12.5.13

ecco come fare del carcere uno strumento di repressione Il recupero dei carcerati può passare anche attraverso il lavoro di salvaguardia della memoria di un istituto di pena.



dalla nuova  sardegna online 

Detenuti archivisti fanno rivivere la colonia penale di Tramariglio

Il recupero dei carcerati può passare anche attraverso il lavoro di salvaguardia della memoria di un istituto di pena. È quanto accaduto a sei detenuti che, ammessi al lavoro esterno, hanno catalogato e digitalizzato registri e schede della vecchia colonia agricola

ALGHERO. Quando hanno cominciato a frugare negli scantinati umidi di San Sebastiano, gli altri detenuti di certo non li invidiavano. Cercare vecchi fascicoli della colonia penale agricola di Tramariglio tra scarafaggi, topi, escrementi e polvere, non può essere un premio. Anzi, sulle prime è sembrata persino una pena accessoria per chi di problemi con la giustizia ne ha già abbastanza. La squadra di sei «scelti» per l’articolo 21 (il lavoro all’esterno del carcere) era una sorta di miscela esplosiva quando, un anno fa, è cominciata l’esperienza: condanne per omicidio, rapina e furto, traffico di droga. C’era un po’ di tutto e la scommessa era solamente sulla durata: quanto resisteranno? Se lo chiedevano in tanti. Invece Lorenzo Spano, 59 anni,; Daniele Uras, 40; Roberto Varone, 43; Simone Silanos, 36; Giuliano Usala, 46, non hanno mai mollato. All’appello manca solo Davide Aristarco che, nel frattempo, ha concluso il percorso carcerario ma ha lasciato testimonianze concrete (disegni e illustrazioni) del lavoro svolto. Gli altri, il lunedì, mercoledì e venerdì, escono la mattina dalla casa circondariale di via Roma, a Sassari, e vengono accompagnati nel laboratorio del Parco regionale di Porto Conte, a Tramariglio, dove stanno completando la digitalizzazione degli archivi: hanno ripulito e schedato 1190 registri e 290 fascicoli (52 metri lineari di documentazione). Una ricerca imponente, tra articoli delle cronache del tempo per poi passare alla scannerizzazione e all’archiviazione dei materiali. Ogni volta che tiravano fuori un fascicolo relativo a Tramariglio (anche perchè negli scantinati non c’era un ordine per località ma solo tanta confusione e degrado, alla fine esultavano). Così i detenuti che lavorano sono diventati protagonisti del progetto che fa riemergere tutta la storia umana inedita di Tramariglio: ritmi di vita dei carcerati, storia delle evasioni, racconti sulle attività lavorative, la vita sociale dei secondini. E poi lettere, memorie, racconti e persino libri, tutti rigorosamente scritti a mano. Il prossimo mese, proprio a Tramariglio, nel cuore del Parco di Porto Conte, sarà allestita una mostra che rende evidente l’attività svolta dal gruppo di detenuti nell’ambito del progetto voluto da Parco con l’amministrazione penitenziaria e l’Archivio di Stato di Sassari. Si sta definendo un elenco informatico che prelude al riordino virtuale delle serie archivistiche ed è stato recuperato materiale storico: manette, divise, oggetti dei detenuti, utensili da lavoro. L’aspetto più innovativo dell’iniziativa - che ha permesso ai sei lavoratori di acquisire la qualifica per un futuro reinserimento nel lavoro - riguarda il coinvolgimento dei detenuti come risorse propositive, nel senso che hanno avuto un ruolo primario nella interpretazione e l’elaborazione dei fatti. In pratica hanno messo a disposizione la loro esperienza di vita vissuta, tra errori, punizioni, drammi e speranze, per rileggere vicende e documenti di prigionieri di tanti anni fa. Analisi, discussioni e confronti, valutazioni finali che aggiungono significato alle altre iniziative del Parco di Porto Conte, dove è stato scelto di «dare un’anima al luogo» con la progettazione del museo del carcere (in larga parte già in funzione e visitabile). Il lavoro sporco, alla fine, ha pagato. I detenuti impiegati nel progetto di digitalizzazione degli archivi hanno acquisito la qualifica di esperti anche tra le celle di San Sebastiano. In tanti hanno cominciato a chiedere informazioni: «Cosa c’è in quegli archivi, cosa avete trovato?». Ogni giorno così, sempre più curiosi. E loro professionali e fedeli alla consegna: «Non possiamo dire niente, dobbiamo rispettare il segreto». Anche così si ricostruisce un uomo.

quando il cinema riscopre la musica rapporto fra lezione21 di Baricco e la 9 di Bethoven

l'enigmatico film ( mica tanto per chi è cresciuto a musica classica e lirica ) lezione 21 di baricco 

 mi sta facendo riascoltare , proprio in questo momento , la sinfonia n° 9 in re minore op 125 corale ovvero la nona di Bethoven

