19.4.15

la Proposta di legge di iniziativa popolare “Un'altra difesa è possibile” ( taciuta e boicottata da Lega e pd o pd-l ) non è contro la polizia o l'esercito ha formato anche il benzinaio Graziano Stacchio


 Graziano Stacchio, il benzinaio di Ponte di Nanto (Vicenza) è un volto abbastanza noto. E’ stato elevato alle cronache nazionali per aver difeso la commessa della vicina gioielleria dall’assalto armato di una banda criminale uccidendo, senza volerlo, uno degli assalitori. Ma ci è noto soprattutto perchéil
leghista Salvini, con il tempismo degli avvoltoi che si scaraventano sui cadaveri, si è precipitato a Nanto per farne un simbolo della lotta alla criminalità. “Io sto con Stacchio, con chi difende il territorio”, portava scritto la felpa che Salvini indossava per il raduno lumbard-neofascista di piazza del Popolo a Roma dello scorso 28 febbraio. E un po’ di fan hanno subito aperto una pagina facebook “Io sto con Stacchio il benzinaio”, ma c'è anche “Io sto con Graziano Stacchio e finanche “Io sto con Graziano Stacchio il benzinaio.  Stacchio, ha accettato la solidarietà popolare, ma non gli ci è voluto molto tempo per capire che il vero intento di Salvini & c. era quello di farne una specie di simbolo de “la difesa me la faccio da me”: un motto che piace tanto a leghisti e alle lobby delle armi che rivendicano gli inesistenti “diritti dei possessori di armi”. «Non vorrei sembrare poco gentile con queste persone che parlano di me e fanno tante cose belle. Li ringrazio molto ma io non sono un divo, non sono un politico, non voglio essere troppo un esempio e non vorrei essere strumentalizzato. Non è la mia vita questa» - dichiarava Stacchio già pochi giorni dopo al Corriere della Sera. E a La Repubblica aggiungeva una frase che deve esser andata di traverso a chi voleva farne il vessillo della “difesa fai-da-te”: «Non sono un eroe né un modello da imitare. Né tanto meno un simbolo. Lo dico subito: la gente non deve sparare in mio nome, né in Veneto né in Sicilia. Solo l’idea mi fa paura. Non è che adesso ognuno si deve sentire autorizzato a sparare. Sennò che cosa facciamo, il Far West?».Stacchio firma per la difesa civile, non armata e nonviolenta
Nei giorni scorsi Stacchio ha posto la sua firma alla Proposta di legge di iniziativa popolare “Un'altra difesa è possibile che chiede l’istituzione di un “Dipartimento per la difesa civile non armata e nonviolenta”. «Non mi sento un eroe. Anzi, non lo sono mai stato. I veri eroi – ha detto Stacchio al Giornale di Vicenza – sono quelli che ci proteggono tutti i giorni, che lo fanno per lavoro, che sono addestrati per questo compito. Questo concetto è fondamentale: la preparazione». Poche parole, concetti chiari.

Non sappiamo se con questo gesto ha voluto prendere le distanze anche da chi invitandolo al Parlamento europeo – ha inteso usare il suo caso per dipingerlo come “una rarità da prendere a modello in una società in cui prevale l’egoismo” e per puntare la pistola (anzi il fucile) fumante contro il Governo “che non riesce a garantire, come dovrebbe, la sicurezza dei cittadini, che esasperati si sentono costretti a intervenire da soli”. Sappiamo che una cosa Stacchio l’ha sempre detta e l’ha ribadita anche nei giorni scorsi: «La legittima difesa è una cosa molto delicata, io non sono un tecnico, perché quello che è successo a me è stato istinto. Credo di averla gestita bene, anche se tutto quello che accade attorno a me non sempre mi piace».
L’aver firmato per la proposta di legge non trasforma Stacchio un novello Gandhi e sono sicuro che i promotori dell’iniziativa “Un'altra difesa è possibile” non intendono assurgerlo a icona della campagna e che nemmeno lui voglia esserlo. Però il fatto è significativo. Soprattutto perché Stacchio è un cittadino comune, con le sue idee (che ai puristi potranno sembrar bizzarre), ma di sicuro dotato di buon senso. Con le sue paure e timori, ma che ha ben chiaro che le armi non si devono usare per farsi giustizia.

Il silenzio dei media. Della Lega. E del PD

Molto più buon senso di quel partito, assetato di voti, che non si era fatto tanti scrupoli a proporgli una candidatura alle prossime elezioni regionali in Veneto. Non chiedetegli quale sia, Stacchio non ve lo dirà mai (ma non ci vuole molto a intuirlo). Resta il fatto che della notizia della firma di Stacchio alla proposta di legge dei movimenti pacifisti, l’onnipresente Salvini non ha fatto menzione. Forse qualche giornalista potrà informarlo e spiegargli che questa proposta di legge intende davvero, e senza demagogie populiste, “difendere il territorio”. Ma ben pochi sono stati finora i politici che hanno anche solo menzionato la raccolta di firme della campagna “Un'altra difesa è possibile”. A parte le lodevoli iniziative di rappresentanti politici locali (ci torneremo tra breve) – tra cui, visto che parliamo del Veneto, non possiamo non menzionare il Consiglio comunale di Vicenza che l'ha sostenuta all’unanimità già lo scorso ottobre – rarissime sono state finora le voci di rappresentanti politici nazionali. Anche dei partiti del centro-sinistra, a cominciare dal PD. Forse non l’hanno capita e gli andrà spiegata meglio. 

Sicuramente Stacchio ha capito meglio di molti media e di vari politici la proposta di legge che ha firmato. Che non è una legge “contro le armi” (come titolava “Il Giornale”), ma per “l’istituzione presso la Presidenza del Consiglio del Dipartimento della Difesa civile, non armata e nonviolenta”. Non si intende – per capirci – né disarmare la polizia e men che meno le forze armate. Bensì, ottenere un riconoscimento politico, giuridico, finanziario e dunque istituzionale per le nuove forme di difesa civile e nonviolenta della Patria che sono previste dalla nostra Costituzione e confermate da due sentenze della Corte Costituzionale e tre leggi dello Stato. Lo strumento politico della legge di iniziativa popolare intende certo estendere i concetti di difesa e sicurezza ma dando centralità alla Costituzione che afferma che “l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali” (art. 11), che promuove la difesa dei diritti di cittadinanza ed affida ad ogni cittadino (e non solo ai militari e in modo militare) il “sacro dovere della difesa della patria” (art. 52). Concetti difficili da comprendere per chi è sempre pronto a soffiare benzina sul fuoco de “la sicurezza me la faccio da me”. E forse anche per questo, a parte i giornali locali e qualche raro TG, la notizia della firma di Stacchio per la campagna non è entrata nei salotti dei talk-show che solo qualche mese fa gli avevano dato ampio spazio definendolo “il cowboy del nordest”. Ma così va l'informazione nel nostro paese, lo sappiamo. 
[--- ] continua     sul   sito  (  trovate  sopra  l'url    ) .
  Io  ho  firmato perchè   voglio evitare    che  si  finisca   coe   gli Usa  ( ne  ha  parlato benissimo  Bowling for Columbine di Michael Moore (2003), vincitore di un premio Oscar   che  ha descritto benissimo il massacro della  Columbine  high school
Ma  soprattutto  perchè :  1)   ho  sentito  in un incontro organizzatio da noi dela bottega   del commercio equo e  solidale   locale  uno dei curatori della  legge   che  ha messo a tacere  i  mie  dubbi  e  pregiudizi  su   tale  proposta  di legge  ., 2) non mi piace   il  clima  d'odio  mistodi populismo ed  xenofobia   che sta  montando  dal nord  - est  che rischia  come una marea nera  d'arrivare al resto del paese   "  isole  comprese  "  
  

