smarrire l’altra metà della Memoria. I nostri deportati, infoibati, fucilati, annegati o lasciati morire di stenti e malattie nei campi di concentramento jugoslavi, non sono più morti di serie B.>> Annamaria Muiesan  figlia  di  una vittima  delle foibe   ).  io  voglio solo  , come  dice  un commento  ad  un video sulla  storia  del confine orientale  e quindi  sulle  foibe e  sull'esodo    ( non ricordo  ne quale  nè l'url   )   <<  che  tali crimini  dettati  dall'odio ,del nazionalismo  esasperato , dall'ideologia   non si debbano ripetere  mai più perchè è   tristezza,tristezza infinita per quello che ci siamo fatti a vicenda. siamo vicini,vicini di confine,vicini di casa,vicini di tutto,e siamo stati delle bestie... fascisti comunisti. ma che importa ormai , siamo i nipoti , i pronipoti abbiamo il dovere di non far capitare mai piu atrocità simili >> . Ma  soprattutto  non siano  : nè strumentalizzati  e  usati  ad  uso  e consumo  sminuendone  alcune aspetti e  concentrarsi  solo  altri   da  una  determinata parte politica \ culturale  (  vedere    cercando nei motori  di ricerca  alla voce  10 febbraio  che   ne  attribuisce  i crimini  ai soli comunisti  o viceversa  ai soli fascisti    né  che sia  occultata  perché indigesta  o per  motivi  politici  come  è stato fatto durante  la  guerra  fredda con il silenzio  creando un vuoto  generazionale  come dice  un  commento  ad   un mio vecchio post ( mi pare fosse   del 2006\7  )  sui tale giornata :
<<  Il Foglio 14/02/06 Uffa! di Giampiero Mughini Una gigantesca menzogna durata mezzo secolo. Ascoltavo un paio di giorni fa, alla trasmissione radiofonica di Barbara Palombelli su RadioDue, Anna Maria Mori che presentava il libro dove racconta la sua odissea di giovane istriana divelta dalla sua terra dalla decisione degli Alleati di accordare alla Jugoslavia una terra italianissima, l’Istria.
Furono oltre 350 mila i nostri connazionali che persero tutto, salvo la valigia che avevano in mano quando salirono sulle navi che li portavano in un’Italia che li accoglieva distratta e diffidente. C’è voluto mezzo secolo prima che quel dramma emergesse alla luce, prima che noi potessimo pronunciare correntemente il nome “foibe” e tutto il resto di quella saga barbara.
Mi chiedo, io che ero a sinistra nei miei vent’anni e trent’anni, quando ho avuto coscienza per la prima volta di quel nome e del dramma cui alludeva. Io che leggevo il supplemento libri di Paese Sera, Mondo nuovo, l’Unità, il Manifesto, il Giorno, Rinascita, Problemi del socialismo, di quel nome e di quel dramma non ne sapevo proprio nulla. E quando ho sentito pronunciare per la prima volta il nome dell’istriana Norma Cossetto, io che sapevo tutto dell’assassinio di Giacomo Matteotti e di don Minzoni? Mai prima di aver letto il meritorio “L’esodo” di Arrigo Petacco, un libro pubblicato nel 1999. Mai prima di quel libro avevo letto di quella ragazza ventitreenne che un pugno di bestie jugoslave stuprarono a lungo e sino alla soglia della foiba dove la scaraventarono; né sapevo della decisione – per una volta santa e benedetta – dei tedeschi che catturarono i colpevoli e li costrinsero a passare la notte in piedi accanto alla salma di Norma prima di essere fucilati all’alba.
Niente sapevo, nessuno di noi sapeva, nessuno ricordava, nessuno aveva messo a mente. Una gigantesca menzogna e una gigantesca omissione durate quasi mezzo secolo nel paese dove più forte e determinante è stata l’influenza culturale della sinistra, e dunque i suoi modi disinvolti di raccontare la storia. >>

Non so  che altro dire    se  non lasciavi  a questi  link a  voi  ogni   giudizio  e  commento



  • prima  delle foibe  di  tito    e dell'esodo  delle popolazioni Istriane


http://www.storicamente.org/05_studi_ricerche/riosa_confine_orientale.htm
http://www.youtube.com/watch?v=z0EkUlgHAe4&feature=endscreen&NR=1 
http://www.youtube.com/watch?v=AU0i_TCTo5c 
www.criminidiguerra.it/index.html crimini  italiani  durante la  guerra in Jugoslavia
it.wikipedia.org/wiki/Crimini_di_guerra_italiani   dove descrive con ampi documentazione   e  riferimenti  a  siti  esteri i crimini  del nostro paese   nel secolo scorso  ed i n particolare quelli nei balcani  \  Jugoslavia

le  foibe  da  "La storia siamo noi" di Giovanni Minoli
http://youtu.be/rshrUhhRdfc  parte  1
http://youtu.be/3qgPptf34Sg parte  2
http://youtu.be/h201dS9bz4s  PARTE  3

