29.10.21

DIRITTI Marcinelle, estratti i corpi mai identificati in 65 anni: “Anche mio padre, e lo troverò. L’ho promesso a mia madre”

 

repubblica  4\10\2021

Marcinelle, quasi settant'anni dopo via all'esumazione delle vittime senza nome: la battaglia di un orfano molisano commuove il Belgio


L'iniziativa è stata presa da Michele Cicora, figlio di uno dei 17 morti senza nome della tragedia che fece 262 vittime: ha promesso alla madre di riportarle la salma del padre a San Giuliano di Puglia prima che muoia. La polizia: "E' una storia che ci ha colpiti e abbiamo deciso di aiutarlo"




La polizia belga ha iniziato l'esumazione dei corpi di 17 delle 262 vittime della tragedia avvenuta nel 1956 nella miniera di carbone Bois du Cazier di Marcinelle. Si tratta di 17 minatori che non sono mai stati formalmente identificati. Ben 136 dei 262 morti erano italiani.
L'iniziativa, che ha l'obiettivo di dare finalmente un nome a quelle persone, è stata presa da Michele Cicora, figlio di uno dei morti senza nome, ha reso noto la polizia federale. Cicora ha promesso alla madre di riportarle la salma del padre a San Giuliano di Puglia prima che muoia.
"E' una storia che ci ha colpiti e abbiamo deciso di aiutarlo", ha aggiunto la polizia. Si procederà al confronto dei denti e delle ossa con il Dna dei parenti. Verranno anche utilizzate informazioni conservate negli archivi del museo, sorto nel luogo della tragedia. Oltre a Cicora hanno richiesto l'esumazione anche una famiglia greca e una belga.
I prelievi del Dna in Italia e in Grecia sono stati effettuati con l'aiuto dell'Interpol. "Abbiamo anche un dovere di memoria nei confronti di quelle persone che erano venute qui per lavorare ma che hanno anche contribuito alla crescita economica del Belgio negli anni Cinquanta", osserva infine la polizia.

Incuriosito della vicenda    ho   fatto altre ricerche  con big  e  con gooole  ho trovato    la  stessa news   riportata     sotto diversi punti vista    da il   fatto quotidiano e  il  corriere  della sera   di cui trovate  sotto  dei  link  per  chi volesse  saperne   di più  o ricordare  l'avvenimento  . 



https://www.ilfattoquotidiano.it/



Michele Cicora, 69 anni, ha pochi ricordi del genitore scomparso l'8 agosto del 1956. In Belgio i cadaveri non riconosciuti si chiamano “Inconnu” e si trovano nel cimitero subito dietro Bois du Cazier, la miniera di Charleroi teatro dell'episodio