11.5.13

cambia le tue parole cambia il tuo mondo


ieri  sera   attraversando  il soggiorno   per  andare in camera mia  ,  a rivedere  nel mio pc   il dvd  lezione 21  di baricco  , mi è  capitato  di sentire  in tv ( mi  pare  fosse  in un dibattito   politico  de la7)  queste parole o, o qualcosa di simile  :  quando sento le seguenti espressioni: "ma anche no", "quant'altro", "piuttosto che" (usato come disgiuntiva).  Ho letto  nello  squardo  di mia madre  un a  ex insegnate  di lettere  alla  scuola media  ormai in pensione  da un ventennio  la stessa sensazione di fastidio che prova Moretti nel film  Palombella  rossa   da me  citato più volte     sul  vecchio e  nuovo  blog  ( vedere  archivio)  e  di cui potete  vedere  qui la  scena  clou  qui  alcune  citazioni dal film . Inizialmente   provavo  ( a  volte  la  riprovo  nel settore  da  10  anni le  stesse  espressioni prima repubblica  , scendere in campo  , ecc  )   ma  poi mi sono assuefatto   considerando ciò una battaglia persa . Ma  una recente  discussione ( vedere  qui  ) con il  mio amico    autore teatrale  e  cinematografico  Massimiliano Leveque  ,  e vedendo questo video





da   cui ho  preso il titolo  , ho deciso  di  rimettere  in discussione  questa mia  passività     provo anch'io, la  stessa  sensazione   di mia madre  .  Perchè le   parole sono importanti, perché è vero che chi parla male pensa male oppure non pensa affatto. Però  , è inutile   combattere  o  lamentarsi   solo protestando . Ma  dobbiamo   come dice  questo video  e   questa   canzone  dei Mcr ( Modena  city Ramblers  ) 
 


in particolare  :<<<  (...)  che servono nuove parole, che ora servono nuove parole!  qui  il testo completo (...) >>  solo cosi  la  guerra  all'omologazione linguistica  culturale  ormai sempre  più imperversante  in tutti gli  strati  sociali  dal basso  all'alto  può essere   sconfitta  o isolata 

Il generale Pasquale Preziosa: "Non possiamo rinunciare agli F35" ovvero comprare una cosa inutile , costosa , diffettosa

Pubblicato il 10/05/2013 16:59
Il capo di stato maggiore dell'Aeronautica Militare: “Occorre rinforzare le nostre difese aeree.




secondo me nell'insistenza  da parte delle  nostre istituzionie dai vertici militari non  voler  acquistare a tutti i costi la patacca  degli f35 c'è un presunto giro di milioni € , proprio come fu anni fa per la http://it.wikipedia.org/wiki/Scandalo_Lockheed . Se gli stessi americani ( vedere qui la  puntata , una  delle poche trasmissioni rai  per  cui valga la pena  paga il canone  ,  di presa  diretta  di rai3 .) e ora la denuncia britannica di problemi per i nuovi caccia, che non sarebbero in grado di decollare in verticale in particolari condizioni climatiche , i militari e le istituzioni insistono per comprare 'ste patacche tanto paga pantalone .quindi come Martino Mannoni ( commento al video di tiscali   qui  gli altri  ) : <<
Mi auguro che il nuovo Ministro dell'Economia stabilisca con saggezza quali sono le attuali "PRIORITA'"...e sappia convincere il Ministero della Difesa........che prima degli F35......ci sono migliaia di Cittadini che chiedono dignità..e.....provvisoriamente UN PIATTO CALDO!!!!!!!!!!!!!! >> anche se ci credo poco


10.5.13

lo stato italiano toglie l'acqua alla sardegna e i parlamentari sardi dormono ?

Lo stato italiano toglie l'acqua ai sardi. A Roma le nuove norme anti terremoto per gli invasi non tengono conto del fatto che in Sardegna il pericolo non esista. E così, se il decreto non verrà modificato, bisognerà buttare a mare più della metà dell'acqua raccolta. Paradossale se pensiamo che fu proprio lo stato italiano a proporre che venissero costruite le centrali nucleari in Sardegna proprio perché terra antisismica.

9.5.13

Addio alle pellicole "vecchio stile" L'era digitale seppellisce le ultime sale



                                Una immagine del celebre film "Nuovo cinema paradiso"

Se non dovesse arrivare un aiuto dalla Regione, magari con l'istituzione di bandi pubblici per l'utilizzo di fondi della Unione europea, molte attività rischiano la chiusura.
Addio vecchia pellicola e addio vecchio operatore stile "Nuovo Cinema paradiso": arriva il digitale anche sul grande schermo, ma per molte attività in Sardegna potrebbe essere l'inizio della fine. Il costo della trasformazione (il prezzo di un proiettore digitale si aggira fra i 50mila e i 100mila euro) è alto, quasi impossibile per molti esercenti. Se non dovesse arrivare un aiuto dalla Regione, magari con l'istituzione di bandi pubblici per l'utilizzo di fondi della Unione europea, molte attività rischiano la chiusura. E' l'allarme lanciato dalla sezione regionale dell'Agis-Anec (Associazione nazionale esercenti cinema). Si tratta di un sos che si basa sul confronto con le altre regioni italiane: "Gli altri hanno affrontato il problema - ha detto il presidente Anec Giuseppe Lazzeri - e l'hanno risolto. La domanda è: perché in Sardegna no? A rischio sono soprattutto le sale che ospitano nella loro programmazione film d'autore, con un ulteriore paradosso: da un lato la Regione sostiene la produzione dei migliori registi sardi, dall'altro, se non interviene subito, assisterà alla probabile chiusura delle uniche sale disponibili a programmarli". Più della metà degli schermi sardi, 45 su 71 totali, non sono ancora digitalizzati. Ma ora non si può più aspettare: il 31 dicembre scatterà lo switch off per le vecchie pellicole e chi non si sarà adeguato alla nuova tecnologia rischia di sparire. "La Regione sta trascurando - ha sottolineato il vicepresidente Anec Alessandro Murtas - un settore che vanta un milione e 200 mila biglietti staccati all'anno. Salviamo il servizio". Per gli esercenti è "la poesia del cinema, la bellezza di uscire la sera per godersi un bel film fuori casa". Pronta la replica della Regione: "Non è vero che stiamo trascurando il settore - ha ribattuto Giovanni Follesa, componente del Consiglio di amministrazione di Film commission - lo dimostra il fatto che abbiamo fatto decollare la Film commissione con una decina di produzioni di grande successo". Ma il problema, ribadisce l'Anec, riguarda gli esercizi. "Siamo a conoscenza del problema - ha risposto Follesa - stiamo aspettando l'approvazione della Finanziaria: c'è la massima disponibilità a venire incontro alle esigenze degli esercenti".

