27.1.15

il rinnovamento della gestione Recchioni di Dylan Dog è entrato nel vivo

  ti potrebbe interessare
http://ulisse-compagnidistrada.blogspot.com/2015/01/il-cambiamento-di-dylan-dog-non-piace.html


Cari lettori \ letrici  fiossi od occassonali  rieccoci    a parlare  dopo   il post  precedente   ( vedi  url  sopra  )    ancora  del rinnovamento di  dylan dog  .
Il rilancio di Dylan Dog, l'indagatore dell'incubo ideato quasi trent'anni fa da Tiziano Sclavi, passa anche attraverso l'arrivo di un nuovo arcinemico. Stiamo parlando di John Ghost, un mefistofelico tycoon dell'alta finanza modellato sulle fattezze dell'attore Michael Fassbender.

 Per ridefinire l'universo di Dylan Dog, restituendogli la carica eversiva che lo aveva contraddistinto a cavallo tra gli anni Ottanta e i Novanta, la Sergio Bonelli Editore ha coinvolto i suoi sceneggiatori e artisti migliori. E tra questi ultimi non poteva mancare Daniele Bigliardo, disegnatore napoletano ( foto a sinistra ) 
infondere nel suo stile grafico un'impronta ancora più spettacolare, ricca di chiaroscuri e tocchi manieristici.
La sua nuova prova per "Dylan Dog" (nella foto sopra  la copertina) è già nelle  edicole  . Esso  s'intitola  "Al servizio del caos", una storia -- secondo ( da  cui  ho tratto le  foto    del post\  articolo d'oggi  ) repubblica -- ricca di riflessioni politiche e citazioni multimediali scritta da Roberto Recchioni, attuale curatore della testata nonché creatore di John Ghost. Bigliardo che, ancora 17enne, aveva esordito come scenografo per la compagnia teatrale Falso Movimento del regista Mario Martone, giunge quindi, con "Al servizio del caos", a una nuova maturazione artistica che passa attraverso un'impostazione iperrealistica di angolazioni, figure e paesaggi.
che, per l'occasione, è riuscito a infondere nel suo stile grafico un'impronta ancora più spettacolare, ricca di chiaroscuri e tocchi manieristici.
Tale  osservazione  , sembra essere confermarta  da  queste   tavole anticipatrici  del  n°341  prese  sempre  da repubblica  




La sua nuova prova per "Dylan Dog" sembra ad un primo sguardo ed analisi dele tavole ", una storia ricca di riflessioni politiche e citazioni multimediali scritta da Roberto Recchioni, attuale curatore della testata nonché creatore di John Ghost. Bigliardo che, ancora 17enne, aveva esordito come scenografo per la compagnia teatrale Falso Movimento del regista Mario Martone, giunge quindi, con "Al servizio del caos", a una nuova maturazione artistica che passa attraverso un'impostazione iperrealistica di angolazioni, figure e paesaggi.


La  quadratura del cerchio  è stata  trovata   ?  il  cattivo  Xabaras di Tiziano Sclavi  ha  trovato un erede  ? Mah  da  queste  anticipazioni sembrerebbe di si  , ma  per dare un giudizio completo aspoetto ,   appena mi rimprendo da  qiesto  C@$%O di  influenza  lo compro e lo leggo   cosi  vi sapro dire  .  Comunque  quel che è certo  ed  ormai assodato    che    con   questo nuovo  personaggio  il rinnovamento di Dylan Dog
 entra  nel vivo anche se, secondo me , si dovrebbero ancora  creare nuovi Personaggi secondari  o  quanto meno riutilizzare quelli vecchi  in maniera  nuova   anche attraverso flash back   quelli ormai scomparsi   .ed ilrinnovamento  (  snaturamento  secondo alcun fans  più accaniti  . Cosa secondo me   assente  , almeno dale storie lette  fin ora  )  e completo  ed  aspettiamo    di vedere   all'opera  i nuovi personaggi comprimari   cioè  l'ispettore capo Tyron Carpenter, nonché la sua assistente Rania Rakim  e  di scoprire   le oriini dela durezza    nei confronti di Dylan e  del suo mond del primo  e  l'apertura pragmatica del secondo  . 
Le ipotesi   sul nuovo personaggio  John Ghost,  fatte  da  www.comixarchivie.blogspot.com )   sembrano   in particolare  il primo  (  Orrore e raccapriccio nel mondo del fumetto. Il nuovo nemico di Dylan Dog è per caso bisessuale? )   in vogliare  alla  lettura    visto l'alto tasso di curiositàsuscitata  dalla  descrizione del  nuovopersonaggio   e  la  cantonata l'abbaglio preso  nel secondo  (   DYLAN DOG: SVELATO IL MISTERO DI JOHN GHOST! E' ISPIRATO A RAOUL SILVA, IL CATTIVO DI SKYFALL?! )
 Comunque       credo che farò come   


rimmarrò ad  aspettare  gli do  ancora    6 \  12  mesi   e poi   con grande rammarico    e  grande  dolore   dico addio  . Salvo   ripensamenti  , come nel caso di topolino  . In quianto  sto leggendo   poche   recensioni favorevoli  (  nuovi  fans  specialmente  e non dylan dogfili  che  chiedevano un rimnnovamednto   , un ritorno alle origini , un qualcosa di bastard  inside     )  e  molte  negative   (  per   lo  più da  vecchi   fans  poco inclini  al cambiamennto per  di più  ) .. Ora  ci si mettono  :   anche  l'invenduto  nele edicole   della mia  bidda   cittadina di  12\15 mila abitranti  frazioni comprese   ( se  su 10 copie     se  ned  vendevano  89  adesso se  ne vendono  due \quattro    e adesso    anche un esperto    come  Nicholas  Leggeri ( ma  sicuramente  dev'essere o qualche troll o qualcuno scomodo    visto  che  tutto  quello che trovo  cercando  con gooogle   su di lui   sono   post  cancellati  \  rimossi  da  fb    sulle pagine di Ubcfumetti   e /gadgetsfumetti   e  l'unico  che  gli da retta   e  il solito  www.comixarchivie,blogspot  in questo articolo.Mah   andiamo avanti e poi si vedrà  chi vivràvedra


solo con la memoria ed il ricordo di quel che è stato a 360° si evitano simili cose e che tali idiozie già condannate dalla storia ancora resistano emettano radic sempre più profonde



A pescidere dalla data d'oggi 27 gennaio  voglio non tanto ricordare gli avvenimenti dellla shoah e dei vari olocausti lo ho già fatto nei post precedenti ,  e  di  cui   non so   che  dire   se  non


