6.3.14

La battaglia vinta di Pier: "Io, primo laureato autistico esco dalla prigione di cristallo"

darepubblica 5\3\2014


La sua vita è stata "muta, e bisognosa di altri" come quella di molti ragazzi con i suoi problemi. Ma lui, 33enne del Trevigiano, è riuscito a farcela. Con una tesi che parla di se stesso

di JENNER MELETTI




VOLPAGO DEL MONTELLO (Treviso) - Pier non ha avuto dubbi. Quando il papà gli ha chiesto se voleva andare a fare una gita al mare o a vedere i carri del carnevale a Treviso, è riuscito a dire: "Carri". Bisogna fare festa, a casa Morello. Piercarlo detto Pier si è laureato, 96 su 110. È diventato "dottore magistrale in Scienze umane e pedagogiche" con una tesi in cui parla di se stesso. Pier è affetto da autismo severo e non si ha notizia di altri autistici gravi che abbiano potuto cingersi d'alloro. "Abbiamo vinto una battaglia - dice subito il padre Luciano, ex insegnante - ma la guerra continua. Ma lo sa che quando Pier si è iscritto all'università l'Usl voleva togliergli i 400 euro al mese dell'"accompagnamento"? Dicevano: se va all'università non è autistico. Invece anche l'ultima diagnosi, svolta in una struttura pubblica due anni fa, conferma purtroppo che il nostro Pier è affetto da autismo severo". 

 È una storia bellissima e triste, quella di Pier. Bellissima perché Pier, 33 anni, non si è fermato in un'aula delle elementari o delle medie con l'insegnante di sostegno ma è diventato dottore. Triste perché la sua laurea è una mosca bianca in un mondo dove migliaia di ragazzi autistici "non parlanti" non riescono a uscire da "una vita - così ha scritto Pier nella sua tesi di laurea - muta, vacua e bisognosa di altri".
È una storia bellissima e triste, quella di Pier. Bellissima perché Pier, 33 anni, non si è fermato in un'aula delle elementari o delle medie con l'insegnante di sostegno ma è diventato dottore. Triste perché la sua laurea è una mosca bianca in un mondo dove migliaia di ragazzi autistici "non parlanti" non riescono a uscire da "una vita - così ha scritto Pier nella sua tesi di laurea - muta, vacua e bisognosa di altri". "Io non so nemmeno - racconta il padre - cosa abbia provato, quando la commissione lo ha proclamato dottore e gli amici gli hanno fatto festa. Per un giorno e mezzo Pier si è ritirato nel suo posto preferito: il salotto di casa. Resta solo davanti alla tv accesa ma senza volume e ascolta musica alla radio: da Beethoven ai cantautori italiani. Non vuole che nessuno entri. Sì, ha visto i giornali, il Mattino e la Tribuna, che parlavano di lui. Ha fotografato gli articoli. Conosco i suoi tempi. Solo fra una settimana, via computer, potrò chiedergli come ha vissuto le ore della laurea. Io so che era molto teso, ma l'abbiamo capito solo noi genitori: aveva le guance rosse". 



Nella storia di Pier ci sono stati molti muri e solo alcuni sono stati abbattuti. "Fino alle medie - ha scritto nella tesi per la triennale in Scienze della formazione - ricordo di avere solo colorato in silenzio tanti pallini a quadretti nei corridoi della scuola. Sì, ho conosciuto tante aulette di sostegno e corridoi". "Ho imparato - ha scritto nella tesi specialistica, su "Inclusione e ben-essere sociale: una storia di autismo per capire" - a leggere mentre gli insegnanti facevano lezione agli altri. Ma come facevo a farlo capire ai professori, visto che non riesco a parlare?". 
"Fino ai tredici, quattordici anni - racconta il padre Luciano - Pier era giudicato dai medici un ritardato mentale. È stato allora che abbiamo incontrato la dottoressa Vittoria Realdon Cristoferi, che ha proposto una tecnica di scrittura facilitata, con l'assistenza di un operatore. E così è riuscito a frequentare l'istituto agrario di Montebelluna. I problemi più gravi sono arrivati dopo il diploma. Il Ceod - Centro educativo occupazionale diurno - ci ha proposto di inserirlo in una cooperativa sociale per disabili psichici, che è una struttura positiva per tanti ragazzi ma resta una gabbia, dorata ma sempre gabbia. Io e mia moglie Marta abbiamo deciso: Pier deve vivere in un ambiente normale, e per un ragazzo diplomato l'ambiente normale è l'università". 
"Viviamo - ha scritto Pier Morello - in prigioni di cristallo, prigioni di voce negata e di parole che non sono espressione di dovuta fiducia". Un passo dopo l'altro, sempre in salita. Gli esami al computer, davanti al professore. "Alcuni docenti - racconta il padre - non volevano laureare Pier. Dicevano: non potrà usare la laurea, e allora perché dobbiamo concedergliela? Non hanno capito che la laurea in fondo è un effetto collaterale. L'importante è il passo avanti. Che farà adesso il nostro Pier? Noi non ci fermiamo. Lavora già, nostro figlio, tre giorni alla settimana. Da qualche anno va alla scuola materna di Venegazzù come assistente delle maestre. In aula distribuisce le matite ai bimbi, prepara la tavola delle insegnanti, fa la "sentinella" in giardino durante la ricreazione e avverte le insegnanti se i bimbi litigano o si fanno male. È la Usl che paga un piccolo stipendio e l'assicurazione con una borsa lavoro. Credo che questo sia un ottimo intervento: Pier si sente utile e motivato a comportarsi bene. La scuola non è una gabbia di cristallo. Il dottor Pier continuerà questa attività. Cercheremo anche altro, se possibile, ma sempre in un contesto normale". 
"La disuguaglianza - ha scritto Pier - è la vera disabilità. So che cammino da solo... ma nella mia cesta di parole taciute trovo anche soli e lune, oceani e colori di luce". "Se il brano è stato scritto da Pier e non dal suo facilitatore - ha commentato Liana Baroni Fortini, presidente dell'Angsa, Associazione nazionale genitori soggetti autistici - Pier non può dirsi autistico perché dimostra di avere una comunicazione sociale molto buona". La dottoressa Vittoria Realdon Cristoferi, medico neuropsichiatra che segue Pier da quando aveva 12 anni, non cerca polemiche. "Nessuno di noi - dice - ha gridato al miracolo. "Uno su mille ce la fa", e questa è una buona notizia che però racconta che altri 999 non ce la fanno. Conosco Pier e gli "parlo" da quando era un bimbo. Mi ha sempre detto di voler vivere come gli altri. Ha raggiunto i risultati che si era prefisso. Pier è la dimostrazione che l'autismo non è incapacità. La laurea? Credo che per lui la conquista più importante sia stata quella di vivere con gli altri, andare con gli amici a prendere il sole a Prato della Valle... Sa di non poter fare da solo. Ma ha visto che la porta della gabbia può essere aperta". 


Ora   sia  che  sia  un autistico  o  con problemi   psichici ( ritardato mentale  in senso dispreggiativo ) o 

la stampa
EDITORIALI
05/03/2014

L’autistico laureato non è autistico


GIANLUCA NICOLETTI




A Padova si festeggia il primo autistico in Italia ad avere preso una laurea. E’ una bella notizia per tutti, neuro diversi e non. Quello che ritenevano un ritardato mentale, in realtà, è stato capace di laurearsi dottore magistrale in Scienze umane e pedagogiche. Piercarlo Morello di 33 anni per laurearsi però è stato assistito da qualcuno che alle sue spalle guida la sua mano sulla tastiera di un computer, affinché lui possa esprimersi compiutamente. Ha sicuramente colpito tutti noi la frase del neo dottore che i giornali hanno riportato, e che è particolarmente intensa: «La disuguaglianza è la vera disabilità, so che cammino solo. Ho contro un male che rende la vita muta, solitaria, vacua e bisognosa di altri, ma nella mia cesta di parole taciute trovo anche soli e lune, oceani calmi e colori di luce».

