19.9.05

Senza titolo 810


dalla nuova del 19\8\2005


Barisardo. L’intuizione di un capraro La riscoperta dell’antico cas’agedu E la colazione del pastore compete con cracker e yogurt E’ un formaggio molle e leggermente acido indicato nelle diete che sta conquistando ampie fette di mercato


Il Nobel della creatività nell’ovile va assegnato a un capraro di Barisardo, paese dell’Ogliastra votato al turismo balneare. Ma Luciano Chiai, 56 anni ben portati, continua imperterrito a fare il pastore nell’altipiano vulcanico di Teccu, mille pecore, duecento capre. Come suo padre, come usava suo nonno, Luciano fa colazione col “Cas’agedu” (scritto - a seconda dei paesi - anche nella forma di “Cas’axedu” o “Cas’ageru”), un formaggio molle, bianco come la neve, leggermente acidulo, confezionato in fette come il burro, tra i migliori regolatori naturali intestinali, indicato per le diete, per iniziare una giornata di lavoro. Ottimo se accompagnato dal “pistoccu” o “pane carasau”, naturale o integrale poco importa. Questo prodotto - che è da secoli l’unico formaggio fresco dell’ovile sardo - non è lo yogurt preparato con microrganismi definiti tutti per legge e chiamati termofili, cioè con temperature elevate, fra i 42 e i 45 gradi. No, qui regna la genuinità. Il “cas’agedu”, cioè formaggio acido, è latte fresco e caglio, quello contenuto nello stomachino del capretto e utilizzato per confezionare i medicinali che devono combattere le malattie dello stomaco e dell’apparato digerente. Il “cas’agedu” è un rimedio naturale proprio per la presenza del caglio. Prima esisteva solo sotto forma di pasta, o di crema. Ora c’è anche liquido. Occorre mettere alcune gocce in un litro o più di latte che dopo alcune ore si compatta. La temperatura non è da laboratorio, no, è quella naturale, ambientale, generalmente sui 37 gradi costanti, sia in estate che in inverno con una “biodiversità accentuata”. Il segreto sta in questi semplici accorgimenti, a partire dalla temperatura ambientale.
La versione moderna di un prodotto che arriva dalla notte dei tempi scatta nell’aprile del 1992, periodo di crisi nera per il prezzo del latte con un ragionamento semplice firmato Chiai perché non commercializzare il “cas’agedu”, farlo uscire dall’ovile e immetterlo nei negozi in camion refrigerati, venderlo rispettando tutti i crismi della legge? Detto fatto. Calvario burocratico con pratiche amministrative, autorizzazioni della Usl,controlli dei vigili sanitari, creazione di un laboratorio a regola d’arte,ed ecco il “cas’ageru” di Luciano il capraro di Barisardo sbarcare a Cagliari,Sassari,Nuoro,Olbia,Quartu,Selargius e a Capoterra.Con numeri diventati ormai importanti: quest’anno la produzione Chiai è stata la più abbondante in Sardegna, pari a cento quintali:”Il prodotto piace, è preferito con il latte di capra oppure nella forma mista caprino-ovino. L’importante è la qualità del latte con standard costanti 365 giorni all’anno”. Chiai ha creato lavoro. Con la moglie Rosa Casu allo spaccio e in laboratorio, lavorano i figli trentenni Davide ed Emanuele, tutti col diploma dell’Istituto agrario e corsi di specializzazione in tecnologie dell’alimentazione.“Tra poco il caseificio potrà essere ampliato, miglioreremo il confezionamento perché una delle difficoltà è proprio questa, essendo un prodotto molle. Ma la tecnologia è della nostra parte”, dice soddisfatto Chiai. C’è un altro fatto importante. Luciano Chiai è stato l’imprenditore-pioniere che da un’idea semplice, perfino banale, ha attivato - per stare al linguaggio degli economisti - quel sano meccanismo che dopo il “processo di innovazione” (il salto del cas’agedu dalla capanna clandestina dell’ovile allo scaffale legalizzato del supermaket) ha generato il “processo di imitazione”. Perché oggi sono oltre venti i caseifici che commercializzano legalmente “Su cas’agedu”. In Ogliastra lo fanno la cooperativa “Sant’Antonio” di Tertenia, Cesare Sirigu a Jerzu, Silvio Boi a Cardedu. Boi è pastore di lungo corso, ha 86 anni, nato a Gairo, conosciuto come “Freguledda”, è stato uno dei primi a capire l’importanza della produzione su scala industriale del formaggio. “Adesso - dice Boi - in vecchiaia riscopro un prodotto che conosco da quando sono nato. Lo propongo in confezioni da 400 grammi, quest’anno ho debuttato con duemila quintali”. Dall’Ogliastra il “processo di imitazione” si è spostato un po’ in tutta la Sardegna. Viene confezionato in piccole aziende agroalimentari del Sulcis (a Santadi e Villaspeciosa), al caseificio di Guspini, in alcuni centri del Logudoro, adesso anche nel Nuorese (dove viene chiamato “Vrue”). A Oliena è prodotto dalla latteria “Rinascita” (100 soci, quasi due milioni di litri di latte lavorato). È proposto in due confezioni in vaschette da 900 e da 230 grammi con l’azzeccatissima etichetta Nive, cioè neve. Presidente è Gesuino Maricosu, 45 anni. Dice: “Da due anni non produciamo un solo chilo di pecorino romano, abbiamo iniziato a puntare sui molli e con Nive siamo più che soddisfatti. Il turismo di Oliena ci dà un’ottima mano d’aiuto perché Nive viene servito a Su Gologone, al ristorantino Masiloghi, da CiKappa, alla cooperativa Enis di Monte Maccione. Ovviamente produciamo sempre i nostri formaggi pecorini, dal Rocca Bianca al Crema Corrasi, la ricotta Gentile, un pecorino biologico e il formaggio da tavola Tuònes e un Dop di nome Sole di Oliena, pecorino a denominazione protetta. Ma quest’anno il vero boom è stato con la Vrue. Nei nostri ristoranti è utilizzato anche come antipasto, è un piatto che fa tendenza, la versione salata è usata come condimento delle fette di pomodoro”. Stesse cose dice l’altro produttore, Pietrino Boe.
Non solo. Il processo “imitazione” ha contagiato la star indiscussa della produzione casearia isolana. Ha scoperto il “Cas’agedu” anche il caseificio leader in Sardegna, quello dei Fratelli Pinna di Thiesi (40 milioni di litri di latte lavorato, 50 milioni di euro di fatturato, 192 unità lavorative annuali). I Pinna lo vendono in una confezione tonda da 220 grammi e l’hanno chiamata proprio “La colazione del pastore”. Che ha fatto la sua comparsa in alcuni hotel della Costa Smeralda, di Alghero e del lungomare di Pula. “Ormai - annuncia Paolo Pinna, responsabile del marketing - siamo presenti negli scaffali dei gruppi IperPan, Conad, Pellicano. E stiamo per chiudere i contratti con Sigma, Carrefour e i due Auchan di Cagliari”. Il progetto - dei Pinna e dei Chiai, dei Boe e dei Maricosu - è una rivoluzione nella gastronomia: fare in modo che la prima colazione dei turisti sia finalmente e veramente sarda. Non self-service imbanditi solo con miele australiano, marmellate svizzere, yogurt bavaresi, crackers e cereali soffiati made in Usa ma “la colazione sarda” col cas’agedu-vrue semmai in confezioni monodose, proprio come si fa col miele e le marmellate. E tanto buon pistoccu che gareggi con le fette biscottate d’Oltretirreno. Così avremo un effetto “imitazione” di ritorno, con tecniche di commercializzazione nate negli Usa e in Germana e apprese anche fra i nuraghi. La cronaca incoraggia questo processo. Ieri sua bontà il “Cas’agedu” ha spopolato fra gli stand dei 250 espositori di Bra, nel Cuneese dove si svolge la più importante fiera dei formaggi chiamata “Cheese, le forme del latte”. I turisti e gli assaggiatori hanno potuto apprezzare la versione barbaricina detta “Vrue” nelle confezioni “Neve” del caseificio di Oliena e “Lepia”, che vuol dire leggera, soffice, del produttore Pietrino Boe. Ottimo successo per i caprini di Donori di Giorgio Aresu che propone anche il “quagliatello”. Ma è stato il “Cas’agedu-Vrue” la vera novità. Fragola Besana, milanese, consulente di una società di comunicazione, ha stazionato a lungo davanti allo stand della “Rinascita” di Oliena. Con commenti entusiasti: “È un formaggio morbido, rinfrescante, lievemente acidulo, vorrei trovarlo nei supermercati, farei colazione ogni giorno con questa leccornia”. E così passiamo alle leggi dell’economia: perché è inutile produrre, anche prodotti eccellenti, se poi non si sanno commercializzare e mancano negli scaffali dei punti-vendita, là dove si crea reddito. Nelle città e nei paesi. A Bra, questa volta, c’è stata una prima risposta incoraggiata dai tecnici dell’Ersat con una Sardegna che si è saputa presentare in un unico stand. Soprattutto dal Nuorese c’è stata una partecipazione massiccia e compatta con caseifici cooperativi e privati di Ollolai, Sarule, Orgosolo, Gavoi, Macomer, Orune, il consorzio Gennargentu e i produttori della Barbagia-Mandrolisai. Con loro i dirigenti del caseificio della Nurra, di Sassari, Borore, Sedilo, Villaspeciosa, Donori e tanti altri. E tra pochi mesi, in concomitanza con le Olimpiadi invernali di Torino, la Sardegna interverrà alle “Olimpiadi del formaggio” di Verona: “È una vetrina importante nella quale dovremo bissare il successo di Bra coinvolgendo tutti i produttori sardi”, afferma il commissario dell’Ersat Benedetto Meloni. Ci sono tutte le condizioni per imporre il nuovo prodotto. Il “cas’agedu” è studiato nelle Università, non solo in quelle sarde. Alla statale di Milano, ha discusso la tesi di laurea in Agraria una ragazza di Urzulei, Giovanna Mereu. Nell’introduzione cita il canonico Giovanni Spanu che “nel suo vocabolario scrive: Frue, latte rappigliato, companatico del pastore nel salto. Dal latino fruor, godere, fruire”. Gli studi più seri vengono fatti a Bonassai dai tecnici dell’Istituto zootecnico e caseario che ha prodotto oltre cento pubblicazioni scientifiche di livello internazionale. In tanto i nomi. Tanti, secondo le zone. In Ogliastra, si è detto, è “cas’agedu” con le varianti di “ageru” o “axedu” ma anche “cas’e fittas” con la particolarità di Seulo e Perdasdefogu “casu in filigi”, formaggio nella felce. Nel Nuorese è “Vrue” ma anche “Frue” o “Frughe”. Altrove Merca, Vìscidu, Préta, Pièta, Casàdu, Cagiadda, Latte cazàdu, Latti callau. Francesca Scintu, direttore del servizio di Microbiologia e Tecnologia casearia di Bonassai, impegnata anche nel progetto made in Urzulei per la valorizzazione del caglio di capretto, dice che “in letteratura non sono reperibili molti studi sul cas’agedu che ora è stato però inserito nell’elenco dei prodotti tradizionali della Regione Sardegna secondo un decreto ministeriale del 1999. Ma - dice la Scintu - è auspicabile un’azione di valorizzazione a tutela che permetta, anche col riconoscimento Dop o Igp, la protezione giuridica del prodotto”. Questa la strada prossima ventura del formaggio-neve messo in bottega da Chiai e degnamente imitato. È la diversificazione del latte che va avanti. De Gaulle si lamentava perché doveva “governare la Francia con 325 varietà di formaggio”. In Sardegna - terra di pecore e di capre - siamo all’opposto: pecorino, pecorino romano e poche forme di Fiore sardo a Gavoi. Poi il nulla. Chiai e soci hanno iniziato la battaglia competendo con yogurt e simili. Sono nati i molli e i semistagionati. C’è il “casizzolu”. Oggi la Thiesilat produce il Caciotartufo e gli erborinati Ovinfort che competono col Roquefort e il Gorgonzola. Il varco aperto dalla “colazione del pastore” è ampio quanto il mondo. Va percorso fino in fondo. I capiscuola non mancano.


