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15.2.14

in giro a fare foto diga del liscia il 9.2..2014

da  http://topolino.it/archivio-post/
Cari amici\che  , compagni  di  strada   \  di viaggio (  chi mi segue  dal  vecchio blog  di splinder  )   come va? Oggi mi sento particolarmente ISPIRATO,e  ho deciso  di  scrivere   e rispondere  cosi alle vostre  domande     su cosa  faccio  quando non lavoro  , oltre  a leggere  fumetti e  sminchionare  \  cazzeggiare  perdere  tempo  su facebook , raccontandomi  , specialmente  attraverso le mie  foto  , dell'uscita  fatta il  9  c.m   con il gruppo ( le nostre pagine di facebook  : quella  chiusa  solo per  l'associazione .,  quella  aperta   ) .  
IL luogo  è  la  diga  del Liscia   fra  S'antonio , Calangianus  , Luras  ( vedere sotto  la  cartina   )  presa  , tramite  il cattura  schermata in quanto  il sito non permette  il  copia e incolla   da  http://www.lamiasardegna.it/files/luras.htm  dove  troverete    dei  buoni itinerari   se  non amate le spiagge  o  volete  vedere  luoghi interni   di una regione  

ecco le mie  foto    Purtroppo   essendo abituato al sperimentare  e\o  all'automatico sto imparando da poco ad  usare il manualee  quindi a destreggiarmi con  tempi e diametri   . E poi   c'era   una luce pessima   essendo nuvoloso   e  ventoso  .



































e per  finire  le  foto  "  dell'allegra  brigata   " ( parziale  perchè  su 50 ne  mancavano molti  )  , alcuni   quelli dello studio fotografico Gallura  hanno fotografato    ed  altri  non si sono voluti mettere  nella foto  di gruppo 



14.2.14

Gubbio L'harakiri di uno studente modello: farsi bocciare apposta per amore


  uniuone  sarda  
Desta clamore e stupore il proposito di un liceale di Gubbio che vuole perdere apposta l'anno per stare in classe con la fidanzata più piccola.
Farsi bocciare per poter così frequentare la stessa classe della fidanzata di un anno più piccola. Questo il dichiarato proposito di uno studente liceale di Gubbio, che sta accumulando assenze apposta per perdere
foto simbolo
l'anno. E, per fargli cambiare idea, è scattata ora una vera e propria mobilitazione. In prima linea, ovviamente, i suoi genitori, ma anche gli insegnanti, i compagni e la preside dell'istituto, Maria Marinangeli. "Stiamo cercando di fargli capire - ha spiegato la docente alla stampa - che questa decisione è dannosa e che, comunque, nessuno vuole frapporsi ai loro sentimenti". Negli ultimi tempi lo studente ha frequentato a singhiozzo le lezioni. Il suo obiettivo è quello di totalizzare 55 assenze, quota che fa automaticamente scattare la bocciatura. Eppure, continua la dirigente, "è in gambissima. Un ragazzo amorevole - aggiunge -, studioso e senza alcun problema di profitto". Chissà se San Valentino, patrono degli innamorati, e le pressioni di docenti, amici e compagni riusciranno infine a farlo venire a più miti consigli.

13.2.14

Quando c’è una meta, anche il deserto diventa strada.


san valentino bah valentino bah

IL mio pensiero per  san valentino  potrebbe essere   riassunto da questa  vignetta  di Silvia  Ziche  topolino n.3038

ma  su facebook , e  qui integro   con  essa ,   ho trovato   questo  post  di   Mariella Mundula

Tra due giorni è San Valentino.......bene bene, non diciamo la solite fesserie....cioè che quando ci si vuole bene è San Valentino tutti i giorni, che tutti i giorni bisogna ricordasi che ci si ama e tutte ste panzane, il mio interessamento per tale festa è di tutt'altra natura, a me piace mangiare bene tutti i giorni, quindi, se qualche buon San Valentino mi vuole invitare mi contatti....niente fiori rose cioccolati, ma una lasagna ben fatta me la mangio.

“Trilli” si salva dal motore ma muore per lo spavento Sassari, triste sorte di una cagnolina: viene salvata dagli ingranaggi ma il suo cuore si ferma un’ora dopo

non sempre   ci sono storie  a lieto  fine sia  nel mondo animale  sia in quello umano è questa è una di quelle

da  la nuova sardegna

12.2.14

non c'è lavoro me lo invento o riscopro quelli antichi Il riparatore di bici a domicilio Arriva da Uras e lavora a Milano

un nostro emigrato che si fa onore. Ormai si emigra non per lavorare ma per inventarsi un lavoro che basta a malapena per pagare affitto e utenze.E' la storia di   Daniele Tetti, 26 anni, si è inventato un lavoro per sbarcare il lunario nel capoluogo lombardo.riportata  dall'unione  sarda  Mercoledì 12 febbraio 2014 14:14




Con una laurea in Ingegneria Chimica presa all'università di Cagliari in valigia, Daniele Tetti, originario di Uras (Oristano), 26 anni, è arrivato a Milano tre mesi fa. Nessun lavoro per lui, nessuna prospettiva: il suo curriculum non andava bene neanche per fare il cameriere.
Così è nata l'idea: riparare biciclette a domicilio. "Con un pugno di attrezzi e 1000 volantini ho iniziato a farmi pubblicità", racconta il giovane. Le prime telefonate sono arrivate in pochi giorni, e ha deciso di creare anche una pagina Facebook: "meccanico bici a domicilio Milano". Funziona? "Riesco a pagare l'affitto e le utenze, ma non posso concedermi serate di svago o biglietti aerei per tornare ogni tanto a casa". A chiamarlo è soprattutto gente comune: "Finora non ho mai trovato persone disoneste, anzi. Anche se si pensa che Milano sia una città senza sentimenti, ho riscontrato con sorpresa tanta solidarietà e appoggio per la mia attività". In questi casi spesso la fregatura è dietro l'angolo, ma lui assicura: "Capita di incontrare persone che non capiscono nulla di bici, potrei approfittarne ma non l'ho mai fatto. La mia è un'attività che può avere un futuro solo grazie al passaparola, è fondamentale essere onesti".