 ma vorrei  invitare specie    le  nuove  generazioni   ad una riflessione .perchè il male ,  l'odio e  l'ignoranza  si  tali ev enti si nascondono dietro i più  èiccoli gesti  . Infatti  come si diceva nel titolo è a causa di anche a causa di un uso scriteriato ed imbecille , ecc della cultura che tali orrori si ripetono e ancora si mantengono in vita .
Riprendo la discussione ( in quanto ormai con i nuovi sistemi di massa blog e siti stanno diventando tutt''uno con i social network ) avvenuta   quyalche  giorno fa   fa sulla mia bacheca di facebook più precisamente https://www.facebook.com/redbeppeulisse1/posts/10206222977643324 e   nata  dal ricordo riemerso  improvviso   dai miei ricordi  ,     rivedendo   mentre   cercavo  materiale  in rete  sula  giornarta  della memoria    ditasle  scena del  film  Jona che visse nella balena  << un film del 1992 di Roberto Faenza, tratto dal romanzo autobiografico dello scrittore Jona Oberski intitolato Anni d'infanzia. Un bambino nei lager.  >> (  da  Wikipedia )
Ora     credo che sia più  colpevole  chi  come  disse    Tullia Zevi (1919-2011)   in quiesto  articolo  del  corriere della sera del 19\10\1994 presidente dell' Unione delle comunita' ebraiche italiane .   << trovo che sia di pessimo gusto manipolare testi musicali, travisando spirito e significato >>  .  Infatti   io  trovo  ,   addirittura  mi lascia indifferente   chi    fa  tali  "deturpamenti "  ( ovviamente  è un mio parere  personale  verso  tale  genere  musicale  )    per  giunta     poco originale   perchè  se  gli ascoltate  in seguenza    lo  si nota    ripresa  e rieleaborata   dalla versione di Morricone  
Infatti un conto   è  una  rielaborazione  musicale pessima o bella che sia  il gusto  è soggettivo  
( a  voi  ogni  giudizio i merito     alle  due   versioni  . La  prima   tratta  dal film    Jona che visse  nella bocca dela balena    ., la seconda   dalla versione dance      sotto riportate    ) 




 
   un altro  è  l'utilizzo  (  non so   se  viene ancora  nelle  curve   in quanto  ho  smesso  d'interessarmi a qual mondo    dall'età   22\23  anni  )  come supporto  ad ideologia malte   e  condannate  dalla  storia  . 

26.1.15

non esistono più i controllori di una volta che ti controllavano senza farsi sgamare

Infatti  mentre controllavo, qualche  giorno  fa   con   http://www.histats.com/ ,fa i risultati   di chi  avesse  visitato  questo   blog    con i motori di ricerca  e   da quale sito    ho scoperto  che  non esistono più i controllori di una volta che non si facevano sgamare ... ehm.. scoprire mentre ti controllavano . Infatti ,  all'interno dei risultati  è comparso   https://webmail.poliziadistato.it/ ..
Ora  che guardino pure ,   anche  tuttoi l'archivio ( sono  11  anni    di blog  )  nonn ho niente da nascondere i miei post e commenti n sia  sul blog  che  sui social   sono alla luce del sole non ho niente   nè di cui vergognarmi    nè da  nascondere 

Non temo l’iphone che ho con me, temo l’iphone che è dentro di me

 

 La tecnologia non si rivela solo uno strumento utile a renderci la vita più facile, è un modo per cercare e ottenere conoscenza, bisogna solo imparare a fermarsi

  di Maria  Fioretti 25\1\2015









Riconosco l’iPhone come naturale prolungamento del mio braccio. Immaginare una vita senza, sarebbe un po’ come immaginare una vita senza amore. Terribile.
Riconosco che effettivamente si sta creando una discreta confusione tra soggetto e oggetto, nel senso che non si capisce più dove finisca la tecnologia e cominci l’uomo.
Sommersi dalla necessità di amministrare e fronteggiare una massa di nozioni enormi, perdiamo lentamente la cultura dell’io, rinunciando al processo conoscitivo e prendendo per buono tutto quello che viene dalla tecnologia. Ma esiste realmente questa necessità di recuperare il valore del soggetto rispetto a tutti gli oggetti di cui non possiamo più fare a meno? Potrebbe essere necessaria nell’epoca contemporanea una critica alla ragione tecnologica? Il progresso ha portato ad un generale miglioramento delle condizioni di vita, ovviamente l’approccio allo sviluppo tecnologico deve restare critico, pena il rischio dell’uniformità sociale. I fatti e le informazioni si moltiplicano, di conseguenza anche i canali a cui accedere, i nuovi media gestiscono totalmente la nostra esistenza online. Siamo in pieno caos, in balia della relatività e dell’indeterminatezza, della confusione del pensiero e dei valori. Inevitabilmente destinati a non comprare più un libro o ad andare in edicola, neanche al supermercato.
Servirsi della tecnologia senza rinunciare alla razionalità è la certezza alla quale aggrapparsi nel macrocosmo di questo terzo millennio, gelido e arrogante, che ci vuole tutti in solitudine a fissare schermi luminosi. La vita quotidiana viaggia ormai ad una velocità precedentemente impensabile e questo ha determinato profonde conseguenze sul pensiero e sulla cultura in genere. Il dramma reale è come adattarsi a tutto questo, accettando i limiti della tecnologia, senza rinunciare alle nostre capacità.
Si dimostra sempre più complicato far capire alla nonna che non posso mettere via lo smartphone perché ho urgenza di rispondere ad una mail mentre sono a tavola, perché mia nonna risponde ancora e solo ai tempi della natura.
Esiste un profondo contrasto tra le infinite possibilità del mondo tecnologico e il nostro essere comunque umani, ci saranno sempre più elementi del progresso che ci completano e ci modificano. Dobbiamo essere continuamente elastici, capaci di adattare noi stessi a circostanze sempre più moderne.
Questo non è necessariamente un male.
La tecnologia non si rivela solo uno strumento utile a renderci la vita più facile, è un modo per cercare e ottenere conoscenza, bisogna solo imparare a fermarsi quando si è soddisfatti, quando si pensa di aver momentaneamente migliorato l’approccio alla realtà facendo uso di uno strumento, evitando la dipendenza.
Lasciare che la tecnologia ci prosciughi l’anima sarebbe sbagliato quanto negarne le potenzialità in quest’era di riproducibilità tecnica, la vita biologica con i suoi bisogni di chiarezza e di intellegibilità non deve perdere il suo valore, ma non deve fermarsi o peggio fare passi indietro. In sostanza viaggiare di pari passo, uomo e tecnologia, soggetto e oggetto, fino a contaminarsi, perché l’una non è più possibile senza l’altra, accelerazione delle percezioni, forme nuove di convivenza inevitabili e necessarie.

25.1.15

Ma  è possibile  che per   questioni di lana caprina   cioè  << Manca la firma autografa  in una mozione  >> ed  <<   In consiglio comunale non si parla di Olocausto >> . La  vicenda  è  sucessa  a  Monsampietro Morico (Morìco in dialetto fermano )  un comune italiano di 700 abitanti, della provincia di Fermo nelle Marche 

da   http://www.informazione.tv/it/Politica/ consultato il 25\1\2015 ore 20.50

Manca la firma autografa. In consiglio comunale non si parla di Olocausto


Monsampietro Morico. 
“Un cavillo burocratico ha fatto sì che il Consiglio Comunale di Monsampietro Morico dello scorso 22 gennaio sia stato uno dei più brevi mai tenuti nel piccolo comune fermano”. Inizia così la denuncia del gruppo “Partecipazione democratica”. Tre proposte dell’opposizione presentate via email sono state escluse dall’ordine del giorno per mancanza della firma, pur riportando chiaramente il nome dei consiglieri proponenti. Tra queste anche un momento di riflessione in occasione della Giornata della Memoria. Opposizione che ha reso tutti i documenti a riguardo pubblici, per far capire bene cosa sia accaduto.
Foto testoGli amministratori del gruppo Partecipazione e Trasparenza proponevano di approvare un regolamento per le spese di rappresentanza e di destinare parte dell’indennità del sindaco alla locale scuola primaria. Per lo stesso motivo, non è stato discusso un ordine del giorno di solidarietà per le vittime dell’Olocausto in occasione della Giornata della Memoria.
“Siamo sbalorditi da quanto accaduto - dichiarano i consiglieri di opposizione - Il fatto che il Consiglio Comunale non si sia espresso con un atto commemorativo per la Giornata della Memoria è molto grave. Nonostante la diversità di opinioni politiche, noi riteniamo che non si possa prescindere da un comune terreno di valori: per questo, nel nostro documento, chiedevamo ai consiglieri di maggioranza di sottoscrivere la nostra proposta. Questo non è avvenuto, e per mancanza del numero minimo di firme il documento non è stato neppure discusso. Sarebbero bastate le firme di tre consiglieri della maggioranza per garantire il voto su una questione su cui, ne siamo convinti, si sarebbe registrata unanime convergenza. Questa è davvero una brutta pagina per il consiglio comunale di Monsampietro Morico.” I consiglieri di opposizione hanno già provveduto a sottomettere nuovamente i documenti, che saranno discussi in occasione del prossimo consiglio comunale.




