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2.7.25
“Prima viene la salute, poi il servizio”: il discorso agli allievi, costato l’incarico al generale Oresta -. criminalità organizzata è il primo obiettivo del protocollo d'intesa siglatocon TikTok contro contenuti che esaltano criminalità
DIARIO DI BORDO N 133 ANNO III . il seno di una donna non è solo pornografia ., La morte di una donna vale per la giustizia italiana tre anni di carcere. Probabilmente neanche quelli. ., ginnastisca ritmica uno sport solo femminile ? il caso di ,Samuele Poletto
qualche tempo fa fb mi rimosso una foto di una donna a senso nudo . L'aslgoritmo o colui chelo aggiorna non capisce che Il seno non è solo un qualcosa di volgare esso è anche lo strumento con il quale le nonne e le madri hanno ( e continuano ) a nutritrei propri figli . Per la donna è sinonimo di femmilita', bellezza, amore. Per noi uomini una delle forma d'attrazione . Infatti
da cronache dellla sardegna di Maria Vittoria Dettoto
I rilievi degli inquirenti sul furgone non hanno lasciato dubbi, anche perché il ciondolo della donna era rimasto incastrato nel parabrezza del furgone. L'uomo che ha sempre dichiarato di non essersi accorto di nulla a febbraio è stato arrestato e messo ai domiciliari. Ha patteggiato la pena e ieri è stato condannato a tre anni di reclusione. Tre anni che probabilmente neanche si farà avendo presentato istanza di revoca della misura cautelare, sulla quale il giudice che sta seguendo il caso si è riservato di decidere. Questa è la giustizia italiana. La morte di una donna vale meno di niente.

Ha dodici anni, un talento fuori dal comune e un sogno: gareggiare ai massimi livelli nella ginnastica ritmica.
Non è solo questione di preparazione, allenamenti e disciplina, però. Perché Samuele Poletto è un maschio, e la disciplina in Italia non prevede competizioni maschili. Comincia tutto da qui.
Dalla volontà di cambiare le cose, che diventa un obiettivo anche per mamma Giulia e per l’allenatrice Silvana Laborde, che al fianco di Samuele vogliono far sentire la loro voce. Alla Libertas Lupatotina, società in cui è tesserato, ha cominciato a otto anni, sotto la guida di Giulia Signorini, e con tenacia è arrivato al livello agonistico. «Stavo cercando uno sport nel periodo di pandemia, ho trovato su YouTube un video di ginnastica ritmica e ho detto a mia mamma “voglio fare questo”. Non mi sono chiesto, all’inizio, se potevo gareggiare», racconta lui.
Che reclama il sacrosanto diritto di poter competere e che di fatto ha già iniziato a farlo. Prima attraverso gare organizzate dagli enti di promozione, rientrando nei ranking femminili, poi approdando in Spagna.

«Serve tempo e che le persone si ribellino. Basta pensare al caso del nuoto sincronizzato. Per me non ci sono limiti, e le sue compagne lo accettano pienamente. Ringrazio la nostra splendida società, e una mamma che nemmeno si è domandata se la ginnastica fosse... per maschi oppure no» continua Silvana Laborde, l’agguerrita allenatrice di Samuele, nonché giudice federale.
La Federginnastica, seguendo la linea internazionale, resta ferma sulle gare femminili. «Abbiamo scritto una lettera al precedente presidente federale Gherardo Tecchi ma ci è stato risposto che non sono interessati a far gareggiare Samuele perché non è previsto dalla federazione internazionale. Ma non ci fermiamo, scriveremo anche al neo presidente Andrea Facci».
Nel frattempo si sono creati i ponti con la Spagna, dove invece le gare maschili sono riconosciute da una decina d’anni. Samuele viene tesserato con la società iberica Club Purpurjna, con cui disputa una prima prova regionale, e in seguito partecipa all’Almerigym, gara internazionale con più di cento ginnasti maschi provenienti da Francia, Spagna, Grecia, Andorra. Si apre un mondo di possibilità ma anche una corsa contro il tempo. «Il punto è che Samuele è ancora piccolo, per essere così bravo. Dobbiamo poter sfruttare la sua età, bisogna intanto andare a farsi vedere e raccogliere premi. Dobbiamo partire da quello che abbiamo, cioè un ginnasta bravo».