Sabrina Schiesaro



chiedi di renato

Daniela Tuscano, insegnante, blogger e scrittrice milanese, classe 1964. Cristian Porcino, filosofo, romanziere e autore di diversi saggi, di Catania, 33 anni. Cosa li accomuna? La passione per Renato Zero, naturalmente. Che li ha spinti a scrivere un libro («Chiedi di lui», ed. Lulu,foto a  sinistra  acquistabile  qui )

- Un libro su Renato Zero è sempre una novità, malgrado ne siano stati scritti tanti. Come mai, secondo voi?

«Si, è vero, negli anni sono usciti diversi libri su Renato Zero ma l’intento degli autori molto spesso è stato forse quello di dare più risalto al personaggio dimenticandosi o tralasciando la forza prorompente della sua produzione musicale. Ciò che
contraddistingue il nostro libro consiste proprio in una rilettura personale dell’opera del cantautore romano. Non ci siamo occupati di gossip o di dare rilievo ad argomentazioni becere, bensì abbiamo analizzato più di 40 anni di carriera discografica di Zero. Quindi non ci stupisce l’entusiasmo che ancora oggi desta negli spettatori il carisma e il talento del re dei sorcini ».
- Ho notato che si struttura in tre parti…
«Abbiamo preferito questa opzione per spiegare in modo più lineare ed esaustivo il percorso storico-artistico di Zero. Nella prima parte Daniela si è occupata degli esordi di Renato fino alla fine degli 80, mentre nella seconda parte Cristian ha raccontato dagli anni Novanta fino ad oggi. Alla fine delle due sezioni abbiamo incluso alcune testimonianze di fan di quasi tutte le età per completare un ritratto a 360 gradi di Renato Zero».
«Quando ho proposto a Daniela di scrivere un libro su Renato Zero – interviene Cristian – le ho detto che il testo doveva raccontare le nostre emozioni e il nostro vissuto per poter meglio descrivere la sua musica. Nel libro ci siamo appunto noi, però non noi in quanto semplici ammiratori di Renato ma Cristian e Daniela; 
due soggetti della storia che sono cresciuti e si sono evoluti anche grazie alle canzoni di Zero. Non volevamo redigere una sequela di nozioni biografiche, ma partire proprio dalla nostra vita, dai momenti importanti che coincidevano quasi sempre con le svolte artistiche di Renato. Il nostro obiettivo principale era proprio quello di descrivere uno dei più grandi cantautori italiani partendo proprio da noi stessi. Anche se con età ed esperienze diverse, Daniela ed io siamo stati in grado di raccontare un mito transgenerazionale che non smette mai di entusiasmare le folle… e anche noi».
Il libro ha la prefazione di Maria Giovanna Farina. Grazie agli autori e buona lettura… a fans e non.
Silvia Calzolari, poetessa e scrittrice  


magazino18 di Cristicchi un primo passo di memoria condivisa sulle foibe e sull'esodo ?

Prima d'iniziare  la mia recensione   dell'opera  teatrale   contesta   ( vedi a destra  una delle  foto  con insulti  a  cristicchi    riportate  dalla  stesso    sula  sua  pagina   ufficiale  di  Facebook
) riporto  qui  questo  editoriale  di Michele Serra   dedicandolo a   chi contesta  un opera  senza  prima averla vista  . 

<<“Grazie mamma Rai, più che seconda serata è un notturno per chi soffre d’insonnia!!!>>   ho visto su rai replay  lo spettaclomagazino18 di Cristicchi  . Come  dice il http://www.secoloditalia.it/

 Va beh…”. “Simone non c’impediranno di vederti nemmeno se mandano Magazzino 18 alle 3 di notte! Rai ha cercato di calmare le “acque”, ma l’orario è improponibile…ci vediamo a Udine!!”. È la voce del web all’indomani della Giornata del ricordo dell’esodo giuliano-dalmata e del dramma delle foibe,  troppo ingombrante persino per il servizio pubblico. Dopo una giostra di stop and go, annunci e ripensamenti, per la Giornata istituita dieci anni fa dopo mezzo secolo di silenzio e occultamenti, la rete ammiraglia Rai ha scelto una soluzione a metà, un compromesso all’italiana: relegare in seconda serata  dopo Porta a Porta (per fortuna dedicata alle foibe) lo spettacolo Magazzino 18 di Simone Cristicchi. Il monologo, registrato a ottobre al Politeama Rossetti di Trieste, è apparso sul piccolo schermo pochi minuti prima della mezzanotte, orario in cui gli sbadigli sono in agguato. Chi ha resistito al richiamo del letto ha potuto apprezzare il musical recitato da Cristicchi. accompagnato dall’Orchestra Sinfonica e dal Coro dei bambini del Friuli  Venezia Giulia. per “ricordare” i 350.000 italiani di Fiume, Istria e Dalmazia che nel 1947 furono costretti ad abbandonare tutto per sfuggire all’occupazione titina e al disegno ella Grande Jugoslavia comunista. Nessun intento revisionista, nessuna apologia di fascismo nell’opera di Cristicchi che vuole recuperare una pagina di storia strappata, ignorata dai libri di storia, messa a tacere dal Partito comunista italiano, trascurata dai governi democristiani, insabbiata dall’Italia ufficiale e dagli alleati che non mossero un dito per impedire l’esodo disperato di quelli italiani (tra i quali preti, bambini, partigiani e comunisti, non solo fascisti).«Contro ogni negazionismo – ha spiegato Jan Bernas coautore di Magazzino 18 – la storia non appartiene a nessuno ma la verità è di tutti. E deve diventare coscienza e conoscenza nazionale». Questo il senso dello spettacolo, messo all’indice dalla sinistra militante, dai nostalgici della guerra civile, contestato a teatro da patetiche incursioni dei centri sociali a suon di slogan pro Tito in un crescendo di veleno fino alle minacce di ieri  (Cristicchi boia!) durante la rappresentazione a Roma dello spettacolo [....]  continua  qui 