di Alan Scifo | 24 OTTOBRE 2021


“Ho fatto una promessa a mia madre: dovrò trovare i resti di mio padre morto a Marcinelle”. Michele Cicora, 69 anni, professore a Londra ma pugliese di origini, vede i primi frutti della sua battaglia per cercare la verità su suo padre, morto nella miniera di Marcinelle nella tragedia dell’8 agosto di 65 anni fa, quando sottoterra persero la vita 262 persone, di cui 136 italiani. Tra questi c’era Francesco, suo padre. “Io avevo 4 anni, ho solo qualche ricordo di lui. Da qualche anno sto cercando di trovare i resti di mio padre attraverso la riesumazione dei 17 corpi rimasti senza nome perché mai riconosciuti”.
In Belgio li chiamano “Inconnu” e si trovano nel cimitero subito dietro Bois du Cazier, la miniera di Charleroi oggi diventata un museo che raccoglie centinaia di visitatori l’anno. Tra l’erba verde e il grigio del cielo, quelle tombe senza nome sono ormai usurate dal tempo, in un silenzio che non rende loro onore: “Sono riuscito a contattare alcune fra le famiglie rimaste senza i loro cari. È giusto ricostruire ognuna di queste storie”. Dopo una lunga serie di vicissitudini burocratiche durate anni e qualche ostacolo incontrato, finalmente la promessa di Michele ha raggiunto l’obiettivo: le salme sono state riesumate ed è stato prelevato un campione dai resti al fine di arrivare al Dna e collegarlo a quello dei parenti. “Tutte le bare sono state disseppellite e sembravano in buono stato perché avevano un rivestimento in zinco – racconta Cicora – Tutte le istituzioni si stanno comportando con un alto grado di solidarietà perché hanno capito il dramma dei parenti delle vittime”. Tra questi ci sono altri italiani e tutte le loro famiglie sono state contattate da Michele Cicora che finalmente vede il traguardo: tanti sono abruzzesi, molti addirittura arrivano da un unico paese, Lettomanoppello, altri pugliesi e molisani, ma anche siciliani, tutte zone “vittime” dell’assurdo patto Italia-Belgio (celebrato addirittura quest’anno per il 75esimo anniversario) che illuse molti minatori italiani, trasferitisi in Belgio per cercare migliore fortuna, in cambio di un sacco di carbone per il governo italiano. Tra tutti i morti nella tragedia, i cui nomi vengono scanditi a ripetizione in una sala del museo, i 17 mai riconosciuti sono Pietro Basso, Pompeo Bruno, Rocco Ceccomancini, Edmondo Cirone, Eligio Di Donato, Dante Di Quilnio, Pasquale Ferrante, Michele Granata, Francesco Martinelli, Secondo Petronio, Eduardo Romasco, e altri di diverse nazionalità: François Allard, Oscar Pellegrims, Reinhold Heller, Ammar Belamri, Nikolaos Katsikis”.
Grazie al Dna, con gli attuali strumenti tecnologici, sarà finalmente possibile riconsegnare la memoria alle vittime e alle loro famiglie che adesso potranno porre un fiore sulla tomba dei loro cari. Questo accade nell’anno delle grandi celebrazioni per il sessantacinquesimo anniversario della tragedia, un evento molto sentito a Charleroi, dove ancora oggi tanti italiani vivono a pochi passi dalla miniera, in vecchie case un tempo usate dai minatori. La riesumazione delle salme ha portato molti a recarsi nel museo-miniera ad osservare un caso di cui si sta occupando la stampa belga e quella internazionale, mentre Michele Cicora attende con ansia di realizzare la promessa fatta a sua madre prima di morire.

 corriere  della sera  

Marcinelle, la sfida vinta di Michele «Test del Dna sugli ultimi 17 minatori sconosciuti, c’è anche mio padre»

di Alessandro Fulloni

Dopo le insistenze del professor Cicora, figlio di una delle 262 vittima della sciagura del l’8 agosto 1956, la polizia belga ha avviato l’esumazione delle salme rimaste senza nome e cognome. «Ritrovare le loro generalità vuole dire onorare la nostra Europa»


Tre anni di insistenze, bussando alla porta di tanti uffici Ue e delle autorità belghe e italiane. Poi finalmente qualcuno ha aperto: e adesso finalmente è partita l’indagine sul Dna che potrà ridare un nome e un cognome a quei minatori morti nella sciagura di Marcinelle, l’8 agosto 1956, e mai identificati. Fu un’ecatombe che sconvolse l’Europa: le vittime in totale furono 262. Il tributo maggiore fu pagato dagli italiani, con 136 caduti. Ma tra i morti si contarono 13 nazionalità, Francia, Germania, Spagna... I cadaveri di 17 tra questi minatori non vennero mai identificati — sebbene i nomi di tutti siano noti — e le loro tombe stanno in un angolo verde e curato del Bois di Cazier, il sacrario dedicato alle vittime. Sopra le lapidi c’è scritto «Inconnu», sconosciuto. L’effetto nel guardare queste grosse pietre — quasi il fondamento dell’Europa unita — è lo stesso, lacerante, che si prova davanti a Redipuglia e davanti a tutti i sacrari che ricordano le vittime delle guerre europee, da Ypres al Carso e poi scendendo giù: Anzio, Salerno, Montecassino, El Alamein.
Tra i diciassette «sconosciuti» c’è anche Francesco, il papà di Michele Cicora. Proprio a quest’ultimo, oggi 69enne professore di italiano in una prestigiosa scuola a Londra, si deve la possibilità di ridare l’identità ai minatori. Grazie alla sua insistenza, qualche giorno fa la polizia belga ha avviato una colossale opera di monitoraggio del Dna preso dai corpi dei 17. Sono già dieci le salme esumate dal sacrario ed entro una settimana al massimo lo stesso toccherà alle restanti sette. La sequenza genetica verrà confrontata con quella dei familiari, tutti facenti parte di un’associazione, ed entro sette od otto mesi gli sconosciuti dovrebbero ritrovare nome e cognome. In questi giorni l’eco dell’iniziativa in Belgio è impressionante. Dai tg nazionali ai quotidiani locali di Vallonia e Fiandre, tutti ne stanno parlando. «È il segno che la memoria è ancora viva...» riflette a voce alta l’insegnante.





