2.4.17

Caro anziano, “Ti leggo un libro”: Ollolai diventa un caso nazionale. Bray: "Bravi"

da la nuova sardegna 

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«Credo che questo progetto sia tra gli esempi più belli di realizzazione concreta del valore della cultura»

Caro anziano, “Ti leggo un libro”: Ollolai diventa un caso nazionale. Bray: "Bravi"
Successo dell’iniziativa promossa dal Comune nelle case degli anziani. La testimonianza: «Io sono pensionato e sentire le storie mi fa riflettere»

                                  di Michela Columbu




Stefania Corona legge un libro a un'anziana di Ollolai

OLLOLAI. È l’entusiamo di un anziano raggiunto telefonicamente che fa capire l’importanza del progetto che il Comune di Ollolai ha avviato da qualche mese. “Ti leggo un libro”, un’ora di lettura alla settimana, nelle case di persone sole, o ammalate, rappresenta infatti per quella fascia di popolazione più anziana una «vera e propria coccola spirituale e mentale» come l’ha definita Stefania Corona, la giovane operatrice culturale che con grande entusiamo ha sposato il progetto, impegnandosi affinché per ciascun anziano ciò rappresentasse veramente qualcosa di valido e interessante.







Un’idea nata per rafforzare la biblioteca, non tanto la sua frequentazione nei moderni locali che la ospitano, quanto la possibilità che i 17 mila volumi presenti all’interno, fossero come animati di vita propria e raggiungessero le case in un percorso al contrario. Gli utenti di una piccola biblioteca paesana, si sa, numericamente spesso si riducono solo a quella fascia di popolazione più giovane. In questo modo invece si ribalta l’assunto, e il centro non sono più gli scaffali pieni di libri, ma le case di Maria, Giua, Michele, Anna, Salvatore ultra settantenni che, finita l’ora di lettura non vedono l’ora che arrivi il prossimo appuntamento.
Un’idea semplice che riporta con la memoria ad immagini antiche, come quelle della famiglia radunata attorno al focolare domestico a sentire i racconti degli anziani.
«È importante prima di tutto conoscere la persona a cui si va a leggere un testo – spiega Stefania Corona –. Per Giua ad esempio è stato inevitabile scegliere raccolte di racconti sulla storia sarda, adesso infatti ne stiamo leggendo uno sul banditismo». «Cos'è il banditismo se non una mala sorte?» Commenta il protagonista a margine di una chiacchierata telefonica. «È bello che questa ragazza venga a casa a leggermi queste storie, est una cosa vona. Io sono solo e faccio la vita da pensionato, e sentire le storie di questi uomini sfortunati mi fa riflettere sulla vita». «Il progetto è iniziato un po’ a rallentatore. All’inizio ho incontrato un muro di timore – racconta ancora Stefania –. Soprattutto perché non c’è questa grande cultura del libro. Con il passaparola, piano piano si è diffusa la richiesta. Ancora non abbiamo grossi numeri di anziani ma è la qualità del servizio che rende la cosa interessante. Sono soddisfatti, incuriositi. C’è molta tranquillità e una piacevolezza, anche nel ricevere la visita, del resto per loro è uno svago. Intanto cerco anche di coinvolgere l’anziano. Scegliamo il libro. Poi parliamo tanto, prendiamo spunto da quello che leggiamo e mi rendo conto che è un’ora di serenità. Considero il libro un mezzo di comunicazione, lo utilizzo per interagire con loro».Ma grande entusiasmo per l’iniziativa è arrivato anche dalla diffusione che ha avuto la notizia grazie a numerosi canali mediatici. A raccontare di questo «straordinario fenomeno» è proprio Stefania Corona. «Mi hanno contattato da tutta Italia. Sia facendomi i complimenti che chiedendomi consigli a proposito. Sono stata invitata anche a un appuntamento culturale nella penisola, un festival della Fiaba per gli anziani, e ricevo ancora numerosi messaggi sui social. Sono stupita da tanta attenzione».
 








Fiaba per gli anziani, e ricevo ancora numerosi messaggi sui social. Sono stupita da tanta attenzione».

ALATRI, ANIMALISTI ESULTANO PER LA MORTE DI EMANUELE: "UN CACCIATORE IN MENO

Ora capisco che l'odio è presente nel mondo ed in tutti noi  come dice  questa leggenda    dei nativi americani  



 e che sta a noi decidere se fare come suggerisce Errico Malatesta in Diminuire il dolore umano (per quanto possibile)
o  continuare odiare .
Sia  che  scegliamo   l'odio  o  l'amore  , no dobbiamo  di smettere  d'essere  duri  senza  perdere  la  tenerezza  e  la pietà ed  il rispetto  verso  gli altri  anche nella loro morte  . Ed  è  questo che propongo oggi  .



