31.8.13

Come la propria permalosità "danneggia" anche chi non c'entra .

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Sule note   della belissima    , specie in questa  versione di Slash & Myles Kennedy ,  Sweet Child O' Mine


I  fatti che m'accingo a raccontare   sono veri   ma per  ovvi motivi (  di privacy  ,  di lavoro  , ecc  . Ma soprattutto per    il carattere  , della persona in questione da qui il titolo del post  )=   modificati e traformati  . Ed  ho  ricorso alla forma letteraria  . Ora  dopo questa premessa  andiamo al post









C'era una volta un negozio di fiori che faceva oltre le normali confezioni e boquet decide d'aggiungervi anche una corona per le lauree .Un giorno venne una ragazza che voleva un bouquet di fiori per la festa di laurea. Le commesse le proposero oltre il bouquet 
da Google

gli proposero anche una corona d'alloro.
da  yahoo.it

Essa  accetto'contenta  . Qualche giorno dopo il lieto evento ritorno in negozio per  ringraziare della bella figura fatta  con amici\che  e  familiari  , oltre che per  far vedere le foto  , portando  per  le gentilissime commesse   la sua bomboniera di laurea 
la  bomboniera  in questione  


Loro , non essendo le padroni del negozio e quindi decidere di lasciarla nel negozio ( il piano terra di un edificio degli anni 20\30 ristrutturato\ riadattato a negozio ) la portarono con il relativo incasso della giornata ai padroni che avrebbe deciso cosa farne se lasciarla in negozio o tenerla a casa o metterla in un angolo fra le tante carabattole o chi sa cos'altro . Sul fare dell'ora di cena , il figlio dei proprietari , tornato dalla passeggiata serale , vide sul tavolo di soggiorno tale oggetto . Ed ecco che chiese alla madre cosa fosse . La madre : << è una bomboniera 
di laurea che ci ha regalato una cliente >> . Il figlio chiese : << perchè allora e qui e non i negozio ? >> si vide rispondere : << perchè è una cosa pacchiana  per il negozio >> . La madre riprese a cucinare con la TV accesa . Il figlio se la prese e la mette , insieme ad altri oggetti di cui è appassionato \ collezionista sulle mensole della libreria della sua camera . 
Qualche temo dopo chiacchierando con le commesse , di cui una si occupava della pesca di beneficenza per la classe del **** della festa patronale della madonna di buon cammino ,di bomboniere e regali e altre cose di cattivo gusto\ kitsch di cui la gente si libera regalandole appunto a tali lotterie o " agli svuota solai " che si ritrovano fra le bancarelle dalla primavera all'autunno nelle feste e altre iniziative turistiche dei paesi ., gli capitò di parlare di quel regalo e  di  come  la madre   rispose  alle  sue  domande  del perchè  non la  si  metteva  in negozio  . Ed inconsciamente , senza accorgersi che dietro di lui era entrato come cliente  qualcuno\a ( familiare , parente , o amico\ca  conoscente ) del  regalo della  persona in questione  e delle discussioni     con relativo scambio di pareri per  lui  bello   per la madre   dozzinale  . Infatti la settimana dopo , una collega di lavoro , gli disse facendogli il pistolotto per le sue intemperanze verbali e la sua impulsività , che quella persona era andata a lamentarsi in giro contro i proprietari del negozio e indirettamente contro le commesse e che non ci sarebbe più tornata perchè eravamo statio cosi cafoni . Ma .......... 



A voi indovinare fra queste opzioni


A DUE VOCI di © Daniela Tuscano ©


IL post d'oggi di Daniela mi fa venire in mente questa frase : << E' com'ebbe cessato di parlare, disse a Simone : " prendi il largo , e cala le reti per pescare >> ( Luca 5:4 )




Uno era alto, dal tratto nobile e solenne. In lui "quella che, in altre età, era stata bellezza" s'era trasformata in una sorta di "floridezza verginale", come scriveva Manzoni a proposito del cardinale Borromeo.