UNIONE  SARDA 9\5\ 2013 13:10

Macerata, Forza Nuova insulta ministro "Cécile Kyenge torna in Congo"

il solito disco rotto  dell'estrema destra.infatti come dice  un comento a questo articolo  : <<  tutte stupidaggini già sentite migliaia di volte. consiglio cambiare nome in Forza Obsoleta   >>



  dall'unione  sarda ( eccetto  la  2 foto   che  è presa  dalla mia  bacheca  di facebook )   del  9\5\2013


  "Kyenge torna in Congo". Questo lo striscione affisso da militanti di Forza Nuova davanti alla sede del Pd in via Spalato a Macerata.


Ne dà notizia una nota del movimento di ultradestra, contrario alla proposta del sen. Mario Morgoni di concedere la cittadinanza onoraria al ministro dell'Integrazione Cecile Kyenge. "Proporrò ai sindaci della provincia di Macerata di invitare il ministro Cecile Kyenge alla prima cerimonia utile per il conferimento della cittadinanza onoraria ai figli di immigrati nati qui. La battaglia per la legge sullo ius soli deve diventare una battaglia di tutta la politica italiana". E' la risposta del senatore del Pd Mario Morgoni, renziano, al blitz di Forza Nuova che ieri notte ha affisso uno striscione fuori dalla sede del Pd con la scritta 'Kyenge torna in Congo', in segno di protesta contro la proposta avanzata da Morgoni di concedere la cittadinanza di Macerata al neo ministro per l'integrazione. "I forzanovisti maceratesi? molti di loro - osserva - sono nipoti di 'clandestinì. I loro nonni emigrarono in Argentina, negli Stati Uniti, o in Australia. A Potenza Picena c'è una copia esatta della piramide di Plaza de Majo che ricorda il grande flusso di migranti maceratesi nelle Americhe". Oggi, dice Morgoni, "il 10% della popolazione della provincia, 30 mila cittadini, è straniera. Possiamo considerarla una comunità separata? sì se pensiamo ad un futuro di regressione. Ma se guardiamo a un futuro di civiltà dobbiamo cercare un profilo comune, un'integrazione reciproca, nel rispetto delle regole e della nostra Costituzione, che parla di dignità e diritti. Come diceva Giuseppe Dossetti, la Costituzione non cala dall'alto ma dal ribollire della storia, dal basso". La globalizzazione, continua Morgoni, è un dato di fatto, "a noi tocca costruire le premesse per la convivenza del futuro. Non decidere 'se', ma solo 'come'; perché il se è già stato risolto dalle dinamiche della storia". Quanto all'iniziativa di Forza Nuova, che a Macerata è piuttosto agguerrita, il Pd valuterà se fare denuncia. "Ma è avvilente l'esercizio di cercare nell'altro, nel diverso, il colpevole della crisi, delle difficoltà del Paese". "Spero che Macerata sia all'altezza della grande tradizione di civiltà che l'ha sempre caratterizzata". Personalmente, il senatore vorrebbe coinvolgere gli immigrati non solo al momento del voto per le amministrative, "ma in tutte le decisioni importanti che riguardano la comunità. Ad esempio qui da noi il tema di nuovi impianti per le energie alternative, biogas ecc., che è oggi il tema più sensibile".

7.5.13

no al femminicidio presa diretta rai 3 del 24\2\2013

La follia nazista contro i gay Il film "Il rosa nudo"


E' una pagina atroce rispolverata e sottratta all'oblio. Settanta minuti di riprese per svelare la follia nazista contro gli omosessuali, partendo da una storia vera: quella di uno dei sopravvissuti all'inferno dei lager. La proiezione a Cagliari.
Si intitola 'Il rosa nudo', il terzo film d

i cinematografia sperimentale indipendente del regista sardo Giovanni Coda.

