AGLIENTU Filosofare sotto l’ombrellone o all’interno di un bel chiostro è ormai una delle trovate più accattivanti per un’estate da vivere all’insegna della cultura. Un’idea che si sta facendo strada anche nell’isola e, da qualche anno, anche in Gallura, grazie all'Associazione Inshibboleth e alle amministrazioni comunali e alle agenzie culturali del territorio che hanno deciso di sostenerla. Così, tra il 10 e il 12 luglio, ad Aglientu, si terrà la prima tranche della summer school di filosofia che culminerà, pochi giorni dopo, nei seminari finali di Castelsardo. Ospiti della summer school di Aglientu saranno i filosofi Miguel Abensour, dell’Université Paris-Diderot, e Gianfranco Dalmasso, dell’Università di Bergamo. In tutto questo c’è lo zampino creativo dell’Istituto Cossu e del suo presidente Luigi Agus. «A due anni dalla fondazione dell'Istituto – dichiara Agus – e a un anno esatto dall'apertura della struttura museale di Aglientu, grazie alla fattiva collaborazione con l'amministrazione comunale passata e al contributo della presente, abbiamo potuto organizzare un evento culturale di grande portata, coinvolgendo l'Università di Sassari e la Diderot di Parigi, oltre all'Associazione Inshibboleth, che sta curando la parte della segreteria dei corsi e la logistica. È quindi giusto ringraziare l'ex sindaco dottoressa Battino e l'attuale sindaco, geometra Tirotto, per l'interesse e la fattiva collaborazione in questo e in altri progetti che vedranno il Mud'à protagonista dell'estate aglientese». Incontri e lezioni con i due filosofi si terranno, infatti, nella struttura del Mud'à. Tema della scuola di alta filosofia sarà il rapporto tra metapolitica e politica, vale a dire una riflessione sul linguaggio e le categorie che aiutano a comprendere le forme e le teorie della politica. L’11 luglio è in programma la lezione di Dalmasso, mentre il 10 e il 12 toccherà ad Abensour, specialista della scuola francofortese, in particolare di Walter Benjamin, Hannah Arendt e Levinas. Dal ’74 dirige la collana “Critique de la Politique” per l’editore Payot. (g.pu.)
Nostra patria è il mondo intero e nostra legge è la libertà
4.7.13
2.7.13
La tenera storia di un'amicizia nella Olbia degli Anni CinquantaMario e il vecchio Ugo: un furto per la sua bara.
fra le tante ovviettà e fesserie degli approffondimenti estivi dei giornali capità di leggere anche storie interessanti eccone una tratta dall'inserto estivodell'unione sarda del 2\7\2013
di Piera Serusi
Olbia. Dietro il feretro c'era lui soltanto. I quattro uomini che portavano la bara, il frate di San Simplicio, un chierichetto con la croce. E Mario, che arrancava col capo chino e le preghiere in punta di labbra.«Chi est su mortu, Marie'?», gridò un giovane seduto sulla soglia di casa al passaggio del corteo funebre più corto del mondo. «Est unu amigu meu», rispose il ragazzino.«Tando benzo eo puru». Vengo anche io, annunciò quello alzandosi e mettendosi in coda con le mani giunte. Qualche centinaio di metri, il tanto di un eterno riposo, e sulla processione si abbatteva un'altra voce: «Chi est su mortu, Marie'?». Un amico mio, ripeteva il ragazzo. E allora vengo anche io. Fu così che, lungo il tragitto verso il cimitero di Olbia, la fila dei dolenti si rimpolpò e Mario Pischedda riuscì a fare un funerale degno di questo nome per il suo amico Ugo, l'uomo senza un passato.
«Di lui non sapevo niente, a parte il nome. Gli facevo molte domande, mi rispondeva: “Io sono la nullità che sta in questo mondo”. Però mi raccontava tante storie: della guerra, di grandi personaggi, di terre lontane. La nostra è stata un'amicizia durata solo un anno e mezzo, ma quanto mi ha dato...». Mario ha 68 anni, due figli e decine di canzoni registrate alla Siae. Scrive i testi per Pino d'Olbia, il Luciano Tajoli della Gallura, e suona nella band “Isola” con serate in Costa Smeralda e nei circoli dei sardi di mezzo mondo. La vita che sognava quel ragazzino con le scarpe rotte e un amico da accompagnare all'ultima stazione.Questa è una storia che sembra uscita da un racconto di Mark Twain. Una storia d'amicizia e di formazione, cuore e poesia, polvere e fame. Olbia, 1957. Mario Pischedda aveva 12 anni, tre fratelli, la quinta elementare e due lavori coi quali riusciva a portare a casa un po' di soldi per tirare avanti. Era diventato il capofamiglia dopo la morte del padre Francesco, agricoltore che curava i campi di grano. Il lutto portò via il babbo, il pane e il denaro, e così c'era da rimboccarsi le maniche per aiutare mamma Michelina a non lasciarsi piegare dalla disperazione. «Guadagnavo anche 70 lire raccogliendo sacchi di scarti di carbone da consegnare ai fabbri - racconta -. E in più, ogni santo giorno pulivo i gabinetti della nave “Lazio”: mi davano 50 lire più venti brioche».Erano i tempi della fame più nera, quelli. Non sarà mica a caso se la storia di una grande amicizia è cominciata con il profumo di un panino alla mortadella. «Io quell'uomo non l'avevo mai visto. Un giorno arrivò e occupò una stamberga in fondo alla via, poco distante dalla mia casa. Lo incontrai la prima volta mentre stava seduto su un gradino davanti all'uscio, tra le mani una grande pagnotta. Che fame. “Tieni appetito, eh?”, mi chiese. Aveva il viso di un vecchio, o perlomeno così sembrava a me che ero un bambino. Non era sardo; anni dopo ho ricondotto il suo accento alla parlata abruzzese. Non risposi né sì né no, feci spallucce. “Fame tieni tu, e fame tengo io”, disse lui mentre spezzava il panino in due. Aveva condiviso con me l'unico pasto di quella giornata. “Mi chiamo Mario e tu?”. Ugo, rispose. Non ho mai saputo nulla di più sul suo conto. Ma quel giorno ho conosciuto l'amico che mi ha spiegato il senso della vita e della morte. L'amico che, senza saperlo, mi ha aiutato a diventare un uomo».Ugo viveva nella casupola senza tetto, arredata con un letto di cartone e un focolare al centro della stanza. «Ogni mattina, prima di andare al porto per pulire i gabinetti del traghetto, passavo a trovarlo e lui mi preparava un caffè di cicoria e liquirizia, come quello dei tempi della guerra». E raccontava le storie, l'epopea dei grandi condottieri e le imprese dei campioni dello sport.Poi, un giorno, poco più di un anno dopo. «Un'alba di aprile. Lo trovai disteso sul suo letto di cartone. Era morto per il freddo. Cosa potevo fare, adesso, per lui? Un funerale, pensai, un bel funerale. Ugo aveva soltanto me al mondo. Andai da tziu Pippinu, il falegname. Me la fate una bara?, gli domandai. “Una bara? E dinare ne hai?”, mi chiese».Dinare? Accadde così che Mario Pischedda rubò per la prima e ultima volta in vita sua. «Presi 500 lire che stavano sul comò di mia mamma e tornai dal falegname. Vi bastano? chiesi. “Devo misurare il morto per vedere se è corto o lungo”, disse tziu Pippinu». Andarono alla baracca, presero le misure di Ugo e alla fine il baule di tavole venne fatto.E chi lo porta il morto?, gli domandò il vecchio vicino di casa zoppo che si era affacciato dentro la casupola mentre Mario, aiutato da tziu Pippinu, ricomponeva il defunto nella bara. Già, adesso bisognava organizzare il funerale. Il ragazzo corse in strada, bussò a un paio di porte e chiese aiuto a due giovani passanti. Quattro uomini. Se soltanto avessero accettato. «La portate una bara in spalla fino al cimitero?». Come no, fu la risposta, dacci solo l'orario. Mario volò in parrocchia, suonò al campanello della canonica e spiegò al frate affacciato sull'uscio che l'anima dell'amico era volata in cielo e che occorreva il viatico di una benedizione.Il funerale venne fissato per l'indomani, nel primo pomeriggio. Sotto un pallido sole di primavera, la bara di ruvido legno coi chiodi a vista sfilò - portata in spalla da quattro uomini - nelle vie quasi deserte. Davanti al feretro, il frate e il chierichetto. Dietro, Mario soltanto. «Chi est su mortu, Marie'?». Era un amico mio.
