12.10.15

TURCHIA, QUASI EUROPA di © Daniela Tuscano


Ankara, 10 ottobre 2015.
La fine. Sono crollate sabato scorso, davanti ai corpi dilaniati d'un pacifico corteo, le speranze, o piuttosto le illusioni, sul futuro democratico della Turchia di Recep Tayyip Erdogan.




Qualcuno parla, probabilmente non a torto, di strategia della tensione, ben nota soprattutto ai miei coetanei (il corteo era formato da molti curdi, dei quali Erdogan è acerrimo nemico). S'accusa il solito Is/Daesh, anche in tal caso con fondatissime ragioni. Ma a me bastano quei centotrenta (per il momento) fatti a pezzi da una bomba infame: il più giovane aveva nove anni, la più anziana ottanta. Erano donne - molte -, ragazze, studentesse, lavoratrici, professori di liceo, casalinghe e muratori, laici e credenti. Era un popolo che manifestava, come tanti di noi, diverso da noi. Quanto l'ho respirato, in questi giorni, l'odore della libertà, il privilegio di poter vestire come mi pare, di contestare, sbagliare, pregare e bestemmiare, cantare e scrivere, piangere o ridere. E quanto mi sono resa conto della sua fragilità. Anche noi italiani siamo liberi da poco tempo, ma abbastanza smemorati da non accorgercene più.
Le responsabilità morali dell'aspirante sultano del 2000 restano intatte. A partire dall'acquiescenza, o tolleranza - se vogliamo ricorrere a un eufemismo - verso il gruppo Stato islamico, per cui adesso muoverebbe al riso, se non fosse tragica, la sua adesione al fronte anti-"califfato", che del resto finora gli è servita non per combattere quest'ultimo ma gli odiati curdi e le truppe di Assad. Ma, se Sparta piange, Atene non ride, e la vergogna per l'Erdogan "amico" non è superiore a quella nei confronti dell'Arabia Saudita, altro paese notoriamente democratico, aperto, civile, che si appresta a "giustiziare" (e mai vocabolo risuona oggi più sconcio e grottesco) il ventunenne Alì an-Nimr tramite decapitazione, crocifissione e imputridimento del cadavere fino a completa decomposizione. Affinché serva da monito. Il crimine commesso dal giovane, diciassettenne all'epoca dei fatti, non è diverso da quello del corteo di sabato. Aveva osato protestare.
Un altro suo connazionale, Raif Badawi, di anni ne ha 31 e per adesso ha scampato la pena capitale ma non un centinaio di frustate e il soggiorno in un bagno di pena in condizioni che non vogliamo immaginare. E sempre per la stessa colpa: tenere un blog in cui poter esprimere il proprio pensiero.
Lo sdegno occidentale verso la loro sorte è stato modestissimo, e si capisce: l'Arabia Saudita è un partner commerciale troppo importante e non ci si può giocare un'alleanza strategica per un paio di futili ragazzi. Così altri paesi in cui i diritti umani sono costantemente e violentemente negati, come Cina o Corea del Nord. Così la Turchia. Tutti assai avanzati dal punto di vista tecnologico ed economico ma, parafrasando papa Francesco, l'umanizzazione non si misura da questi soli aspetti. Sviluppo non significa progresso, avvertiva, ancor prima, Pasolini. Grave, fatale errore, scambiare il mezzo per il fine. D'altronde, questi sono i cardini dell'ideologia liberista; ma non intendo qui addentrarmi in analisi politologiche, non me ne attribuisco la competenza. Faccio piuttosto un passo, un lungo passo indietro. Fino al 2002.
Bresso, dicembre. Ultimo mese di vita d'un glorioso giornalino locale, il nostro. Si chiamava "L'Urlo", chiudeva i battenti dopo undici indimenticabili anni. Io e i miei amici gli avevamo dedicato tempo (gratuito, si capisce), cura e passione. E proprio in quello scorcio d'inverno la Turchia conosceva la folgorante vittoria di Erdogan e del suo Partito per la Giustizia e lo Sviluppo. Vittoria alquanto temuta da diversi osservatori occidentali per il dichiarato carattere islamico, anzi, islamista del suo leader. La questione, tuttavia, era mal posta. Su quello sparuto giornalino autogestito la sottoscritta firmò, dietro lo pseudonimo che allora amavo adottare, alcune riflessioni su tale trionfo e sull'atteggiamento, già burbanzoso, del leader turco. Pur con la prudenza che mi contraddistingue subodorai la pericolosità del soggetto da un paio di frasi. Queste: "La donna dev'essere libera d'indossare il velo. La Costituzione lo vieta? Risolveremo il problema". Promessa scrupolosamente mantenuta, e si trattasse solo del velo: l'atteggiamento di Erdogan verso le donne nel corso degli anni avrebbe assunto caratteri vieppiù paternalistici, autoritari, oppressivi, fino alle irriferibili, recenti scempiaggini davanti al fenomeno dei femminicidi e degli stupri, che sotto il suo governo sono aumentati del 400%. Naturalmente ai tempi nessuno badò a un tema considerato assolutamente marginale; questioni muliebri, ça va sans dire. Al massimo si demonizzò il velo con argomentazioni fruste, generiche e permeate di razzismo, come l'equazione, non sempre vera, velo=schiavitù (e un corpo nudo sbattuto su un manifesto pubblicitario simboleggia invece emancipazione? Era emancipazione lo strip-tease delle Femen?).
Ma cosa c'entra questo flashback con l'orribile strage di due giorni fa? C'entra, c'entra eccome. Perché fin quando la donna è considerata un problema, fin quando la si tiene in uno stato di soggezione, magari sancito da leggi, in nome d'una imprecisata "natura" o, peggio, credo religioso, nessun reale cammino democratico comincerà davvero. Mai si potrà attuare compiutamente quella giustizia, pace e libertà (concetti così ampi, all'apparenza imprendibili, ma in verità concreti, Dio sa quanto concreti) invocata dai manifestanti ad Ankara. L'hanno ben compreso i curdi e le curde che, pur divisi all'interno, si relazionano fra loro su un piano del tutto paritario.
Prima che storico, è matematico: nessuna delle nazioni summenzionate, come altre in cui i diritti delle donne sono incerti o addirittura negati, è una democrazia; né potrà diventarlo a queste condizioni. E, se soffrono le donne, ne pagano lo scotto pure gli uomini. Gli anziani. I bambini. Il popolo tutto. Anche in tal caso, basterà una rapida verifica per sincerarsene.
Ho letto su alcuni social network l'invito di alcuni pii, a pregare "per la pace in Medio Oriente". Ma la Turchia non è "Medio Oriente". Non è nemmeno Europa, pur restando in lista d'attesa da oltre dieci anni (io ne ero un'entusiasta sostenitrice, ma, con Erdogan al potere, l'assunto è impossibile). La Turchia oggi, è "quasi" Oriente, "quasi" Europa o piuttosto, semplicemente, non è. E non sarà forse per diversi anni, non è affatto scontato che alle prossime elezioni Erdogan venga sconfitto. Anzi, potrebbe trionfare ancora, molti fattori, non ultima la paura, giocano a suo favore. Colpa del suo islamismo o dell'Islam come tale? Non è questo, lo ripeto, il vero nodo da sciogliere. Benché consapevole di quanto nefasto sia l'intreccio fra religione - qualsiasi religione - e politica, e dei grovigli interni - fondamentalismo, interpretazione del testo sacro, risentimento per il passato colonialista, commistione fra nazionalismo, identità e credo, frustrazioni varie ecc. - continuo a ritenere realizzabile, a molte e dolorose condizioni, una democrazia anche da quelle parti, nel modo specifico e originale che sapranno esprimere. Ma anche in questo caso, anche per una nuova ermeneutica dell'Islam, l'apporto del genio femminile è ineludibile; finché continua a latitare, o a essere avvilito, aspettiamoci altre Ankara, altre bombe, altre guerre; altra, primordiale, inciviltà.