E’ veramente un’immagine molto profonda, anche troppo perché Piercarlo possa essere definito autistico, infatti l’associazione nazionale delle famiglie dei soggetti con autismo (Angsa) ha subito comunicato di essere strafelice per la notizia, ma su Piercarlo evidentemente era stata sbagliata la diagnosi, non era un autistico. Nel caso che quel distico l’abbia scritto lui, e non il suo facilitatore, evviva! Significa che ha una comunicazione sociale più che buona, quindi non è da considerare autistico, cioè un soggetto la cui caratteristica principale sia quella di essere incapace a comunicare, indipendentemente dal modo in cui possa esprimersi.

Non sembri fuori luogo fare una precisazione del genere, a fronte di una notizia che mette solo allegria, e che sarà sicuramente fonte di orgoglio per quel ragazzo e la sua famiglia. E’ impietosamente necessario però fare un punto di chiarezza, proprio perché non si accenda all’istante la speranza in ogni altro genitore d’autistico che il proprio ragazzo, che magari non è capace di scrivere il suo nome o di dire mamma, possa emulare l’ambito traguardo di laurearsi, purché munito di facilitatore che lo aiuti a scrivere sul computer, tutto quello che, altrimenti, non sarebbe mai capace a esprimere parlando.
Penso che se passasse questo concetto sarebbe altrettanto grave del far credere che tutti gli autistici siano rappresentabili nel protagonista di «Rain Man», o nel prodigioso bimbo veggente matematico della serie televisiva «Touch».
L’autismo è un mondo complesso e variegato e sono veramente poche le modalità di trattamento che funzionino per tutti. Tra queste è da escludere che ci sia la comunicazione facilitata, ora presentata con il nome di Woce, che negli Stati Uniti da almeno quindici anni è dichiarata priva di evidenza scientifica, in Italia classificata dalla Linea guida n.21 dell’Istituto Superiore di Sanità del 2011 fra gli interventi «non raccomandati per l’autismo».
Ora sicuramente ci sarà chi ribatterà, portando nomi e documenti trovati in rete, dove è scritto che qualcuno da qualche parte del mondo invece considera efficace questo tipo d’intervento. Di certo sappiamo che non è generalizzabile e questo ci basta. Abbiamo già recenti esempi di come l’emotività mediatica non sia buona consigliera in casi così delicati e che riguardano la salute. E’ solo d’augurarsi che Piercarlo non diventi un fenomeno da talk show, o per lo meno nessuno gridi al miracolo citando il suo caso.
Purtroppo chi ha conoscenza dell’autismo, così detto «a basso funzionamento», (sì non è bello come termine, ma anche mio figlio è di quel genere e c’ho fatto l’abitudine) sa che chi abbia questa particolare sindrome, e non verbalizza salvo poche parole, nella maggior parte dei casi ha enormi problemi cognitivi e relazionali, soprattutto non è in grado di redigere una tesi di laurea, di esprimere concetti elaborati, come i testi pieni di saggezza e profondità che spesso vengono attribuiti agli autistici «facilitati».
E’ giusto piuttosto che sia ribadito il concetto che per l’autistico il primo vero traguardo sia l’autonomia di base nei suoi comportamenti quotidiani. Inutile porsi l’obiettivo ambizioso di una laurea, se ancora il proprio figliolo ha difficoltà ad allacciarsi le scarpe, a vestirsi da solo, a curare la propria igiene personale. Chiediamoci anche cosa potrà fare il nostro figlio autistico una volta laureato, soprattutto se dovrà sempre essere seguito dai suoi facilitatori quando gli sarà chiesto d’esprimersi.  
Ieri mio figlio Tommy si è cucinato da solo la pasta con le zucchine, faccio salti di gioia, mi basta per pensare che il cuoco potrà farlo, anche se non sa parlare.  

è una  cosa  bellissima  , un fatto importante   visto che  solo  1  su  1000  a  quelle condizioni  ce la  fa  . L'importante  è  



da  http://www.redattoresociale.it/

Ragazzo autistico laureato. Angsa: "Nessun miracolo, errore di diagnosi"
Secondo l’associazione dei genitori di soggetti autistici il ragazzo sarebbe affetto da mutismo elettivo. ''Contenti per lui ma non è il caso di gridare al miracolo''. Il giornalista Nicoletti: ''Non è giusto alimentare le illusioni delle famiglie''

04 marzo 2014


ROMA – Nessun miracolo, nessuna guarigione, semmai un errore diagnostico. L’associazione nazionale dei genitori di soggetti autistici (Angsa) puntualizza con una nota sul caso del ragazzo con sindrome dello spettro autistico che, come riporta il quotidianoIl Mattino di Padova, dopo essere stato giudicato “ritardato mentale” si sarebbe laureato in Pedagogia con 96/110. “Ci congratuliamo con Piercarlo Morello per la laurea conseguita. Tuttavia se il brano che si legge sui giornali è stato scritto da lui e non dal suo facilitatore, Piercarlo non può dirsi autistico, poiché dimostra di avere una comunicazione sociale molto buona - sottolinea la presidente di Angsa Liana Baroni Fortini - Una delle caratteristiche principali degli autistici è quella di essere incapaci di comunicazione sociale, indipendentemente dal modo di espressione, che può essere scritto oppure parlato oppure a segni”. Secondo la presidente dell’associazione il ragazzo “può essere diagnosticato come un caso di mutismo, semmai elettivo, ma non come autistico, e se qualcuno ha fatto questa diagnosi si tratta di un ulteriore errore diagnostico. In medicina si commettono molti errori diagnostici – spiega -, e quando questi sono errori per eccesso e si diagnostica una malattia inguaribile che non c'è, allora si creano le condizioni per poi gridare al miracolo della guarigione, indipendentemente dagli interventi effettuati.”
L’Angsa invita anche a non cadere nella facile equazione: autismo come ritardo mentale. “Si deve ricordare che soltanto una quota dei bambini con autismo lo presentano: tale disabilità deve essere valutata con appositi test, che non sono influenzati dalla capacità espressiva verbale, altrimenti l’errore diagnostico è inevitabile – sottolinea Fortini - Vi sono casi in cui persone con autismo, sfruttando le loro particolari abilità, si sono laureate senza utilizzare la Comunicazione Facilitata, ad esempio al Dams. Per non parlare delle persone con sindrome di Asperger, che possono laurearsi senza Comunicazione facilitata in Scienze matematiche, fisiche ed altre materie nelle quali potranno effettivamente esercitare una professione utile alla loro inclusione sociale ed alla società. La comunicazione facilitata – spiega ancora - che ora si presenta con il nome di Woce, viene classificata dalla Linea guida n.21 dell'Istituto superiore di Sanità del 2011 fra gli interventi non raccomandati per l'autismo”.
Anche il giornalista Gianluca Nicoletti, papà di Tommy, ragazzo con autismo, invita a non alimentare facili illusioni. “La notizia è di quelle che dovrebbero d’istinto indurre speranza e ottimismo – scrive - Piercarlo, a quanto viene proclamato, sarebbe il primo autistico non verbale a laurearsi in Italia. Occorre però fare un punto sul fatto che Pier per esprimersi usi il sistema della scrittura facilitata (Woce). Chi conosce l’autismo, così detto “a basso funzionamento”, sa però che un ragazzo che abbia questa particolare sindrome, e non verbalizza salvo poche parole, nella maggior parte dei casi ha enormi problemi cognitivi e relazionali, soprattutto non è in grado di redigere una tesi di laurea, di esprimere concetti elaborati, come la frase attribuita a Pier nelle cronache dell’evento”. Secondo il giornale che per primo ha dato la notizia, Piercarlo avrebbe detto: “La disuguaglianza è la vera disabilità, so che cammino solo. Ho contro un male che rende la vita muta, solitaria, vacua e bisognosa di altri, ma nella mia cesta di parole taciute trovo anche soli e lune, oceani calmi e colori di luce.” “Non si può che condividere l’orgoglio di un ragazzo con difficoltà che riesce a raggiungere un traguardo così importante come la laurea. – conclude il giornalista - Il percorso di Pier è in assoluto gratificante per chiunque soffra per l’emarginazione e il pregiudizio in cui affondano i soggetti con disabilità psichica in genere".
Massima soddisfazione quindi per la bella storia padovana, purché il caso di Pier non si risolva nella facile equazione: autistico che non parla con un facilitatore accanto diventi uno scienziato, perché così non è. Non è nemmeno giusto che si alimentino illusioni e speranze nelle famiglie che, spesso in totale solitudine, ogni giorno hanno la grossa responsabilità di dover decidere quale sia la maniera giusta per far vivere il più felicemente possibile il proprio figlio, spesso nelle limitatezza delle proprie condizioni economiche. Può essere fantastico far laureare un figlio, anche se avrà sempre bisogno di una persona accanto che l’aiuti a scrivere, purché questo non tolga attenzione e risorse per qualcuno che gli insegni, ad esempio, a essere autonomo quando va al gabinetto”. (ec)