L'altro, bello non è stato mai. Piccolo, un po' impacciato nell'ampia sottana, ricordava più un buon parroco di paese che il vescovo della più grande diocesi d'Europa. Eppure tra i due correva una consonanza spirituale e una solidità teologica degne della miglior tradizione lombarda. Carlo Maria Martini e Dionigi Tettamanzi. Entrambi, in modo diverso, ci mancano. Tettamanzi, attualmente in pensione a Vigevano dove è amministratore apostolico, continua a rispondere personalmente alle molte lettere di fedeli e amici che gli scrivono per un saluto, un consiglio, una preghiera. Di Martini oggi ricorre il primo anniversario della scomparsa.
Il mio vuol essere un ricordo squisitamente affettuoso. Tocca agli esperti analizzare la sua pastorale e il suo insegnamento, così profetici e abissali. Non amo l'aggettivo "progressista" applicato a un religioso, per la sua scivolosità e, ammettiamolo, sciatteria linguistica. Un religioso, in realtà, dovrebbe essere per natura un progressista, poiché la Scrittura è una realtà viva, che si muta e matura a seconda del discernimento e, per un credente, della grazia; "la Scrittura evolve con l'uomo" secondo la felice definizione di Enzo Bianchi, fedele, del resto, al dettato evangelico: "La Scrittura è un tesoro da cui si traggono cose vecchie e cose nuove". Martini fu pertanto, sotto quest'aspetto, un sicuro progressista, cioè un continuatore della tradizione: che nella sua radice implica l'idea del cammino, della continuità. Martini fu il Vangelo giovane, ma non solo per i giovani.
Il più bell'epitaffio glielo scrisse, sia pure involontariamente, uno dei quotidiani che lo avversarono con una energia, che non risparmiò nemmeno il suo successore, "Il Giornale": "Muore il cardinale che piaceva agli atei". E' vero, Martini era amato dagli "atei", dai musulmani e dagli ebrei (i quali gli attribuirono il titolo di Giusto d'Israele) e, in genere, da quelli che la Chiesa teneva lontani: gli emarginati, gli irregolari. Martini non era il cardinale dei giusti, ma di quelli che si consideravano, o venivano ritenuti, peccatori.
E quale testimonianza più cristiana di questa? Un vescovo che si compiace solo dei "suoi" ribalterebbe le parabole evangeliche del buon pastore e del padre misericordioso. Starebbe con le novantanove pecorelle e col figlio coscienzioso; certo, noi lo faremmo; sarebbe una logica naturale, "così naturale!", esclamerebbe ancora il Federigo Borromeo manzoniano. Sarebbe la logica del mondo, ma non quella di Dio, che ha altre strade, che surclassa in misericordia perché legge nel cuore dell'uomo; altrimenti, a nulla sarebbe servita una "Buona Nuova". Seppe addirittura, all'inizio della missione, disarmare i terroristi con la forza della testimonianza. Un terzo elemento in comune col predecessore Borromeo, alle prese con l'Innominato.