  da    www.leggo.it   del  Giovedì 30 Marzo 2017, 13:10

C'è chi tira in ballo il karma, chi dice di non provare la minima compassione e chi addirittura esulta. Non ci sono solo reazioni di dolore e di sgomento di fronte alla morte di Emanuele Morganti. Il giovane massacrato in discoteca ad Alatri, infatti, aveva la passione per la caccia e la pesca. Lo dimostrano anche le foto che lui pubblicava sui social, e che non sono sfuggite nemmeno ad alcuni animalisti intransigenti e poco umani. «Non posso provare pena anche se l'hanno ucciso a 20 anni, era un cacciatore e anche lui ha ucciso prima di farsi fare la pelle», ha scritto una donna su Facebook. Non è un tono isolato tra diversi commenti sui social. Sotto le foto
del giovane, sotto gli articoli che lo riguardano, sotto ogni discussione sull'orribile delitto di Alatri, i commenti degli animalisti integralisti non si risparmiano e non si fermano nemmeno davanti al dolore per la morte senza senso di un ventenne.
Fra i primi ad accorgersene, gli admin del gruppo satirico Facebook 'Anche i vegani muoiono', che hanno scovato e pubblicato uno dei tanti post sul ragazzo - quello di Sarah, ad esempio, che alla foto di Emanuele sorridente mentre mette in bella mostra una carpa appena pescata commenta: "Emanuele è stato ucciso. Il pesce anche" -, dando vita a una vera e propria raccolta di screenshot agghiaccianti da parte degli utenti, ora impegnati a segnalare qualunque tipo di comportamento scorretto nel nome di Emanuele.

L'immagine può contenere: sMS

perchè  (  dal mio facebook  )



Francesca Stangoni Questi non sono animalisti. Questi sono coglioni
Mi piace · Rispondi · 6 · 20 h
Giuseppe Scano Esatto
Mi piace · Rispondi · 1 · 19 h
Sonia Oggiano · 14 amici in comuneO animali direttamente
Mi piace · Rispondi · 1 · 16 h
Giuseppe Scano Infatti Sonia Oggiano anche l'uomo è animale
Mi piace · Rispondi · 1 · 5 h
Sonia Oggiano · 14 amici in comuneMolto peggio...a volte....

ha  ragione    ormai è una guerra    senza  nè  vinti nè vincitori

Maria Caterina Piga Al mio via scateniamo la guerra tra poveri!!!!!! Carnivori contro vegani, animalisti contro cacciatori, bianchi contro neri, alti contro bassi..... E nel frattempo LORO ci incul....tutti!!!!!


Fanno pensare le frontiere svizzere chiuse perché dall’Italia «entrano troppi ladri» e i sindaci leghisti che rispondo affermando che «chiudersi non risolve i problemi». E se un giorno diventassimo davvero noi le vittime dell’intolleranza?

articolo interessantissimo di http://www.tvsvizzera.it/tvs/effetto-trump_la-svizzera-chiude-le-frontiere-agli-italiani--e-la-lega-s-incazza-/43075128

                                       (Keystone)

articlo interessantissimo di http://www.tvsvizzera.it/tvs/effetto-trump_la-svizzera-chiude-le-frontiere-agli-italiani--e-la-lega-s-incazza-/43075128
Fanno pensare le frontiere svizzere chiuse perché dall’Italia «entrano troppi ladri» e i sindaci leghisti che rispondo affermando che «chiudersi non risolve i problemi». E se un giorno diventassimo davvero noi le vittime dell’intolleranza?
È recente la notizia che il Canton Ticino chiuderà tre frontiere con le province di Varese e Como - con tanto di sbarre - per impedire fisicamente il passaggio dalle 23 alle 5, per sei mesi. La motivazione? Dall’Italia «arrivano troppi ladri». Curioso, no?
E altrettanto curioso è sentire i locali sindaci della Lega Nord - sì, quella delle frontiere chiuse, del No a Schengen e degli applausi al muro di Donald Trump tra Usa e Messico - indignarsi contro questa decisione: «È una cosa che non ha senso, la sicurezza non si ottiene blindando i confini», ha dichiarato al Corriere della Sera Christian Tolettini, sindaco di Colverde, già segretario provinciale del Carroccio in provincia di Como. «Gli svizzeri non devono scaricare a priori la responsabilità dei furti sugli italiani», chiosa il primo cittadino del comune frontaliero. Applausi.
Pesce d'Aprile in anticipo. No, ma potremmo comunque riderci su, fosse un caso isolato. Non lo è, però. Perché in quest’epoca impaurita e regressiva, di contrappassi è piena la cronaca recente. Chiediamo dazi per difendere le nostre produzioni e rischiamo di veder colpire il nostro export - l’unica cosa che tiene in piedi davvero la nostra economia - dalle velleità protezioniste dell’America di Donald Trump Malediciamo l’Euro, causa primigenia di tutti i nostri mali, e ci ritroviamo a tremare al solo pensiero che la Banca Centrale Europea cessi di comprare il nostro debito pubblico il prossimo anno. Ce la prendiamo coi migranti che arrivano a Lampedusa e ci indigniamo se qualcuno adombra solamente la possibilità che ai nostri migranti - pardon, expat - possa toccare la stessa moneta, con la Brexit.
A legare fra loro ognuna di queste piccole vendette del destino la medesima paura: e se il confine si spostasse un po’ più in alto, dal Mediterraneo alle pendici delle Alpi?Se ci ritrovassimo improvvisamente dalla parte sbagliata della frontiera? Se l’Italexit - o Exitaly, più bello - tanto agognata dai nostri sovranisti non fosse che questo, un giro di filo spinato o una sbarra lungo il confine che ci divide dall’Europa del Nord, ributtandoci mani e piedi nel Mediterraneo? Se dopo aver tentato invano di fare della Libia il nostro Messico e del Mediterraneo un muro, finissimo noi per noi per essere il Messico dell’Europa ?