VICENZA - Anche questa notte Joe Formaggio  (  foto ansa  a  destra  )   ha dormito col fucile carico e i proiettili di scorta sul comodino. "Sono i miei cittadini che danno il buon
esempio a me", dice il sindaco di Albettone, duemila abitanti, più della metà armati, sulle colline di Vicenza.
Il buon esempio, certo... Per capire l'aria che tira è utile ricordare che, sempre a proposito della sua dimora, il "comandante", soprannome del borgomastropistolero, in un certo senso ha già sparato. "Piuttosto che darla ai rom le dò fuoco" (alla casa), giura il miglior nemico veneto degli zingari. Una prova di celodurismo 3.0 che venerdì pomeriggio è valsa a Formaggio  -  già ideatore dei cartelli "divieto di sosta ai nomadi" piantati in piazza, poi rimossi dai carabinieri  -  un incontro con Salvini. La candideranno alle regionali? "Io sono a disposizione. Qui si dice: " con le ciacoe non se impasta fritoe " (con le parole non si impastano frittelle, ndr). Ho due priorità, lavoro e sicurezza. L'ho detto a Salvini: il Veneto si sta armando".
Benvenuti nel Nordest, versione Far West. Mentre a Roma per evitare altre tragedie come quella del tribunale di Milano si lavora per disarmare gli italiani restringendo le norme sul porto d'armi, qui, nella regione governata dalla Lega monta forte, in controtendenza, una crescente voglia di pistole e fucili. Armi per tutti. Armi ai cittadini per difendersi "dagli immigrati", "dai rom". Che ormai, nel sillogismo propalato sotto elezioni dai populisti della sicurezza, sono sinonimo di "ladri". Gazebo, petizioni, fiaccolate, forzature. L'ultima idea sono i distretti armati. In pratica: dotare di armi la popolazione che abita in quelle zone dove la presenza di immigrati  -  siano anche profughi o rifugiati  -  è particolarmente densa. Giorgio Vianello è il presidente leghista della municipalità veneziana del Lido. "Mi hanno dato del matto perché ho proposto, con una raccolta di firme, di concedere il porto d'armi ai cittadini che ne faranno richiesta. Mi sembra una cosa di buon senso. Un amministratore ha la responsabilità di pensare alla sicurezza. O no?"
Come se già non ci fosse in Italia una legge  -  ritenuta peraltro troppo blanda  -  sulla concessione del porto d'armi. Come se con i 10 milioni di armi legali che girano  -  senza tenere conto del mercato clandestino  -  e i 4 milioni (una su sei) di famiglie armate, il nostro non fosse già un Paese con il dito sul grilletto. Al Veneto  -  in ascesa nella classifica delle regioni più armate subito dietro Lombardia e Piemonte  -  tutto questo non basta, anzi. Succede che al Lido di Venezia sbarcano 37 profughi siriani. Sono ospitati da qualche giorno al Centro di Soggiorno Morosini, gestito dal comune lagunare. Non risulta siano razziatori d'appartamenti. Ma tant'è, se 37 profughi sono bastati a Vianello per chiedere armamenti ad hoc per i veneziani del Lido, il suo capo Salvini ci è saltato sopra con raffinata ironia via Facebook ("clandestini in vacanza al Lido, italiani per strada").
Dalla laguna pieghi verso l'interno, tra il vicentino e la marca trevigiana. Giri per i paesi: nella stessa Albettone; a Nanto dove il benzinaio pentito Graziano Stacchio ha aperto il fuoco per difendere la commessa di una gioielleria dall'assalto armato dei rapinatori uccidendone uno; a Oderzo; a Ponte di Piave nel trevigiano dove pure le carabine sono entrate in azione; a Malo; a Breganze dove due famiglie su tre sono armate e dove in 500 hanno sfilato fiaccole alla mano contro il campo nomadi. Leit motiv: "La difesa me la faccio da me".
Eppure c'è ancora chi vuole credere nello Stato. Gabriele Tasso è sindaco di San Piero Mussolino, nell'alta valle vicentina. "Ho chiesto ai candidati al governo della Regione di dare più potere alla polizia locale e di ripristinare la scuola regionale di formazione per agenti. Rientrano ancora nel settore amministrativo come gli impiegati comunali. Se non cambierà niente sarà difficile impedire alla gente di organizzarsi "". È, o vogliono farla apparire, una rivoluzione "civile". "Se non ci pensa lo Stato a difenderci ci devono pensare i cittadini". La frase-mantra di Formaggio. Se fosse il titolo di un film sarebbe "All'armi siam leghisti". Perché è la Lega che ci ha messo sopra il cappello. Fin da Varese, dove a febbraio chiese al prefetto di autorizzare il porto d'armi "a tutti i cittadini, per difesa personale", condividendo il modulo di richiesta su Facebook. E Salvini, leader lumbard attivissimo sui social network, in questi giorni è in visita in Veneto. Gli hanno regalato una ruspa e lui ha dato l'imprimatur. "La gente se ha paura ha diritto di difendersi. I confini vanno difesi anche sparando".

Poi accadono cose imprevedibili. Anche trasversali. Due giorni fa Francesco Vezzaro, sindaco Pd di Vigodarzere, nel padovano, si è dimesso per protesta contro la prefettura che gli ha mollato 100 profughi in una ex caserma. Effetti impazziti. Si torna al caso Stacchio. La Lega pensava di averlo già nel sacco. Un benzinaio che spara ai rapinatori. Il rapinatore è un rom. Muore. Stacchio eroe. Ma lui non abbocca: capisce che la politica lo vuole strumentalizzare e mentre gli ultrà della demagogia intollerante indossano la t-shirt "Io sto con Stacchio", Stacchio spariglia. È lui il primo che non sta con Stacchio. "Non sparate in mio nome, non sono un esempio ", frena. Presi in contropiede, Lega e gli altri pezzi di destra, che volevano candidarlo, ripiegano quindi sul più istrionico Formaggio. Le critiche gli fanno un baffo. "Ne abbiamo pieni i c.... Preferisco vicini di casa che sparano piuttosto che gente che finge di non vedere".
È una battaglia antica quella che si sta giocando in Veneto. La chiamata alle armi riporta indietro alla stagione dello sceriffo Gentilini. Fu lui, l'ex sindaco di Treviso già condannato per odio razziale, autore della rimozione etnica delle panchine, il primo a profetizzare la necessità di "sparare contro gli immigrati ". E i suoi epigoni vanno giù duro uguale. "Se arriva una carovana di rom il aspetto col fucile", sempre il sindaco di Albettone. "L'arma di questi tempi aiuta " dice un artigiano di Oderzo. "Mi chiami Gianni e basta, che con sta gente (i rom) non si sa mai". Ha brindato a prosecco Sandro Magro, l'imprenditore di Faè di Oderzo che il 2 marzo scorso sparò colpi di fucile in aria per mettere in fuga i ladri: la Procura di Treviso ha chiesto l'archiviazione del procedimento penale nei suoi confronti. "Non siamo fanatici o violenti, ma se un ladro viene a rubare a casa sua lei cosa fa, lo lascia fare? Gli serve il caffè?". Per chiedere l'archiviazione ha firmato anche un assessore provinciale: Mirco Lorenzon. Uno sensibile al problema. A marzo aveva premuto pure lui il grilletto dalla finestra di casa. Per scoraggiare i malviventi, a Negrisa di Piave, sempre nel trevigiano.
Nella Marca se non è psicosi poco ci manca. E cosi per tenere alta l'attenzione si cercano simboli. Facce da esibire. Tutte le speranze erano riposte in Stacchio. Lega e Fratelli d'Italia gli hanno offerto subito un posto in lista. E lui? Ha accettato la solidarietà popolare. Poi ha firmato. Una proposta di legge, sì. Ma per la "difesa civile, non armata e non violenta ". Che scorno. Sentitelo Stacchio."Non sono un eroe. I veri eroi sono quelli che ci proteggono tutti i giorni, che lo fanno per lavoro, addestrati per questo compito". Gli sceriffi fai-da-te sono avvisati ma non mollano. Chiosa di Joe Formaggio: "Stacchio o non Stacchio, io continuo a dormire col fucile carico".