Documenti    sulle  conseguenze  delle  foibe e delle  violenze  di tito  ovvero l’esodo  di un popolo   e  sulle  varie  interpretazioni degli storici

http://www.leganazionale.it/
http://www.lefoibe.it/
http://digilander.libero.it/lefoibe/indexx.htm
http://prcreggioemilia.it/casalgrande/2012/02/19/smantellare-la-versione-fascista-sulle-foibe/
http://www.10febbraio.it/cosa-sono-le-foibe/

http://it.wikipedia.org/wiki/Giorno_del_Ricordo
http://it.wikipedia.org/wiki/Questione_triestina
http://it.wikipedia.org/wiki/Foiba
http://it.wikipedia.org/wiki/Massacri_delle_foibe
http://fdcaroma.blogspot.it/2008/02/il-brevetto-fascista-delle-foibe.html

Parigi, cacciati dal museo d'Orsay: "troppo poveri"

da http://www.nanopress.it (  presa  dall'articolo riportato sotto )


Va bene che l'ordine , il decoro e la pulizia \  l'igiene  sono fondamentali qualunque siano le condizioni economiche delle persone . Ma qui si è commessa una discriminazione bella e buona . Infatti 
E' particolare questa vicenda successa in Francia dove una famiglia è stata allontanata dal museo d'Orsay di Parigi perchè povera. Ecco  i fatti



da http://www.nanopress.it/cultura  del 31\1\2013 

sabato scorso una famiglia di origini modeste, anzi proprio povera, in lista nei servizi sociali, ha visitato insieme ad un volontario il prestigioso museo d'Orsay. Madre, padre e figlio di 12 anni però non sono andati a genio ad alcuni visitatori del celebre luogo d'arte e li hanno fatti allontanare.
Nella sala dei Van Gogh, infatti, alcune persone hanno chiamato la sicurezza per via del cattivo odore emanato dai componenti di quellafamiglia povera. Gli addetti alla sicurezza a questo punto si sono avvicinati ai "disadattati" e li hanno "accompagnati" all'uscita, decretando la fine della giornata speciale per il ragazzino ed i suoi genitori. 
Il presidente dell'associazione Atd Quart Monde, Pierre-Yves Madignier aiuta a inquadrare meglio la vicenda: "Una famiglia estremamente indigente, come molte purtroppo, che vive in una catapecchia fuori città. La mattina si erano preparati a un pomeriggio eccezionale, di bellezza, di piacere. Eravamo lì con loro proprio per non farli sentire in difficoltà: dovevano pensare solo a godersi gli impressionisti, come tutti".
Il museo d'Orsay si è offerto di rimborsare i biglietti a padre, madre, bambino e volontario ma (giustamente) il ministero è intervenuto, chiedendo un rapporto dettagliato sui fatti. La ministra Aurélie Filippetti ha parlato di incidente spiacevole. "Non mi sembra però che ci sia una mancanza morale da parte del personale del museo, anzi forse hanno fatto il loro mestiere, preservando la possibilità di quella famiglia di ritornare, in condizioni più degne". 
Pierre-Yves Madignier invece annuncia che la sua associazione porterà il museo in tribunale. "È indecente, quella famiglia si trovava nelle condizioni più degne che le sono concesse: quando si vive in condizioni insalubri, in una specie di baracca, i vestiti si impregnano di umido. I genitori e il bambino emanavano l'odore, persistente ma non insopportabile, della povertà. E la cosa che mi ha fatto più male è che sono stati loro, le vittime, a chiedere scusa".
Che dire? Saranno stati contenti i visitatori che hanno fatto allontanare la famiglia di poveri, finalmente "liberi" di poter ammirare i capolavori di Van Gogh...e forse gli sfugge un particolare, visto che anche il genio olandese visse e morì in povertà. Da vivo è andato incontro alla medesima e disgustosa esclusione sociale.




2.2.13

dià-logos


Discorso alterno fra due e più persone: ma nella vita di tutti i giorni è utopia.Componimento a discorsi alternati: pura e retorica teoria letteraria.In entambi i casi  il dialogo si risolve in mero ed egoico monologare.Dià-logare è un cammino iniziatico che vede il diabal mutarsi in sym-bal.


1.2.13

Giovanardi ossessionato da Ilaria Cucchi: sfrutta la sua tragedia

lo so  che  contro  certi individui  è meglio il silenzio  piuttosto che  fare il loro  gioco   cioè  parlarne    , ma  davanti  a tale insensibilità , cinismo  , speculazione politica  , non riesco a  stare  zitto  .E seguire  quanto doice  qiuesta  canzone






L'ex senatore del Pdl, più volte ministro, torna a attaccare Ilaria, la sorella di Stefano, morto in carcere: "A picchiarlo furono gli spacciatori".
  fonte http://www.globalist.it/  Deskvenerdì 1 febbraio 2013 16:29

Carlo Giovanardi la storia di Stefano Cucchi proprio non la manda giù. E ancora di più pare non sopportare la sua famiglia, che dopo la tragedia che li ha colpiti ha scoperto l'impegno civile e il valore delle battaglie condotte in prima persona per ottenere giustizia.
Tutti concetti piuttosto lontani dall'universo dell'ex sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega alle tosssicodipendenze, fautore della più volte criticata legge sulle droghe Fini-Giovanardi. Oggi è tornato a attaccare in particolare Ilaria, sorella di Stefano, che ha deciso di candidarsi con la lista Rivoluzione Civile, ed è capolista nel Lazio.