SU MARCINELLE, TUTTO QUELLO CHE C’È DA SAPERE



Così il Corriere raccontò la tragedia
Marcinelle, la tragedia dei "musi neri" italiani
"Cerco mio padre tra i 17 minatori sconosciuti"
Marcinelle, i 17 senza tomba






riflessioni a tiepido sulla cassazione del decretto zan

 in sottofondo 
Simonetta Spiri, Greta Manuzi, Verdiana Zangaro, Roberta Pompa - L'amore merita - Testo


 di cosa  stiamo parlando


Inizialmente     avevo lasciato   nel mare  di Facebook       queste  mie    considerazioni    

di  che  ci si stupisce   per  l'affossamento del  decreto #zan  l'italia   è  un  paese    dove  l'#omosessualità  viene  considerato  un #vizio  .  Anziché  con  una  semplice   forma  d' #amore  che merita  .

Ma poi  dopo : 1)  aver  riascoltato  con il testo    la  colonna  sonora     del post   d'oggi l'amore  merita.  Disco d'oro nel 2016 e brano contenuto nel loro primo album “4” uscito il 20 ottobre 2017..

 
2)   


Ieri sera, a “Che tempo che fa”, in poche e semplici parole comprensibili , Piero Angela ha smentito una volta per tutte la bufala dell’omosessualità contronatura.
"Oggi finalmente le coppie omosessuali hanno potuto trovare una liberazione da una repressione terribile” ha esordito.
“Spesso viene vista l’omosessualità come un rapporto fisico, contronatura. In realtà, le coppie omosessuali fanno esattamente lo stesso percorso. Attrazione, innamoramento, gelosia, tradimento, vita di coppia, i figli. Hanno sentimenti, amori, passioni. Esattamente come le coppie eterosessuali. Questo bisogna capirlo bene, perché altrimenti non si capisce questa necessità di esprimersi che hanno e che finalmente hanno conquistato”.
La lucidità, la saggezza, la cultura di questo ragazzino di 92 anni sono commoventi. Clonatelo.
3) queste riflessioni di
Riflessioni a tiepido sul DDL Zan
Riassunto dei concetti principali (per chi non ha tempo di leggere tutto, mi faccio delle domande e mi do delle risposte) 1) Perché era importante avere questa legge? Perché le leggi servono ad avere strumenti di difesa, ma anche e soprattutto, perché possono aiutare a vedere, nominare, riconoscere un fenomeno, e quindi a facilitare il cambiamento culturale. 2) Perché era importante averla nella forma, che tanto ha fatto discutere, in cui si tengono insieme diverse soggettività? Perché rendeva evidente come l’ordine di genere e il patriarcato abbiano una matrice comune. 3) Perché l’aver inserito nel ddl l’identità di genere ha coagulato il dissenso di tuttə ed è stata strumentalizzata da tantə per far fallire la legge? Perché è un concetto rivoluzionario a livello personale, politico e sociale. 4) Perché quando c’è qualcosa di così importante per cui unirsi e combattere ci si divide e si perde? Domanda sbagliata. Perché siamo ancora tuttə fascisti? Domanda giusta, la risposta si trova nel libro di Francesco Filippi che è consigliato leggere. 5) Perché è un’occasione persa, ma, seppur simbolica, è solo una battaglia? Perché è in atto una rivoluzione, inarrestabile.