Sarebbe  bello   cosi almeno capiremo    cosa  vuol dire  dare retta   e  accogliere  acriticamente   \  passivamente le politiche  xenofobe  e  populiste   della lega  e  simili   





essere il Messico dell’Europa?

L'elzeviro del filosofo impertinente

La realtà supera quasi sempre la fantasia.
Galeno e Ippocrate dedicarono la loro vita alla cura del paziente. Da allora sono trascorsi molti secoli, ma sono sicuro che oggi si rivolterebbero nella tomba vedendo un loro collega provocare consapevolmente dolore e sofferenza ai malati. È notizia di questi giorni quella di un importante ortopedico che procurava lesioni agli arti dei pazienti per poterli poi operare, e ricavarne dunque un buon ritorno economico. Ho letto che li ricuciva in modo tale da poterli riaprire a piacimento. I confini etici non esistono più e l'imbarbarimento della specie avanza sempre più spedito.
Un giudice assolve uno stupratore perché la donna non ha urlato abbastanza dopo la violenza sessuale. Ma vi rendete conto? E poi ci lamentiamo se in questo paese non solo aumentano i casi di violenza sulle donne, ma addirittura non si fermano i responsabili? Con una cultura così pervicacemente maschilista che sottomette quotidianamente la donna all'uomo, anche con il linguaggio, non possiamo aspettarci purtroppo nulla di positivo.
A Torino una coppia di fatto decide di affittare una casa ma non gli viene concesso. Motivo? La padrona di casa omofoba non affitta a due uomini innamorati! Permettetemi di dire che tutto questo mi sembra una cronaca di un altro pianeta. Non mi riconosco più in un'umanità così crudele che ha la sfacciataggine di dichiarare in continuazione di essere civile ed evoluta. Speravo, in cuor mio, che a forza di ripeterlo potevamo autoconvincerci di tali bugie, e di conseguenza comportarci davvero in modo civile. Benvenuti nel regno di Fantasilandia. A parole ci definiamo sensibili e caritatevoli, ma nella realtà siamo solo più frustrati e anaffettivi. Per carità, noi esseri umani non abbiamo mai brillato per bontà ma adesso la misura è colma. Socrate era profondamente convinto che la spiegazione delle nostre azioni malvagie risiedeva nell'ignoranza. L'ignoranza è una malattia da cui si può guarire ma occorrono grandi sforzi. Non bastano le leggi per favorire il quieto vivere, bensì una solida cultura del rispetto reciproco. Se poi però le leggi vengono interpretate ed applicate ad cazzum allora aveva proprio ragione Cesare Beccaria. L'autore di Dei delitti e delle pene (1764) sosteneva che i giudici emettevano le sentenze in base alla loro buona o cattiva digestione. Nulla è cambiato in tal senso. Sono stanco di vedere troppi impuniti, e il popolo vessato ed umiliato da soggetti che appartengono ad una casta che detiene il potere. Non si può vivere nella continua paura di uno Stato distante e padrone. Ciascuno di noi è un ingranaggio essenziale nell'apparato statale. Non siamo servi e non desideriamo padroni. Vogliamo solo sentirci membri attivi e importanti di una comunità e non ospiti di un circolo d'élite. Pertanto ben venga l'indignazione per un'ingiustizia e un diritto negato ma occorre prodigarsi per la salvaguardia non solo dei diritti che ci riguardano in prima persona, ma anche e soprattutto per quelli degli 'altri'. Questo è un diritto ma soprattutto un dovere!
"L'individuo critica la società, ma è la società che ha prodotto l'individuo. Questa contrarietà - perché non la si può chiamare contraddizione - è causa di moltissimi conflitti. La società, o quelle persone convenzionalmente dominanti che parlano in sua vece pensano che l'individuo esista solo per servirla. Ma che cosa mostruosa sacrificare tutte le parti viventi affinché un tutto nominale e meccanico possa continuare la sua cieca corsa!" (George Santayana).

Criap


® Riproduzione riservata

1.4.17

care donne italiane prende esempio da queste due donne marocchine che Umiliate , picchiate e vittime di continui maltrattamenti. si sono ribnellate e hanno denunciato il loro partner

Care  donne  italiane    
che non vi ribellate  e subite  in silenzio  prende   esempio da loro 

