La Renta di Putane
I papi medievali cercarono senza successo di frapporre un argine al malcostume del clero di convivere con prostitute, promulgando leggi che gli imponevano il celibato. Le trasgressioni si fecero infatti sempre più frequenti, fino a quando Paolo III non si vide costretto a emanare la "Renta di Putane", ovvero un decreto che dava disposizioni per regolare "l'affitto delle concubine".
Con questo decreto i preti venivano costretti a versare ai vescovi una somma di denaro in cambio dell'autorizzazione a tenersi una prostituta in casa, a condizione di non mettere al mondo figli, che sarebbero stati considerati illegittimi, e di non dare scandalo.
Il papa era mosso non tanto da intenti morali, quanto dalla preoccupazione di risparmiare alla chiesa le notevoli spese che avrebbe dovuto sostenere per mantenere le famiglie dei suoi "dipendenti" e nello stesso tempo di impedire che queste ereditassero i loro beni.
Il timore della riprovazione sociale ha impedito finora al clero di abbandonare l'abito talare, ma la profonda evoluzione della società, che adesso considera l'imposizione della castità disumana e contraria al costume della natura, ha svuotato rapidamente i seminari e le chiese.
Eppure, invece di abolire una norma anacronistica che ha fatto emergere clamorosamente il disagio della chiesa nei confronti della società civile, il papa pretende di estendere l'astinenza sessuale ai divorziati risposati, che il voto di castità non l'hanno mai fatto.
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