Serve una legge? Tendenzialmente sarei sempre portata a rispondere di no. Lo ripeto in ogni occasione: è l’educazione culturale quella che serve. Tuttavia, come ha mostrato il caso Mac Kinnon, sappiamo ormai molto bene che una legge può servire a una rivoluzione culturale. Era il 1986 quando la Corte Suprema accolse finalmente la proposta della giurista femminista Catharine Mac Kinnon sulle le molestie sessuali sul lavoro come forma di discriminazione sessuale. Una ricerca condotta nel 1997, quindi dieci anni dopo, rilevò che il 95% delle aziende Usa aveva istituito procedure interne per la denuncia, l’accoglimento o l’ascolto e il 75% aveva introdotto programmi di formazione per spiegare i comportamenti vietati dalla legge. La precedente interdizione di comportamenti discriminatori non riusciva a vedere la discriminazione di genere fino a quando non è stata nominata.
Perché è importante avere una legge di questo tipo, quindi? Partiamo dall’analisi di alcuni dati. Senza produrre sofisticate elaborazioni, la meticolosa raccolta di dati e di informazioni contenuta nel sito
Omofobia.org
converge fondamentalmente verso una principale interpretazione: gli attacchi omotransfobici hanno una precisa e rintracciabile variabilità socio-storica-culturale. Ripercorrendo i dati in modo molto sintetico spicca che: negli ultimi anni sono diminuiti i suicidi, i luoghi pubblici sono gli spazi privilegiati per gli attacchi e la violenza aumenta quando si alimenta un più generale clima di odio.
Più nello specifico, tra il 17 maggio 2020 e il 17 maggio 2021 “solo” le aggressioni denunciate alle Forze dell’ordine (quindi per fatti penalmente rilevanti, in assenza di una specifica legge contro l’omolesbobitransfobia) sono state almeno 190 – da questi dati quindi rimangono fuori tutti i fatti non denunciati corrispondenti a 138 episodi; detto in altri termini si tratta di tre episodi ogni settimana o anche una vittima ogni due giorni.
Se si guardano gli andamenti storici si può notare che nelle estati del 2018 e 2019, le estati delle campagne di odio dei governi giallo-verdi, si registrano dei “picchi” che hanno portato a un tendenziale aumento medio (Un ipotesi potrebbe essere che lo sdoganamento della violenza produce effetti di lungo periodo?) e al ritorno di violenza omicida, che negli anni passati sembrava essere diminuita.
L’analisi più dettagliata mostra anche che è aumentato il numero di vittime di episodi non aggressivi e che è diminuito il numero dei suicidi. Sia il primo dato - denunciare anche fatti diversi dalla violenza fisica, una tendenza che risulta in crescita dal 2017, anno dell’avvio delle unioni civili - sia il secondo - il decremento del numero dei suicidi - suggeriscono che il lavoro culturale fatto in questi anni dalla comunità LGBTQI+ ha prodotto degli effetti reali. Perché il fatto che il ddl coinvolgesse anche l’identità di genere ha raccolto il dissenso di tuttə, dalla destra Dio Patria e Famiglia, a frange storiche del movimento LGBT, fino ad arrivare addirittura ad alcune soggettività appartenenti all’ampio e variegato movimento femminista o degli studi di genere? La mia ipotesi è che le identità conquistate con lotte e faticosi processi di riconoscimento siano ancoraggi difficili da lasciare andare. Se, come hanno spiegato alcuni grandi sociologi, tra gli effetti della stigmatizzazione c’è anche la soggettivazione – semplificando, l’istituzione del soggetto - e l’inversione dello stigma - il processo attraverso il quale una determinata identità fino a quel momento nascosta, o fonte di vergogna, si assume e indossa con orgoglio- è possibile che chi ha tanto faticato per divenire soggetto e rivendicare con orgoglio l’etichetta o lo stigma che ha accompagnato il proprio percorso identitario faccia poi fatica a liberarsene? Sì, ma non c’è solo questo, il genere è un sostegno identitario che per alcune categorie o in alcune fasi diventa anche rifugio, poiché, appreso in modo precoce attraverso la socializzazione, diventa così parte delle fondamenta del sé da far temere gli sconfinamenti o la fluidità dei confini. È questa paura che riesce ad intercettare il movimento Dio Patria Famiglia, richiamando – interessante qui sarebbe usare “facendo reagire” per enfatizzare la relazione con il concetto di “reazionario” - anche altri dispositivi che albergano dentro di noi (per una comprensione articolata di questo fenomeno si devono leggere gli scritti di Massimo Prearo, altrimenti su questo ultimo punto basta anche leggere il libro di Francesco Filippi “Ma perché siamo ancora fascisti?”).Il fatto che l’ordine di genere sia alla base della struttura sociale - e per questo sia importante decostruirlo e disvelarlo - è testimoniato anche dal fatto che oggi in quello che è il più diffuso manuale di sociologia le teorie femministe e queer sono annoverate tra le principali teorie sociologiche (insieme al funzionalismo, al conflitto, all’interazionismo simbolico, per capirci) e che, nel medesimo testo, la disuguaglianza sia affrontata in chiave intersezionale. In questo momento intere coorti di studenti di sociologia stanno formandosi con queste chiavi interpretative. A livello di esperienza personale posso dire che da quando abbiamo ottenuto l’insegnamento di “introduzione agli studi di genere” ogni anno le iscrizioni di studenti che lo scelgono sono aumentate a livello esponenziale; sono studenti provenienti da servizio sociale, giurisprudenza, psicologia, filosofia, scienze dell’educazione e formazione primaria. Quest’anno le tesi che ho seguito sui temi inerenti l'ordine di genere sono state 19. Nel giro di qualche anno questa generazione di studenti sarà attiva nella società. Concludo con un aneddoto. Questo semestre nella prima lezione del corso di sociologia, svolto purtroppo ancora di dad, un ragazzo ha chiesto la parola alzando la mano. Io per dargliela l’ho appellato con il nome femminile che risultava dal suo account. Lui ha acceso la telecamera e davanti a 236 persone connesse ha detto di chiamarsi in un altro modo, con un nome maschile che non risultava perché che era in attesa del riconoscimento della carriera alias. Io mi sono disperata per il mio errore, ma lui mi ha detto che non c’era problema, intanto era stata un’occasione per dirlo. A quel punto altre persone hanno acceso la telecamera e, dopo aver espresso l’ammirazione per il suo gesto, si sono dichiarate non binarie. Il primo giorno di corso, il primo semestre del primo anno, davanti a centinaia di sconosciutə. [...] mi pare chiaro che cosa succederà nei prossimi anni, anzi ciò che già sta accadendo.