MANTOVA

Umiliate e picchiate. Ragazze coraggio si ribellano agli ex 

Entrambe marocchine e vittime di continui maltrattamenti. Alle connazionali: «Svegliatevi e denunciate, siamo in Italia»
MANTOVA. Ghis non smette di piangere mentre Madia le sfiora la testa con una carezza. « Dai basta, non fare così. Una soluzione la troveremo, altrimenti ce ne andiamo via da Mantova ».Trentatré e trentuno anni, entrambe marocchine, in Italia da 9 e con un lavoro stabile: colf e badanti.Da alcuni mesi, però, la loro vita è diventata un inferno, per colpa dei rispettivi ex compagni, amici tra loro, alleati nel tormentare le due ragazze che hanno voluto troncare un rapporto fatto di prepotenze, botte e insulti.Ma ad un certo punto hanno detto basta. Stop con un passato che vogliono dimenticare e che le sta mettendo in enorme difficoltà anche sul lavoro, nella vita privata, nelle amicizie e nei rapporti con i vicini di casa.La settimana scorsa Ghis è finita al pronto soccorso (10 giorni di prognosi per calci e pugni) dopo che il suo ex aveva sfondato la porta di casa e l’aveva aggredita. A Madia, invece, l’ex ragazzo ha scagliato la bicicletta addosso in pieno centro e continua a tempestarla di telefonate.Due episodi deprecabili, gli ultimi di una lunga serie. La classica goccia che ha provocato la reazione.Entrambe si sono rivolte alle forze dell’ordine e ora chiederanno aiuto anche a Telefono Rosa. Hanno due figli piccoli a testa e qualcuno va già a scuola. «Temiamo anche per loro, perché i nostri due ex vanno a dire in giro cose molto spiacevoli e umilianti nei nostri confronti. Ci sentiamo osservate e giudicate solo perché abbiamo deciso di ribellarci a questa condizione inaccettabile».Una ribellione che passa attraverso una denuncia pubblica: «Ci rivolgiamo anche a tutte le nostre connazionali che vivono una brutta realtà come la nostra e che non trovano il coraggio di denunciare chi le maltratta. A loro diciamo di svegliarsi, di combattere, di lottare, perché anche noi donne marocchine abbiamo dei diritti. Siamo in Italia da 9 anni e finalmente abbiamo capito come funziona».Ghis e Madia raccontano che ormai non riescono più a lavorare con serenità, perché quando escono di casa si sentono seguite, sorvegliate e pedinate. «Ci hanno anche minacciate, perché vogliono tornare insieme a noi. Ma noi gli abbiamo spiegato che non si torna più indietro, che abbiamo commesso un errore una volta a scegliere le persone sbagliate e non vogliamo sbagliare ancora. Gli abbiamo anche detto che siamo in Italia e che non ci possono trattare come certi uomini trattano le donne marocchine nel nostro paese d’origine».Quello delle due ragazze è un appello pubblico mosso dalla disperazione: sanno che il loro gesto potrebbe anche provocare reazioni contrarie, «ma peggio di così – dicono – non può andare». E sono talmente scosse da aver già progettato di scappare da Mantova, dove tuttora vivono i loro due ex, perché la città ormai è diventata troppo piccola.Ferite fisiche e mentali. Ghis porta ancora sul corpo i segni dell’ultima aggressione di una settimana fa, Madia continua a ripetere che la sua è più che altro una sofferenza mentale, psicologica che le fa dire addirittura che forse avrebbe preferito «due sberle ed è finita lì» rispetto ad una persecuzione che dura da mesi e che le è entrata «nella testa e nell’anima».Segnalazioni alle forze dell’ordine ne avevano già fatte in passato e tra pochi giorni andranno hanno in questura per formalizzare l’ammonimento nei confronti dei due ex compagni.«Non abbiamo paura di quello che ci potrà succedere – concludono – perché ormai questa non è più vita. Ci sembra di impazzire, non è giusto, non abbiamo fatto nulla di male. Così come non hanno fatto nulla di male tutte quelle donne maltrattate e picchiate da mariti e fidanzati. Svegliatevi  Svegliatevi ragazze e ribellatevi, siamo in Italia».

ragazze e ribellatevi, siamo in Italia».

ma un algoritmo di fb sa riconoscere un nudo volgare da uno artistico o storico ? sembra di no visti i continui casi di cancellazione e poi ripristino



  secondo me no  peccato  non poter  fare la stessa domanda   a M.Zuckerbeg  in persona 

  leggi anche 



Facebook prima censura il nudo d’arte esposto alla mostra di Gorizia, poi si scusa
Ordinata la rimozione della grafica che sulla pagina Fb dei coorganizzatori illustrava l’evento alla Biblioteca Statale. Venerdì 31 marzo il dietrofront: scuse e ripristino della foto nell'album.di Margherita Reguitti, Lillo Montalto Monella