Già presentato al Torino Glbt Film Festival sarà proiettato per la prima volta a Cagliari giovedì 9 maggio, alle 21, e fino a domenica 12 al Cineworld. A metà tra documentario in bianco e nero e fiction video sperimentale,
Un libro mai tradotto in italiano. Coda ha scovato una copia del testo scritto in collaborazione con Jean Le Bitoux in una libreria parigina. Tutto impolverato faceva da zeppa ad una sedia. Il regista lo ha ripulito, tradotto e trasposto in immagini che hanno immortalato questo prezioso documento ai più sconosciuto. Quello di Coda è un racconto poetico e teatrale. Le scene degli interni sono girate principalmente dentro all'ex cartiera di Quartu Sant'Elena, la location per gli esterni, invece, è il poligono di tiro in abbandono di Siliqua. "L'accento nel lavoro è sui diritti civili negati, è un film - sottolinea il regista - che contribuisce a restituire una memoria, per non dimenticare che i gay hanno pagato un consistente tributo di sangue". Dopo la liberazione Seel cerca di integrarsi, mette su famiglia, diventa padre di tre figli. Solo nel 1982 ha il coraggio di denunciare l'orrore subito. "Il prezzo del coming out è altissimo - ricorda Coda - l'isolamento, l'abbandono da parte della sua famiglia. Solo nel 2002, tre anni prima della sua morte, gli viene riconosciuta la condizione di vittima dell'olocausto. Per questo suonano così vere le sue parole: 'la liberazione, quella vera, era per altrì".
la pellicola rompe un silenzio, quello sulle atrocità e torture che gli omosessuali usati come cavie hanno subito nei campi di concentramento nazisti. Prima ancora lo fa il francese Pierre Seel, autore nel 1982 dell'autobiografia coming out 'Moi, Pierre Seel, deportè homosexuel', scritto in collaborazione con Jean Le Bitoux da cui il film è tratto. "Imprigionato a 17 anni, torturato nel campo di Schirmeck e marchiato con il triangolo rosa - spiega Coda - assiste alla morte del proprio compagno, lasciato sbranare vivo dai cani".

6.5.13

Eutanasia e la libertà di scelta [ ma perchè ... elucubro e mi faccio le domande quando ho già la risposta ? ]

Musica  di sottofondo  




  come da  titolo   ho un bruto vizio   quello delle  seghe  mentali  elucubrazioni  . Infatti  non   cerco sempre  conferma  \  facendomi  domande  quando  ho  già  le  risposte  .
In questo  caso la risposta  al  dubbio   che ho  sul'eutanasia  (  vedere  post precedente  )  già presente in me   nel mio bagaglio di viaggio è in questo articolo  di 

  tratto  da  La Repubblica 5 maggio 2013  e preso  dal  suo  sito  ufficiale  www.vitomancuso.it 

Fine vita, perché dico sì alla libertà di scegliere

Alleviare la sofferenza sempre, in ogni caso laddove sia possibile. Rispettare la libera autodeterminazione della coscienza sempre, con senso di solidarietà e di vicinanza umana. È questo il duplice punto di vista a partire dal quale a mio avviso occorre disporre la mente di fronte al grave e urgente problema dell’eutanasia o suicidio assistito. Alleviare la sofferenza è la forma più misericordiosa di rispetto per la vita. Io non ho dubbi (e penso che in nessuna persona responsabile ve ne siano) sul fatto che la vita vada rispettata sempre e che la vita sia qualcosa di sacro. È la stessa conoscenza scientifica ad attestarci mediante i suoi dati che la vita è un fenomeno stupefacente, emerso lungo i miliardi di anni percorsi da questo Universo a partire dai gas primordiali scaturiti dalla Grande Esplosione iniziale, e tutto ciò non può non generare in chi ne prende coscienza un sentimento di sacralità…. Basta applicare la mente al lunghissimo viaggio della vita apparsa sul nostro pianeta per sentire che ogni forma di vita merita di essere considerata sacra, anche la vita delle piante e degli animali, anche la vita dei mari e delle montagne, tutto ciò che vive è sacro e va trattato con rispetto dal concepimento fino alla fine. La vita umana non fa eccezione: anch’essa è sacra e va trattata con rispetto dal concepimento fino alla fine. Ancora più stupefacente però è il fatto che il fenomeno vita emerso dalla materia (se per caso o per spinta intrinseca della materia nessuno lo sa, anche gli scienziati si dividono al riguardo) si evolva secondo diverse forme vitali, già individuate dal pensiero filosofico greco mediante i seguenti termini: vita-bios, cioè vita biologica; vita-zoé, cioè vita zoologica o animale; vita-psyché, cioè vita psichica; vita-logos, cioè logica, calcolo, ragione; vita-nous, cioè vita spirituale o della libertà. Quando diciamo “vita” esprimiamo con una parola sola tutto questo complesso processo evolutivo, filogenetico e ontogenetico al contempo, in cui ciascuno di noi consiste. E quando diciamo “rispetto per la vita” dobbiamo estendere tale rispetto in modo da abbracciare tutte le forme vitali, dalla vita biologica alla vita della mente. Normalmente si dà armonia tra le diverse forme vitali. Normalmente rispettare la vita di un essere umano significa rispettarne la vita biologica che si esprime nel corpo e rispettarne la vita spirituale che si esprime nella libertà. Si danno però situazioni nelle quali l’armonia tra le diverse forme vitali viene interrotta e il processo virtuoso in cui fino a poco prima consisteva la vita si trasforma in un lacerante conflitto, fisico, psichico e spirituale. Sto parlando ovviamente della malattia e della disarmonia che essa introduce tra le varie fasi del processo vitale, tra la vita fisica (bios + zoé), la vita psichica (psyché) e la vita spirituale (logos + nous). La malattia cronica e inguaribile segna il conflitto irreversibile tra le diverse forme vitali nel cui intreccio ciascuno di noi consiste: a partire da essa la vita fisica, la vita psichica e la vita spirituale non sono più in armonia. Che cosa significa in questo caso rispettare la vita? Io penso che il rispetto della vita di un essere umano debba consistere alla fine nel rispetto della sua vita spirituale, della sua coscienza o libertà. Di fronte ai casi estremi di malattia, quando la disarmonia tra le forme vitali diviene lacerante, vi sono esseri umani che intendono mantenere l’armonia tra corpo, psiche e spirito e quindi scelgono di piegare la psiche e lo spirito alle condizioni del corpo, accettandone la sofferenza. Per loro, tale sofferenza è una forma di partecipazione responsabile alle sofferenze del mondo e di tutto ciò che vive, emblematicamente compendiato per i cristiani nella passione di Cristo. Questi esseri umani intendono mantenere fino in fondo l’armonia tra corpo, psiche e spirito, sentono di avere le risorse interiori per farlo, e io ritengo che vadano rispettati nel loro prezioso proposito. Personalmente mi piacerebbe, quando toccherà a me, esserne parte, anche se non so se ne avrò la forza e il coraggio, penso che molto dipenderà dalla malattia con la quale avrò a che fare. Ci sono però altri esseri umani che non riescono, o non vogliono, mantenere l’armonia tra la loro vita biologica, la loro vita psichica e la loro vita spirituale. Per loro la vita-bios diviene un tale carico di ansia, paure e sofferenze da risultare devastante per la salute psichica e spirituale. Che cosa significa in questo caso rispettare la loro vita? In che senso qui si deve applicare l’etica del rispetto della sacralità della vita? E che cosa è più sacro: la vita biologica oppure la vita spirituale? A mio avviso rispettare la vita di un essere umano significa in ultima analisi rispettare la sua libera coscienza che si esprime nella libera autodeterminazione. E se un essere umano ha liberamente scelto di mettere fine alla sua vita-bios perché per lui o per lei l’esistenza è diventata una prigione e una tortura, chi veramente vuole il “suo” bene, chi veramente si dispone con vicinanza solidale alla sua situazione, lo deve rispettare. Questo sentimento di rispetto, se è veramente tale, deve tradursi in concreta azione politica, nell'impegno a far sì che lo Stato dia a ciascuno la possibilità di “vivere” la propria morte nel modo più conforme a come ha vissuto la propria vita, in modo tale che si possa scrivere l’ultima pagina del libro della propria vita con responsabilità e dignità. Il diritto alla vita è inalienabile, ma non si può tramutare in un dovere. Nessun essere umano può essere costretto a continuare a vivere. Un’ultima parola a livello teologico. Ha dichiarato Jorge Mario Bergoglio dialogando con il rabbino di Buenos Aires: “Occorre assicurare la qualità della vita”. Io penso che non vi sia al riguardo assicurazione migliore della consapevolezza che le nostre volontà siano rispettate da tutti, Stato e Chiesa compresi.