 la storia è sempre fatta di fatti che si concatenano c'è un PRIMA e un DOPO . Ma il DOPO non è mai giustificato dal DOPO ma spiegato dal PRIMA .
Ecco perchè la rai visto che cristicchi parla di tale fenomeno a 360 gradi senza nessun sconto a nessuno. Ecco perchè l'opera magazino18  non è  andato in onda  in prima  serata  ma  a notte fonda. 
È una narrazione forte e schietta, che ti entra dentro, che non scade mai nella retorica commemorativa, un piccolo capolavoro che gli addetti ai lavori hanno ribattezzato  “Musical Civile”. Un’opera coraggiosa che ha stregato il pubblico triestino riscuotendo un successo crescente in tutte le tappe della tournée.Un 'opera bella bello e triste .Originale  e toccante    il modo  di raccontare  tali eventi
. Infatti Magazzino 18 si apre con la visione dell’impressionante mole di oggetti personali (che gli italiani di Istria, Fiume e Dalmazia costretti a evacuare lasciarono al Servizio Esodo) ancora ammassati dopo sessant’anni al Porto di Trieste all’interno, appunto, del Magazzino 18 abitato da fantasmi e da topi. L’escamotage dell’archivista inviato dal ministero per inventariare “quella roba” permette di riportare alla luce le vite che si nascondono dietro una sedia, una chitarra, una lettera, una panca.
Spalancando le porte del magazzino vengono riesumati brandelli di un’immensa tragedia di cui quasi nessuno sa nulla. Le foibe, le esecuzioni sommarie che non risparmiarono donne, bambini e sacerdoti, la vita nei campi profughi, il dolore straziante degli italiani imbarcati sulla nave Toscana nel vedere via via all'orizzonte allontanarsi la loro terra. I “fantasmi delle masserizie” evocano Norma, figlia di un fascista, violentata e poi scaraventata in una foiba con i seni pugnalati; Mafalda, caricata con centinaia di prigionieri su una nave lanciata verso mine galleggianti; Marinella, la bambina di appena un anno morta di freddo in un campo profughi vicino Trieste; Geppino Micheletti, il medico che prestò soccorso ai sopravvissuti della strage di Vergarolla nella quale aveva appena perso i suoi due figli. È una narrazione forte e schietta, che ti entra dentro, che non scade mai nella retorica commemorativa, un piccolo capolavoro che gli addetti ai lavori hanno ribattezzato “Musical Civile”.Essa  rende  benissimo  il monologo  un genere  teatrale   se  fatto  tanto per  fare   pesante  e noioso .
Nonostante  alcuni limiti storici  vedere  qui, e la  dimenticanza  (  scritta  in fretta  o errore ? )  dei campi di concentramento  italiani  o  quelli  nazisti  a  fossoli   e  risiera  di  san saba  , la  sua  opera  è un qualcosa  di scomodo e  d'indigesto  per tutti  perchè non fa  favori nè a destra  nè a  sinistra  .
Perchè racconta  la situazione storica  del   confine  orientale  (  Croazia ) a  360  gradi e senza   strumentalizzazioni  o melglio uso politico  ( vedere i miei post  su tali eventi )  di queste  vicende  .Una ferita  ancora  aperta. Vicende  che non vanno dimenticate  ne strumentalizzate   come  ho detto  ( e  continuerò a dire ) in tutti i miei post   fatti in  questi  10 anni  di blog  . 
Grazie   Cristicchi  pernon aver fatto a nessuno .Ed  aver attaccato  : 1) i  giustificazionisti  , gli scaricabarile ,2)  gli indifferenti  e  i silenti  che hanno permesso  l'oblio di queste vicende .3 ) a certa  sinistra  quella   del partito  comunista    che dissero  e fecero  (   ed alcuni vedi i contestatori aprioristici  dell'opera teatrale in questione , continuano )  a definire  gli italiani fuggiti  da tali  zone  come  fascisti 

11.2.14

la vita è .....