5.3.14

Tra le curve delle opportunità di Giampaolo Cassitta



in sottofondo



dal mio compagno di viaggio facebookiani e non Giampaolo Cassitta



Le parole e i concetti hanno un suono. Raccontano quello che le immagini non riescono a codificare. Eppure, a volte, diventa difficile riuscire a scardinare ciò che le parole hanno costruito. Perché la gente ormai si è appropriata di quel termine, di quel modo di dire e lo fa diventare “luogo comune” e, in alcuni casi, diventa “verità rivelata”. E’ il caso del decreto “svuotacarceri” locuzione di questi giorni che è stata “affibbiata” ad un decreto poco amato da Lega e Cinque stelle e poco sostenuto dagli altri partiti. Intanto, quel decreto, divenuto Legge (Legge n.10 del 2014) non svuota, nella maniera più assoluta, le carceri. Non è un indulto,
un’amnistia, un regalo. E’ piuttosto qualcosa che parte da lontano e prova, seppure goffamente, ad “aggiustare” alcuni passaggi legislativi non proprio felici. E’ una legge “aperta” ad una nuova serie di soluzioni e prova a scrollarsi di dosso l’idea che tutto, in questo paese debba necessariamente “carcerizzato”, che tutti i reati devono passare obbligatoriamente per la fermata di un penitenziario. Prova a sveltire l’espulsione dei detenuti stranieri verso i loro paese di origine, prova a concedere, per un tempo di sei anni, una maggiorazione di liberazione anticipata a detenuti meritevoli del beneficio escludendo, tassativamente, detenuti di alta sicurezza, appartenente alla malavita organizzata, stupratori e pedofili. Per quelli non esiste nessuna possibilità di libertà. Quindi, il carcere, per chi ha commesso gravi reati non si svuota. Il decreto Legge 146/2013 prova invece, seppure con una certa timidezza, a dare la parola al detenuto con il diritto di reclamo giursdizionale, amplia la possibilità di ottenere l’affidamento in prova al servizio sociale a quattro anni, restituendo nuove opportunità a chi, per esempio, ha già un lavoro oppure è all’interno di un progetto di inclusione sociale. Scommette sull’abbattimento della recidiva. E’ un discorso difficile e contorto. Un percorso complesso molto simile a quello sulla formazione: occorre scommettere sul futuro. Chi non passa per il “penitenziario” ha meno possibilità di rientrare all’interno del circuito delinquenziale. Vi sono studi che lo dimostrano e vi sono paesi, in Europa, che ci scommettono da anni. In Inghilterra, per esempio, la “messa alla prova” è una misura alternativa tra le più usate e apprezzate. Chi commette un reato non grave non entra in carcere ma, con una sorta di patto bilaterale tra Stato e reo, prova a dimostrare che si può scommettere sulla sua voglia di riscatto. In Italia questa proposta di legge giace dall’ultima legislatura nella commissione Giustizia alla Camera e il tragitto culturale, purtroppo, sembra essere piuttosto tortuoso. E’ difficile scommettere sulle persone, ed è difficile farlo con chi ha molte curve nel suo tragitto di vita. Il decreto approvato introduce, inoltre, la possibilità di poter trascorrere presso la propria abitazione la condanna, utilizzando il famoso “braccialetto”, dispositivo per il quale il nostro paese paga un affitto alla telecom da molti anni. Questa espiazione della pena appare in linea con le direttive europee e restituisce dignità a persone che, magari, per la prima volta si trovano a dover affrontare il percorso disagevole del penitenziario. Manca in questo decreto il coraggio vero, innovativo, di provare ad attuare la “riparazione del danno”, la possibilità di mediazione penale, la scommessa di mettersi in gioco e di farlo con un percorso serio, riflessivo, anche con la vittima del reato. 
Le carceri, dunque, non si svuotano. Ma vanno osservate con occhiali diversi. Dentro gli istituti penitenziari ci sono persone in grado di voler riscattare la propria vita, in grado di poter riparare ai propri errori, in grado di dimostrarlo. Vi è uno sforzo da parte di tutti per vincere questa scommessa e questo decreto più che “svuotacarcere” può essere appellato come: “piccola opportunità” per i detenuti ma anche per l’intera società.

Ian McKinley. Perde un occhio giocando a rugby: torna ad allenarsi e segna due mete

secondo alcuni potrà sembrare   macchino follia .Ma  per me  è passione   , di ripresa  , non  farsi schiacciare  \  deprimere  dalla  vita  .Proprio come avvenne  con un mio prozio   che perse   durante  una battuta  di caccia  grossa  l'occhio  sinistro    ( non ricordo se  gli spararano accidentalmente  o  era  partito  un colpo dal suo fucile) e  continuo  ad andare  a caccia   fino  ad  una  \  due  settimane  prima di morire  e  continuò ad  esercitare la professione di pediatra  .


Perde un occhio giocando a rugby: torna ad allenarsi e segna due mete

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Udine, 4 marzo 2014 
 Dalla maglia dei campioni del Leinster a quella della Leonorso Udine nella serie C italiana. Domenica, nella partita interna contro l’Oderzo, la squadra di Udine ha schierato un giocatore speciale,Ian McKinley. Irlandese, 25 anni, di Dublino, McKinley nel 2010 era una star del rugby e con la maglia del Leinster aveva già disputato da protagonista molti match internazionali.Purtroppo nel gennaio di quell'anno’anno un tragico incidente di gioco gli causòla perdita della vista all’occhio sinistro e lo costrinse a dire addio alla carriera. Il rugby però è sempre stata la sua vita e dopo essersi diplomato allenatore, Ian McKinley nel 2012 è arrivato in Italia, entrando nello staff tecnico della Leonorso.Da qualche mese però la sua carriera da giocatore ha visto la luce in fondo al tunnel. Da quando la federazione internazionale ha autorizzato la sperimentazione di speciali occhiali, la voglia di tornare a giocare è prevalsa. Così ieri c’è stato il grande ritorno in campo e McKinley con una prova maiuscola ha trascinato i compagni alla vittoria per 65 a 5 contro i veneti, segnando inoltre ben due mete e due calci di punizione. Il rugby ha ritrovato un campione.
Fonte: Il Gazzettino


Questo è l'8 marzo , non rinchiudersi in una pizzeria o spogliarelli maschili (Il treno delle mosche e le donne della speranza )

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Canzoni consigliate  .
Fra le  tante  canzoni sui treni  , che  vanno   oltre  le  ovvie   e  scontate  in un post  simile   (ma non per questo belle  ed  intense)  ,  La locomotiva  di Guccini  e  treni  a  vapore -cielo   d'irlanda  di   Fiorella  Mannoia        ho trovate queste  :





Come specificato nellle primissime righe del mio post precedente ( trovate come sempre l'url sopra all'inizio del post ) su come vedo l'8 marzo ecco cosa intendo per storie di donne . 
Mentre incomincio  a  fare  cut&paste   dell'articolo  di    http://www.eticamente.net/ (   da  qui più  precisamente   )  mi ritorna  in mente   queste due    canzoni  la  prima  è di  un famoso  caffè è  lo spot  del  1981  


la  seconda   trovata  per  caso   anni   fa  mentre  cercavo   , non ricordo  per  quale motivo   ,  qualcosa   sul   rapporto tra    tra  la beat  generation  con   :  il   vagabondaggio  e treni .   E  riscoperta  mentre cercavo   qualche  canzone  adatta  per  questo post