In un'intervista a Radio 24 stamattina Giovanardi ha detto: "Come succede sempre in Italia su fatti come questi, si costruisce una carriera politica e la sorella è diventata capolista di un partito. Era evidente che sarebbe finita così. Suo fratello è una vittima, era una persona malata, ha tentato più volte di recuperarsi, ha avuto una vita difficile da tossico e spacciatore. Ma da questo alla Provincia di Roma che gli voleva intitolare le scuole come se fosse un esempio ai giovani, non ci sto. E' come con Carlo Giuliani: certo Giuliani è una vittima, poveretto. Ma si possono intitolare a lui le sale del Parlamento? Io dico no, perché quando è morto stava per ammazzare tre carabinieri".
Ricostruzione piuttosto leggera del G8 di Genova e della morte di Carlo Giuliani, che però Giovanardi può permettersi di spaciare per radio e televisioni, senza che alcuno obietti.
Piuttosto leggera e superficiale, volutamente strumentale, anche la ricostruzione della morte di Stefano Cucchi. "Sono stati gli spacciatori a picchiarlo", ha detto, riferendosi a lesioni pregresse alla sua spina dorsale che mai nessuno ha messo in relazione a una rissa tra spacciatori. Ma tanto, qualsiasi cosa si può dire sulla pelle di un morto. Chissà chi è che fa, davvero, propaganda elettorale sfruttando le tragedie altrui.
Intanto dai sostenitori della lista Rivoluzione Civile, come Antonio Di Pietro, Oliviero Diliberto ma anche il sindaco di Palermo Leoluca Orlando sono arrivate dure parole di condanna: "Giovanardi si vergogni".

finchè c'è lavoro ......

Oggi .   non ho messo il  titolo a questo post  per :   evitare  banalità  o titoli  che  poi  risultano  l'opposto  del post  .
Inizialmente  il post  d'oggi   doveva  servire  a rispondere  ad  alcune email e ad    alcuni commenti  della moderazione (    per  gli altri  si è passato i senza pietà al cestino era solita   neonazista   e neofascista   spazzatura  neofascista  e  neonazista ed  leghista  contro    delmtipo  : <<   i rom nei lager peggio  per  loro   se la  sono cercata  >>  solo per  citare  il più   , metaforicamrente parlando  , democratico    ) in cui  mi si accusa d'essere  : antisemita     e  antisionista  o di gente   filo israeliana (  chi  per   coerenza  \  buona fede  , chi soprattutto quest'ultimi  ) o di religione  ebraica   di  mettere   sullo stesso piano  antisemitismo e  anti sionismo  quando sono  sia  nel significatio sia  culturalmente   due cose  diverse  ma  testardi  non vogliono capire   che i tempi    (  vedere  video  sotto  )  stanno cambiando e  quindi  di conseguenza  anche le parole   e  che usano come  ha  spiegato benissimo  Carofiglio   nel libro la manomissione delle parole   a loro  uso e  consumo 


Se non riuscite  a vederlo  lo trovate  qui integralmente   (  fin quando  vimeo lo lascerà    )  integralmente  o  cercando  sul  sito   suddiviso  in due  parti
Comunque   se  ne riparlerenmo , se   vi va  in un altro momento  non voglio tediarci ulteriormnente    con queste  cose   sulle brutture    del mondo    specie  dopo  la  giornata  della memortia  , rischiando  d'ottenere  l'effetto opposto   al mio invitare a  ricordare  e non dimenticare    Nel post   d'oggi   specifico  meglio il mio pensiero espresso  in questo ( il più contestato   dei mie  post  sul 27 gennaio  ) . Ma  poiche  alcuni   amici  del mio  plusgoogle  :mi chiedono  di   << Sarebbe bello invece che ti venisse voglia di fare foto alla vostra azienda, anche una solo..ma noi che tendiamo alla depressione facciamo una vita di merda e nulla ci rasserena. >>
Dopo   questa premessa  veniamo  al post  vero e proprio  ne  approfitto  per  rispondere  anche a  coloro  che mi chiedono in cosa consiste il mio lavoro  \ la mia attività descrivendo una giornata  tipo

Dopo la  sveglia     ( dal lunedì al  venerdì  al  06.25  in autunno -inverno  ) e  il " rituale  "   comune  anche se  con orari diversi   a tutti \e  .  Arriviamo ( uso  il  noi perchè non avendo patente scendo   con il mio  vecchio nella maggior parte dei casi  altre  volte con colleghi    dipendenti   ) ,  diamo da mangiare  ai  cani  




Poi arrivano  i  colleghi  \  dipendenti   e  s'inizia  a  lavorare  ciascuno  un lavoro diverso  chi :  prepara  il  carico  per  il negozio  a  tempio  mette  il concime  o diserba   chi  pota  , chi  rinvasa   a mano  quando  non dobbiamo  usare la macchina  da rinvasare  ,  chi raccoglie  i   fiori  ,  chi  posta  allarga  le piante  , chi innaffia   dove  l'irrigazione  non è  automatica  , si mettono i gocciolatoi  ,  ecc  .
Oggi  mi sono occupato  di Ortensie  e tulipani  . Ma  andiamo con ordine In quanto  ho lavorato alle   sia  alle ortensie  sia    ai tulipani .

