12.1.08

Senza titolo 46


Funny Games [Il contenuto del testo accenna alla trama del film ]

La visione di questo film, in attesa del remake, mi ha portato a rileggere alcune lezioni sul rapporto fra televisione e inconscio secondo l'ottica psicanalitica di Musatti [1961], figura di spicco della psicanalisi italiana. Negli appunti veniva posto l'accento riguardo l'effetto sul mondo interno della televisione e le conseguenze sul comportamento in relazione all'età ed ad alcune caratteristiche temperamentali. Mi interessano principalmente le prime in quanto mi sembra che il regista, Michael Haneke, volontariamente o meno abbia sfruttato questi effetti, portandoli forse all'eccesso, in un film dal carattere meta-teatrale. Infatti il protagonista, il deus ex machina, rivolgendosi direttamente allo spettatore, sconvolge le regole della normale finzione televisiva, pone un termine al film, scommette con l'osservatore in modo irriverente fino a farlo sentire in balia del suo volere come gli stessi personaggi che possono essere considerate vittime sacrificali non tanto della follia omicida dei due assassini gentil'uomini, ma dello spettatore stesso, che dalla loro sofferenza trae la catarsi della propria aggressività. Centrali sono a parer mio due dialoghi in particolare, uno posto poco prima la carrellata di follie che dureranno fino alla fine, anzi, continueranno anche dopo la fine della pellicola, l'altro poco prima della fine del film. Nel primo dialogo, la famiglia, che secondo alcune recensioni vuole rappresentare la medio-borghesia americana, chiede inutilmente spiegazioni per la mattanza che sta subendo, come lo spettatore stesso che sente necessariamente un motivo della violenza dei protagonisti, per giustificare il processo di identificazione/proiezione che ha inevitabilmente messo in atto verso i protagonisti "cattivi". [Musatti infatti considera inevitabile una oscillante identificazione, o proiezione frai i personaggi buoni e cattivi del film, in base alla maturità e al grado di differenziazione fra Sé e oggetto Jakobson (1964)]. Bene, questa giustificazione non è data, anzi, il deus ex machina, ci toglie le uniche possibili spiegazioni che lo spettatore poteva elaborare, un passato violento e folle nell'infanzia dei due assassini, oppure considerare la loro follia il frutto di una insostenibile società che genera angoscia e la perdita degli ideali e dell'identità. Invece no, non è per questo che loro agiscono, non ci è dato saperlo ma nemmeno immaginarlo. Dobbiamo solo subire, come subisce la povera famiglia la loro violenza immotivata. Il secondo discorso, quello che poi mi ha portato a riprendere le concezioni psicanalitiche di Musatti sul rapporto fra inconscio e televisione, è un discorso riguardo la dualità della realtà, e della contrapposizione fra materia e antimateria, su come in quell'istante ci fosse
qualcuno che tentava, senza successo di vincere la barriera che separava due mondi per avvertire la sua controparte della sventura imminente. Ecco, mi sembra che il regista, volontariamente o meno, richiami il rapporto che si instaura con lo schermo televisivo, che a livello incoscio sconfina nel nostro mondo interno, perdendo quella separazione fra realtà e finzione che contraddistinguono teatro e romanzo. Questa perdita di separazione, equiparabile al mondo onirico, comporta l'allentamento dei meccanismi di difesa, in quanto ciò che è considerato inaccettabile a livello di realtà può trovare sfogo a livello del pensiero primario, che arriva a considerare alieni quei desideri che vede rappresentati nel mondo onirico come in quello televisivo. E' lo spettatore, l'ipotetico individuo, che cerca di avanzare oltre la barriera che a livello inconscio è stata già abbattuta, nel tentativo, inutile, come qualsiasi tentativo di fuga dalla violenza, di ricerca del lieto fine, di avvertire le prossime vittime della loro tremendo destino.




Un film molto particolare, alcuni l'hanno considerato un "arancia meccanica" in chiave moderna, altri l'hanno considerato come una rappresentazione simbolica dei campi di sterminio nazisti, io da studente psicologia, l'ho interpretato in questo modo, ovviamente, ogni altra interpretazione è plausibile, ma forse, la sensazione di angoscia, che è perdurata per una buona mezz'ora dopo la visione del film, potrebbe convincere della mia interpretazione.

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