Ma  ora  basta  . parlare io  , lasciamo  la parola  all'articolo

Sono le donne chiamate “Las Patronas“ che danno un filo di speranza, ogni giorno, alle 400mila persone che ogni anno attraversano il confine che divide il Messico dall’America, 8000 km tra boschi, rocce e deserto, fino al Rio Grande.Sono nicaraguensi, salvadoreñi, guatemaltechi, hondureñi che ogni giorno corrono affianco ad un treno, salgono in corsa, si sporgono, rischiano di rimanere amputati, fulminati o peggio: rischiano di morire.Ma quando passano per Veracruz hanno un pasto gratis, senza poterlo scegliere, senza poter decidere cosa mangiare ma ringraziando queste donne che ogni giorno sfidano “il treno della morte”, “il treno delle mosche”, “la bestia”, “il divoramigranti” che passa a 40 km orari e loro sono li, vicine, a volte troppo vicine… 


E non si aspettano niente in cambio, non vengono pagate, non vengono ringraziate ma sanno di essere l’unica speranza per questi migranti.I passeggeri soffrono la fame e le madrine del treno sono le uniche che danno loro un briciolo di speranza.Braccia alzate cibo che passa di mano, senza un errore, mai nulla avanza… E il giorno dopo si ricomincia.


Un tratto di strada dove le mani si incrociano velocemente in segno di speranza, dove gli sguardi si sfiorano velocemente in un grazie silenzioso nel frastuono del treno che inesorabile avanza veloce senza rallentare.
Nel video documentario di Nieves Prieto Tassier e Fernando López Castillo intitolato‘El tren de las moscas’




 (Il treno delle mosche) si vede questo passaggio di “testimone”, si vede il lavoro delle madrine, si vede la sofferenza dietro la speranza.Un cortometraggio che ha vinto il premio per il miglior corto politico al Film Festival Round

[Fonte dati www.repubblica.it ]


P.s
il video  è stato  salvato    tramite  donwloadhelper  (  estensione di mozzilla firex  fox  )   senza  nessun fine  di lucro  Ma  solo per  conservare la  memoria  di  tali  storie  che andranno perdute se nel caso  il canale  youtube  di Helios Cordero  (  https://www.youtube.com/user/caindenod   ) dovesse  essere  chiuso  o  i video rimosso  . I diritti sono  quindi  del quotidiano elpais.

ma che .... in italia si tenta di combattere la pirateria cinematografica riducendo il passaggio dal'home video alla tv trasmettendo la grande bellezza e già si scatenano polemiche

Riprendendo  il  titolo mi chiedo   ma   allora   che  cavolo bisogna    fare  per  contrastare  la pirateria informatica \  artistica  spesso in mano ( vedere il caso di megavideo  ) in mano  a quella  che  molti economisti  ad iniziare  da Loretta  napoleoni chiamano economia canaglia   sol  reprime e proibire   ? Tutta  questa polemica   per una delle rarissime   volte chela  tv  o il biscione non trasmette cag**te o  film no stra visti  e  rivisti  o  film  di   mio nonno .
Ma  ritorniamo a noi  .
Mi sembra strano che  canale  5   abbia  trasmesso  un film  contenente  : <<   uno spaccato della nostra società, vuota , insignificante, becera, fasulla, ipocrita.... pur avendo molti politici osannato questo "capolavoro" non si sono resi conto che Sorrentino li ha fotografati , per  non dire   volgarità gratuita  ed  ovvia   , per benino?' Insomma questa è la verità sulla nostra società. Più che GRANDE BELLEZZA, direi GRANDE TRISTEZZA  >> (  da https://www.facebook.com/natalina.garavaglia  )  .
  Un  'opera   che  si prende  gioco  anche  se  implicitamente    dal suo capo e  della sua  greffa  anzi peggio  dei salotti   intellettuali  e  mondani    ( vedere cafonal di dagospia  )  .
 Un film  pesante  lento  e  soporifero come  ho  già  avuto modo  dirlo  in un precedente post   a  cui rimando per maggiori dettagli .
Infatti rivedendone l'inizio , mi è  venuto l'abbiocco   come  giustamente  dice   questo post  virale    su  facebook 


  (  vedere per  ulteriori  dettagli  mia recensione )  . Le  ipotesi sono due  :  o mediaset  ha  bisogno di far cassa e  quindi  continuare  a rimanere  in vita  oppure  essendo proprietaria dei diritti ha deciso    come   s'evince  dall'articolo , sotto   riportato  , per  contrapporsi a  Sky Tv .



Nonostante le polemiche suscitate dalla decisione di mandare in onda "La grande bellezza" di Paolo Sorrentino, nel giorno successivo al trionfo agli Oscar, Mediaset conferma che il film sarà trasmesso in prima serata su Canale5 martedì 4 marzo.
Proprio la probabile vittoria dell'Oscar come miglior film straniero aveva indotto gli esercenti cinema, riuniti nelle sigle Anec, Anem, Fice Acec, a protestare contro la scelta editoriale del Gruppo Fininvest che, attraverso la casa di produzione e distribuzione Medusa, dispone dei diritti della pellicola.
Decisione che, secondo gli esercenti, penalizzerà "l'ulteriore sfruttamento dell'opera all'interno della filiera audiovisiva", considerando che il film è ancora in proiezione in 14 cinema italiani con buon riscontro di pubblico, e che l'effetto Oscar avrebbe sicuramente aumentato gli accessi nelle sale. Prima di approdare in
"Un indubbio valore promozionale per la serata televisiva - aveva affermato Lionello Cerri, presidente dell'Anec - che rischia tuttavia di tradursi in una forte attenuazione del potenziale cinematografico, e non solo, del film, oltre a stravolgere la prassi che vede approdare alla tv generalista un'opera cinematografica a circa 24 mesi dalla prima uscita in sala, dopo lo sfruttamento in home video, in video on demand, pay per view e pay tv". Il film, aveva aggiunto Carlo Bernaschi, presidente Anem, "ha già incassato oltre 7 milioni di euro ma si avvia a diventare un successo longevo, considerando inoltre che concorrerà ai David di Donatello che saranno assegnati ai primi di giugno".Scelta editoriale, quella di Mediaset, non estranea alla competizione con Sky. Non è un segreto che il gruppo di Murdoch punti al monopolio sullo sport e sul cinema, così, dopo aver avuto l'esclusiva su Sochi, Formula1 e Moto Gp, ha programmato una serata all'indomani degli Oscar interamente dedicata al capolavoro di Sorrentino. L'opportunità di sabotarla potrebbe aver tentato Mediaset più degli ascolti che, è prevedibile, saranno altissimi.A "La Grande bellezza" Canale5 farà anche seguire “This Must Be the Place”, altro film diretto da Sorrentino e altra prima tv assoluta. Dopo l'accoppiata con Servillo gli spettatori potranno così vedere il regista all'opera con un altro grandissimo attore: Sean Penn.