Ie ortensie
Questo  è  il periodo, per  quelle  varietà che crescono ne  vengono coltivate   nei climi freddi è bene ., come  consiglia anche http://www.elicriso.it/it/come_coltivare/ortensia/ ,  potare a fine inverno in modo che i rami, le foglie e tutte le altre parti secche della pianta che poi andranno tagliati, proteggano dal freddo i rami più giovani .  Facendo  ovviamente  attenzione  a  come  si pota  perchè  si  può rovinare  anche la pianta  infatti  sempre  secondo  elicriso.it


dal sito di elicriso.it  
Si deve partire dal presupposto che quasi tutte le ortensie fioriscono dalla gemma apicale (ad eccezione della Hidrangea Paniculata e Hidrangea arborescens che fioriscono sui rami nuovi quindi si possono potare in primavera e delle ortensie rampicanti che non vanno potate) pertanto vale la regola che più getti saranno emessi, più infiorescenze ci saranno e bisogna stare attenti a non tagliare i rami prima della fioritura (questo provocherebbe l'emissione di gemme laterali che produrranno fiori l'anno successivo) ma dopo.




Quindi  coem potete  vedere  dalle  mie  foto   con il cellulare  (  mentre  le altre  dove  portarle  ad  un corso  di  fotografia    che sto frequentando  il giovedi   sera  sono  con  la  digitale    )  io  le  pulivo  dai fiori secchi  e  dalle  foglie    secche  \ marce
dopo  di  che   le  passavo  alla mia collega   che  le potava e poi  io le  sistemavo  facendone  le  file  come  si  vede  in quest'altra  foto  


 poi  di sera   (  facendo  caos  , mettendone tropo  e  vicino  alle  gemme e sulle  foglie ,  era la mia  prima   volta la  prossima   imparerò  a metterlo meglio   ) per potenziarne  il colore   azzurro  ,  gli   davo l'azzurrante  .

 Tulipani 

Vista la   bella giornata, cosa  rara  in inverno, di sole abbiamo interrotto lka  pulitura  delle  ortensie   per  andare  a raccogliere  i  tulipani prima  che   sbocciassero tutti insieme  . Dopo  averli raccolti , io  tagliavo i bulbi  e preparavo i mazzi e la mia collega  li legava  e  imbustava Poi  gli abbiamo portati alla cella frigo  per  continuare  \  riprendere  il  lavoro delle ortensie
Dopo  pranzo  , lei  è andata a casa (  lavora   a mezzo servizio  ) ,  e io  da  solo (  a  volte  capita  di  lavorare  anche questo )   ho pulito ancora  ortensie  .
E  dopo che se  ne  sono andati alle  16.30   anche gli altri  ho aiutato  il vecchio    a fare  legna  per il cammino di casa  . E alle  17.00\30  la  giornata   di lavoro  è finita  

31.1.13

Chi era Marinella di De André? Maria Boccuzzi, storia vera di una prostituta



ROMA  
Chi era la Marinella di Fabrizio De André? La storia, quella vera, della giovane Marinella la racconta Roberto Argenta in un libro, scrive Marco Neirotti per La Stampa. Marinella era Maria Boccuzzi, un donna di origine calabrese che aveva lasciato il lavoro da operaia per entrare nel mondo dello spettacolo. Ballerina col nome d’arte Mary Pirimpò, finì in un giro di prostituzione e fu uccisa. Il suo corpo venne lasciato nel fiume Olona, a Milano. Le indagini non portarono mai all’arresto del suo assassino, nell’Italia degli anni ’50 tra i primi festini a base di alcol, sesso e droga.
Argenta è uno psicologo di Asti che ha deciso di scoprire chi era Marinella, la donna morta nel fiume a cui De André dedica la canzone “La storia di Marinella”. Una canzone che, come dichiarò lo stesso De André in un’intervista, servì per “reinventare una vita e addolcire la morte”.
Ma “la vera storia di Marinella, quella che l’ha portata al tragico assassinio, è diversa. Non c’è dolcezza né poesia nella sua morte. I microfilm dei vecchio giornali del Novecento rivisti e analizzati da Argenta mostrano un’Italia che cambia. I primi festini a luci rosse, l’arrivo della droga, bene di “lusso” destinato ai più ricchi e i fiumi di alcol. E le tragedie e gli efferati omicidi.
Maria Boccuzzi, Marinella per De André, morì nel gennaio del 1953. Lui, Fabrizio, aveva solo 13 anni quando lesse la notizia e nel 1964 scrisse la celebre canzone. Maria era figlia di un calabrese, arrivata a Milano aveva rinnegato la vita da operaia e aveva iniziato la carriera di ballerina di fila con il nome di Mary Pirimpò. Un sogno che, scrive La Stampa, durò poco:
“La strada devia verso le case chiuse. Come in un romanzo poliziesco seguiamo passo passo i commissari dell’epoca, le notti in strada («c’era la luna e avevi gli occhi stanchi…) accanto a colleghe amiche, i night, la cocaina, o «macuba», gli amici o fidanzati ambigui, gli sfaccendati che gravitano intorno al fascino della notte proibita, i play boy con le facce da duri sotto la tesa larga («bianco come la luna il suo cappello…), fino alla 1100 nera che una notte si porta via Mary.
Ci saranno processi, un reo confesso dichiarato matto, accuse di sfruttamento. Le cronache dei giornali torinesi e di quelli milanesi sono minuziose. Si affaccia la pista dei segreti del sottobosco, poi quella della droga, allora consumo per pochi ricchi. Nessuno è arrestato per l’omicidio, qualcuno paga lo sfruttamento”.
Marinella volò “in cielo su una stella”, Maria finì i suoi giorni in un fiume. Questa la sua storia, quella vera. Il resto  , aggiungo  io  ,  è poesia .
Vi lascio  con  queste  due   versioni  jazz    di questa  canzone  la  prima  la  più  riuscita   a mio avviso 