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 a chi dice  che  noi  sardi siamo chiusin  alle  altre culture  si sbaglia di grosso    e questo articolo qua   è una dele tante dimostrazioni  di come  questo antico pregiudizio   sia   errato



Un canto d’amore dopo le evoluzioni  Il grande successo di una manifestazione da ripetere  I silenzi degli «indiani» così simili a quelli dei sardi: un invito a non parlare a sproposito  pellerossa alla rassegna Sardegna Cavalli di Oristano  La cavalcata di Aquila bambina  «Avete una terra bellissima, non fatevi dire come viverci»  


 
  ORISTANO. La notte avanza chiara, a luna quasi piena, quando Boricheddu Trogu - celebratissimo solista e leader del coro di Seneghe - intona “Una tràila rubia famosa”, pezzo forte della formazione, composto da un altro Trogu, Giuannicu, negli anni Trenta. Il testo è sottilmente allusivo: nella metafora la vitella raffigura una bellissima donna forestiera. È un ballo cantato - ballu’e càntidu - dei più famosi, splendidamente eseguito dal solista (su pesadore) e dal coro (Guido Lotta mesaoghe, Piero Laconi contra, Enzo Lotta basso). E’ stata la degnissima chiusura di un evento di profonda suggestione complessiva. In mezzo alla folla due tra i volti più noti dei cavalieri dell’Ardia di Sedilo - Michele Carboni (l’attore protagonista di “Ballo a tre passi” di Salvatore Mereu) e Sebastiano Coccu (seconda bandiera dell’Ardia 2001, quando il capocorsa era Salvatorangelo Chessa, e rinomato domatore di cavalli) - silenziosi e attenti seguono il canto della vitella rossa e le danze indiane. Molto interessata all’evento la traduttrice Elisabeth Jacchelli, segretaria generale della Camera di commercio italo-canadese. Nello stand dell’Istituto professionale per l’agricoltura e l’ambiente, il professor Piergiorgio Etzo di Atzara fa ascoltare da un cd alcuni brani cantati a tenore da quattro studenti sedicenni della scuola: Giovanni Marceddu, Simone Sanna, Silvano e Stefano Demontis. Il giornalista Marco Enna fa da cicerone a molti distratti. Nello spazio riservato all’Ente Foreste campeggiano un cervo e un cinghiale, con altri selvatici impagliati. Un turista calcola l’età del muflone esposto sull’inanellarsi delle corna: ogni tacca un anno. Particolarmente osservati gli uccelli, rapaci e non: l’aquila reale, il falchetto, il barbagianni, il picchio, il cuculo. Si possono ammirare pietre di grande interesse come l’ossidiana rossa e il diaspro. C’è perfino il corallo fossile, oltre alle sezioni dei tronchi delle specie forestali sarde più importanti. Un discorso a parte merita la monta sarda da lavoro, splendidamente orchestrata dai un cavaliere fonnese che vive a Palmas Arborea - Boele Mattu - e dal figlio Giovanni, quindicenne, campione europeo juniores di monta da lavoro. Un folto gruppo, chiaro esempio di affiatamento uomo-cavallo: uno spettacolo a sé, evoluzioni incredibili. Il commissario della Camera di Commercio, l’avvocato Piero Franceschi, commenta: «Un successo, non tanto per noi che organizzavamo quanto per la passione che gli oristanesi riversano sui cavalli. Oristano si è ritrovata in questa bellissima edizione, città e provincia hanno risposto. In noi è forte la consapevolezza dell’arricchimento che ci viene dall’acquisizione di nuovi territori come Laconi e dei cavalli del Sarcidano. Rifarei senz’altro la manifestazione ma il mio mandato scade. Auguro al mio successore di non lasciar cadere questa bella opportunità». Vigilano intorno gli uomini-ombra della Camera: l’indiano di Sardegna Giorgio Pala e l’insonne Saverio Loi di Ghilarza. A Piero Arca - ex-sindaco di Oristano e funzionario della stessa Camera - gli indiani hanno dato il nome di “Voli nella notte”. Sul prato verde di Sa Rodia la festa si chiude con un maxiballo tondo che unisce tutti: il gruppo folk di Busachi e quello di Oristano di Enrico Fiori, reduce dalla Francia con un importante riconoscimento internazionale, gli indiani, i bambini. Canta ancora Boricheddu Trogu: “Una tràila rùbia famosa/ est bènnida a su monte seneghesu” (una famosa vitella rossa è arrivata sul monte di Seneghe). Per fare strage di cuori.  Aquila bambina è tra i grandi cavalieri e danzatori indiani protagonisti dello sfavillio notturno di commiato a “Sardegna Cavalli” nell’ampio spazio di Sa Rodia a Oristano insieme con Piccolo bisonte che corre, Capo delle stelle, Piccolo uomo e gli altri. Lui, il Figlio dell’aquila, ha due grandi tatuaggi, uno per braccio. Come mai? Spiega: «Mi hanno creato qualche problema perché nella nostra educazione è basilare non fare del male ai nostri corpi, poi hanno capito che li avevo fatti in onore di mio figlio».
 È l’ora dei saluti e gli indiani mettono la mano destra sul cuore per infondere sacralità alle parole, loro che vedono il Grande Spirito nelle nubi e lo ascoltano nella pioggia e nel vento. Il gesto significa che accettano di cuore e benedicono quanto di meglio hanno ricevuto in questi giorni in Sardegna, l’affetto soprattutto. Sono un modo di rendere grazie anche le straordinarie danze dell’erba e della vittoria. E la musica, antica e triste, di un popolo oppresso e depredato della sua terra d’origine. Vengono dal sud Alberta e appartengono a nazioni native differenti: Tsuutina (poco conosciuta in Europa) e Sioux-Piedi Neri: questi ultimi sono quelli che iniziarono a trattare con l’esercito regolare degli Stati Uniti al tempo della battaglia del Little Big Horn in cui i capi Sioux Cavallo Pazzo e Toro Seduto sconfissero e uccisero il generale Custer. Ma in Canada ci sono circa seicento tribù indiane.
Parla Aquila bambina, capo riconosciuto della delegazione nonostante la giovane età, trentasei anni: «Qui ci siamo trovati benissimo. La cosa che più ci ha colpito è la presenza dei bambini, nuvole di bimbi che vanno a cavallo. Io penso a mio figlio, che mi manca, e la vista di questi bambini sardi mi riempie di gioia. Voi vivete in una terra bellissima: non fatevi mai dire da nessuno come dovete vivere». Qualche ora prima, in un albergo cittadino, il giovane aveva accettato cordialmente di rispondere a qualche domanda.
 - Aquilotto, in Sardegna quando vogliamo definire in sintesi l’abilità di un cavaliere diciamo: sembra un indiano. Da piccolo, come sei stato avvicinato al cavallo?
 (La prima risposta è una risata piena, lunga: si riferisce a una raccomandazione degli adulti, ribadita ogni volta, sempre uguale).
 «Non cadere, non cadere. Mi dicevano sempre così: non cadere. Io sono cresciuto in mezzo ai cavalli, come tutti i bambini indiani, fin da piccolino. Avevamo le vacche e dunque i cavalli erano indispensabili per radunarle».
 - Con i cavalli di Oristano come ti sei trovato?
 «A prima vista i cavalli sardi sono molto nervosi e delicati. Ma una volta che li hai conosciuti sono ottimi animali. Un cavallo e un uomo per andare d’accordo debbono prendere confidenza. Ci vuole tempo».
 - Ma non per questo ti sei spaventato.
 «Noooo» (ride compiaciuto).
 - In Sardegna si parla tanto della religione degli indiani.
 «Un tempo i preti e il governo canadese non volevano che noi praticassimo la nostra religione, allora la fede dei nostri antenati si è come nascosta sotto la terra. Ora che il popolo canadese capisce l’importanza delle convinzioni religiose ce ne permette la pratica. Il governo britannico ce la voleva togliere. Ha ottenuto l’effetto contrario».
 - Lo
diceva già un autore del secondo secolo dopo Cristo, Tertulliano: il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani.
 «Credo che questo sia ancora e sarà sempre vero. Nel nostro popolo è successo un altro fatto: chi ha combattuto per conservare la nostra religione ora è molto severo nella pratica, perfino nell’esecuzione dei riti: tutto deve essere fatto come una volta».
 - Il silenzio degli indiani è proverbiale. Anche da noi, nella Sardegna interna, è una virtù molto apprezzata. Tu come sei stato educato a parlare poco?
 «Sentivo dire: quando uno parla non gli funzionano le orecchie. Da piccolo mi veniva sempre raccomandato: stai zitto e ascolta».
 - E tu che cosa dici a tuo figlio?
 «Esattamente la stessa cosa».
 - I nostri vecchi insegnano: se siamo nati con due orecchie e una sola lingua, questa è un’indicazione precisa.
 «E noi facciamo lo stesso esempio».
 -
Si discute molto sul ruolo della donna tra i nativi americani. La nazione Mohawk del Quebec riconosce alle donne anche il potere di nominare il capo. Da voi come funziona?
 «Fin da bambino ho imparato che le donne dànno la vita e di conseguenza sono il punto fermo della famiglia. La donna è anche il nodo centrale della società. Ma da noi non hanno il potere di nominare il capo. Quella del capo è una carica ereditaria».
 - Proprio in questi giorni in Sardegna l’argomento della caccia ridiventa spinoso. Per voi nativi del sud Alberta com’è regolata?
 «Nel 1800 in Canada vennero firmati otto trattati tra le diverse tribù indiane e la regina d’Inghilterra. La caccia è una parte fondamentale di quei trattati. Oggi noi abbiamo diritto di cacciare in qualsiasi stagione e in qualunque giorno, ventiquattro ore su ventiquattro».
 - Esattamente come nel Quebec.
 «Quelli del Quebec sono stati i primi a firmare i trattati. Ma allora c’erano pochissimi indiani, lo sterminio della nostra stirpe aveva riguardato una larghissima fetta della popolazione. Sulla base dei nativi in Quebec, abbiamo negoziato i diritti anche in sud Alberta».
 - Voi pregate ancora prima di sparare sull’animale?
 «Sì, tutte le volte. Offriamo qualcosa allo spirito dell’animale, prima di sparare. E diciamo una preghiera: che nasca sempre più selvaggina per evitare lo sterminio».
 - Domani ripartirai, Aquila bambina. Cosa porterai con te?
 «Domani ripartiremo, tutti, con molta nostalgia. Io spero di ritornare nella vostra terra splendida».
 Nella danza degli spiriti del 1889, il capo degli indiani Cherokee-Wovoka, figlio di Paiute Messiah- disse ai partecipanti delle altre nazioni indiane: «Voi avevate molti bisonti da mangiare ed erba alta per i vostri cavalli: voi potevate andare e venire, come il vento». Ora che i bisonti non ci sono più ma l’erba per i cavalli degli indiani è sempre alta, le virtù di riferimento delle nazioni dalla pelle rossa vivono un’altra stagione dello spirito, ugualmente forte, perfino più intensa. Per loro la terra è sempre una madre. E la luna conserva il grado di nonna.
 