4.3.14

Quest'anno voglio essere provocatorio e provare per una volta a dire No alle celebrazioni 8 marzo

  Ma, a scapito   di equivoci per  coloro che o decidono   se  leggere   tutto  l'articolo  solo in base  al titolo, non vuol dire    che non dimentichi    di ricordare   cosa  esso significhi  e  di  combattere  culturalmente il  ghettizzarsi   delle donne  ed   Scommetto che  voi donne (    e tutti  coloro  che  ne  sono succubi  )  , o almeno la maggior parte  ,  mi direte   che sono  un  insensibile  e maschilista   o che offendo  la festa delle donne e   il ricordo  di tale  evento o
 che   (  specie i maschi  )   mi vendo   per la  vignetta   che riporto  a sinistra 
 Ma per me   che  odio le celebrazioni  fisse  , infatti  io  ricordo   determinati eventi  (  vedere   come  ricordo  l'olocausto \ Shoah sia  prima che dopo  la  data  in questione  , il ricordo  degli eventi  ( in questo caso  l' 8 marzo  )  è  tutto l'anno   non solo  ad  una data  simbolo   che ormai  è divenuta  , salvo  qualche  mosca  bianca  ,  locali occupati  da  sole  donne  , spogliarelli maschili e  menate  varie 
L'anno scorso, una   mia  amica  , davanti    a  tale mia  obbiezione   sulle celebrazioni della  giornata delle donne  , mi  ha  chiesto  : <<  non ti  biasimo  , ma  allora   tu che proponi ?  coem ricordi  \ celebreresti  la donna >>  ,  stavo per  rispondere  quando  inizio  il concerto  ,  ci dicemmo    ne riparleremo  , ma  poi   ce ne scordiamo  entrambi  .
Bene  questo post  è dedicato  a  *****  ed   è la risposta  alla sua domanda a  cui   non feci in tempo  a rispondere  perchè è partita  all'estero  ed ivi  è rimasta ed  non riesco a  rintracciarla  via internet   . 
Ricordando  ,  non solo  a  date fisse ,   e  raccontando   storie  di  donne  e  del loro coraggio  ( a volte  più degli  uomini ) ,  dei loro dolori   e  sofferenze  ,   del loro   sapere  ., della  loro dignità  . Solo  cosi    si evita  che   : <<  Nel tempo  , ci s'impoverisce nutrendosi   solo uno dell'altro . Se non genera  amare  per  gli altri , anche il sentimento  fra  un uomo e una donna  impoverisce   e  diventa  un limite     >>  (   Etty Hillesum 15 gennaio 1914- 30 novembre 1943,Auschwitz )
Ma soprattutto perchè l'8 marzo : << del 1908 – In questa data, secondo una diffusa credenza, vi sarebbe stato l'incendio nella fabbrica di New York nel quale morirono 129 operaie donne, e che avrebbe quindi dato origine alla Giornata Internazionale della Donna. In realtà si tratta di un equivoco con l'incendio della fabbrica Triangle, avvenuto il 25 marzo del 1911 con 146 vittime. di cui una  40  italiane  >> ( da wikipedia alla voce 8 marzo ) tesi confermata sia da : 1) dal notevole articolo "8 marzo la bufala dell'incendio in fabbrica " di http://blog.ritacharbonnier.com ., 2) dall'articolo " Quella svista sull'8 marzo" del Corriere della Sera dell'8 marzo 2004 di Gian Antonio Stella,
 condivido  quanto dice  nella  discussione  a   questo suo  interessante   e  notevole articolo   citato nelle righe  precedenti   Rita Charbonnier      : << [....] il fatto che le donne tuttora hanno un ruolo secondario nella società non c’è bisogno né di una “festa” nella quale gli uomini fanno gli auguri (di che?) e regalano Mimose, né di un falso storico. Un’analisi approfondita e interessante della questione si trova qui. >>
Quindi   ricordare  o celebrare    tale  se  volete   ma   ( ovviamente  poi ogni una  è libera   di farlo o di non farlo come meglio crede    )   non isolandosi come oche  e ( esperienza  personale     di qualche anno fa  e  di cui  ho parlato  anche  qui nel  blog  )  deridendo i maschi  che vanno  in pizzeria  da   senza  donne  l'8 marzo  o  relegandoli  in una sala  a parte   del  ristorante pizzeria  . O  a spogliarelli maschili    seriali . Concludo   con questo doppio regalo virtuale a  tutte le donne  e   ragazze   la mimosa   ed  una  mia foto   






non so  che altro dire   se  nn buon 8 marzo  

3.3.14

Mafalda compie 50 anni ed è più viva che mai

https://www.facebook.com/pages/Mafalda-Fan-Club-Italiano/167063033341521
http://it.wikipedia.org/wiki/Quino


Leggendo l'articolo  dell'inserto domenicale  di repubblica   lo  trovate  sotto  ( o qui in  pdf  se  non  avete  voglia ne tempo di  leggerlo  tutto )  sui  50 anni   sul  fumetto di Mafalda  penso che : a  differenza  d'altri  fumetti   che  hanno  60 e più e  che  ancora    restano  in vita nonostante  abbiano esaurito la loro funzione  , esso ancora   abbia parecchie  cose  da  dire  e da  dirci  . E  che sia  nonostante  : 1)   per  motivi  politici e  di prudenza., 2)  stanchezza , la versione ufficiale  di Quino  , stanchezza e  paura   della ripetitività  sia stata
Quino autografa una raccolta di strisce su Mafalda a Parigi nel 2004 da  http://it.wikipedia.org/wiki/File:Quino_(cartoonist)_autographs_a_book_in_Paris,_2004.jpg

 chiusa  dopo neppure  9 anni   di vita  editoriale (   1964-1973)  .


  da   la  domenica  di repubblica  del  2\3\2014  


Mafalda Quando nacque in Argentina dalla matita di Quino,per una ditta di elettrodomestici, aveva già sette anni,le caviglie grosse e un cespuglio di capelli neri sulla testa Ora che di anni ne compie cinquanta a chi le fa gli auguri risponde, impertinente, così...


Se quando aprite il frigo e dentro c’è un pollo ma voi vedete — sempre — un «cadavere di pollo» allora siete cresciuti con Mafalda. Se avete almeno un mappamondo in casa, perché quando ne vedete uno sul
tavolo del rigattiere non potete fare a meno di pensare «come va, come te la passi ? »
e vi coglie un istinto irresistibile di portarvelo a casa per proteggerlo — per proteggere il mondo dal mondo — allora l’avete dimenticata,forse, ma lei non ha dimenticato voi. Se quando vi mettete in faccia una crema di bellezza,poi vi guardate allo specchio e vi trovate uguale, e allora guardate la crema, leggete l’etichetta, e mentalmente le dite «Beh, è tutto qui quel che sei capace di fare?» è perché Mafalda vive, imperterrita. Si è installata fra l’ipotalamo e il diaframma, si è nascosta da qualche parte là dentro, e vi parla.
Scrivere di Mafalda oggi che compie cinquant'anni’anni,dire che cosa ha significato come ha cambiato il nostro sguardo sulle cose e perché non ha smesso mai di farlo, raccontare in  definitiva che cosa si pensa di lei è un’impresa disperata della quale bisogna chiedere scusa in anticipo. Chiedere l’indulgenza di Quino che laggiù da qualche parte ci ascolta e farlo sottovoce, come un esercizio di autoanalisi privato. Come un’oretta di ginnastica la domenica mattina, che male non può fare,al massimo non cambierà nulla. Per una volta. È obbligatorio, comunque,  per non procurarsi uno strappo, partire  dall'assioma principale enunciato un giorno con scintillante chiarezza da Julio Cortazar, scrittore geniale e mafaldiano fin dal primo volo, carta d’imbarco numero 01. «Non ha importanza ciò che io penso di Mafalda: Veramente importante  è ciò che Mafalda pensa di me». Questo è: che cosa penserà Mafalda di noi? Della chirurgia estetica e della guerra in Iraq, di Bin Laden e della Merkel, della guerra del talent in tv e degli uomini della provvidenzache arrivano a salvarci dalla rovina, dei test Invalsi a scuola e delle baby escort, di Obama, di Hollande e Julie, dei lavori infiniti
nella metro, del “mi manda un amico comune”, della raccolta differenziata che finisce in  un camion indifferenziato, della Grande Bellezza di Sorrentino e di Gomorra, del cinismo e della rabbia, dei ragazzi 2.0 che “sono tornato su Facebook perché fuori non c’era nessuno”cosa pensa Mafalda? Aiutaci, ragazzina.
Torna con noi. Parlaci.
C’è una striscia in cui lei deve rispondere alla domanda di un compito, a scuola. «Se una persona nasce oggi quanti anni avrà fra mezzo secolo?». Risposta: cinquanta. Commento: «Questo fatto che una che nasce dopo di te sia così vecchia è davvero deprimente».
Però Quino una volta ha detto: «Non sarebbe mai diventata grande, probabilmente.Sarebbe stata una desaparecida ». Alla fine degli anni Settanta l’avrebbero portata