18.4.15

Termeno (BOLZANO) IL preside vieta i cellulari in classe Il grazie dei ragazzi “Finalmente liberi”

finalmente   un  preside   che cerca  di far ragionare  alunni e  genitrori  . sarà  l'inizio di una  nuova tendenza  o  è  solo un caso isolato p mosca  bianca   come si diceva u tempo  ?   a voi la scelta  .
Per chi va di fretta o non vuole leggersi tutto l'articolo  di repubblica del 18\4\2015 sotto riportato qui ne trova un sunto  di http://video.gelocal.it/altoadige/locale





La storia
A Termeno, vicino a Bolzano, Stefan Keim   ha avuto un’idea: usare un rilevatore di onde  elettromagnetiche per scovare i cellulari “I miei allievi hanno capito: lo lasciano a casa”



                                       JENNER MELETTI



Termeno (BOLZANO)
Rischia di diventare il preside più amato d’Italia.Almeno dai genitori.«Alcune mamme sono venute da me — racconta Stefan Keim, 43 anni, preside dell’istituto comprensivo di Termeno — per dirmi grazie. “Lei è riuscito a convincere i nostri figli a stare disconnessi per una intera mattinata. Ha fatto capire ai nostri adolescenti che non è necessario navigare 24 ore su 24, che oltre WhatsApp,Instagram e Facebook c’è una vita vera».
Stefan Keim, preside da due anni (dopo avere insegnato filosofia e psicologia alle superiori) riceve applausi perché, semplicemente,è diventato un ghostbuster che invece dei fantasmi acchiappa i telefonini.
«Ho fatto soltanto — dice — il mio dovere. Da anni una direttiva dell’Intendenza scolastica dell’Alto Adige proibisce l’uso dei cellulari a scuola. Ma non viene applicata. Gli insegnanti, all’inizio di ogni
anno, leggono la norma ma non hanno mezzi per farla rispettare. Ripetono l’invito cinque o sei volte, poi non sanno più che fare. Io ho fatto rispettare la direttiva».
Una scuola media di lingua tedesca in questa terra di mele e di Gewurztraminer.Gli alunni di lingua italiana sono 3 su 187.
«Quando ho comprato il mio primo cellulare— racconta il preside — avevo più di vent’anni. Non sono nato con il telefonino in tasca. Ottimo strumento, che noi usavamo però per qualche telefonata e
qualche messaggio, che fra l’altro costavano cari. Qui a scuola ho trovato invece la generazione dei sempre connessi. Risposte ai test copiate durante le verifiche, soluzioni dei problemi, invio di foto e di messaggi … Insomma, alunni a testa bassa a scrutare il display invece di seguire le lezioni.
Con anche episodi molti spiacevoli:foto scattate alle insegnanti con commenti pesant sull’abbigliamento o sulla loro professionalità, filmati di decapitazioni dell’Is ricevuti da un ragazzo propriodurante una lezione. Sua mamma è venuta a raccontarmi che il ragazzo era rimasto sotto choc e non riusciva più a dormire ».
Sempre connessi. «È questo — dice Stefan Keim — il problema principale. Devi essere sempre in rete, devi essere pronto a rispondere immediatamente a qualsiasi messaggio, anche se è solo un “ciao”. Soltanto così sei accettato dal gruppo virtuale e non ti senti escluso. Per questo ho deciso
di intervenire, non solo con i divieti ma cercando il consenso». Il Consiglio di istituto si riunisce il 19 maggio 2014 e decide di punire chi non rispetti la Direttiva: le prime due volte, note sul registro, alla terza la sospensione da scuola. Assemblee con gli alunni e poi con i genitori.«Dovevamo iniziare l’8 settembre, primo giorno di scuola ma non era pronto l’armadio chiesto al Comune, dove pensavamo di mettere in deposito i cellulari, una cassetta per classe. Abbiamo iniziato ai primi di novembre e ci sono stati problemi.
Per ritirare 187 cellulari servono molti minuti e gli alunni rischiavano di perdere l’autobus. E così abbiamo detto: lasciate i cellulari a casa. Se proprio non potete, metteteli nell’armadio. Terza soluzione: portateli in classe ma spenti e nascosti nello zainetto. Se sono visibili,scatta la sanzione ». Dopo il rodaggio, tutto è filato liscio. In questi mesi, soltanto tre note sul registro e nell’armadio adesso vengono consegnati non più di venti cellulari. Gli altri restano a casa. «Anche perché io mi sono messo a girare nei corridoi e nelle classi con il mio rilevatore di onde ad alta frequenza che mi segnala i cellulari accesi. L’avevo comprato quando è nata la mia prima figlia,per vedere se in casa ci fossero onde magnetiche pericolose. Per questo aggeggio,e per un altro che rileva le basse frequenze, avevo speso 500 euro.
I ragazzi non si spaventano più, quando all’improvviso entro in classe . Si sono messi in regola perché hanno capito che senza cellulari la loro attenzione è più alta. E che è meglio prendere un voto buono che rispondere a un sms. Sono esigenti anche con i professori.
L'altro giorrno hanno “denunciato” un insegnante che telefonava dal corridoio e non dalla sala professori durante l’ora vuota».
Nella scuola media è arrivato un dirigente della Polizia postale a raccontare i pericoli che si possono incontrare in Rete,e come una foto inviata «riservatamente»a un amico in realtà possa essere usata e
strumentalizzata in mezzo mondo. «Ho chiamato un amico, l’ingegner Francesco Imbesi, che ha fatto un esperimento interessante.
Ha mostrato una colonia di vermi della farina cresciuti lontano da onde magnetiche e un’altra colonia vissuta accanto a un cellulare acceso. I vermi di quest’ultimo gruppo sono risultati meno attivi e più sottoposti a mutazioni».Un po’ di spavento, tante domande.
«La soddisfazione più grande mi è arrivata dai genitori. Mi hanno detto che i loro figli, con il divieto del cellulare a scuola, adesso si sentono più liberi. “È bello non dovere più stare connessi tutto il giorno. Se un amico protesta perché tardo a rispondere, io gli dico: tu ce l’hai un preside ghostbuster?”».

Pizza o Mc donald ? Vfncl a ch dice che difendere i prodotti italiani sia di destra o anti americano . Certe cose non hanno colore ideologico


McDonald's lancia uno spot contro la pizza. Dicendo che i bambini italiani preferiscono l'Happy Meal. Napoli gli risponde con distribuzione davanti  ai fast  foud  di pizze  gratis   e  con  un contro video  
Il Movimento 5 Stelle ,  una dele poche cose  non populiste  e demagogiche    che  han detto  \  enunciato   presenterà esposto all'Agcom per oscurare quello spot vergognoso e diseducativo.
Intanto chiediamo ad Expo di escludere McDonald's da sponsor ufficiale.
Expo non solo è stato un tangentificio, ma addirittura sarà un evento per danneggiare le nostre tradizioni enogastronomiche.
E' vero , lo ammetto che da ragazzo avevo 10 \13 anni , e non capivo ancora niente di consumo critico e di alimentazione consapevbole e ci ho mangiato anche quelle schifezze . Poi con gli anni ho imparato , ovviamente . Senza nulla togliere alla cucina americana.