La  secondo  bella  ma poco  trascinate 




 

SPEZZATINO


Il cibo è in moto, ci insegue e noi inseguiamo lui. Si compra spezzatino, si cucina e si mangia spezzatino. Se ne compra ancora, in quantità abbondante, perché ci siano resti di spezzatino da consumare. La giornata è costituita da intervalli tra uno spezzatino e l’altro. Dolce quello del mattino, con patate o legumi a pranzo, semplice quello della sera. L’industria prepara pezzetti di spezzatino per le merende dei bambini e snack degli adulti. Le tovaglie hanno macchie di spezzatino e per le macchie di spezzatino esiste il detersivo contro le macchie di spezzatino. I vegetariani consumano lo spezzatino di soya e gli ebrei lo spezzatino kascer. Spezzatino omogeneizzato per i piccoli e cibo per gatti allo spezzatino. Gastrite ed ulcere da spezzatino, stipsi da spezzatino, sindrome ossessiva da spezzatino, spezzatinofobia. Se siamo quello che mangiamo, il mondo non è vario.

Dal ripostiglio spunta Manuela la tartaruga persa 30 anni fa

 cerco d'evadere dalla routine quotidiana   e  dalla  brutture del mondo  con storie  d varia  umanità  e\o  curiose ( vedere l'etichetta  : le storie  , storie  )  . La storia  che propongo oggi  appartiene  alla seconda  categoria  . 
Non so  se  è  una  leggenda metropolitana  \ una bufala  oppure  vera  



fonte unione sarda online di  Giovedì 31 gennaio 2013 10:52



Ha vissuto per 30 anni in un ripostiglio, dimenticata, persa. La storia della tartaruga Manuela arriva dal Brasile e ha davvero dell'incredibile.E' successo a Rio de Janeiro. La famiglia l'aveva cercata a lungo, inutilmente. Avevano pensato che si fosse allontanata, nel 1982, durante l'esecuzione di alcuni lavori a casa. Invece, si era rintanata tra le cianfrusaglie che Leonel, il padre di famiglia, non smetteva mai di accumulare nello sgabuzzino di casa. Si erano anche dimenticati di lei, fino a pochi giorni fa. Dopo la morte di Leonel, i figli avevano deciso si sbarazzarsi di tanti oggetti inutili accumulatisi nella stanza ripostiglio del secondo piano. Tra vecchi dischi e materiale elettronico inutilizzabile è rispuntata lei. A quanto pare in buona forma. Resta il dubbio di come abbia potuto sopravvivere in tutti questi anni.

invece  la  repubblica    descrive  cosi  la  news


Ha vissuto per 30 anni in un ripostiglio, dimenticata, persa. La storia della tartaruga Manuela arriva dal Brasile e ha davvero dell’incredibile. L’avevano cercata a lungo, Leonel, il figlio Leandro e gli altri componenti della famiglia Almeida,

 che vive a Rio de Janeiro. Inutilmente. Avevano pensato che si fosse allontanata, nel 1982, durante l’esecuzione di alcuni lavori a casa. Invece, si era rintanata tra le cianfrusaglie che Leonel, il padre di famiglia, non smetteva mai di accumulare nello sgabuzzino di casa. Si erano anche dimenticati di lei, fino a pochi giorni fa. Dopo la morte di Leonel, i figli avevano deciso si sbarazzarsi di tanti oggetti inutili accumulatisi nella stanza ripostiglio del secondo piano. Tra vecchi dischi e materiale elettronico inutilizzabile è rispuntata lei. A quanto pare in buona forma. Resta il dubbio di come abbia potuto sopravvivere in tutti questi anni. “Queste specie di tartarughe dalle zampe rosse possono sopravvivere anche due o tre anni senza mangiare”, ha spiegato Jeferson Pires, veterinario di Rio, “e potrebbe aver mangiato le termiti dal pavimento di legno”
(a cura di Matteo Marini)