via i militari e sarebbe scomparsa in mare come tutti i ragazzi che sognavano, allora,un mondo più libero e più giusto.
L’avrebbero soppressa, e infatti il suo autore l’ha fatta sparire prima. L’ha messa in salvo per sempre. Perché Mafalda,per chi non lo sapesse, è argentina.Di origini andaluse, Spagna, italiana di adozione, ma argentina. Come Borges e Maradona, come il tango e il malcontento. Una bambina del Terzo Mondo, e noi qui dal Primo tutti a imparare da lei.
Daccapo, dunque. Partiamo da Quino [  foto    destra   ] suo padre che nasce al principio degli anni Trenta a Mendoza, provincia estrema non sempre rintracciabile sul mappamondo, «sugli assegni metterà Joaquin Lavado», il suo vero nome. Quino-Joaquin è un bambino timido e malinconico, eternamente incerto, segnato
dal lutto. È un piccolo orfano, e qui di nuovo siamo chiamati a riflettere su quanti geni del Novecento siano stati orfani, quanto l’assenza dei genitori abbia contribuito al progresso dell’umanità nel ventesimo secolo. Meditate,gente. Quino perde la madre a tredici anni e il padre a sedici, nel frattempo la nonna. Vive in una casa le cui porte sono continuamente parate a lutto, il nastro nero al braccio, il profumo dolce di fiori bianchi della veglia. 
Non avrà figli, come Evita Peròn che diceva «vorrei un paese in cui i privilegiati fossero i bambini »: l’unico bambino di cui dispone come modello a cui ispirarsi è se stesso da piccolo. Mafalda nasce per errore, su commissione:un lavoretto precario, uno  dei primi del ragazzo silenzioso e occhialuto emigrato dalla provincia a Buenos Aires. Una rivista gli chiede di disegnare il fumetto di una famiglia media che faccia pubblicità occulta a una ditta di elettrodomestici, la Mansfield. La protagonista dovrà avere il nome che inizia per emme.
La pubblicità non si farà mai, le strisce di Mafalda restano in un cassetto. Anni dopo un amico, Julian Delgado, gli propone di pubblicare sulla sua rivista —Primera Plana — la storia della bambina che dice «chi è quel cretino che ha inventato la minestra». È il 1964. Cinquant’anni fa. Delgado sparirà nel ’78, sequestrato e ucciso dai militari che torturavano ed eliminavano la gioventù argentina coperti dal rumore degli applausi per il Mondiale di calcio. È così che nasce Mafalda.
Ancora uno sforzo di memoria, per favore.Ancora un momento di concentrazione per tornare a quegli anni. Nel 1964

ma in fondo non è niente è la vita soltanto

a volte mi chiedo perchè il passato è sempre li , arrembante ed ossessivo . Devastante . Quelle volte il passato non è solo presente ma anche futuro ! una condanna , un peso angosciante da cui è impossibile liberarsi .Ma poi ripenso a come sono adesso è vado avanti perchè  : <<  c'è un gioco da fare e una ruota che riparte \E un vagabondo sa che deve andare avanti  >>


Ma  soprattutto    queste  due  versioni di una famosa  canzone  








1.3.14

dalla sardegna la bella voce di Mirella Cossu

chi lo dice  che per fare  un disco   si debba per  forza necessariamente  vincere  o fare polemica  e il bastardo   nei   reality e  talent  show  . I discografici   guardino youtube  e  la rete  , oltre   a  guardarsi intorno  . In questo   caso basta  fare  5\10 km .
Certo ne  deve  ancora  fare  di strada , ma  ha iniziato bene , e poi  viste le premesse  (  leggete  sotto  l'articolo )     e  questo due    video   del  suo canale    ne   sono la  prova  




da la nuova sardegna 11 febbraio 2014 —   pagina 20
Il sogno artistico di Mirella Cossu è diventato un cd
di Sebastiano Depperu 
LURAS La soddisfazione di avere tra le mani il primo disco, quello che segna il proprio esordio nel mercato musicale, è diventata realtà per Mirella Cossu, giovane cantautrice lurese con le note nel sangue. La prima “creatura” della ventiquattrenne artista ha preso finalmente forma e si chiama come lei: “Mirella”. «Canto da quando ero bambina, forse ho iniziato prima di parlare – dice lei orgogliosa – e lo racconto in “Cercando”, uno dei cinque brani contenuti nel mio primo album. Che ho chiamato con il mio nome, una scelta compiuta come per ricordarmi e dirmi: sii fiera di te stessa». Giovane ma tenace, non ha mai smesso di credere nel suo talento. Esono in tanti a crederci da sempre. 





«Coltivo il sogno per la musica da quando ho memoria – racconta, ancora –, la prima volta che mi sono esibita su un palco avevo sette anni; proprio sul palco mi sono sempre sentita a casa. Inoltre, ho quaderni pieni zeppi di appunti di emozioni vissute ed ascoltate. Ho sempre sentito mio il desiderio di comunicare con la musica. Ed ora eccomi qui con questo album d'esordio». Le sue due grandi passioni, per la scrittura e per la musica, si sono fuse e hanno fatto diventare Mirella Cossu una cantautrice. «La prima canzone che scrissi si intitolava "Moment", col testo scritto in un inglese maccheronico – continua la giovane lurese – mi diverte risentire quell'audiocassetta. Avevo ancora la voce bianca. Qualche tempo dopo, ho iniziato a suonare la chitarra: il mio primo grande amore». Numerose le esibizioni del talento gallurese nei pub, nelle feste in piazza e nei vari concorsi come interprete, come spiega lei stessa: « Amici, Una voce per Sanremo, Isola Festival Paradiso e anche Il Cantagiro. Ma sono sempre stata desiderosa di mettere da parte le cover e far conoscere le mie canzoni. Quelle contenute in “Mirella” raccontano vari periodi della mia vita. All'interno di esse c'è una Mirella sempre diversa: determinata, nostalgica, riflessiva, incazzata». Si tratta di cinque tracce pop-rock registrate tra Olbia e Milano, curate da Andrea Pica, noto produttore e musicista italiano. Ecco i titoli: “La scelta”, “La porta di casa”, “Prima o poi”, “Non ti capisco più” e “Cercando”. Un album nel quale la cantante traduce in musica storie che, almeno una volta, ognuno di noi ha vissuto sulla propria pelle. «E' un album nel quale credo molto, dedicato alla mia famiglia che non ha mai smesso di supportarmi e sopportarmi». L'album, dunque, è già disponibile nei negozi di musica e scaricabile da iTunes.

Il grande cuore del ragazzo senegalese, ambulante in spiaggia e studente all’Ipia Dopo l’alluvione ha aiutato nella casa allagata l’amico, tecnico nella stessa scuola

Il grande cuore del ragazzo senegalese, ambulante in spiaggia e studente all’Ipia
Dopo l’alluvione ha aiutato nella casa allagata l’amico, tecnico nella stessa scuola 
Mansour e Luciano felici:
abbiamo sconfitto il fango
la nuova sardegna  cronaca  Olbia- Gallura  del 1\3\2014  

di Dario Budroni 
OLBIA Nato e cresciuto a Thies, Senegal, Mansour ha scelto l’Italia con il sogno di costruire una vita tutta sua. «A dir la verità, la mia famiglia non sta male. Però ho voluto lasciare il mio paese per scoprire nuovi orizzonti – continua il ragazzo -. Io amo Olbia, qui la gente mi vuole bene, così ho deciso di frequentare una scuola professionale. Adesso sono in terza, in classe con dei ragazzi più piccoli, ma non è un problema. Non vedo l’ora di diplomarmi. Poi spero di trovare un bel lavoro qui a Olbia. Questa è una città aperta e solidale che non meritava l’alluvione. Così come non la meritava Luciano. Per questo ho voluto dare una mano a chi mi ha accolto a braccia aperte». Si guardano in faccia e sorridono, poi si scambiano 