E' vero , lo ammetto che da ragazzo avevo 10 \13 anni , e non capivo ancora niente di consumo critico e di alimentazione consapevole e ci ho mangiato anche quelle schifezze . Poi con gli anni ho imparato , ovviamente . Senza nulla togliere alla cucina americana



   divenuta   dagli anni  80  sempre  più omologante  io sono  con i pizzaioli napoletani  . Perchè  quella  compagna  pubblicitartia

                                                        spot  Mc  donald

  è insulto  alla  cultura    alimentare di un popolo  e ha  in se   gli elementi   tipici  del    degli ultimi due  secoli   di  cui  ancora  non  ci siamo liberati  di superiorità    di una  cultura    su  un'altra  .
 Quindi  sono  d'accordo  con  : la  contro replica   dei  pizzaioli  napoletani


con questa  divertente Candid Camera girata  dopo il discusso spot dell'Happy Meal, in cui un bambino rifiuta la pizza, . Ecco cosa accade se ordini una pizza e invece ti portano un Happy Meal!



 a  voi  ogni  giudizio  in merito e la  scelta da  che parte  stare  .

15.4.15

La start-up di tre ragazze modenesi per adottare un amico a quattro zampe in tutta Italia

vi  potrebbe  interessare 
https://www.facebook.com/Bestiacce?fref=ts
 sulla  pagina    facebook del gruppo geolocal  ovvero le varie edizioni  di repubblica e  più precisamente  da    http://gazzettadimodena.gelocal.it/modena/cronaca/  del 7\4\2015  leggo  questa  news   di  un metodo intelligente  di conciliare  adozione di un animale  con le  esigenze   dei richiedenti  . Un metodo   che potrebbe portare  a ridurre   gli abbandoni  , il randagismo  e il sovraffollamento  nei canili. Ora  all'articolo  riportato sotto  ,   Non pago  di tale  articolo le  ho contatte  (  vedere alla  fine dell'l'articolo  )   sulla  loro pagina facebook   e mi sono  tolto ulteriori  curiosità
 

“Bestiacce” trova il cane per te       
La start-up di tre ragazze modenesi per adottare un amico a quattro zampe in tutta Italia

                                     


MODENA. Nata da un'idea per contribuire al benessere dei nostri amici a quattro zampe, “Bestiacce” è diventata una start-up che sta continuando a crescere dando un servizio importante, quello di trovare “l'anima gemella” felina o canina a chi lo desideri.
È proprio questo lo slogan che le fondatrici Clizia Welker, Giulia Beltrami e Roberta Chelotti portano avanti ogni giorno nel loro progetto. Quello che le fondatrici vogliono promuovere è l'adozione sostenibile, controllata e trasparente e nel loro sito web è possibile trovare tutte le schede dei cani, che vengono selezionati da professionisti, la collocazione e soprattutto, attraverso un piccolo test sempre disponibile sul sito, è possibile anche trovare il cane ideale in base alle richieste ed esigenze della persona interessata. Bestiacce, presente sul territorio da oltre due anni, per adesso ha registrato sul sito oltre 400 cani e all'attivo 25 collaboratori e si sta espandendo in tutta Italia con svariate sedi,
anche se il fulcro rimane a Modena come spiega Giulia: «Il progetto è nato dalla passione per gli animali. Io ho svolto un dottorato presso l'università di Ferrara e una volta tornata a Modena ho deciso di dedicarmi allo studio degli animali in particolare al loro benessere attraverso programmi di partnership e così, insieme a Roberta, esperta di comunicazione e marketing che vive a Brescia e a Clizia, business designer, abbiamo deciso di dare vita a questo progetto».
Essendo una startup, il progetto nel 2013 è stato selezionato dall'acceleratore d'impresa privato b-ventures e attualmente si avvale della consulenza di Democenter, importante incubatore per imprese e startup modenesi. Inoltre, essendo molto attiva nel territorio modenese, Bestiacce collabora con il Centro soccorso animali e con il canile intercomunale di Modena anche se il loro scopo è riuscire ad avere collaborazioni sul loro sito con 20 canili circa, come spiega ancora Giulia: «E' essenziale riuscire a coinvolgere più realtà possibili per poter dare ai tanti cani che sono sempre alla
ricerca di una casa che li possa accogliere»
 
 
Giulia continua spiegando come Bestiacce sia aperta a qualsiasi volontario che voglia partecipare e aggiunge: «Se qualcuno è appassionato di animali può contattarci e aiutarci a trovare casa a tanti piccoli amici». Gli obiettivi della startup, oltre all'adozione, sono anche svariati programmi di educazione che si svolgono sempre affiancati da professionisti che si occupano di stilare i profili dei cani e veterinari.
«Siamo sempre in contatto con educatori professionisti - racconta Giulia - che ci affiancano nelle nostre iniziative e anche con veterinari esperti sempre disponibili. Oltre ai cani, la startup sta cercando di coinvolgere anche progetti che riguardano i gatti. Siamo presenti in tante città perché lavoriamo molto attraverso il web ma a breve creeremo una vera e propria sede a Modena».
  Non pago  di tale  articolo le  ho contatte    sulla  loro pagina facebook   e mi sono  tolto ulteriori  curiosità

   il vostro metodo sta funzionando ?
solo i cani rinchiusi nei canili o anche gli altri randagi ? collaborate anche con guardie zoofile ?
accoglienza positiva o negativa del vostro progetto ?
come è nata la scelta del nome del vostro progetto ? vi conoscevatge già prima oppure una di voi ha deciso d'intrapendere il progetto e a cercato le altre ?

Ciao Giuseppe, grazie per averci scritto! rispondo alle tue domande:
1- Si il nostro metodo sta funzionando, abbiamo riscontri positivi di famiglie che hanno visto il proprio cane su Bestiacce e hanno intrapreso con successo il percorso di adozione in canile 2- I cani di Bestiacce abitano nei canili di tutta Italia che aderiscono al progetto. Questi cani sono profilati caratterialmente da educatori cinofili secondo un test da noi realizzato in collaborazione con l'Università di Parma 3- Non collaboriamo con guardie zoofile. Collaboriamo con canili pubblici e privati e con associazioni 4-Il nostro progetto è stato accolto molto positivamente da tutti, dai canili, dagli esperti del settore(educatori, veterinari ecc) e soprattutto dal pubblico che ci sta dimostrando interesse e appoggio 5-abbiamo chiamato il progetto Bestiacce perchè vogliamo dare a questa parola un significato affettuoso e sminuire i pregiudizi per cui i cani e i gatti ospiti di canili e gattili sono animali di serie B 6-Ci siamo conosciute grazie al progetto Bestiacce. Io (Roberta) avevo iniziato un progetto con altre persone. Clizia e Giulia ci hanno contattato chiedendoci una sinergia perchè avevano iniziato a realizzare la stessa idea. Gli altri hanno rinunciato e noi tre siamo rimaste: da qui sono nate le Bestiacce.

concludo  facendo  i migliori auguri   alle curatrici e  ideatrici di tali iniziative , sperando che non diventi  una cosa  commerciale  