5.5.13

iL femminicidio dipende da un esibizione del corpo delle donne nella pubblicità e nelle trasmissioni tv ?

ecco  la storia  di un uomo , cosa  rara , che  si è fermato in tempo , evitando l'omicidio  .
Un  uomo che ha  ammesso    che  ha de problemi



Infatti la  Boldrini  pur  fra demagogia   e  atteggiamenti censori  ( vedere  la richiesta  di leggi eccezionali   sul  web  )   stavolta   ha  ragione   quando    chiede

  da  http://inchieste.repubblica.it/it/repubblica/rep-it/2012/11/25/news/femminicidio-47174085/


Boldrini: "Limiti alla pubblicità
su abuso del corpo delle donne"


La presidente della Camera torna a sollecitare misure contro la violenza. Intanto il ministro per le Pari opportunità annuncia: "Dal governo una task-force femminicidio"(video)


Immagino   che molti  diranno   che bisogno  c'è  di una legge  ci sono  enti predisposti a  ciò ( lo  Iap istituto autodisciplina pubblicitaria  )  e loro  leggi \ regolamenti   Ma  quando   si continua  ugualmente  ecco la necessità  di una ulteriore  regolamentazione  . Speriamo  che  non rimanga sulla  carta   e che la creazione di un team , porti  ad insegnare  nelle  scuole   a fare  delle lezioni  meglio  delle  ore  o  un ora  ala settimana  d'educazione all'immagine  e  ai  nuovi mezzi di comunicazione  .  Si   eviterebbero  o quanto meno  si avrà  fortissima riduzione   sia del  fenomeno  di  cui  parla la zanardo  (  vedere   intervista  nelle righe  successive  )   e  del fenomeno del  cyber  bullismo  .  A  chi m'accusa  di essere censore  e  moralista  , dico   che  qui non è censura o essere bacchettoni o come discorsi da moralisti o da noiose e vetuste cassandre,ma  di mancanza  di rispetto  dell'individuo   mercificazione  del proprio corpo   e della propria immagine  . Infatti 
 da  www.ilfattoquotidiano.it/2013/03/01/  qui  il testo  integrale 
      
