Lo so che voi lettori/lettrici sarete stanchi di leggere ancora di questa vicenda e vorreste sentire parlare d'altro o nuovamente d'essa aggiornata . Ma
«Lo so che faccio la figura del rompic… – esordisce Carlo Iannelli su https://bici.pro/focus/storie/ del 4,9.2022 – non sono un leone da tastiera, ma che cosa devo fare? Quale altro strumento ho per far capire che si sta perpetrando una grave ingiustizia, coprendo non solo chi è stato chiamato in causa, negando la possibilità di arrivare alla verità?».
quindi è per questo nonostante ne abbia parlato a più riprese queste pagine continuo a parlarne riportando l'articolo di Gabriele Gentili 04.09.2022 su https://bici.pro/focus/storie/
7 ottobre 2019. Quel giorno finisce, troppo troppo presto, la vita di Giovanni Iannelli, promettente corridore pratese vittima di una caduta all’87° Circuito Molinese di Molino dei Torti, gara under 23 in provincia di Alessandria. Quel giorno finisce anche la vita, per come era stata fino ad allora dedicata alla famiglia, al lavoro, al sostegno della passione del figlio, per Carlo Iannelli, avvocato toscano (padre e figlio sono insieme nella foto di apertura).
La vita strappata a 22 anni
Ne inizia un’altra, che si tramuta ben presto in una lotta quotidiana, interminabile, per rendere giustizia a suo figlio. Un autentico inferno, fatto di aule di tribunale, carte bollate, documenti su documenti, un labirinto che non porta mai da nessuna parte.
Giovanni muore a 22 anni. Cade in volata, finisce contro un pilastro di mattoni, a meno di 150 metri dal traguardo. Le immagini tv, le foto scattate (in rete sono ancora disponibili) dimostrano chiaramente che pur essendo una gara nazionale (come se questo dovesse fare la differenza) non ci sono protezioni adeguate. Quelle protezioni minime necessarie per gestire in sicurezza un evento ciclistico, neanche le transenne se non per gli ultimi 40 metri.
La vicenda prende subito una piega strana: il rapporto dei Carabinieri segnala il loro arrivo sul luogo dell’incidente alle 16,15, la gara si conclude alle 16,24… Non vengono fatti rilievi, misurazioni, non vengono scattate foto né sentiti testimoni tra cui gli altri ciclisti coinvolti nella caduta. Sul verbale si scrive che Giovanni è caduto in maniera autonoma per l’alta velocità, in fase di sorpasso di altri corridori. Il rapporto della giudice di gara segnala che il corridore è stato “incauto”.
Il successo di Iannelli alla Coppa Caivano, seconda vittoria nel 2014
Questa è solo la prima umiliazione che deve subire Carlo. Nel corso dei mesi, delle udienze, delle arringhe ne arrivano tante altre, affermazioni ciniche e poco rispettose che fanno rabbrividire come quella dell’avvocato difensore del Comune di Molino dei Torti (chiamato a rispondere in sede penale insieme alla società organizzatrice, ai due direttori di corsa, presidente di giuria e Comitato Regionale Piemontese della Fci):
A tre anni di distanza, Carlo è provato, ma non domo: «Due anni dopo è arrivata l’archiviazione da parte della giudice di Alessandria – dice – negando così la possibilità di un processo. Ho percorso mille altre vie legali per far riaprire il caso, trovando spesso porte chiuse e, quando anche qualcuno si rendeva conto di quanto stava accadendo, si scontrava con il classico muro di gomma. Ricorsi rigettati senza neanche essere esaminati nel merito, appena ricevuti. Ma io non mi arrendo, lo devo alla memoria di mio figlio».
Molti avranno fatto caso che su Facebook come su Instagram, sotto moltissimi post ciclistici ma anche di altri argomenti, compare Carlo che pubblica gli aggiornamenti su come sta andando la sua battaglia legale. Per certi versi sembra un novello Don Chisciotte, con uno smartphone al posto della lancia, unica arma per combattere uno status quo granitico.
Carlo Iannelli con in braccio Giovanni vicino a Marco Pantani.
Conconcordo pur non avendo conosciuto solo telefonicamente e via email il pare con il fatto riportato sempre dall'articolo in questione che
«Io ho iniziato ad andare in bici guardando Marco – dice – custodisco in ufficio una foto con lui, mio fratello e Giovanni da bambino. Sono pienamente convinto che dietro la sua morte e le sue vicende precedenti ci sia stato un complotto, ma le similitudini si fermano qui, le circostanze sono troppo diverse».
Il dolore che traspare a ogni sua parola, tanto sofferta quanto soppesata, si mischia alla tenerezza alla domanda su chi fosse Giovanni Iannelli.
«Un ragazzo d’oro, corridore esemplare, che interpretava questo sport con una passione enorme, ma senza cedere mai a nessuna lusinga, a qualsiasi scorciatoia. Si era tesserato a 5 anni, ancor prima di avere l’età per gareggiare da bambino. Ha fatto tutta la trafila, ha iniziato a vincere al primo anno junior, vicino a Signa, battendo in un colpo il campione toscano Baldini e quello italiano Trippi.La
«Un giorno al suo diesse Mirco Musetti arrivò la chiamata di Rino De Candido, selezionatore della nazionale juniores: voleva Giovanni per la Parigi-Roubaix di categoria. Mio figlio si ritrovò in squadra con Ganna, Affini, Plebani. Era entusiasta. In gara forò dopo 40 chilometri perdendo il treno giusto, ma volle finirla a tutti i costi, anche se fuori tempo massimo».
Il 7 ottobre saranno tre anni che Giovanni non c’è più. Carlo continua la sua battaglia: «Chiedo solo che un magistrato abbia il coraggio di andare contro il sistema, di esaminare tutte le carte. Di capire che quel giorno sono state commesse gravi mancanze che hanno portato alla morte di mio figlio e che le stesse sono state artatamente coperte. Io continuerò a lottare e a raccontare la mia battaglia».