NIENTE RESSUREZIONI , PER FAVORE [ EGITTO ATTIVISTA UCCISA TRA LE BRACCIA DEL MARITO ]

Dolore nudo. Sgranato negli occhi. L'uomo sorregge un cadavere scomposto, ma già sa che non servirà a nulla. Siamo in piazza Tahrir, Egitto, un normale week-end di paura. Il marito dell'attivista che reclamava pane e giustizia, "né coi Fratelli Musulmani né con as-Sisi", leader d'un partito piccolo, di sinistra, è una Pietà a rovescio. 

Stavolta tocca a lui restare e piangere; a lui farsi madre di quella ragazza crocifissa, del suo idealismo inchiodato all'asfalto. E non vuol capire, pur se gli è tutto chiaro. L'assassinio non ha lentezza solenne dei quadri. Avviene un giorno qualunque, frastornato, assuefatto. D'assoluto c'è solo il dolore, la notte senza più il corpo amato, il viola dell'incomprensione. L'attimo atroce in cui il cuore può impetrare o sciogliersi in abbraccio. Su quel giovane vedovo piove oggi tutta l'impotenza del mondo. E il silenzio delle donne. Violenza millenaria, indifferente. Pigra..

                                                        © Daniela Tuscano

Primo Levi racconta la Shoah: "Meditate che questo è stato"e Eva Mozes Kor sopravvissuta a J.Mengele adotta Rainer Hoss il nipote del comandante del Lager in cui fu prigioniera

Come accennato  nell'ultimo post  "pre "   27 gennaio \  giornata della memoria  Non so cos'altro aggiungere in più  a tale argomenti , oltre a quanto scritto nei post precedenti  cercateli con le tag 27 gennaio , olocausto , shoah . Lascio quindi che a parlare sia uno dei protagonisti più noti di tale tragedia  Primo levi  ( 1919 - 1987 )



ma   soprattutto questa  storia   che   sotto riporto   dimostra  come  attraverso  il perdono  e  il dialogo    si possa  arrivaree  a chiudere una ferita ancora aperta   come testimonia  questa  foto





La bimba deportata ad Auschwitz che ha adottato il nipote del suo aguzzino

         Eva Mozes Kor nel lager di Auschwitz dove venne imprigionata con la sorella gemella




maurizio molinari
corrispondente da gerusalemme
23/01/2015


Eva Mozes Kor, sopravvissuta ad Auschwitz, ha deciso di adottare Rainer Hoss, nipote del comandante del lager. Quando aveva 10 anni Eva Mozes venne deportata dai nazisti ad Auschwitz dalla Romania, assieme alle sorella gemella. Una volta nel campo di sterminio, finirono nelle mani di Joseph Mengele, il dottore che eseguiva esperimenti sui detenuti e in particolare sui gemelli. Le bambine sapevano cosa le aspettava: se una delle due moriva, l’altra sarebbe stata uccisa. «Mi facevano fino a cinque iniezioni a settimana - ha raccontato Eva Mozes Kor ad una scolaresca dell’Indiana, dove andò a vivere dopo la guerra - iniettandomi ogni tipo di infezioni e malattie». La sopravvivenza di entrambe le bambine fu una miracolo e in Indiana Eva Mozes Kor decise di dedicarsi al perdono dei suoi aguzzini «per cessare di essere una vittima». 
Nel 1950 emigrò in Israele, continuando questa solitaria battaglia e nell’estate del 2013 ha incontrato ad Auschwitz un personaggio che la colpì per l’«estrema intelligenza». Si tratta di Rainer Hoss, nipote di quel Rudolf che era comandante del lager quando lei vi si trovava, impiccato dagli alleati nel 1946. Rainer ha rotto ogni rapporto con la famiglia d’origine nel 1985, dedicandosi ad educare le nuove generazioni su come «riconoscere e sconfiggere il Male del nazismo». Solo nel 2014 Rainer Hoss ha parlato in oltre 70 scuole tedesche. A un anno dall’incontro la sopravvissuta Eva ha chiesto al nipote del suo aguzzino se avrebbe accettato di essere adottato da lei, che ha superato gli 80 anni. Rainer ha accettato e la notizia sta facendo il giro del mondo. Ma Eva Mozes Kor precisa che «non sempre andiamo d’accordo” come nel caso del “perdono per i nazisti»: lei infatti non condivide la rottura di Rainer nei confronti della famiglia, vorrebbe che si riconciliassero «perché solo così ci possiamo davvero emancipare dal Male di Hitler».

24.1.15

Primo Levi e la lettera inedita: l’olocausto spiegato a una bambina

  Canzone consigliata 


  Lo so che  è ovvia  è.p scontata ma  non ne  ho trovate altre  di cosi incisive   più  pessimista della classica  di  Guccini    riportata  " per par  condicio  "


Lo so che precedentemente ( vedere  qui  il post ) fino al 27 gennaio mi avrei garantito il silenzio . Ma davanti a sifatto articolo , in cui viene spiegata in maiera cosi nintida e senza ipocrisie \ tabù inutili cosi sia la malvagitù e cosi sia stato l'olocausto , non ci sono riuscto . 


 Da  http://www.lastampa.it/2015/01/23/cultura/

“Piuttosto che di crudeltà, accuserei i tedeschi di allora di egoismo, di indifferenza, e soprattutto di ignoranza volontaria perché chi voleva conoscere la verità poteva conoscerla e farla conoscere”



monica perosino
Torino 
Gli avevo chiesto:come potevano essere così cattivi?  
A 11 anni, nel 1983, avevo appena finito di leggere Se questo è un uomo. L’avevo letto durante le vacanze di Natale, e riletto pochi giorni dopo l’Epifania. Ma restavano domande senza risposta: esiste la malvagità? 
Se questo è un uomo era nella lista dei libri da leggere stilata dalla professoressa di italiano, Maria Mazza Ghiglieno. Neanche lei, che pure aveva sempre le domande e le risposte giuste, poteva risolvere il dilemma. Così, spinta dalla logica senza curve di un’undicenne, mi parve ovvio andare alla fonte. Cercai l’indirizzo di Primo Levi sulla guida del telefono per chiedere direttamente a lui: perché nessuno ha fatto niente per fermare lo sterminio? I tedeschi erano cattivi?  
Nemmeno per un attimo pensai che stavo scrivendo allo scrittore di fama planetaria. Per me era «solo» Primo Levi e il suo libro era anche un po’ mio. Chiedere conto a lui mi parve la cosa più naturale del mondo. Lui doveva sapere per forza. Presi la mia carta da lettere preferita, zeppa di fiori e pupazzi, e scrissi una paginetta di lettere tozze. Già che c’ero lo invitai nella mia scuola. 
La risposta arrivò, datata 25 aprile, e non colsi subito la coincidenza fino in fondo. Il concetto di «ignoranza volontaria» non era la spiegazione che mi aspettavo. Io volevo sapere se il male esisteva. Smisi di rileggere la lettera tre anni dopo, l’11 aprile 1987, quando trovarono il corpo di Primo Levi nella tromba delle scale. Ero rimasta senza l’uomo che avrebbe potuto darmi spiegazioni. La lettera finì in un cassetto, assieme ad altre. Ora, 32 anni dopo, è rispuntata durante un trasloco, con tutte le sue risposte.