Infatti mentre finisco di fare copia ed incola del post di Luisa Sagi leggo queste due bellissime notizie



In 10.000 sono scesi in piazza, torce in mano, per il Ddl Zan, per urlare la propria rabbia, per i diritti di tutte e tutti, nessuno escluso.



Un popolo c’è
La più bella risposta possibile, partecipata, pacifica, di piazza, popolare senza essere populista, allo scempio a cui abbiamo assistito ieri in Parlamento. Questa è l’Italia che vogliamo vedere, e prima o dopo sarà degnamente rappresentata anche dove davvero conta. È solo questione di tempo.


Ddl Zan, Elio Vito (FI): "Governo on può essere neutrale, intervenga Draghi con un decreto"
Elio Vito, deputato di Forza Italia (ansa)
L'ex ministro dei Rapporti con il Parlamento si è dimesso da tutti gli incarichi in Forza Italia perchè contesta la linea seguita dal partito: "Tradita la vocazione europeista". "Il premier può estendere la legge Mancino ai reati d'odio a sfondo sessuale e di genere"

«Il patriarcato è finito. Violenze in aumento per l’immigrazione illegale»: il discorso di Valditara alla Fondazione per Giulia Cecchettin. se stava zitto faceva più bella figura

«Occorre non far finta di vedere che l’incremento dei fenomeni di violenza sessuale è legato anche a forme di marginalità e devianza, in qua...