                                             © Daniela Tuscano

10.10.15

La tragedia della Nave Regia Roma nella seconda guerra mondiale: il racconto di uno dei superstiti ancora in vita Aldo Baldasso

Il 9 settembre 1943, alcune ore dopo l’annuncio radiofonico della firma dell’armistizio di resa, la Nave Regia Roma, fiore all’occhiello della Marina Militare Italiana, libera gli ormeggi dalla base di La Spezia e inizia quello che si rivelerà il suo ultimo viaggio.


  se  non si dovesse   riuscire    a vederlo e vedere  solo la  pubblicità   lo  trova  qui

Con la supercorazzata armata c’è la flotta italiana, composta da 23 unità navali, comandata dall’ammiraglio in capo Carlo Bergamini, sulla plancia della Roma. Imbarcato anche un giovane piemontese di 23 anni.
Oggi Aldo Baldasso ha 95 anni e vive a Pirri con la moglie Gina e la figlia Paola. Non ha dimenticato nulla di quell'immane tragedia che si è consumata a una ventina di miglia a nord dell’Asinara.
L'album di Aldo Baldasso
L'album di Aldo Baldasso
Baldasso è uno dei pochi superstiti sardi, ancora in vita, e oggi racconta una delle pagine più tristi e drammatiche dalla storia della Marina Militare Italiana e della Seconda Guerra mondiale.
Nel pomeriggio di quel 9 settembre due ordigni guidati con un carico esplosivo di 1400 chili, sganciati da un aeroplano tedesco, un Dornier Do 217 K-2, misero fine alla storia della grande nave italiana: 1700 caduti, 622 superstiti.
Sette navi italiane portarono i naufraghi a Mahon (Minorca) e i loro equipaggi (circa 2000 uomini).
Il 17 giugno 2012, l’ingegnere Guido Gay, grazie a un robot sottomarino da lui stesso progettato (il “Pluto Palla”), individua il relitto della Roma su un fondale di circa 1200 metri.
Lo scorso anno è nata un'Associazione “Reduci e familiari caduti nave Roma e navi Vivaldi e Da Noli” per ricordare la storia della Roma ma anche delle altre 2 navi affondate in quell’attacco aereo: appunto il Vivaldi e il Da Noli.

8.10.15

le unioni civili ? un attentato alla famiglia , l'educazione sessuale in classe ? fa diventare gay i bambini , tutte l bufale della destra e non solo ultra cattolica che si oppone ma non propone altri metodi ai tentativi di superare sessismo e omofobia




colonna sonora
Stefano Guzzetti. The road to you

Dire ai piccoli che i cuori di maschi e femmine sono uguali diventa "insegnare a toccarsi" Un fenomeno carsico fino all'inizio del 2014\2015 e poi esploso con l'ultimo Family Day . Infatti  su  repubblica del 1\10\2015  

di maria novella de  luca

I LIBRI all'indice a Venezia e la campagna contro le unioni civili. Le "scuole di Dio" di Staggia Senese e i manifesti che minacciano la "compravendita dei bambini" nelle strade di Roma. La famiglia naturale contro "l'omosessualismo", i comuni della Lega che in Lombardia si proclamano de-genderizzati e gli appelli su WhatsApp delle mamme di Brindisi per difendersi dal "genter" pronunciato con la T al posto della D... Le delegazioni di genitori che chiedono ai dirigenti scolastici di proteggere i loro figli dalla "contaminazione" gay, i filmati dei gruppi pro-life che annunciano un'apocalisse dei costumi, l'assessore veneto alle Pari opportunità Elena Donazzan che si scaglia contro i libretti delle giustificazioni perché, ormai da anni, non c'è più la parola mamma o papà.
C'è un vento che soffia al contrario in Italia, in questo autunno, a poche settimane dall'approvazione, forse, del testo sulle unioni civili al Senato, mentre si fa sempre più urgente la legge contro l'omofobia, e nelle scuole, seppure timidamente, si inizia a parlare di parità tra i sessi e di "prevenzione della violenza di genere". Genere appunto, e non Gender, parola, anzi bandiera, dietro alla quale in una nuova crociata, sempre più capillare e pervasiva, si affratellano ogni giorno più forti i gruppi della destra cattolica e della destra estrema. Una vera e propria "fabbrica del pregiudizio". Nella quale si aggrega quella galassia rinvigorita dal successo del Family Day del giugno scorso, oggi decisa ad affossare ogni apertura verso le unioni omosessuali, ma anche verso quei nuovi linguaggi, suggeriti dall'Europa e dall'Oms, che dovrebbero insegnare ai bambini il rispetto tra maschi e femmine, radice della prevenzione di omofobia e femminicidi. «Ma le unioni civili andranno in aula il 15 ottobre - assicura la relatrice Monica Cirinnà - e approveremo il testo subito dopo la legge di Bilancio. La campagna anti-Gender non ci tocca ».
C'è forse una data di nascita della "fabbrica del pregiudizio", che si può far risalire all'inizio del 2014, quando lo sparuto ma agguerritissimo gruppo cattolico Giuristi per la vita, fondato dall'avvocato Gianfranco Amato, inizia una battente campagna di boiocottaggio degli opuscoli anti-omofobia commissionati dall'Ufficio antidiscriminazioni del ministero per le Pari opportunità, all'Istituto Beck di Roma. Libretti destinati agli insegnanti, in cui per la prima volta si parla di nuove famiglie, di differenza tra genere (nascere maschi o femmine) e identità di genere (sentirsi maschi o femmine al di là della propria anatomia).
In realtà si tratta di testi accurati e scientifici, privi di ogni propaganda, ma sulla Rete inizia un vero tam-tam dove per la prima volta appare la parola Gender, attorno alla quale si coalizzano le sigle ultrà. Il messaggio è: attenti, dietro questa parola si nasconde la spinta a far diventare i vostri figli gay, cadranno le differenze tra maschi e femmine, a scuola verrà insegnata la masturbazione ai bambini.
Evidente la mistificazione, eppure la campagna appoggiata anche dal cardinal Bagnasco convince il ministro Giannini (che offre spiegazioni confuse) a ritirare i libretti. Il termine Gender inizia a circolare nel ramificato mondo dei siti pro-life: dalla Croce di Adinolfi a Tempi, dal Sussidiario a La Nuova Bussola Quotidiana, Manif pour tous, Pro-Vita. Negli stessi mesi, molte associazioni e gruppi che nelle scuole portano avanti il progetto Educare alle differenze destinato a insegnati e presidi denunciano attacchi violenti e boicottaggi. A cominciare dall'associazione Scosse, fondata da Monica Pasquino, che par- la di una vera e propria campagna diffamatoria. Il movimento anti-gender in poche settimana raccoglie più di centomila firme, e le invia al Miur chiedendo di fermare "chi insegna la teoria Gender"… Ricorda Federica M, maestra di scuola primaria della capitale: «Per mesi avevamo avuto incontri tranquilli e proficui con insegnanti e genitori, poi un pomeriggio ci siamo trovati davanti alla scuola un gruppo di pazzi che ci gridavano: " Siete froci e abortisti, viva la famiglia naturale". Abbiamo concluso il corso, ma con paura e disagio ».
Gender: la parola diventa popolare. Un ombrello sotto il quale si sommano le più diverse parole d'ordine, dalle campagne anti-aborto all'esaltazione della eterosessualità. Ma è contro l'approvazione alla Camera del disegno di legge Scalfarotto sull'omofobia che la "fabbrica del pregiudizio" si riaggrega. Ammette con amarezza Giuseppina La Delfa, presidente delle Famiglie Arcobaleno che riunisce le famiglie omogenitoriali: «Per noi e per i nostri figli la vita è diventata difficile. Soprattutto nelle regioni del Nord. Questi gruppi fanno terrorismo psicologico, e ormai presidi e insegnanti hanno paura anche di raccontare una fiaba diversa... Il ministero dell'Istruzione deve reagire: non è giusto che i nostri bambini vengano discriminati ». Se il fenomeno all'inizio del 2015 è ancora carsico in tutta Italia, è nel marzo che la questione riesplode. Il caso arriva da Trieste, dove i gruppi di genitori, subito sostenuti dal "movimento" anti Gender, contestano l'arrivo nelle scuole d'infanzia di un programma sull'educazione di genere, dal titolo "Il gioco del rispetto". Un vero e proprio kit per i più piccoli messo a punto da un gruppo di psicologi, dove si sollecitano i bambini a fare i giochi che preferiscono, senza pensare se siano da maschi o da femmina. Il gioco prevede anche che alla fine di una corsa i bambini e le bambine mettano la mano uno sul cuoricino dell'altro e dell'altra, per sentire che nonostante si sia di sesso diverso, i cuori battono tutti allo stesso modo. L'accusa lanciata dai Pro-Life è pesantissima quanto mistificatoria: «Negli asili di Trieste si insegna ai bambini a toccarsi...».
Ma è il 20 giugno 2015 che la "fabbrica del pregiudizio" trova la sua apoteosi, con il Family Day, organizzato dal Comitato Difendiamo i nostri figli e da tutta l'ultradestra cattolica. Al grido "Il Gender sterco del demonio", tra gli applausi dei neocatecumenali, il fantasma del Gender diventa un nemico in carne e ossa da abbattere in ogni modo, per salvare l'innocenza delle nuove generazioni. Ormai è una valanga, spesso grottesca. A luglio l'incauto sindaco di Venezia decide di ritirare da tutte le biblioteche scolastiche i famosi libri gender, delicate storie che raccontano oltre l'omogenitorialità anche adozioni e disabilità, guadagnandosi l'ironia dei giornali di mezzo mondo.
Però non basta. Il 14 settembre a Staggia Senese e a Schio è suonata la campanella delle prime "scuole di Dio". Ossia classi parentali, create da gruppi di genitori, ospitate nei locali delle parrocchie, per fuggire da scuole contaminate dal Gender. Come Dio comanda. Il comitato del Family Day gira l'Italia con conferenze a tappeto per raccogliere firme contro la legge sulle unioni civili. L'epicentro è tra Lombardia e Nordest: a Milano la Regione ospiterà dibattiti sulla "famiglia naturale" e sull'esaltazione dell'eterosessualità.