25/4/83
Cara Monica,
la domanda che mi poni, sulla crudeltà dei tedeschi, ha dato molto filo da torcere agli storici. A mio parere, sarebbe assurdo accusare tutti i tedeschi di allora; ed è ancora più assurdo coinvolgere nell’accusa i tedeschi di oggi. È però certo che una grande maggioranza del popolo tedesco ha accettato Hitler, ha votato per lui, lo ha approvato ed applaudito, finché ha avuto successi politici e militari; eppure, molti tedeschi, direttamente o indirettamente, avevano pur dovuto sapere cosa avveniva, non solo nei Lager, ma in tutti i territori occupati, e specialmente in Europa Orientale. Perciò, piuttosto che di crudeltà, accuserei i tedeschi di allora di egoismo, di indifferenza, e soprattutto di ignoranza volontaria, perché chi voleva veramente conoscere la verità poteva conoscerla, e farla conoscere, anche senza correre eccessivi rischi. La cosa più brutta vista in Lager credo sia proprio la selezione che ho descritta nel libro che conosci. 
Ti ringrazio per avermi scritto e per l’invito a venire nella tua scuola, ma in questo periodo sono molto occupato, e mi sarebbe impossibile accettare. Ti saluto con affetto
Primo Levi  



<< [...]  il male, quello vero, non esiste. >> come    dice di Ilenia Gullo  sul sito   http://www.orticalab.it

più  precisamente qui <<  Si maschera proprio sotto il falso spettro della superbia dell’egoismo, dell’indifferenza e della volontaria ignoranza in cui l’umanità, da sempre, continua a specchiarsi. Volontariamente o involontariamente, non importa.
A confermare questa grande verità, non sono io. È stato uomo di nome Primo Levi, in una lettera inedita, dimenticata e ripescata per caso in un cassetto, resa pubblica al mondo dal quotidiano “La Stampa” la scorsa settimana, scritta quasi 32 anni fa, il 25 aprile del 1983.
Come spiegare a Monica, una bambina di undici, che cos’è stato l’Olocausto? Come ammetterle l’esistenza del male? E che cos’è il male? Di chi è stata la colpa di tanto orrore? >> 

il caso della canzone Bella Ciao dimenticata \ rimossa dalla sinistra extra parlamentare e parlamentare ma famosissikma all'estero






  << PARIGI l'emozione di Bella Ciao è la resistenza della libertà d'espressione alla barbarie dei kalashnikov, ad Atene accompagna l'utopia populista di Tsipras, 
a Hong Kong scandisce l'opposizione alla Cina comunista, a Istanbul canta la rivolta contro l'Islam autoritario di Erdogan. >>

Solo in Italia da un paio d'anni Bella Ciao è all'indice, confusa per ignoranza e per bugie d'ignoranti divenute verità con Bandiera rossa e L'Internazionale , e mai cantata, come si dovrebbe, con l'alzabandiera del 25 aprile, ma trattata come un inno comunista, degradata da canto laico della liberazione e della concordia repubblicana a ballata dei trinariciuti, a manifesto del Soviet italiano.
 << E invece, nel mondo, la canzone della Resistenza ha fatto la sua resistenza, e ha vinto, anche contro se stessa. È infatti evasa dalla gabbia del braccio armato e del pugno chiuso con la forza della melodia tradizionale, con quelle due parole "ciao" e "bella" che sono le password della nostra identità, con i timbri e i toni che sono il meglio della leggerezza di Sanremo, con la dolce malinconia del bel fiore sulla tomba, e ovviamente con il partigiano morto per la libertà e non per "la rossa primavera" della falce e martello e neppure per il sol dell'avvenire della filosofia classica tedesca.>>
Insomma Bella ciao ce l'ha fatta a riaccendere le emozioni originariee    non solo   che la resero colonna sonora della guerra partigiana al nazifascismo, quando fu preferita a Fischia il vento , proprio perché, "era più ecumenica "e  di tutti   E la sua storia e la sua memoria "la accreditano come la canzone che unifica le speranze e le attese della democrazia" ha scritto Stefano Pivato in Bella ciao. Canto e politica nella storia d'Italia ( Laterza, 2005). Fu insomma la canzone delle forze politiche costituenti, tutte laburiste antifasciste e repubblicane, anche se in modi diversi e tra loro conflittuali, ma tutte Bella ciao: un fiore di montagna come educazione civica.>>
E per capire che è tornata ad essere un inno internazionale di libertà basta rivedere su Repubblica.it 


 ma  anche   su vari sociale     e siti  tutte quelle labbra che a Parigi scandiscono "Una mattina / mi son svegliato / e ho trovato l'invasor". Nessun professore comunista li dirige, nessun libro marxista li ispira quando fondono Bella ciao e La Marsigliese dondolando e mixando "sotto l'ombra di un bel fior" con gli evviva alla memoria degli artisti di Charlie Hebdo, e senza mai andare né fuori tempo né fuori moda. Ed è emozionante la compostezza del coro un po' stonato di Istanbul con tutti quei turchi che battono il tempo con le mani: "E se io muoio / da partigiano / tu mi devi seppellir " diventa resistenza al martirio di Kobane, agli arresti dei giornalisti, all'oscurantismo religioso. È un contagio che arriva sino ad Atene, si diffonde senza radio e senza Ipod, ricorda l'epoca euforica degli anni Sessanta: Bella ciao come i Beatles, il vecchio canto della libertà italiana come la musica dei progetti, delle illusioni e degli azzardi, il nostro fiore di montagna contro il terrorismo in Europa, contro la mortificazione delle donne in Turchia. E sorprende e diverte a Hong Kong la voce di un italiano contro la violenza di quel terribile mondo arcaico che è la Cina.

