14.11.04

Senza titolo 388

DARIO FO, FRANCA RAME, JACOPO FO


IL VANGELO E LE DONNE


I - PROLOGO


Nel secolo trascorso, la donna ha goduto di una improvvisa emancipazione che di certo non le e' stata regalata, ma e' stata frutto di lotte spesso durissime e cruente. Pensiamo alle battaglie delle suffragette (1,001) per conquistarsi il diritto al voto e ottenere l'applicazione di ordinamenti civili non discriminatori. Appresso dobbiamo far mente locale alle lotte sindacali delle operaie, specie le tessitrici "filandiere", contro la decurtazione del salario, anche se svolgevano gli stessi "lavori" degli uomini. Non parliamo poi delle lotte dentro le scuole, a cominciare dall'acquisizione del diritto per le donne di frequentare le universita' e le accademie.
A proposito di lotte e relativa repressione delle donne e' bene ricordare il rogo di Chicago. Nei primi anni del secolo scorso (1908) le filandiere di quella citta' si erano decise, pur di ottenere i loro giusti diritti, a occupare la fabbrica in cui lavoravano (Cottons). Era il mattino dell'otto marzo quando scoppio' un incendio, non si sa quanto accidentale. Le donne, che si erano barricate all'interno, cercarono di salvarsi spalancando le porte. Ma qualcuno dall'esterno le aveva bloccate. Nel rogo morirono 129 operaie. Qualche giorno appresso, al loro funerale c'era una gran folla; il corteo funebre transitava nel grande viale ombreggiato da piante di mimose, che attraversa il quartiere dove era avvenuto il massacro. Molti ragazzi e ragazze si arrampicarono su quegli alberi in fiore e letteralmente li spogliarono gettando sui feretri mazzi gialli coi quali furono ornate le bare. Di qui viene il rito di donare ancor oggi mimose alle donne l'otto di marzo, che e' diventata la loro festa.