12.4.15

Papa:indifferenza su genocidio cristiani ne non solo ."Massacro degli armeni primo genocidio del XX secolo". Protesta della Turchia

per approfondire  \  vi potrebbe interessare
http://it.wikipedia.org/wiki/Genocidio_armeno
http://www.ilpost.it/2012/04/24/breve-storia-del-genocidio-armeno/


  da  
12 aprile 2015  Redazione Tiscali





"Oggi ricordiamo con cuore trafitto dal dolore, ma colmo della speranza nel Signore Risorto, il centenario di quel tragico evento, di quell’immane e folle sterminio, che i vostri antenati hanno crudelmente patito. Ricordarli è necessario, anzi, doveroso, perché laddove non sussiste la memoria significa che il male tiene ancora aperta la ferita; nascondere o negare il male è come lasciare che una ferita continui a sanguinare senza medicarla!". Così Papa Francesco si è rivolto ai fedeli armeni, prima della messa celebrata nella Basilica di San Pietro, per il centenario del 'martirio' armeno con il rito di proclamazione a 'dottore della Chiesa' di San Gregorio di Narek.
Nel secolo scorso tre grandi tragedie - Bergoglio ha ricordato, innanzitutto, che "la nostra umanità ha vissuto nel secolo scorso tre grandi tragedie inaudite: la prima, quella che generalmente viene considerata come 'il primo genocidio del XX secolo'" è quella che "ha colpito il vostro popolo armeno". Poi, "le altre due grandi tragedie" mondiali: "quelle perpetrate dal nazismo e dallo stalinismo". E più recentemente "altri stermini di massa - ha denunciato Francesco - come quelli in Cambogia, in Ruanda, in Burundi, in Bosnia. Eppure sembra che l’umanità non riesca a cessare di versare sangue innocente", ha ammonito.
Ancora oggi il grido soffocato di tanti fratelli e sorelle - "Purtroppo - ha ancora sottolineato il Pontefice - ancora oggi sentiamo il grido soffocato e trascurato di tanti nostri fratelli e sorelle inermi, che a causa della loro fede in Cristo o della loro appartenenza etnica vengono pubblicamente e atrocemente uccisi - decapitati, crocifissi, bruciati vivi - oppure costretti ad abbandonare la loro terra. Anche oggi stiamo vivendo una sorta di genocidio causato dall’indifferenza generale e collettiva, dal silenzio complice di Caino che esclama: 'A me che importa?'; 'Sono forse io il custode di mio fratello?'. "In diverse occasioni - ha detto Francesco - ho definito questo tempo come un tempo di guerra, una terza guerra mondiale ‘a pezzi’, in cui assistiamo quotidianamente a crimini efferati, a massacri sanguinosi e alla follia della distruzione".
Quasi immediata la reazione turca - La Turchia ha convocato immediatamente l’ambasciatore vaticano. Nel colloquio, ha fatto sapere Monsignor Lucibello, le autorità turche hanno espresso "il loro disappunto" per le parole del Pontefice. La Turchia continua a negare che quello del 1915-16 sia stato un genocidio e combatte una guerra diplomatica permanente per cercare di impedire che venga riconosciuto all'estero da un numero crescente di stati.
Unione Armeni: "Ha dato degna sepoltura ai nostri martiri" - "Finalmente - ha commentato il presidente dell'Unione Armeni d'Italia, Baykar Sivazliyan - dopo 100 anni è stato fatto un passo molto importante nelle direzione del riconoscimento del genocidio del nostro popolo. Le parole di Papa Francesco sono una degna sepoltura per i nostri martiri". "La Turchia si ostina a negare una verità che oggi fa più male alle giovani generazioni di turchi che non agli armeni. Noi abbiamo avuto cento anni per provare a metabolizzare un dolore vissuto anche in maniera molto intima dalle nostre famiglie, mentre i governi turchi hanno privato le giovani generazioni della possibilità di far pace con la loro storia", commenta Sivazliyan. "Apprendiamo che ad Ankara è stato convocato l'ambasciatore in Vaticano - aggiunge -. Bene, in questa giornata non possiamo che augurarci sia per ringraziare il Santo Padre di queste parole di apertura e offrire finalmente disponibilità al riconoscimento dei crimini commessi come genocidio".




6.4.15

Torna 72 anni dopo «Voglio rivedere la mia cara scuola» Fiorenza da Milano al Mantegna, dove si diplomò nel 1943 Oggi ha 96 anni e suona ancora il pianoforte: «Mai fermarsi»

 del 29\3\2015





A una signora, sarebbe buona educazione non chiedere l'età. «Quando è nata, signora Fiorenza?». Lei risponde prontissima: «Ho 96 anni, sono nata il 24 ottobre 1918 a Savona».è arrivata ieri alle 13.30 davanti a quella che fu la sua scuola, oggi istituto tecnico Andrea Mantegna, in via Guerrieri Gonzaga. Scesa dall'auto guidata dal custode del condominio dove abita a Milano, è accolta con un mazzo di fiori - sette rose bianche - da tre studenti (due ragazze e un ragazzo), dalla dirigente scolastica Viviana Sbardella e dal professore di scienze Mario Cantadori. «L'ultima volta che sono stata qua, è stato 72 anni fa, mi devo un po' riambientare» dice, prima di raccontare la sua emozione per essere tornata in un luogo e in un tempo lontano eppure vicino nella sua memoria. Qui il 30 settembre 1943 sostenne gli esami per poter insegnare economia domestica, il diploma di abilitazione le fu consegnato il giorno dopo. Fiorenza lo ha portato da casa, con tanti bei voti, e la dirigente Sbardella estrae dall'archivio della scuola il relativo registro con la firma della preside di allora, Maria Santarelli.
«A quel tempo la scuola si chiamava Magistero Maria José del Belgio principessa di Piemonte» dice Fiorenza. Infatti sul registro c'è proprio scritto "Regia scuola di Magistero professionale per la donna Principessa Maria di Piemonte". Fiorenza ha solo precisato «José del Belgio, che aveva sposato il principe Umberto», dice. Dopo essersi diplomata in pianoforte al Conservatorio a Milano nel 1941, Fiorenza venne a Mantova per sostenere l'esame da privatista, il diploma le serviva per lavorare. «I giovani erano in guerra - dice - e a lavorare dovevamo essere noi donne». E il lavoro lo trovò immediatamente come insegnante di economia domestica, a Reggio Emilia all'istituto del Buon Pastore. Tempo di guerra. Che però a Mantova, nonostante si fosse nel settembre del ’43, Fiorenza per fortuna non patì, i rastrellamenti tedeschi erano già avvenuti. Soffrì invece a Reggio, bombardata, così che riparò con la famiglia in Piemonte.
A Mantova «ero ospite delle suore e ricordo che - Fiorenza dice proprio così - mangiavo un bicchierone di latte in un bar qui vicino, così quando tornavo dalle suorine non avevo più fame». L'amore per il pianoforte l'ha sempre accompagnata: «Due volte al mese vado a suonare per i malati di Alzheimer», svela, e il primo appuntamento con Mantova, due settimane fa, è slittato perché Fiorenza è andata a Pistoia per seguire un suo allievo pianista impegnato in un concorso di musica. In aprile l'allievo andrà a un altro concorso, a Padova, e Fiorenza lo seguirà anche là.
«I miei nipoti mi dicono di stare ferma, invece io devo muovermi, vivere». E Fiorenza si muove e vive: vuole vedere «almeno un'aula». Viviana Sbardella, la dirigente, la invita a salire al piano superiore, e Fiorenza procede sullo scalone. Nelle aule ci sono degli affreschi. Lei li osserva: «Tante cose si sono mantenute» dice. Meravigliosa Fiorenza.

                                       Gilberto Scuderi




Come sarebbe stata l'ultima cena di Gesù se a quei tempi ci fossero stati Twitter, Facebook e WhatsApp?