Con un programma di livello assoluti, che corrisponde a una Serie C italiana e un mese e mezzo di preparazione serrata, Samuele conquista un primo e due secondi posti con fune, palla e nastro. Nemmeno i suoi attrezzi preferiti. «In più ha potuto allenarsi con Ivàn Fernàndez, diamante della Purpurjna. E abbiamo portato a casa una consapevolezza diversa».
In Spagna si è svolta anche una tavola rotonda da cui è nato un gruppo con l’obiettivo di cambiare le cose. Attraverso il sostegno di sponsor si vuole arrivare a livello internazionale, attraverso istanze legali, per chiedere il rispetto dei diritti umani in termine di partecipazione sportiva. «Noi stessi cerchiamo sponsor per sostenere le spese dei viaggi, in questo momento a carico nostro»
1.7.25
paparazzi un mestiere al capolinea << Addio scoop ha vinto Istangram >> i maestri dell'obbiettivo frezza e la fata commentano l'evoluzione
come cambia il giornalismo soprattutto quello che un tempo si chiamava cronaca rosa o meglio Gossip
LA nuova SARDEGNA 29\6\2025
Una galleria d’arte per cambiare vita., La biblioteca di Chiaramonti? Si sposta al mercato La biblioteca di Chiaramonti? Si sposta al mercato Un incontro tra libri, ambiente e comunità per comunicare iniziative di lettura
fonti unione sarda e nuova sardega del 1\7\2
C’è una nuova luce tra le pietre secolari di Villasalto: è quella che filtra dal grande portone di Su Crociu e accende le sale dell’ex falegnameria diventata “Sa Buttega”, galleria d’arte contemporanea nata dall’iniziativa di Angelica Manca e del marito Paul Frank Wagner, una coppia che si è trasferita in paese dagli Stati Uniti. Un progetto di vita prima ancora che culturale, cominciato con l’acquisto dell’immobile nel gennaio 2023, un anno di restauro meticoloso e il trasferimento definitivo nel febbraio 2024
La scelta
«Desideravamo un paese raccolto e autentico, ricco di tradizioni, un luogo da poter chiamare casa e dove dare radici a nostro figlio Kai, di 11 anni», dice Angelica Manca. L’incontro con Villasalto è stato un colpo di fulmine: l’edificio, incastonato fra le strade acciottolate a pochi passi da piazza Italia, custodiva ancora i segni del suo passato artigiano. «Attraverso il grande portone si accede a un cortile rigoglioso, ogni pietra porta i segni del tempo come se custodisse storie dimenticate». Da qui l’idea di un restauro rispettoso — pietra locale e làderis di terra cruda — che conservasse la memoria del luogo trasformandolo in spazio culturale aperto. “Sa Buttega” oggi vuole essere «un punto di riferimento, prima per Villasalto e poi per il Sud Sardegna, dedicato alla condivisione, alla creatività e alla valorizzazione delle identità locali». Mostre, laboratori e residenze d’artista si intrecceranno con le feste del paese: la sagra di Santa Barbara, Su Sinnadroxiu dove il latte diventa formaggio, Is Animeddas coi suoi scambi di dolci. L’obiettivo è «usare il linguaggio universale dell’arte per raccontare l’autenticità».
La comunità
«Siamo stati accolti dalla popolazione e dalla pubblica amministrazione, entrambe entusiaste delle nostre idee» raccontano, aggiungendo di sentirsi «specchi e finestre»: specchi che riflettono la bellezza già presente, finestre che la collegano al mondo esterno. Uno dei momenti più significativi è quando il figlio Kai, dieci anni all’arrivo, ha colto l’essenza del progetto: «Mamma, ora capisco perché siamo venuti a vivere qui. Se non ricordiamo la bellezza di questo luogo, rischia di essere dimenticata per sempre». Guardando avanti, la posizione strategica di Villasalto — porta del Gerrei a mezz’ora da Cagliari — può attrarre viaggiatori in cerca di esperienze genuine. «Oggi, più che mai, abbiamo bisogno dell’autentico». Radicati in un paese «ricco delle cose essenziali: tradizioni, cultura, amicizia, ospitalità e solidarietà », i Manca non pensano ad altri traslochi: «Villasalto è diventata la nostra casa ».