Nei cosiddetti secoli luminosi dell'Umanesimo era fonte di meraviglia scoprire una donna pittrice (le figlie di Tintoretto e Artemisia Gentileschi, per la cronaca violentata da un suo collega, oltretutto pittore mediocre).
In teatro ancora agli inizi del Seicento in tutta l'Europa era impensabile che una donna montasse su un palcoscenico. Faceva eccezione l'Italia dove, fin dagli inizi del Cinquecento, i ruoli delle protagoniste femminili erano interpretati da donne, che spesso erano prostitute. Prostitute erano anche le virtuose del liuto e della viola; cosi' per le poetesse e le danzatrici. In Inghilterra le opere di Shakespeare non hanno mai visto una Giulietta ne' una Ofelia interpretate da femmine, ma solo travestiti e "femminielli".
In compenso molte erano le fattucchiere e le streghe "medicone", quasi immancabilmente perseguitate dall'Inquisizione. Dagli innumerevoli processi pubblicati dai tribunali siamo venuti a scoprire che spesso la denuncia a queste donne, abilissime nei massaggi, sapienti nel preparare intrugli di erbe e radici davvero portentosi, impareggiabili nell'arte di "aggiustaossi", veniva dai medici addottorati che non ne sopportavano lo straripante successo.
Finalmente oggi tutta questa incivile discriminazione verso le femmine e' quasi del tutto cessata. Vediamo donne operare nelle vesti di medici rispettati e stimati, di professoresse universitarie, addirittura chirurghi ineguagliabili, donne ingegneri meccanici, fisici e perfino premi Nobel per l'elettronica; una gran quantita' di giudici e avvocati; registi cinematografici, direttrici di grandi complessi musicali. Per ritrovare cucitrici e ricamatrici al tombolo e punto croce ormai bisogna far ricerca fra maschi orientali, ma attenzione che anche in Cina vanno scomparendo.
L'unico campo nel quale le donne sono rimaste relegate all'ultimo gradino e' quello della religione, specie in quella cattolica apostolica romana e in quella coopta e ortodossa.
La regola invalicabile di queste chiese e' ancora quella dettata da S. Agostino e S. Tommaso d'Aquino: nessun accesso per le femmine, nessun ruolo, nemmeno un posto da chierichetto o sacrestano. L'unico ingaggio e' quello di perpetua; ma bisogna essere molto vecchie, e soprattutto bruttine.
Non bisogna dimenticarci dei movimenti monacali sorti fin dai primi secoli. L'imperatrice Teodora raccolse, pagando di persona il riscatto, centinaia di donne pubbliche, quindi le libero' dalla prostituzione, relegandole in monasteri dai quali era loro impedito uscire: dalla strada a una vera e propria galera!
Molte di esse fin dai primi giorni della loro liberazione si gettarono dalle alte mura che le costringevano a non piu' peccare. Stesso trattamento piu' o meno fu riservato alle sorelle di santa Chiara che, seguendo san Francesco, aveva fondato un ordine di donne il cui intento era dedicarsi ai poveri e agli afflitti. Santa Chiara attese anni che il pontefice concedesse loro il timbro della regola. Finalmente (ma purtroppo stava per morire) Chiara ricevette il sacro documento, in fondo al quale era una postilla: "Le sorelle di questo monastero debbono giurare che accetteranno con devozione la clausura e quindi mai usciranno dalla loro casa".
Eppure agli inizi del movimento cristiano (I, II, III secolo), il ruolo delle femmine nel rituale era pari a quello dei maschi, non c'era discriminazione di sorta. Alle origini troviamo donne diaconi, presbiterie e perfino con cariche corrispondenti a quelle di vescovi.
Per non parlare delle oranti. Il ruolo di quest'ultime era simile a quello delle sacerdotesse nei riti arcaici del Mediterraneo: come nella liturgia nata in comunita' di origine africana, le oranti avevano il compito di recitare o cantare la prima frase di una litania, che appresso veniva ripetuta con varianti spesso improvvisate dal coro dei fedeli.
Ma a un certo punto, gia' durante i primi secoli dopo Cristo, le donne sono state dispensate dal partecipare ai riti.
Come siamo arrivati a tale discriminazione sulle femmine? Che cosa ha generato questa sorta di paradossale misoginia nei loro confronti? Cercheremo di scoprirlo insieme.
Gesu' era ebreo e circonciso. E cosi' i suoi apostoli. Come lui lo erano Pietro e gli altri seguaci. Perfino Paolo era ebreo anche se all'inizio stava al servizio dei Romani.
Cristo ha sempre ripetuto di essere fedele alle leggi di Mose'. Quindi il Vangelo si forma sul sacro libro dell'Antico Testamento; ne segue i precetti e le regole.
Ma spesso (qui sta il fatto rivoluzionario del Vangelo: euangelos in greco significa il lieto annuncio) Cristo si oppone a gran parte di quelle antiche consuetudini con forza straordinaria, buttandole letteralmente all'aria. Per capirne l'incisivita' e il valore ci bastera' rileggere i vari passi del Vangelo, inserendoli nel loro contesto storico e sociale, oltre che religioso.
Quindi, procedendo per ordine, crediamo sia fondamentale informare, seppure sinteticamente, sulle origini del movimento cristiano e in particolare sulla nascita delle scritture che testimoniano della vita e del pensiero di Cristo.



III - LE DONNE NEL CRISTIANESIMO


Ora, la predicazione di Gesu' era rivolta a tutta la popolazione dei giudei compresi i foresti, i samaritani, i cananei, i farisei, i pubblicani e soprattutto era dedicata ai diseredati, agli esclusi, agli umiliati, e prime fra tutte le donne.
Spesso nella Galilea si vedevano gruppi di credenti che seguivano il proprio maestro, ma erano seguaci esclusivamente maschi: le femmine a casa!
Con Gesu', per la prima volta, insieme agli apostoli e ai miserabili, apparivano stuoli di femmine spesso coi loro piccoli in braccio.
Dice un testimone pagano del tempo: "La quantita' di femmine nella comunita' che segue il cosiddetto Figlio dell'uomo nel suo pellegrinare e la loro vivacita' di azione, scossa dalla presenza di molti bimbi, la fa assomigliare a una tribu' di nomadi".
Il passaggio del gruppo che accompagnava Gesu' era quindi fonte di disapprovazione e indignazione da parte degli abitanti dei luoghi attraversati da quella strana carovana.
Un altro particolare che rendeva eccentrico e a momenti addirittura scandaloso il gruppo era la presenza di storpi, vecchi e vedove malandate, ammalati, qualche prostituta molto nota, perfino lebbrosi e indemoniati: come dire, pazzi furiosi. In tanto bailamme non potevano mancare di certo musici e cantori e qualche saltimbanco, tanto per gradire.
C'e' un'antica canzone di zingari andalusi che quasi in un dialogo cosi' si esprime:


Chi ha mai detto che Cristo non sapesse cantare?
Oh, nessuno
Anzi penso che una bella voce teneva.
E se cantava, di certo con la chitarra s'accompagnava.
La chitarra non e' forse degna di un profeta?
Di certo, anche d'un re! Pure Davide, cantando, strimpellava.
Gesu' di certo batteva il tempo e danzava.
Oh si', di certo, di certo.
E se danzava e cantava battendo mano con mano, chi puo' giurare non fosse anche gitano?