inno sardo bistrattato dall'italia

la storia  

Inno dell'Indipendentismo Sardo venne composto all'indomani dei moti rivoluzionari del 1794 da Francesco Ignazio Mannu, nobiluomo di Ozieri e magistrato a Cagliari, con il titolo Su patriottu sardu a sos feudatarios.
Il testo originale, articolato in 47 ottave logudoresi, ben 375 versi totali, è vero canto d'amore per la propria terra e fiera rivendicazione d'identità, ma anche circostanziato decalogo sulla sacrosanta lotta per la libertà contro la secolare oppressione dei dispotici e arroganti proprietari terrieri che sfruttavano avidamente l'isola con la complicità del regime sabaudo.
La versione italiana quì sotto riportata testimonia più d'ogni altra parola quanto il brano si sia preservato attuale, ad onta dell'età, 
e universale, nonostante il peculiare contesto storico, sociale, geografico e letterario. 
Uguale istanza repressa sembra esprimere la danza dal passo cadenzato dei Mamuthones di Mamoiada, figuranti di un arcaico carnevale pagano, la schiena curva sotto il peso dei campanacci, 
il volto coperto dalla lignea maschera totemica, guidati come gregge d'armenti dagli Issohadores.
Eppure dal loro grave portamento traspare riflesso l'ancestrale orgoglio, già forse perchè la dignità di un popolo, al contrario dell'infamia dei suoi governanti indigeni o stranieri, non si misura 
con il metro della storia scritta con il sangue dei vinti, né tanto meno si logora con il passare del tempo.


Cinque domande al Re, poi la rivolta

di Anthony Muroni
Gran parte dei sardi si dichiara non in grado - non per colpa, ma a causa di un'antica opera di azzeramento culturale - di leggere o capire le 47 strofe che compongono l'innode su patriotu sardu a sos feudatarios . E, tra quelli che conoscono l'antica lingua logudorese, sono certo che sono pochi quelli che lo sanno esattamente collocare sul quadrante del tempo. A conoscere la storia della Sardegna, dobbiamo essere sinceri, è una ristretta e coraggiosa minoranza. E altrettanto sparuta è la pattuglia di appassionati che ha approfondito il periodo dei moti antifeudali di fine '700.Dell'inno di ribellione pubblicato in clandestinità dal magistrato ozierese Francesco Ignazio Mannu qualcuno in più conosce la prima strofa («Procurade 'e moderare, barones sa tirannia»), resa popolare da qualche coro a tenore e da una piccola pattuglia di musicisti etnici.È un vero peccato. La mancanza di consapevolezza, l'assenza di memoria storica, il "reset" imposto dalla Repubblica italiana a tutto quel che è sardo (dalla mancata tutela della lingua alla sostanziale e colpevole assenza della storia locale dai programmi scolastici), è indiscutibilmente alla base dell'assenza di una coscienza condivisa. Della mancanza di uno spirito identitario che riemerge in episodiche manifestazioni e con propositi che spesso hanno la stessa intensità (e durata) del fuoco scoppiato in un pagliaio.Manca lo spirito identitario.E mancano, di conseguenza, gli strumenti pe affrontare in maniera matura e consapevole problemi e crisi imposte da un sistema globalizzato, che tende ad annullare le differenze e a sradicare le storie, le caratteristiche di un popolo e di una nazione.Francesco Ignazio Mannu non era un bandito e nemmeno un rivoluzionario che tramava nell'ombra. Era, invece, un fiero ideologo della lotta antifeudale che ha caratterizzato il periodo compreso tra l'agosto 1795 e il giugno 1796. I mesi che erano seguiti alla piattaforma politica delle "cinque domande", attraverso la quale, nel 1793, un gruppo di sardi illuminati era riuscito a imporre al Regno sabaudo un'agenda di rivendicazioni, rimasta puntualmente senza risposta.Quel mancato accoglimento aveva dato origine alla rivolta passata alla storia come quella dello "scommiato", ossia la cacciata di tutti i funzionari piemontesi. Una ribellione provocata dall'insofferenza di una coraggiosa (e purtroppo numericamente esigua) classe dirigente isolana verso la politica assolutistica del governo piemontese. Una rivoluzione, per non sfuggire alla tradizione, rimasta incompiuta.La fuga dalla Sardegna di Giovanni Maria Angioj rappresentò il punto più alto (o basso, a seconda dei punti di vista) della resa dei conti tra patrioti sardi e feudatari. È in quel quadro - mi scuseranno quelli che non vogliono sentire parlare di storia sarda - che va inquadrata l'opera di denuncia che Francesco Ignazio Mannu venne costretto a pubblicare clandestinamente in Corsica, nel 1796.L'inno "a sos feudatarios" venne immediatamente battezzato come la "Marsigliese sarda", e a esso vennero attribuiti significati e valenze di carattere democratico e giacobino storicamente improbabili e sotto il profilo dell'analisi testuale del tutto improponibili.Cos'era in realtà? Un manifesto politico della fase moderata del movimento antifeudale, avviata con le aperture del governo Viceregio e dei feudatari del Capo meridionale nell'estate del 1795. L'inno si proponeva come riformatore, sebbene i toni di alcune strofe denotassero una convinta e robusta denuncia dei mali indotti dal sistema feudale nella società sarda.Aveva e ha il merito di denunciare, con un approccio decisamente polemico, il tradimento della "sarda rivoluzione" da parte di coloro che, per interesse personale e di parte, ne avevano abbandonato l'originaria ispirazione autonomistica. E avevano, così, vanificato il progetto di riforma politica e sociale, da realizzare all'interno dell'istituto monarchico, del tutto alieno da propositi di carattere democratico e giacobino.In molti, leggendo quest'articolo, diranno che non è poi così decisivo conoscere la genesi di quest'opera. Ma, se avranno avuto la pazienza di arrivare fino alla fine, da oggi sapranno una cosa in più. Rifletterci e tenerne conto non farà male a nessuno.