una pacca sulla spalla, come per smorzare una commozione che riaffiora ogni mattina, quando si incrociano nei corridoi della scuola. Il segreto di questo legame lo rivela direttamente il più grande dei due, Luciano Atzeni, 60 anni, assistente tecnico del laboratorio di informatica dell’istituto professionale Ipia. «Il fango ha consolidato la nostra amicizia» confessa con tono gentile. Accanto a lui, con un sorriso che conferma tutto, c’è Mansour Gadiaga, 28 anni, senegalese, studente di mattina e venditore ambulante di pomeriggio, d’estate vera star tra ombrelloni e asciugamani al sole: «Luciano è un mio carissimo amico, quella mattina non potevo non aiutarlo». E subito il nastro dei ricordi si riavvolge fino al 19 novembre, il giorno dopo l’alluvione, a poche ore da una tragedia che ha capovolto la normalità. Un dramma che continua a raccontare storie di esistenze distrutte, ma anche di solidarietà, eroi quotidiani e vera integrazione, come in questo caso. «Avevo letto che una delle zone più colpite era proprio quella di via Emilia, dove c’è la mia scuola – racconta Mansour, che frequenta il corso manutenzione e assistenza tecnica dell’Ipia, istituto guidato dal preside Gianluca Corda -. Quindi mi sono fiondato lì, pronto a dare una mano. Ma prima sono passato in via Baratta, una strada vicinissima, dove abitava Luciano. Era il finimondo. Casa sua era ricoperta dal fango e i mobili rovesciati per terra. Un disastro». E impotente davanti all’apocalisse c’era quindi il signor Luciano. «Io sono di Iglesias e vivo a Olbia da 5 anni. E sono da solo. Ma per fortuna è arrivato Mansour. Lui è stato il primo ad aiutarmi – racconta Luciano Atzeni -. Senza pensarci due volte si è tolto alcuni vestiti ed è entrato in mezzo al fango, aiutandomi per tutta la giornata a liberare la casa. È stato un gesto bellissimo che non dimenticherò mai. Quel giorno, a casa mia, praticamente abbiamo lavorato solo io e lui». Un’esperienza che ha rafforzato un’amicizia sincera, capace di andare oltre l’età e la provenienza. Mansour Gadiaga e Luciano Atzeni si sono infatti conosciuti qualche anno fa al professionale Ipia, con il secondo che, a tempo perso, dava ripetizioni di matematica al primo. Un legame forte, favorito anche dalla simpatia e dal carattere espansivo di Mansour. A Olbia da soli 4 anni, il ragazzo senegalese è conosciutissimo in città. D’estate, per vivere e pagarsi gli studi, lavora come ambulante nelle spiagge dagli olbiesi, da Pittulongu a Cala Banana, tanto da diventare presto un piccolo simbolo dell’estate. Una squadra di calcio, per esempio, in occasione di un torneo nella spiaggia di Bados, ha addirittura scelto il suo nome come sponsor ufficiale da stampare sulla maglia. «Hanno voluto pubblicizzare la mia attività di ambulante», racconta col sorriso Mansour, che come immagine del suo profilo Facebook ha una foto con il rapper Salmo. Un idolo dei ragazzi olbiesi. Un altro amico in città. 

anche clienti delle prostitute hanno un etica . Imperia, ragazzine si prostituiscono Un cliente le denuncia alla polizia

sto coprendo le talee di Helichrysum più  precisamente  di

                           Helycrisum italicum


Famiglia: Asteraceae o Compositae.
Nome scientifico: Helichrysum italicum.
Etimologia: Helychrysum, dal greco “helios”= sole e “Chrysos”= oro, per il colore dei fiori.
Nome sardo: Erba de Santa Maria – Allu’ e fogu – Frore de Santu Juanne – Bruschiadinu- Abruschiadinu- Uscradinu- Uscradina.
Habitat: L’Elicriso è originario dell’area del Mediterraneo ed è una delle piante più caratteristiche della Sardegna. Esso è presente, in modo particolare nei terreni calcarei mesozoici dell’area centro- orientale dell’isola e, comunque, ben esposti al sole. E’ possibile trovarla in altitudini dai 500 ai 1400 m. Richiede una buon’esposizione al sole.
Descrizione: L’ Elicriso è una pianta molto aromatica ha la forma di un cespuglio molto ramificato, alto circa 40 centimetro; 15– 30 capolini riuniti in corimbo hanno un involucro di brattee al cui interno si trovano dei fiori giallo-dorati. I fusti sono legnosi, contorti con rami arcuati ascendenti. Ha foglie lineari- filiformi, le inferiori lunghe meno di 3-4 cm e largo cm 0,10, fortemente revolute con la pagina superiore tomentosa.
Parti utilizzate: Gambi, foglie e fiori.
Periodo di fioritura: Maggio - Settembre in base all’altitudine.
ProprietàLe proprietà dell’elicriso sono antinfiammatorie generali, cutanei, connettivali;anticoagulanti, antiflebitiche, antiematoma, analgesiche, antiatritiche, ipocolesterolizzanti, espettorante, anticatarrale, cicatrizzante, antipsoriassiche , antiallergiche (anche in uso veterinario), antibatteriche e stimolanti pancheatriche.
L’uso nei secoli: i sardi apprezzano molto questa specie il cui profumo ricorda il tipico pastore sardo per quell’aroma che portava a casa appena rientrato dalla campagna. L’asprezza e la dolcezza dell’ambiente naturale della Sardegna esprimono il carattere orgoglioso del suo popolo. L’Elicriso è una pianta aurea come, secondo una legenda, i capelli di quella ninfa che, innamorata di un Dio e non corrisposta, fu trasformata in elicriso prima di morire d’amore. Tra le credenze popolari relative ai poteri di questa pianta officinale, non poteva mancare la qualità di portafortuna, cita un detto: “Di fortuna resti intriso, chi si adorna di elicriso”. Essendo una specie particolarmente aromatica, fino al secolo scorso,in Sardenga si preparavano fasci essiccati di elicriso ai quali si dava  fuoco, per poi essere strofinati sull’epidermide del maiale ucciso, ai fini di  eliminare le setole e di dare un aroma intenso alla carne. Un altro utilizzo tradizionale fu quello di poggiare sopra il formaggio, mazzi di elicriso, per proteggerlo dalle mosche. Infine, quando ancora non esistevano farmaci per liberare e disinfettare le vie respiratorie, in Sardegna si praticava “ S’affumentu”, tradizionale metodo che alleviava il mal di testa e preveniva le infezioni bronchiali.

Avvertenze: Da evitare l’uso dell’olio in stato di gravidanza, a soggetti epilettici, o in casi di pressione alta. Non frizionatelo, né massaggiatelo direttamente sulle vene varicose.


quando su una pagina dell'unione sarda di qualche tempo fa  ho letto questa news 


                                                             Una prostituta



Sulla scia delle baby prostitute dei Parioli, un nuovo caso a Imperia.