Quelle donne seguivano da tempo Gesu', fin da quando il Nazareno, appena battezzato da Giovanni, s'era mosso dalla Galilea. Alle volte esse apparivano piu' numerose dei maschi e sostenevano ad alta voce le sentenze lanciate da Gesu', superando e sfidando la consuetudine che le avrebbe volute riservate e non coinvolte in azioni religiose.
Negli Atti degli Apostoli si racconta dei viaggi dei primi sostenitori della parola del Profeta, che rispondevano all'invito di scegliere fra il fuoco della fede e il fuoco domestico. Turbe di donne abbandonavano le proprie case e trascuravano i doveri della famiglia, compreso l'accudire i figli e seppellire i genitori. I loghia (detti che non fanno parte dei Vangeli canonici) piu' antichi menzionano padri, madri, sorelle abbandonati nella loro casa dagli itineranti.
Essi rispondevano cosi' al drastico invito del Nazareno:
"Voi credete che io sia venuto a portare la pace nel mondo. No, io vi porto la discordia. Infatti sono venuto a separare il figlio dal padre, la figlia dalla madre, la nuora dalla suocera. E ognuno avra' nemici anche nella propria famiglia. Poiche' chi ama sua madre e suo padre piu' di me non e' degno di me". (Mt. 10,34).