18.9.05

Senza titolo 809

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Il passato davanti

Viaggiatori. Lo siamo tutti in fondo. In ogni momento. La vita è divenire, e ci lasciamo alle spalle un'infinità di cose, ogni giorno, ogni momento. Per questo mi sono appassionata alla fotografia. Per tentare di fermare gli istanti. Per tentare di bloccare un passato che il tempo, crudele, vorrebbe inghiottire. Ma ancora più che le immagini, a volte, possono le parole, come potenza e intensità.


Per questo ho deciso di scrivere due blog, nel corso di questa estate, perchè alcuni ricordi importanti non scomparissero inghiottiti dal tempo.


"Milleunastoria" è un blog dedicato ai miei nonni, ai loro ricordi di gioventù, al loro viaggio avventuroso nel corso del XX secolo, attraverso guerre, amori, gioie, famiglia, trasferimenti, lavoro, figli e un'infinità di storie.


"TiAmo" è un blog dedicato ad un mio ex ragazzo, col quale divisi una storia breve, intensa e ancora oggi commovente nei ricordi, un blog fatto di frammenti vissuti tra poesia, emozioni e sentimenti. Il blog, scritto ad un anno dalla fine di quella storia, mette la parola fine al mio tormento interiore trascrivendo proprio là, in quelle pagine, i momenti più belli di ciò che vivemmo.


Commenti e impressioni, in questo post o nei due blog di sopra, saranno i benvenuti. Grazie.

Senza titolo 808


www.photoforum.ru


Silenzio! Quale luce irrompe da quella finestra lassù?
È l'oriente, e Giulietta è il sole.
Sorgi, vivido sole, e uccidi l'invidiosa luna,
malata già e pallida di pena
perché tu, sua ancella, di tanto la superi in bellezza.
Non essere la sua ancella, poiché la luna è invidiosa.
Il suo manto di vestale è già di un verde smorto,
e soltanto i pazzi lo indossano. Gettalo via.
È la mia donna; oh, è il mio amore!
se soltanto sapesse di esserlo.
Parla, pure non dice nulla. Come accade?
Parlano i suoi occhi; le risponderò.
No, sono troppo audace; non parla a me;
ma due stelle tra le più lucenti del cielo,
dovendo assentarsi, implorano i suoi occhi
di scintillare nelle loro sfere fino a che non ritornino.
E se davvero i suoi occhi fossero in cielo, e le stelle nel suo viso?
Lo splendore del suo volto svilirebbe allora le stelle
come fa di una torcia la luce del giorno; i suoi occhi in cielo
fluirebbero per l'aereo spazio così luminosi
che gli uccelli canterebbero, credendo finita la notte.
Guarda come posa la guancia sulla mano!
Oh, fossi un guanto su quella mano
e potessi sfiorarle la guancia!

- William Shakespeare

 


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:)

Senza titolo 806

Ecco ascoltami
sospiri nel vento
giovani stelle cadenti
un cuore ferito da tante battaglie
e tu
come il ghiaccio in una fredda giornata d'inverno
io ti osservo
non ti gratterò con le mie unghie
aspetto
che finalmente assumi la forma che ho nel cuore

17.9.05

I valori della controcultura e risposta a chi mi chiede dcome concilio passato ( le mie radici ) e futuro

 Rispondendo  ad alcune  email   fra  quelle    poche  che  non  ho cancellato  come  stò iniziando a fare  come  promesso  per i motivi   di cui  ho  già parlato in precedenza  e perchè  non contegono  -- se   non in maniera lieve  e leggera  -- insulti o   che mi chiedono in maniera pacata   e  costruttiva   , anche  se  presenti  nelel faq  e  nei post  del blog  ( ma  si può fare un eccezione  )   :  come faccio a  conciliare   presente  con passato  ( ovvero con le mie radici  )  ; come  mai ami  la  contro cultura  ,, la contro informazione  ., ecc    Soprattutto   dopo i miei recenti post  e e  sulla  recensioneintervista   (  trovate  a destra  nel  blog )   alla  rivista  lovcale  Gemellae  replico   con  questa  Intervista  di   ANDREA MELIS   a  Stefano Tassinari in  cui  parla di letteratura e antagonismo politico   pubblicata  sulla   sulla nuova  del  17 c.m  in visita   del  suo tour     oggi 18- c.m sarà nel mio paese  ) per  presentare  il suo  ultimo libro  L'amore degli insorti  qui per la trama   ( sito da cui ho tratto la sua bibliografia che trovate alal fine del post   )