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La biblioteca di Chiaramonti? Si sposta al mercato

Un incontro tra libri, ambiente e comunità per comunicare iniziative di lettura soprattutto sui temi dell’ecologia e della sostenibilità
Chiaramonti Ha riscosso un notevole successo venerdì mattina la prima giornata dell’iniziativa “La biblioteca al mercato”, svolta nel mercato rionale in piazza Costituzione nell’ambito del progetto “Impronte leggere – Un passo alla volta per cambiare il mondo” promosso dalla biblioteca comunale in collaborazione con lo Sbangl (Sistema bibliotecario dei Comuni dell’Anglona e della Bassa Valle del Coghinas), la Comes (Cooperativa mediateche sarde) e l’Unione dei Comuni dell’Anglona. Un incontro tra libri, ambiente e comunità per comunicare iniziative di lettura soprattutto sui temi dell’ecologia e della sostenibilità. Un’occasione anche per divulgare le attività della biblioteca e coinvolgere il maggior numero di persone. «All’inizio ero un po’ scettica _ ha detto la responsabile Caterina Marrone _, invece le persone hanno risposto benissimo. Nonostante il caldo, in tante si sono avvicinate al nostro banchetto, chiedendo informazioni e suggerimenti di lettura per l’estate. Molte hanno preso libri in prestito e abbiamo addirittura fatto nuove iscrizioni». L’iniziativa della biblioteca al mercato, che in diversi luoghi è già una consuetudine consolidata e si accompagna ad altre iniziative delle biblioteche appartenenti allo Sbangl per il progetto “Impronte leggere” (dai laboratori eco di Laerru a quelli di Bulzi e Tergu), è stata anche occasione per distribuire la “Guida ai servizi” con una breve storia della biblioteca, ora al numero 16 di via Vittorio Emanuele, e una descrizione di tutte le attività adatte a qualsiasi tipo di lettore, da quello tradizionale a quello più social e interattivo. Per info: tel. 079 568025; e mail chiaramonti@sbangl.it - o bibliochiaramonti@tiscali.it, su Facebook e Instagram. |
Dolci e narcotiche gocce ---- mario domina blog la bottedidiogene
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| “Marx and Heine on a Walk” painting by Alisa Poret, USSR, 1960 |
30.6.25
Lamborghini nel posto disabili: lo criticano sui social, lui risponde e zittisce tutti
L'articolo Lamborghini nel posto disabili: lo criticano sui social, lui risponde e zittisce tutti preso dal portale msn.it proviene da Autoappassionati.it
Un post indignato contro un’auto di lusso parcheggiata in uno stallo per disabili ha acceso il web. Ma la risposta del proprietario ha capovolto la storia, dando a tutti una lezione di civiltà.
Una Lamborghini Huracan parcheggiata in un posto riservato ai disabili, in un parcheggio pubblico nel Regno Unito, ha scatenato una bufera di commenti indignati sui social. “Chi ha una supercar si sente autorizzato a fare ciò che vuole”, scriveva un utente su Facebook. Ma la verità, come spesso accade, era ben diversa da quanto si pensasse. E a ribaltare completamente la narrazione è stato proprio il proprietario della vettura.
Il post virale e il pregiudizio immediato
La foto della supercar – vistosa, nera, ribassata, con cerchi scuri e pinze freno rosse – è apparsa nel gruppo locale Spotted Torquay, accompagnata da una didascalia sarcastica:
“Hai una Lamborghini? Allora puoi parcheggiare dove ti pare, anche se togli un posto a chi ne ha davvero bisogno.”
La reazione è stata immediata: oltre mille commenti, la maggior parte accusatori. Qualcuno suggeriva che una multa non avrebbe comunque inciso su chi può permettersi un’auto da oltre 200.000 euro. Altri insinuavano che il parcheggio fosse stato scelto solo per evitare graffi o sportellate.
Una risposta silenziosa, ma potente
A rimettere ordine ci ha pensato lo stesso proprietario, che ha risposto con un’immagine che vale più di mille parole: una foto in posa accanto alla sua Lamborghini, con il contrassegno disabili ben visibile e – soprattutto – le sue due gambe prostetiche.
Il commento? Ironico ma elegante:
Lamborghini-Huracan-Disabled-Parking-Space-2
“Una foto per tutti i miei fan.” La reazione del gruppo non si è fatta attendere: l’amministratore si è pubblicamente scusato per il pregiudizio, spiegando anche che, su molte supercar, i contrassegni disabili tendono a scivolare o restare nascosti sul cruscotto inclinato.
Disabilità invisibili e giudizi affrettati
L’episodio ha aperto un dibattito molto più ampio: tanti altri utenti, anch’essi disabili, hanno raccontato esperienze simili, in cui sono stati ingiustamente accusati di usare impropriamente posti riservati.