Martini rese ancora fascinoso e attraente il cristianesimo, e l'ha fatto dalla metropoli, allo stesso modo, migliaia di chilometri più in là, d'un cardinale argentino di nome Jorge Mario Bergoglio, forse più simile a Tettamanzi nell'impostazione dottrinale, ma anch'egli gesuita e di origini piemontesi come lo ieratico arcivescovo di Milano.
Al termine della vita Martini giunse a riconsiderare alcune questioni - in verità, disseminate qua e là durante l'intero suo percorso - che considerava improrogabili per la Chiesa: la posizione della donna, la morale (divorzio, omosessualità, fine vita...), l'ecumenismo, la salvaguardia dell'ambiente, la stessa gerarchia ecclesiastica per una più autentica collegialità. Senza peraltro dimenticare i problemi concreti delle persone. Martini viene infatti talora percepito come un finissimo intellettuale, ed è giusto, lo era. Ma la sua speculazione non rimaneva mai astratta, la sua, diremmo così, "etica della metropoli" lo portava a occuparsi delle urgenze più impellenti e "ordinarie". Bene ricordare la Cattedra dei non credenti; ma sarebbe altrettanto positivo non scordare quella sua altra intuizione, non contrapposta, ma innervata dalla prima: il Fondo Famiglia-Lavoro destinato agli indigenti, esodati, cassintegrati e disoccupati. E non si trattò di semplice azione caritativa. Martini non era uomo da alzare la voce ma fu il primo a intuire le conseguenze nefaste d'un'economia basata sulla speculazione finanziaria. E a denunciarle. Con pacata fermezza. Egli aveva maturato pienamente la convinzione per cui "non c'è pace senza giustizia" e che, anzi, la giustizia è il nuovo nome della pace.
Tettamanzi fu, in qualche modo, il prolungamento "fisico" e quotidiano di Martini. La sua traduzione a livello popolare. Non ci si fraintenda, però. Martini amava il contatto con la gente, il suo approccio era cordiale e simpatetico - anch'egli spesso rispondeva di suo pugno alle lettere pervenutegli -; tuttavia, forse anche suo malgrado, l'indole contemplativa e l'andamento grave lo rendevano sempre un tratto più in là, e più su, della comunità umana. Martini era un cardinale a suo perfetto agio nella porpora, che indossava con semplice disinvoltura. Tettamanzi è sempre parso più vicino alla schiettezza nativa di papa Giovanni. S'è dimostrato un buon allievo di Martini, con un calore domestico e sincero. Al punto che, come accennato, anch'egli divenne presto attacco della virulenza volgare della destra, Lega in primis, la quale riuscì pure a condizionarne la successione. Non va però dimenticata nemmeno la solidità teoretica di Tettamanzi, a cui un domani occorrerà dedicare uno studio altrettanto approfondito.
Oggi di entrambi sentiamo la mancanza, ma al tempo stesso la prossimità della profezia. Se in Vaticano qualcosa sta forse mutando, è grazie anche a queste due voci.