ed  è  sempre  dallo stesso giornale  un altro articolo interessante  che 


mette in evidenza   la mia posizione critica   verso  i  neo tecon   . . Esso mi  è  utole  a  spiegare  il perchè  li combatto   ovviamente senza  scendere  al loro  livello   d'insulti  ,  di  chiusura mentale 

4.10.15

VOGLIAMO QUEI VOLTI © Daniela Tuscano


Questa è l'unica foto


 

 
reperibile sul web di uno dei 12 operatori uccisi a Kunduz. Non è trascritto il nome, né l'età. Somiglia a mio zio Aldo quando frequentava l'ateneo, i trent'anni non li aveva sicuramente raggiunti, come gli altri suoi amici.
L'Afghanistan è un Paese giovane e pullula di visi come questo. Limpidi, affacciati sul mondo. Con le loro belle e invincibili speranze. Un viso familiare perché dappertutto lo stesso. Il viso di chi crede, di chi ha fiducia in un domani felice e grandioso.
Si gettano allo sbaraglio, i giovani. Non sono saggi. E li chiamiamo sventati, generosi forse, ma in fondo inutili, e quel loro naturale prodigarsi per gli altri ci fa storcere la bocca. Tanto, fra poco matureranno. Fra poco "la vita" li temprerà, diventeranno come noi, scettici, umoristi.
A me invece pare che questo viso, e quelli rimasti ancora anonimi, fossero già assai maturi. Temprati, anche. Scettici e umoristi certo no. E meno male
Vogliamo quei volti non solo per piangere un efferato assassinio definito oscenamente "danno collaterale". Li vogliamo non solo per onorare, sia pur in maniera tardiva e inefficace, un sacrificio che la stampa d'Occidente continua a trascurare, preferendo occuparsi d'altre faccende e faccenduole, tanto si sa come vanno le cose da quelle parti lì. Da quelle parti lì le cose vanno come dovrebbero andare dappertutto, quando si tratta di giovani. Vogliamo quei volti perché, nonostante tutto, c'infondono coraggio. Perché sono esperti. Perché sanno. Perché in essi si scorge il midollo dell'umanità. Il futuro sarà su questa Terra, non su remoti pianeti come sentenzia qualche luminare, molto scettico e molto umorista, rivolgendosi naturalmente ai pochi privilegiati che potrebbero permettersi viaggi intergalattici. Il futuro sarà qui finché esisteranno questi volti, volti di tutti, per tutti, per ognuno.

Li ha spenti lo scetticismo della gerontocrazia. È questo il danno collaterale, l'accidente della storia. Non permettiamogli più di sovrastarci.
Abbiamo diritto a quei volti. Ne abbiamo distrutto i corpi, ancora una volta, noi saggi che non impariamo mai nulla. Ma i corpi dopo tre giorni, tre interminabili giorni, risorgono. E saranno lì a giudicarci.

© Daniela Tuscano

2.10.15

MORTE DEI CAMPI di © Daniela Tuscano

MORTE DEI CAMPI
Come una Nedda cresciuta, o un . Sud verghiano, naturalista e positivista, spietato, di oltre cent'anni fa. Sud dei vinti. Invece siamo nel 2015. E Paola Clemente era italiana. Non un'immigrata. Ma proviamo a sentirla mormorare, mentre s'ammazza letteralmente di fatica in quel deserto di seminagione, "che è quest'Italia?". Sgobbava sette giorni su sette per due euro l'ora, sotto la schiavitù del caporalato. Alla fine è schiattata, ma nelle fotografie, lei, col suo cognome da pontefice (ottocentesco pure quello), riusciva ancora a sorridere. Un sorriso liquido, largamente mansueto sopra un modesto vezzo di perle. Perché la vita è fuori. Deve esserlo. 




Paola voleva sentirsi umana e s'insinuava in feste amicali per restituirsi all'umanità. Quell'angolo d'esistenza, i caporali non erano riusciti a spegnerlo. E lei vi s'aggrappava tenacemente. Appesa a un pensiero, alla gioia della famiglia, come Rosso al ricordo del padre. La femminilità di Paola si sformava avvilita nel sole, ma lei insisteva a sentirsi bella, annotava scrupolosamente sul calendario le "giornate" che le restavano, la miseria largita. Lenta pure la grafia, così grottescamente infantile, ansante, inesorabile. Perché manca poco, ce la posso fare, solo per oggi, poi finalmente la pace.
Ma la pace non è giunta. Il corpo s'è arreso. L'anima forse no. Oggi quegli appunti mai trascurati rappresentano un formidabile atto d'accusa contro i suoi aguzzini. I conti non tornano, a Paola hanno dato ancor meno del nulla che le rifilavano.
E che è, quest'Italia. Nel frattempo divenuta repubblica e, almeno sulla carta, Stato di diritto. Era il paese di Paola e di tante vinte e vinti come lei, sul cui sangue questo diritto è nato. Ma quando soccombe al profitto diventa involucro vuoto, suono inarticolato. La cifra dei nostri anni tecnologici e bestiali. E tuttavia il diritto esiste, l'inesorabilità non è più destino. Il sorriso di Paola, dietro l'aria da povera crista, ne trasmetteva la consapevolezza.
Lo si chiami assassinio, il suo. E lo si punisca con la massima severità.

                                .© Daniela Tuscano

1.10.15

Un aereo fatto in casa per vincere la paura di volare (di Daniela Usai videolina )

Si è costruito un bimotore nell officina di casa lo ha portato a battesimo. Un sogno che si avvera a Perdasdefogu. Il servizio è di Daniela Usai,



 che ha contribuito in prima persona al collaudo. Gli intervistati sono: FEDERICO PIANO ISTRUTTORE ESAMINATORE VELIVOLI, GIGI LOI PROPRIETARIO SAVANNAH S e MARCO CORONGIU COSTRUTTORE VELIVOLI

tornare indietro per andare avanti . intervista a Michele santoro di www.saperepopolare.com

Per la serie interviste oggi intervisto Michele Santoro, l'ideatore e fondatore di "Saperepopolare". 
   