  il testo in sardo  è in italiano 

"Procurade 'e moderare" Un'esortazione ribelle che sapeva di denuncia



Ecco le prime otto strofe (con la metrica de s'ottava ) del componimento "Innu de su patriota sardu a sos feudatarios", publicato dall'esule Francesco Ignazio Mannu nel 1794 .
Procurade e moderare, barones, sa tirannia, chi si no, pro vida mia, torrades a pe' in terra! Declarada est già sa gherra contra de sa prepotenzia, e cominzat sa passienzia in su populu a mancare.
Mirade ch'est azzendende contra de ois su fogu; mirade chi non est giogu, chi sa cosa andat a veras; mirade chi sas aeras minettana temporale; zente cunsizzada male, iscultade sa 'oghe mia.
No apprettedas s 'isprone a su poveru ronzinu, si no in mesu caminu s'arrempellat appuradu; mizzi ch'es tantu cansadu e non 'nde podet piusu; finalmente a fundu in susu s'imbastu 'nd 'hat a bettare.
Su populu chi in profundu letargu fit sepultadu finalmente despertadu, s'abbizzat ch 'est in cadena, ch'istat suffrende sa pena de s'indolenzia antiga: feudu, legge inimiga a bona filosofia!
Che ch'esseret una inza, una tanca, unu cunzadu, sas biddas hana donadu de regalu o a bendissione; comente unu cumone de bestias berveghinas, sos homines et feminas han bendidu cun sa cria.
Pro pagas mizzas de liras, et tale olta pro niente, isclavas eternamente, tantas pobulassiones, e migliares de persones servint a unu tirannu. Poveru genere humanu, povera sarda zenia!
Deghe o doighi familias s'han partidu sa Sardigna, de una menera indigna, si 'nde sunt fattas pobiddas; divididu s'han sas biddas in sa zega antichidade, però sa presente edade lu pensat rimediare.
Naschet su Sardu soggettu a milli cumandamentos, tributos e pagamentos chi faghet a su segnore, in bestiamen et laore, in dinari e in natura, e pagat pro sa pastura, e pagat pro laorare.
Ed ecco, per completezza, la traduzione in lingua italiana, a cura di Pepe Corongiu.
Fate attenzione a moderare, baroni, la tirannia, perché altrimenti, per la mia vita, tornerete con i piedi per terra. La guerra contro la prepotenza è già dichiarata, e nel popolo la pazienza sta finendo.
Attenti che il fuoco si sta alzando contro di voi; attenti non è un gioco, la cosa è veramente così; attenti che l'aria minaccia un temporale; gente mal consigliata ascoltate la mia voce.
Non spronate con forza il povero ronzino altrimenti si ribellerà a metà strada esacerbato. Ehi, guardate che è tanto provato e non ne può più. Alla fine rovescerà il basto (la sella) da sotto in su.
Il popolo che fu sepolto in un profondo letargo, finalmente avvertito si accorge di essere alla catena e che sta scontando la pena della sua antica indolenza: il feudo, regola nemica della filosofia (del progresso).
Come se si trattasse di una vigna, di una tanca o di piccolo terreno, i paesi hanno dato tutto in regalo o in vendita; hanno venduto tutto come un gregge di pecore insieme ai figli.
Per poche migliaia di lire, e a volte per niente, tante popolazioni si sono fatte schiave eternamente. E migliaia di persone si piegano a un tiranno, povero genere umano, povera genia (comunità) sarda.
Dieci o dodici famiglie si sono divise la Sardegna, se ne sono appropriate in maniera indegna. Si sono spartite i villaggi nell'età antica oscura. Però l'età contemporanea pensa di porvi rimedio.
Il sardo nasce soggetto a mille obbligazioni, tasse e pagamenti che deve al signore, in bestiame, cereali, denaro e natura. E paga per il pascolo e paga per lavorare.

Napoli, un bimbo di 10 anni alla guida di un aliscafo

Il calcio delle mamme violente

le  donne   che  prima  erano più  calme  e fonte  di saggezza   adesso stanno diventando  stroinze    come l'uomo  e   questa  la parità ?

Il calcio delle mamme violente

Mariella Careddu
Al triplice fischio finale, il risultato non importava più a nessuno. Perché ci sono partite e partite. E in una gara qualunque di un campo di periferia, a volte, verrebbe da dire «Chissenefrega di come è finita» se per novanta minuti ci si è sentiti assediati. Non tifosi qualunque. Ma mamme e fidanzate dei giocatori in campo che si lasciano prendere da un tifo scalmanato che sfiora la rissa. È successo due domeniche fa a Tertenia, ma a fare due chiacchiere con chi i campi li frequenta sovente, succede un po' dappertutto. Perché messo da parte il pallone, quel che conta è difendere i propri uomini. Ciò che sorprende è che la cosa non sorprende nessuno. Non i giocatori che la finiscono a botte negli spogliatoi per completare quel che le loro donne avevano cominciato. Non le tristi protagoniste di una domenica passata a strillare e minacciare le vicine di panca. Loro, che nell'impeto di una sfuriata hanno tenuto a freno le mani (ma non la lingua), sembrano pronte ad appuntarsi sul petto la medaglia di "tifose perfette". E allora, se la violenza (anche verbale) qualche volta è rosa, che colore avranno le scarpe in ricordo delle donne vittime di altre donne? Quello nero dei tacchetti indossati dai giocatori usati a pretesto di un litigio rabbioso o quello rosso della vergogna?

Cagliari, il premio "Dea Madre" alla psicologa dei bimbi sordociechi

Dopo il caso  di bollate e  i suoi strascichi   veniamo ad  argomenti  più allegri  


Cagliari, il premio "Dea Madre"alla psicologa dei bimbi sordociechi


La psicologa Stefania Fadda in occasione del ritiro di un precedente impegno alla sua attività professionale




unione  sarda  Martedì 11 febbraio 2014 14:29

La psicologa Stefania Fadda è stata premiata oggi a Villa Devoto.