Certo, la storia di Bella ciao era già una specie di leggenda.  come testoimomnia  il dibattito  e  le la storia dele varie versioni  internazionali e non riportata  qui dall'ottimo portale http://www.antiwarsongs.org/ Agli inizi del Novecento fu il canto delle mondine nelle umide risaie attossicate: "Oh mamma che tormento / io mi sento di morir". E ci sarebbe persino una versione Yiddish incisa a New York nel 1919. Mille ricerche sono state fatte sul giro del mondo di questa canzone che è stata folk, ebrea, swing e tradotta anche in giapponese Ma, come accade talvolta in filologia, le ricerche riportano sempre al punto di partenza: Reggio Emilia, 1940. Nella geografia della memoria Bella ciao è infatti il luogo della Resistenza condivisa, il ritmo della lotta antifascista che fu comunista, cattolica e azionista, come la Costituzione.
Ed è, Bella ciao, come "la ballatetta" di Guido Cavalcanti, che "va leggera e piana" e "porterà novelle di sospiri ... quando uscirà dal core ". Il dolce stil novo sapeva già, prima del pop, che la canzonetta è una febbre musicale, e come l'acqua fresca sembra niente ma è tutto, e se c'è nebbia fa vedere il sole, e dà coraggio a chi ha paura. E, infatti, fischiettata o cantata in coro, Bella ciao ha sconfitto quell'altra Bella Ciao , spacciata per eversione e per rivoluzione. Insomma il fiore del partigiano fu, a torto, classificato, non come uno dei pochi canti della democrazia , ma come politica cantata, accanto agli inni del movimento operaio, "Su fratelli su compagni / su venite in fitta schiera", e alle canzoni dolenti degli anarchici, "Addio Lugano bella / o dolce terra mia", e all'orrendo inno che la Dc fece suo: "O bianco fiore / simbolo d'amore / con te la pace / che sospira il core". I comunisti risposero: "Il 25 aprile / è nata una puttana / e le hanno messo nome / Democrazia cristiana ".
Ecco, Bella ciao è un'altra storia, e sembrava che lo avessero capito tutti. La cantarono infatti Claudio Villa e Yves Montand, Gigliola Cinquetti, Francesco De Gregori e Giorgio Gaber, canzone impegnata e canzone scanzonata. Finché i leghisti al governo di alcune città del Nord (Treviso, Pordenone ...) proibirono di suonarla il 25 aprile. E Berlusconi, più potente, tentò di abolire la festa della liberazione dal nazifascismo sostituendola con la festa della liberazione da tutte le dittature. E gli pareva che "Forza Italia/ perché siamo tantissimi " fosse più nazionalpopolare di "È questo il fiore / del partigiano / morto per la libertà".
Le ha proprio viste tutte, la nostra Bella ciao . È stata persino stonata in tv da Michele Santoro dopo l'editto bulgaro che lo cacciava dalla Rai con Biagi e Luttazzi. In quell'Italia pazza la solita serva Rai arrivò persino al tentativo di festeggiare i 150 anni dell'Unità suonando  ( e  quasi a mettere  sullo stessso piano )   a Sanremo sia Bella ciao sia Giovinezza,   dove  fu spacciata per inno comunista attraverso il gioco della somiglianza- contrapposizione con l'apologia del fascismo, suonata per par condicio... Ebbene Bella ciao ha superato anche quell'oltraggio. E adesso che ha conquistato il mondo, forse riconquisterà anche l'Italia. Speriamo .  E la verita  e  non le  ....  boiate  della propaganda   "  Nazzarena   "   e non solo che rende  la verità  bugia  e  la   verità  bugia  ,  trionfi  .

Un topo di nome Dylan! Il numero 3094 del settimanale "Topolino", in edicola dall'11 marzo, conterrà la storia "Dylan Top - L'alba dei topi invadenti", parodia a fumetti del primo storico albo di Dylan Dog

    per  un riepilogo  

Cercando anticipazioni   e conferme  all'ipostesi   fatta  nel post precedente (  vedere  l'ulr  sopra  )   in cui riportavo  un ipotesifatta   sulla bacheca  fb  ufficiale  di   Dylan Dog   (   oltre  quelle  che  ho chiesto  in privato  ad  amici e  conoscien ze  che  lavorano sia in bonelliche  in disney  )     ho trovato   sulla  pagina uficiale  din topolino con  la  dictura   Non chiedeteci di più perché è ancora presto! 
il comunicato   del sito uufficiale de  http://www.sergiobonelli.it/

21 gennaio 2015
Un topo di nome Dylan!

Un topo di nome Dylan!

Il numero 3094 del settimanale "Topolino", in edicola dall'11 marzo, conterrà la storia "Dylan Top - L'alba dei topi invadenti", parodia a fumetti del primo storico albo del nostro Indagatore dell'Incubo.

L'avventura, nata da un'idea di Roberto Recchioni e Tito Faraci, nella migliore tradizione delle parodie disneyane, proporrà una versione "topolinesca" di Dylan Dog e più che brividi di paura sarà pensata per scatenare qualche risata. In occasione del Salone del Fumetto di Cartoomics (che si terrà a Milano nel mese di marzo), Panini Comics/Disney proporrà anche una versione variant dell'albo, che presenterà un'esclusiva cover dedicata a Dylan Top. Qui di seguito, vi mostriamo due immagini (in versione non definitiva), firmate dal disegnatore Paolo Mottura.



Tale non solo mi mette  ansia  e  curiosità  nel vedere  un parodia  di uno dei  fumetti  insieme  a  topolino     che  hanno caratterizzato  ( la mia  vita  fin qui ) .  Attesa  che sarà ,  come  credo  premiata   viste le parodie  ironiche  , sagaci e pungenti  e  quasi  mai  banali   della  disny  alcune delle  quali   sono ormai diventate  dei classici   del  fiumetto  .Ed  è grazie a d esse  che hi   scoperto e riscoperto  capolavori dela letteratura  . Con la  curiosità di vedere  come  Verrà  fatta   la parodia   di  un genere  horror -  triller   come dylan dog  in topolino  settimanale  per ragazzi fra i  8-18  anche se  ha  , sottoscritto  compreso  punte   di lettori   più  grandi  . Speriamo sia  all'all'altezza  come quelle  di Moby dick e  di  Dracula  .

Stamina, Vannoni chiede il patteggiamento

Leggendo  l'articolo    riportato  sotto     in cui si parla della decisione  di Vanoni  presidente di  Stamina Foundation   di patteggiare   Pensio  che  deve avere un buon avvocato se gli consigliano un a cosa del genere altrimenti a processo vero sicuramewnte sarebbe finita peggio per tale ciarlatano .


   nuova  sardegna del  23\1\2015


Stamina, Vannoni chiede il patteggiamento

Il presidente del contestato metodo di cura è disposto a fermare le sue attività in Italia in cambio di una pena di 1 anno e 10 mesi. Il gup di Torino, Giorgio Potito, valuterà la richiesta. Risposta attesa per martedì 27 gennaio




Davide Vannoni, presidente di Stamina Foundation

ROMA. Il presidente di Stamina Foundation, Davide Vannoni, ha chiesto il patteggiamento a 1 anno e 10 mesi: in cambio i legali sono pronti a ritirare il ricorso al Tar del Lazio contro il ministero della Salute e a fermare l’attività in Italia. Ora il pm Raffaele Guariniello dovrà esprimere il suo parere. Sarà il gup di Torino Giorgio Potito a pronunciarsi, martedì prossimo, sulla richiesta di presentata da Vannoni. Sul tavolo del gup, secondo quanto appreso, stanno arrivando anche le richieste di patteggiamento della maggior parte degli altri imputati. Con l'eventuale patteggiamento, le parti civili del processo potranno ottenere un risarcimento soltanto con un nuovo processo in sede civile.

Davide Vannoni, presidente di Stamina Foundation

A Torino Vannoni è imputato con altre 13 persone, fra i vari reati, di associazione per delinquere aggravata e finalizzata alla truffa. Secondo l'accusa, il padre del metodo Stamina capeggiava una banda pronta a tutto pur di fare quattrini: vantava brevetti mai ottenuti, orchestrava manifestazioni di piazza, trattava i pazienti come cavie, operava in condizioni lontanissime dagli standard di sicurezza. Nelle carte del processo è finita tutta la Stamina-story, dagli esordi nei seminterrati all'approdo agli Spedali Civili di Brescia. Anni di esperimenti, di carte bollate, di polemiche: ben 42 faldoni di documenti sulle cure somministrate a pazienti a Torino, Carmagnola, San Marino, Trieste e Brescia dal 2008 allo scorso agosto, quando l'attrezzatura e le cellule staminali sono state sequestrate dai carabinieri del Nas.

Chi l'ha detto che gatti e cani non vanno d'accordo? E chi ha detto che i gatti sono animali poco pazienti?