Da una veloce visione del sito, ma soprattutto della pagina Facebook omonima, si comprende che si tratta di un «e-commerce che unisce lo spirito imprenditoriale del suo gruppo di lavoro ad una passione trasformatasi nel tempo anche in un obiettivo culturale strategico: descrivere i riti, le feste, le antiche tradizioni delle comunità italiane e delle minoranze linguistiche che vivono in Italia ma anche le idee innovative e "le buone pratiche" di vita». Lo scopo è quello di preservare «la "memoria" raccontando, nel contempo, l'Italia che cambia e di essere una finestra permanente sulla storia locale italiana e sui tanti "patrimoni" - materiali ed immateriali - presenti nelle comunità italiane e nelle culture "altre" che vivono in Italia». Per quanto riguarda invece gli aspetti di natura commerciale, Saperepopolare rivendica una sua originalità, quella di essere una sfida editoriale, «una scommessa affascinante, perché utilizza la rete e punta alle tecnologie del futuro per riportare in scena un passato che appartiene al mondo dell'antica sapienza popolare, prestando grande attenzione al momento in cui essa incontra la vita contemporanea e il pensiero dell'uomo d'oggi. Per questo motivo, accanto al classico libro nuovo e usato, (   www.sito   e la  pagina  fb  )   propone anche un catalogo selezionato di e-book, un grande assortimento di titoli in formato digitale continuamente aggiornato, dedicato a tutti gli argomenti della cultura ma che privilegia i prodotti di case editrici indipendenti». E c'è anche il finale col motto: "il "Sapere" non è mai stato così "Popolare"!  
Si potrebbe continuare a lungo nel descrivere Saperepopolare, ma è meglio dare la parola a Michele Santoro, il quale, tiene da subito a precisare che proviene dal mondo della ricerca, essendo "Cultore della materia" in "Teatro Sociale e di Comunità" all'Università di Torino.

1) Come  mai  questo  termine - Saperepopolare - di lontana memoria, ideologica tipica del XIX e XX secolo, secondo alcuni/e?
MS: In quel motto - "il "Sapere" non è mai stato così "Popolare"! - c'è un gioco di parole che svela un po' i nostri obiettivi: "Popolare" non solo in termini di "sguardo dal basso", ma anche di "diffusione" massima del "Sapere". Il riferimento, da questo punto di vista, è per nulla ideologico e tutto rivolto a capire come, in passato, si affrontavano (e spesso si risolvevano) i problemi, quelli di natura quotidiana, come il cibo, l'abbigliamento, le malattie, il lavoro, ecc. rapportandoli al presente. E non sempre il progresso ci offre soluzioni migliori di quelle che si individuavano nel passato. Insomma, utilizziamo il concetto di "sapere popolare" come una sorta di filtro storico per capire come siamo (mi riferisco alla popolazione italiana) cambiati nel corso del tempo. Con un occhio particolare alle tradizioni ed alle feste popolari, tra sacro e profano, ed anche alle popolazioni di lingua minoritaria che via via sono venute ad integrarsi con le persone nate nel nostro Paese.

2) Saperepopolare è nato da subito con l'intento di salvaguardare ed integrare le tradizioni popolari, come dichiarato al Gruppo AXA "Nati per proteggere" - ( https://natiperproteggere.it/it/storia/254/sapere-popolare.html - ) oppure   lo è diventato via via?
MS: Saperepopolare che, giuridicamente parlando, è un'impresa individuale, origina in effetti da un impegno si salvaguardia «delle identità  territoriali, in un'ottica di integrità nazionale». Ciò è stato mantenuto nel tempo, anzi si è riforzato, perché mettere in rete e tutelare le identità territoriali italiane meno conosciute e far conoscere, rendere visibile con la narrazione «prodotti tipici, ambiente, territorio, usi e costumi locali» ci è sembrata un'impresa entusiasmante. In seguito ci siamo sempre più convinti che la cultura popolare doveva essere intesa non solo come tradizione, ma anche come contenitore di buone pratiche di territorio, di buoni esempi che partono dal basso, dalla gente comune, e che
da  google.it 
possono diventare appunto modelli da imitare. Ma questa seconda strada non rinnega la prima, anzi la ricomprende in un obiettivo più ampio. Inoltre, ci siamo accorti che la ricerca sulla cultura popolare poteva essere un mezzo ottimale per accrescere il dialogo intergenerazionale. La realtà di «ieri» e dell'«altro ieri» poteva cioè essere riletta e consegnata (“tradendo”, nel senso filologico di trasmissione, la tradizione) ai futuri giovani testimoni e «costruttori» di nuove memorie. Di qui l’idea di sviluppare il nostro lavoro, principalmente su due piani pratici: 1- creare e far crescere una sorta di giornale telematico innovativo, aperto alla collaborazione di tutti; 2- editare una collana di libri in formato digitale di immediata e facile fruizione. Ci stiamo impegnando per mettere in pratica questi nostri due percorsi. Ma non ci fermiamo qui. Andremo avanti anche su altre strade, come spiegheremo dopo, rispondendo a un'altra domanda.   3) Come distinguere la vostra missione di recupero e integrazione fra tradizioni e modernità senza scordarsi chi siamo stati e cosa eravamo come folklore? 
MS: Occorre precisare da subito che, né nei nostri scritti del Blog, né come categoria di classificazione nel catalogo libri, usiamo il termine folklore, parola piuttosto ambigua. A parte la connotazione svalutativa che esso ha assunto, finendo per indicare aspetti più che altro "turistici" (si pensi all'opposizione tra gli aggettivi "folklorico" e "folkloristico"), in Italia - a partire dall'opera di Alberto Mario Cirese - l'oggetto di studio di questa disciplina è stato sostituito da "Demologia" e, negli insegnamenti accademici, da "Studio delle tradizioni popolari". Più propriamente si parla, con Cirese, di "Demologia, come lo studio dei "dislivelli interni di cultura", cioè dei comportamenti e delle concezioni degli strati subalterni e periferici di una società rispetto a quelli egemonici. Ora, noi ci siamo posti il problema di come aggiornare gli studi demologici alla contemporaneità.



fiera  del tappeto di Mogoro edizione  2015  foto mia  
Ci ha molto suggestionato l'idea dell'antropologo Pietro Clemente, che nei suo scritti parla della necessità di fondare una "Antropologia dell'Italia". Abbiamo ritenuto la sua una necessità e ci sentiamo in cammino in questo solco di studi. Si tratta di un contesto culturale ampio e ricco, che ci permette di lavorare sull'Italia a tutto campo: da come si sono trasformati i comportamenti e le visioni del mondo delle persone, a come sono cambiati i territori e i loro abitanti dal punto di vista socio-economico, a quella particolarità che l'Italia presenta in ambito museale, rappresentata dai "Musei etnografici", molti dei quali nati per iniziativa privata di singoli cittadini, ma talvolta anche grazie all’impegno degli enti locali e delle pro-loco. La crescita numerica di questi musei, particolarmente negli ultimi due decenni del Novecento, è stata talmente rapida e diffusa che il nostro Paese può, a buon ragione, essere definito come la nazione con più musei etnografici al mondo. 

4) Non c'è il rischio che recuperando le proprie tradizioni si passi - come la lega ed altri - a posizioni d'identità chiuse e di xenofobia ed  pensiero unico dominante? O  peggio come  




MS: Su questo argomento siamo chiari e rigidissimi. Noi studiamo le tradizioni italiane più antiche con obiettivi storico-antropoligici. Non ci sono indicazioni di valore. Siamo convinti che le aree geografiche, chiamamole "territori" per maggior semplicità, abbiano specificità e tipicità (pensiamo al cibo) proprie, ma tenendo sempre conto di questa considerazione: la diversità serve unicamente per confrontarsi, al di là di ogni eccessivo e "talebano" campanilismo. E quanto più si è diversi, per abitudini di vita e di pensiero, più c'è da imparare da chi ci sta di fronte. In un'ottica di curiosità, oltre che di civile convivenza, principio che non va mai messo in discussione.  

5) Quali sono i vostri progetti per il futuro, visto che nell'immagine di copertina della pagina Facebook si legge: "Progetti per lo sviluppo di comunità"?