Perché la disabilità non è sempre visibile. E proprio chi ne soffre – anche se guida una citycar o una hypercar – spesso deve affrontare lo stigma e il sospetto solo perché non corrisponde allo stereotipo del “disabile tipo”.
Il rispetto parte dallo sguardo
In fondo, questa vicenda insegna qualcosa che va oltre un parcheggio: non si può giudicare una persona dal veicolo che guida. Né si dovrebbe dare per scontato che chi vive con una disabilità debba rinunciare a bellezza, performance o piacere di guida.
Sulla strada e nella vita, serve rispetto, prima ancora del diritto. Anche (e soprattutto) quando ciò che vediamo non corrisponde a ciò che ci aspettiamo.
Ciclismo, professionisti battuti dall'amatore senza sponsor
professionista con Lotto e Q'36.5 e oggi in maglia bianca, senza sponsor e con una sola scritta: Swatt Club, club amatoriale nato da un blog. Conca vince il campionato italiano professionisti a Gorizia battendo nettamente nella volata a cinque Alessandro Covi (Uae Emirates), Thomas Pesenti (formazione sviluppo della Soudal-Quick Step), Giovanni Aleotti (Red Bull-Bora) e l'altro compagno di squadra Mattia Gaffuri. A 10 Baroncini e a 11 Milan, protagonista di un grande forcing nel finale. Lo Swatt Club è un team lombardo e inizialmente era un semplice blog (solowattaggio). Nasce nel 2017 come formazione amatoriale con l'idea di dare una seconda possibilità a tutti i corridori over 23 anni scartati dalle grandi squadre e rimasti a piedi. Il regolamento lo prevede: il tricolore è aperto a tutti i corridori élite, cioè oltre 23 anni, per i quali esiste una speciale corsa vinta ieri da Alessandro Borgo. Siamo quindi alle comiche: sabato parte il Tour de France, con i nostri Jonathan Milan e Filippo Ganna alla ricerca di qualche acuto in terra francese che ci manca da 106 tappe (Vincenzo Nibali, Val Thorens, 27 luglio 2019), e ieri abbiamo vissuto una delle pagine ciclistiche nostrane più imbarazzanti di sempre. Un amatore che vince la maglia tricolore dei professionisti. L'uomo senza maglia, Filippo Conca, si veste di tricolore.
ROBERTO ZANOTTI
L’hip hop italiano ha ingranato la marcia indietro? Il rap italiano sta diventando nostalgico?
da https://www.rollingstone.it/musica/ di Mattia Barro 27 Giugno 2025 10:30
Il rap italiano sta diventando nostalgico?
Neffa che torna a rappare, Fabri Fibra che rifà un brano degli Uomini di Mare, DJ Shocca che pubblica ‘60 Hz II’. L’hip hop italiano ha ingranato la marcia indietro?

Shablo, Guè, Tormento, Joshua e Neffa Foto: Instagram
Che il rap sia, per antonomasia, un genere che si parla addosso è qualcosa di cui siamo apertamente al corrente. “Fare rap che parla di rap e parlare alla gente che ascolta rap è un controsenso, come se i libri parlassero di libri, e d’ogni foto stampassimo i negativi”, rappava Ghemon prima di una delle sue fughe dal genere in Niente può fermarmi, Anno Domini 2006. Nell’ultimo anno e mezzo, ovvero dalla reunion dei Club Dogo di inizio 2024, al parlarsi addosso si è però aggiunta una nuova (e altrettanto preoccupante) attitudine nella comunità hip hop: la nostalgia.Gli ultimi mesi sono stati piuttosto intensi per i nostalgici del primo rap italiano. L’anno ha difatti inaugurato con un cortocircuito importante: Sanremo. Sul palco dell’Ariston – che storicamente non ha buon feeling con il mondo hip hop – si è presentato Shablo accompagnato da due figure storiche del genere come Guè e Tormento, il primo di ritorno dopo precedenti apparizioni nelle serate cover, il secondo alla terza presenza dopo quella a nome Sottotono nel 2019 come ospite di Livio Cori e Nino D’Angelo e l’esordio nel 2001 diventato celebre per il violento alterco con Valerio Staffelli di Striscia la Notizia che portò poi inesorabilmente allo scioglimento del duo.Proprio nella serata cover di quest’anno, però, il cortocircuito: sul palco si ritrovano i due grandi rivali degli anni ’90, Neffa e Tormento, l’underground e il pop, a celebrare la storia dell’hip hop made in Italy con due pietre miliari di quegli anni, Aspettando il sole e Amor de mi vida. Quello che sembrava un semplice omaggio alla storia, però, si è presto rivelato essere una premonizione.
