23.2.07

Senza titolo 1661

tratto dal sito di effedieffe   http://www.effedieffe.com/

No, non si tornerà a votare

Maurizio Blondet

22/02/2007


L'intervento di D'Alema al Senato: la maggioranza non vuole tornare al voto, il 54% per il Prodi bis o un altro governo.


Abbiamo lettori di reazioni fulminee. A pochi minuti dalla caduta del governo Prodi, già mi chiedono cosa ne penso, cosa succederà, cosa c'è dietro.
Qualche esempio:
«Ho letto il suo articolo ('Cieco servilismo della destra dopo Vicenza'): ha indovinato il modo con cui la destra poteva far cadere il governo, non ha previsto che l'avrebbero fatto sul serio. Io le chiedo come è potuto succedere, cosa è cambiato a chi giova.?E glielo chiede uno che è contento che sia andata così ma mi sa che qualcosa è cambiato, anche la sollecitudine con cui Prodi si è dimesso è un po' strana per i tempi della politica italiana. Cosa mi può o mi sa dire? Mi scuso se le rivolgo la domanda con la confidenza che si può avere con un amico, ma un po' è così che la sento dopo che da qualche mese la leggo. Grazie».
Massimo F.
«Salve Direttore, lei ha ben sottolineato il tentativo del governo di destra di fare fuori il governo Prodi. Però è accaduto con il 'colpo del Senato'. Mi aspetto da lei un ampio commento di questa vicenda con tutte le conseguenze che ne derivano. In particolare, sottolineo che a marzo prende la direzione della Unifil in Libano l'Italia. Con il nuovo avvento di Berlusconi, che ha dimostrato di sostenere sia Israele che gli Stati Uniti, è in vista una bella primavera! Con i migliori saluti!».
Noah Irénée.




Ebbene, che posso dire? Non dispongo della sfera di cristallo.
Né di notizie di prima mano, come Renato Farina (l'agente Betulla, intravisto in TV in Transatlantico col telefonino, e che oggi scrive firmandosi  «Dreyfus» e attribuendo la vittoria a Ruini).
Ho solo una certezza: in questa caduta c'è il trucco.
Anzi più trucchi, un intrecciarsi di furbizie incrociate troppo furbe da decifrare.
Quel che non so è «chi» ha fatto il trucco maggiore.
D'Alema è il primo indiziato.
Prodi si sta febbrilmente costruendo il suo blocco di potere personale («il blocco dei taglieggiatori», bancario, Goldman Sachs  e pseudo-IRI) e lo sta facendo a spese dei DS, usurandoli e appoggiandosi contro di loro alla galassia della sinistra estrema (il 19 % dei voti).
E così, D'Alema ha posto l'ultimatum: o si vota sulla mia politica estera o tutti a casa.
Confidando nei riflessi pavloviani di senatori no-global, ha rotto per ora la complicità Prodi-ultrasinistra.
E' così? Bisognava essere nella riunione del consiglio dei ministri subito convocata, per saperlo. Mastella ha detto che Massimo «sta inciuciando per farci fuori con il Cavaliere».
Un incredibile «coso» di larghe intese con Polo, AN, e DS e Margherita? (1)
Ma il trucco potrebbe averlo fatto Prodi.
Lo suggerisce la drammatizzazione dei giornali suoi complici e dell'ultrasinistra «di governo», furiosa contro i suoi due senatori dal volto umano, schifati di dover continuare a votare provvedimenti di destra.
«Questi ridanno il paese a Berlusconi!», è l'unanime allarme.
Allarme pretestuoso.
Ma fatto per allarmare il popolo girotondino, e per ricordare il vero e solo motivo per cui la malformata galassia delle sinistre plurime s'è raccolta attorno a Prodi: contro Berlusconi, a qualunque costo.
Anche a costo di fare tutto di destra.




Insomma l'incidente può rafforzare Prodi, che non ha un partito suo.
Lo dice Il Corriere della Sera: «Prodi non intende lasciare palazzo Chigi».
Ha ancora bisogno di tempo per consolidare il suo blocco di potere privato.
Nella riunione al consiglio dei ministri, ha proposto «un governo del presidente con pochi ministri»: insomma Napolitano, che è dei suoi, dovrebbe lasciarlo lì a fare il tecnico di se stesso.
Ha proposto anche «un grande partito democratico dall'Udeur a Rifondazione», una creatura fantastica, un centauro fatto di molti animali: ma che è appunto il suo blocco anti-Cavaliere.
Ecco a cosa serve il partito democratico prossimo e mai venturo.
Secondo Di Pietro, Prodi s'è addirittura infuriato quando «qualcuno ha proposto un esecutivo con i quattro partiti maggiori», insomma il «coso» di larghe intese.
No, no e no, ha detto Prodi.
Casini non viene: «Ha chiesto per sé la presidenza del Consiglio per sé».
Magari, un aiutino da Follini, questo a Prodi piace.
Casini, altro furbetto.
Fassino gli ha subito chiesto la disponibilità ad allargare la maggioranza, e lui ha replicato: no, «a meno che non mettiate sul piatto la testa di Prodi».
E questo ci dice che Berlusconi non ha alcuna reale possibilità di andare al governo al posto di Prodi.
Casini non lo permetterà, va per conto suo.
Una roba degna di Ballarò, il solo vero programma comico delle sinistre RAI (già il nome è un omen).
Lì, interessante vedere la grinta con cui una senatrice rifondazionista, credo si chiami Palermi, ha messo sotto processo il «traditore di classe» Fernando Rossi, colpevole di aver votato contro D'Alema: si è capito che, se si fosse ancora ai bei tempi, il poveretto sarebbe già stato cremato sotto la Lubianka, dopo classico colpo alla nuca.
La grintosa del Politburo ha avuto la faccia di ricordare al traditore deviazionista che lui non è stato votato spontaneamente dagli elettori, è stato messo in lista dalla segreteria.
Come si permette di avere una coscienza, questa escrescenza individualista e borghese?