MS: Già Saperepopolare si manifesta, mediante il Blog, come un osservatorio culturale partecipato per promuovere lo sviluppo di comunità, affinché la specificità dei diversi territori possa diventare sempre più un patrimonio comune da far conoscere, valorizzare e tutelare. Di più, nel corso degli ultimi mesi, abbiamo maturato la decisione di calarci sul territorio, promuovendo progetti concreti da proporre ad Amministrazioni locali ed a Associazioni rappresentative, come ad esempio le Pro Loco. Detto in poche parole - poiché il progetto è molto lungo e articolato - si tratta di coinvolgere (e far partecipare) i cittadini di un determinato centro abitato o borgo nella scrittura di una "nuova storia" dei loro territori, quella che rappresenta la contemporaneità, ovvero l'epoca in cui vede come protagonisti quegli stessi cittadini. Inviteremo i testimoni privilegiati (in genere le persone più anziane, ma non sempre è così) del borgo a raccontare storie legate ai luoghi simbolo dei loro territori e poi utilizzeremo queste narrazioni come materiali fruibili attraverso strumenti della moderna tecnologia come i codici QR. Ma il progetto è ancora "work in progress...". Come si suol dire, "prossimamente su questi schermi..."

30.9.15

I social sostituiranno programmi come chi lo ha visto o l'integreranno ? Per 40 anni cerca l'infermiera che le ha salvato la vita: ci riesce grazie a Facebook

  come  da  titolo    voi la  risposta  



la foto del 1977
                      La foto del 1977
Per quasi 40 anni ha cercato la donna che le ha salvato la vita.
Ce l'ha fatta solo oggi, grazie a Facebook.Lei è Amanda Scarpinati, 38enne americana.
Nel 1977, all'età di tre mesi, è rimasta gravemente ustionata in seguito a un incidente domestico (si era scottata con il vapore bollente di un diffusore elettrico).
La prima a soccorrerla, tranquillizzarla e curarla in ospedale era stata un'infermiera della clinica di Albany, Stato di New York.Un "angelo" rimasto sempre sconosciuto.Di quel tragico momento, ad Amanda è rimasta solo una foto, scattata da un fotografo presente al pronto soccorso e pubblicata sul bollettino dell'ospedale.
Una volta venuta in possesso di quello scatto, la donna, che nel tempo ha dovuto sottoporsi a numerosi interventi di chirurgia estetica, ha cercato per anni di risalire alla sua salvatrice.Invano.Poi, con l'avvento dei social network, ci ha riprovato.E l'immagine, grazie a migliaia di condivisioni, è arrivata finalmente sotto gli occhi di una ex dipendente dell'ospedale di Albany.Quest'ultima ha riconosciuto l'infermiera: Susan Berger, che ai tempi aveva 21 anni e che oggi è dirigente in un college di New York.
Amanda ha così potuto contattarla per chiederle un incontro.Avvenuto ieri, perfetto lieto fine, tra lacrime e commozione.

28.9.15

IMPARIAMO COME SI GODE LA VITA DAGLI ANZIANI


Questa immagine sta facendo il giro del web ed è stata condivisa migliaia di volte su Twitter.
E' stata scattata al Boston Globe quando i fan attendevano l'arrivo di star del cinema come Johnny Depp, Kevin Bacon e Dakota Johnson.  Vediamo se  capite    il perchè del titolo   è perchè     è diventata  virale
Stiamo rasentando la follia, invece di vivere i momenti, cerchiamo solo di immortalarli....e loro passano e non ritornano indietro..... meditiamo.....
Infatti  come  dice  Roberto Reginali  commentando   la  news    presa  dala  pagina fb   del'unione sarda  d'oggi      : <<       questa piccola e anziana signora, nella sua semplicità da prova di possedere un cervello e di saperlo usare meglio di tutti i restanti presenti messi assieme.Lunga vita a lei. >>
  Vero Daniele Fois un  conto  è  fare  una  foto  o  un video  un aòltro   è  come dici   tu  vivere  <<   la realtà di come la gente si sta ipnotizzando ad una società finta mentre la nonnina e l'unica a capire come va la società malata  >>


Questa notizia    mi  ha  fatto ritornare  in mente : 

questa    lettera  scritta    a repubblica   del 27\9\2015 

In fila al supermercato avevo pensato di cedere il mio posto a
un anziano signore.Con un sorriso mi ha risposto: «Grazie, non
ho fretta, mi godo il piacere della lentezza. Nell’era dei nano secondi
e delle tecnologie più avanzate, anche voi giovani dovreste riscoprire
i pregi del vivere lento. Quando è possibile naturalmente!
Ma perché avete fretta anche in vacanza prenotando
un pedalò, al parco comprando un gelato ai vostri bimbi
o in fila per visit re un museo?».
Non ho saputo rispondere.


e  questa  vignetta   di Silvia Ziche  tratta    topolino n  3108 



                                                       immagine da outducks.org

24.9.15

DADAVIAJEM mostra di danile castiglia sul viaggio in sud d'america te,mpio pausania 21-30\9\2015

mia recensione precedente
la  pagina  fb   con alcune delle foto  messe  in mostra
l'album di  flickr  con foto  del viaggio


Oggi  mentre aspettavo il mio turno   del barbiere   sono andato  a rivedermi DADAVIAJEM  mostra  di daniele  castiglia  sul viaggio in sud  d'america
Confermo quanto  ho detto nel  post  precedente  ( vedere  sopra  url  ) . Una mostra molto bella   che   si può riassumere  panello introduttivo  gentilmente   concesso   dall'autore


Confesso.

Confesso che ho viaggiato.

Mi piaceva tanto questo titolo, lo avrei scelto se avessi deciso di

scrivere un libro di viaggio. Un titolo che parafrasa volutamente quello

dell'autobiografia di uno dei maggiori poeti del mondo, il cileno Pablo

Neruda, Confesso che ho vissuto.

Un altro grande sudamericano, Garcia Marquez, diceva che la vita non

è quella che abbiamo vissuto, ma quella che ricordiamo, e poi come la

raccontiamo. Così è il viaggio, o il racconto di viaggio. Narrare ciò che

è avvenuto durante un periodo fuori di casa, ritagliato dentro la propria

quotidianità, è come raccontare una vita intera. Occorre scegliere,

selezionare, trovare un filo, un senso.

In quasi nove mesi, 257 giorni, trascorsi da un ostello all'altro,

mangiando sempre in posti diversi, lungo venticinquemila chilometri

attraversati per lo più in autobus, attraverso 8 nazioni, dai ghiacciai

eterni della Terra del Fuoco alle spiagge brasiliane di Bahia, di

esperienze se ne accumulano tante, di persone se ne incontrano a

centinaia, ma ciò che resta è unicamente una serie di sensazioni,

immagini, suoni ed echi di parole. Una mostra di fotografie non è che

una difficile selezione tra migliaia di scatti, un vano tentativo di

condivisione, ma è anche tutto ciò che si può fare, tutto ciò che resta.

È una storia che diventa il viaggio stesso.

Confesso.

Un viaggio ha bisogno di soldi, del consenso di chi si ha intorno, di un

po' di coraggio. Nel mio caso, io avevo la possibilità di chiedere un

aspettativa dal lavoro, i soldi li ho chiesti in prestito (ipotecando senza

alcun rimpianto i prossimi dieci anni), ho parlato chiaramente con le

persone care, dopo di che il coraggio si è trasformato in entusiasmo. Il

resto è stato facilissimo.

Sì, perché, pur se si parte da soli, in viaggio non si è soli mai. In giro

per il mondo si trovano migliaia di persone che, in un modo o nell'altro,

stanno facendo la stessa esperienza. Persone che vanno dai venti ai

settanta e più anni, maschi e femmine, all'avventura senza soldi o con

una carta di credito senza limiti, ma sempre per strada, in cammino,

una grande comunità in movimento.

Ci si incontra, si stringono amicizie, si scoprono affinità, si saldano

sodalizi eterni (almeno fino al bivio successivo), e poi si ride, si resta

sorpresi ad ogni passo, ad ogni voltar d'angolo, perché è sempre tutto

nuovo, inaspettato. È l'oblio di se stessi negli altri, nel paesaggio di

fronte.

Confesso.

Temo le utopie, e perciò mi sono accontentato di realizzare un sogno.

Quel tipo di sogno che può trasformarsi in idea e quindi in progetto da

concretizzare, affinché diventi il trampolino per nuove visioni, maggiori

ambizioni; un divenire più che un traguardo.