 Lo so che ai più tradizionalisti , fra  cui anche  alcuni  amici     seminaristi  e  sacerdoti   potrà  non piacere   e  sembrerà  dissacrante ed offensivo o peggio blasfemo

                                                      da Gli amici di Casa Surace
Ma  purtroppo  è vero .  Anche a me    che  sono sempre  attaccato   da  un po'  di fastidio   che    durante   le cerimonie  o momenti importanti    succedano cose  come i  filmato  sopra riportato   .
 infatti  lo  metto o  in vibrazione   disattivando le  suonerie  ( quando non posso farne a meno in quanto  lo uso anche per   filmare  e fotografare   )    o  lo spengo   o   creando  risate ( da   parte di stolti   media dipendenti  )  oppure   applausi  e  citazioni  (da  parte  di gente  di buon senso )
Mi  ricordo che   quando feci da testimone di nozze a mio cugino  \ padrino     che lo spensi   prima  che  il prete  iniziasse a celebrare la funzione  . Il  quale  poi durante l'omelia  , parlando  di intimità  e  d'umiltà  citò  il  mio gesto  .  Spesso  in una società iper tecnologica ( anche se  in realtà  sono solo 2 miliardi su   7    che  hanno accesso  a tali tecnologie  )  fare  una  simile cosa  viene considerato un gesto snob o  da matti  , ma forse tali persone  ignorano o non sanno    che da  piccoli gesti   simili   sono nati grandi cambiamenti  politici (  da non confondere  con politiki l'k  è messa  apposta    per   indicare  una cosa negativa   )  e  culturali 

5.4.15

Dai medici del villaggio alle "streghe guaritrici": la tradizione che resiste



A casa di Monica la strega buona: «Così vi guarisco»
Reggio Emilia: tra antichissime tradizioni e credenze religiose, un manipolo di donne "segna" storte, fuochi di Sant'Antonio e altri malanni
di Enrico Rossi e Cristina Fabbri



L'antropologa: antichissime pratiche terapeutiche per curare il corpo
A portarci a casa di Monica è stata Antonella Bartolucci, di San Martino in Rio, antropologa che si è interessata al fenomeno e che ha scritto un libro sulle guaritrici partendo da una ricerca fatta tra Reggio e Correggio. "Una volta erano un po' i medici del villaggio - racconta la Bartolucci - ed esistono ancora oggi anche se la nostra società è cambiata". Parla di guaritrici, al femminile, perché "al 90% sono donne". La  quale  racconta il in " la strega buona " fenomeno delle guaritrici-segnatrici: antichissime pratiche terapeutiche per curare il corpo, dal fuoco di Sant'Antonio ai vermi 





















REGGIO EMILIA. In reggiano si chiamano "medgòuni", in italiano sono le cosiddette "guaritrici-segnatrici", le "streghe buone" alle quali ancora oggi molti si rivolgono per curare una storta, un fuoco di Sant'Antonio, un mal di schiena e tanto altro.Non pensate che siano tutte anziane: quella che abbiamo incontrato noi ha 52 anni, si chiama Monica Zaccarelli, e ha deciso di "uscire allo scoperto" per raccontarci questa pratica antichissima. Non chiamatela però "strega", potrebbe arrabbiarsi: "Non stiamo parlando di stregoneria - precisa subito - bensì di tecniche che esistono da secoli, da quando la medicina ufficiale era agli inizi, il medico era lontano e non si avevano i mezzi che si hanno oggi".Solo sua figlia, quando era bambina, aveva il permesso di scherzarci. "Mi chiamava Harry Potter, diceva che avevo dei super poteri". Ci ha accolto a casa sua, a Gazzata (San Martino in Rio), e noi abbiamo cercato di scoprire qualche segreto. Ecco come Monica parla della sua attività



l rito delle tre croci
Monica ci mostra alcuni "segreti del mestiere". Ad esempio se deve segnare una storta, prepara tre croci con paglia e filo e le fa bollire in un pentolino d'acqua. Poi vuota l'acqua in un catino e dispone il pentolino a testa in giù con sotto le croci. Aspetta 10 minuti e tocca il pentolino con la mano. In base a quanta acqua c'è nel catino, sa se è una distorsione.




Poi tira su il pentolino, mette una croce sulla parte malata del paziente e vi fa scorrere sopra l'acqua tre volte con le mani. Infine esce di casa e butta l'acqua alle sue spalle e recita varie formule segrete. Per il fuoco di Sant'Antonio invece alterna segni della croce sulla schiena del malato e su se stessa. Insomma sono riti di ieri… ma anche di oggi. A voi la scelta se crederci oppure no.


sardi si nasce o si diventa ?


E' proprio leggendo  tali news  


da unione sarda del  2\4\2015

Omar Pedrini è da oggi in Sardegna per un tour di tre date.

Sul suo profilo Twitter c'è scritto: Omar Pedrini, Milano, aspirante sardo . «Amo questa terra per tanti motivi. Lo scorso maggio, sono stato a Cagliari ospite del mio amico Paolo Fresu per "Sardegna Chi-ama"», ricorda l'ex voce dei Timoria, da oggi nell'Isola per un tour di tre date: stasera alle 22 al
Cueva Rock di Quartucciu, domani al Birdland di Sassari, sabato al Biggest di Samassi. «Concerti nei quali ripercorrerò la mia carriera: dai successi firmati con la mia vecchia band, ai giorni nostri», aggiunge il cantante-chitarrista bresciano, che, sul palco, verrà affiancato da Marco Grasselli, chitarra, Larry Mancini, basso, Alberto Pavesi, batteria. Tra rock e sfumature acustiche.

e  tali  discussioni  sula pagina fb del  quotidiano  che  ti vengono certe   elucubrazioni   come quella  del titolo   del post  d'oggi  .

Una bella  domanda  .   Dipende



Dipende, da che dipende,
da che punto guardi il mondo tutto dipende
Dipende, da che dipende,
da che punto guardi il mondo tutto dipende


Cosa    s'intende  per nascere   o  diventare  . Io  esempio lo sono entrambi in quanto  il mio cognome  è d'origine  spagnola  risale  al 1300\1400 . Ma  è   vero  che  un conto e piacere innamorarsi della sardegna rispettarla un conto e essere sardi un bolognese e Camigliano  può vivere da x tutto ma rimane emiliano . Ma ma posso assicurare  che lo stesso amore e attaccamento che ha un Sardo lo può benissimo avere chi riesce ad innamorarsi profondamente di una terra come la Sardegna (  in questo caso  ) , e di un popolo . Mentre purtroppo ci sono Sardi che della propria terra e del propri fratelli e sorelle Sarde non gliene frega proprio niente....sono sicuro e voglio sperare di incontrarne sempre meno...ma ci sono. Condivido quanto scrive  nei commenti  all'articolo   sulla pagina  fb  dell'unione  sarda  Alessandro Pili Penso che sia un onore avere gente che ambisce a diventare sardo. Ciò vuol dire che molti apprezzano la Sardegna e i sardi, mentre altri, e ti assicuro tanti, stato italiano compreso, ci trattano come scarto dell'umanità.
Per   farvi capire   ulteriormente il mio pensiero  ma   essere  più obbiettivo   v'invito  a  vedere  il rapporto di Fabrizio  De  andrè  e la  sardegna  o le  storie  Citate   nei miei post  precedenti  


 Christophe Thibaudeau, da tutti conosciuto come Cristolu, parigino di nascita ma gavoese di adozione, è che  ha    ricoperto l'incarico  di  l'Assessore alla Cultura del centro barbaricino

Donatella Turi Gandolfi  la  brigitte bardò italiana 

Poi  c'è  chi lo diventa  per  moda \snobismo  o   chi  perchè lo sente  , ma  questa  è un altra storia  






4.4.15

pasqua laica ed atea ., pasqua religiosa \ i riti della settimana santa in sardegna