Un nuovo caso di baby prostitute, dopo quello ai Parioli romani, è stato denunciato a Ventimiglia. Tre studentesse di 14 e 15 anni fornivano prestazioni sessuali per avere disponibilità economiche e comprare oggetti di lusso. Un trentenne, che aveva ottenuto un incontro con una di loro conosciuta attraverso un annuncio su un sito internet, ha rifiutato il rapporto ed è andato direttamente alla polizia.
Le adolescenti, tutte di buona famiglia, per ogni rapporto - che avveniva in auto o nei piazzali o in zone isolate dell'entroterra - si facevano pagare 30 o 50 euro, a seconda della prestazione: i loro clienti avevano spesso la loro età, in molti casi, però, erano più grandi. L'"attività" era iniziata un mese fa e i genitori, secondo quanto emerso, erano all'oscuro di tutto. Gli indagati al momento sarebbero 5: avevano avuto incontri sessuali con le minori.



ladymafia colpisce ancora


Anche stavolta  il mio non giudicare  aprioristicamente  preso alla lettera e  la mia testardaggine  di  voler    recensire \  dare  un giudizio  solo  dopo aver letto  o  visto la  cosa in  questione , ho  comprato ,  contraddicendomi  con quanto  dicevo  precedentemente  , il primo numero  del  nuovo fumetto  noir  Lady Mafia  .
 Ciò  che mi  ha  portato a tale  decisione sono oltre al battage mediatico  \  pubblicitario  :  1)  la risposta  censoria  che  avviene   come    dice  Perruggini Antonio , mi pare  sulla pagina fb  del fumetto   (  vedere  per  l'url   il link  precedente  )  : << Quando un racconto di mafia non rispecchia le ideologie di chi su di essa ha costruito insperate fortune, per lo più politiche, allora diventa un "pericolo". Invece di tentare orribili censure, si progonga di eliminare dal mercato tutte le opere che hanno infangato persone poi rivelatesi innocenti. E' la calunnia che va censurata non la libera iniziativa di questi ragazzi. L'antimafia è una cosa seria, non uno spot utile alle carriere.  >>., 2)   certe  critiche   ed  osservazioni gratuite  fatte senza  aver  letto  il fumetto  e  certe  senza  neppure  aver  visto : 1 il  trailer  ., 2 )  i disegni contenuti  nel video ufficiale  dei  Nahima - La Mia Identità (Official) 



o  sentito   gli autori
  .




mia  scansione  con l'app  cam scanner  del   primo numero  
Ora   cari utenti non so quali fumetti siete abituati a leggere ma a me  non è proprio piaciuto  granché  , forse  perchè sono abituato   al noir  e  ai  film e  fiction sulla mafia   ed  i polizieschi  .  
Artisticamente è disegnato male non me ne voglia l'autore, ma ho visto auto produzioni decisamente più belle e meritevoli della "distribuzione nazionale" di LM.
I testi sono lenti, noiosi e  lunghi alcune volte insomma "non si fa leggere" volentieri  a chi preferisce   i testi  da  ritmo  veloce . Ottima  l'idea  di parlare  di tematiche scomode  ( violenza  sulle donne , omofobia , ecc  )  ma   secondo me   andava fatto  all'interno della storia   e  non a parte .
La tematica della "vendetta fai da te" senza  un travaglio interiore  o delusione delle  istituzioni  o quanto meno  di  chi lotta   quotidianamente  dal basso   per la legalità   non riesco  spiegarmela   (la mafia le uccide la madre e lei si fa giustizia da sola...bel messaggio! ) . E  mi   che  prima  di passare  a lla  cultrura  non  violenta  e  lasciarmi alle spalle  la mia precedente    ne  ho fatto di vendette e  di repicche per  i torti   ( veri o presunti  )   subiti  . Quindi  adesso  ho , ancor  di più di quanto dicevo  nel post  precedente  ( vedi url  sopra )   tutti gli elementi  per   dire   che   ladymafia  è un noir mediocre e  che eviterò di  buttare   €  comprando  gli altri   , anche se  devo dire  che  il finale  è invitante  ed  intrigante   .  Concludo   con   questi due articoli   che  confermano quianto diocevo  nel mio  post  precedente   su lady mafia  e  che   spero mettano a tacere  chi mi dice  che  la prima gallina  che  ha  fatto  l'uovo  tu  dai retta il primo  da  http://www.giovannifracasso.it/  
[....]
quando un organismo come l’antimafia tira in ballo certi valori e concetti…il passo può essere veramente breve.
Loro sono “il bene” no?
E se il bene dice che fai male…beh…qualcuno potrebbe attivarsi. Ma poi, guardatevi attorno: che censura pensate di esercitare sul web Ogni tentativo è morto in partenza. Io spero, ovviamente, che la questione si risolva senza problemi, che nessuno dia seguito a queste “denunce”… E che si sia trattata solo di una bella pubblicità per una serie italiana, di quelle che fanno bene alle vendite degli editori locali. Ma se così non fosse, e le cose si mettessero male, invito Pietro Favorito a pensare ad una vendita tramite Amazon o altri canali esteri alternativi, che delle baggianate italiane se ne fregano. E mettere in promozione su Facebook una qualche offerta a tutti gli amanti del fumetto. E nel caso più estremo a mettere a disposizione da un qualche sito estero (da una fanzine francese, per esempio) i file .cbr almeno del primo numero.
Porta all’estero la vendita e lascia questi poveracci nel loro brodo primordiale.
Prima che scatti il sequestro di tutti gli albi…
Affinché, appunto, l’azione della censura si trasformi in un surplus di pubblicità e permetta a lui di trarre qualche vantaggio da questa squallida vicenda italica.
Anche perché le recensioni della critica più o meno specializzata, lo hanno in questi giorni portato come buon esempio di fumetto noir italiano, nessuno dei critici si è lamenta per l’eccessiva violenza o per la violenza gratuita (diciamocelo: in una puntata media di The Walking Dead ce n’è molta di più, fisica, psicologia e comportamentale).
qui  l'articolo  completo   il secondo  dal  blog  (  vedere  sopra  l'url   dell'articolo )  dal blog  di roberto recchioni  http://prontoallaresa.blogspot.it

[... ] 
- La questione del ritiro dalle edicole. Proprio come per Mater Morbi, appena un fumetto tocca un argomento sensibile, in Italia si alza qualche trombone a criticarlo e, nei casi più estremi, a chiederne il ritiro.Questo ci dice una cosa importante: che gran parte dei nostri fumetti sono ignorati perché non toccano mai argomenti sensibili. Sono, in sostanza, culturalmente innocui e quindi trascurabili.E mi sa che questa non è una cosa tanto positiva, no?Il secondo aspetto che mi fa piuttosto ridere (per modo di dire) è che se un fumetto piace ai lettori e agli addetti ai lavori, se -in sostanza - è approvato dalla comunità fumettistica, allora quando qualcuno cerca di censurarlo in qualche maniera, c'è una reazione forte e indignata.Se, invece, il fumetto è schifato da suddetta comunità, allora se ne può chiedere il ritiro senza che nessuno dica nulla. Anzi, capita pure che ci sia qualche applauso.Dal mio punto di vista, la censura fa schifo sia nei confronti dei fumetti belli, sia nei confronti dei fumetti brutti e le polemiche sorte intorno a Lady Mafia sono una roba da condannare senza appello a prescindere.
da wikipedia
e  per  finire  sempre  a  supporto  della  mia posizione   quest'articolo  di  http://www.statoquotidiano.it/  Ma soprattutto  correggendo un mio errore  , da  una lettura    delle recensioni  in rete  e    discussione    con amici appassionati e    fumettisti  , lì'aver paragonato come  hanno fatto  certi  quotidiani e  siti    (  quando in realtà hanno  in comune solo   il ruolo di anti eroe  ) Diabolik in gonnella . Al massimo  se  vogliamo fare   di qui maggiori dettagli  )  e non si lascerebbe comandare da gente così meschina e vigliacca,mentre Veronica (pur con la sola intenzione di vendicarsi almeno  cosi   me  parso  leggendo il fumetto  ) è al servizio del boss Frank Calabrese ., inoltre lui usa congegni più sofisticati ed efficaci ed ha una mentalità che gli impone di non far soffrire persone innocenti quando vuole raggiungere i suoi scopi ( e questo ricordando che Veronica ha ucciso un pentito di fronte a suo FIGLIO,cosa che Diabolik non farebbe mai);ancora, sono due personalità comletamente diverse ed inamalgamabili.A tutt'oggi sono portato a pensare che chi abbia fatto alla signorina De donato il "complimento" sopra citato si sia completamente scordato di EVA KANT, che di sicuro è molto più assimilabile al compagno di quanto non lo sia Veronica.Ultima (ma non per importanza) differenza è l'ambientazione:mentre DIABOLIK ED EVA agiscono città fittizie Veronica viene sballottolata per tutta la puglia,che invece è reale. 
paragoni  \ confronti  può  essere   descritta  come  un  nuova  lady oscar .Infatti  , lo ricordo  anche dallle letture  fatte   , è  risaputo che Diabolik odia la malavita pur  avendoci un fortissimo  legame  (   come dimostrano le sue origini