Cagnolini all'assalto del gatto più paziente del mondo

Chi l'ha detto che gatti e cani non vanno d'accordo? E chi ha detto che i gatti sono animali poco pazienti? Ecco un video che dimostra il contrario. È stato postato su Facebook ed è stato un successone. Povero gatto, guardate ;)



È nuorese la “rossa” della Fp Cgil che sfida il ministro su Twitter Il segretario nazionale Rossana dettori interviene sul riordino degli enti locali


da   http://lanuovasardegna.gelocal.it/regione/2015/01/23  

È nuorese la “rossa” della Fp Cgil che sfida il ministro su Twitter Il segretario nazionale Rossana dettori interviene sul riordino degli enti locali 


SASSARI. «Ma pensate che sia normale, mentre la gente fa un sit-in sotto Montecitorio su dissesto economico e servizi non più erogabili, che il ministro cinguetti che ci sono 1000 posti disponibili per la mobilità degli statali? Io penso di no, ma per sapere che succede è meglio procurarsi uno smartphone».
Non è certo una che si tira indietro Rossana Dettori, nuorese purosangue, emigrata a Roma per frequentare il convitto dell’Umberto I: «L’unico dove mi prendevano senza essere battezzata». E dove, dopo ha fatto l’infermiera professionale («la mia vera e unica passione») e ha iniziato il suo lavoro sindacale come delegata.
Una strada che l’ha portata lontana: nel 1994 è segretaria della Funzione pubblica Cgil di Roma Nord, nel 2003 diventa segretaria nazionale. Il 17 aprile 2010 diventa segretaria generale della categoria. «E quindi a quel tweet non potevo davvero non rispondere – scherza – come non posso non rispondere alle preoccupazioni della mia Sardegna, che ho sempre nel cuore, augurandole che il tempo che ha in più le serva a non combinare il pasticcio che stanno facendo a livello nazionale».
«Il problema – attacca Rossana Dettori – è che qui regna il caos. Il riordino territoriale poteva essere il banco di prova del Governo innovatore. Invece si sta rivelando il suo più clamoroso fallimento. C’è buio totale sul riordino delle funzioni, ma in compenso si vedono benissimo i tagli alle risorse (3 miliardi da qui al 2017), il caos per i 56mila lavoratori allo sbando e il divieto di prorogare i 2.500 contratti precari. Comunque le si vorrà chiamare le Province saranno scatole vuote, prive di risorse economiche e professionali. Non c’è nessuna garanzia per le professionalità in servizio di trovare una nuova collocazione che le valorizzi». «Sia chiaro – continua il segretario generale della Fp Cgil – noi non siamo assolutamente contrari né a un riordino né a una razionalizzazione delle spese. Ma bisogna cercare di tagliare dove c’è lo spreco, i doppioni, i poltronifici, le partecipate con più membri del cda che dipendenti. Se però tu fai fuori la ditta di manutenzione che mi cambia le lampadine nelle scuole, o tiene in ordine i termosifoni, e quando la lampadina si fulmina nessuno va più a cambiarla, allora non stai tagliando sprechi, stai tagliando diritti dei cittadini».
«Ci sono funzioni – spiega – che, soprattutto in Regioni come la Sardegna, vanno ripartite con enorme attenzione. Mettendole al riparo da un neo centralismo che mi auguro che non sia diventato il verbo imperante anche a Cagliari come lo è diventato a Roma. Centralizzare quasi sempre finisce per voler dire non fare, o fare peggio e a costi più alti. Strade, scuole, rifiuti, ci sono temi che invece vanno gestiti al giusto livello. E dalle giuste professionalità che non vanno mortificate».
«Parliamoci chiaro – continua Rossana Dettori – qui il problema non è il riordino degli enti locali, servito in un micidiale combinato disposto con la riorganizzazione della pubblica amministrazione, qui il problema è un disegno che va avanti da tempo. E che hanno portato avanti governi, almeno sulla carta, di colori diversi. Si tratta di un attacco continuo e violentissimo al lavoro pubblico in genere. E l’obiettivo finale di questo scriteriato attacco è il restringimento dell’ambito di intervento del pubblico per lasciare via libera al privato. La gente è arrivata a un tale punto di straniamento che considera il pubblico fannullone pur stimando dipendenti con cui ha a che fare ogni giorno, o che magari ha anche in famiglia. È una manovra. E, se serve, per fermarla, mi metto pure a twittare». 
                                          (g.bua)






anche un polpettone come ritorno a Could Montain ti tiene compagnia durante l'influenza

  Musica  consigliata   quando si guardano  film  d'amore  simili  è You Will Be My Ain True Love  in particolare  in   questas versione  
 
vi potrebbe  interessare

 Quando si è a casa  da quasi  una settimana  tutto il giorno per l'influenza oltre  a leggere , cazzeggiare al pc   e cercare materiale per il blog , guardo anche un po'  di tv  . Ecco  che ieri sera  ho visto  su rai3  Ritorno a Cold Mountain (Cold Mountain) è un film del 2003, basato sull'omonimo romanzo di Charles Frazier. La sceneggiatura e la regia sono di Anthony Minghella.
Nonostante  sia  un film  che abbia  ricevuto  numerosi premi ,  è stato il motivo principale   oltre a :  1) non riuscendo  fra una cosa e  l'altra  a vederlo   prima ., 2)  l'averlo  già  classifficato    come   si sarebbe  svolto  fin dal primo  promo  ., 3 la mancanza  di meglio in tv    che ha  influito  sulla  mia scelta    di vederlo  .  


Un film a metà tra un semi  polpettone cinematografico  e  un mediocre feulleton (I II  )   romanzo rosa .Una  dele poche  cose  belle  del film sono  le immagini e  le  musica  . Buona l'idea   ed   è quyesto che mi ha fatto resistere    nel vederlo fino alla fine   , nonostante  gli abiocchi   , di unire  tre storie \ tre  diverse fasi interiori  insieme in unica storia  .  Troppo cuore  e  poca mente  Forse dosando meglio anzi usandoli entrambi  gli elementi  si sarebbe  otteneuto qualcosa  in più  .  Voto 4.5  . ho  visto film  migliorima  in mancanza  d'altro   bisogna  accontentarsi di quel che passa il    convento      di quel poco che rimane    di quello che una volta  si chiamava    servizio pubblico televisivo

23.1.15

Il documentario di Hitchcock e Bernstein sull'Olocausto Fatto a partire da filmati girati dai soldati, archiviato per 40 anni, sarà pubblicato nel 2015

 musica  consigliata  Ballade No.1 in G Minor (Op.23)

Potrebbe interessarti   anche  questa  buona  news  apresa  proprio mentre leggevo  l'articolo di ètratto il post  d'oggi 


Anne Frank: il diario diventa un fumetto

 

 

E  con questo  post  si conclude  , salvo colpi di scena e  ripensamenti dell'ultima ora , la mia serie  d'articoli \  post  e ricerche  sull'olocausto 