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a  sassari  I  II  III

inizio dalla seconda   perchè  anche a  per  chi non è credente  o  credente  non praticante   tali riti   hanno  un qualcosa  di  affascinante  e misterioso  . Oltre  ad  essere  confusi   , in quanto in Sardegna    si mescolano  nella  celebrazione   di tali riti   sia  tradizioni orientali ( bizantine in particolare ) sia catalano \ spagnole ( vedere sotto )come  mi  ha  fatto notare l'amica  e  compagna  di viaggio  Donatella Camatta <<  stessa tradizione in spagna Saragozza . >>
E' per questo    che , chiedo  scusa  ai  miei  13  lettori  fissi     se mi ripeto  , io identifico la mia sardegna non con  centro italia (con cui non abbiamo niente in comune culturalmente , se non la comune appartenenza nazionale forse prima del risorgimento , dato che la sardegna passo ai Savoia dal 1720 e poi con essi all'Italia ) come fanno  molti ma  con il sud  con cui abbiamo molto in comune  appena sento questa  canzone  e  vedo  tali immagini ( anche se  sono   della  calabria  )



rivado indietro  nel tempo ai racconti  dei mie nonni e  zi\e , prozii\zie specie  quelli paterni , di mio padre  e mia  madre   bambini  e alla mia  prima infanzia .
Ma soprattutto ritornando al discorso di prima  e   come potete leggere  dai commenti  alle   foto  da me  scattate    alla processione del venerdì santo cittadina  



  del mio account ( quello primario  )  di  fb   la gente  oltre  a  scherzarci su   confonde   tali riti  con manifestazioni  dei Ku Klux Klan.
Ecco  alcune  news  prese  dalla  nuova sardegna del  3\3\2015

 Mentre  totalmente  catalana  è  Alghero  dove  i Lampioni dell'illuminazione pubblica   vengono velati  di rossso  (  foto a sinistra  )     . Infatti   << il Venerdì Santo rappresenta >>  , sempre  secondo  la  nuova  sardegna   <con la Catalogna >>  anche    se  ormai  il catalano antico e quasi  scomparso in quanto  parlato    solo dagli anziani   << che si percepisce nei  canti che accompagnano le processioni.
Si comincia presto, alle 8, nella Cattedrale di Santa Maria,con le Lodi Mattutine presiedute dal vescovo   Alle 11 si  muoverà la processione della Via Crucis che attraverserà le vie del centro storico, senza mai uscire dalla città murata, per  rientrare in cattedrale dove si  procederà al rito dell'Innalzamento del Cristo che viene svolto dai Confratelli della Misericordia.



Ancora a Santa Maria alle 16,c'è ancora il vescovo ed è il momento dell'Adorazione della Croce. Poi arriva il momento più  significativo, alle 20 comincia il Rito che precede la grande processione del Venerdì Santo, la chiesa nonostante le sue dimensioni  è gremita, non riesce a contenere all'esterno
sarà allestito uno schermo gigante  per consentirà la visione di tutta la cerimonia.
Sono sempre i Germanz della  Confraria a calare dalla croce la statua del Cristo e ad adagiarla sul feretro e da quel momento  comincia il lungo percorso della  processione che visiterà tra due  ali di folla imponente, buona  parte dei quartieri della città. Sul  percorso, oltre che nel corteo,sono decine di migliaia le persone  che formano una straordinaria  cornice che accompagna il rito  fino al rientro, a tardissima  notte, nella chiesa della Misericordia.
Alla suggestione della cerimonia  si uniscono i canti dei  cori provenienti da ogni parte  della Sardegna che al passaggio  del feretro intonano canti sacri  in sardo e catalano. Momenti di grande suggestione che si rinnovano  ogni anno a conferma delle  profonde radici di fede della  comunità algherese. Sabato è giornata di riflessione  e di preghiera, e dalle 22 nella  Cattedrale di Santa Maria ci sarà  la Veglia Pasquale presieduta  dal vescovo  Poi la Domenica  di Pasqua, quella della  Resurrezione, dell'Incontro tra  la Madonna e il Figlio Risorto sui bastioni Cristoforo Colombo. Incontro  che sarà segnalato dagli  spari a salve dei Cacciatori dell' Associazione Tanda Sport. Poi il
rientro in Cattedrale per la messa  solenne. Alle 12 il rientro nella  chiesa della Misericordia dove si
svolgerà un altro momento significativo delle celebrazioni  della Settimana Santa : la distribuzione
del pane benedetto.

E per  finire  quella   laica  ed  atea  


2.4.15

"Una bomba esploderà in metro a Milano " per l'expo' 2015 , la bufala diventerà diventa psicosi

Davanti a news  come quella  che trovate  sotto   mi  vengono questi pensieri 
MA FNCL . AI BUFALISTI ECCESSIVI . NON VI RENDETE CONTO DI CHI VUOLE REPRIMERE IL DISSENSO E ALIMENTATA UNA NUOVA STRATEGIA DELLA TENSIONE . NON BASTA . QUELLA CHE C'è GIà STATA DAL 1960 AL 1992\3 CON LE BOMBE NELLE PIAZZE , SUI TRENI E LE STRAGI . ma quello che era successo prima del g8 genova 2001 e poi alle tre giornate  del G8  non vi ricorda niente ?  se  avete sospetti  non fondati  non usate  i  social  e non rivolgetevi    alle forze  dell'ordine  create  solo  l'effetto al lupo al  lupo 


Sui social voci di un imminente attentato in vista dell'Expo. Centralini della polizia inondati di telefonate. Le autorità rassicurano: "E' una leggenda metropolitana. Ma vigiliamo".
"L'altro giorno, a Milano, ho trovato un portafoglio. Era di un manager arabo. L'ho chiamato e gliel'ho restituito. E lui, per ringraziarmi, anziché darmi una mancia mi ha svelato un segreto: "Il Primo maggio tieniti lontana dalla metropolitana, perché i terroristi faranno scoppiare una bomba"". La leggenda metropolitana, che aveva spopolato, con variazioni più o meno significative, in tutta Italia dopo l'11 settembre, torna a diffondersi a macchia d'olio in vista dell'inaugurazione dell'Expo. Merito (o meglio colpa) di Whatsapp, Facebook, Twitter e dei numerosi strumenti social a disposizione dei creduloni. Un vero e proprio allarme virale, che ha prodotto negli ultimi giorni decine di telefonate ai centralini dei carabinieri e della polizia di Milano e costretto le autorità a diffondere comunicati per rasserenare gli animi. "Investigatori e inquirenti milanesi dell'antiterrorismo stanno da tempo monitorando il fenomeno - fanno sapere le forze dell'ordine meneghine attraverso le agenzie di stampa - ed effettuando gli opportuni riscontri i quali hanno rivelato l'inconsistenza di questi episodi e, quindi, di un reale pericolo di atti terroristici. Si tratta di storie che spesso si sono ripetute in concomitanza di grandi eventi oppure in seguito al verificarsi, all'estero, di attentati. I racconti che sono stati verificati sono stati riconducibili ad un effetto suggestivo relativo agli attentati che si sono succeduti in Europa, in Asia, negli Stati Uniti e in altri paesi. Dopo la verifica di questi racconti l'antiterrorismo milanese è giunto alla conclusione che non vi sia un reale pericolo".