"Siamo orgogliosi di consegnare un premio ad una donna sarda volitiva che ha ottenuto risultati mportantissimi a livello nazionale e internazionale senza aiuti ma esclusivamente grazie alla preparazione e alle proprie capacità e meriti. La 'Dea Madre' rappresenta per noi l'essenza della Sardegna, la continuità e il senso della vita". E' quanto affermato dal presidente della Regione, Ugo Cappellacci, nel consegnare oggi, a Villa Devoto, la "Dea Madre" alla psicologa Stefania Fadda, direttore del centro Assistenza per Bambini Sordi e Sordociechi Onlus (Cabbs) di Roma. Grazie al metodo ideato per favorire la multisensorialità dei bambini sordi e sordociechi, l'esperta ha vinto nello scorso giugno il premio R.O.S.A. (Risultati Ottenuti Senza Aiuti), che premia le donne che si sono maggiormente distinte nei diversi campi di competenza, e ottenuto nel 2012 una medaglia di rappresentanza dal presidente della Repubblica Napolitano. "Nella nostra società, ancora oggi, per le donne é sempre un pò più difficile affermarsi rispetto agli uomini sia nel settore politico a quello del lavoro - ha sottolineato l'assessore alla Programmazione Alessandra Zedda, presente alla cerimonia - per questo abbiamo voluto riconoscere la grande opera svolta da una rappresentante di quelle eccellenze femminili che per quello che sta facendo rappresenta un esempio unico al mondo. Insieme all'assessore della Sanità, Simona De Francisci, abbiamo definito una strada per arrivare all'apertura, anche in Sardegna, di un centro che sperimenti questo metodo multisensoriale". Visibilmente emozionata, Stefania Fadda, dedicando il riconoscimento ai suoi piccoli pazienti, ha evidenziato l'importanza di ricevere un premio nella propria terra per un metodo che, portato avanti nella Capitale, vede arrivare piccoli sordi e sordo ciechi da tutta Italia.

il caso di bollate colpisce ancora CON UNA bufala Aggressione notturna a La Giovii ( colei che aveva aggredito ) : ricoverata d'urgenza a Milano

ti potrebbe interessare l'inizi della vicenda


http://ulisse-compagnidistrada.blogspot.com/2014/02/bollate-ragazza-picchia-compagna.html
E per i seguito vedere il  secondo    gli  articoli sotto 
Leggo su http://generazionesocialnetwork.blogspot.it/ postato nel mio blog questo articolo 


Aggressione notturna a La Giovii: ricoverata d'urgenza a Milano
La Giovii finisce in ospedale dopo esser stata vittima di un' aggressione notturna in Centro Città a Bollate.

Ormai dopo aver visto i suoi video e le sue foto ai telegiornali ed aver letto centinaia di commenti su Facebook, tutti sappiamo chi è la ragazza ritratta nella foto sulla sinistra  
Per chi comunque non lo sapesse, questa ragazza è una ventenne di Bollate che questi giorni sta godendo di tanta notorietà successivamente alla pubblicazione di un video che ha fatto letteralmente impazzire il web e nel quale veniva ritratta mentre malmenava di fronte ad una scuola una sua coetanea che chiedeva aiuto di fronte all'indifferenza delle persone che si limitavano ad incitare la ragazza e a filmare l'accaduto con i cellulari.Dopo aver ricevuto migliaia di insulti e minacce di morte sul suo profilo Facebook, ieri sera è stata protagonista di un episodio analogo che la vedeva però protagonista al contrario.
Infatti, mentre passeggiava in centro città a Bollate è stata avvicinata da un gruppo di circa 5 ragazze, le quali, dopo averla insultata, hanno dato inizio alla vera e propria aggressione.





Nulla ha potuto fare la ragazza che, successivamente all'arrivo del 118, è stata trasportata in ospedale dove tutt'ora è ricoverata.

ma poi molti miei amici , in particolare il gruppohttps://www.facebook.com/groups/GruppoAntiBufale/?ref=ts&fref=ts  che riporta  questo articolo  di  http://www.giornalettismo.com/


(...)
cronaca di Rho. Settegiorni ha intervistato il fratello della “Bulla”:
Parla Cosimo, il fratello di G., la giovane protagonista del video shock di Bollate in cui picchiava una coetanea. “Mia sorella ha sbagliato, è chiusa in casa. Ha un carattere forte ma non è una persona cattiva e soprattutto non va in giro da sola di notte per Bollate. Ripeto: ha sbagliato ma è ora di smetterla con tutte queste cose. Nessuno l’ha aggredita“.
(.,,.) 


 il resto  dell'articolo lo trovatye nel link   qua  sotto 

10.2.14

Padre Piras e l'arte del meditare di Marco Noce



è passato un mese   o quasi  dai funerali di padre piras  ne  avevo già parlato   qui sul  blog   quando ancora era  cdv.splinder.com  ( e  dall'edizione giornaliera dell'unione potevi prendere  anche le  foto  ) e  ora   anche  qui su  blogspot , ed  già come  riporto  da  questo articolo di qualche tempo dell'unione sarda  , si   sente la  sua mancanza  . 
.