1.7.13
29.6.13
Rino Gaetano ucciso dalla massoneria deviata ? intervista a Bruno Mautone autore di " Rino Gaetano la tragica scomparsa di un eroe "
potrebbe interessare anteprima ( introduzione e primo capitolo del libro )
E'uscito in questi giorni " Rino Gaetano, assassinio di un cantautore la Tragica Scomparsa Di Un Eroe" un libro sulla morte di Rino Gaetano . Esso sarà in data 13 luglio 2013 alle ore 19'30 presentato presso Il Municipio Del Comune Di Agropoli . Un libro che analizzato i testi specialmente quelli più sarcastici e più ironici di Rino ipotizzando che la sua morte sia un omicidio da parte della massoneria . Infatti in concomitanza con l'uscita del libro sara' presentato un esposto alla Procura Della Repubblica per l'apertura di un fascicolo correlato alla morte del Cantautore dall'avvocato Bruno Mautone con allegato il libro
E’ lo stesso autore su http://www.blogtaormina.it/ in particolare qui a spiegare brevemente le
ragioni di questa teoria, secondo la quale il suo assassinio venne organizzato da una loggia massonica deviata.
ragioni di questa teoria, secondo la quale il suo assassinio venne organizzato da una loggia massonica deviata.
«Quella notte» ha spiegato Mautone «Rino Gaetano aveva un appuntamento con la morte. Il cantautore è stato ucciso».Il cantautore avrebbe pagato con la perdita della propria vita l’esser venuto a conoscenza di diversi misteri della cronaca di quell’epoca: dal caso Sindona allo scandalo Lockeed alla morte di Enrico Mattei e sarebbe stato assassinato in quanto possibile “testimone scomodo” che avrebbe potuto rivelare da un momento all’altro, segreti che dovevano rimanere nascosti.Alla base della teoria ci sarebbero alcune strane coincidenze collegate all’incidente: «Ben cinque ospedali romani interpretarono non sufficientemente la gravità delle ferite riportate da Gaetano. – ha denunciato ancora Mautone – nonostante un gravissimo trauma cranico, il cantautore è stato praticamente lasciato morire. Tutto questo proprio il 2 giugno, festa della Repubblica. Un caso? Provate a leggere attentamente i testi delle canzoni di Rino Gaetano, e capirete che la sua morte, alla fine, non è stata una tragica fatalità».
Ora è vero che Rino con la sua ironia aveva anticipato molte cose degli anni avvenire fra cui anche se circostanze in cui sarebbe morto vedere la canzone qui sotto
Il mio giudizio parziale , da lettura del primo capitolo e dell'introduzione che trovate qui e nell'url in cima al post corrisponde più o meno a questa affermazione di
Eugenio Fatone Alessandra Lorenzini 29 giugno 2013 07:06
Volendo porre un appunto' di cio' che è ed è stato Rino ...si puo' definire uno dei piu' celebri cantautori; dotato di particolare presenza scenica (basta riguardare l'interpretazione di Gianna) e di una buona dose di ironia. Musicalmente l'attivita' svolta in un arco temporale breve ma intenso, ha suscitato polemiche , diffidenze e ...dubbi tanto da essere definito UN ARTISTA SCOMODO sotto alcuni punti di vista. Certo che la sua produzione discografica, la sua attivita' concertistica, i suoi interessi durante il periodo storico il quale egli inizio' la sua carriere canora possono apparire come una PROTESTA attraverso l'espressione musicale ispirata da quella che è l'Italia diventando ben presto un icona. La sua figura nell'immaginario collettivo, ben presto si distacca dal Solito Cantautore. La Sua Tragica Scomparsa avvenuta in circostanze mai completamente chiarite, sembra essere stata volutamente oscurata nel corso degli anni. Oggi a distanza di 32 anni si è ulteriormente intensificato un fenomeno gia' largamente in auge quando egli era ancora in vita, poichè il cantautore è diventato un vero e proprio oggetto di culto e venerazione per molti che oggi lo riscoprono. L'autore Bruno Mautone partendo dai numerosi testi e senza censure ,distinguendosi da biografie varie Consacra il Mito di Rino e pone interrogativi per cui pare Rino gia' aveva dato delle risposte ma da li a dire
Ora se ci si basa solo ( cosi mi sembra dalla lettura del primo capitolo e dall'introduzione al libro che trovate nei link riportati ) con i testi delle canzoni e nessun documento tipo : testimonianze in merito a simpatie o iscrizione di Rino alla massoneria o altri riguardanti la notte dell'incidente ( verbale dei carabinieri , autopsia , referti medici , fogli degli ospedali , testimonianze dei barellieri , autisti delle ambulanze , ecc ) potrebbe essere solo una trovata promozionale per il libro . Comunque appassionato sia di noir , complotti e misteri , oltre che
Rino e cantautori degli anni 60\70 ( ma non solo ) ho deciso di vederci chiaro ed intervistare l'autore del libro foto a destra ) e da tale intervista credo ( € permettendo ) che lo comprerò.
1) oltre all'analisi dei testi delle canzoni ci sono altri elementi ( testimonianze , referti medici , ecc ) che fanno supporre che Rino sia stato ucciso ?
altre coincidenze sulla morte di Rino oltre quelle citate nelle interviste da te rilasciate ?
Ci sono diversi elementi ulteriori e diversi, che si ricavano dalle modalità del sinistro, dalla stessa data del sinistro, e da tutte una serie di anomalie che riguardano l'ultima notte di Rino Gaetano e tutta una serie di incongruenze che sono legate al sinistro stradale, alle richieste di soccorso, al prelievo e trasporto in ospedale, alle cure somministrate.
ho contattato amici stretti del cantautore e condividono talune mie impostazioni. non sono più aprioristicamente, tali amici, contrari alla idea che Rino venne ucciso.
3) Come mai è poco nota l'adesione di Rino alla massoneria ? censura ( o pressioni da parte della famiglia verso i media ) o tabù ?
Rino e cantautori degli anni 60\70 ( ma non solo ) ho deciso di vederci chiaro ed intervistare l'autore del libro foto a destra ) e da tale intervista credo ( € permettendo ) che lo comprerò.
1) oltre all'analisi dei testi delle canzoni ci sono altri elementi ( testimonianze , referti medici , ecc ) che fanno supporre che Rino sia stato ucciso ?
altre coincidenze sulla morte di Rino oltre quelle citate nelle interviste da te rilasciate ?
Ci sono diversi elementi ulteriori e diversi, che si ricavano dalle modalità del sinistro, dalla stessa data del sinistro, e da tutte una serie di anomalie che riguardano l'ultima notte di Rino Gaetano e tutta una serie di incongruenze che sono legate al sinistro stradale, alle richieste di soccorso, al prelievo e trasporto in ospedale, alle cure somministrate.
ho contattato amici stretti del cantautore e condividono talune mie impostazioni. non sono più aprioristicamente, tali amici, contrari alla idea che Rino venne ucciso.
2) che tipo d'anomalie e di incongruenze ?
sugli orari, sulla congruenza, sulla funzionalità. Rino Gaetano era un generoso, aderisce alla massoneria per la sua innata e curiosa intelligenza, del resto ambienti legati alla loggia lo"iniziano" capendone la genialità autentica che pervade la sua persona e la sua arte. Rino Gaetano progressivamente si rende conto di essere capitato in un consesso riservato, potentissimo, nel quale si custodiscono e celano inquietanti risvolti di tanti fatti drammatici e\o scandalosi della recente storia italiana. La sua onestà intellettuale lo porta ad allontanarsi e a rivelare tra le righe fatti e notizie appresi in via riservata. sa di correre dei rischi, per il distacco e per la sottile opera di"svelare" fatti destinati a rimanere nell'oblio
3) Come mai è poco nota l'adesione di Rino alla massoneria ? censura ( o pressioni da parte della famiglia verso i media ) o tabù ?