Lettera

Cara mamma,
oggi compi 75 anni e, nonostante la malattia che t'incurva la schiena, rimani bella e giovanile, di quell'ilarità senza complicazioni così fascinosa e, per me, irraggiungibile. Avrei voluto somigliarti, come ogni figlia, ma non ci sono riuscita. Non ho nemmeno condiviso con te le mie esperienze, non siamo mai entrate in quella complicità femminile che avrebbe fatto di noi due donne indipendenti e solidali; echi armoniosi e discreti, presenti nel buio delle notti o in attimi di pura gioia. Invece tu osservi il mio andare irrisolto, mi ammiri, mi stimi, ma resti nel tuo mondo timido, a volte rassegnato, ma in fondo sicuro. C'è il tuo affetto fanciullo, il sorriso che continuiamo a scambiarci, in attesa, entrambe, d'un altro destino, d'una sincera pace. Auguri, mamma, per molti anni ancora.

27.1.13

LE .. DI BERLUSCONI "L'Italia non ha le stesse colpe della Germania; all'inizio adesione inconsapevole a politiche nazismo"



Evidentemente non conosce completamente la storia italiana di quel periodo . Eccoli    lo  so che  è come lavare la testa  all'asino con il sapone  o dare le perle ai porci   ma  è per  gli ignoranti  ,  strumentalizzatori  ( indipendentemente dall'ideologia  ) ,   ecc  che  scrivo .  Prima o poi qualcosa  arriverà ed  immagini come  questa  saranno solo un brutto ricordo


http://it.wikipedia.org/wiki/Lista_dei_luoghi_dell'Olocausto_in_Italia
http://it.wikipedia.org/wiki/Crimini_di_guerra_italiani#Campi_di_concentramento
http://it.wikipedia.org/wiki/Crimini_di_guerra_italiani( già iniziati in epoca pre fascista )



Le  cose  sono   o che  Berlusconi è  ignorante  o   che  ignora per  convenienza  politica  siamo  sotto  le elzioni  e  rischia  grosso  e  quindo ha  bisogno di voti  utili in  particolari neonazistri (  forza  nuova  e casa pound  e affini ) o  di tutti quegli italiani   che ancora  credono nel mito italiani brava gente 



Tutt'altro spessore anche se altalenante  purtroppo i recenti fatti contraddicono queste dichiarazioni.
Ottobre 2012 "La Procura di Stoccarda archivia l'inchiesta: mancano le prove delle responsabilità dei singoli soldati delle SS. Il 12 agosto 1944, nella località toscana, furono uccise 560 persone, ma almeno non nega la colpa e le responsabilità storiche del suo popolo , è il discorso dela Merkel








oltre all'Italia che offri protezione e aiuto agli ebrei vedere link che trovate sotto ci fu anche un italia complice

  fonte   settimanale   l'espresso   21\1\2010
Anniversari Quell'Italia complice dell'Olocausto di Gianluca Di Feo

Migliaia di ebrei catturati dalla polizia e consegnati ai tedeschi, senza pietà per donne, vecchi e bambini. Una macchina di morte voluta da Mussolini. Ora un libro ricostruisce le responsabilità nel genocidio. A partire dal campo di Fossoli (21 gennaio 2010)
Sulle torrette del campo dove venivano rinchiusi gli ebrei c'erano agenti di pubblica sicurezza. A scortare il treno per Auschwitz c'erano carabinieri. Ed è stato un italianissimo commissario ad arrestare una bambina di sei anni, individuata a Venezia nella famiglia dove i genitori l'avevano nascosta, e ad accompagnarla fino a quel recinto di filo spinato alle porte di Carpi: il primo passo di un cammino che si sarebbe concluso nella camera a gas. Così come erano italiani i loro colleghi delle forze dell'ordine che dal novembre 1943 alla fine della guerra hanno dato la caccia agli ebrei in tutte le città del Nord. Retate ricostruite nel dettaglio in un volume che spazza via i luoghi comuni sulle responsabilità della Repubblica di Salò nell'Olocausto e ci costringe a guardare un capitolo della nostra storia che da 65 anni nessuno vuole approfondire. In "L'alba ci colse come un tradimento" Liliana Picciotto, la più importante studiosa italiana della Shoah, sintetizza anni di ricerche. Nelle 312 pagine pubblicate da Mondadori non fa mai ipotesi: elenca fatti, si limita ai documenti. Calcola le presenze nelle anticamere padane dei lager in base alle razioni di pane fornite, confronta diari e testimonianze, atti di processi nascosti nel dopoguerra in nome della ragione di Stato. Non usa un solo aggettivo.