 Da anni il regista americano David Lynch conduce (e finanzia di tasca sua) una campagna per la diffusione della meditazione trascendentale: si sta seduti in silenzio, mettendo a tacere per un po' i pensieri, concentrati sul respiro fino a raggiungere una “consapevolezza senza oggetto”. Praticata da milioni di persone, studi scientifici ne hanno dimostrato i benefici: rilassamento, benessere psicofisico, miglioramento delle capacità di concentrazione. Qualche sera fa, ospite in tv da Fabio Fazio, Lynch ha detto che sarebbe bello se la Chiesa aprisse le porte alla meditazione trascendentale, come strada per cercare il Regno di Dio dentro di sé e una preghiera più profonda. Ratzinger, da cardinale, era contrario. Che ne dirà Francesco, primo papa gesuita? Vedremo. Intanto migliaia di sardi, un paio di settimane fa, hanno salutato con affetto e riconoscenza l'addio alla vita terrena di Francesco Piras, gesuita pure lui, che alla meditazione aveva già aperto le porte delle chiese di Cagliari, Sassari e Alghero. «Qual è il suono di una mano sola?», chiede un indovinello zen. Chi è stato in quelle chiese lo sa: è il silenzio di centinaia di persone sedute, con gli occhi chiusi, concentrate sul respiro.
  secondo me  , se  la chiesa  facesse   una cosa del genere  ,  ovviamente  fatta in maniera seria  autentica  e  non perchè alla moda  ,  recupererebbe  molti che si  sono allontanati  e  persi per  strada  , che si sono allontanati   per mancanza  di spiritualità e  l'accentuarsi del dogmatismo  .  Infatti  secondo il mio amico Antoniccu Pittau Non è un vero e proprio indovinello,in giapponese si chiama Koan:serve a ripulire la mente,ma devi incessantemente cercare di dargli un senso,il tuo maestro ti dirà se la tua risposta è giusta....altrimenti devi continuare a meditarci su.....P.S.:un'altro Koan è "La porta senza porta" ZEN.....

generation war giudizio globale

  dopo il  un giudizio  parziale ( vedere  post  precedente  ) 



 sorto dall'equivoco    sulla messa  in onda delle puntate  che mi ha portato  a vedere  la seconda  e  poi in replay  la  prima  , posso darne   un giudizio globale   del  film in questione
 

Un film bello, triste  , drammatico  , generazionale . In esso ci ho ritrovato anche  se in modo velato   gli echi del graphic novel I Maestri dell’Orzo, la saga della famiglia Steenfort   .

Confermo   quanto dicevo nel post  precedente  , in particolare la seconda  critica  . IL telefilm  testimonia  che  non è necessario  raccontare degli eventi storici  facendo un film storico . Un film controverso visto che <<Secondo il giornale inglese The Economist nessuna fiction in Germania ha mai causato tanto dibattito tra il pubblico, mentre i critici hanno criticato molto severamente l’aspetto storico (in particolare il ruolo della Germania nell’olocausto, sottolineando che la miniserie ha occultato questo aspetto; un’altra critica è legata all’antisemitismo, nella fattispecie la miniserie avrebbe dipinto i partigiani polacchi come più antisemiti dei soldati tedeschi.>>(da  wikipedia ) . 
Critiche  che valgono  come ho già detto precedentemente   se  si considero il telefilm come  appartenente  al genere storico \ documentario Ma, sempre  da  wikipedia  ,La serie racconta la storia di cinque amici tedeschi, che hanno dai 18 a 21 anni, illustrando i loro diversi percorsi sotto il terzo Reich, nel 1941 mentre infuriava la seconda guerra mondiale.

La storia si estende per cinque anni, partendo dal 1941 fino nell'immediato dopo guerra.

Nel '41 a Berlino i cinque amici decidono di fare una festa perché il giorno dopo due di loro, i fratelli Wilhelm e Friedhelm, partono per il fronte orientale, mentre Charlotte è appena diventata infermiera e anche lei sta per partire per il fronte; Greta invece è un aspirante cantante e ballerina che ha una relazione con Viktor, anch’egli parte della cerchia ristretta di amici, che però è ebreo. Greta continua ad amarlo nonostante le leggi di Norimberga. Gli amici sono convinti che la guerra durerà pochissimo, credono quindi che a Natale si rivedranno. Cominciano dunque le loro cinque storie.Storie  che vanno poi a costituire  una  storia  di un'amicizia  resiste  a tutto anche a
«Generation War» riscoprire la verità di una bestiale follia. 
Si è conclusa nel 1945, la seconda guerra mondiale. Sessantotto anni fa. E si sono susseguite, quindi, ben due generazioni: a segnare un distacco che sembra impensabile, per chi ancora ricorda gli anni atroci del conflitto, ma che ha steso inevitabilmente un velo di oblio e di indeterminatezza in coloro che sono venuti "dopo", e nulla sanno, occorre ammetterlo, della guerra che ha segnato il destino del mondo. Poco hanno fatto la scuola e i media, malgrado possa sembrare il contrario. Ai film di propaganda, alle glorificazioni postume, alla quantità di riferimenti che citano senza cronologia ingiustizie e crimini si sono succeduti vaghi "ricordi", brani da sussidiario scolastico, celebrazioni doverose, che non hanno inciso nella mentalità dei giovani, lasciando soltanto una scia di dati ai quali non sempre si accosta la partecipazione spontanea. E quindi il film-tv tedesco, Unsere Mütter, unsere Väter, ossia "Le nostre madri, i nostri padri", tradotto da noi in Generation War e proposto in due puntate da Raitre nelle ultime due scorse serate, ha il gusto asprigno di una scoperta dolorosa, appare come un pugno nello stomaco per i dettagli di una guerra in cui la crudeltà incide anche nella definizione dei caratteri dei protagonisti, cinque amici che si trovano a combattere sul fronte russo con differenti destini. Disorientati e confusi, i giovani soldati tedeschi vedono scorrere davanti ai loro occhi stragi e violenze, gli ebrei sono entità familiari che improvvisamente sono additate come persone da eliminare in ogni modo, la lealtà e il coraggio sono cancellati da una violenza cieca in cui chi spara ha sempre e comunque ragione, quella della sopravvivenza a ogni costo. E il raffronto fra il sangue effuso nell'ospedale da campo fra grida di dolore, e il silenzio rassegnato di chi si inginocchia davanti al suo giustiziere – spesso un ragazzo dagli occhi tristi e dall'espressione confusa – è il binario di morte sul quale per anni i giovani, non solo i tedeschi, si sono avviati al massacro, per massacrare altri giovani come loro in disperata follia. C'è, nella rievocazione di quella guerra che molti di noi sognano ancora la notte, e tanti altri a mala pena conoscono, il senso di un grande inganno, di una ignoranza dei fatti e dei dati manovrata da una propaganda feroce, in cui i soldati sono stati strumentalizzati con fredda strategia. Una generazione in guerra, dice il titolo: sola e con le armi in mano e di fronte, a cercare e dare la morte, senza, in fondo, saperne il motivo.