Neffa - Hype (nuoveindagini) (Visual Video) ft. Fabri Fibra, M¥SS KETA
Proprio Neffa, post-Sanremo, è tornato a pubblicare un disco rap dopo un’attesa lunga 25 anni e «dieci anni di cancro alla felicità», come ci ha raccontato nella cover story a lui dedicata. Il primo avvicendamento era avvenuto qualche mese prima nel 2024, in Fogliemorte con Fabri Fibra, ma è proprio dopo Sanremo che il cantante è uscito allo scoperto annunciando Canerandagio Pt.1, il vero ritorno del guaglione sulla traccia dai tempi dell’EP Chicopisco del 1999. E poteva questo disco non rifarsi in qualche modo alla nostalgia? Eccoci allora servito Hype (nuoveindagini) con Fabri Fibra, che chiude un cerchio aperto nel 2002 con Turbe giovanili, il primo album solista del Fibroga. Backstory: Neffa dopo Chicopisco decide di chiudere la sua parentesi con l’hip hop, lasciando in omaggio a Tarducci i beat che daranno forma alla sua prima avventura solista. Turbe giovanili apre Scattano le indagini, il cui sample è riutilizzato da Neffa proprio per la produzione di Hype (nuoveindagini), come parentesi vuole sottolineare.Passano meno di due mesi e questa volta è proprio Fibra a ripescare dal proprio passato. Per il suo ultimo disco, Mentre Los Angeles brucia, il rapper decide di affidare la chiusura – la oramai celebre traccia n. 17 – al remake di uno dei suoi più grandi successi periodo Uomini di Mare, Verso altri lidi. Già re-inserita nella scaletta live da qualche anno, Fibra porta sulle piattaforme di streaming una versione riarrangiata del brano che, nella sua versione originale – costruita attorno al sample di Is There Anybody Out There? dei Pink Floyd – non potrà mai vedere la luce per problemi di copyright. «Mi andava di rifarla perché alla fine il pezzo è mio e lo rifaccio come cazzo voglio» ci raccontava qualche giorno fa nella nostra cover story appena prima della release. È dovuto arrivare a quasi 50 anni Fibra per decidere di ritrovarsi con questo successo dell’underground uscito nel lontano 1999: e pensare che ai tempi di Mr. Simpatia, nel 2004, rappava “ho avuto pure un figlio ma l’ho fatto ammazzare / perché sperava che facessi un altro Uomini di Mare”. Dopo l’abbandono della scena di pessimi massimi come Neffa, Fede e Fritz Da Cat di inizio millennio, nel rap italiano del 2006 non c’è tempo di guardare al passato: bisogna avere coraggio, e riconquistare il mercato da un punto morto. Il rap, in quel momento storico, deve inventarsi il proprio futuro.
Fabri Fibra - Verso Altri Lidi (Official Visual Video)
Non c’è Fabri Fibra, ma c’è Neffa, e pure Ghemon e Tormento, nel team di rapper che DJ Shocca ha voluto per 60 Hz II,
il seguito del suo storico album del 2004, un faro che ha tenuto in
vita l’hip hop italiano in un’epoca storica definita dallo stesso Fibra
«il vuoto totale dopo la golden age». Già dal titolo, 60 Hz II è un’operazione nostalgia. Sfogliando la tracklist si percepisce infatti la volontà sfaccia di RocBeats di riportare in auge un proprio passato. Il disco, infatti, è colmo di parti due,
ovvero di brani che ripartono dal beat originale dell’epoca per darne
una nuova versione contemporanea. Per i fan della doppia H sentire
titoli come 60 Hz II, Rendez vous col delirio II (coi Club Dogo), Notte blu II (nell’originale del solo Frank Siciliano, qui con Gemitaiz e Ernia), Ghettoblaster II (con Stokka e Madbuddy oggi raggiunti da Jake La Furia e Izi) e Sempre grezzo II
(del compianto Primo, rivisitata qua da Tormento e Egreen) farà
scorrere un brivido lunghissimo a metà tra il dolce ricordo giovanile e
il terrore adulto di veder disonorata la storia.