Rino Gaetano era un generoso, aderisce alla massoneria per la sua innata e curiosa intelligenza, del resto ambienti legati alla loggia lo"iniziano" capendone la genialità autentica che pervade la sua persona e la sua arte. Rino Gaetano progressivamente si rende conto di essere capitato in un consesso riservato, potentissimo, nel quale si custodiscono e celano inquietanti risvolti di tanti fatti drammatici e\o scandalosi della recente storia italiana. La sua onestà intellettuale lo porta ad allontanarsi e a rivelare tra le righe fatti e notizie appresi in via riservata. sa di correre dei rischi, per il distacco e per la sottile opera di"svelare" fatti destinati a rimanere nell'oblio .nelle sue canzoni in più occasioni parla di vincoli e mancanza di libertà in altre addirittura preannuncia la morte, sa che aver compiuto una sorta di ripudio o comunque di distacco dal consesso esoterico in cui si è ritrovato è pericoloso.chiaramente le persone e gli amici cari ove mai venivano coinvolti o semplicemente resi edotti correvano rischi gravi e la generosità di Rino li esclude da tali potenziali pericoli.
4)) hai trovato qualche testimonianza o "documento" che attesta l'iscrizione di Rino alla massoneria o è una semplice deduzione dai testi delle canzoni ?
documento sulla iscrizione non c'è. Fermo restando che la consorteria riservata in cui si è ritrovato Rino, aveva sede a Roma, era caratterizzata dalla presenza di uomini di spettacolo, politici ed esponenti legati ai servizi c.d. segreti. in tale ambito e solo in tale ambito piò aver appreso notizie "riservare" se non segrete che poi ha il coraggio di svelare. Non si può escludere che le pesone care (la sorella Anna) giustamente non dicano nulla per preservare serenità dei familiari (figli) sappiano qualcosa. Ti ripeto parlando con persone vicine all'artista si confermano circostanze che avvalorano quanto da me sostenuto moltissimi elementi nelle canzoni non una singola canzone, praticamente quasi tutte di Rino conducono alla massoneria
5) ) in che modo , se c'è stata , hanno influenzato sulla tua scelta di scrivere il libro e quindi sul'esposto alla magistratura , le teorie visto che sono anni che se ne parla , della uccisione di rino da parte della massoneria ?se ne parla da anni, ma l'assoluta novità del libro è quella di mettere in evidenza parola chiave di tante canzoni di Rino Gaetano e che portano ad illustrare e svelare la reale dinamica dei fatti più bui e brutti della storia contemporanea italia. tornando al discorso del consesso esoterico cui è approdato Rino una circostanza emerge in modo lampante, è una conserteria di ispirazione rosacrociana, poichè l'artista in maniera quasi maniacale ha modo di nominare il fiore coi petali in più occasioni e ijn più canzoni. secondo Paolo Franceschetti la loggia assassina di Rino Gaetano è l'ordine della rosa rossa e della croce d'oro.tuttavia nel mio libro per la prima volta si esaminano i testi delle canzoni di Rino (praticamente tutte le canzoni degli album) ed emerge l'incredibile coraggio di Rino Gaetano. Non canzoni demenziali e giochi di parole fini a se stessi, tra le righe fa riferimenti ai richiamati fatti della storia italiana, rilevandone aspetti destinati a rimanere segreti, allarmando moltissimo centri di potere.
6-7) se dovessero accettare il tuo esposto oltre le interpretazioni dei testi ha qualche asso nella manica se ti chiamassero a dibattimento o a un processo ?
vista l'importanza dell'argomento hai pensato di proporre questo tuo lavoro alle grandi case editrici ? oppure lo hai fatto e ti è successo come il libro il tonto di Aldo ricci che ha dovuto aspettare anni per trovare una casa editrice che non subisse le pressioni della lpobby di lotta continua ed una volta fallita ( secondo me da una chiaccherata con l' autore fatta fallire dai lobbysti in questione ) si è dovuto riacquistare i diritti sulle copie ancora disponibili e se li sta rivendendo ( ora non so se le ha finite tutte perchè sono d''anni che non lo sento )
inoltre, ribadisco, infarcisce le sue canzoni con fatti,, accadimenti e persone riconducibili al mondo massonico. questo indugiare su fatti e\o personaggi del mondo massonico è un altro modo per sottolineare la sua appartenenza al mondo stesso. Più avanti si va con gli anni, più le espressioni di ripulsa e di distacco diventano marcate nella opera artistica del cantautore di Crotone.oltretutto tali riferimenti e richiami vengono fatti in modo improvviso quanto geniale, quasi fuori contesto nelle singole composizioni gaetane ciò dimostra la deliberata intenzione dell'artista di portare l'attenzione dell'ascoltatore al mondo di un consesso esoterico.la magistratura nonostante cinque ospedali, ripeto cinque ospedali, non abbiano curato in modo efficace e idoneo il cantautore , non risulta non aver mai preso alcun provvedimento se non addirittura avere preso una Nunziatina giudiziaria sull'accadimento. deve recuperare tutti gli incartamenti possibili, ove esistenti ed interrogare le persone che a vario titolo furono coinvolte. Ciò necessariamente deve presupporre una nuova inchiesta, ed appurare se in tali fatti vi sia stato del dolo, in questo caso il delitto non è prescritto. perché il san Giovanni, il San Camillo, il San Filippo Neri, il nosocomio della Garbatella non ritennero di fornire le giuste cure al degente, anzi le rifiutarono??? perché venne portato ad un ospedale (policlinico) ove il centro di traumatologia non funzionava?? gli orari e la identità di chi chiamò i soccorsi ogni eventuale verifica sui mezzi. se ciò non venne fatto è una ulteriore circostanza per ...salvare il salvabile cioè recuperare ogni elemento utile, a distanza di tanti anni per fare chiarezza.Si ho pensato di proporre il libro a grandi case editrici ma rispondono che vogliono un "riassunto" e che poi si riservano di rispondere. E' assurdo il modo di fare delle c.d. case editrici grandi ove, peraltro, il ruolo di fratelli massoni è potentissimo. nonostante ciò Giuseppe il mio libro, nonostante non uscito ancora, ha avuto un riscontro grandissimo, con oltre 200 articoli dedicati, e con giornalisti , anche di testate importanti che mi contattano in via sistematica.il clamore che il libro sta avendo mi ha sorpreso e però mi fa piacere. se i riscontri tangibili vi saranno sarà pure una ideale vendetta nei confronti delle paludate grandi case editrici.
8) d'appassionato di Rino che ne pensi delle dichiarazioni di Antonello Venditti riguardo alla sua dipendenza di Rino dalla cocaina ? pubblicità ( anche male basta che si parli di me ) o verità ?
Le affermazioni di Antonello Venditti sono state ingigantite. in fondo Venditti poi ha precisato che nel mondo della canzone, e dell'arte in genere, circola molto alcol e molta droga, non che Rino Gaetano fosse un alcolizzato o un drogato. infatti la querela di Anna Gaetano , sorella di Rino, non sortì effetto poichè le frasi di Venditti erano state fraintese e ingigantite in sede di cronaca e commento.