30.8.13

sono più educati i sardi o turisti vandali ?


leggendo   dalla  pagina di facebook della nuova  sardegna questo  articolo di  Flavio Soriga e alcuni  dei  relativi commenti   mi chiedo chi sia più maleducato \  caffone 

Suv e lumache, cafoni veri e presunti  Flavio Soriga: i sardi sono più educati dei turisti saccheggiatori di sabbia 


Arrivano notizie, ogni anno, di clamorosi episodi di maleducazione debordante, e in particolare dalle nostre spiagge, che come tutti sanno sono tra le più belle del mondo e solo noi sardi non ce ne siamo mai accorti, e infatti se solo capissimo che servire cocktail ghiacciati sotto un tendone bianco montato a Capriccioli potrebbe essere redditizio, vivremmo tutti in abbondanza e non saremmo costretti ad emigrare.Arrivano notizie, ogni estate, di amanti innamoratissimi di questa terra (ben più di noi che ci siamo nati e cresciuti), gente che questo amore lo palesa arrivando in spiaggia col fuoristrada, tirando su nottetempo verande che affacciano sugli scogli, portandosi a casa chili di sabbia come souvenir e altre simili dolcissime prove d'innamoramento totale (altro che noi di Cargeghe e Lunamatrona che non abbiamo mai capito che basterebbe una pizzeria a Porto Cervo per vivere nell'abbondanza e regalare un futuro radioso ai nostri figli).«Ma come fate», ci chiedono ogni tanto i forestieri, «a non vedere quanto è bella questa terra?». E verrebbe da rispondere prima di tutto che lo vediamo eccome, l'abbiamo sempre visto, persino noi cresciuti in paesi rispetto ai quali le spiagge sono così lontane da essere un altrove, in qualche modo un mondo diverso dal nostro di pescatori di fiume e coltivatori di carciofi. L'abbiamo sempre vista, la bellezza della nostra terra, e ci siamo comportati sempre di conseguenza (almeno la stragrande maggioranza di noi).E poi verrebbe da aggiungere che il villaggio vacanze in cui l'interlocutore ha appena trascorso dieci giorni in-di-men-ti-ca-bi-li, e persino la spiaggia solitaria in cui ha amoreggiato con la sua nuova fidanzata in una sera di luna piena che non dimenticherà mai più, che questi posti non sono perfettamente rappresentativi della «nostra terra», che è sì bellissima, certo, ma comprende anche le periferie urbane, i paesini cresciuti nel disordine architettonico, la povertà di troppe famiglie e la sofferenza di troppi disoccupati, tutto questo essendo in realtà «la nostra terra», e non solo e nemmeno soprattutto la meraviglia di un tramonto d'agosto sul mare di Palau. E c'è maleducazione e maleducazione, e forse occorrerebbe anche ricordare sempre che in questo campo molto è relativo, e che per alcuni miei parenti e compaesani, così come per alcuni sassaresi che mi è capitato di incontrare a Pineta Mugoni, portarsi appresso un intero campionario della cucina povera del territorio con robusti innesti di preparati ipercalorici come lasagne al forno e maccheroni fritti, portare tutto questo con sé in pineta e trascorrere due o tre ore a mangiare lumache al sugo e piedini d'agnello a dispetto dei quaranta gradi, tutto questo non è affatto maleducazione.E io, sinceramente, non me la sento di alzare il dito contro il loro amore (che pure non condivido) per le baracche e le mangiate pantagrueliche, e soprattutto considerando che per molti altri non è cafone sparare musica dance dalle casse di un bar per l'intera giornata, e per altri ancora vestire slip bianchi attillati da uomo, e addirittura per molti sindaci non è maleducato (e nemmeno ingiusto, immagino) permettere agli stabilimenti balneari di occupare quattro quinti dell'arenile, impedendo ai sardi che non vogliano o non possano pagare qualche decina di euro al giorno di trascorrere le proprie vacanze gratuitamente nella loro terra, portandosi da casa ombrellone e telo mare. E forse un giorno, oltre a scandalizzarci per certi forestieri che oltraggiano la Sardegna mentre dicono di amarla, dovremmo cominciare a discutere dell'equità o meno dei parcheggi da pagare nelle nostre spiagge, del fatto che a un padre di famiglia di Ossi venga imposta una tassa di cinque euro per passare mezza giornata alle Bombarde. A casa sua, nella sua terra, di cui vede benissimo la bellezza, anche se non ha mai pensato di aprire un lounge bar a Piscinas.