Mastella parla con D'Alema




La democrazia italiana è questa: voti assegnati da quelli che in URSS si chiamavano «gli Organi amministrativi», la polizia interna del PCUS.
Ancor più ridicolo il dito puntato sui «poteri forti» che sarebbero, secondo la piccola Beria, la Confindustria (e passi: Pininfarina, assenteista totale, era lì per astenersi), e anche «la Chiesa che non ci ha perdonato i Dico».
Lì, il traditore sarebbe Andreotti.
Nemmeno un pensiero a quei cinque senatori a vita, a quel partito dei non-eletti-da-nessuno che ha sostenuto Prodi fino ad ora.
E' stato questo partito-robot a dare la maggioranza al governo: e prima, non c'erano lodi sufficienti per i robot.
Ora lo hanno sfiduciato, e i robot sono diventati traditori.
La mia previsione, per quel che vale, è che Prodi tornerà a governare con Padoa Schioppa, Goldman Sachs e con i  senatori che hanno sfilato col popolo di Vicenza (il solo consapevole e non furbetto). Elezioni anticipate darebbero il governo a Berlusconi, cosa che dovremmo tutti rimpiangere, per il suo bushismo imbecille.
Figurarsi.
Intanto, fra poche settimane, comincia in Afghanistan l'offensiva di primavera.
E come ricorda giustamente Noah Irènée dalla Francia, l'Italia prende il comando dell'Unifil in Libano a marzo.
Che governo ci sarà dietro i soldati, quando i talebani cominceranno ad ammazzarli, e gli israeliani ad umiliarli con le loro provocazioni ininterrotte?
Tutta l'ambiguità sinistroide e anche destroide e Kippà peserà su di loro.




Riusciremo almeno a portarne in patria i corpi dall'Afghanistan, oppure dovranno essere bruciati sul posto con un bidone di benzina, come faceva la Legione straniera a Diem Bien-Phu? Nemmeno un pensiero alla cruda, demenziale realtà in cui ci ha trascinato la stupida incompetenza bellica USA.
Nemmeno un pensiero alla crisi della NATO, di cui il primo vero responsabile è Bush.
Nessuna revisione delle «alleanze» nel discorso di D'Alema.
Perché la NATO si sta sgretolando.
Persino Tony Blair è più a sinistra di D'Alema: ha annunciato il ritiro graduale dall'Iraq, e basta leggere i giornali americani per capire la costernazione che ciò ha suscitato in USA: l'alleato privilegiato ci abbandona.
Di più: Blair ha  dichiarato che vuole «cooperare» con l'Iran e con la Siria. (2)
Uno schiaffo chiarissimo a Bush.
Forse persino lui s'è stufato di fare il servo di Usraele, a cui ha pagato un prezzo altissimo rovinandosi le storiche relazioni britanniche col Medio Oriente e con i suoi cittadini musulmani interni.
Seguiranno nella defezione gli australiani.
I danesi sono già in partenza.
L'Italia dunque, per una volta, non sarebbe la prima ad abbandonare la nave che affonda.
Persino Christiane Amanpour ha riferito sulla CNN che un'alta personalità iraniana ha definito gli Stati Uniti non un nemico, ma «un alleato naturale» per Teheran.
Ciò sottolinea che la politica pro-Israele di Bush non «è» la politica naturale USA, ma una sua patologica distorsione.
L'Iran è pronto a parlare, dice anche la CNN.
Insomma, forse, sarà lo sgretolamento dell'alleanza a salvare D'Alema.
E a mantenere al potere Prodi.
Coi coltelli affilati dietro la schiena, tutti i furbetti e il blocco del taglieggio.

Una cosa è certa: non ci chiederanno di rivotare, non tornerà il Polo.
Non lo vuole nemmeno il Cavaliere.
Ha già proposto, come premier, Amato, l'uomo di Israele.
Un furbetto anche  lui, ma con lampi di idiozia.





Maurizio Blondet





Note
1)
Piero Verderami, «Unione, il giorno dei sospetti», Il Corriere della Sera, 22 febbraio 2007.
2) Jeffrey Stinson, «Blair says he is prepared to work with Syria, Iran», Usa Today,  21 febbraio 2007.

1 commento:

Tisbe ha detto...

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