Non so più che altro chiederli . E per evitare che di togliere a chi mi legge la voglia di comprarsi il libro , indipendentemente che sia fans o meno di Rino Gaetano , mi fermo qui
quando il lasciarsi morire o continuare a vivere con sofferenza è gioia . il caso di anziana di treviso che rinuncia al trapianto di rene e muore: "datelo a chi è più giovane di me"
Da sedici lunghi anni era costretta a sottoporsi a dialisi tre volte alla settimana. Poi, dopo una lunga battaglia e dopo aver resistito così a lungo, era giunto il momento che tanto aspettava, quello del trapianto di rene. Rina Zanibellato, 79enne di Paderno in provincia di Treviso, ha però deciso di rinunciare: “No, datelo a chi è più giovane di me, io la mia vita l’ho fatta”, ha detto al marito, al figlio e ai parenti, lasciando tutti a bocca aperta. Un incredibile gesto di generosità e di sacrificio, fatto per permettere che a ricevere il rene della salvezza fosse un giovane, uno dei tanti ragazzi che aveva incontrato negli anni di dialisi.Alla proposta di sottoporsi al tanto atteso trapianto, quindi, la signora ha risposto di no e ha continuato, senza mai lamentarsi, con la dialisi che faceva ormai da oltre quindici anni. Ha continuato fino a ieri, quando si è spenta nel reparto di Nefrologia dell’ospedale Ca’ Foncello. Non è la prima volta che assistiamo a gesti straordinari come questo: nel gennaio di quest’anno era stato Walter Bevilacqua, pastore della Val d'Ossola di 68 anni, a morire dopo aver rinunciato al trapianto di rene.“Sono solo, non ho famiglia. Lascio il mio posto a chi ha più bisogno di me. A chi ha figli e ha più diritto di vivere", aveva confessato al parroco poco tempo prima. L’uomo è poi deceduto durante la dialisi a cui si sottoponeva ogni settimana all’ospedale San Biagio di Domodossola. "Era proprio come lo descrivono: altruista, semplice, un gran lavoratore. – ha raccontato una delle sorelle, Iside - Sapeva che un trapianto lo avrebbe aiutato a tirare avanti, ma si sentiva in un’età nella quale poteva farne a meno. E pensava che quel rene frutto di una donazione servisse più ad altri". Era stato il parroco del paese, don Fausto Frigerio, a conoscere le intenzioni di Walter Bevilacqua, il quale si era confidato con lui tempo prima: "Me l’aveva detto durante una chiacchierata. So che l’aveva confidato anche a un conoscente con cui si trovava in ospedale per le terapie”.
Di lui scrisse su L’Espresso anche Roberto Saviano: “Il suo gesto l'ho voluto leggere così: mentre tutti cercano di codificare il bene per il bambino, il bene per la famiglia, c'è stato un pastore che si è fatto da parte senza neanche sapere a chi andassero i reni che erano per lui. Si è fatto da parte e basta in nome della vita. Non la sua, quella di bambini che non conosce e non vedrà e che non sapranno mai chi ha permesso al loro padre o alla loro madre di vivere”.
maturità speciali: a Cagliari 23enne Rom A Olbia 19enne affetto da sindrome down
leggo sull'unione sarda dei giorni scorsi ( mi pare del 28 giugno )
di Due maturità speciali , concordo con il giornale , perché , almeno da quel che ho modo div vedere e sentire qui in sardegna ed da esperienza diretta ( la figlia di una parente di mia madre è down e mia madre ha avuto dei ragazzi con problemi in classe ) di down che hanno fatto le superiori ne ho , magari ci sono negli ultimi anni , almeno finchè ho studiato a scuola e pi all'università , mai visto.
EDOARDO CAPUANO DAVANTI ALLA COMMISSIONE |
di Due maturità speciali , concordo con il giornale , perché , almeno da quel che ho modo div vedere e sentire qui in sardegna ed da esperienza diretta ( la figlia di una parente di mia madre è down e mia madre ha avuto dei ragazzi con problemi in classe ) di down che hanno fatto le superiori ne ho , magari ci sono negli ultimi anni , almeno finchè ho studiato a scuola e pi all'università , mai visto.
dall'unione : << A Olbia è toccato a Edoardo, 19 anni, ( foto sopra ) affetto da sindrome di down. Ieri ha sostenuto la prova orale al liceo scientifico Mossa. A Cagliari a breve toccherà a una ragazza-madre di etnia rom. >> Sempre per esperienza personale conoscenti fra i rom ,e dati statistici generalmente il livello d'istruzione fra i rom non arriva alla scuola dell'obbligo .
Sono due storie speciali quelle con cui si sono misurati i commissari degli esami di maturità. Hanno in comune grinta, determinazione ed entusiasmo. Il protagonista della prima è Edoardo Capuano, 19 anni. E' nato con un cromosoma di più. Ieri ha raggiunto un obiettivo che non è comune tra i ragazzi come lui. Ha sostenuto la prova orale dell'esame di maturità al liceo scientifico "Mossa" a Olbia. E' già promosso, dice la somma tra le prove già sostenute.
Deve ancora sostenere il colloquio orale, invece, a Cagliari, Elisabetta Sulejmanovic, 23 anni. E' una ragazza-madre. E' la prima giovane Rom a conseguire la maturità in città. "Dovrebbe essere addirittura la prima in Sardegna", dice Gianni Loy, presidente della Fondazione Anna Ruggiu.
Sono due storie speciali quelle con cui si sono misurati i commissari degli esami di maturità. Hanno in comune grinta, determinazione ed entusiasmo. Il protagonista della prima è Edoardo Capuano, 19 anni. E' nato con un cromosoma di più. Ieri ha raggiunto un obiettivo che non è comune tra i ragazzi come lui. Ha sostenuto la prova orale dell'esame di maturità al liceo scientifico "Mossa" a Olbia. E' già promosso, dice la somma tra le prove già sostenute.
Deve ancora sostenere il colloquio orale, invece, a Cagliari, Elisabetta Sulejmanovic, 23 anni. E' una ragazza-madre. E' la prima giovane Rom a conseguire la maturità in città. "Dovrebbe essere addirittura la prima in Sardegna", dice Gianni Loy, presidente della Fondazione Anna Ruggiu.
Iniziamo dalla prima storia
OLBIA. La prova ieri allo Scientifico Mossa, ora l'obiettivo è iscriversi all'Università
L'esame speciale di Edoardo
Liceo a pieni voti: oltre il muro della sindrome di down
Ieri mattina ha affrontato la commissione per primo, forte di ottimi voti agli scritti e dei crediti: la sindrome di down non ha fermato Edoardo.
Un cromosoma in più, neppure una chance in meno. Non una scuola tanto per tenere impegnato il tempo, non uno sport fatto per finta, non una notte in discoteca negata. Sandra Varrucciu, mamma di tre figli, ha dettato la linea da subito, da quando il suo primogenito - nato con una sindrome di down - aveva pochi mesi. E ieri Edoardo Capuano, 19 anni, ha raggiunto un traguardo raro per quelli come lui: ha sostenuto l'esame orale della maturità scientifica al liceo Mossa di Olbia. Una maturità e un programma speciale per un ragazzo con esigenze speciali: Edoardo, in base ai crediti e agli scritti è già promosso e ci sono le basi perché il suo sia uno dei voti più brillanti di quest'anno.
LA STORIA Dietro questa storia c'è una famiglia speciale. Sandra, suo marito Clemente Capuano, Edoardo, l'inseparabile fratello Riccardo, un anno più piccolo, giovane promessa dell'Olbia calcio e Simone, il piccolo di casa. Tutti al liceo, ieri mattina, a sostenere Edo . «Non ho mai avuto problemi con il bambino, - racconta la mamma - solo con le strutture, con la gente. Con quelli che pensano che sei esagerata ad avere certi obiettivi. Io non ho mai visto Edoardo come un diversamente abile, non l'ho mai trattato come tale. Ho preteso che fin dalla scuola materna facesse le stesse cose degli altri. Certo, con i suoi tempi. Non ci si può alzare? Anche lui deve stare seduto, senza trattamenti privilegiati. C'è un lavoretto di manualità e si devono usare le forbici? Anche lui deve farlo. Arriva un po' più tardi degli altri, ma arriva. Una volta, erano alle elementari, hanno chiesto a Riccardo ma tuo fratello è malato? e lui no, non ha la febbre . Per noi è malato chi ha la febbre».