AGGIORNAMENTO
: Una chiamata dai responsabili della comunicazione di Facebook in Italia, nella mattina del 31 marzo, ha chiuso il caso della "censura" alla grafica giapponese in mostra a Gorizia con le scuse da parte dell'azienda di Menlo Park e il ripristino della foto.
Lo screenshot del messaggio Facebook...
L'opera d'arte che ha per soggetto un nudo femminile raffinato ed elegante, esposta alla Biblioteca statale isontina nella mostra "Segni e cromie: incontri. Esperienze grafiche contemporanee in Giappone e in Italia ", allestita in collaborazione con l'Associazione nazionale incisori contemporanei, ha infatti trovato di nuovo posto nell' album Facebook da cui era stata rimossa qualche giorno prima."La foto era stata rimossa per errore, ma ora è stata ripristinata. Il nostro team esamina milioni di segnalazioni ogni settimana, e a volte commettiamo degli sbagli, come in questo caso. Ci siamo scusati per l’inconveniente causato", ha scritto al Piccolo un portavoce di Facebook.L'immagine al centro della contesa. La censura era scattata per «la visualizzazione di immagini di nudo a tutela della comunità globale particolarmente sensibile a questo tipo di contenuti per via della loro cultura o età» (così si legge al link "standard comunità") su una grafica eseguita con tecnica alla maniera nera di cm 36x20.L'opera è di grande fascino. La morbida pelle della giovane donna emerge nella potenza della sua bellezza orientale in una visibilità piena e indiscutibile dallo sfondo scuro e opaco. Il gioco di ombre sul corpo cattura chi guarda. «Sono rimasto allibito», ha spiegato Luciano Rossetto, presidente dell'associazione coorganizzatrice della mostra (allestita prima di Gorizia in varie sedi in Giappone): «Avevo inserito su Fb la locandina e alcune immagini fra le più significative per bellezza e perizia esecutiva. Prima di inserire il nudo ero però andato a controllare i termini di pubblicazione e avevo trovato che vengono specificatamente autorizzate quelle di opere d'arte. Ciò mi aveva tranquillizzato».Il direttore: una reazione sciocca e spropositata. Il presidente dell'associazione: opera di bellezza significativa, sono allibito.
Il direttore: una reazione sciocca e...
 Foto: Bumbaca
Ma Facebook aveva imposto una procedura guidata, neppure tanto semplice, per la rimozione del contenuto non consono né rispettoso della morale della comunità globale. Forse i censori della rete non hanno trovato negli archivi il soggetto incriminato, trattandosi di opera contemporanea.Il 12 aprile Takeshi Katori sarà alla Galleria d'arte "Mario Di Iorio" con altri artisti giapponesi e italiani per il finissage dell'esposizione e certo si parlerà anche di rapporto fra arte e social, ma anche di dove situare il confine fra arte e pornografia. Intanto qui si può scaricare gratuitamente il catalogo della mostra e si possono apprezzare tutti i lavori; nudi femminili e maschili inclusi, senza censure.
Le controversie passate: dalla Sirenetta al Nettuno. Facebook non è nuovo a episodi di “censura” nei confronti di opere d’arte, siano esse dipinti del passato, monumenti o fotografie che hanno fatto la storia. Anzi, la lista si allunga di giorno in giorno. 
È capitato di recente alla statua del Nettuno di Bologna , ma anche all’iconica
Sirenetta di Copenaghen : immagine rimossa per via di «eccessiva nudità o connotazioni sessuali». Sotto la scure dell’algoritmo è caduto il dipinto “L’origine del Mondo” di Gustave Courbet (1866) ma anche la più famosa foto della guerra del Vietnam, quella della piccola Kim Phuc che correva terrorizzata (e nuda) dopo un attacco al napalm. Un episodio, quest’ultimo, che aveva spinto il più grande quotidiano norvegese, Aftenposten, ad inviare una lettera aperta a Mark Zuckerberg in cui la piattaforma veniva accusata, così facendo, di «promuovere la stupidità e non riuscire ad avvicinare tra di loro gli esseri umani».La causa, sposata allora dal primo ministro Erna Solberg, spinse la chief operating officer di Menlo Park, Sheryl Sandberg, a scusarsi: «Si tratta di decisioni difficili che non sempre indoviniamo. Anche quando gli standard sono molto chiari, analizzare milioni di post caso per caso ogni settimana è una sfida». Esistono siti come Online Censorship che permettono di segnalare simili casi di censura non solo su Facebook, ma anche su altri social network per un’analisi profonda del fenomeno e del suo impatto sull’umanità.  

Nudo d'arte, Facebook prima lo censura poi si scusaGorizia. Facebook ha rimosso un'opera d'arte che ha per soggetto un nudo femminile raffinato ed elegante, esposta alla Biblioteca statale isontina nella mostra "Segni e cromie: incontri. Esperienze grafiche contemporanee in Giappone e in Italia". Qui l'articolo che racconta tutta la vicenda

Episodio dopo episodio, le policy della piattaforma si sono nel frattempo evolute e ora consentono, almeno in teoria, la pubblicazione di “dipinti e sculture”. 
L'esperto: Facebook preferisce intervenire in via preventiva. Il problema, secondo Giovanni Boccia Artieri, presidente della Scuola di Scienze della comunicazione dell’Università degli Studi di Urbino Carlo Bo, è che «Facebook ha le sue linee guida dichiarate, ma preferisce rimuovere più immagini possibili in maniera preventiva, salvo poi analizzare i singoli casi successivamente, piuttosto che correre rischi». 
Il blocco avviene quando un’immagine viene segnalata da un utente oppure tramite algoritmo. «Da quello che so il team di moderatori - un esercito che Repubblica stima annoveri oltre 100mila persone in tutto il mondo (ndr) - agisce ex post. Non passa le giornate a girare su Facebook alla ricerca di immagini non consentite». Nel dubbio, dunque, si provvede alla rimozione e all’eventuale ripubblicazione della foto una volta verificata la segnalazione. Diverso è il caso dei gruppi Facebook che inneggiano a violenza o odio razziale. «Qui il confine molto sottile e ha a che fare con la libertà di espressione», conclude Boccia Artieri. «Talvolta chiuderne uno considerato “al limite” può essere visto come censura. Ma un seno nudo è sempre un seno nudo per l’algoritmo». 
La prima risposta di Facebook. Poco può fare il quartier generale milanese di Facebook, una sede con mere responsabilità di marketing e promozione del brand: interrogato in merito dal Piccolo nella serata del 30 marzo, non ha potuto fare altro che “girare” la segnalazione a chi di dovere. La mattina dopo, però, è arrivata la buona notizia: la foto verrà ripristinata, con tanto di scuse del colosso social alla "piccola" Biblioteca statale isontina. 


quando i cazzi degli altri sono cazzi tuoi , Mantova Agguato fuori da scuola: pestato dai bulli a 14 anni



agazzino aggredito nel sottopassaggio: «Dacci i soldi e le sigarette». Poi le botte. Perseguitato da mesi finisce al Poma con la costola rotta. La madre chiede più controllidi Giancarlo Oliani