L’esercizio
stilistico di Shocca è riplasmare il (suo) passato del rap italiano
creando un dialogo diretto con ciò che fu, trasformando vecchie strofe
in scratch (come nel finale di Rendez vous col delirio II e Notte blu II),
interludi in pezzi veri e propri pezzi (“Roc ti giuro ti ringrazio /
rappo su sto interludio dal 2004 / 20 anni dopo sono in studio per
firmarti un classico” come fa notare Ensi in How We Roc, facendo riferimento a Quattro, interludio strumentale nel primo episodio di 60 Hz)
e portando i rapper a boxare con l’ombra del proprio passato tra strofe
e ritornelli ripresi alla lettera dalle versioni originali (accade in
tutte le versioni II). E fa strano in apertura del disco sentire
Madbuddy lanciarsi in “Odio i rapper bloccati nel passato perché i
ricordi sono come un sentiero di vetri rotti”.
Simon Reynolds ha
spiegato molto bene questa tendenza contemporanea coniando il termine
retromania, ovvero l’idea che la cultura pop – tramite remix, ristampe,
sampling e revival – sia ossessionata dal proprio passato al punto da
diventare incapace di produrre qualcosa di davvero nuovo. «Viviamo in
un’epoca pop impazzita per il rétro e ossessionata dalla commemorazione.
[…] Il pericolo è che potremmo esaurire il passato stesso», scrive nel
suo celebre saggio Retromania del 2011, in cui la nostalgia
diventa qualcosa che paralizza e la retromania è il sintomo della
difficoltà della modernità nel pensare il futuro. Se per gli Uomini di
Mare nel 1999 Il domani è oggi, per il rap italiano il passato è oggi.
DJ Shocca, Club Dogo - Rendez Vous Col Delirio II
E se anche le nuove generazioni – vedi Santana Money Gang di Sfera Ebbasta e Shiva con le continue citazioni a Club Dogo (Guè inoltre ha di recente pubblicato KG Anthem con Rasty Kilo, una riedizione di Zona Uno Anthem del 2010) e Marracash – iniziano a ripescare dal passato perdendo il furente approccio iconoclasta, rifacendosi direttamente ai padri (vedi che anche la volontà di Salmo di avere una figura storica come Kaos come unico featuring nel suo ultimo disco Ranch), forse l’idea di futuro portata avanti dal rap si è inceppata. Non è un caso che oggi molti della next gen – Ele A, Nerissima Serpe, Kid Yugi – abbiamo lasciato da parte la trap per tornare proprio a rappare, come si faceva una volta, rima su rima, barra dopo barra.Se questa nostalgia sarà solamente una fase ciclica, una moda che ritorna a 20 anni dagli originali, o qualcosa che si è inserito in modo metastatico nello strato sottocutaneo del rap italiano lo scopriremo ben presto. Nel primo caso parleremo di un omaggio ai sopravvissuti alla storia gloriosa della golden age. Nel secondo della fine della spinta propulsoria di quella che sempre Fibra ha definito «l’unica rivoluzione musica italiana». La sensazione, se dovessimo scommettere i celebri due centesimi, è che anche il suono della strada è stato inghiottito dal suo stesso passato.
l'essenza della guerra dibattito con Mario domina https://mariodomina.wordpress.com/
Mi pare che la posta in gioco – un mondo realmente multipolare dopo la parentesi monopolare di quest’ultimo trentennio, che qualcuno aveva immaginato, illudendosi, come “la fine della storia” e il trionfo della globalizzazione neoliberista – sia piuttosto chiara.
Ciò non toglie che quando subentra la logica bellica – o meglio, quando la guerra si rivela per ciò che è nella sua essenza, ovvero la struttura profonda e l’intelaiatura dei rapporti internazionali e tra potenze, e non il puro fenomeno delle guerre guerreggiate – si manifestano accanto alla “razionalità” degli interessi, anche elementi irrazionali e nichilisti di cui occorre tener conto. Altrimenti sarebbe impossibile spiegare quel che è successo durante le due guerre mondiali, specie nel corso della seconda.
La guerra è portatrice ad un tempo di elementi materiali, di interessi, di “razionalità”, e però insieme di ideologie distruttive e nichiliste. Le due forze vanno insieme, e le si vedono interagire anche nel linguaggio, negli attori collettivi e nei soggetti individuali (basti pensare ai fanatismi nazionalisti sempre pronti a risorgere).
Economia e psicopatologia all’unisono, al servizio di un crescente delirio di onnipotenza. Ragion per cui le guerre si cominciano spesso al buio, senza sapere a quali terre ignote condurranno.