Un viaggio, soprattutto un lungo viaggio, da immaginare, progettare e

attuare, è sempre una nuova possibilità; una via di fuga, forse, ma

anche il modo per ritrovare la strada.

Sono partito il 6 settembre 2013 e sono tornato il 21 maggio 2014.

Dopo essere sbarcato in Brasile ho visitato il Paraguay, l'Argentina,

l'Uruguay, il Cile, la Bolivia, il Perù e l'Ecuador, per poi tornare in

Brasile e chiudere il cerchio. Mi ci è voluto più di un anno per

sedimentare questa esperienza.

Spero, con queste poche foto, di condividere qualcosa di questo

viaggio, un po' di questa vita.

ISTRUZIONI PER L'USO: Non sono un fotografo. Quelle esposte sono

immagini di un percorso, scatti senza la pretesa di una perfezione tecnica,

che a volte acquisiscono o completano il loro senso solo se osservati dopo

averne letto la didascalia.

strano Raffaele Arzu uno dei 30 alttitanti più pericolosi nazionali in aula stupisce tutti: "Non perdiamo tempo, sono colpevole"


 da  l'unione  sarda  Oggi alle 15:41 - ultimo aggiornamento alle 20:08


raffaele arzu
                                                      Raffaele Arzu

"Vi faccio risparmiare tempo, sono colpevole".
Questa la frase d'esordio di Raffaele Arzu, 36 anni, nato a Lanusei e cresciuto a Talana, appena è entrato in aula per essere giudicato dalla Corte d'Assise di Grosseto per la rapina avvenuta all'ufficio postale di San Quirico di Sorano il 2 settembre 2003.
Capelli rasati a zero, scortato da otto poliziotti, ha detto rivolto ai giudici: "Vi faccio risparmiare tempo: sono il colpevole della rapina all'ufficio postale. Vi chiedo solo una pena umana".
Udienza lampo, quindi, per Arzu, un tempo considerato fra i 30 latitanti più pericolosi d'Italia, accusato di una serie di rapine e condannato per un omicidio.
Il giudice Giovanni Puliatti ha letto poi la sentenza: 3 anni di reclusione, contro i 5 chiesti dal pubblico ministero.
Il giorno della rapina il bandito, insieme a un complice, era entrato nell'ufficio postale con in faccia dei passamontagna, in mano una pistola; si erano fatti consegnare i soldi, circa 2mila euro, minacciando impiegati e clienti, poi erano fuggiti su una Uno bianca, alla cui guida c'era una terza persona, mai identificata.
Dopo dieci anni di indagini si è arrivati al rinvio a giudizio: a incastrare Arzu sarebbe stato un capello.
Lui intanto sta scontando l'ergastolo per la morte del carabiniere Donato Fezzuoglio, ucciso nel corso di una rapina a Umbertide (Perugia) nel 2006.


la cosa puzza parecchio e quindi se uno dei 30 più pericolosi ricercati nazionali si dichiara colpevole le ipotesi sono : 1) ha messo da parte i soldi ., 2) preferisce andare in carcere per "coprire" qualcosa o qualcuno? gli piace stare in carcere ., 3) ha capito i suoi errori

23.9.15

meglio morire di fame o vendere anche la propria dignità \ amor proprio per un lavoro ?Si sbottona: assunta. L’imbarazzante provino della conduttrice di Tg: “Mondo competitivo”



“Ho chiesto prima ai miei genitori cosa ne pensassero, e quando ho scoperto che mi sostenevano nella mia decisione, non è stato un problema per me di propormi in questo modo”. E’ la spiegazione che un’aspirante presentatrice ha dato del provino sostenuto per condurre il notiziario del canale all-news albanese ‘Zjarr‘. La donna si è presentata con la camicia completamente sbottonata, e ha ottenuto il posto. “Molti erano d’accordo sul fatto che lo stile della sua presentazione era un po’ imbarazzante, ma – ha detto un portavoce del canale ha dichiarato – ci stiamo lavorando e ad essere sinceri non sembra stia facendo male, visti i dati di ascolto”. Candida, la neo-assunta ha messo a tacere tutte le malelingue: “E’ stato un modo di mettermi in mostra in un settore competitivo”

22.9.15

ALICE NON LO SA - Ma è tutta colpa sua ?





L’improvvida uscita di Alice Sabatini, neo-Miss Italia (?) 2015, ha provocato una sequela di commenti ironici e sdegnati. Reazioni giuste e opportune. Alice non è innocente: stava a lei, e solo a lei, studiare e/o informarsi riguardo a eventi storici d’importanza fondamentale.
Ciò premesso, una domanda sorge spontanea: ma quanti docenti insegnano ai loro alunni l’importanza del ruolo delle donne nella Resistenza? Quanti conoscono, e diffondono, i nomi di queste eroine?
In genere, la “Storia” che conta non è presentata, sia dagli insegnanti sia dai libri di testo, come “affare da uomini”? Non lo diamo per scontato? Come stupirsi, quindi, che una ragazza (o un ragazzo) dall’intelligenza media, o magari non molto brillante, non avverta questo vuoto nel programma scolastico e reputi ovvia e normale l’”insignificanza” delle donne nelle vicende storiche, culturali, artistiche d’un Paese?
Se l’apporto femminile alla cultura, i diritti delle donne, sono ritenuti argomenti inutili o al massimo facoltativi; se gli/le insegnanti che vi si dedicano vengono visti come tipi eccentrici (quante volte ci chiediamo “come mai la prof è fissata con le donne, è forse ‘femminista’?, senza peraltro conoscere bene il significato di questo vocabolo?); perché sorprendersi delle Sabatini di turno? Accusare solo lei significherebbe, ancora una volta, addossare alle ragazze quell’ignoranza e superficialità che noi stessi/e, con la nostra (dis)educazione, abbiamo proposto come unico modello da seguire. 

© Daniela Tuscano

21.9.15

dadaviajem nove mesi in sud america mostra di daniele castiglia

bellissima . questo si chiama viaggiare non con i tour operator o con le droghe ho deciso di seguire quanto dice http://galluranews.altervista.org/




Tempio Pausania, “DadaviaJem”, sito di viaggi e turismo propone una interessante mostra fotografica al Caffè Gabriel. Dal 21 al 30 settembre 2015.

Posted on settembre 20, 2015 da Web Master in CULTURA /



Tempio Pausania, 20 set. 2015-

Al Caffè Gabriel di Tempio Pausania, in via Mannu 43, da lunedì 21 a mercoledì 30 settembre, saranno esposte fotografie e didascalie che racconteranno un viaggio di nove mesi in Sud America, dal Brasile all’Argentina, dal Paraguay all’Uruguay, dal Cile al Perù e all’Ecuador, compreso l’arcipelago delle Galapagos.
L’occasione per prendere un aperitivo tra spiagge caraibiche, ghiacciai australi, vulcani andini, imponenti cascate, sale da tango, leoni marini e un’infinità di altri paesaggi, personaggi e avventure.
Una opportunità di vedere splendide foto e di conoscere questo sito di viaggi e turismo che potrete visitare su facebook a questo indirizzo DadaviaJem. Mettete il like perché merita.