  e  i commenti    di   
    • Alessandro Luigi Monni Invece è educazione svendere il territorio ai vari emiri, o russi, o pakistani. Quello sì che è amore per la propria terra. E' educazione avere dei sistemi idrici medievali. E' educazione far pagare tutto ai sardi e poi agevolare turisti facoltosi, o capi di governo, in grado di ottenere permessi in tempi sospetti (a dir poco) ed agevolare costruzioni faraoniche da mettere in vendita a compagnie estere, quando si potrebbero pignorare e riutilizzare. E' educazione far pagare i parcheggi ai sardi e permettere che persone che vengono qui per 10 giorni l'anno possano atterrare con l'elicottero quasi di fronte ad una spiaggia. E' educazione? Per la spiaggia ipotecata dagli stabilimenti, basta disciplinarli. Ma non riusciamo neanche in questo, basta fare l'esempio estremo del poetto. Viva le famiglie che mangiano lumaconi al sugo e piedini d'agnello. Basta con i qualunquismi.
    • Vitale Marongiu E' un bollettino di guerra giornaliero. Sono molto disgustato di tanta inciviltà sia dei Sardi che andrebbero sanzionato con multe salate,sia per gli EXTRATERRITORIALI ai quali oltre le sanzioni, darei il foglio di VIA dalla nostra terra!
    • Gianfranco Delrio Chissà quanto tempo ci vorrà per smaltire quel milione e più di cicche di sigarette lasciate nelle spiagge di tutta la Sardegna!!!
    • Luigi Aversano su questo non ci piove che siamo piu' educati...di molti...
    • Guido Barlesi ...purtroppo non si può generalizzare... ricordiamo che il "suv" bianco di Muravera era condotto da un sardo (di Quartu Sant'Elena) e che la razzia dei ricci operata nei periodi in cui andrebbero lasciati in pace anche per riprodursi, è operata soprattutto da sardi non in vacanza... Per non parlare, poi, di tutti quei sardi che affittano appartamenti "in nero" a quei cittadini extracomunitari di cui poi lamentano la fastidiosa presenza nelle spiagge e sugli autobus con tutta quella merce contraffatta che anche i sardi acquistano purchè vi sia apposto un marchio firmato... I sardi non sono più educati di altri, sono stufi quanto gli altri dei soprusi subiti dalle Istituzioni e dai governanti e cercano, al pari degli altri connazionali, di "campare" e sopravvivere!
  • Capitano Musica Gent/mo Flavio Soriga, lei riesce a fare un articolo senza creare discriminazioni tra le persone? 
    Pensa di vendere qualche copia in più a costo di offendere i non Sardi?
    E' vero che alcuni turisti portano via la bottiglia di sabbia ma è altrettanto vero
    che, per compensare il furto, sotto quella sabbia a Platamona , gli stessi abitanti del luogo riempiono 
    di cicche di sigarette, lattine, carta e quant'altro. Si aggiungano poi i cani a passeggio che fanno i loro bisogni 
    e nessuno raccoglie. 
    Saranno per caso gli stessi che alla festa dei candelieri hanno sporcato un' intera città con bottiglie carte e ecc...? Oppure
    tutto quel zozzume che troviamo nella piazzetta san Francesco in Via Grazia Deledda Alta ? Sono i turisti? 
    Io, anche se abito a Reggio Emilia, sono sassarese e mi vergogno delle sue affermazioni, subdole, demagociche e surreali. 
    Lei a mio avviso non ha nemmeno idea della gravità di quello che ha scritto.
    Ancora una volta conviene prendere nel calderone il turista screanzato col Suv. 
    Favoriamo in questo modo e incrementiamo, come al solito, il turismo? Fortuna che la Nuova Sardegna viene letta 
    da poche persone del posto. 
    La questione non è essere turista o essere Sardo, ma si tratta del senso civico, che prevede il rispetto dell'ambiente e 
    delle persone come bene comune, al quale si è e si viene educati. Questo vale per tutti e ovunque.
    Lasciamo perdere il discorso della disoccupazione che per quanto reale è comunque discutibile. 
    Stamattina alle 9,00 nei bar a Platamona non avevano ancora portato le paste per fare colazione. Anche i fornitori di paste sono turisti col SUV.
    Chiudo questo discorso perchè potrei scrivere un poema sulle disfunzioni in Sardegna causa dei sardi. 
  • Francesca Pinna  non vivo in Sardegna ma mi pare che sia esagerato con Cappellacci governatore, Berlusconi che spadroneggia al nord, dire che sia a sinistra, forse intendevi sinistrata, concordo e abbiamo contribuito anche noi.
  • Ciuffreda Caterina se c'è un popolo che non ama la propria terra è quello sardo l'immondizia dappertutto c'è anche d'inverno quando i turisti non ci sono ....vergogna




adesso anche per fare i parrucchieri \ barbieri bisogna emigrare ? Massimo Cossu,Nuorese di 33 anni: il padre lo voleva impiegato, lui dirige la Ferretti a Los Angeles