Pero  prima oltre  i link    dei post  precedenti   una premessa 
con cui  mi preme    chiarire   spero  una   volta  per  tutte   : A )    a   chi  scrive  via email   sia  che  abbai letto i tag  manifesto blog  e   faq  ma   (  e sopratutto a   quest'ultimi  ) che   lo hanno fatto   .,B ) con chi  mi segue o saltuariamente o   chi  ha trovato per la  1  volta    uno più link  dedicati a tale  argomento  scritti in questi    11  di blog    nei motori di ricerca  o su  social     che
 1)   non sono  , nonostante  le mie posizioni   critiche  sulla  politica delo stato israeliano  ,  antisemita  e  contro il polopoo ebraico  . e le mie amicizie  iscrizioni a ( pur  non condivendone  in toto alcuen  cose  )   a  gruppi  come https://www.facebook.com/ProgettoDreyfus ed  avendo  fra i contatti-  amicizie   alcuni\e   dir eligione ebraica ed israeliani 
2)  non intendo  sminuire  l'olocausto ebraico   cioè la Shoah  che  è il  peggiore    fra gli olocausti  in quanto iniziato  primna   degli altri ed  quello che  ha  avuto maggiore  numero vittime   . Ma solo  evitare  i media e  i  siti  internet   compresi i social  facciano passare in secondo   piano  o  peggio tacciono    gli altri  Genocidi  . Infatti  :  <<  Con il termine Olocausto (con l'adozione della maiuscola), a partire dalla seconda metà del XX secolo, si indica il genocidio perpetrato dalla Germania nazista e dai suoi alleati nei confronti degli ebrei d'Europa e, per estensione, lo sterminio nazista verso tutte le categorie ritenute "indesiderabili" che causò circa 15 milioni di morti in pochi anni.Il termine olocausto viene principalmente utilizzato per indicare lo sterminio sistematico di milioni di ebrei da parte dei nazisti. In alcuni ambienti il termine olocausto viene usato anche per descrivere il genocidio sistematico di altri gruppi che vennero colpiti nelle stesse circostanze dai nazisti, compresi i gruppi etnici Rom e Sinti (i cosiddetti zingari), comunisti, omosessuali, malati di mente, Pentecostali (classificati come malati di mente), Testimoni di Geova, Sovietici, Polacchi e altre popolazioni slave (considerati nel complesso Untermenschen). Aggiungendo anche questi gruppi il totale di vittime del Nazismo è stimabile tra i dieci e i quattordici milioni di civili, e fino a quattro milioni di prigionieri di guerra. Molti Rom usano la parola Porajmos o Porrajmos («grande divoramento»), oppure Samudaripen («genocidio») per descrivere lo sterminio operato dai nazisti

Ora   dopo la  premessa lunga ma necessaria   veniamo al post  

da 
 http://www.linkiesta.it/documentario-hitchcock-olocausto


È il 1945 e le truppe inglesi, oltre a combattere contro i soldati tedeschi in Germania, hanno un altro compito: girare filmati dei campi di concentramento liberati. La richiesta è del Ministero dell’Informazione britannico, che vuole realizzare un documentario — di propaganda, pensato per i tedeschi e non gli inglesi — con cui mostrare alla popolazione la realtà dei campi di concentramento.

Già nel febbraio del 1945 il regista Sidney Bernstein è incaricato di occuparsi di questo lavoro: prendere i filmati che arrivavano dal fronte e trasformarli in un film. E Bernstein, conscio della mole e della difficoltà dell'opera, chiede aiuto dell’amico Alfred Hichcock e i due si mettono insieme al lavoro sul documentario. Bernstein si occupa della regia, mentre Hitchcock scrive uno script per accompagnare le immagini e lavora con i montatori per scegliere i filmati e trasformarli in una narrazione coerente.
Il progetto, però, viene presto bloccato. Nell’agosto 1945 i rapporti politici tra Regno Unito e Germania sono già cambiati e il Ministero degli Esteri (non più quello dell'Informazione) invece di calcare la mano sui campi di concentramento, preferisce percorrere la strada della riabilitazione del Paese.
Da lì in avanti, il film rimane fermo negli archivi del Imperial War Museum per quasi quarant’anni e conosciuto semplicemente per il suo numero d’archivio: “F3080”. Il film esce dagli archivi solo nel 1984, quando viene proiettato in una versione incompleta al festival del cinema di Berlino. Poi, nel 1985, il programma Frontline della della rete statunitense PBS acquisisce i diritti per trasmettere il film e lo manda in onda, esattamente come è stato trovato, intitolandolo Memory of the Camps. Il film è ancora incompleto: manca la sesta e ultima bobina di filmato e il soggetto scritto da Hitchcock non è mai stato registrato. PBS chiede allora all’attore Trevor Howard di registrare la traccia sonora e manda in onda il film senza video nella parte conclusiva, montando la voce di Howard sopra immagini statiche.
Il film andato in onda è quello che si vede qui sotto, in una versione archiviata sul sito Internet Archive.
Nelle scorse settimane l’Imperial War Museum ha annunciato di aver restaurato la pellicola, anche recuperando da nuove fonti il materiale mancante della sesta bobina del film, e che lo pubblichterà nel 2015 in occasione dei 70 anni dalla creazione del film. Il curatore del museo, Toby Haggith, dice che «la restaurazione digitale fa sembrare il filmato molto vivo [...]. Uno dei commenti che abbiamo sentito più spesso [nelle proiezioni private del film] è che il documentario è terribile e acuto allo stesso tempo».

Un  film \  documentario come testimonia  anche rai3   nella puntata  d'ieri  speciale  27  gennaio   de la grande storia    che ha mandato anche un doumentario  sulle  vicende  di  questo film    dove  è spiegato  , causa   guerra fredda  fra  Usa- Urss   il perchè     si ebbe solo  fino a  quasi  60 anni  fa   una versione edulcorata  e  non completa    del documetario  , anche  se  vista  la   suia  forza e le sue prove  schiaccianti   leimmagini furono usate  come prova  al  processo di Norimberga 

polemichè inutili sul vagone ferroviario in piazza casterllo a torino smorzate da ministro dei beni culturali Franceschini







Leggo oggi sulla pagina culturale ( la famosa pagina 160 ) dell 'ex televideo rai ora http://www.servizitelevideo.rai.it/ questa news

Il ministro dei Beni Culturali France- schini interviene sulla polemica nata per un vagone ferroviario collocato in Piazza Castello, a Torino, in occasione della mostra dedicata a Primo Levi. "Il significato simbolico e morale di un vagone piombato a memoria della de- portazione nei lager nazisti e del viaggio di Primo Levi è superiore mille volte a qualsiasi valutazione burocra- tica", dice Franceschini. Il soprintendente dei Beni architetto- nici del Piemonte,Rinaldi, lo aveva de- finito "un baraccone", concedendo di e- sporlo solo 15 Giorni."Serve a ricorda- re lo sterminio di 6 milioni di perso- ne",aveva replicato il sindaco Fassino.



Ora sono andato a cercami la notizia in questione   con google  è  trovato   l'origine dele polemiche .
  Da torino repubblica  del 21\1\2015



Omaggio a Primo Levi, ma il soprintendente "boccia" il vagone dei deportati

Collocato in piazza Castello su un angolo di Palazzo Madama, per il funzionario Rinaldi è "ingombrante", "estraneo alla piazza" e interferisce con la prospettiva


Fa discutere, prima ancora della sua inaugurazione prevista per questa sera, l'allestimento della mostra "I mondi di Primo Levi" ospitata da Palazzo Madama, in piazza Castello. Il vagone merci proveniente dal Museo Ferroviario che, sull'angolo del palazzo, farà da "sentinella" alla mostra simboleggiando i vagoni piombati della deportazione verso i lager nazisti, non piace al sovrintendente Luca Rinaldi. Che ha preso carta e penna e ha scritto al Comune di Torino lamentando una "collocazione ingombrante che risulta del tutto estranea alla piazza e interferisce con l'asse prospettico della città storica".



  dalla discalia  delle foto 
E' stato scoperto con una cerimonia suggestiva, nel buio di piazza Castello, il vagone simbolo dei viaggi della deportazione che apre davanti a Palazzo Madama la mostra dedicata a Primo Levi. Un simbolo contestato dal sovrintendente Luca Rinaldi che, sostenendo la sua estraneità al contesto della piazza e la sua caratteristica "ingombrante", ha scritto al Comune per manifestare la sua contrarietà a questa collocazione. Il vagone, che avrebbe dovuto restare fino alla fine della mostra (allestita sino ad aprile), sarà perciò rimosso tra un paio di settimane.
(Foto Francesco Del Bo)

le   altre le  trovate  qui nella  galeria  fotografica


Un'iniziativa che non ha mancato di destare qualche perplessità, visto che la piazza aulica ha di recente ospitato palchi per manifestazioni di ogni genere, il monumentale (ma assai deteriorato) Calendario dell'avvento di Luzzati, un gigantesco albero di Natale, chioschi e pagode per
kermesse ed eventi sportivi. Perplessità ma, almeno per il momento, nessuna polemica: gli organizzatori della mostra hanno accettato di esporre il vagone soltanto per un paio di settimane.In serata è arrivato un lapidario e sarcastico tweet

del consigliere comunale radicale Silvio Viale, eletto nelle liste del Pd, che ha scritto: "Vagone #PrimoLevi #Torino. Anche Auschwitz interferisce con asse prospettico del novecento".