:
  • dall'introduzione    della  pagina  fb  Fotografie di viaggio. Sud America: Brasile, Argentina, Paraguay, Uruguay, Cile, Bolivia, Perù, Ecuador...I
    La fotografia nell'epoca della producibilità esponenziale
    Dadaviajem è una parola inventata e ortograficamente sbagliata. Inventata perché la radice Dada si riferisce solo a me (è il soprannome che qualcuno mi aveva messo da ragazzo, ma il "dadaismo" è anche l'oggetto della mia tesi di laurea). La parola viajem è ortograficamente sbagliata perché in portoghese viaggio si scrive viagem, mentre in spagnolo viaje. Ho voluto combinare le due parole in viajem perché ciò che indica è un viaggio, un attraversamento, un mescolamento di esperienze tra il Brasile lusofono e gli altri paesi ispanofoni del Sud America. Quindi, inventata o sbagliata, è la parola migliore che potessi trovare per questa pagina...
i miei n  14 lettori\trici    rimarranno delusi    se  non riporto  , come faccio di solito  quando  vado  a mostre  , foto dell'evento  , ma  sono talmente belle  anche se  l'autore   con la sua modestia  ha  scriotto nell'introduzione    che    sono solo  delle  semplici foto e  niente  di che  .  Comunque per  chi volesse  vederle  c'è la pagina  facebook  e  l'album fotografico   su  flikr 

19.9.15

C’era una volta. Orfani: Ringo n. 12 Spoilers alert.

 questo ottimo articolo  di  http://www.barberish.com/

  conferma  quanto dicevo   in 




C’era una volta. Orfani: Ringo n. 12


17.9.15

Orfani -Ringo n 12 C'era una volta e bilancio sula II stagione e prospettive sulla III

musica  in sottofondo Guns N' Roses - Don't Cry



Ho aspettato un paio di giorni , onde  evitare  accuse  d'essere  uno spoiler     ed  uno che rovina sorprese  ,  prima di scrivere  la mia recensione  ed  il mio bilancio di  questa seconda  stagione di
Orfani  .
Dopo   questa    premessa   vediamo    d'analizzare  il  numero   in questione   sia  la  Seconda stagione altalenante  fra  il  sottotono ed  il sublime  . Il  giusto dosaggio  fra  numeri  troppo  slow  foud  e  numeri  (   gli ultimi  3\4 )  a  cardiopalma    ha dato una gran spinta sull'acceleratore.
Aspetto con ansia la terza stagione  in quanto  Mi piace l'idea del nuovo protagonista x stagione, ma tirando le somme... Seguirò la terza serie? Non lo so.... A tratti ho trovato , salvo  che  negli ultimi  5\6 numeri  , la storia un po' povera nei contenuti. Forse bisognerà attendere il terzo capitolo per capire il vero filo conduttore... La copertina  del primo numero della  nuova stagione   è interessante....  poi deciderò se  continuare  a comprarlo  o meno    visto   che secondo me orfani può concludersi qui , quello che aveva da dire l'ha detto . Ma mai dire mai .In quanto sono curioso di vedere come se caverà Recchioni con un personaggio femminile in un simile ruolo 

Soprattutto lui che ha un grande coraggio e un senso narrativo deciso di chi sa come proseguire sceglie di eliminare in maniera definitiva tutti i veri protagonisti. ..grande Recchioni...sto adorando   ulteriormente  questa serie
Come   Elia Carlini  della  pagina  fb ufficiale  del fumetto >>   A me è piaciuto molto l'ho letto tutto d'un fiato... >>  ho  dovuto  rileggerlo  tre volte per  capire    come  mai Ringo avendo la possibilità di uccidere la  Juric  non lo fa  . >> i  disegni e colorazione sono da 10 .
 << Parlando di Ringo che  >> ---  sempre  Elia  Carlini  ---    << ha accettato il suo incenerimento, sarebbe una cosa fuori dal personaggio, ma in questo caso ha senso perché si riconosce come padre e mostra tutta la sua umanità: accetta di consegnarsi per poter far salvare Rosa (legame padre-figlia).
Infatti  aveva deciso di smettere di combattere, perché almeno sarebbe morto in pace sapendo che sua figlia avrebbe continuato a vivere nel nuovo mondo seguendo gli ideali che lui le aveva trasmesso. Molto commovente... e questo viene chiarito anche dalle parole della magnifica quarta di copertina ("Era scritto che sarei rimasto fedele all'incubo che mi ero scelto").
Come dice  la  didascalia  alla  foto dell'ultimo numero  E' la fine di un'avventura che ci lascia ancora più carichi di energia ed emozione per la terza stagione... ORFANI: NUOVO MONDO ! 
Un finale  commovente  , intenso , struggente  ,   carico  di simbolismi  e  contrasti ed opposte prospettive  come  ad esempio  quella  espressa   qui  sula pagina ufficiale   sul perché Ringo avendone la possibilità non ha ucciso la  Juric  ,Uno dei tanti significati  simbolici   potrebbe essere quello riferito a Ringo: il suo incubo, iniziato quand'era giovane con la scoperta del tradimento della Juric, il combattimento contro tutti gli Orfani che erano la sua famiglia, la loro morte, l'arrivo sulla Terra, la conduzione della Ribellione,la morte di Barbara, la fuga disperata con i ragazzi, la morte di due di loro, e finalmente la fine dell'incubo: la sua morte. E così si sarà sentito purificato da tutto il dolore e le difficoltà sofferte nella sua vita, sapendo di aver fatto ciò che avrebbe dovuto fare e avendo salvato sua figlia. 

 Magnifico.  Concordo con




Matteo Pisaneschi Nuovo Mondo.

e non poteva essere diversamente, vista la strada percorsa da Ringo, Rosa, Seba e Nuè da "Ancora vivo".
gente che fugge da un mondo condannato verso uno nuovo, verso la speranza. 
neocolonialismo.
immigrati clandestini.
penso, eh!
ma visto che Orfani è fin dall'inizio una serie fortemente politica, e che Roberto  ha scritto questa terza serie recentemente, sono sicuro che sarà uno specchio (distorto) del mondo attuale. Emoticon winke non poteva essere diversamente, vista la strada percorsa da Ringo, Rosa, Seba e Nuè da "Ancora vivo".gente che fugge da un mondo condannato verso uno nuovo, verso la speranza. neocolonialismo.immigrati clandestini.penso, eh!ma visto che Orfani è fin dall'inizio una serie fortemente politica, e che Rrobe ha scritto questa terza serie recentemente, sono sicuro che sarà uno specchio (distorto) del mondo attuale.                                                                                                     Non mi piace piùRispondi214 settembre alle ore 16:01Modificato

Forse  , vero un po' scontato  perchè era  inevitabile  che non poteva finire in nessun altro modo, ma infatti si intuiva dai numeri precedenti in particolare nell'otto  che  sarebbe  finita  con la   sua morte e quelli degli altri due protagonisti  . Ma  è altrettanto vero   anche se   ci sarebbero potuti  essere  come  dice  

    Erik Loche Possibili finali a cui ho pensato? In sintesti: 1 - finale epico di Ringo che muore combattendo contro tutto e tutti. Muore rosa, ma viene salvato il bambino che diventerà il nuovo protagonista a combattere il nuovo governo. 2 - muore rosa e il bambino, Ringo non saprá mai chi è il figlio. Riesce a uccidere la juric, ma sam alla guida dei nuovi orfani diventa una leader dittatoriale militare. Nuova serie con Ringo ancora protagonista (da vecchio) e sam cyborg come primo antagonista. 3 - Ringo viene sconfitto e le sue capacità vengono in qualche modo piegate alla volontà del governo, i nuovi orfani si ribellano e la terza stagione avrebbe avuto un nuovo gruppo di orfani guidati da mamma rosa come protagonisti.. Insomma secondo me c'erano sviluppi davvero interessanti e piu esaltanti. È stato un finale un po' debole secondo me..


Infatti   mi sarebbe piaciuto se la Juric fosse morta. Ma  va  beh  non si può pretendere troppo. Ma  credo  se   ho capito  bene da questa  anticipazioni 


  e  da  alcune congetture  e forse  spoiler    su  gruppo fb    che   essa  sarà  uccisa  dal Sam  



Un  ottima serie  ,   con un inizio lento  e  piatto , ma  andata  poi  dal  6 numero sempre    crescendo  .
alla  faccia  di chi  lo dava per  flop  \  fallimento   ed  afferma  che  è  <<  Un esperimento che era un primo passo verso l' americanizzazione totale della casa editrice di Tex e Zagor >> non concordo  perchè  tutta la  cultura  sia  che  voglia innovare  ( ed  il caso di Orfani e  della scuola italiana  della  disney  \  topolino   )  o imitare  più o meno pedissequamente  deve sempre  rifarsi  o  alla tradizione precedente  o a  un modello  diverso .  Come  è avvenuto  per  esempio per la musica  italiana   dagli anni  50  in poi  .
Una serie  buona   che   ha  avuto  molte recensioni favorevoli  o parzialmente  favorevoli   o pessime  (  ma  quest'ultime  devono essere  abituati  alle saghe  della nostra generazioni   come  quelle  di  :   rambo,conan,comando,terminator,ecc) ecconne  alcune  prese da  questo post  sulla pagina   facebook   ufficiale  di Orfani






Daniele Ramella Roberto Recchioni sei un maledetto... da pag. 82 a 87 mi hai quasi fatto piangere.