L'ESAME Edoardo era il primo della sua classe, la V C, ieri mattina, ad affrontare la commissione. È arrivato presto, prima delle otto, per stare con i suoi compagni. Poi è entrato, accompagnato dall'insegnante di sostegno Alessandra Bonelli, e dall'incoraggiamento di un'intera scuola. Sullo schermo scorrono le immagini del cortometraggio sui 150 anni dell'Unità, un progetto che ha visto Edoardo tra i protagonisti. È il lancio per parlare di Garibaldi e del Risorgimento. Per la fisica, il tema è l'elettricità, si usa un gioco didattico. «Edoardo ha un piano personalizzato, ciò significa che ha i suoi obiettivi», spiega Alessandra Bonelli: «Ha frequentato la scuola regolarmente, tutti i giorni, dalla prima all'ultima ora, ha studiato gli stessi argomenti dei suoi compagni, ma con un linguaggio semplificato».
VITA QUOTIDIANA «Non ho mai detto ad Edoardo, no, questo tu non lo puoi fare . - racconta Sandra Varrucciu - Ho sempre detto, in tutte le cose, proviamo perchè ce la possiamo fare . Ad iniziare dalla scuola. Lui, fin da bambino aveva scelto il liceo scientifico ed eccoci qua, malgrado le tante perplessità della gente che magari pensa che quelli come lui a scuola debbano stare parcheggiati». Edoardo sa cos'è la sindrome di down. «Il professor Albertini, che lo segue a Roma, raccomanda sempre di spiegare ai bambini questa loro caratteristica perché prima o poi lo leggono negli occhi della gente e subentrano i problemi. Edo è molto agevolato dall'avere un fratello quasi coetaneo, nella stessa scuola. Esce, va in pizzeria, in discoteca, vanno dappertutto insieme. Ora vorrebbe fare l'Università ma non ce la sentiamo di mandarlo da solo in un'altra città. I ragazzi come lui sono troppo fiduciosi e possono correre qualche rischio. Quindi si prenderà un anno sabbatico, continuerà a fare teatro e poi vedrà se iscriversi insieme al fratello. Per lui sogno una vita serena, magari con una compagna».
LA SCUOLA Ottocento ragazzi e mai un gesto sbagliato. La mamma racconta così l'accoglienza del liceo Mossa. «Quando è arrivato Edoardo ero dirigente da appena un anno - racconta Luigi Antolini - e lui era il primo ragazzo con sindrome di down ad affrontare un percorso liceale qui ad Olbia. È stata una bella sfida ma abbiano fortemente creduto che anche un liceo possa e debba essere una scuola di inclusione mantenendo i suoi obiettivi di formazione. È stato possibile grazie a un lavoro di squadra e alla collaborazione con la famiglia. Edoardo ci ha insegnato tanto».
IL FUTURO «Ho voluto raccontare la storia di Edoardo per incoraggiare altre mamme», conclude Sandra Varrucciu: «Ne incontro tante, spaventate, con i bambini piccoli, non sanno che futuro li aspetta. Io dico che non è difficile se pensi di avere a che fare con un bimbo qualsiasi». Perchè in fondo, ogni figlio è una sfida diversa.
Caterina De Roberto
CAGLIARI. Consegnata una borsa di studio a sei brillanti studenti della stessa etnia
Elisabetta, la ragazza Rom si diploma
Elisabetta Sulejmanovic, 23 anni, è una ragazza-madre di etnia Rom che sta per coronare il suo sogno più grande: conseguire il diploma. Il traguardo è vicino, manca solo l'orale, dopodiché sarà la prima diplomata Rom cagliaritana. Una bella soddisfazione. Dal 19 giugno è impegnata nell'esame di stato insieme ad altri seimila studenti del capoluogo. «Dovrebbe essere addirittura la prima in Sardegna», riferisce Gianni Loy, presidente della Fondazione Anna Ruggiu, dal 2001 in prima linea per difendere i Rom dalle discriminazioni e sostenerli nel percorso di studio. Elisabetta ha scelto l'istituto professionale Pertini di via Vesalio, indirizzo Servizi sociali. «Ha frequentato da noi il triennio», riferisce la vicepreside, Lucia Usai, «poi è stata costretta a mollare per motivi personali. Ora sta concludendo da privatista. Le tre prove scritte dovrebbero essere andate bene, credo che sarà promossa». La comunità Rom incrocia le dita. Al Pertini tifano per lei e il 3 luglio, giorno dell'orale, la giovane sarà festeggiata dai compagni. Elisabetta rappresenta l'eccellenza ma non è l'unica Rom che si è distinta negli studi.
ECCELLENZE ROM Ieri l'aula consiliare del Municipio di via Roma ha ospitato la cerimonia di premiazione di altri 6 ragazzi che hanno brillato. Iniziativa della Fondazione Ruggiu culminata, per l'undicesimo anno consecutivo, nel conferimento di borse di studio da mille euro ai più meritevoli. Gli onori di casa sono stati fatti dal presidente del Consiglio comunale, Ninni Depau, affiancato dall'assessore alle Politiche sociali, Susanna Orrù, e dal presidente della fondazione, Gianni Loy.
Significativa la presenza del Garante provinciale per l'infanzia Gian Luigi Ferrero (ex giudice del Tribunale per i minori) e della presidente del Comitato Unicef di Cagliari, Rosella Onnis. In un clima di festa sono stati premiati cinque dei sei alunni (mancava Susanna Halilovic, dell'alberghiero Gramsci di Monserrato). Ecco i nomi: Cristian Milanovic di Porto Torres (iscritto al Nautico, promosso a pieni voti al secondo anno), Sanela Majanovic di Pabillonis (della scuola per ragionieri Michelangelo di Guspini), Merfina Selimovic e Teresa Sulejmanovic (studentesse del Gramsci di Monserrato) e Milena Dragutinovic, le cui lodi sono state tessute dalla docente Rosalba Cocco, vicepreside del Liceo delle scienze umane “Tommaseo” di Cagliari.
IL DIPLOMA E LA MARINA Grande emozione in aula quando la docente del Nautico di Porto Torres, Maria Antonietta Cesaracci, ha raccontato la storia del suo alunno Cristian. «Vive in un appartamento perché la sua famiglia ha scelto di non stare nel campo Rom. Ma tutti i suoi familiari e amici vivono ancora lì. Per lui è un periodo drammatico perché il padre ha un tumore e gli hanno dato pochi mesi di vita». Ma Cristian è coraggioso e tiene duro. Ha due grandi obiettivi nella vita: diplomarsi e compiere diciotto anni per acquisire la cittadinanza italiana. Cosa farà dopo? Si arruolerà in Marina per difendere la bandiera del suo paese, l'Italia. Se non è integrazione questa.
Paolo Loche
28.6.13
Una neurologa sarda in piazza Taksim "Vi racconto la guerra civile di Istanbul"
Luigi Almiento
Una neurologa sarda in piazza Taksim
"Vi racconto la guerra civile di Istanbul"
Una neurologa sarda, a Istanbul per un congresso internazionale sulla sclerosi multipla, è rimasta coinvolta negli scontri di piazza Taksim. Sull'Unione Sarda del 26\6\2013 la sua testimonianza.
Grabriella Spinici, 56 anni, medico del Centro sclerosi multipla del Binaghi di Cagliari, originaria di Aggius, patisce le conseguenze degli scontri di Istanbul. E' stata raggiunta da un lacrimogeno mentre si trovava per strada, vicino al suo albergo, a pochi passi da piazza Taksim, epicentro della protesta.
"Io qui mi posso curare - dice, ormai a Cagliari - non credo invece che a quei giovani turchi il governo riconosca gli stessi diritti: chi chiede assistenza in un pronto soccorso è subito identificato dai poliziotti che presidiano gli ospedali, e poi passa guai".
Gabriella Spinici partecipava a un congresso medico internazionale «Con i telefonini filmavamo la repressione e i militari ci hanno lanciato un lacrimogeno». Lunghe terapie per lesione a una cornea e bronchite.