Non servono, perché il risultato del suo lavoro è agghiacciante: la ricostruzione della vita e della morte di migliaia di ebrei, arrestati da italiani nei territori della Repubblica sociale, spediti nel campo modenese di Fossoli e poi deportati nei lager. Chi prese parte a questa colossale caccia all'uomo poteva ignorare la "soluzione finale"? Poteva ignorare la strage a cui stava collaborando? Era difficile credere che ultrasettantenni e bambini venissero trasferiti nel Reich per lavorare e contribuire alla macchina bellica tedesca. Quando anche i vecchietti dell'ospizio israelita di Firenze vengono caricati sui treni, nessuno a Fossoli si fa più illusioni. Ma ancora altri ebrei vengono rastrellati dai funzionari della polizia e dei residui carabinieri rimasti in servizio al Nord (la maggioranza dell'Arma si schierò con la monarchia e venne perseguitata dai nazisti), fino a pochi giorni prima della Liberazione: uomini che spesso hanno continuato a indossare la stessa uniforme nella Repubblica del dopoguerra. Il giorno della Memoria celebrato il 27 gennaio anche nel nostro Paese non dovrebbe ricordare solo le colpe altrui: ci sono grandi responsabilità italiane, di istituzioni e di singoli. La scorsa domenica Benedetto XVI nella storica visita alla sinagoga di Roma ha ancora una volta condannato l'antisemitismo e rievocato il primo grande rastrellamento, «una tragedia di fronte alla quale molti rimasero indifferenti». Ma molti altri italiani ebbero un ruolo attivo nel genocidio.
Il 14 novembre 1943 il Partito nazionale fascista aveva dichiarato: «Tutti gli appartenenti alla razza ebraica sono stranieri, durante questa guerra appartengono a nazionalità nemica». Due settimane dopo il ministro dell'Interno ne ordinò l'arresto e l'internamento.
Al momento dell'armistizio nel territorio della Repubblica sociale erano rimasti intrappolati 32-33 mila ebrei: poco meno di un terzo venne ucciso dai nazisti. Le vittime identificate della Shoah sono 8948, ma c'è la certezza che altre centinaia di persone siano sparite nei forni crematori. Dopo l'8 settembre 1943 i nazisti portarono avanti i primi rastrellamenti da soli: il più drammatico quello del Ghetto di Roma, con 1.020 persone catturate di cui 824 assassinate poche ore dopo l'arrivo ad Auschwitz-Birkenau. Ma già dal 3 novembre 1943 i reparti speciali delle Ss vennero affiancati dagli agenti delle questure: insieme agirono a Firenze, Genova, Bologna, Siena, Montecatini. Da dicembre tutte le operazioni passarono nelle mani dei poliziotti italiani, che per non essere inferiori all'alleato, "ripulirono" subito il ghetto di Venezia e quello di Mantova. Per gran parte del 1944 furono solo le forze dell'ordine italiane ad alimentare la macchina dello sterminio, eliminando le comunità ebraiche dell'Italia centro-settentrionale. Vennero creati 29 campi provinciali, con una struttura centrale, l'anticamera fascista dell'Olocausto: Fossoli, una serie di baracche e recinti a pochi chilometri da Carpi costruiti per custodire i prigionieri di guerra inglesi. Fossoli è rimasto totalmente sotto controllo italiano fino al febbraio 1944: non c'erano crudeltà, né fame, né malattie. Gli internati non erano obbligati al lavoro e potevano scambiare posta con l'esterno. Insomma, nulla a che vedere con le condizioni dei lager nazisti. Ma la sorte finale era la stessa. Si saliva sui treni per Auschwitz e all'arrivo chi non era giudicato utile per il lavoro veniva assassinato. «Gli italiani riempivano Fossoli, i tedeschi lo svuotavano».
E questo meccanismo è proseguito anche dopo l'insediamento a Fossoli delle Ss, che lasciarono agli agenti della questura solo la sorveglianza delle recinzioni esterne, rendendo più dure le condizioni di vita. Il primo convoglio partì il 22 febbraio 1944 con circa 640 persone: 153 furono selezionate per le fabbriche, il resto finì direttamente nelle camere a gas. Tra loro Leo Mariani, un bambino di pochi mesi: la madre venne arrestata dalla polizia nell'ospedale di Firenze dove era ricoverata in attesa del parto. Venivano da 22 città diverse - da Como a Vicenza, da Pavia a Cuneo - ed erano stati tutti arrestati da agenti e carabinieri. Da Fossoli in nove mesi sono partiti 12 treni. Quello del 5 aprile 1944, per esempio, trasportò 609 persone: solo 50 sono sopravvissute al lager. Tra quelli che non sono tornati c'erano 41 ultrasettantenni e 33 bambini: Roberto Gattegno aveva solo dieci mesi. Le liste delle persone spedite verso i forni erano scelte spesso casualmente. Ricorda Nina Neufeld Crovetti, ebrea figlia di un matrimonio misto e obbligata a fare la segretaria nel campo emiliano: «Il vicecomandante Hans Haage veniva in ufficio e diceva: "Su avanti ragazza! Si comincia di nuovo, ci sbarazziamo di un bel gruppo!". Se ne rallegrava ogni volta».
Da Fossoli partirono in 2.844, solo un decimo è sopravvissuto: tra i pochi, Primo Levi. In Italia c'erano altri due campi - quello di Bolzano e quello di San Sabba, usato anche per assassinare partigiani e oppositori politici - nelle province che erano state annesse al Reich: il Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, parte del Veneto e l'Istria. Solo da Bolzano presero la via dei lager altre 4.500 persone, altre migliaia dalla Risiera di San Sabba. Il tutto sempre con la collaborazione di italiani. I vertici di Salò trattarono la questione con la stessa freddezza burocratica dei gerarchi nazisti. Il libro si chiude con l'esposto che i familiari ariani dei deportati scrivono a Benito Mussolini: «Eccellenza, ci sono casi pietosi. Madri con bambini (fra le quali la Uggeri con una piccola di 4 anni)... donne anziane, vecchie con salute malferma... I sottoscritti vivono ore pietose, essendo privi da oltre due mesi di notizie e temono per la vita dei loro cari. Sono mariti, mogli, figli che piangono senza avere nessuna colpa». La supplica viene girata dalla segreteria particolare del Duce all'Ispettorato per la razza. La risposta del 1° marzo 1945 è raccapricciante: «Questo Ispettorato, trattandosi di misure di polizia rispetto alle quali esso ha competenza nella determinazione delle direttive di massima in collaborazione con altri dicasteri chiamati a decidere, non può avocare a sé una decisione sull'istanza degli interessati». E Liliana Picciotto conclude: «Come a dire che la macchina della persecuzione antiebraica, avviata nel 1938 dal regime fascista e radicalizzata nel 1943, non era da tempo più governabile.
Questo fatto non attenua in nulla la responsabilità che i governanti, le istituzioni, l'amministrazione, la burocrazia italiani portano pesantemente per le le sofferenze inflitte e per le migliaia di lutti provocati». In appendice al volume c'è una raccolta di testimonianze dirette. Tra tutte, la deposizione di una SS, Eugen Keller, che in un processo berlinese ha descritto il viaggio da Fossoli ad Auschwitz del 16 maggio 1944: «Cosa volesse dire Auschwitz lo seppi durante il viaggio da uno degli ebrei. Disse che Auschwitz era un campo di annientamento nel quale sarebbero stati uccisi. Dapprima non gli credetti...». Eugen Keller racconta che nel vagone sigillato una donna aveva partorito. Carolina Lombroso Calò, moglie di un eroe della resistenza, «non era fuggita dalla sua casa rifugio a Cascia di Reggello in provincia di Firenze perché non pensava che una mamma incinta con tre bambini (Elena di 6 anni, Renzo di 4, Albertino di meno di 2 anni) potesse essere arrestata. Invece i carabinieri avevano obbedito agli ordini e fermato il gruppetto». La donna e i suoi quattro bambini, incluso il neonato, furono tutti uccisi poche ore dopo l'arrivo nel lager. «Abbiamo obbedito agli ordini» è la giustificazione di tutte le Ss chiamate in causa per l'Olocausto. Ma in Germania da sessant'anni ci si interroga e ci si chiede come sia stato possibile che un popolo intero abbia partecipato al massacro. In Italia delle migliaia di ebrei consegnate nelle mani dei carnefici non si parla. Nonostante quegli ordini fossero stati emanati da Benito Mussolini, ancora oggi c'è chi ripete in modo assolutorio che «il Duce non uccise gli ebrei». Vero: si limitò a consegnarne migliaia al boia. E nel libro di Liliana Picciotto ci sono tutte le prove: un'opera definitiva, senza attenuanti