avvenire  del 9\2\2014

Ma quegli anni di terrore possono essere anche il teatro per gesti coraggiosi apparentemente fuori da ogni logica come quello di Viktor, il sarto ebreo legato proprio a Greta, che salva l’amico nazista Friedhelm da un attentato dei partigiani polacchi. Insomma  la  storia   fatta  dalla gente   ,  ovvero  come dice De Gregori  


Dal punto di vista tecnico la serie è di altissimo livello, sia per quanto riguarda la regia che le ambientazioni, gli attori sono tutti in parte e talentuosi: a disarmare è la naturalezza con cui vengono presentati i protagonisti, per cui all’inizio si simpatizza e che poi si macchiano di crimini raccapriccianti. Gli autori ci mostrano questo processo senza forzare il giudizio e senza giustificare nessuno, portando lo spettatore a riflettere sul fatto che in quelle condizioni storiche l’uomo comune si sarebbe comportato esattamente così.

se eri un bambino .negli anni cinquanta, sessanta, settanta, ottanta ti ricordi com'eri

  da   un utente  del mio facebook   che ha condiviso in sieme  alla  foto  il post da https://www.facebook.com/stereopuntoradio




1.- Da bambini andavamo in auto che non avevano cinture di sicurezza né
airbag…
2.- Viaggiare nella parte posteriore di un furgone aperto era una passeggiata
speciale e ancora ne serbiamo il ricordo.
3.- Le nostre culle erano dipinte con colori vivacissimi, con vernici a base di
piombo.
4.- Non avevamo chiusure di sicurezza per i bambini nelle confezioni dei
medicinali, nei bagni, alle porte.
5.- Quando andavamo in bicicletta non portavamo il casco.
6.- Bevevamo l’acqua dal tubo del giardino invece che dalla
bottiglia dell’acqua minerale…
7.- Trascorrevamo ore ed ore costruendoci carretti a rotelle ed i fortunati che
avevano strade in discesa si lanciavano e, a metà corsa, ricordavano di non
avere freni. Dopo vari scontri contro i cespugli, imparammo a risolvere il
problema. Sì, noi ci scontravamo con cespugli, non con auto!
8.- Uscivamo a giocare con l’unico obbligo di rientrare prima
del tramonto. Non avevamo cellulari… cosicché nessuno poteva
rintracciarci. Impensabile ..
9.- La scuola durava fino alla mezza, poi andavamo a casa per il
pranzo con tutta la famiglia (si, anche con il papà).
10.- Ci tagliavamo, ci rompevamo un osso, perdevamo un dente, e nessuno faceva una denuncia per questi incidenti. La colpa non era di
nessuno, se non di noi stessi.
11.- Mangiavamo biscotti, pane olio e sale, pane e burro, bevevamo bibite zuccherate e non avevamo mai problemi di sovrappeso, perché stavamo sempre in giro a giocare…
12.- Condividevamo una bibita in quattro… bevendo dalla stessa bottiglia
e nessuno moriva per questo.
13.- Non avevamo Playstation, Nintendo 64, X box, Videogiochi ,
televisione via cavo con 99 canali, videoregistratori, dolby
surround, cellulari personali, computer, chatroom su Internet
… Avevamo invece tanti AMICI.
14.- Uscivamo, montavamo in bicicletta o camminavamo fino a casa
dell’amico, suonavamo il campanello o semplicemente entravamo senza
bussare e lui era lì e uscivamo a giocare.
15.- Si! Lì fuori! Nel mondo crudele! Senza un guardiano! Come abbiamo fatto?
Facevamo giochi con bastoni e palline da tennis, si formavano
delle squadre per giocare una partita; non tutti venivano scelti
per giocare e gli scartati dopo non andavano dallo psicologo per il trauma.
16.- Alcuni studenti non erano brillanti come altri e quando perdevano un anno lo ripetevano. Nessuno andava dallo psicologo, dallo psicopedagogo, nessuno soffriva di dislessia né di problemi di attenzione né d’iperattività; semplicemente prendeva qualche scapaccione e ripeteva l’anno.
17.- Avevamo libertà, fallimenti, successi, responsabilità … e imparavamo a gestirli.

La grande domanda allora è questa:
Come abbiamo fatto a sopravvivere? E a crescere e diventare grandi? Se appartieni a questa generazione, condividi questo link con i tuoi conoscenti della tua stessa generazione…. e anche con gente più giovane perché sappiano come eravamo noi prima!

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