                                                                                                                                                                                                                                                    L’arrivo nell’isola dello scrittore Stefano Tassinari, uno degli scrittori nazionali di maggior interesse, autore di libri come «L’ora del ritorno» e adesso dell’opera «L’amore degli Insorti» (Marco Tropea Editore, 169 pagine, 12,50 euro), è l’occasione per uno scambio di battute.
 - La memoria è sempre presente nei suoi romanzi. Con «L’amore degli insorti» lei racconta gli anni Settanta. Per quelli che c’erano, o per svelare a chi ne sa poco o niente?
 «Entrambe le cose, perché ritengo che in questo momento la memoria sia fondamentale nel lavoro di uno scrittore. È importante rapportarsi alla memoria soprattutto quando la memoria non è condivisa. Questo è un romanzo che chiude una trilogia sulle generazioni del Novecento. E in tutti e tre i miei libri si raccontano contraddizioni».
 - Però Paolo Emilio, il protagonista, fa i conti proprio con la scelta della lotta armata. La difende e la distingue dal terrorismo. In tempi di propaganda grossolana è importante essere lucidi almeno nella memoria?
 «Sì, certe cose bisogna dirle ai giovani, altrimenti sembra che milioni di ragazzi folli scendessero in piazza al solo scopo di usare violenza. Il personaggio è volutamente lontano dalla mia storia personale, ma permette una riflessione tra chi ha scelto quella strada più dura, senza uscita, che già allora molti consideravamo un errore, e chi invece scelse strade diverse credendo nella rivoluzione culturale. Però il confine fra queste posizioni era allora più sottile di quanto s’immagini oggi. Qualunque scelta, bisogna ricordare, avveniva sotto il peso della repressione durissima di quegli anni, sotto le restrizioni delle leggi speciali, con intorno i golpe e le dittature che avvenivano intorno, dal Sud America fino in Grecia. A questo bisogna aggiungere le attività di Gladio, della P2, le stragi neofasciste e tentativi di golpe stesso qui in Italia. Situazioni estreme che non contribuivano ad alleggerire il clima».
 -Il suo libro è disseminato di riferimenti alla cultura anni Settanta, dalla musica alla letteratura. Appunti per chi volesse risalire la memoria o ricordi?
 «Non credo siano ricordi nostalgici, altrimenti non avrei scritto questo romanzo. Io non nego la nostalgia, sia chiaro. Ho nostalgia di quelli che erano anni straordinari, della mia formazione in primo luogo, ma in generale erano anni in cui circolavano idee e si metteva in discussione tutto. Ed è per questo che non accetto che di quell’enorme movimento durato oltre 10 anni resti solo il ricordo di ciò che chiamano terrorismo, cioè della lotta armata. Le battaglie su diritti civili e controcultura giovanile, movimento delle donne e tante altre hanno portato gli italiani da popolo arretratissimo a paese moderno, culturalmente e moralmente, ma ora questo non ce lo riconosce nessuno».
 - Lei affronta anche il tema importante della trasformazione del linguaggio. I vostri sogni parlavano con parole che 30 anni di tv hanno spazzato via. Un vostro volantino oggi farebbe venire l’orticaria a molti.
 «A volte l’orticaria viene anche a me che quelle cose le scrissi, a suo tempo. In effetti abbiamo utilizzato un linguaggio rigido per la parte della politica, e uno più aperto e fantasioso per quanto riguarda la dimensione della cultura. Questo contrasto forse è stato uno degli elementi che ci ha portato a perdere la battaglia. Se avessimo capito l’importanza di rifondare anche il linguaggio della politica non sarebbe più bastata una semplice repressione militare a spazzare via un movimento che comunque contava su milioni di giovani. Dall’altra era però un linguaggio di appartenenza, identità, e ci permetteva di riconoscerci al volo ovunque».
 - La storia ruota intorno a figure femminili molto belle. Rita, Alba e la misteriosa Sonia. Presente, passato e futuro?
 «Assolutamente. E senza voler fare omaggi a chi non ne ha bisogno, è giusto riconoscere che in quegli anni le donne sono state fondamentali, facendo compiere uno scatto formidabile a movimenti che partivano invece come rigidi e maschilisti. Perché hanno immesso una sensibilità molto forte, e una concezione del cambiamento più profonda. Quando gridavano lo slogan “Non c’è rivoluzione senza liberazione” dicevano una cosa tutt’altro che semplice. Ci hanno insegnato che oltre a rivoluzionare il sistema economico era necessario prima lavorare su noi stessi, sulla nostra cultura e sulle nostre menti. Infine, così come avviene nel mio romanzo, le donne sono importanti perché non vivono un senso di vendetta fine a se stessa, cercano sempre, a modo loro, una forma di dialogo e comprensione».
 - Come dicevamo non tutti hanno fatto al stessa scelta all’epoca. Così oggi alcuni sono ancora in carcere, altri siedono in parlamento. Quanti conti restano aperti nella vostra generazione?
 «Senza dubbio molti. Soprattutto nei confronti di chi ha fatto il salto dall’altra parte. Tra dirigenti nei giornali, nei partiti, nel mondo della televisione... ce ne sono tanti. Questo dà molto fastidio, soprattutto quando dai peggiori ti devi sorbire la paternale. È una riflessione molto amara, per fortuna su una parte neanche grande ma ben esposta mediaticamente. Dall’altra, c’è la ferita sempre aperta dei troppi anni di carcere e delle troppe persone che senza mai aver sparato un colpo hanno pagato uno sproposito. Io da questo punto di vista sono assolutamente convinto che sia necessaria un’amnistia per chiudere per sempre questa pagina».
 - «A guardare a ritroso si soffre, se non si ha più il gusto di guardare avanti»: è una frase detta dal protagonista del libro. Come conciliare la memoria col futuro?
 «Paradossalmente credo sia qualcosa di automatico. Difficilissimo ma allo stesso tempo inevitabile. Non riesco a pensare a un futuro che si costruisca senza la nostra memoria e la nostra storia, anche come popolo, e non solo come minoranze o generazioni. Noi negli anni Settanta fummo legatissimi alla memoria della Resistenza. E abbiamo vissuto e costruito nel segno dell’eredità dei partigiani. Senza di loro non avremo mai contribuito a cambiare il paese. Perché la rivoluzione l’abbiamo persa, questo è sicuro, ma tanti cambiamenti restano fondamentali. Non ho mai creduto che si possa spazzare tutto e ricominciare prescindendo dalla memoria. È una cosa che non può avvenire nell’arte e tanto meno nella politica. Bisogna leggere, e studiare, conoscere, anche questo significa fare memoria. Dall’improvvisazione non viene nulla di buono e, come diceva Galeano, non c’è futuro senza memoria».
 


   BIBLIOGRAFIA  DI TASSINARI


 
 
 L'amore degli insorti  ( 2005 )
 I segni sulla pelle  ( 2003 )
 L'ora del ritorno  ( 2001)
 Assalti al cielo. Romanzo per quadri  ( 2000 )
 Lettere dal fronte interno. Racconti in ... (1997 )


Senza titolo 805

colonna sonora  cambio  di mentalità  di Negrita  qui  per  il testo


Il post  d'oggi  sarebbe  dovuto essere una  riscrittura sintetica di uno dei miei primi post  la terra,la guerra,unaquestione privata  in risposta  ad alcune  email  di gente o che non legge  le  faq o che trova  il blog   sui motori di ricercz   per associazioni strampalate   e non .Ero quasi arivato alla  fine  , quando il  mio pc  (  che in qusesto periodo sta  facendo le  biffe )  si è  spento e  riavviato l, perdendo tutto quello  che  avevo scritto . Dopo la normale incavolatura  di rito ,  mi sono detto fra me  e me  ,  questo  è  segno "   di ribellione del mio pc   alle  troppe  e seghe mentali , e mi sono chiesto  :  perchè continuo a  farmele  anche quando non ce n'è  bisogno \  non  sono neccessarie  ?  perchè sto come  dice  guggini  nel'avvelenata   ad ascoltare  chiunque  ogni lamento ? Poi  mi sono messo  a letto   , e per  conciliare  il sonno   leggevo anzi rileggevo (  in quanto  certi fumetti  come  certi romanzi  insegnano e  formano la vita   come ho già detto  qui  nel blog   e  da  qualche  altra parte  in giro per la rete e poi   è  un fumetto che si  legge  d'un     fiato . Mi ricordo che acvevo iniziato a  inciato a leggerlo  con curiosità  per  poi  esserne trasfortato e  affacinato   come   quando lessi Maus  di Spiegelman . Entrambi gli autori regalano ad argomenti estremamente tragici il tocco lieve del lorotratto un po' naif Spiegelman con l'accorgimento di usare animali invece che persone, Satrapi con un disegno un po' infantile ma allo stesso tempo drammatico  ..  e per  altri motivi  che  è troppo lungo e  ffuori  luogo in questo post    ma  che  trovate  sintetizzati qui in un post dedicato ai fumetti  )  Persepolis di Marjane  Satrapi'   ad  uncerto punto prima che mi " calasse la palpebra  "   ho trovato questo frase  che  mi sembra  appropiata   e  funge da risaposta  ale mie domande  : << Nella  tua vita conoscerai  parecchi imbeccili . Se ti daranno dei dispiaceri  pensa  che  è la loro stupidità  che li induce   a farti soffrire  .Questo   ti eviterà di ripagarli con la stessa moneta  perchè non c'è nulla di peggio  a questo mondo che il rancore  e la vendetta  : cerca di amntenerti sempre onesta  e degna di te stessa . >>  Essa  inolre mi ha portato ( credo che farò riferimento --- infatti  l'ho messa  nel mio archivio privato  --  ad  essa ogni qual volta mi  viene  da  rispondere  ed  ascoltare  chiunque  ogni lamento  specialmente  degli idioti   e  dei pappagali   )  a  cancellare  da questo momento  senza  rimorsi   e senza  rimpianti inutili tutte quelle  email che  arrivano   e  che mi fanno domande  ed   obbiezioni  a cui  ho già risposto  nelle faq   e nel post  sparsi  nel blog perchè tanto sono al  95 %  insulti  ,  sfottò pesanti  al confine  tra  insulto ed  ironia  ,  o  in alcuni casi  tutt'uno con i primi  .


 

16.9.05

Senza titolo 804

 


Luca Dall'Olio



Compagni di viaggio di F.De Gregori


Avevano parlato a lungo di passione e spiritualità.
E avevano toccato il fondo della loro provvisorietà.
Lei disse sta arrivando il giorno,
chiudi la finestra o il mattino ci scoprirà.
E lui sentì crollare il mondo,
sentì che il tempo gli remava contro,
schiacciò la testa sul cuscino,
per non sentire il rumore di fondo della città.
Una tempesta d'estate lascia sabbia e calore.
E pezzi di conversazione nell'aria e ancora voglia d'amore.


Lei chiese la parola d'ordine, il codice d'ingresso al suo dolore.
Lui disse "Non adesso, ne abbiamo già discusso troppo spesso,
aiutami piuttosto a far presto,
il mio volo lo sai partirà tra poco più di due ore.
Sentì suonare il telefono nella stanza gelata
e si svegliò di colpo e capì di averla solo sognata.
Si domandò con chi fosse e pensò "E' acqua passata".
E smise di cercare risposte, sentì che arrivava la tosse,
si alzò per aprire le imposte,
ma fuori la notte sembrava appena iniziata.


Due buoni compagni di viaggio non dovrebbero lasciarsi mai.
Potranno scegliere imbarchi diversi, saranno sempre due marinai.
Lei disse misteriosamente "Sarà sempre tardi per me quando ritornerai".
E lui buttò un soldino nel mare, lei lo guardò galleggiare, si dissero "Ciao!"
per le scale e la luce dell'alba da fuori sembrò evaporare.