Bullismo, lettera da Mantova:"Tutti guardavano, nessuno è intervenuto"Giovedì 2 marzo, ore 15, piazza Mantegna. Un quindicenne viene pestato da tre ragazzi. I passanti guardano, rallentano per osservare meglio, ma nessuno si ferma ad aiutare la vittima. Solo una una signora difende lo studente. Questa è la lettera che la donna ha inviato alla Gazzetta di Mantova (a cura di Tecla Biancolatte)Leggi "Parli con la mia ragazza?", pestato dai bulli del bus
MANTOVA. Stava raggiungendo la fermata dell’autobus quando due ragazzi lo hanno bloccato. «Vogliamo soldi e sigarette. Fai alla svelta, non abbiano tempo da perdere...». Lui, quattordici anni, al primo anno dell’Istituto Vinci, ha tentato di ribellarsi a quel sopruso. Ma la reazione dei bulli è stata devastante. Una violenza bruta, che gli ha causato una lesione costale. Il quattordicenne è stato colpito su tutto il corpo. Senza tregua. Colpito da un calcio al torace è riuscito a rimanere in piedi con un dolore lancinante. La mano, con la quale ha cercato di proteggersi, ha subito una lesione.
Lo spot contro il bullismo degli studenti della Scuola di Cinema di Milano divenuto virale in rete7,8 milioni di visualizzazioni, oltre 225mila condivisioni e 47mila like in meno di due giorni. E’ l’incredibile successo ottenuto da un breve spot contro il bullismo girato dagli studenti del terzo (e ultimo) anno della Civica Scuola di cinema Luchino Visconti di Milano
Tornato a casa, non ha avuto il coraggio di raccontare ai genitori l’accaduto. Ai medici del pronto soccorso ha raccontato di essersi fatto male durante una partita di calcetto. Ma poi la verità è venuta a galla. Il ragazzo era già stato ripetutamente vittima di bullismo dall’inizio dell’anno scolastico, anche se in questa occasione ha detto di non aver riconosciuto gli aggressori: non è detto, dunque, che si tratti di compagni di scuola. La mattina del 31 marzo la mamma si è presentata in questura e ha denunciato l’episodio chiedendo un maggiore controllo da parte delle forze di polizia.
"No al bullismo" il video dei bambini delle scuoleUn fenomeno in aumento anche fra i banchi che nel video spot viene raccontato dalle parole semplici dei bambini. E i giovani studenti non si limitano a condannare chi "fa male a chi è più debole" e chi "non fa giocare gli altri". "Bisogna aiutarlo e fargli capire che non si fa". “È stato scelto lo strumento video- dicono i responsabili di Rete Sol.Co - perché possa essere diffuso in Rete, accessibile ai bambini che navigano ma anche alle famiglie e agli educatori, perché si comprenda che il bullismo è dietro l’angolo e può entrare nella vita di tutti”.
È l’ennesimo e inquietante episodio di bullismo che avviene in città. Accade nella giornata di martedì 28 marzo poco dopo le tredici. A quell’ora Paolo - è un nome di fantasia - esce dall’Istituto Vinci per raggiungere la fermata dell’autobus ai Due Pini. Percorre il sottopassaggio ma, una volta fuori dal tunnel, si trova di fronte a due giovani, parzialmente travisati. Gli chiedono soldi e sigarette. Ma lui non fuma e non ha nemmeno soldi perché porta a scuola il minimo indispensabile per non essere derubato. Vigliaccamente il quattordicenne viene aggredito e picchiato con violenza inaudita su tutto il corpo. Un calcio gli provoca una lesione costale. La sofferenza del ragazzino non si ferma qui. Nelle ore successive deve fare i conti con la paura e la vergogna di quello che ha subito.
Bullismo, la campagna con i campioni dello sport. Cucinotta: ''Io vittima, ragazzi denunciate''Parte la campagna nelle scuole organizzata dall'Osservatorio nazionale bullismo e doping. La nuova iniziativa ha come obiettivo quello di portare i campioni dello sport nelle scuole d'Italia per incontrare e parlare con gli studenti. L'evento è stata anche l'occasione per presentare il cortometraggio dal titolo ''Il compleanno di Alice'', che vede alla regia Maria Grazia Cucinotta e che ha come tema centrale proprio quello delle molestie tra i più giovani.Video di Angela Nittoli
«È tornato a casa - racconta la mamma - lamentando un dolore al torace (che nel frattempo si era gonfiato). Siamo andati al pronto soccorso di Mantova e anche lì mio figlio non ha detto la verità. Siamo rimasti fino alle tre di notte e poi tornati con sette giorni di prognosi. Ma quella stessa notte il mio bambino ha ceduto. È venuto nella mia camera e mi ha raccontato com’erano andate le cose. Siamo tornati in pronto soccorso e questa volta non ha nascosto nulla. Lunedì dovrà sottoporsi a nuovi esami perché c’è il sospetto che i calci che gli hanno sferrato possano aver provocato una frattura costale». «Servono azioni concrete - commenta la mamma con la voce rotta dalla commozione - Non posso pensare che ogni giorno mio figlio sia a rischio».