Si discuteva a volte di come questa ribellione riguardo al ruolo della donna portasse a un vero e proprio sfacelo nella struttura della comunita' tradizionale.
Di certo la gran parte delle donne che seguivano Gesu' manifestava riconoscenza al maestro che le liberava dal giogo domestico. A testimoniare l'entusiasmo che dimostravano le seguaci femmine per questa insolita chiamata del Nazareno, basta il grido che Matteo mette in bocca a una di loro: "Beata la donna che ti ha generato e allattato".
Esse erano le prime a scoprire che di fronte al regno di Dio i doveri della donna (come lavoro e impegni familiari) non contano.
La scelta di figure femminili nelle parabole raccontate da Gesu' fa delle donne modelli coi quali identificarsi sia per le femmine che per gli uomini.
La donna che in una societa' patriarcale si batte fino a imporre che le sia accordata attenzione e giustizia (Lc. 18,1) ha un significato e un peso allegorico straordinari, diremmo eversivi. Soprattutto e' importante ed emblematico che Gesu', come abbiamo gia' detto, si serva di continuo di personaggi femminili per alludere a un problema di giustizia civile.
Vedi la parabola della moneta smarrita. La donna che l'ha perduta cerca per tutta la casa, alla luce di una lampada, spostando ogni mobile, finche' la sua caparbieta' viene premiata: la moneta e' simbolo del bene perduto e ritrovato! Cioe' a dire che bisogna andare fino in fondo senza mai cedere per guadagnarsi il nuovo regno.
I piu' reputavano il Nazareno un eccentrico, un pazzo scriteriato. Giovanni e Marco raccontano che i parenti di Gesu', venuti per controllare il suo comportamento, dopo averlo ascoltato predicare, commentano sconvolti "Egli e' fuori di se'". Quindi anche la sua stessa gente lo considerava socialmente disadattato, un inguaribile esaltato.
Luca (Lc. 22,37) testimonia che in Israele Gesu' era considerato un malfattore (anomos in greco), un asociale.
In uno studio storico sulla vita di Gesu', Adolf Holl dichiara verosimile la versione secondo cui Pilato, uomo duro, decide di sbarazzarsi di un personaggio molesto, esaltato e pericoloso come il sedicente Messia: un facinoroso che prometteva di voler abbattere il tempio dei giudei, la "spelonca di ladri" (Mt. 21,13), insultava i rappresentanti del potere religioso e civile, incitava alla disobbedienza verso le leggi e le consuetudini imposte dai maggiori.
Ma il crimine piu' grave era ritenuto l'aver spinto le donne a uscire dalla loro normale condizione di emarginate e sottomesse, e per di piu' condotto le femmine ad abbandonare la casa, il focolare, i figli, il marito, la suocera per seguirlo. Insomma un sovversivo del genere meritava senz'altro la forca!
Ma Gesu' non e' colpevole solo di aver creato disordine. Egli e' colpevole anche per aver portato l'agape, cioe', in greco, l'amore. Ma urge spiegare perche' l'amore portato da Cristo fosse tanto pericoloso.
Egli incita ognuno a non tenere ne' odio ne' rancore verso chicchessia, ne' verso i nemici della religione ne' tanto meno contro i diversi, gli estranei, gli infetti. Peggio: Gesu' ordina di amare nemici, infedeli, donne svergognate, schiavi, gabellieri, strozzini...
Come puo' una societa' vivere senza nemici da odiare, furfanti d'altra razza da uccidere, "malefemmine" da lapidare?
Per di piu' questo amore non e' piu' un sentimento circoscritto all'ambito familiare. C'e' una passione che si muove verso l'esterno, centrifuga: ama il tuo nemico come il tuo simile, non uccidere mai, non giudicare e non punire, porgi sempre l'altra guancia a chi ti colpisce, offri pace a chi t'aggredisce. Una innovazione insostenibile per ogni potere.
Pensandoci bene, riportandoci ai nostri giorni, Gesu' agli occhi dei credenti dell'attuale chiesa conserva ben poco della sua originaria natura di anticonformista e ribelle.
E' chiaro che, a differenza di cio' che asseriscono alcuni storici e teologi, nella sua condanna a morte non ci fu errore giudiziario o equivoco per ignoranza. Tant'e' che quegli ordinamenti da lui scardinati vengono ripristinati ben presto da Paolo, pur di tenere in piedi l'accettazione del movimento cristiano. La base dei diseredati, a partire dalle donne, dagli schiavi e dagli emarginati, non accetta quella svolta conservatrice e istituzionale; ritorna alla illegalita'.
Cristo si poneva al di sopra della legge, rivendicando per se' l'autorita' di Dio. Ribadiamo che il comportamento, le tesi di Gesu', per la societa' in cui viveva e operava, erano ritenute criminali.
Sulla condanna a morte di Cristo si e' caricata la responsabilita' degli ebrei, saltando pari pari di considerare l'attenzione agli ordinamenti e alle leggi che vigevano presso quel popolo. Dal momento che Cristo, dopo un secolo e piu', veniva accettato in Occidente, Roma capitale, come il figlio di Dio, ecco che doveva diventare vittima innocente di un popolo "caparbio nel male".
Egualmente la predicazione di Gesu' era vista come azione sovversiva dai romani in appoggio agli zeloti, i ribelli organizzati della Galilea. Si sa, i principi fondamentali sui quali si regge ogni potere sono costanti: rispetto dell'autorita' costituita, rispetto delle consuetudini, della morale vigente, accettare la struttura gerarchica della societa' (ricchi da una parte, servi e schiavi dall'altra; le donne ferme nel loro spazio ecc.), rispetto per l'economia, il denaro e la sua circolazione.
Ma non dobbiamo pensare a Gesu' come a un severo asceta del deserto, tutto proiettato a fustigare i malcostumi e gli eccessi gaudenti, puntando il dito sui seguaci, imponendo loro di battersi il petto.
No, egli e' proprio il contrario di questo stereotipo: non c'e' mai l'ombra di ascetismo quando per esempio si siede a tavola. Lui dice ai seguaci: "Mangiate e bevete di quello che vi e' offerto" Lc, 10,7.
Nel suo comportamento crea sempre scandalo.
Tanto per cominciare digiunava pochissimo, non mangiava locuste e odiava ricoprirsi di pelli di capra, si lavava appena ne aveva l'occasione, in piu' si lasciava profumare da donne compiacenti.
Luca (5,33) riferisce che i maestri della legge facevano notare al Nazareno che i seguaci di Giovanni il Battista digiunavano spesso, cosi' pure i discepoli dei farisei. "I tuoi invece mangiano e bevono", senza alcuna moderazione.
Gesu' prese con se' un gabelliere di nome Levi; costui appena entrato nella comunita' degli apostoli organizzo' un ricco pranzo. I gabellieri erano socialmente al bando poiche' raccoglievano tasse su ordine dei romani. Il Maestro si faceva vedere spesso con loro e dormiva perfino nelle loro case.
L'operare di Gesu' e' visto come una festa nuziale dove lui e' lo sposo. "Quando io non ci saro' piu' allora i miei ospiti potranno digiunare. Ora siamo nel bel mezzo della festa, quindi brindiamo e gustiamo il pranzo".
Egli raccontava la parabola del banchetto identificandosi col festeggiato: "Andate dunque ai crocicchi delle strade e raccogliete tutti quelli che trovate e invitateli a questa festa. Allora i servitori andarono intorno e radunarono tutti quelli che incontrarono, buoni e cattivi, e la sala delle nozze fu piena di commensali".


http://www.alcatraz.it/redazione/news/show_news_p.php3?NewsID=2241

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