26.1.13

nel giorno della menoria ... [ il caso AUSMERZEN ]

  a  cui devo un grazie  per  avermelo ricordato

… è bene ricordare che le prove dello sterminio iniziarono con i disabili. I documenti cinematografici e d’archivio sono chiari sull’argomento: erano i “malati di mente”, gli “storpi”, tutta quella parte che risultava un problema per i principi dell’eugenetica a dover scomparire dalla faccia della terra. 





Si è scientificamente giustificato l’abominio. Ricordiamolo allora, ricordiamolo anche quando lo Stato taglia i fondi all’assistenza, umilia chi invalido lo è davvero con la caccia alle streghe dei “falsi invalidi”, colpevolizzando i disabili, rei di essere un “peso sociale” per altrettante umilianti 260,00 euro al mese, ricordiamo persino che scientifico non è sinonimo di giusto. Ancora oggi assistiamo alla demonizzazione del diverso e purtroppo a volte la Scienza scade in una complicità raccapricciante. Temiamo la banalità del male, quella del burocrate con la cravatta che pianifica, con matematica precisione, l’inaccettabile.

in tempo di crisi e di fame busa e non si vuole emigrare meglio addattarsi a tutti i tipi di lavoro anche queli per cui non abbiamo studiato la storia di La scommessa di Paolo Ladu, noto “Cipolla”: lava vewtri da 40 anni

  dala nuova  sardegna   9\1\2025  di Valeria Gianoglio Nuoro La bottega di Paolo Ladu, noto “Cipolla  "è un furgone vissuto, un ampio...