Marco Colella Ero sicuro della morte di Ringo;ma immagginavo un attacco kamikaze riuscito e con la Juric morta...invece vederlo sul patibolo è un po una sconfitta...




    • Vittorio Volpi spero vivamente che nella terza serie vi impegniate di più con la trama: la prima stagione aveva una trama molto bella ed uno storytelling ILLUMINATO (il dualismo passato/presente era una gran trovata) ma nella seconda stagione la trama era quasi del tutto assente o comunque molto semplice. spero che ritorniate ai fasti della prima serie, con la terza...

      https://www.facebook.com/OrfaniSergioBonelliEditore/posts/1110820768945365



    Stefano Maragnarock Non voglio essere cattivo, ma la seconda stagione di orfani non mi e piaciuta proprio per nulla. Belle le ambientazioni bei disegni ma rispetto la prima serie la seconda e crollata tantissimo. Quindi la terza serie non so se essere contento o no. Chiedo scusa ancora
    Elia Bender Posso chiederti come mai non ti è piaciuta? Io l'ho trovato molto bello sia le ambientazioni che la storia era ben fatte x me...
    Vittorio Volpi concordo con stefano e credo di condividerne il pensiero: la seconda serie è ad essere generosi mediocre. ambientazioni belle ok ma la trama è quasi del tutto assente: nella prima serie ci siamo trovati per le mani un idea di storytelling originale ed innovativa: il dualismo passato/presente in ogni albo, dove il passato aiuta a capire il presente e vi si ricongiunge in maniera geniale. e nella seconda serie? boh, loro scappano, incontrano gente pazza, li ammazzano e continuano a scappare. fine della trama. un po' semplicino, mi pare....
    trama della seconda serie molto deludente, mentre nella prima serie mi lasciava continuamente un senso di meraviglia e stupore. prima serie capolavoro, seconda serie mediocre. speriamo nella terza....
    Stefano Maragnarock La motivazione e come quella di Vittorio Volpi. Prima serie favolosa, la seconda e la storia bonelliana, poi che e successo tra la prima e la seconda, perché Ringo vive da solo e fuori dalla società e dai casini che ha fatto.
    Stefano Maragnarock Poi che fine ha fatto il nuovo mondo? Ne sentì solo parlare all'inizio e poi basta
    Elia Bender Ma ti dirò io avrei trovato più banale la storia se ringo una volta sul pianeta terra diveniva a capo di una rivoluzione contro la juric tendando di dire la veritá alla persone. ma qui non ne parla, anzi va oltre e non potevano raccontarla diversament...Altro...
    Lorenzo Scala Non reputo ne orfani ne ringo dei capolavori, ma dei fumetti veramente buoni e ben fatti, capaci di intrattenere e suscitare emozioni. Secondo me bisogna capire una cosa: ogni stagione ha una struttura diversa....la prima fatta di giochi a incastro con un finale a effetto domino (quindi con una trama piu strutturata) la seconda totalmente diversa, on the road e una struttura on the road non può che essere strutturata da alti e bassi proprio per arrivare a un crescendo finale ( se ogni puntata è sconvolgente il crescendo, va da se, non poteva esserci, tanto meno l' empatia coni personaggi. E il bello ( poi può piacere o meno) è proprio il fatto che gli autori cambiano registro, saltando di fatto da un genere all' altro in una stessa serie. Per questo ha un senso parlare di stagioni e non di serie regolare. Quindi le strutture di narrazione diverse sono volute. Uno può preferire una o l' altra, ma mi sembra chiaro che queste persone che ci lavorano hanno le idee chiare.
    Lorenzo Scala ho scritto a cavolo, ficcando parentesi ovunque e facendo un casino, però si il concetto arriva, una seconda stagione simile alla prima era impensabile. chissà se riusciranno a cambiare così drasticamente registro anche nella terza , ma i presupposti ci sono!

Luigi Di Taranto Molto belli gli ultimi 2 numeri per azione e disegni...finalmente, perchè la storia si era troppo appiattita, sfiorando la noia fino al numero 9...certo che tutta questa azione e violenza sembra esagerata visto che non trova riscontro nei precedenti numeri...a questo punto non ci resta che attendere un finale degno di questa serie.


Rispetto alla prima stagione si sono superati  .  Infatti sono sempre  più le cose  imprevvedibili di quelle  prevvedibili  ed  quest'ultime lo sono solo a quelle persone che leggono il fumetti non per  rilassarsi    ma  per  gusto letterario . 
La  Grafica è  sempre  eccelente  sembra  di vedere un blu ray  trasferito  su  carta  .  I disegni  sempre  più impeccabili ed  eccellenti . Le  copertine    vanno oltre  i  vecchi  racconti  di fantascienza  della  collana Urania  che   che  si  ritrovano  sulle bancarelle dell'usato  e  che  avevano caratterizato  la  prima  serie  .  I  Riferimentinon solo al mondo   della  fantascienza   ma  anche   alla  cultura  e  all'arte      sempre    buoni   ed  eccellenti  . In  alcuni  casi palesi   ed in altri  nascosti  , ma  facilmente  individuabili   \ riconoscibili   da noi guardiani della  memoria  delle  vecchie  generazioni  .ma  chji se  ne frega  , Credo che  recchioni abbia pensato Orfani per le  nuove generazioni  , ma  è  rkuscito ads attrarre  anche    nuove generazioni  all'oscuro o quasi  (  perchè non tutto finisce  nella cultuira  e  nell'uso del Revival   )  della cultura  dele generazioni precedenti  .
Una serie   , come  la  prima  , che  riesce  ad  appassionarti   nonostante  i  suoi  limiti   ,ìed  vuoti   narrattivi  (  forse  voluti altrimenti  che  cavolo ci metto  negli extra  della  Bao    ?  )  .  Una serie  in cui  i personaggi  principali  (  ringo e  Juric  )  ruotano  nella  ..  fascinazione del potere e  l'assoluta mancanza  di scrupoli ed  etica   per  ottenerlo   nel  caratterizzano  i capisaldi   dell'intrattenimento contemporaneo   quaòli trono di spade  e  house  of  card  . Una serie   (  almeno  fin ora  )   proprio bastard  inside  e  politicamente scorretta  come piacciono a me  ,  e   che la  Bonellli  (  Mister No  , il  primo  Tex  )    sembra aver  smarrito  in cui  il  cattivo  (  La  Juric  )  <<  gelida  madre   disposta   a tutto  pur  di raggiungere  i propri  scopi  e l'unico personaggio   a  dominare  stabilmente la scena   data l'allarmate   fragilità [  crisi  corsivo mio   ]  dimostrata  da  Ringo  durante la  sorta d'estemporaneo processo che   ha portato alla morte  di Seba    [ n 10 ]  >> (  dall'introduzione del   numero 11  ) e  nel viaggio  verso la libertà . 


Una serie questa  seconda   in cui  


M'han detto
che questa mia generazione ormai non crede
in ciò che spesso han mascherato con la fede
nei miti eterni della patria e dell'eroe
perché è venuto ormai il momento di negare
tutto ciò che è falsità
le fedi fatti di abitudini e paura
una politica che è solo far carriera
il perbenismo interessato
la dignità fatta di vuoto
l'ipocrisia di chi sta sempre
con la ragione e mai col torto.
È un Dio che è morto
nei campi di sterminio, Dio è morto
coi miti della razza, Dio è morto
con gli odi di partito, Dio è morto.

Ma penso
che questa mia generazione è preparata
a un mondo nuovo e a una speranza appena nata
ad un futuro che ha già in mano,
a una rivolta senza armi
perché noi tutti ormai sappiamo
che se Dio muore è per tre giorni
e poi risorge.
                                                In ciò che noi crediamo Dio è risorto

nel cui il concetto   di   :  bene    , d'eroe , di famiglia ,  sono usciti bene anche   in questa  serie  .Credo che  comprerò , almeno  i primi due \ tre numeri , la  terza stagione