Modena, nonna Desdemona va dal Papa, a 103 anni fa l’autista per don Gregorio Ha appena rinnovato la patente per altri quattro anni guida spesso e porterà il popolare monaco da Papa Francesco

  non sempre  ci sono vecchi  rincoglioniti

ecco la storia  di nonna Desdemona che  ha  103  anni  e  guida  l'automobile  storia   tratta    da http://gazzettadimodena.gelocal.it/modena/cronaca del 01 aprile 2017  è  non è un scherzo di  primo aprile  




di Carlo Gregori

MODENA. «Vado a Carpi da papa Francesco con una donna di 103 anni. Pensa, io e lei insieme. Che emozione!» Ascolti don Gregorio Colosio, il più famoso monaco modenese, lo vedi gesticolare entusiasta a 78 anni e lo immagini scendere dal suo immancabile scooter e accompagnare in auto un’anziana per fare un gesto caritatevole. In realtà, è il contrario. Sarà una donna di quasi 103 anni lucidissima e arzilla, intelligente e spiritosa, a dare un passaggio al monaco. Domenica mattina lo porterà a Carpi. Guiderà la sua auto per cercare di incontrare il Santo Padre. Non chiamatela “nonna sprint”, sicuramente se ne avrebbe a male. E avrebbe ragione. Desdemona Lugli è tutto tranne che la classica vecchietta. Nonostante l’età, è completamente indipendente e vive da sola con la sua gatta Titti in un piccolo appartamento di via Scanaroli, pulito curato e ben arredato.
Desdemona esce dal garage al volante della sua fiammante Mazda 2 comperata sei anni fa.




Modena: in auto con nonna Desdemona, 103 anni, pronta per andare da Papa FrancescoEcco le immagini di nonna Desdemona Lugli 103 anni da Modena. Si dice orgogliosa di poter guidare senza alcun problema. Il 2 aprile ha offerto a Don Gregorio un passaggio per andare insieme a Carpi per assistere alla messa solenne di Papa Francesco. Ecco la sua storia in viaggio con lei. Video di Gino Esposito

{}«Gliel’ho benedetta io!», esclama orgoglioso don Gregorio. E il monaco benedettino la guarda divertito avanzare in retromarcia. «Guida molto bene. Mi sento sicuro con lei». Desdemona sorride. «La patente mi scade tra poche settimane – racconta l’ultracentenaria – ma l’ho appena rinnovata per altri quattro anni. Potrò guidare almeno fino quasi a 107 anni». Lei al volante, don Gregorio accanto e una badante sul sedile posteriore. La badante è solo un simpatico escamotage per arrivare più avanti possibile a contatto col papa: sarà l’accompagnatrice di Desdemona, anche se non ne ha proprio bisogno. Come ha bisogno del bastone fino a un certo punto, anche se è ormai gracile: lo tiene per compagnia e c’è da giurare che lo sa brandire contro i malintenzionati. Quando si fa la solita domanda sul segreto della longevità, risponde: «Niente primi piatti, un pranzo sostanzioso e tanta cioccolata. Vado pazza per la cioccolata!», confessa. Più fortunata di così: abita vicino alla fabbrica Dolcem ed è anche amica dei titolari. «Vorrei arrivare davanti, di fronte a papa Francesco. Vorrei toccargli la mano. È un grande, è una persona democratica, è attento ai poveri», dice questa donna mai sposata che tra le foto racchiuse nelle cornici d’argento ne ha messe alcune coi volti di papi. «Sono cattolica da una vita intera». Desdemona è nata il 25 agosto 1914. «In quei giorni stava scoppiando la Prima Guerra Mondiale. Ricordo ancora nel 1917 dopo Caporetto – avevo tre anni - quei poveri soldati che erano arrivati fin qua e mi prendevano in braccio. “La putina”, mi chiamavano i veneti». Desdemona è cresciuta in casa di uno zio facoltoso fino alla maggiore età. Poi lo zio è fallito e lei, appena diciannovenne, è dovuta andare a Roma da una parente cercando fortuna. «Avevo il diploma scolastico – racconta – e sono riuscita a farmi assumere al Viminale. Sono stata una delle prime funzionarie del Ministero dell’Interno a occuparsi di stupefacenti. C’era già tanta “polvere”. Ma tanta cocaina! Me ne sono occupata con un collega per otto anni, avevamo due cani eccezionali che la scovavano dappertutto. Poi nel 1941, durante la Seconda Guerra Mondiale, mi sono trasferita a Modena per lavorare alle Poste. Per tanto tempo sono stata la funzionaria che si occupava di frodi e denaro falso. Ho lavorato alla sede centrale di via Emilia fino al 1974, poi basta. Sono in pensione da 42 anni, insomma».L’auto e la bici sono la sua passione. Anche se abita a due passi dalla fermata di Gigetto, dice di non aver mai preso il trenino, preferisce girare per la città per conto suo con i suoi mezzi. E anche ieri dopo pranzo è andata a fare un giro in auto…




mezzi. E anche ieri dopo pranzo è andata a fare un giro in auto… Tags

ricordare il passato non è solo anticaglia o nostalgia ma serve per capire chi siano e dove siamo ed dove andremo