1.4.15

c'era volta uno stazzo

vi potrebbe interessare
 i mie precedenti post  in cui parlo  degli stazzi
  questo sito


Fra   le  canzoni  che descrivono meglio  il post  d'oggi ed  quindi  anche  la mia  esperienza  ed  i ricordi  familiari diretti e  indiretti    della  mia infanzia  (  ne  ho parlato  in altri  post    del blog   sia quando  si chiamava  cdv.splinder   sia  dopo quando  ha   avuto la denominazione   attuale    )      ci sono   oltre  al cd   la terra, la guerra , una questione privata 
queste  due  canzoni   (  la  seconda  è una     cover  della  sua   canzone   )   di  un autore  che non ha   bisogno di presentazione  



con la  collaborazione dell'altro   blog (  in realtà  è di mio padre  dico nostro  perchè mi serve  come spunto  d'idee     per eventuali    i post   da mettere   sul  il mio   è questo  è  un caso )   . http://costasmeraldagarden.blogspot.com/




Lo stazzo è una forma di insediamento rurale tipica della Gallura.Esso Ha origini molto antiche come testimonia 


La sua peculiarità consiste  nella contemporanea presenza di più colture e allevamenti.La forma di allevamento predominante è quella del bovino ma anche degli ovini, caprini e  suini.
Lo stazzo è un'unità produttiva autosufficiente,la produzione è volta in primo luogo verso il consumo del nucleo familiare.La superficie media è intorno ai 20-30 ettari.
Oggi dello stazzo rimangono quasi esclusivamente i fabbricati, mentre  non vi sono le famiglie che vi risiedevano  , eccetto poche eccezioni nelle zone vicine ai centri abitati prossimi al mare.
Il fabbricato dello stazzo ha forma rettangolare, con poche finestre di piccola dimensione perchè la porta d'ingresso, quasi sempre aperta serve anche da sorgente luminosa.
Questa casa "stazzina" è abbastanza  importante, con muratura curata e graniti lavorati nei capitelli e nei riquadri. Al suo apice il fabbricato diviene "lu palazzeddu", quando si aggiunge un piano superiore,spesso con balcone. Ma in questo caso siamo all'evoluzione "da  pastori a signori"  per  parafrasare    il  famoso testo di  Giusepe Mele sulla storia  della  Gallura  .
Confermo quanto detto da  mio padre   aggiungendo  un  piccolo estratto    dalla mia tesi di laurea

In Gallura   come  in  tutta la  Sardegna fino agli inizi del XX secolo è quella del   popolamento dell'interno e l'abbandono delle coste. Infatti : « ( .... )   Le condizioni storiche che causarono lo spopolamento sono da ricercare nello stato di  abbandono generale nel quale si trovava tutta la 
Sardegna, dopo alcuni secoli di dominazione spagnola [  anche  prima secondo alcuni storici  corsivo mio   ]  a questa si aggiungevano le frequenti incursioni saracene lungo le coste e si capisce il motivo per cui nella Gallura marittima esisteva il solo villaggio di Olbia. Gli altri erano raggruppati alle falde del Limbara (Aggius, Bortigiadas, Tempio, Luras, Calangianus e Nuchis ) ». ( .... da   P.SUELZU Lo stazzo Gallurese,in Atti del Convegno. "Coment'era” ,Viddalba 9 giugno 2007.pp.69-76 ,Alghero 2008 )
La colonizzazione delle zone abbandonate fu la conseguenza di una notevole immigrazione dalla vicina Corsica; in seguito ulteriormente rafforzata, nei primi anni del Settecento, anche dal movimento della gente dell’interno, per lo più pastori, che dai villaggi, nelle loro transumanze, si spingevano fino alle zone disabitate. Si trattava in genere di migrazioni temporanee. Erano soliti abbandonare il villaggio nel tardo autunno per poi rientrare al villaggio d’origine, all’inizio dell’estate, quando era terminata l’annata agricola. Durante questo periodo, all’inizio, soggiornavano in strutture di fortuna utilizzando come abitazione qualche nuraghe o, più spesso le spelonche scavate nella roccia dagli agenti atmosferici. In seguito furono costruiti i “cuponi”, capanne circolari di pietre a secco con il tetto ricoperto di frascame, in pratica gli antenati della casa dello stazzo.
La prima fase della colonizzazione, caratterizzata dalla presenza di insediamenti temporanei presenta quindi in  prevalenza un’economia di tipo pastorale allo stato  brado. In seguito con il formarsi dei primi insediamenti   fissi si intraprendono anche attività agricole e di   allevamento più intensivo Tale insediamento rurale fu   tipico del nord Sardegna e della Corsica principalmente  della Gallura.
IL termine "stazzo"(in gallurese lu stazzu) deriva dal  latino "statio", stazione, luogo di sosta Esso Indica  contemporaneamente l'azienda contadina e la  costruzione in cui abita il proprietario ed è costituito da  un'abitazione di forma grossomodo rettangolare  costituita da blocchi di granito e all'interno suddivisa in  massimo due ambienti ,ma più spesso da un  monolocale. All'esterno era spesso annesso il forno (lu  furru) ed un piccolo magazzino (lu pinnenti). Raramente  un edificio nato come stazzo si eleva oltre il piano  terreno, ed in questo caso viene definito palazzo (lu palazzu) ,. Si può quindi parlare organismi \ strutture a  funzione complementare agricola e pastorale, organizzati in modo da essere autosufficienti, disponendo di coltivi, pascoli, seminativi, nonché di una  o più dimore.
Un insieme di stazzi formavano la cussorgia (la cussogghja), un'entità geografica e sociale unita da
vincoli, particolari ed insoliti, di forti di amicizia e collaborazione soprattutto di ordine prevalentemente morale, specie durante il ciclo agricolo o in occasioni particolari come la trebbiatura, la vendemmia o la costruzione di un recinto, tutti i vicini di un proprietario formano una squadra di lavoro che presta gratuitamente la propria opera.
Un altro esempio di vincolo esistente tra i "cussoghjali" è  quello della punitura. Questa norma di comportamento prevede che chiunque abbia perduto il gregge, per sorte avversa o per furto o per ritorsione, riceva in dono dai vicini un capo bovino o ovino.
Le case erano, prima d'essere abbandonate o “modernizzate”, piccoli capolavori di quella che può  essere definita un'architettura molto semplice e  spontanea. Difficilmente si notano le poche che non hanno subito radicali trasformazioni, spesso pacchiane: il loro impatto ambientale è pari a quello, di quelle poche  che vengono curate, dei muretti a secco, ulteriore e fondamentale elemento della geografia gallurese, segni  dell'uomo integrati nel tessuto agrario. Infatti essi hanno rappresentato in Gallura il fulcro della vita rurale di  migliaia di pastori-agricoltori per centinaia di anni cioè  fino alla fine XIX e inizi del XX secolo, quando la sua  caratteristica viene messa discussione negli anni ‘50
con il fenomeno di migrazione dalle campagne verso i  nuovi centri abitati (il cosiddetto boom economico e  l’avvento del turismo) con l’affermarsi di nuovi sistemi  economici e nuovi modelli di vita, e poi dagli anni '60\80  quando si sono diffusi i fenomeni dell'inurbamento delle  coste e poi la sub-urbanizzazione delle campagne  portano in pratica alla fine della civiltà dello stazzo. Ma  ancora persiste soprattutto nelle località marittime  snaturato nella sua funzione originaria dal fenomeno  delle seconde e terze case e secondo alcuni dalla trasformazione \ riadattamento in agriturismi e B&B
dotati dei migliori comfort.I motivi della scomparsa del modo di vita, della civiltà dello stazzo, sono da ricondurre all'evoluzione del sistema economico.L'economia basata sull'autoconsumo, sull'impiego  intensivo della forza lavoro non può reggere di fronte alla concorrenza delle grandi aziende basate su una spinta meccanizzazione, elevata standardizzazione del prodotto. Il supermercato decreta la fine della  produzione artigianale,parcellizzata. La politica agraria e sociale della regione sarda non ha saputo cogliere  l'importanza dello Stazzo, insieme ad esso sono  scomparse, l'insediamento sparso, la cura del territorio e dell'ambiente rurale, la civiltà ad esso legate, una parte pezzo importante irriproducibile della nostra Isola.





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