da  l'unione  sarda  online del 30\8\2013

Il nuorese che fa i capelli a Brad Pitt

NUORO Da Nuoro a Los Angeles, sulle ali sarde del sogno americano. Laurea in lingue e letterature straniere, anni di Suap (Comune di Nuoro, e non solo), vincitore di concorso in banca, insegnante. Attuale professione: parrucchiere di Brad Pitt, Melanie Griffith, Dakota Johnson, Reese Witherspoon, per citare giusto alcuni dei nomi dell'Olimpo del cinema internazionale che gli affidano la propria chioma.

Ha solo 33 anni, Massimo Cossu, nuorese fin nel midollo. Ma già una lunga sfilza di stellette che ne fanno un navigato self made man. Uno di quelli che ce l'ha fatta. E con le sole proprie forze: «Ci credo», dice lui, «gli Stati Uniti sono la patria della meritocrazia e se hai le skill, le competenze, allora puoi davvero sperare di arrivare. Chi vale, chi si dà da fare, da qualsiasi gradino della scala sociale provenga, sa che troverà chi lo valorizza».Il segreto? Caparbietà, coraggio, intraprendenza. E un pizzico di educata sfrontatezza. Marce in più che lo hanno condotto a Parma dritto dritto dal re dei coiffeur di lusso, Rossano Ferretti, 25 saloni nel mondo, italiano, ma dalla cifra manageriale americanissima. «L'ho contattato personalmente tre anni fa», racconta il giovane, «e sono andato a Parma a consegnargli il curriculum. Da quel momento è iniziata l'avventura. Ha creduto in me e mi ha affidato la responsabilità delle sedi statunitensi».Oggi Massimo Cossu è direttore niente meno che degli spazi Ferretti di Los Angeles, New York e Miami, e in procinto di seguire in prima persona le nuove aperture a Las Vegas, Chicago e San Paolo in Brasile. E pensare che quello della parrucchieria per lui è sempre stato, sì, passione, ma fino a poco tempo fa poco più che un hobby: «Nonostante il mio percorso, diciamo canonico, liceo, università, selezioni nelle pubbliche amministrazioni e in qualche istituto di credito, volto soprattutto a non deludere le aspettative dei miei», rimarca, «il mio desiderio fin da piccolo era però quello di fare il parrucchiere, tant'è che dopo la maturità mi sono concesso un anno sabbatico per l'apprendistato. Poi ho frequentato Lingue a Sassari, e ho iniziato a seguire la trafila regolamentare di un italiano medio. Intendo collaborazioni, contratti a progetto, supplenze. Tutte esperienze molto interessanti di cui ho fatto tesoro». Ma la malinconia di un'incompiuta esistenziale ha la forza della goccia che scava la roccia.A trent'anni la svolta, vacanza di due mesi a New York e l'illuminazione: «Ho ripreso le redini della mia antica aspirazione, ricordo ancora un giorno, ero appena tornato dall'America, ricevetti da una banca la telefonata in cui mi comunicavano che avevo vinto la selezione. Li ringraziai e dissi loro che rinunciavo, poiché non me la sentivo di passare una vita circondato da barriere di plexiglass. Davanti a me c'era mio padre, per poco non gli venne un infarto. Ora la mia famiglia è serena, perché mi vede felice e realizzato».A giorni il rientro nella sua bella casa di Beverly Hills: «Con nel cuore la mia isola, i suoi profumi e tutti i miei affetti», conclude mentre gli occhi brillano già di nostalgia.

«Io, maestra nera nella scuola italiana. Oggi c'è chi non si vergogna più di essere razzista» la storia di Rahma Nur

  corriere  della sera   tramite  msn.it  \  bing    Rahma Nur insegna italiano, storia e inglese alla scuola elementare Fabrizio De André d...