«Ho visto giovani tranquilli e con le facce pulite che manifestavano in piazza Taksim sorridendo ai turisti, invitandoli ad applaudire con loro per chiedere che Gezi Park, il grande parco di Istanbul, non fosse raso al suolo. Poi ho visto quelle stesse facce contorcersi per la sofferenza, ho visto quei ragazzi vomitare, con gli occhi rossi e il respiro affannoso, dopo che i militari diciottenni, immagino di leva, li avevano bersagliati con i lacrimogeni: giovani contro giovani. Con i telefonini stavamo filmando i soldati, che hanno ricambiato con un lacrimogeno tutto per noi».
Dopo molti giorni la dottoressa Gabriella Spinici, 56 anni, di Aggius, medico del Centro sclerosi multipla all'ospedale “Binaghi” di Cagliari, ha concluso le terapie di antibiotici, fluidificanti, antidolorifici e colliri. La lesione a una cornea, accompagnata da congiuntivite, sembra essere guarita e l'irritazione bronchiale da intossicazione è assai migliorata, però questa intervista richiederebbe uno spazio ben maggiore, se riportasse anche i continui colpi di tosse che l'hanno accompagnata. «Ma io qui mi posso curare, infatti sto molto meglio e presto sarò del tutto guarita. Non credo, invece, che a quei giovani il governo turco riconosca gli stessi diritti: chi chiede assistenza in un pronto soccorso è subito identificato dai poliziotti che presidiano gli ospedali, e poi passa guai».
Ci racconti com'è andata.
«Ero con altri colleghi a Istanbul per un congresso internazionale per neurologi che curano la sclerosi multipla. Avevamo l'albergo vicino a piazza Taksim, il centro degli scontri. Quella dei contestatori era una protesta quasi festosa: applausi, cortei in auto accompagnati dal suono dei clacson. Poi, all'improvviso, sembrava di essere in guerra».
È iniziato il lancio dei lacrimogeni.
«Non solo, perché hanno azionato gli idranti montati sui mezzi blindati. Leggo su siti Internet di tutto il mondo che l'acqua, secondo alcuni, sarebbe stata mista a sostanze urticanti».
Si legge anche che i lacrimogeni non fossero, per così dire, “normali”.
«Posso solo sospettarlo, ma non affermarlo. Quel che posso dire con certezza, invece, è che i lacrimogeni sono sempre e comunque armi chimiche: provocano stati di malattia, per quanto transitori, anche piuttosto gravi. È paradossale: le convenzioni internazionali non consentono l'uso di armi chimiche in guerra, ma è ammesso il loro utilizzo nelle operazioni di ordine pubblico. Il lacrimogeno, in quanto arma chimica, dovrebbe essere vietato, invece lo utilizzano gli Stati. Se vinco la mia ritrosia a parlare pubblicamente della mia esperienza, marginale rispetto a quelle dei manifestanti, è proprio per denunciare questo, oltre che il regime repressivo di Erdogan, che fa ciò che vuole mentre il mondo resta a guardare. Per questo noi neurologi, mentre raggiungevamo a piedi l'hotel in cui si teneva il congresso, abbiamo iniziato a filmare i militari».
È stato allora che un lacrimogeno è stato lanciato contro di voi.
«Esatto: è bastato qualche respiro per subire effetti terribili. Abbiamo cominciato a lacrimare, a tossire. Ricordo che c'era una coppia di anziani turisti degli Stati Uniti: chissà che ne è stato di loro. Quando si è avanti con l'età, la ripresa da uno stato di malattia è più lenta e difficile. L'effetto di quei lacrimogeni lanciati da ragazzini in uniforme, e forse anche quello degli idranti, era micidiale».
Quando i militari entravano in azione, si scatenava il caos.
«La repressione era violenza pura, i manifestanti erano sofferenti e terrorizzati. Ricordo che chi abitava nella zona li accoglieva in casa per dar loro un rifugio. L'ha fatto anche il responsabile dell'albergo in cui alloggiavamo: il risultato è stato un lacrimogeno lanciato nella hall, per pura ritorsione, con tanti saluti a uomini d'affari e turisti. Tutto questo, perché Erdogan ha deciso di islamizzare il Paese e non tollera la minima voce critica. Leggo su Internet di ritorsioni contro chi ha accolto i manifestanti in fuga, e contro i medici che li curano. L'Europa e gli Usa, però, non vanno oltre qualche dichiarazione inutile».
È vero che arrivavano i lacrimogeni anche dagli elicotteri?
«Non ho mai assistito a un lancio dall'alto, però la mia stanza era al nono piano ed ero costretta a tenere chiusa la finestra, altrimenti il gas invadeva il locale. Lo sospetto, questo sì. Dalla Turchia sono tornata piena di rabbia verso il regime, e di sentimento di vicinanza nei confronti dei turchi. Non meritano tutto questo».
27.6.13
anonima sequestri tra passato e presente Pancirolli riabbraccia il taxista che l’aiutò dopo il rilascio L’ex-rapito torna 34 anni dopo sui luoghi del suo sequestro
L'ascolto della canzone , in particolare le prime note ( Non bisognerebbe mai ritornare: /perchè calcare i tuoi vecchi passi, /calciare gli stessi sassi, /su strade che ti han visto già a occhi bassi? / Non troverai quell' ombra che eri tu /e non avrai quell' ora in più /che hai dissipato e che ora cerchi; /si scioglierà impossibile il pensiero /a rimestare il falso e il vero /in improbabili universi. [ ... qui il resto del testo ] della canzone Non bisognerebbe mai ritornare di Guccini
Mi ha fatto venire in mente questa storia dell'anonima sequestri sarda
Roberto Pancirolli, imprenditore di Monza, è tornato dopo 34 anni a Galtellì, dove fu liberato dall’Anonima sequestri. E qui ha riabbracciato Francesco Solinas, il tassista che lo accompagnò a San Teodoro. Pancirolli fu rapito insieme alla moglie Ornella Fontana nel 1979. La moglie tornò libera qualche giorno dopo.
di Daniela Scano
SASSARI Il ritorno non è solo un viaggio nei luoghi del passato. A volte ritornare vuol dire fare un volo a ritroso con l’anima. Il ritorno, quando è una scelta esistenziale, può essere riconciliazione con il ricordo. Roberto Pancirolli racconta il suo ritorno con il tono di voce lieve di un uomo che ha fatto, da tempo, i suoi conti con il passato. Venerdì scorso Roberto Pancirolli, 68 anni, titolare di una società a Monza, è entrato in un bar di Galtellì e si è guardato intorno con curiosità.
Roberto Pancirolli e la moglie Ornella Fontana |
E il ricordo si è sciolto in un abbraccio senza parole. Il noleggiatore Francesco Solinas è il noleggiatore d’auto che la notte del rilascio, facendo finta di non sapere chi fosse il suo cliente, accettò di accompagnare Roberto Pancirolli a San Teodoro, dove lo attendevano i familiari suoi e della moglie. Per quel viaggio il tassista venne chiamato a dare risposte dal “giudice sceriffo” Luigi Lombardini, per niente convinto del fatto che un tassista non sottoponga a interrogatorio il suo passeggero. E quando il giudice Luigi Lombardini metteva la prua contro qualcuno, questa è storia, c’era da stare sicuri che questa persona non avrebbe dormito sonni tranquilli.