Nessun testo alternativo automatico disponibile. Lo   so che  ,  solo i  link sopra     dovrebbero  costituire la  risposta   ,   a  chi   mi  dice  : <<  perchè perdi tempo  con  queste  cose  nostalgiche  e  con  queste  "  anticaglie  " , ecc >> , ma voglio rispondere  lo stesso  . 
Quelle storie   nel bene e nel male  (  cosi  come le  arti  ) non sono solo polverose   anticaglie   o resti di un passato   inutile . Ma vita Esse ci parlano    di  : sogni  , speranze   passioni ,  sentimenti  .  Per    questo   dobbiamo  evitare  che  cadano   nell'oblio  ,  che  siano offese  e  strumentalizzate  ideologicamente  perchè , , ora    per  via   diretta , ma  poi quando i protagonisti non ci saranno più   per  via  indiretta    continuano    se  coltivate   e  ricordate   tenute  vive  a parlarci  e    a guidarci ed  a  (  come  ho detto nel  titolo) capire  chi siano  e  dove  siamo ed    dove  andremo .
 Infatti storie come queste Al di la' di tanti revisionismi e di tanti appelli a denigrare la Resistenza (  era una guerra guidata dai comunisti , ecc   )  in quegli anni disgraziati nei quali i Savoia fuggivano, Mussolini diventava il fantoccio di Hitler e la RSI si distingueva non per gesta militari, ma per la ferocia inumana contro la lotta partigiana, vedi banda Koch, gli alleati ( vantati come veri liberatori ) bombardavano e commettevano anche nefandezze ( vedi le marocchinate ) occorre sottolineare che la lotta partigiana rossa o bianca o monarchica che fosse, rappresenta l'unica testimonianza di un popolo che non voleva perdere del tutto la dignità. Dall'armistizio dell'8 settembre 1943 fino alla liberazione, il 25 aprile 1945: 

Quei venti mesi che cambiarono l'Italia: la Resistenza e la spinta verso la libertà
Partigiane sfilano in piazza Maggiore a Bologna (foto: Istituto Parri)
giovani renitenti alla leva, antifascisti, militari, molte donne, combatterono fianco al fianco. In città e in montagna. Con il sostegno di molti. Per un evento storico che ha portato alla nascita della Repubblica italiana


Quei venti mesi che cambiarono l'Italia: la Resistenza e la spinta verso la libertà
                        Una banda di partigiani in montagna (foto: Istituto Parri)


La  prima  


il 30 aprile è morto a Ruino (Pavia), 30 marzo 2017 - Ieri è morto all'età di 104 anni il conte Luchino Dal Verme, noto come comandante Maino. Di seguito   riporto  l'amaca  di Michele  serra  del 31\3\2017  
Un recente ritratto di Luchino Dal Verme, il Conte Partigiano

Stemma dei Dal Verme
ERA partigiano, conte e contadino. È morto a centrotre anni nella sua casa e nella sua terra, sui crinali impervi della montagna pavese, tra gli alberi e le nuvole. Si chiamava Luchino Dal Verme, il suo antico casato ebbe origine dai capitani di ventura. Ufficiale di artiglieria, reduce da quello scempio di esseri umani che fu la campagna di Russia, visse il "tutti a casa" dell'otto settembre '43 e la fuga dei Savoia a Brindisi con lo sgomento dell'italiano tradito. "L'otto settembre - disse in una delle sue rare interviste - muore la parola dovere e nasce la parola coscienza". Già ultranovantenne, ma ancora animoso e severo (alla Sandro Pertini, per intenderci), ancora definiva i Savoia "bastardi traditori".
Monarchico e cattolico, nel '44 si ritrovò al comando, con il nome di battaglia Maino, di un piccolo esercito di comunisti: la Divisione Garibaldi dell'Oltrepò. Combatté in una delle zone cruciali della guerra di Liberazione diventando una leggenda vivente, "il conte partigiano". Finita la guerra diversi partiti gli offrirono un seggio in Parlamento. Rispose no grazie, disse che si sentiva tra gli "uomini d'azione, uomini di lavoro, uomini di mani" e rimase nel palazzo di famiglia ad allevare galline. Il 25 aprile gli porterò un fiore.

Infatti  : << (  .... )   Finita la guerra, al “conte partigiano” un po’ tutti i partiti offrono candidature e una carriera politica. Discende da una famiglia che ha governato a lungo l’Oltrepò, sia pure in anni medioevali, è stato un eroe di guerra e della Resistenza, ha rischiato la vita più volte. Ma lui dice semplicemente no a tutti: «Noi siamo uomini di azione, uomini di lavoro, uomini di mani, non siamo uomini di parole, per questo facciamo così fatica a comunicare ciò che abbiamo vissuto. Ma ci proviamo comunque». Torna nel suo castello a Torre degli Alberi, avvia un allevamento di polli, e si rimette al lavoro per guadagnarsi da vivere. Sua moglie, invece, apre una scuola di tessitura per le ragazze del paesino dell’Oltrepò, da cui non si sono mai più mossi.   da il giorno   del 30\3\2017  dl   qui l'articolo integrale

la seconda  




Sergio Leti, classe 1925, racconta la sua Resistenza in Liguria. E ricorda la madre Clelia Corradini, come lui medaglia d'oro, giustiziata da un tenente delle brigate nere. "Volevo vendetta, ricordo l'affetto dei miei compagni. E poi il 25 aprile, quando tutti festeggiavano, per me fu un giorno di lutto. Tornai a casa e i miei nonni piangevano"




Vestita così, te le cerchi. stereotipo meso indiscussione da Martina evatore durante la finale Miss Venice Beach in cui ha sfilato con gli abiti di quando fu molestata

  per  chi ha  fretta  \  di  cosa stianmo  parlando  Violenza, Martina Evatore: "Non c'entrano i vestiti" | Radio Capital  st...