L'incredibile storia dell'italiano e del santuario che ha addomesticato un orso .,Bufera sulla bandiera nazista al museo della guerra di Orsogna: mozione per rimuoverla. Lo storico Marco Patricelli, esperto dell'Europa del Novecento e della Seconda guerra mondiale,: «Richiesta ridicola»
29.6.25
Il negozio-museo compie un secolo .,La caduta dal ponteggio, 45 minuti a terra prima dei soccorsi: «Sono un miracolato» Gianluca Deiana, 55 anni, nel febbraio 2024 è stato coinvolto in un grave incidente sul lavoro a Cagliari. Il suo racconto
fonte unione sarda
Il negozio-museo compie un secolo «Abbiamo ancora una clientela fedele, qui si vendono lampadine e si parla del Cagliari»
Ci sono i grandi megastore dell’elettronica, quelli con le smart tv sempre più grandi e mille oggetti dei desideri di cui tanti sembrano non poter fare a meno. E poi c’è questo piccolo negozio con gli scaffali in legno, che odora di antico, con le abat jour vintage esposte a fianco ai ventilatori di ultima generazione, i lampadari che pendono sopra il bancone e, qua e là nelle vetrine, vecchi contatori, misuratori di corrente di varie epoche, una vecchia cassaforte, tracce della storia dell’ultimo secolo.Un secolo di vita
In effetti quello dei fratelli Roberto, in viale Regina Margherita, è un po’ negozio di elettricità e un po’ museo. E infatti Piero Roberto, 57 anni, che rappresenta orgogliosamente la terza generazione della famiglia, al museo ci sta pensando davvero ora che l’attività ha compiuto un secolo e può vantarsi di essere il più vecchio della città
L’iscrizione al “registro delle ditte”, esposta in una vetrina accanto a tanti pezzi storici, porta la data del15 giugno 1925. Ad aprire l’attività fu Giovanni Roberto, perito elettrotecnico, secondo di sette fratelli originari del Monferrato, che iniziò a vendere materiale elettrico nell’orologeria aperta in via Barcellona dal padre Domenico, che si era trasferito a Cagliari a fine ‘800 dal Monferrato e nel 1884 aveva realizzato in città una delle prime stazioni telefoniche del Genio militare.Quando dal Pirmonte arrivarono anche Marco , Antonio e Pietro si miseri in proprio e aprirono il negozio in via Napoli, dove oltre a commerciare materiale elettrico riparavano in esclusiva le radio Philips, una delle marche di cui erano depositari per tutta la Sardegna. L’attività era fiorente tanto che l’azienda arrivò ad avere oltre dieci dipendenti. Negli anni ‘40 si trasferirono in via Sant’Eulalia, dove costruivano impianti elettrici per numerose imprese edili, riparavano motori e facevano manutenzione agli impianti militari tra cui le sirene d’allarme che si attivavano durante le incursioni aeree
Riferimento sicuro
Erano uno dei riferimenti sicuri della città, uno di quei negozi dove si trovava tutto, ma proprio tutto ciò che serviva. Il 4 dicembre del 1942 un aereo cadde sul palazzo dove aveva sede l’attività distruggendo i due piani superiori ma non quello dove aveva sede l’attività. Ma fu solo un segno premonitore perché nel maggio del ‘43 una bomba rase al suolo l’edificio, distruggendolo. La famiglia fu costretta a lasciare tutto e sfollare a Villanovafranca. Quando rientrarono a Cagliari, agli inizi del ‘45, dell’attività non restava più nulla. «Qui non c’è da piangere né da lamentarsi», disse il padre ai figli, «ricordate che i piagnistei e le lamentele non hanno mai risolto niente»
Viale Regina Margherita
Così fu: il negozio fu riaperto in viale Regina Margherita 24, dove ha sede ancora oggi e dove ogni angolo racconta un pezzo di una storia lunga. Piero Roberto lavora dietro quel banco da quando aveva 19 anni e aveva appena finito l’istituto professionale, al Meucci. Assieme a lui ci sono i figli Federica, 29 anni, e Filippo, 23. Resistono, nonostante tutto, forti della loro storia e di un nome che in cento anni non si è mai sporcato. «La grande distribuzione e Amazon ci hanno portato via parte del lavoro ma a penalizzarci di più sono i parcheggi a pagamento», spiega Piero che, fedele all’insegnamento del padre e del nonno, non si lamenta. «Abbiamo una clientela fedele».In questo spazio di fronte a Sa Manifattura c’è una tradizione che si rispetta, qualsiasi cosa accada, e che prescinde da prese elettriche, batterie e applique. «Il lunedì si commenta il risultato del Cagliari. Lo facciamo prima io e Filippo (che mostra orgoglioso un tatuaggio con lo stemma dei rossoblù), poi con i clienti, molti dei quali sono anche amici». Del resto ciò che da un secolo tiene in piedi questa attività è la competenza, certo, ma anche i valori, quelli sani, che trasudano da queste pareti antiche