Senza titolo 803


Se Villa Certosa fa dimenticare Caprera


  SASSARI. Già visto. “Repubblica” lancia dalla settimana ventura un’altra delle sue belle collane di letteratura. Stavolta è dedicata agli Immortali. E infatti le copertine dicono cose così: «La Divina Commedia di Dante Alighieri» e poi tra parentesi le date estreme della vita (1265-vivente); così Shakespeare con le sue tragedie (1564-vivente): e così I Canti e le Operette morali di Giacomo Leopardi (1798-vivente). La pagina di pubblicità mi ha ricordato il mio primo giorno di scuola al Liceo: un ricordo che va bene di questi giorni, che i ragazzi tornano (di malavoglia) a scuola. Quel giorno il professor Giovanni Pittalis, una sorta di Zeus benevolo ma temutissimo dell’“Azuni”, fece la sua prima interrogazione: “Quando è morto Omero?”. C’era chi lo sapeva, c’era chi no. Ma Pittalis mandava subito a posto e proclamava: “Ci dò zero”. Diede zero a tutti, qualunque fosse la data che dicevamo. Si fece un silenzio di piombo. Lui camminava tra i banchi a grandi valchi. Poi si fermò, sollevò la sua imperturbata testa di Giove bittese e disse: “Omero non può morire!”. Quella lezione non ce la siamo mai dimenticata.   Garibaldi. Su “Repubblica” di ieri c’era la lettera di un lettore che lamentava il lamentevolissimo stato in cui è tenuta la casa-museo di Caprera. Quando l’ha vista, chiusa a metà per mancanza di custodi e abbandonata nelle altre stanze per mancanza di guide, c’erano anche due francesi, che - dice il lettore - facevano commenti «fra lo stupito e il divertito per il trattamento indegno riservato dallo Stato italiano all’eroe dei Due mondi». Se fossero stati due italiani sarebbero stati molto poco divertiti e, soprattutto, per niente stupiti: questo Stato, questo Governo forse non sa neanche dove sta Caprera. Al massimo, pensa che sia dalle parti di Villa Certosa.   Attenti al cane. Davanti all’edicola mi incontra una signora, elegante e gentile. Mi dice: «Professore, possiano scrivere al sindaco?». Risposta obbligata: «Perché no? La democrazia è proprio questa, che i cittadini scrivono e parlano al sindaco. E lui, se può, risponde. Che cosa dobbiamo scrivergli?». E la signora elegante e gentile, ma forte della virtù sassarese della chiarezza implacabile, dice: «Sassari è tutta cagata dai cani». «Va bene, signora - dico io, non il sindaco -. Chiameremo i vigili». «Quando arrivano i vigili, i cani hanno fatto tutto quello che dovevano fare. Perché i vigili escono alle otto - ribatte la signora - e i cani si sbizzarriscono alle sette. Stamane ho visto una signora che guardava divertita il suo cane che procedeva alla bisogna. Le ho detto: «Signora, non raccoglie?». E lei: «Non ho neanche un pezzo di carta. Se le dà fastidio, raccolga lei».   I vecchi. Dice: «Abbiamo bisogno di una nuova classe dirigente». Forse, quella che occorre è la vecchia, non la nuova. Quando chiuse il “Corriere dell’isola” (dicembre 1957) non si trovarono i soldi per le liquidazioni. Un po’ ne trovò, con grande fatica, il cavalier Celestino Serra, un notabile democristiano che quando c’era da sfaticare a gratis chiamavano lui. Era presidente dell’Eca, ma aveva accettato di occuparsi anche del “Corriere”, un quotidiano che aveva fatto acqua (di cassa e di lettori) fin dal primo giorno. Una liquidazione, forse, toccava anche a lui. E siccome il posto dove lavoravamo era lo stesso dove ora si stende il (quasi) avveniristico open space della nuova “Nuova”, sopra la tipografia dove Giuseppe Biasi stampava le xilografie a colori, trovarono un grande quadro di Biasi appena abbozzato e glielo regalarono. il cavalier Serra prese il quadro, affittò un carrettino e se lo fece portare a casa. Forse era la prima volta che qualcuno gli remunerava una fatica pubblica.
 

Senza titolo 802




Senza titolo 801

La Rai commissaria la Ventura  Il leghista Moncalvo responsabile di «Quelli che il calcio»Una decisione destinata a inasprire le polemiche dopo sole due puntate
 
 ROMA. La Rai «commissaria» Simona Ventura, nominando Gigi Moncalvo, ex direttore de La Padania, responsabile di «Quelli che il calcio». «Non sarò un controllore o un censore, piuttosto il capostruttura che farà da parafulmine per l’azienda, visto che Simona Ventura è una star esterna all’azienda», assicura però Moncalvo. Ma la sua nonima, avvenuta a solo due puntate dell’inizio della trasmissione e dopo clamorose polemiche, lascia i più perplessi. In Rai il partito degli ottimisti è pronto a rassicurare i fan del progranmma spiegando che è stato scelto un direttore responsabile giornalista per poter evocare il diritto di cronaca, aggirando le clausole del contratto Lega-Mediaset sul campionato. A scegliere Moncalvo è stato in ogni caso il direttore di Raidue, Massimo Ferrario, anche lui leghista. Domenica, alla fine di Quelli che il calcio, Ferrario ha convocato nel suo ufficio milanese tutta la squadra del programma, a cominciare da Gene Gnocchi e dalla stessa Ventura, per dargli comunicazione della promozione di Moncalvo a dirigente responsabile. Dalla ripresa del campionato molte sono state le polemiche scoppiate intorno alla trasmissione. Nel mirino, oltre alla querelle con Mediaset e la Lega calcio sulla legittimità di dare in tempo reale i goal, le imitazioni che già durante l’estate avevavo tenuto banco con Flavio Briatore intercettato al telefono con Stefano Ricucci, furioso per aver scoperto che Max Giusti lo avrebbe impersonato in tv. Ora a fare arrabbiare il vertice di Raidue, e non solo quello, sarebbero state, secondo il sito spazzutura  Dagospia, le imitazioni di Piersilvio Berlusconi e le ironie sull’intervento al meeting di Cl del presidente del Senato, Marcello Pera, immaginato tra i Pera boys con picciolo in testa. E' solo l'ennesimo  colpo di codda  duimun regime mediatico  ormai strisciante  oppure  un anticipazione di quello che  succederà  a chi farà satira o  difenderà  l'interesse pubblico a scapito di quello  privato  ,in vista delel elezioni   di settembre  , mala tempora currunt  prepariamoci gente   .

Ora  se  questo  è  l'italia   ,  negli altri paesi  atlantici   dove non esiste il conflitto d'interessi  e  dove in teoria  ma non  in prstivca   coi dovrebeb essere una situazione migliore che   in Italia     , la situazione    soprattutto dopo l'11 settembre  2001 , iìnon  p dele migliori  .  Leggete qua 

Al bando lo spot delle star Una versione è andata in onda anche sulle reti italiane  L’autorità inglese su Make Poverty History: «Troppo politico»
 
 ROMA. Star planetarie, da Brad Pitt a Emma Thompson, da Annie Lennox a George Clooney, che schioccano le dita ogni tre secondi, a simboleggiare la frequenza con la quale un bambino muore di fame da qualche parte nel mondo: lo spot di Make Poverty History, la campagna contro la povertà che aveva culminato a luglio con il concerto mondiale Live 8, è stato messo al bando. Il provvedimento è stato adottato dall’autorità britannica sulla pubblicità che ha ritenuto lo spot «troppo politico». Ofcom, questo il nome dell’authority, ha deciso il bando perchè la campagna pubblicitaria «mira a cambiamenti importanti nelle politiche del governo e in quelle di altri governi occidentali» e quindi viola le regole della pubblicità in tv, che dagli anni Cinquanta può essere solo partitica, come in caso di elezioni, ma non può veicolare messaggi politici. L’organismo ha riconosciuto gli intenti encomiabili della campagna, ma ha affermato di «non poter far eccezioni tra buona e cattiva politica» e di dover quindi proibire lo spot. «Make Poverty History» ha reagito con sdegno: «Siamo molto delusi da questa decisione. Abbiamo fatto di tutto per far sì che lo spot rispettasse le regole della pubblicità. La campagna semplicemente sottolineava che ogni tre secondi muore un bambino per cause curabili, a causa della povertà. I milioni di persone che portano al polso il braccialetto di Make Poverty History non lo vedono come una causa partitica. Lo vedono come un tema morale del nostro tempo». Versioni diverse dello spot sono state trasmesse in Spagna, Giappone, Francia, Irlanda, Usa, Canada, Germania, Italia, Australia, Belgio e Brasile.

Senza titolo 800







 

Nel suo interessante articolo su Repubblica di oggi Tim Garton Ash propone un sommario di sei diverse tesi sull’Islam e il suo rapporto scontro con l’Occidente, che si possono sintetizzare così:

1.   L’Islam è religione, la religione è superstizione e falsa conoscenza, c’è bisogno di una società laica nei paesi islamici.

2.   Il problema non è la religione in se ma la religione islamica in particolare.

3.   Il problema non è la religione islamica ma l’interpretazione distorta dell’Islam data dalle correnti integraliste.

4.   Il problema è politico: nessuno stato arabo è una democrazia autoctona.

5.   Il problema è l’Occidente, la sua immoralità, l’appoggio dato ad Israele.

6.   Il problema sta nel contatto tra l’immigrazione dei giovani musulmani e l’occidente che se per la maggior parte costituisce un enorme attrazione, dall’altra suscita disgusto e violenza in una minoranza.

Mi stupisce come manchi una tesi economica, piuttosto evidente.

Il fatto è che i 22 Paesi della Lega Araba costituiscono i maggiori detentori della ricchezza del petrolio, che è il bene mondiale attualmente più prezioso e la cui disponibilità va via via diminuendo.

La Lega araba non è mai stata unita, in realtà, sin dalla sua fondazione nel 1945. Divisa sin da allora tra paesi filo sovietici e filo occidentali.

Oggi divisa ancora tra stati filo occidentali e stati che rivendicano anche violentemente una propria indipendenza e autonomia, essi costituiscono in realtà il più grosso problema per l’economia liberista occidentale.

Che accadrebbe se la Lega Araba mettesse da parte odi e divergenze e si unisse in un mercato comune del tipo europeo e decidesse di porre un embargo petrolifero, o di escludere le compagnie occidentali dall’affare petrolifero?

Il nocciolo del problema è proprio questo e l’Iraq, uno dei paesi del petrolio, non a caso è al centro di questo conflitto già iniziato e di cui l’Islam e il Cristianesimo sono in realtà un banale pretesto.

Nel frattempo ieri in Iraq ci sono stati oltre 150 morti, oggi altri 20, e la democrazia irachena dal suo instaurarsi, ha comminato oltre alle torture subite nei vari carceri speciali, 41 condanne a morte e oltre 5000 condanne all’ergastolo.