E il ricordo si è sciolto in un abbraccio senza parole. Il noleggiatore Francesco Solinas è il noleggiatore d’auto che la notte del rilascio, facendo finta di non sapere chi fosse il suo cliente, accettò di accompagnare Roberto Pancirolli a San Teodoro, dove lo attendevano i familiari suoi e della moglie. Per quel viaggio il tassista venne chiamato a dare risposte dal “giudice sceriffo” Luigi Lombardini, per niente convinto del fatto che un tassista non sottoponga a interrogatorio il suo passeggero. E quando il giudice Luigi Lombardini metteva la prua contro qualcuno, questa è storia, c’era da stare sicuri che questa persona non avrebbe dormito sonni tranquilli. Ma Francesco Solinas era ed è una persona sicura del fatto suo. E soprattutto non aveva niente da nascondere. La ricorrenza Alla vigilia dell’anniversario dei 34 anni dal sequestro, Roberto Pancirolli è tornato per la prima volta in Sardegna. L’industriale, vedovo da 13 anni, è voluto andare con la sua compagna dove il ricordo del rilascio è rimasto: un grumo di sentimenti e di profumi impigliato nei boschi del Montalbo. In quella strada, vista solo di notte e poi nei sopralluoghi con le forze dell’ordine, l’ex sequestrato ha respirato a pieni polmoni. L’aria aveva lo stesso profumo di allora, ma questa volta il cuore era finalmente in pace. È stato forse in quel momento che Pancirolli ha sentito forte il desiderio di parlare con Francesco Solinas. Era come un debito di verità da saldare, visto che in quel viaggio notturno di 34 anni fa i due uomini si erano detti bugie. «Eh già – racconta Pancirolli –, raccontai al mio autista che avevo fatto un guasto con la macchina. E quando lui mi propose di andare a controllare, gli dissi che preferivo essere accompagnato a San Teodoro. Lui accettò senza fare domande, ma credo che avesse capito chi ero». Sì che l’aveva capito, il signor Francesco, anche se rispettò l’anonimato del suo cliente.Forse negli anni, ripensando a quei momenti, Roberto Pancirolli ha anche capito che quel viaggio fu anche un gesto di coraggio di un sardo in una società che pur non essendo complice della criminalità non voleva essere coinvolta. «Abbiamo parlato tanto –racconta oggi l’ex sequestrato –, mi ha invitato a casa sua e ho conosciuto la sua famiglia. Incontrarci dopo tanto tempo ha fatto piacere a entrambi». Nel senso che ha fatto bene a tutti e due. La memoria Francesco Solinas si ricordava perfettamente l’incontro con Roberto Pancirolli e lo scambio dei ricordi è stato utile all’industriale per ricomporre un puzzle rimasto incompleto. Perché quella notte, nell’auto che correva verso San Teodoro, i sentimenti di Pancirolli erano confusi tra il sollievo per il rilascio e la preoccupazione per l’incolumità della moglie. Solinas gli ha ricordato le cose che disse e lo ha riportato indietro nel tempo. Le tappe La sosta a Galtellì è stata una tappa determinante nel viaggio del ritorno cominciato a Chia, dove Roberto Pancirolli e la sua compagna hanno trascorso una breve vacanza. L’unico luogo dove l’uomo non è mai tornato è la villa dei suoceri, a Cala Girgolu, dove venne prelevato insieme alla moglie nella terribile estate del 1979. Una stagione, quella, durante la quale l’Anonima gallurese imperversò e fece soldi a palate. «No, ammetto che non riesco a tornare in quella casa – spiega –. Non riesco a stare tranquillo». C’è da capirlo.«Sono venuto in Sardegna per trovare un caro amico che abita a Cagliari e ne ho approfittato per fare un viaggio – spiega –. I rapporti con la vostra isola sono sempre saldi. Con l’isola ho un legame particolare, anche se fino ad oggi non ero ancora tornato». Racconta, Pancirolli, che durante il sequestro i banditi gli davano da leggere la Nuova Sardegna. «Scoprii così la storia di un malato che attraversava l’isola per sottoporsi a dialisi e altre storie – spiega –. Una volta libero contattai queste persone e me ne occupai. Con qualcuno sono rimasto sempre in contatto, come per esempio con il mio amico di Cagliari». La fiducia Ma il legame con la Sardegna è fatto anche di fiducia se, come racconta, l’industriale ha affidato a un sardo la sua villa in Toscana.La serenità raggiunta gli consente il lusso di non esprimere giudizi sugli uomini che privarono lui e la moglie della libertà. «Fummo fortunati, devo ammetterlo – dice anzi –. I sequestratori ci trattarono bene. Mia moglie soffriva di claustrofobia e loro rispettarono questa paura, prima tenendoci all’aperto e poi in una grotta. Nessuno ci fece del male. Ricordo che avevo centomila lire e, quando mi fecero rivestire, nascosi le banconote dentro una scarpa. Avevo paura che qualcuno mi derubasse e di non poter pagare il taxi fino a San Teodoro». Con una parte di quei soldi si chiuse la transazione tra l’ex sequestrato e il conducente dell’auto a noleggio di Galtellì. Francesco Solinas prese i soldi senza fare domande e venerdì, prima di salutarlo, ha detto a Roberto che sì, quella notte aveva capito chi era. Lo avrebbe riportato a casa gratis, ma per rispetto della sua paura non gli disse niente.
26.6.13
MA BASTA CON IL CASO RUBY \ BUNGA BUNGA LO SAPPIAMO CHE BERLUSCONI E UN PORNODIPENDENTE
la battuta di Elekappa : << mamma chi sono i maniaci sessuali .... >> si èpuò estendere anche ai media tv in particolare a santoro che sta parlando del caso ruby . e che tira di più un pelom di o di .... che le proteste in turchia o altre news importanti .
Libri abbandonati per strada Il cumulo in via Macomer a Cagliari
La foto è stata pubblicata su Facebook e ripresa dall'unione sarda online del 26\6\2013 Mostra centinaia di libri accatastati al margine di via Macomer. Una ferita al cuore per i bibliofili.
24.6.13
quando la vera news è lontano dai media la vittoria dell.l'outsider a sindaco di messina renato accorinti
nessuna novità da Milano . unione sarda lunedì 24 giugno 2013
Rubygate, i giudici condannano Berlusconi
Sette anni di carcere e interdizione perpetua Il Tribunale di Milano accoglie le tesi della Procura e condanna Silvio Berlusconi a sette anni di carcere e all'interdizione perpetua dai pubblici uffici per concussione e prostituzione minorile.Era ovvio e scontato talmente erano probanti e palesi le prove proprio come il processo che 3 mila anni fa Cicerone condusse contro Gaio Licinio Verre : (c. 120 a.C. – 43 a.C.) .
La vera News è la vittoria al Ballottaggio contro il candidato del Pd anche se di poco visto il forte astensionismo di Renato Accorinti ( qui chi è ) leader della locale società civile e sotto perchè ne sentiremo ancora parlare
cagliari zoo a passeggio
Cagliari
Sabato notte i clienti dei locali di piazza Yenne e dintorni si sono ritrovati di fronte una ragazza con un pitone albino sulle spalle. Seduto nei tavolini invece c'era un uomo con un furetto al guinzaglio.
Si può prendere un drink con un pitone sulle spalle, nei locali della movida? Il nuovo regolamento per la "tutela e la gestione degli animali" del Comune lo proibisce. E stabilisce pure una multa - dai 25 ai 500 euro - per chi non rispetta il divieto. Eppure questo, sabato notte, non ha impedito a una ragazza di portare in piazza Yenne un pitone albino: un animale più o meno innocuo, ma che il regolamento classifica nel genere “esotico”. E l’articolo 10 della delibera varata lo scorso marzo dalla Giunta Zedda prevede che sia «vietato condurre gli animali esotici potenzialmente pericolosi in luoghi pubblici o aperti al pubblico". Questo tipo di serpente non è velenoso, anche se può mordere e solitamente "uccide le sue prede per costrizione ovvero avvolgendole nelle sue spire e soffocandole per poi ingoiarle per intero a partire dalla testa".
Solitamente mangiano topi. La giovane, nonostante qualcuno si sia lamentato della presenza del pitone - non tutti amano i rettili, anzi: le fobie di questo tipo sono abbastanza diffuse - all’interno dei pub e dei bar, non ha battuto ciglio e ha continuato il giro nei locali della zona, con il pitone (che può costare dai duecento ai mille euro) sulle spalle. Nella stessa piazza, sabato notte c'era anche un furetto al guinzaglio.