La caduta dal ponteggio, 45 minuti a terra prima dei soccorsi: «Sono un miracolato»
Gianluca Deiana, 55 anni, nel febbraio 2024 è stato coinvolto in un grave incidente sul lavoro a Cagliari. Il suo racconto
| «Lavoravo come muratore, in un cantiere a Cagliari - racconta - era febbraio del 2024. Il ponteggio lo avevamo già montato da tempo e stavamo sistemando la facciata». Sennonché «in quel momento, mancava poco alle 13, ero solo e ricordo che ho saltato un piccolo gradino, dal balconcino alla pedana per prendere l’attrezzatura e andare via». Dopo è il buio, «non ricordo niente se non che verso le 13.45, dopo avere perso i sensi, ho ripreso conoscenza. Sono rimasto buttato in terra sull’asfalto per 45 minuti. In quell’arco di tempo in strada non è passato nessuno, nemmeno persone a passeggio con il cane. Forse perché era l’ora di pranzo, forse è stata una fatalità, non so». Quando si risveglia arrivano il titolare dell’impresa e un suo collega. «La mia situazione non gli era sembrata grave, non hanno chiamato l’ambulanza ma mi hanno caricato in macchina e mi hanno portato in ospedale al Policlinico. Io c’ero e non c’ero. Ricordo che avevo dolori lancinanti ovunque, avevo capito di essere fratturato». |
| Le emorragie cerebrali |
| Prima di entrare in ospedale Deiana resta in auto a lungo. «Fino a quando sono arrivata io», interviene la moglie Elisabetta Spano, «sono entrata di corsa a cercare un medico e ho detto: “Venite perché mio marito sembra Gesù tolto dalla Croce”. Era in condizioni pietose, il volto tumefatto, non riusciva a muoversi. Sono corsi ed erano allibiti che non fosse arrivato in ambulanza. L’hanno portato dentro e sono rimasti con lui otto ore di fila».Le condizioni sono critiche: due emorragie cerebrali frontali, lesioni a entrambe le rotule, frattura del perone, del malleolo e quella del polso «che non potrà recuperare». Da lì il calvario: tre operazioni, la fisioterapia. «Dovrei operare anche la mandibola ma sono in attesa». La fisioterapia l’ha fatta a pagamento: «Mi dovevo rimettere in piedi subito e c’erano liste d’attesa lunghissime». Piano piano la rinascita, «ho capito che mi dovevo rimettere in piedi e ci sono riuscito. Sono un miracolato. E pensare che quella mattina avrei dovuto accompagnare io il titolare a prendere del materiale, invece poi era andato il mio collega». |
| L’epilogo |
| E a marzo Elisabetta Spano e Luca Deiana, che fino a sabato scorso era obriere della cappella di via Porcu, si sono sposati. «Quando ero lì in ospedale, nonostante dieci anni di convivenza con Luca io in pratica non ero nessuno - dice Spano - Non mi davano notizie, non potevo decidere niente. Così abbiamo deciso che dovevamo regolarizzare tutto». E ricominciare a vivere. |
CANE ABBANDONATO IN SPIAGGIA DIVENTA CUSTODE DELLE TARTARUGHE
Pietro Sedda il designer, artista e tatuatore di fama mondiale racconta i suoi nuovi progetti
Dopo la morte nei giorno scorsi all'età di 80 anni di Maurizio Fercioni ( foto sotto a sinistra ) considerato il primo t...
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Come già accenbato dal titolo , inizialmente volevo dire Basta e smettere di parlare di Shoah!, e d'aderire \ c...
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iniziamo dall'ultima news che è quella più allarmante visti i crescenti casi di pedopornografia pornografia...
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Ascoltando questo video messom da un mio utente \ compagno di viaggio di sulla mia bacheca di facebook . ho decso di ...







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