 

 

 

14.9.05

chiama i 118 per un canen è viene denunciato per interruzione di pubblico servizio





OLBIA. Finirà in un’aula di tribunale, il caso del soccorso a un cane fatto dal 118. Perché se il padrone dell’animale ha annunciato una denuncia per omissione di soccorso, i vertici della Asl di Sassari stanno valutando la possibilità di chiamare in causa lui per interruzioni di pubblico servizio. In un caso o nell’altro, insomma, i giudici saranno chiamati a pronunciarsi su una storia che presenta alcuni lati oscuri. A cominciare, aspetto non trascurabile, dalla richiesta di intervento. Che, secondo una versione ufficiosa della Azienda sanitaria, sarebbe stato chiesto senza specificare che il ferito era in realtà un cane. Piccolo riepilogo. A Porto Cervo c’era una mostra di cani. Uno di questi si è sentito male, ha ricevuto le cure di un veterinario. Ma il padrone ha chiesto l’intervento del 118. «Al nostro centrale è arrivata la richiesta di soccorso - è la spiegazione che la Asl ha dato ieri ad alcune autorità -. Ma la persona che l’ha fatta non ha specificato che era per un cane. Urlava, aveva la voce concitata, sembrava che stesse per accadere una tragedia. In questi casi è necessario intervenire, e subito». E infatti: dalla centrale, erano le 18.50 di domenica, è stata inviata un’ambulanza. Da Olbia in direzione di Porto Cervo. Poi un’altra ambulanza, con il medico. «L’uomo ha richiamato, era ancora più agitato, diceva che stava morendo qualcuno, che non respirava più» è stata la spiegazione della Asl. Così è andata. Le due ambulanze hanno incontrato all’altezza del bivio di Porto Rotondo l’uomo che aveva chiesto i soccorsi. E lì, la sorpresa. Non di un paziente si trattava, ma di un cane. «Non gli abbiamo dato l’ossigeno perché non è possibile farlo, perché il 118 ha dei suoi strumenti, e non prevedono il soccorso per un cane. In molti casi, quando ci chiamano per animali sofferenti, indichiamo i veterinari più vicini. Ma in questo caso il problema è un altro». E il problema è che il 118, per un’ora, ha dovuto impegnare due mezzi per un intervento che non avrebbe dovuto fare. «Per fortuna, in quell’ora non sono successi eventi, altrimenti avremmo rischiato moltissimo» dicono a Sassari. Ed è per questa ragione che la dirigenza della Asl sta pensando di denunciare il richiedente per interruzione di pubblico servizio.

Senza titolo 799

vogliono fare entrare la Turchia in Europa.


per anni ci hanno rotto i coglioni a noi itagliani, con la storia che avevamo il PIL, il disavanzo, la disoccupazione e chi più ne ha più ne metta, in netta DISSONANZA con i parametri europei, il mercato, la concorrenza.


ancora facciamo i clown del teatrino europeo, con le corna del cavaliere, le sue goffe imprese da casanova con le filandesi, o con fazio che nulla riesce a smuovere dalla sua poltrona di pelle umana.


intanto tedeschi e francesi hanno cominciato a fare gli itagliani e nessuno gli ha detto nulla.


adesso voglio fare entrare in europa la Turchia, dove l'opposizione viene assassinata, gli studenti pestati e torturati se contestano il regime, i curdi sono ghettizzati e trattati come gli ebrei al tempo di zio adolfo...


ma che razza di europa è questa?


certo, le sinistre e le associazioni turche per i diritti umani dicono: fateci entrare in europa così tutto questo cambierà.


ma entrare in europa non doveva essere condizionato al raggiungimento da parte del governo turco di certi standard minimi, e dico MINIMI, di democrazia?


io credo che PRIMA DEVONO ESSERE RISPETTATI GLI IMPEGNI POLITICI, DEMOCRATICI ED ECONOMICI, E SOLO POI, SE I RISULTATI SONO CONSEGUITI, QUANDO LA TURCHIA ASSOMIGLIERA' NON DICO ALLA DANIMARCA O ALL'OLANDA, MA ALMENO ALLA ROMANIA, POTRA' ENTRARE NELLA NOSTRA COMUNITA'.


Nel frattempo ci vorrebbe qualche norma che consenta di perseguire tutte le infinite violazioni dei diritti umani perpetrate allegramente nella patria di Ataturk.


Utopie? Spero di no, sono regole che devono valere per tutti, non solo per questa itaglia terrona d'europa.


 


 


TORTURA: SORPRESA!
La Commissione Europea per la prevenzione ha tolto la Turchia dalla lista dei cattivi e, guarda caso, vi ha inserito due Paesi che l'avevano criticata: Germania e Grecia.
The European Committee for the Prevention of Torture (Cpt) has removed Turkey, who had remonstrated to the world twice, from the list of countries that will be investigated for torture and added countries who had criticized Turkey this year.
Turkey, which had been accused of violating human rights in its fight against terrorism, began using the slogan of "zero tolerance for torture" to help rid it of its past record. Positive results of from recent studies are being obtained. While the Cpt announced to the world in 1992 that torture was being implemented in Turkey, it has now removed Turkey from among the list of countries that will be under investigation in 2005. The Committee runs the European Covenant on the prevention of torture. Having criticized Turkey for many years about "torture", Belgium's inclusion to the list drew widespread attention. Germany and Greece were also added to the list with accusations that people whose freedoms were taken away would be examined. The Committee will also investigate human rights violations in Hungary, Norway, the Russian Federation, San Marino, Slovakia and Ukraine along with these three prominent European countries. A letter to all related units, parliaments and prime ministries announced this development. Turkish Prime Ministry Human Rights Council (Hrc) Chairman Associate Professor Vahit Bicak said yesterday the long ago implemented zero tolerance for torture policy, has begun to show its influence.
Human rights organizations have prepared many reports on human rights developments in Turkey. The Cpt reports on Turkey gain widespread attention. The Committee, coming to prominence during the1990s, began "uninformed" visits to countries in those days. Reports were written after investigations were conducted regardless of information givenby any authority; however, they were not announced to the public interest. Continuing with these implementations until 1992, Cpt made an exception for Turkey. In a public announcement taking into consideration the developments in human rights, the Committee signed a decision after many years in favor of Turkey. The Cpt determined the countries in which investigations have been implemented for 2005 into the suffering of people lacking freedoms and excluded Turkey from the list for the first time. The decision was communicated to the Turkish Foreign Ministry in a letter.
The following topics were investigated by the Cpt during its 14 visits to Turkey: Cpt investigated claims of physical and psychological torture and bad treatment implemented by the police officers during questioning; looking at whether or not people who were arrested were able to meet with their lawyers; the planning of more technical methods; the fight against terrorism being realized through the use of torture and bad treatment; arrested people's right to demand the doctor of their preference; determination of the inquiry methods; updating cell conditions at police stations and the gendarme; training of the police on human rights and the rehabilitation of physical arrest procedures. (Edip Ali Yavuz/Zaman)
23.02.2005


 


Izmir
May 29, 1998

Torture at Manisa

As a teenage high school student in December 1995, Sema was detained from her school in Manissa with a group of 15 other young people and accused of being a member of an illegal organization. Their treatment during police custody was to become a national and international scandal, highlighting the persistent problem of torture and the inadequacy of safeguards to protect detainees from abuse. This case was particularly shocking because the victims were so young and so ordinary. Parents all over Turkey realised that this could happen to their children. The "crimes" which formed the basis of their prosecutions were so minor -- writing slogans on a wall saying, "Down with Fascism," "Long Live Brotherhood Between Peoples," No to School Fees,"-- that the common belief that the harsh treatment of detainees by the police is justiefied was shaken.

During a ten day period, the Manisa students were systematically tortured and brutalised. They were beaten, tortured with electric shocks, sexually abused and raped with police trucncheons, sprayed with high pressure cold water and forced to stand naked under air conditioning units blowing frigid air. This treatment has left them with physical and psychological wounds, but they are putting their lives back together, even as the mountatin of litigation arising from the case grinds on. Human Rights First spoke to Sema Tasar at the Human Rights Center of the Izmir Bar Association.

Interview with Sema Tasar

Human Rights First: What difference has your experience in this case made to your plans for your future?

ST: We were the victims in this and at first it was a great blow to our self- confidence. We lost our trust in everything. However, I have come to understand that if it was not for the support we received from people in Turkey and from around the world we could have been sentenced to twelve and a half years in prison, as the prosecutor demanded. This support has given me strength and encouragement.

Human Rights First: Was what happened to you a factor in your decision to go to law school?

ST: Yes, the reason this happened to us was because of lawlessness in our country. As a lawyer, I hope to be able to do something to contribute to building the rule of law in my country. I can do something.

Human Rights First: Was the support of your lawyers important to you during your ordeal?

ST: Of course. Through our lawyers, I have learned that it is possible to struggle to defend our rights through legal means. I had lost faith in the law, but through them we have seen how the law can be used to help people who have suffered great injustices.

Human Rights First: Do you think that anything good came out of your experiences?

ST: Yes, people in Turkey are now more aware of the problem of torture and they are losing their fear of speaking out. Together, we can force the authorities to punish police officers involved in torture and bring an end to this problem in our country.

Human Rights First: Were you aware of the international concern about your case, and what was its impact on you?

ST: We received letters and messages of support from people all around the world. It encouraged us a lot, and I think it helped our case. Only public concern saved us from being left in prison and forgotten about.

Visit to Manisa

Later in the day, Human Rights First traveled to Manisa with Pelin Erda, one of the leading lawyers on behalf of the victims and thier families and the sister of one of the group. In a modest private apartment in Manisa, a town set in hills about 25 miles north of Izmir, Human Rights First met with a group of four of the young people and some of their parents.

Interview with Manisa Students

Human Rights First: What lasting effects have your experiences in this case had on you?

Manisa: We cannot live as we lived before, the case has left its scars. The police are still following us and harassing us. Now they keep their distance, but we see them. When we leave our houses, we always let our families know where we are going and when we will be back. We can't sleep properly and the sound of police radios makes us terrified. Some of us have permanent medical damage. For example, two of us are still having treatment on our ears that were injured when the police spryed high pressure water into them. For a long time we had problems with going to the toilet becuase of the electric shocks and other abuse. We all lost our self-confidence.

Manisa is a small town and most people know each other. Now, people tell their children not to spend time with us because they are frightened that thier children might get into trouble too. We and our families support each other, but it is difficult.

Human Rights First: Do you have any faith left in the Turkish legal system?

Manisa: No, we don't have any faith in our legal system. We are facing the full force of the state and its mechanisms and law could not protect us. The reason that we are now free has nothing to do with legal mechanisms. Popular support made us free.