[....]  In questi 4 anni, da quando è uscito il nostro documentario “Il corpo delle donne“, il fenomeno più rilevante che ci ha riguardato è stata l’ondata enorme di richieste da parte delle scuole e dunque degli insegnanti, ma ancor più delle e degli studenti, che ci chiedevano strumenti di educazione all’immagine. Un fenomeno dirompente, che non ci aspettavamo, che ha sconvolto le nostre vite perché quella richiesta così impellente esigeva una risposta. Va raccontata qui la chiusura di molte associazioni che si definiscono femministe di fronte a questo BISOGNO delle persone.
Il motivo? La loro incapacità di comprendere e di mettersi in relazione.
La tv deve essere libera… non si possono rivestire le donne in  tv sarebbe censura… le ragazze in tv sono libere di fare ciò che vogliono… alcune di noi hanno lottato nel ’68 per la libertà dei corpi”.
Abbiamo ascoltato con preoccupazione per 4 anni. Non era in discussione la libertà dei corpi, che diamine!  Ma lo strapotere del sistema mediatico! Non era in discussione la libertà di mettersi in minigonna o come si vuole, ma l’imposizione di corpi umiliati e di telecamere fruganti il nostro corpo!
L’ignoranza di alcuni di questi movimenti è spaventosa. Le loro richieste si sono perfettamente sposate con i diktat della tv mercantile.
Ma l’ignoranza si può perdonare. L’ignoranza arrogante e sorda, no.
Se ci si accorge di avere trascurato una parte di conoscenza, se nulla si sa del sistema mediatico, si ha il dovere di mettersi in ascolto.
E’ stato terribile in questi anni vedere come migliaia di ragazzine e i ragazzini che chiedevano aiuto a noi donne adulte perché si sentivano schiacciate da modelli di riferimento incombenti e impositivi, e assistere con spavento a come alcune donne adulte voltassero il capo per sostenere una libertà che era invece COSTRIZIONE terribile per le giovani generazioni.

Andiamo in giro per l’Italia da 4 anni. Incontriamo adulte/i la sera nei dibattiti. Gente normale, varia, cittadini/e italiani/e. Vogliono capire, sapere discutere.
Al mattino incontro studenti/esse nelle scuole. Sono tantissimi/e. Ci chiamano a centinaia durante l’autogestione. Scelgono loro di invitarci perché hanno fame di capire, di conoscere il sistema mediatico che le e li ingabbia. Altro che libertà!


Perchè , e lo dice  un uomo etero ( tendo  a precisarlo visto   che  per  queste  prese di posizione  alcuni mi definiscono, ma  io me  ne  frego  ,   femminiello o  gay o risatine )  ,  e che  sta lottando  contro  la  pornodipendenza    non  se ne può più di  vedere  il corpo di una donna usato  fuori  misura  non solo nella pubblicità  ma  anche  in certe trasmissioni tv  . Per  spiegarmi meglio guardate   quest'altro video   

(   da  cui poi  sono derivati  un   sito , una  pagina di facebook      ed un  libro  curati  dalla stessa  autrice   del documentario  che trovate  sotto   e  di cui  si è parlato  sopra     )  




Con questo  è tutto  
Mi farebbe  piacere  , sentire o via email o qui nel commenti  il  vostro parere  soprattutto  da parte  di voi donne  

pensieri

I like Snoopy: <== CLICCA LA FOTO PER VEDERE LA VIGNETTA

vivere o morire ? etaunasia legale o no ? il caso di piera franchini di 76 anni

io non saprei  cosa  scegliere   .  da  credente   che vede nella vita  un dono  mi chiedo  la  stessa   cosa    del  video  testamento Il video è stato curato da Giacomo Aldosson e Ruben Angiolosson e prodotto da Giulia Bruzzone con Studio12 e la regia di Anton Lucarelli e Federico Ventura) di   Piera Franchini,e dell'articolo   di   repubblica  3\5\2013
nel quale racconta la sua decisione di porre fine alla malattia scegliendo l’eutanasia, è molto toccante. Non c’è recitazione. Soltanto lei e la sua testimonianza, razionale eppure emozionante. Le parole trasmettono un desiderio intenso di vivere consapevolmente e coraggiosamente le ore che le restano. Chi dice che non c’è coraggio nel suicidio, prima dovrebbe avere la forza di confrontarsi con il racconto di Piera.
Soprattutto quando parla di «sofferenza fine a se stessa, che non giova a nessuno. A chi giova la sofferenza mia e di tanti altri? A che serve? Per quale motivo io devo soffrire fino a morire? Perché si soffre fino a che si muore! Chi può arrogarsi il diritto di dire e di fare questo? Se non io, io, io…».La domanda più intensa, forte, di Piera è «a chi giova la sofferenza?». Con questa dovremmo misurarci, per poter poi ragionare su accanimento terapeutico, testamento biologico, eutanasia legale…Una domanda che in teoria coinvolge ogni anno decine e decine di migliaia di persone, tutte quelle colpite da tumore senza speranza, senza possibilità di guarigione, eppure condannate a patire perché la legge, quando viene applicata, ti dà soltanto cure palliative, antidolorifici. E poi, quanto devono soffrire i parenti, gli amici della persona malata? E’ egoismo scegliere consapevolmente di porre fine alla malattia, oppure inchiodare i familiari ad un percorso di dolore estremo, profondo, psicologicamente distruttivo?Se ci fosse davvero il libero arbitrio, dovremmo essere messi tutti nella possibilità di scegliere come vivere. E come morire.