Ora mi chiedo ma   che  ...  è  mai  possinbile   che     anche davant a tali eventi  commemorativi  (  coerenti o ipocriti  , sentii o forzati che siano  ne  ho parlato in un  precedente :   27  gennaio  Giorno della memoria  o giorno dell'ipocrisia  ?  io  ricordo  lo stesso  perchè ...      e  nn mi sembra il caso di ritornarci )  come quelli  del 27  genmnaio  sidobbiamo  fare la solita classsica polemica  all'italiana  cioè   fai del bene  e ti tirano le pietre    proprio come una famosa  canzone degli anni 60\70



Ma se  invece di  fare, lo dice  uno molto polemico,  polemiche inutili ed  sterili   su  una esposizione  ( bella o brutta  che sia   il  giudizio  è facoltativo  )  momentanea  perchè    vi concentrate  , non solo il 27  gennaio  o il 10 febbraio   , fate  anzi meglio intervenite   di più dal punto di vista   culturale  con iniziative  ed attiu  volti a far capire  alle  nuove generazioni o   ai  coloro che lo hanno dimenticato o  vogliono dimenticare  le motivazioni \  le  origini di tali abberranti eventi  che ancora oggi continuano a fare proseliti perchè portate avanti da alcuni vostri  colleghi. Perchè

e  qui  concludo  non sapendo  più cosa dire   , ma sopratutto  perchè  gli occhi stanno iniziando a lacrimare 

22.1.15

un altro motivo per vedere la fiction Gomorra Gomorra”, il basso che colpisce al... MUSICA “Gomorra”, il basso che colpisce al cuore lo suona un olbiese

dopo  aver  spiegato nel post  precedente      nonostante i tentativi d'edulcoranti di Fazio Gomorra è andata in onda sulla Rai     il  perchè  la  fiction Gommorra  ,mi stia prendendo  nonostante   dovrei essere  saturo ed assueffato  ai film sulle mafie  legendo il giornmale d'oggi   ho  trovato un altro motivo in più   per vederlo   anche  con rai relay   visti i tentativi di " depistaggio "  della rai

da  http://lanuovasardegna.gelocal.it/olbia/cronaca/  del 21\1\2015



Cristian Marras dei Mokadelic
Cristian Marras dei Mokadelic


.




Una serie, di cui si attende la seconda stagione, che è già un cult e che è stata venduta in quaranta paesi. «Quello con Sollima è stato un incontro particolare, quasi casuale – racconta Cristian Marras –. Tra una cosa e l’altra ci ha detto che tempo prima aveva comprato “Hopi”, un nostro disco autoprodotto. Lui è uno che fa molta ricerca. E così ci ha chiesto di fare la colonna sonora per Acab e più avanti quella di Gomorra».

A colpire dei Mokadelic, composti da Marras e altri quattro membri, è l’effetto prodotto dalla loro musica. «Noi puntiamo a trasmettere stati d’animo, emotività – spiega il bassista olbiese, che da tempo imbraccia anche il synth –. Siamo etichettati come band post-rock, ma con tante altre contaminazioni». Contagi anche minimalisti e rumoristi. Il top per cinema e tv. «Gomorra per noi è stata una grossa opportunità – continua il musicista di Olbia –. Abbiamo scoperto cose nuove. È un lavoro di costruzione ma anche di contestualizzazione del suono». Un lavoro che ha regalato grosse soddisfazioni a Cristian Marras e ai suoi compagni di avventure sonore, cioè Alessio Mecozzi, Alberto Broccatelli, Maurizio Mazzenga e Luca Novelli. Un gruppo, i Mokadelic, che negli anni ha collaborato anche con Niccolò Fabi e che ha scritto altre colonne sonore, come quella per Marpiccolo di Alessandro Di Robilant. Quando viveva ancora a Olbia, ai tempi del liceo, Cristian Marras suonava invece negli “Elle”, insieme agli amici di sempre Marco Marchesi, Fabio Alìas e Tore Desini.

La storia di Andrea, un laureato diventato clochard a 28 anni

Una laurea in giurisprudenza e un diploma al conservatorio, non hanno permesso ad Andrea di realizzarsi. Dopo aver perso il posto di lavoro in una società, il giovane di 28 anni si è infatti trovato in mezzo ad una strada e da quel giorno vive sotto i portici di piazza San Babila.



Andrea, 28 anni, un diploma al Conservatorio e una laurea in Giurisprudenza. Un ragazzo in gamba, rimasto orfano di entrambi i genitori, e senza alcun parente a cui potersi affidare. Tante difficoltà, ma molta più forza di volontà. Andrea si è sempre dato da fare, senza mai arrendersi ai grandi problemi
della vita. Ma, come tanti giovani italiani, non ha avuto la possibilità di realizzarsi. Dopo essersi laureato nel 2009 in Giurisprudenza alla Statale di Milano e aver trovato una occupazione in poco tempo, ha perso il lavoro da un giorno all’altro: “Laureato nel 2009, ho iniziato a lavorare a 20 anni in una società che produce cartucce filtranti per altre aziende, mi occupavo di contabilità: impiegato amministrativo contabile. Sono stato assunto da una multinazionale che mi ha affidato tutto il ciclo passivo della contabilità. Dopo 4 anni è fallita, e dalla sera alla mattina mi sono trovato senza lavoro”, ha raccontato Andrea a Il Giorno. Da quel momento, la sua vita è diventata una corsa contro il tempo, fino a che, finiti i risparmi e il contratto di affitto nella casa dove si era sistemato, il giovane si è trovato costretto a vivere sotto i portici di piazza San Babila, a Milano: “Vivo in strada da maggio 2014. L’aspetto più incredibile è che in strada riscopri gli istinti più primitivi: il primo pensiero è mangiare, poi coprirsi e dormire. Non in dormitorio, però. Lì non mi sento sicuro”.
Andrea però proprio non si arrende: sempre pulito, con barba fatta, capelli in ordine, cappotto e ventiquattrore alla mano, continua infatti nel suo intento di trovare un lavoro, e ogni pomeriggio si reca in biblioteca per mandare curriculum. Anche se le sue capacità, paradossalmente, sembrano essere un problema: “Nelle agenzie interinali mi dicono che ho troppe qualifiche per i mestieri che girano”.
http://milano.fanpage.it

"W Turetta" nei bagni di un liceo a Barletta, proteste degli studenti Manifestazione da parte degli alunni: "Scritta abominevole".

Ricevo email e commenti ( meno male che ho messo la moderazione 😢☠🤬🙉🐵🙊✍🏼🙄 ) in cui alcuni si lamentano perchè dedico troppo...