Human Rights First: If the police officers accused of torturing you are finally convicted on appeal would that restore your faith that you could obtain justice through the legal system.

Manisa: Yes, to some extent, but we also need an explanation and an apology for why this happened to us. Why we spent two and a half years in priosn for nothing. Why we were abused and tortured.

Human Rights First: What are your hopes for the future?

Manisa We hope that because of our campaign and the public atention our case has received this will never happen again. There should be no more Manisas.

Where the case stands

At a hearing in March 1998 the Manisa Penal Court acquitted police officers accused of torturing the young people. Despite overwhleming medical and other evidence, the judge ruled that the torture of the young peple had not been established. The verdict has been appealed, and the victims' lawyers continue to press for the conviction and punishment of the police.

The young people are also still facing charges, although the prosecution is now calling for them to be sentenced only to time already served in detention. The young people continue to protest their inncoence and see this continuing prosecution as an effort by the state to protect itself from claims for compensation for wrongful impriosnment.

Senza titolo 798

Il Golpe elettorale di Berlusconi. Non resteremo a guardare
di  Antonio Padellaro




 È la legge truffa che una destra disperata vuole imporre con un golpe di maggioranza a sei mesi dal voto. È un colpo di mano che disattende la volontà popolare sancita in due referendum, quello sulla preferenza unica e quello che ha introdotto il maggioritario. È una situazione di emergenza democratica, di fronte alla quale l’opposizione tutta deve mobilitarsi, subito, nel Parlamento e nelle piazze.


È un imbroglio senza precedenti perché Berlusconi cambia, all’ultimo minuto e proditoriamente, quelle regole del gioco che in qualsiasi democrazia, appena decente, devono essere condivise dagli schieramenti in campo. Si abolisce con un tratto di penna il sistema maggioritario che secondo tutti i sondaggi tiene la Casa delle libertà dai cinque ai nove punti sotto l’Unione. E si torna a quel sistema proporzionale, mercato di voti comprati e venduti ai tempi della prima repubblica e quindi prediletto dalle consorterie eredi di quella gloriosa tradizione e oggi pascolanti a destra. La manovra diventa banditesca con lo sbarramento al 4 per cento: fino a oggi limitato alla quota proporzionale (25 per cento dei seggi); da domani esteso all’intero Parlamento, se il golpe verrà attuato. Significa, in concreto, che la Cdl conserva più o meno i suoi voti poichè tutti i partiti che ne fanno parte ( Forza Italia, An, Lega e Udc) superano lo sbarramento. Mentre nell’Unione, escluse le tre sigle maggiori (Ds, Margherita, Rifondazione comunista) ci sono almeno cinque formazioni sotto la tagliola del 4 per cento: Sdi, Verdi, Pdci, Udeur, Italia dei Valori. Insieme (sondaggio Mannheimer dell’altro ieri) sommano una percentuale che va dal 5,5 al 9.


Se passa la truffa tutti questi voti espressi liberamente dagli elettori non conteranno più niente: spariti, cancellati, annullati. Ma il peggio non è questo. La banda del buco ha escogitato un premio di maggioranza a favore della coalizione di partiti che prevale sull’altra. Mettiamo che l’Unione prenda il 43 per cento dei voti complessivi e la Cdl si fermi al 38 (che è il distacco misurato dai sondaggi più prudenti). Con la regola messa a punto dai maestri del furto con scasso la Cdl conserverebbe il suo 38 per cento mentre all’Unione verrebbe tolto quel 5-6-7 per cento di voti ricevuti dai partiti sotto lo sbarramento. Risultato: la Cdl non solo vincerebbe pur avendo perso ma stravincerebbe rapinando all’Unione anche il premio di maggioranza.


Quello che sta succedendo è talmente intollerabile che le forze dell’Unione si stanno già mobilitando per impedire con una valanga di emendamenti che a questo disgraziato paese, dopo i furti di verità e legalità, venga sottratta perfino la libertà di voto. Purtroppo, a causa dei regolamenti parlamentari che pongono precisi limiti temporali a una simile azione di contrasto, il golpe potrà essere ritardato ma non impedito.


Come spesso è accaduto l’ultima speranza è riposta in Ciampi. Già ci si chiede se il capo dello Stato non debba rifiutarsi di promulgare una legge così devastante sia della volontà popolare espressa nei referendum che della regola democratica secondo cui una maggioranza uscente (e non più maggioranza dopo le ultime ripetute, clamorose sconfitte elettorali) non debba poter stravolgere il sistema elettorale per sua convenienza alla vigilia delle elezioni.


La nostra è una pressione su Ciampi? Sì che lo è, rispettosa ma drammatica, convinti come siamo che anche lui sia consapevole dell’enormità di quanto sta per accadere.


Purtroppo avevamo ragione nel pronosticare che Berlusconi non si sarebbe arreso tanto facilmente. Adesso sappiamo che la sua sicumera nel pronosticare un prolungamento indefinito del regime, pur imputridito e cadente, aveva una ragione d’essere. Conosceva il piano della banda. Lui faceva da palo mentre i bravi ragazzi, Follini e Casini, si preparavano allo scasso. Che triste barzelletta quella dell’Udc, brava e buona. Perciò è necessario che alla pressione dell’opposizione si unisca quella, pacifica, democratica ma ferma dei cittadini. Questi signori devono sapere che non resteremo a guardare mentre loro fanno scempio dei nostri diritti.


Fonte www.unita.it



 

Senza titolo 797


Nel tempo dell'inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario


George Orwell

13.9.05

Senza titolo 796

 


Chi sono i veri colpevoli? Una domanda che ultimamente si sono posti in molti. Difficile dare una risposta per alcuni, più facile per altri. Naturalmente stiamo parlando dell'uragano Katrina, che il 29 agosto scorso in poche ore ha raso al suolo l'intera città di New Orleans. Sul Manifesto di qualche giorno fa si ricordava, astutamente, l'uragano George, che nel 1998 registrò a Cuba quattro vittime e, in seguito, l'uragano Charley che, sempre a Cuba, ne registrò in tutto altre quattro. Mettendo da parte quello che è il confronto tra i numeri della popolazione cubana e quelli degli Usa, resta comunque il fatto che l'isola di Fidel Castro, pur trovandosi in una condizione economica tra le più arretrate, fu indicata dall'Onu come modello di prevenzione quando lo Sri Lanka si trovò ad avere a che fare con la situazione post tsunami tempo dopo. Nel caso del fenomeno Katrina, invece, alla Casa Bianca è apparso molto più semplice scaricare le colpe sui politici locali. Ma, ritornando al quesito iniziale, chi sono i veri criminali? Gli sciacalli. Già, avete sentito bene, sono proprio loro. Riportando le parole di Jordan Flaherty: "In una città disperata, che sta morendo di fame, nessuna persona sana di mente dovrebbe definire «sciacalli» delle persone che prendono viveri da negozi chiusi a tempo indeterminato, ma i media lo hanno fatto in continuazione. Gli sceriffi e i politici parlavano di far proteggere i negozi dalle truppe, invece di dedicarsi alle operazioni di salvataggio. Le immagini degli abitanti di New Orleans distrutti dall'uragano sono state trasformate nelle immagini di criminali neri fuori controllo. Come se prendere uno stereo da un negozio chiaramente assicurato contro la perdita fosse un crimine più grave della negligenza e dell'incompetenza dell'amministrazione, che hanno causato miliardi di dollari di danni distruggendo una città". Lascio a voi trarre le dovute conclusioni.


Senza titolo 795

Nel supramonte del sud, un tempo regno dei bracconieri, torrenti, vallate e cascate spettacolari Linas, il parco dei sogni   Tutelata l’area dove sorge la miniera di Perd’e Pibera Itinerario nella Sardegna più segreta, in uno dei siti ambientali più preziosi del Mediterraneo 