4.5.13

ottimismo mattutino

anche  se oggi dovrei essere triste perchè l'anniversario della morte di mia zia   voglio essere    allegro per  per  non farmi divorare  dalla tristezza . Inizio con due  messaggi presi dalla  rete in particolare  da  facebook

il primo è  un video   preso da  Virgo Moné  più precisamente  da  qui 



il secondo  è  una  foto  presa dalla pagina    aforismi e citazioni 


3.5.13

Sciacalli della moda a caccia di anoressiche e cacciatori di ladri d'opere d'arte

 all'origine  del post  d'oggi   c'è  una  interessante  discussione avuta  tempo  fa  , scaturita  dalla lettura   di questo suo  articolo  , poi ripreso  sul blog  ,   con il mio vecchio  compagnodistrada    di splinder    recuperato  poi su facebook   Fiore leveque

  • Fiore Leveque

    perché trovi interessante l'aver postato il dialogo?
  • Giuseppe Scano

    perchè nonostante abbia studiato glottolofgia e filologia romanza dimenticavo l'origine di tale parola e l'uso proprio ( il tuo articolo ) e improprio che si fa nei media . vedi il libro manomissione dele parole di g.Carofiglio
  • Fiore Leveque

    ah capisco
    son molti anni che mi dedico alla rivalutazione e alla rivalorizazione delle parole
    a poche persone interessa
    perché stiamo tutti inglobati in una banalizzazione della parola
  • Giuseppe Scano

     e fai bene perchèp come dice moretti le parole sono impotanti http://www.youtube.com/watch?v=qtP3FWRo6Ow
    esatto
  • Fiore Leveque

    ogni parola ha dietro un discorso e una etica
  • Fiore Leveque

    cui oggi non si da importanza
    e per qusto le parole son come gioie falsifificate
Giuseppe Scano

purtroppo

  (....)  





è da questa discussione che riporto due articoli interessanti sul molteplice uso della parola caccia

IL Primo  è tratto da  repubblica  online del 30\4\2013  

Sciacalli della moda a caccia di anoressiche





QUANDO una modella muore di anoressia ne parlano tutti. Si scandalizzano, si indignano, protestano. Si decide che non è più possibile continuare con questa storia della magrezza a tutti i costi, e che il mondo della moda deve essere il primo a reagire in modo drastico. E talvolta si prendono anche decisioni importanti, come in Spagna o in Israele dove, dopo la morte nel 2006 della top model brasiliana Ana Carolina, si è deciso di non far più sfilare le ragazze troppo magre. 
Ma dopo l’emozione del momento, tutti (o quasi) ricominciano a vivere tranquillamente dimenticandosi dell’accaduto. Anzi, ci sono anche coloro che continuano a sguazzare nel mare di dolore di molte ragazze che soffrono di disturbi del comportamento alimentare e che ne approfittano. Al punto da non esitare a “reclutare” modelle tra le pazienti di una clinica svedese specializzata proprio nella cura dell’anoressia. 
È quello che si apprende in questi giorni, dopo la denuncia fatta dai medici del Centrum för Ätstörningar di Stoccolma, che hanno deciso di non permettere più alle proprie pazienti di uscire ed entrare liberamente dalla clinica. «Alcuni agenti che lavorano nel mondo della moda abbordavano queste ragazzine di 14-15 anni proponendo loro di lavorare come modelle», denuncia una dottoressa del Centrum. «Come si fa a far prendere loro coscienza della propria malattia, quando c’è chi le corteggia proponendo loro di diventare famose?» 
Uno dei problemi più grandi, per chi soffre di anoressia, è quello di capire e accettare che il proprio rapporto con il cibo è problematico e pericoloso. Molte ragazze sono convinte che il fatto di non mangiare le renda più forti e più sicure. Dietro il sintomo dell’anoressia, c’è sempre il bisogno di controllare il cibo per controllarsi, di negare la fame per sentirsi più forti e indipendenti. Anche se poi si dipende talmente tanto dal giudizio degli altri, che si preferisce morire piuttosto che smetterla di cercare di fare di tutto per corrispondere alle aspettative altrui. 
Come fa allora una ragazzina che ha una frattura narcisistica di questo tipo a capire che sta per distruggere la propria vita quando qualcuno le si avvicina e le dice che è “talmente bella che può diventare una modella”? 
I medici del centro di Stoccolma denunciano questi sciacalli della moda e chiudono le porte della propria clinica. Ma non è giunto il momento di smetterla una volta per tutte con queste pratiche immorali e con questo mito falso e bugiardo del “corpo-moda”? Quante altre vittime innocenti devono ancora esserci prima che la società si renda conto che la vita di una ragazza vale molto di più di qualche foto patinata in prima pagina di una rivista femminile? 