23.6.13
Valentina racconta le emozioni del cielo "Dopo l'inferno ho imparato a volare" Valentina P racconta le emozioni del cielo "Dopo l'inferno ho imparato a volare"
ne avevo già parlato in alcuni post ( li trovate tramite la tag valentina pitzalis ) è leggo sull'unione sarda del 23\6\2013 che si sta rincominciando a vivere
VALENTINA PITZALIS DURANTE IL LANCIO COL PARACADUTE
Valentina Pitzalis, di Carbonia, è il volto simbolo della violenza sulle donne, ma anche del riscatto e della speranza. Suo marito ha tentato di ucciderla. Ora lei ha imparato a volare.
di STEFANIA PIREDDA
Il 17 aprile 2011 suo marito, a cui aveva comunicato la volontà ferma della separazione, le si è presentato davanti. L'ha cosparsa di liquido infiammabile, dopo essersene a sua volta riempito. E poi ha acceso il fuoco. Lui è morto tra le fiamme. Valentina è sopravvissuta. Sfigurata nel volto e nel corpo. Ferita nell'anima. Ma dopo l'inferno è rinata. E' diventata simbolo nazionale della lotta contro la violenza sulle donne e alcuni giorni fa ha spiccato il suo primo volo. Accompagnata dal suo istruttore si è lanciata col paracadute. "Volevo volare anche se con un'ala spezzata - racconta - volare e allontanare ancora di più quell'inferno che da due anni e due mesi ha sconvolto la mia vita e quella della mia famiglia".Ho chiuso gli occhi per mezzo instante e mi sono buttata. Ho sentito l'aria fredda sulle guance, ho avvertito il vuoto ma non ho avuto paura. Una volta sono caduta in un abisso senza fondo ed ero terrorizzata ma non sapevo, allora, che avrei trovato tante mani pronte a sorreggermi. Ora le sento, sono migliaia, e niente mi fa più paura. Sono rinata, volo e mi riprendo la mia vita.Quando le hanno proposto di lanciarsi con il paracadute Valentina Pitzalis non ha esitato un solo momento. I suoi occhi si sono illuminati, ha incrociato per un istante quelli dei genitori cercandone l'approvazione e, un minuto dopo, era al telefono con i medici, che da due anni sono la sua ombra, per chiedere di essere aiutata a realizzare questo nuovo incredibile traguardo: «Volevo volare anche se ho un'ala spezzata - racconta con gli occhi capaci di regalare voglia di vivere a chiunque l'ascolti - volare e allontanare ancora di più quell'inferno che da due anni e due mesi ha sconvolto la mia vita e quella della mia famiglia».Vorrebbe non parlare più di quella terribile notte in cui un amore malato ha devastato la sua giovinezza. Di quei terribili momenti in cui il marito, incapace di accettare la separazione decisa da lei dopo che la vita a due si era fatta impossibile, l'aveva attirata con una scusa banale nella sua casa e le aveva gettato addosso del cherosene per poi darle fuoco. Lui a sua volta si era cosparso dello stesso liquido deciso a morire accanto alla “sua” donna. Era il 17 aprile del 2011 quando i soccorritori accorsi per quel terribile rogo in una palazzina popolare di Bacu Abis, frazione di Carbonia, trovarono Valentina in fin di vita in una stanza e il marito Manuel Piredda morto nel corridoio. Avevano entrambi ventisette anni e in quel momento finiva in tragedia la loro vita insieme; finiva quel grande amore che la giovinezza, l'inesperienza e l'incapacità di chiedere aiuto, quando i problemi si erano fatti troppo grandi da gestire, avevano trasformato in qualcosa di malato, ingestibile, mortale.Ricordare oggi quei momenti e il calvario che ne é seguito, quelle terribili ustioni che le hanno fatto perdere una mano e compromesso la funzionalità dell'altra, devastato il viso e buona parte del corpo, fa ancora tanto male. Parlare fa ritornare l'angoscia e quel senso di impotenza che toglie il respiro, ma Valentina sa che il suo dolore può aiutare tante donne a ribellarsi alla violenza fisica e psicologica ed è per questo che accetta di raccontarsi, di farsi accompagnare a convegni, incontri, dibattiti «anche se a volte il viaggio in macchina mi distrugge e mi muovo per tutto il percorso da una parte all'altra del sedile: prendere per sbaglio anche un solo raggio di sole sulla pelle ustionata mi fa un male incredibile. Anche se la mia mente vuole andare avanti, il mio corpo ha bisogno di tanto, tantissimo tempo per ripartire come vorrei».Non ha ancora compiuto trent'anni Valentina e mai, in quella che chiama la sua “vita passata”, avrebbe pensato di poter diventare un simbolo e un punto di riferimento per tante donne: «Ho smesso di ascoltare i tg perché ogni volta che sento una storia che mi ricorda la mia, come quella della ragazzina siciliana recentemente uccisa dal fidanzatino, mi ribolle il sangue. Non riesco ad accettare che la nostra società non riesca a mettere un freno a questo tipo di violenza, non posso concepire che tante denunce o segnalazioni restino inascoltate. Ogni volta è la stessa storia, ogni volta c'è una donna che finisce male e soltanto dopo si dice che aveva tentato di chiedere aiuto. Eppure le persone che le stavano accanto dicono di aver percepito chiari segnali di pericolo. Ma allora perché non intervenire prima? Può sembrare una domanda banale ma non lo è affatto. Esiste una violenza psicologica che arriva molto prima di quella fisica. È fatta di piccole cose, di frasi reputate di poco valore, di gelosie incomprensibili, di offese e piccoli maltrattamenti quotidiani. Io lo ripeto sempre quando parlo di mio marito: nonostante quello che mi ha fatto, ed è un gesto mostruoso dal quale non si torna indietro, non era un mostro. Era un ragazzo fragile, che aveva bisogno d'aiuto e probabilmente anche io visto che non sono riuscita a percepire il pericolo. Ma, e ne sono certa, da questa situazione si può uscire. Servono leggi giuste, servono istituzioni capaci di offrire supporto, serve la certezza della pena: troppe donne non denunciano per paura di provocare maggiormente il proprio aguzzino che poi tornerà subito in circolazione. Troppe donne si ritrovano faccia a faccia con un uomo incattivito e vendicativo e allora, tante volte, non c'è più nulla da fare».Queste parole Valentina le ripete ogni volta che ha qualcuno davanti disposto ad ascoltare e fare tesoro della sua testimonianza. L'ultima volta lo ha fatto a Villanova Monteleone davanti ai ragazzi della Consulta giovanile, qualche settimana prima davanti agli studenti dell'istituto superiore Alessandro Volta di Guspini che, per tutto l'anno scolastico, si sono impegnati a raccogliere fondi per aiutarla: «Sono giovanissimi e il loro entusiasmo mi ha contagiato - racconta - credo sia fondamentale trasmettere il mio messaggio alle giovani generazioni, sono convinta che sentire le mie parole e guardare il mio corpo sia un sistema per fare arrivare forte e chiaro il messaggio».Che stia arrivando lo dimostrano i quasi centomila iscritti alla sua pagina di Facebook Un sorriso per Vale aperta due anni fa non appena Valentina ha riaperto gli occhi in una camera del Centro grandi ustionati di Sassari e ha deciso di voler riprendere in mano la sua vita anche a costo di chiedere aiuto all'Italia intera: «Non tutte le cure di cui ho bisogno sono pagate dal Sistema sanitario nazionale e in ogni caso la mia famiglia, che non dispone di mezzi economici, ha difficoltà anche ad anticipare quanto poi potrà essere rimborsato - sottolinea e la sua voce si intenerisce quando nomina i genitori, la sorella e quanti non hanno smesso un solo istante di starle accanto e darle forza - la ricerca per chi come me ha bisogno di un arto nuovo fa passi da gigante e il mio più grande desiderio è di poterne usufruire. Durante quest'ultimo anno anche l'associazione Doppia difesa , guidata da Michelle Hunziker e Giulia Bongiorno ha preso a cuore la sua causa e sta raccogliendo fondi che serviranno per la protesi al braccio e per la ricostruzione delle orecchie: «Mi commuove tanta generosità che spesso arriva da chi, soprattutto nel Sulcis, vive una crisi terribile». Valentina li ripaga con quel sorriso che ha accompagnato anche la sua ultima avventura resa possibile, a Reggio Emilia, dai paracadutisti della Protezione civile Lombardia: «Mi sono lanciata da 4.500 metri d'altezza - conclude - è stato incredibile, in quel momento ho realizzato che la mia vita sta davvero ripartendo».
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