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Detenuti archivisti fanno rivivere la colonia penale di Tramariglio
Il recupero dei carcerati può passare anche attraverso il lavoro di salvaguardia della memoria di un istituto di pena. È quanto accaduto a sei detenuti che, ammessi al lavoro esterno, hanno catalogato e digitalizzato registri e schede della vecchia colonia agricola
ALGHERO. Quando hanno cominciato a frugare negli scantinati umidi di San Sebastiano, gli altri detenuti di certo non li invidiavano. Cercare vecchi fascicoli della colonia penale agricola di Tramariglio tra scarafaggi, topi, escrementi e polvere, non può essere un premio. Anzi, sulle prime è sembrata persino una pena accessoria per chi di problemi con la giustizia ne ha già abbastanza. La squadra di sei «scelti» per l’articolo 21 (il lavoro all’esterno del carcere) era una sorta di miscela esplosiva quando, un anno fa, è cominciata l’esperienza: condanne per omicidio, rapina e furto, traffico di droga. C’era un po’ di tutto e la scommessa era solamente sulla durata: quanto resisteranno? Se lo chiedevano in tanti. Invece Lorenzo Spano, 59 anni,; Daniele Uras, 40; Roberto Varone, 43; Simone Silanos, 36; Giuliano Usala, 46, non hanno mai mollato. All’appello manca solo Davide Aristarco che, nel frattempo, ha concluso il percorso carcerario ma ha lasciato testimonianze concrete (disegni e illustrazioni) del lavoro svolto. Gli altri, il lunedì, mercoledì e venerdì, escono la mattina dalla casa circondariale di via Roma, a Sassari, e vengono accompagnati nel laboratorio del Parco regionale di Porto Conte, a Tramariglio, dove stanno completando la digitalizzazione degli archivi: hanno ripulito e schedato 1190 registri e 290 fascicoli (52 metri lineari di documentazione). Una ricerca imponente, tra articoli delle cronache del tempo per poi passare alla scannerizzazione e all’archiviazione dei materiali. Ogni volta che tiravano fuori un fascicolo relativo a Tramariglio (anche perchè negli scantinati non c’era un ordine per località ma solo tanta confusione e degrado, alla fine esultavano). Così i detenuti che lavorano sono diventati protagonisti del progetto che fa riemergere tutta la storia umana inedita di Tramariglio: ritmi di vita dei carcerati, storia delle evasioni, racconti sulle attività lavorative, la vita sociale dei secondini. E poi lettere, memorie, racconti e persino libri, tutti rigorosamente scritti a mano. Il prossimo mese, proprio a Tramariglio, nel cuore del Parco di Porto Conte, sarà allestita una mostra che rende evidente l’attività svolta dal gruppo di detenuti nell’ambito del progetto voluto da Parco con l’amministrazione penitenziaria e l’Archivio di Stato di Sassari. Si sta definendo un elenco informatico che prelude al riordino virtuale delle serie archivistiche ed è stato recuperato materiale storico: manette, divise, oggetti dei detenuti, utensili da lavoro. L’aspetto più innovativo dell’iniziativa - che ha permesso ai sei lavoratori di acquisire la qualifica per un futuro reinserimento nel lavoro - riguarda il coinvolgimento dei detenuti come risorse propositive, nel senso che hanno avuto un ruolo primario nella interpretazione e l’elaborazione dei fatti. In pratica hanno messo a disposizione la loro esperienza di vita vissuta, tra errori, punizioni, drammi e speranze, per rileggere vicende e documenti di prigionieri di tanti anni fa. Analisi, discussioni e confronti, valutazioni finali che aggiungono significato alle altre iniziative del Parco di Porto Conte, dove è stato scelto di «dare un’anima al luogo» con la progettazione del museo del carcere (in larga parte già in funzione e visitabile). Il lavoro sporco, alla fine, ha pagato. I detenuti impiegati nel progetto di digitalizzazione degli archivi hanno acquisito la qualifica di esperti anche tra le celle di San Sebastiano. In tanti hanno cominciato a chiedere informazioni: «Cosa c’è in quegli archivi, cosa avete trovato?». Ogni giorno così, sempre più curiosi. E loro professionali e fedeli alla consegna: «Non possiamo dire niente, dobbiamo rispettare il segreto». Anche così si ricostruisce un uomo.