Il secondo  sempre  da repubblica  del 28\4\2013


La crociata dei Rosenberg a caccia di opere d' arte saccheggiate dai nazisti


NEW YORK - Era una delle (tante) ossessioni dei gerarchi nazisti: rubare opere d' arte. Secondo un calcolo approssimato per difetto, ne saccheggiarono oltre centomila nei paesi occupati per un valore attorno ai 10 miliardi di dollari. Avevano creato una divisione apposta che aveva il compito di setacciare musei, case d' aste e collezioni private. Come quella della famiglia Rosenberg, che da allora, da oltre settant' anni, da tre generazioni, insegue il suo tesoro perduto con pazienza, tenacia e incredibile capacità, tanto da aver recuperato quasi il 90 per cento dei quattrocento pezzi originali. La loro avventura sembra un film, e in effetti - benché solo come spunto - lo è già: "Il treno". Una pellicola di guerra con Burt Lancaster dove si racconta il tentativo di un colonnello delle SS di mettere in salvo, in Germania, il suo bottino di tele pregiate (e rubate). Ed è anche un libro, 21 rue La Boetie, della giornalista francese, nonché ex moglie di Dominique Strauss-Kahn, Anne Sinclair che è la nipote del capostipite, Paul Rosenberg.(  foto  a  sinistra presa  da http://intranews.sns.it/intranews/20130429/SIL1048.PDF  )
La storia, raccontata dal New York Times, inizia a Parigi negli anni Trenta, dove il giovane Paul fonda una galleria d' arte che diventa presto una delle più importanti. Amicissimo e confidente di Picasso, il quale cerca una casa a due passi da lui: "Ciao Rosi", "Ciao Pic", è il saluto dei due ogni mattina, il mercante crea una rete di rapporti con i migliori pittori e, di conseguenza, una collezione prestigiosa: Matisse, Braque, Cézanne e poi ancora Renoir, Van Gogh. La notte scende quando arriva la guerra e con i nazisti alle porte Paul Rosenberg decide, per sfuggire ai campi di concentramento, di andare negli Stati Uniti, destinazione New York, dove apre subito un' altra galleria nell' Upper East Side. Prova a spostare anche le sue opere d' arte ma è impossibile, non c' è più tempo. Prima di scappare, le nasconde inutilmente in una banca e in una casa di Bordeaux, ma soprattutto, cosa che si rileverà molto più efficace, mette per iscritto con amore maniacale un inventario completo. Nei giorni confusi della Liberazione, nell' agosto del 1944, Alexandre, il figlio maggiore, entra nella capitale al comando dell' esercito francese e dopo un breve scontro a fuoco fa irruzione nel treno numero 40044 (quello del film) diretto verso la Germania e nei vagoni trova decine di sculture, oggetti preziosi e quadri, molti di quelli che lui aveva imparato a conoscere sulle pareti della casa paterna. La caccia parte da qui.


 La piccola lista è ora un archivio monumentale con oltre 250mila documenti che occupa un intero piano della casa di famiglia a Manhattan. E a portare avanti "la crociata dei Rosenberg", c' è Marianne la figlia di Alexandre che fa l' avvocato: «Non lasceremo mai perdere, non dimenticheremo: è la nostra missione». Per anni, leiei suoi parenti hanno spulciato i cataloghi dei musei, le pubblicazioni delle case d' aste, gli archivi dell' Interpol e quelli delle associazioni - come quella del Getty di Los Angeles o dell' Holocaust Memorial Museum- che hanno messo online l' elenco delle opere rubate dai nazisti. Un dipinto di Braque viene trovato nel negozio di Josée de Chambrun, guarda caso la figlia di Pierre Laval uno dei leader del governo di Vichy. Un Matisse viene individuato durante un' esposizione temporanea al Centre Pompidou, un altro viene scovato, proprio in questi giorni, in Norvegia. E via così, quadro dopo quadro, scoperta dopo scoperta. Ogni volta è una battaglia legale, ogni volta è una sfida contro le leggi dei paesi, che nonostante ripetuti accordi internazionali spesso intralciano il recupero. Difficoltà che non fermano i Rosenberg: «Paul sarebbe andato sino alla fine del mondo per ritrovare e portare a casa i suoi adorati quadri», dice un amico. E gli eredi hanno lo stesso sangue: «Adesso toccherà alla quarta generazione finire la caccia», giura Marianne. Tanto, manca ancora poco prima dei titoli di coda con il lieto fine e la scritta missione compiuta

mafia o ignoranza ? mancanza di rispetto . La lapide dedicata a Peppino Impastato posta sul lungofiume a Tivoli, è stata oltraggiata ed imbrattata.

Lascio che  a parlare  sia  l'immagine del  vile atto compiuto proprio a pochi  giorni  (  il  9 magio )   del  35° anniversario della morte di Peppino Impastato. Era infatti la notte del 9 maggio 1978 .Non perché  non voglia  e non sappia  esprime il mio sdegno  ma  voglio  evitare   il rischio di cadere  in ovvietà  ed eventuali banalità  rischiando di far  passare in secondo  piano   tale evento  .

                                                             per  approfondire




1.5.13

L'anatema di Don Loi sul ministro nero "E' pericoloso mischiare le razze"







Non sei degno di portare tale abito .Sicuramente gli studi da seminarista gli hai conclusi al seminario di bossi a Cassano Magnago.


"C'era proprio bisogno di un ministro di colore?" Commenta così il parroco ogliastrino su Facebook Cécile Kyenge, ministro dell'integrazione.







Una vera e propria crociata. Nata da un post e poi diventata virale. Una polemica esplosa in Rete ma non solo. Don Alessandro Loi, parroco di Lotzorai, scrive e commenta sul suo profilo Facebook il neo ministro dell'integrazione Cécile Kyenge. "C'era proprio bisogno di un ministro di colore? Con tutto il rispetto per la signora". Il post non ci mette molto a essere il più letto e anche quello più discusso. I commenti si moltiplicano nel giro di poche ore. Don Loi come Borghezio insomma. Quasi troppo facile il paragone con l'esponente della Lega. Certo è che quella frase poi spiegata con altri interventi continua anche oggi a far discutere: il popolo della Rete ma anche il mondo reale.

L’AQUILA E LA BAMBINA CIECA

da  Claudia Pasquariello 18 dicembre alle ore 15:10 · Il vento sussurrava tra i pini della montagna, portando con sé gli echi di un mondo ...