GIANNI OLLA 


 VILLACIDRO. «Sul Linas ci vanno i bracconieri, non i turisti...». Breve scambio di battute prima di un ennesimo viaggio in cerca dei parchi che ci sono e non ci sono. Il nostro interlocutore è un geometra dell’ente foreste, che conosce bene quei luoghi. I bracconieri li combatte da anni, e ne conosce le mosse, i sentieri che utilizzano, le trappole, anche micidiali, e non solo per gli animali. Chi scrive ha semplicemente chiesto notizie della strada sterrata che, da Gonnosfanadiga arriva alla base delle cime, ed in particolare a Perda’e Sa mesa, 1236 mt, facilmente raggiungibile, a piedi, dall’altipiano di Nuraxi Togoro. Infatti nella primavera scorsa la strada, comunale, è stata resa inagibile per qualche settimana dalle piogge torrenziali. In effetti, non sembra credibile - anche per esperienza personale - che quell’area che molti chiamano il Supramonte del sud, con i suoi spazi vastissimi dai quali si vede mezza Sardegna e tutta la costa marina occidentale, con i suoi torrenti e le sue cascate spettacolari, con le sue vallate boscose che affascinarono anche Lamarmora, preoccupato dell’assalto selvaggio al legno, sia solo il regno dei bracconieri. Non lo è neanche per l’ente foreste e per i due comuni interessati. Il comune di Gonnosfanadiga, ad esempio, divenuto proprietario dell’ampia area occupata dalla miniera di Perd’e Pibera, ne ha fatto un parco, affidandolo in gestione all’ente foreste che sta ristrutturando gli edifici minerari. Da Perd’e Pibera parte il percorso più bello, più lungo e spettacolare verso tutto l’arco del Linas, descritto in tutte le guide e segnato dal Club Alpino Italiano. Sul versante opposto, alla fine della strada comunale che parte dalla chiesetta bizantina di S. Severa, il punto di partenza per altre escursioni è la località che, nelle carte IGM, è chiamato Ovile Linas, a quota 732mt. Era il centro di una vasta proprietà ad uso prevalentemente pastorale, ma i padroni, cagliaritani, non disdegnavano qualche gita. Infatti, incongruamente, a due passi da quello che è oggi un cantiere dell’ente foreste e che dovrebbe diventare un rifugio per i visitatori, vi è una costruzione rossastra in legno, con grande tetto spiovente in stile alpino: la cosiddetta «casa formaggino», oggi sbarrata, che potrebbe anch’essa diventare un buon luogo di sosta. Da questo punto di arrivo le «ripartente» a piedi, in bici, a cavallo, sono innumerevoli. Attraverso vecchie carrarecce utilizzate dai carbonai e dai minatori, si arriva in poche ore fino a Fluminimaggiore. Oppure, proseguendo lungo altri sentieri, ugualmente ben segnati, ci si inoltra nella valle dei Rio Linas, Cannissoni, Leni, in vista della lunga sequenza di cascate spettacolari (Linas: quattro salti tra i trenta e i dieci metri; Muru Mannu, settanta metri; Piscin’Irgas, 40 metri) che hanno avuto l’onore di diverse ricognizioni da parte delle riviste specializzate di viaggi e turismo. E il titolo di uno dei servizi era significativo: la Sardegna che non ti aspetti. In alternativa, un altro sentiero lungo le pendici di quel Muru Mannu da cui scende il torrente che forma la cascata, si arriva alla valle di Oridda, cioè al confine tra i comuni di Villacidro e Domusnovas. Scortato dai responsabili dell’ente foreste (il dottor Mole e il responsabile del complesso, dottor Maxia), chi scrive è arrivato invece a Oridda da una strada sbarrata che parte dagli ex complessi minerari di Tinì-Arenas, in territorio di Fluminimaggiore. Giornata straordinaria d’inverno. Sole e neve, che imbiancava non solo le cime del Linas, ma tutto il bosco: paesaggio incantato da stampa giapponese o da film di Zhang Yimou, con le impronte degli animali del bosco ben visibili sul bianco della neve. Poi dal Rio Orrida, che dà origine alla cascata di Piscina Irgas, un’altra strada sbarrata - vecchio percorso dei lavoratori che da Villacidro raggiungevano le miniere dell’Iglesiente - ci ha portato direttamente alla sede dell’ente foreste di Villacidro, nella foresta di Monti Mannu, divisa da un altro torrente, il rio Leni, che dava l’acqua potabile al comune. La palazzina dell’ente foreste, circondata di maestosi cedri del Libano, assomiglia ad un alberghetto della campagna francese, elegante, squadrato e invitante. Un tempo era la direzione della miniera di Canale Serci, luogo, in qualche modo storico-letterario. Alle spalle delle costruzioni ristrutturate stanno in bell’evidenza i resti della laveria e della fonderia, descritte da Giuseppe Dessì in una delle sequenze western di «Paese d’ombre». Scrive Dessì che, alla fonderia della miniera arrivavano i carichi di legname dalla foresta di Mazzanni, in alto, sul monte, dove oggi si sta scavando un tempio punico. I vagoni ferroviari venivano portati a valle, in andata, dalla semplice forza d’inerzia e, al ritorno, erano trascinati dai muli. La descrizione del terrore dei muli, legati e bendati dentro i vagoni, durante la rumorosa discesa, è uno dei pezzi più belli del romanzo. Ed è altrettanto bella l’evocazione misteriosa della fucilata che uccide il rapace «disboscatore» toscano che scendeva anch’esso a valle dentro uno dei vagoni. La sinergia cultura/ambiente è una delle sfide che il parco - chiamiamolo finalmente così, perché esiste, almeno quello letterario intitolato allo scrittore di Villacidro - ha lanciato da qualche tempo. E non si può dire che non abbia prodotto risultati, nonostante le tipiche indecisioni isolane (politiche e mentali) e la ricerca di professionalità da formare. Comunque, per chiudere in bellezza e ottimisticamente questa puntata, non solo vanno segnalati gli sforzi della fondazione Dessì per porsi come ponte tra la geografia, la storia e la letteratura ma anche la volontà di rendere fruibili questi luoghi con sentieri ben tracciati, accessibili a tutti e con la possibilità di soggiornarvi. Mentre il comune sta costruendo, su vecchi ruderi di carbonai, una locanda in mezzo al bosco, l’ente foreste ha quasi finito di ristrutturare, nella stessa area di Monti Mannu, la vecchia caserma che diverrà un rifugio. L’area del Linas/Monti Mannu non è più misteriosa e la sua attrazione non è più solo la cascata di Sa Spendula (ai margini del paese) celebrata da D’Annunzio. Siti Internet molto belli (che l’ente foreste, colpevolmente, non ha) e molto curati mostrano gli accessi e i sentieri anche più difficili, nonché i luoghi ancora poco battuti (come la misteriosa serie di cascatelle di S’Ega Sizzoris, nella valle di Villa Scema) e mettono a disposizione numeri di telefono per le guide. In primavera si svolgono spesso manifestazioni di escursionismo per professionisti che scalano le cascate e in luglio, sul lago artificiale Leni, c’è una manifestazioni internazionale di triathlon. Insomma, la strada maestra per fare davvero dei parchi che non taglino fuori i comuni e la popolazione. E che producano anche reddito.
 
 

Senza titolo 794

Da Forza Italia messaggi antisemiti un caso isolato  visto  i precedenti  ?  o  un tentativo per  crreare un polverone mediatico  e  far dimenticare   \  distogliere l'attenzione sul caso fazio  e  la nuova legge sulle intercettazioni trelefoniche   ?

 



Interrogato sul caso Fazio, il parlamentare di Forza Italia, Guido Crosetto, ha risposto che le banche italiane fanno gola "sopratutto alla grande massoneria ebraica e americana.." indicando l'istituto bancario Merrill Lynch come "particolare" per via della totalità ebraica all'interno del consiglio di amministrazione. Alcune dichiarazioni, volte sopratutto a sotterrare la cosa, hanno visto luce. Perfino Giulio Andreotti, che pur nei giorni scorsi aveva difeso l'operato di Fazio, additando il comportamento dei partiti come un attacco ai cattolici,e per  nel sua  quarantennale  ambiguità politica   ha deprecato l'uscita di Crosetto, segnalando "la coda di razzismo che qualcuno non riesce a perdere". Oggi sul Corsera (  giornale  di solito  su posizioni cerchiobottiste   e  troppo mopderate  )  è uscito un bell'articolo di Riotta, che si chiede perchè non ci sia una presa di posizione netta di condanna di FI, verso l'onorevole Crosetto. Se la risposta più semplice sembra essere la volontà dei forzisti di glissare sull'argomento,e  di  dire ipocritamente : <<  noi siamo i  più grandi amici  di israle >> ( berlusconi )  ; <<forza  italia  non  è antisemita  >> (  fini  ) ,  io non voglio farlo . In Italia, assieme a quello per mussulmani, neri ed extracomunitari, vedere lega  e  destra  extra parlametare  dobbiamo registrare (  di nuovo  )  anche un sentimento razzista verso gli ebrei ? Ma la storia non insegna niente ?  hanno forse mandato in onda le  comiche senza  avvisarci  ?  non si  sono accertatrti  prima di  aprire  bocca   che il cervello fosse collegato  ? dimenticato   le  leggi i razziali   del  1938  e  l'ulteriore  giro di vite    di tali infamanti e   vergognose leggi   della  Rsi (  repubblica  sociale  italiana  ) ovvero al  continuazione  del fascimo  dopo il 25 luglio  1943 ?  (  per  chi queste cose le  dovesse conoscere eviti  di  leggersi i  collegamenti ipertestuali  , per  chi invece non le ricorda   o  le  ha  dimenticate   a causa  della riscrtutra dela storia  operata  da   questo   regime   se  li  rillega    perchè  repetita  iuvant  come dicevano  i latini   )   lascio a  voi , ogni risposta   alla domanda  fatta  nel titolo  .L'unica  cosa  che  dico  e èm  il solito  meditate  gente   meditate 


 

Senza titolo 793


Irlanda del Nord. Una ferita nel cuore dell'Europa. Ogni volta mi illudo che vi sia una qualche possibilità di pace e di civile convivenza. Ed ogni volta rimango deluso.


Da Luglio a Settembre, i giorni più crudeli. Le marce orangiste. Nell'Ulster le persone hanno lunga memoria. Ciò che per noi è assurdo, scannarsi per il ricordo della battaglia di Boyne del 1690, tra i cattolici di Giacomo II e i protestanti di Gugliemo d'Orange, per loro è cosa buona e giusta.


Quest'anno La Commissione indipendente che sovrintende alle marce aveva modificato il percorso degli orangisti, costringendoli ad aggirare un'enclave  cattolica, nei pressi di Springfield road. Ma i lealisti se ne sono fottuti altamente. A Bangor hanno attaccato un bus; dopo aver rapinato tutti i passeggeri, gli hanno dato fuoco. Stessa sorte per sei auto ed un furgone, le cui carcasse sono state poi usate come barricate.


Per tutta sabato notte, i protestanti hanno scagliato contro la polizia bombe molotov, razzi e ordigni artigianali, oltre a pietre e bottiglie. Negozi sono stati incendiati. Un bomba è scoppiata davanti ad un commissariato.Nella parte orientale di Belfast gli estremisti si sono impossessati di una ruspa, con la quale hanno abbattuto diversi lampioni.


La polizia si è limitata ad arrestare undici persone.


L'IRA ha accettato il disarmo; siamo sicuri che sia soltanto lei l'ostacolo per la pace ?

Cambiare ...rinascere!

Cos'è "cambiare" ? Forse è buttarsi dentro a un forte vento che ti porta via… Dove non sai, ma non lo puoi fermare…
O il salto di un burrone che fatichi ad affrontare… Anche se tutto intorno a te stà per crollare…

Forse è una cascata che porta via il passato… O dell'acqua pura che ti scorre dentro, cancellando tutto ciò che è stato…

Forse soltanto un altro bivio da affrontare… O una svolta per poter ricominciare…

Forse tutto… O niente… O forse è solo una parola incoerente…

Cos'è "cambiare" ? Solo e soltanto rinascere in un mondo tutto da scoprire… ....Con il coraggio di volerlo fare….



diario di bordo n 98 anno III i no vax raccolgono quello che hanno seminato , caso Ramy Elgam gli abusi e la mancanza di rispetto del potere ,acca larentia uso distorto e strumentale del ricordo

Finalmente i anzi dei * no vax ( ovviamente senza generalizzare in quanto esistono come fra i vax quelli civili ed rispettosi ) trovano pane...